Le terapie geniche CAR-T
Le “CAR-T” (acronimo dall’inglese “Chimeric Antigen Receptor T cell therapies” ovvero “Terapie a base di
cellule T esprimenti un Recettore Chimerico per antigene”) sono nuove terapie personalizzate contro il
cancro che agiscono direttamente sul sistema immunitario del paziente per renderlo in grado di riconoscere e
distruggere le cellule tumorali (immunoterapie).
Le CAR-T rientrano tra le cosiddette terapie avanzate e sono, più nello specifico, terapie geniche, poichè
agiscono attraverso l'inserzione di materiale genetico all'interno delle cellule dell’organismo umano.
Le CAR-T utilizzano specifiche cellule immunitarie (i linfociti T), che vengono estratte da un campione di
sangue del paziente, modificate geneticamente e coltivate in laboratorio (“ingegnerizzate”) per essere poi reinfuse nel paziente per attivare la risposta del sistema immunitario contro la malattia. Si distinguono, quindi,
da altre terapie immunitarie note come “inibitori dei checkpoint immunologici” (come ad esempio gli
anticorpi monoclonali), che mirano a togliere il freno alla risposta immunitaria, orientandola contro il cancro.
Le fasi della procedura
La produzione e la somministrazione di una terapia CAR-T richiedono una procedura complessa, che
coinvolge specifiche figure professionali ed è articolata in più fasi:
1. Prelievo: i linfociti T vengono prelevati dal sangue del paziente in un centro trasfusionale autorizzato,
mediante un processo che consente di isolarli dal sangue periferico (leucaferesi), rimettendo in circolo i
restanti elementi ematici. I linfociti T vengono successivamente congelati e inviati alla struttura che si
occuperà dell’ingegnerizzazione genetica.
2. Ingegnerizzazione genetica: i linfociti T del paziente vengono geneticamente modificati, in strutture
altamente qualificate per la produzione di terapie avanzate. Utilizzando un virus inattivato (vettore virale),
viene aggiunto al DNA dei linfociti un gene ricombinante che permette di esprimere sulla superficie dei
linfociti T una proteina, nota come Recettore dell’Antigene Chimerico (CAR). Grazie a questo recettore, i
linfociti T modificati (CAR-T cells) sono in grado di riconoscere un antigene specifico presente sulla
superficie delle cellule tumorali e legarsi ad esse. Le cellule CAR-T vengono moltiplicate in laboratorio,
congelate e successivamente inviate al centro che dovrà somministrare il trattamento.
3. Chemioterapia pre-trattamento (linfodepletiva): prima dell’infusione, il paziente è sottoposto a una
chemioterapia di preparazione per permettere ai linfociti T modificati di espandersi e attivarsi
nell’organismo.
4. Infusione: dopo la chemioterapia, le cellule CAR-T vengono infuse nel paziente, con un
procedimento simile a una trasfusione di sangue. L’infusione avviene in centri ad alta specializzazione per il
trattamento delle leucemie e dei linfomi, con disponibilità di accesso alla terapia intensiva.
5. Monitoraggio: dopo l’infusione, il paziente resta in ricovero per alcuni giorni e viene costantemente
monitorato per reazioni avverse al trattamento. Nelle quattro settimane successive alla dimissione, il paziente
deve comunque rimanere nei pressi di una struttura clinica qualificata per essere sottoposto a regolari
controlli.
