Metastasi epatiche - Ospedali Riuniti di Ancona

Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona
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Metastasi epatiche
Le metastasi epatiche rappresentano il gruppo più ampio di
neoplasie maligne del fegato. Il carcinoma broncogeno è la causa
principale di metastasi al fegato, seguono in ordine di frequenza i
tumori primitivi della prostata, del colon, della mammella, del
pancreas, dello stomaco, del rene e della cervice. In totale circa il
40% dei soggetti che muoiono per un tumore solido sviluppa
metastasi epatiche.
Il tumore che più coinvolge i chirurghi è il tumore del colon-retto in quanto al momento
della diagnosi sono riconosciuti secondarismi epatici in circa il 30% di essi. Un numero di pazienti
fra il 10 ed il 20% di coloro che al momento della diagnosi mostrano metastasi ha una malattia
potenzialmente suscettibile di resezione.
Patogenesi
I tumori primitivi che drenano nel sistema portale contribuiscono alla localizzazione di
metastasi al fegato con frequenza sette volte maggiore rispetto ai tumori primitivi che sorgono al di
fuori del sistema portale. Alcuni fattori che governano la metastatizzazione sono senza dubbio il
numero e la vitalità degli emboli metatastatici, i fattori emodinamici legati al flusso sanguigno
epatico, la recettività del tessuto epatico per l’impianto e la crescita e l’aggressività della neoplasia
stessa.
Diagnosi
I sintomi più comuni della malattia metastatica epatica sono il dolore, l’ascite, l’ittero, la
presenza di una massa palpabile, la perdita di peso, l’anoressia, la febbre e i disturbi
gastrointestinali vaghi. La maggior parte di essi indica una patologia già in fase avanzata. Non si
può, quindi, fare affidamento sulla sintomatologia per la diagnosi precoce di metastasi epatiche.
Molte lesioni resecabili possono essere diagnosticate prima dell’inizio della sintomatologia
attraverso una diagnosi laboratoristica precoce. Per questa ragione nei pazienti con neoplasia colorettale è indicato uno stretto follow-up. In esso è consigliata la valutazione del CEA e degli enzimi
epatici in unione con controlli d’imaging accuratamente distribuiti nel tempo. Spesso il cancro
colorettale umano secerne una quantità sufficiente di CEA da poter essere usato come marker della
neoplasia. In passato un livello elevato di CEA era ritenuto specifico per una neoplasia colo-rettale.
Purtroppo così non è perché livelli aumentati di CEA si possono rilevare anche in altre condizioni
maligne e benigne come la cirrosi alcolica, i polipi intestinali, la pancreatite, le malattie
infiammatorie intestinali ed il diabete mellito. In tali condizioni il CEA è solitamente elevato in
maniera moderata. Una sua marcata elevazione indica in maniera affidabile la recidiva o la
persistenza del tumore pur non indicando la sede anatomica. Un livello sierico di CEA maggiore di
9 ng per ml associato ad un imaging del fegato positivo definisce la diagnosi di metastasi epatica da
cancro del colon-retto con un’accuratezza del 98%. Un valore di CEA normale, invece, associato ad
un imaging negativo permette di escludere la presenza di metastasi con una sensibilità pari circa al
95%.
Le metodiche di imaging più utilizzate sono l’ecografia, la TC e la RMN. Ogni metodo di
imaging ha i suoi vantaggi ed i suoi svantaggi. L’ecografia è poco dispendiosa ma molto legata
all’operatore. È molto accurata nella diagnosi di certe masse epatiche, come le cisti, e permette
facilmente l’esecuzione di biopsie. La TC è considerata generalmente l’esame migliore per la sua
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disponibilità e la sua accuratezza nell’individuare la presenza di metastasi epatiche. La sensibilità
varia molto a seconda della tecnica, dell’esperienza del radiologo e della generazione
dell’apparecchio impiegato. Sono state sviluppate un gran numero di tecniche che utilizzano la
RMN. Le immagini pesate in T1 sono utilizzate soprattutto per rilevare l’anatomia. Le immagini in
T2 restano comunque le più utili, vi sono poi alcune nuove applicazioni che promettono molto nella
ricerca dei processi patologici. Le metodiche con uso di gadolinio o di isotopi sono entrambe molto
valide nella ricerca e nella caratterizzazione delle metastasi. La colangiografia RMN e le numerose
tecniche di studio del flusso portale ed arterioso sono promettenti. I test di medicina nucleare,
invece, hanno perso gran parte delle loro indicazioni a causa del miglioramento della sensibilità e
dell’accuratezza delle altre metodiche. La 18FDG-PET ha dimostrato di essere di un certo valore
nella valutazione della risposta alla chemioterapia, alla radioterapia e alla chemioembolizzazione
sulle metastasi epatiche grazie alle sue caratteristiche di distribuzione che sono identiche a quelle
del metabolismo del glucosio.
Stadiazione
Nel 1994, Gayowski e coll. hanno proposto la modificazione della classificazione American
Joint Committee on Cancer/TNM dei tumori primitivi così da renderla applicabile alle metastasi
epatiche. La classificazione è basata sulle dimensioni del tumore, la distribuzione ed il numero delle
metastasi e l’estensione della malattia extraepatica. Lo schema sembra essere logico ma non ha
ancora acquisito un ampio consenso.
