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19. Radioterapia e terapia radiometabolica

Radioterapia e Terapia Metabolica
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI IN RADIOTERAPIA
Nell’approccio ad un paziente con tumore maligno la chirurgia e la radioterapia possono essere alternative nei
tumori della testa e del collo, della prostata e del polmone o complementari nei tumori del retto, della
mammella, della prostata. Per i tumori della testa, del collo, della prostata, della mammella e del retto
l‘approccio multidisciplinare, in cui abbiamo la collaborazione tra più specialisti, dà una prognosi migliore,
avviene attraverso diverse fasi: inquadramento globale, opzioni terapeutiche, valutazione dell’indice
terapeutico e proposta al paziente. Nella fase dell’inquadramento terapeutico con la diagnosi istologica
possiamo avere importanti indicazioni biologiche e molecolari (specifici antigeni, recettori presenti). A questo
si aggiungono le informazioni cliniche, la comorbidità, se ad esempio un paziente con tumore è affetto da
Crohn può scegliere tra chirurgia e radioterapia assicurandosi la stessa out-come.
Radioimmunoterapia
Adroterapia
Brachiterapia
La RADIOTERAPIA è la branca clinica che si serve di radiazioni ionizzanti, lo scopo fondamentale è convogliare
l’agente fisico sull’obiettivo andando a risparmiare altre parti del corpo, soprattutto le aree ad esso adiacenti,
garantendo un basso rischio di tossicità per il paziente.

La radioterapia a fasci esterni (conformazionale, ad intensità modulata, stereotassica, intraoperatoria,
radiochirurgica) si può praticare con un acceleratore lineare, che permette di arrivare in profondità al
bersaglio, o con elettroni, che non è in grado di arrivare in profondità, infatti è utilizzata spesso per i
tumori cutanei.

Una specifica forma di radioterapia, l’adroterapia, usata a Pavia: gli adroni cedono energia, possiamo
conoscere a quale profondità vogliamo precisamente convogliarli.

La brachiterapia o terapia endocavitaria, endoluminale, endovascolare. Quella endocavitaria è la più
frequentemente utilizzata, soprattutto per i tumori della cervice, con Iridio192. Può essere anche
interstiziale, utilizzata soprattutto per la prostata con Palladio 103 e Iodio 125. A contatto è molto
utilizzata per il melanoma dell’occhio con Oro 198.

Per quanto riguarda la terapia con radionuclidi, lo Iodio 131, rappresenta la storia di questa
radioterapia, utilizzata soprattutto per il ca.papillifero e per il ca.follicolare della tiroide, è
estremamente specifica solo per la tiroide e per questo estremamente efficace. Lo stronzio 89 è
utilizzato per le metastasi ossee, così come il samario. Il radio 223 è utilizzato per il tumore metastatico
della prostata ed è risultato più efficace del taxotene.

La radioimmunoterapia rappresenta una tecnica molto all’avanguardia e anche molto selettiva, la più
usata è quella con l’anticorpo anti-CD20 Rituximab, legato ad un isotopo radioattivo, è molto più
efficace delle altre terapie, proprio in virtù dell’alta instabilità genetica presente a livello tumorale,
viene praticata soprattutto per il linfoma di Hodgkin di alto grado, così da evitare la radioterapia
convenzionale.

Un altro tipo di radioterapia molto specifica è la terapia recettoriale, utilizzata soprattutto per i tumori
neuroendocrini del pancreas.
RADIOTERAPIA A FASCI ESTERNI
La radioterapia a fasci esterni in oncologia ha ottenuto un ampliamento
della finestra terapeutica con aumento del controllo locale e riduzione
degli eventi avversi. Si è venuta delineando come un’alternativa alla
chirurgia sempre più competitiva soprattutto in considerazione
dell’incremento della popolazione anziana. Nell’approccio al paziente
neoplastico è necessaria una discussione preliminare tra le varie specialità
coinvolte nel trattamento, per capire la terapia più appropriata,
considerando comorbidità, età, aspettative e possibilità di guarigione. Si
usa l’imaging per lo staging della malattia e quindi per fornire informazioni
sulla possibilità da parte della terapia di avere un impatto sulla
sopravvivenza del paziente
Ci dobbiamo servire di tecniche tomografiche computerizzate per avere immagini che poi possiamo ricostruire
tridimensionalmente (TC, RMN, PET-TC), che permettono di definire molto più accuratamente la situazione del
paziente da un punto di vista morfologico e funzionale.
Fasi della radioterapia