Le CAR-T autorizzate. Trattamenti di “terza linea”
Le terapie CAR-T rappresentano la prima forma di terapia genica approvata per il trattamento della leucemia
linfoblastica B e di alcune forme aggressive di linfoma non-Hodgkin. Le terapie CAR- T che hanno ottenuto
l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) nell’Unione Europea sono:
• Kymriah (tisagenlecleucel), autorizzato il 22 agosto 2018
• Yescarta (axicabtagene ciloleucel), autorizzato il 23 agosto 2018
e sono indicate per il trattamento di:
pazienti pediatrici e giovani adulti fino a 25 anni di età affetti da leucemia linfoblastica acuta a cellule B
che non abbiano mai risposto alla chemioterapia, o che siano in recidiva dopo trapianto di cellule staminali
emopoietiche allogeniche o dopo almeno 2 linee di chemioterapia (Kymriah);
pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B o DLBCL (Kymriah e Yescarta) / linfoma primitivo del
mediastino a cellule B o PMBCL (Yescarta) già sottoposti ad almeno 2 linee di terapia sistemica.
Le CAR-T rappresentano per queste malattie linfoproliferative un’ulteriore opzione terapeutica, e sono state
studiate in pazienti nei quali le precedenti strategie standard (chemioterapia e trapianto di cellule staminali
emopoietiche) non si sono dimostrate efficaci.
Tuttavia l’utilizzo di terapie CAR-T è associato al rischio di eventi avversi anche gravi. In particolare:
sindrome da rilascio di citochine (CRS): la CRS è caratterizzata dalla possibile comparsa di febbre,
abbassamento della pressione arteriosa, aumento della frequenza cardiaca, brividi e riduzione dell’ossigeno
nel sangue ed è dovuta all’intensa risposta infiammatoria che si sviluppa in seguito all’attivazione delle
cellule CAR-T nell’organismo. È stata osservata in una percentuale variabile tra il 58% e il 93% dei pazienti
e, nella maggior parte dei casi, si manifesta entro 7-14 giorni dalla somministrazione della terapia. In caso di
CRS grave sono somministrati farmaci specifici per ridurre i livelli di sostanze infiammatorie in circolo (per
esempio tocilizumab o cortisonici);
riduzione dei linfociti B e degli anticorpi (ipogammaglobulinemia): l’utilizzo delle terapie CAR-T
comporta, insieme alle cellule tumorali, anche la distruzione dei linfociti B, con riduzione del livello di
anticorpi nel sangue. In alcuni casi, per raggiungere una concentrazione normale di anticorpi e ridurre il
rischio infettivo, è stato necessario sottoporre i pazienti a infusioni periodiche di immunoglobuline umane
(anticorpi);
reazioni avverse neurologiche: le più comuni osservate sono grave alterazione dello stato di coscienza
(encefalopatia), tremore, incapacità di esprimersi o di comprendere informazioni scritte o verbali (afasia),
delirio. Nella maggior parte dei casi si presentano entro le 8 settimane successive alla somministrazione della
terapia CAR-T. La durata media di queste alterazioni è stata di 14 giorni, con scomparsa completa dei
sintomi nel 98% dei pazienti.
Le terapie CAR-T somministrate
Oltre alla leucemia linfoblastica acuta in fase recidiva/refrattaria e al linfoma non Hodgkin a cellule B
recidivato o refrattario, gli studi riguardano anche i linfomi follicolari refrattari o recidivati, il neuroblastoma
ad alto rischio e/o recidivo/refrattario e il mieloma multiplo recidivante e refrattario.
Linfoma cerebrale primitivo
è un linfoma NH, costituito da cellule B, caratterizzato da rapida insorgenza e aggressività clinica. La
malattia tende a rimanere confinata nel SNC, l’incidenza dei linfomi cerebrali primitivi è in aumento,
soprattutto tra i pazienti immunocompromessi (HIV+) e negli anziani.
La clinica dipende dalla localizzazione della malattia. I sintomi più comuni sono deficit neurologici focali
(perdita di forma in un arto o in un emisoma, deficit visivi), crisi epilettiche, alterazioni dello stato cognitivo
e coma.