Trattamento
Sono molte le tecniche proposte per il trattamento delle metastasi. Queste tecniche devono
essere usate per ampliare le possibilità di resezione e non sostituirla, poiché ad oggi non possono
essere confrontate ad essa con successo.
La resezione, quando possibile, rimane il trattamento di scelta per la terapia delle metastasi
colo-rettali al fegato. In assenza di trattamento il 60-70% dei pazienti muore entro 1 anno e il 100%
entro 3 anni. Indubbiamente la storia naturale dei singoli pazienti con metastasi epatiche è assai
variabile. Un individuo con una malattia non sottoposta a resezione, comunque, di rado sopravvive
oltre i 3 anni alla diagnosi di cancro metastatico del fegato. La resezione di una lesione metastatica
singola al fegato da cancro colorettale primitivo può avere una sopravvivenza a 5 anni maggiore del
60%. Il miglioramento oltre il 40% è probabilmente da attribuire ad una migliorata capacità
intraoperatoria di rinvenimento di lesioni coesistenti. Quando si riconosce una metastasi epatica
sincrona durante l’asportazione di un tumore primitivo del colon-retto, questa può essere rimossa
subito o in un secondo intervento chirurgico. La decisione deve essere presa in considerazione della
preparazione del colon, dell’importanza della procedura chirugica primaria, dell’estensione prevista
della resezione epatica, delle condizioni generali del paziente e dell’esperienza del chirurgo.
In generale le controindicazioni ad una resezione epatica maggiore per la terapia della malattia
metastatica includono il coinvolgimento globale del fegato, la cirrosi in stadio avanzato, l’ittero
(escluso il caso di un’ostruzione estrinseca dell’albero biliare), l’invasione della vena cava o della
porta ed il coinvolgimento tumorale di tessuti extraepatici. Il trapianto nei casi di malattia
metastatica del fegato non ha avuto successo fatta eccezione per i casi di tumori selezionati, come il
carcinoide. Sono ora effettuate più resezioni, incluse le resezioni che comprendono un tratto della
vena cava e le resezioni ex vivo con autotrapianto. La percentuale cumulativa di sopravvivenza a 5
anni per i pazienti con metastasi da cancro colorettale primitivo è del 22%. I pazienti con una
lesione di più di 5 cm di diametro hanno una prognosi peggiore. Non è stata rilevata alcuna
differenza nella sopravvivenza fra i soggetti che presentavano una metastasi sincrona e quelli che
presentavano una metastasi metacrona o tra coloro che presentavano una lesione solitaria e chi
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presentava noduli multipli nel contesto dello stesso lobo. La presenza di coinvolgimento dei
linfonodi del colon da parte della neoplasia primitiva non ha alcun effetto sulla sopravvivenza.
I dati raccolti suggeriscono un certo numero di indicatori di sopravvivenza dopo resezione di
metastasi epatiche da cancro colo-rettale. Essi includono le dimensioni, il numero delle metastasi e
la presenza di malattia localizzata residua.
Altre modalità di trattamento
Una gran varietà di altri trattamenti è stata proposta per la cura del cancro metastatico colorettale del fegato. L’agente chemioterapici 5-fluorouracile ha circa il 20% di risposta nelle neoplasie
del tratto gastroenterico se dato per via sistemica. La risposta sembra, però, essere inferiore in
presenza di metastasi epatiche. Leucovorin o levamisolo sembrano avere effetto additivo. I
composti del platino sembrano promettenti. L’infusione in pompa nell’arteria epatica (Infusaid) è
praticata in diversi centri. Il fallimento nel reclutare un numero sufficiente di pazienti per ampi
studi, nella seconda metà degli anni ’80, ha creato un certo pessimismo al riguardo di una sua
utilizzazione nella terapia delle metastasi del tumore del colon-retto. Sette recenti studi
randomizzati hanno dimostrato una percentuale di risposte parziali e complete più alta con questa
somministrazione rispetto a quella sistemica per le metastasi colo-rettali al fegato. La tossicità
legata all’infusione diretta nell’arteria epatica è sorprendentemente bassa. Un problema raro ma
irreversibile è la sclerosi biliare dovuta ad un’ischemia biliare. La chemioterapia adiuvante
locoregionale dopo la resezione ha un effetto limitato.
Resezione di metastasi non colo-rettali
Le neoplasie neuroendocrine, tra cui il carcinoide metastatico, rappresentano la seconda
maggiore indicazione alla resezione per secondarismi epatici. Circa l’80% dei pazienti sottoposti a
resezione epatica per un tumore secondario metastatico sono sintomatici. Il 90% di questi pazienti
affetti da carcinoide presenta una sindrome neuroendocrina. L’indicazione principale alla resezione
ha per la maggior parte dei casi carattere palliativo. Usualmente si è di fronte ad un fallimento della
terapia del controllo farmacologico della sindrome, come dopo utilizzo di octreotide (Sandostatina)
o di chemioterapia.
Le metastasi epatiche da neoplasie primitive diverse dal cancro colo-rettale e dalle neoplasie
neuroendocrine (che includono neoplasie originanti dai polmoni, mammella, stomaco, pancreas,
melanoma e dal resto del tratto gastrointestinale) sono caratterizzate da una prognosi infausta.
Non è riportata una sopravvivenza a lungo termine dopo resezione per il cancro del pancreas
e per il melanoma.