Nella FASE DI CENTRATURA c’è l’acquisizione di immagini (CT) relative al paziente e registrazione dei
dati della sua posizione, vengono definiti il bersaglio del trattamento e la posizione del paziente. Le
macchine che irradiano il paziente hanno infatti un punto di riferimento (isocentro), su cui basano il
loro orientamento per irradiare il bersaglio. Vengono utilizzati dei reperi sulla pelle del paziente di
modo che possa essere riposizionato allo stesso modo nel bunker dell’acceleratore (c’è un sistema di
laser che localizza le tre posizioni nello spazio x, y, z e banalmente vengono segnate delle croci sul
paziente date dall’incrocio dei laser alla TC). Vengono inoltre utilizzati dei sistemi di immobilizzazione
per riproporre la stessa posizione nelle sedute di trattamento successive, garantiscono la riproducibilità
del trattamento e la stabilità del paziente durante la somministrazione con riduzione della variabilità
inter e intra-frazione (maschere termoplastiche, sistemi di immobilizzazione di arti, tronco, ecc). Le
immagini TC vengono trasferite a una stazione di contouring per la definizione del tumore e degli
organi circostanti (viene disegnato sia il bersaglio che gli organi critici, che possono essere responsabili
della tossicità). Dobbiamo disegnare il target alla TAC, definire i volumi d’interesse (VOI) e gli organi a
rischio (OAR). I vari volumi si definiscono come:
o GTV (gross tumor volume): quello che effettivamente vediamo della malattia. Per identificare il
GTV dobbiamo servirci dell’imaging più accurato possibile, ad esempio se il GTV sta nel cervello
dobbiamo usare la risonanza per disegnarlo e quindi fondere la TC di centraggio con la RNM;
nel polmone è invece molto utile la PET che consente di distinguere una massa densa
atelettasica dalla massa tumorale vera e propria.
o CTV (clinical target volume): quello che immaginiamo ci possa essere come malattia
microscopica. Una volta disegnato il GTV sulla base dell’imaging dobbiamo fornire un margine
sulla base delle conoscenze cliniche della malattia (es. nei tumori testa-collo gli spazi faringei
possono essere sede di malattia microscopica)
o ITV (internal taget volume): tiene conto dei possibili movimenti d’organo (es. polmone,
intestino) ed è la somma del CTV + internal margin (margine tiene conto delle variazioni del
contorno, posizione e dimensione del CTV)
o PTV (planning target volume): contempla l’errore di posizionamento o inerente alla macchina,
è il volume finale sul quale viene pianificata la dose da erogare ed è la somma di CTV + IM + SM
(margine che tiene conto delle incertezze/variazioni interne ed esterne intra e inter-frazione)
o OAR (organ at risk): tessuti sani la cui sensibilità alle radiazioni e posizione in prossimità del
target possono influenzare significativamente l’esecuzione di un piano di cura e il livello di dose
assorbita dal CTV
o PRV (planning organ at risk volume) dato dalla somma di OAR + IM + SM
È stato ipotizzato per trattamenti più sofisticati anche un target volume biologico (biological-TV), molto
utile per grandi CTV (es. zona che capta molto alla PET può avere una dose più alta senza variare la
tossicità), per la cui definizione è molto usata la PET.