Diagnosi: RM, analisi del liquor o biopsia
Terapia: i chemioterapici non oltrepassano la barriera ematoencefalica quindi bisogna fare chemio ad alte
dosi ev, così passa la barriera; i chemioterapici che passano la barriera sono metotrexate e ARA-C
DOMANDE:
Esiste un sottogruppo di linfomi a grandi cellule considerati a prognosi peggiore in quanto hanno caratteristiche
intermedie con il linfoma di Burkitt o presentano caratteristiche biologiche più sfavorevoli (legate ai geni MYC e
BCL2). Questi linfomi, definiti “double-hit” (DHL), richiedono un’attenzione particolare perché raramente si raggiunge
una sopravvivenza a lungo termine dopo terapia standard con R-CHOP, anche se la sopravvivenza stessa può essere
migliorata con immunochemioterapia di prima linea. double triple expressor; terapia? stadio limitato: 3 cilci R-chop +
radioterapia; stadio avanzato 6 cicli; ibrutinib, chemio terapia con cisplatino e autotrapianto, CAR-T nei pz non
eleggibili al trapianto (rischio sindrome da rilascio citochinico e neurotossicità) e anti-CD79 polatuzumab coniugato
con vedotin;
nuovi farmaci nel trattamento della leucemia mieloide acuta? schema 3+7, CPX-351, che è una formulazione
liposomiale di daunorubicina e citarabina in rapporto molare 1 a 5, dimostratosi più efficace rispetto alla terapia
convenzionale (maggiore concentrazione del farmaco a livello midollare con minore degli effetti collaterali ma
neutropenia e piastrinopenia); poi i nuovi mab (anti cd33 gentuzumab ozogamicin, anticorpo armato; anti bcla2
venetoclax utile anche nei pz con mutazione della p53 che sono pz normalmente con prognosi peggiore). gli altri
farmaci dipendono dalle mutazioni: per FLT3 midostaurina e daunorubicina (cardiotossici); farmaci di 3 linea per flt3
come il gilteritinib, inibitore tirosin kinasi; altre mutazioni: IDH1-2 (provocano alterazione del ciclo di krebs, non
hanno tanto valore prognostico ma sono diventati target di alcuni farmaci come l’enasidenib (effetto collaterale
importante: sindrome da differenziamento) e ivosidenib)
dimmi tutte le applicazioni del rituximab: LNH, LLC, e poi? tutte le malattie autoimmuni ematologiche ovvero anemia
emolitica autoimmune, piastrinopenia autoimmune, la porpora trombocitopenia autoimmune, emofilia autoimmune,
tricoleucemia; altri ab monoclonali anti cd20 oltre al rituximab? obinutuzumab (LLC e linfoma follicolare) e
ofatumumab
linfoma follicolare p38, sul piano istologico, quanti sottotipi ci sono di linfoma follicolare? grado 1? si distinguono tre
gradi istologici di linfoma follicolare in base alla composizione citologica ed al rapporto percentuale tra piccole e
grandi cellule all’osservazione microscopica a forte ingrandimento (High Power Field, HPF): 1) Grado 1:
predominanza di piccole cellule (grandi cellule meno di 5 per HPF) 2) Grado 2: misto, a piccole e grandi cellule
(grandi cellule 5-15 per HPF) 3) Grado 3: a grandi cellule (grandi cellule oltre 15 per HPF) Il grado 3 viene
ulteriormente suddiviso in 3a e 3b: Grado 3a, che fa ancora parte dello spettro del linfoma follicolare Grado 3b, che è
invece assimilabile al linfoma B diffuso a grandi cellule, essendo composto pressoché completamente da centroblasti
con pattern di crescita nodulare, senza evidenza di centrociti residui. La nuova classificazione WHO del 2008 prevede
che i gradi 1 e 2 vengano considerati insieme (“grado 1-2”) e mantiene la distinzione fra grado 3a e 3b. Follicular
Lymphoma International Prognostic Index (FLIPI); malattie autoimmuni associate? ANEMIA EMOLITICA
AUTOIMMUNE con anticorpi caldi e anticorpi freddi; terapia? non sempre necessario il trattamento, R-chop o Rbendamustina o fludarabina;