Le FASI DI IMAGE REGISTRATION AND FUSION consentono di allineare le immagini rispetto a uno
stesso punto di riferimento che vanno poi integrate e fuse in maniera tale che il sistema possa
sovrapporle con il rispetto della sede di malattia. Ci sono vari modi di registrazione, quello
attualmente più obiettivabile è basato sui voxel, che comparano le differenze tra i numeri
trasformandoli in immagini. Il CTV deve tenere conto di fattori diversi nei vari tumori, una volta
disegnato il GTV sulla base dell’imaging dobbiamo fornire un margine sulla base delle conoscenze
cliniche della malattia (es. nei tumori testa-collo gli spazi faringei possono essere sede di malattia
microscopica).

Nella FASE DI PIANIFICAZIONE DEL TRATTAMENTO partendo dalla prescrizione di dose e dalla scelta
della tecnica di irradiazione si elabora il piano di trattamento. Si posizionano i campi e si procede
all’ottimizzazione basata sull’analisi delle curve di isodose. Il calcolo della dose avviene sulla base della
densità elettronica dei tessuti espressa in unità di Hunsfield della TAC.

Nella FASE DI SET-UP, riposizionato il paziente come durante la fase di centratura (sistemi di
immobilizzazione, reperi cutanei), vanno poi seguite le istruzioni del fisico che consentono di far
coincidere l’isocentro del piano (punto in cui si intersecano i fasci), con l’isocentro della macchina
(punto in cui si intersecano asse di rotazione del gantry e asse del fascio). Esiste un sistema per fare
delle radiografie digitali (con l’occhio del fascio) che possono essere poi comparate con quelle
simulate dal fisico con la TC, per verificare che effettivamente la posizione del paziente è quella che
deve essere per il trattamento.

Nella FASE DI VERIFICA DI SET-UP si fa un confronto delle immagini di centratura con le immagini
acquisite all’unità di trattamento sulla base dei DRR (digitally reconstructed radiograph) messe a
confronto con le immagini ottenute alla TC.

FASE DI EROGAZIONE: In corso di trattamento è necessario eseguire verifiche di
posizionamento e in alcuni casi riprogrammare l’intero intervento a causa di un
notevole calo ponderale del paziente, progressione di malattia o segni di tossicità
acuta non compatibili con quanto pianificato.
Nella radioterapia a fasci esterni, utilizzando i raggi X, abbiamo la possibilità di avere la
maggiore precisione e gradiente possibile tra la dose data al bersaglio e quella data agli
organi critici. Ci sono diverse modalità per conformare la dose (la forma del fascio): se
irradiamo il polmone possiamo avere escursioni anche molto ampie del bersaglio, esistono oggi dei sistemi
di gating respiratorio che consentono di sparare i raggi soltanto in una fase della respirazione.
La radioterapia stereotassica invece si avvale di una tecnica di mappatura tridimensionale molto precisa al
fine di guidare un trattamento con campi che entrano da molteplici dimensioni e creano un grosso
gradiente di dose (una regione di alta dose molto piccola intorno al bersaglio e una regione di bassa dose
subito intorno).
Nella radioterapia ad intensità modulata (IMRT) c’è un’elevata conformazione della dose al bersaglio con
riduzione significativa della dose ai tessuti sani circostanti. Tramite il movimento del collimatore
multilamellare vengono erogati multipli campi di irradiazione di ridotte dimensioni di intensità non
omogenea che consentono di ottenere ripidi gradienti di dose. Gli organi a rischio pur essendo presenti nel
PTV vengono colpiti da dosi più basse, con miglioramento della finestra terapeutica.
Il SIB (multiple simultaneous infield boost) consente di aumentare la dose per alcune strutture anche
simultaneamente con l’intensità modulate, oggi possiamo dare questa aggiunta di dose sul volume più
piccolo contemporaneamente (dose al bersaglio più grande + supplemento di dose volume più piccolo). Il
Cyberknife è una macchina con acceleratore lineare su braccio robotico con porte multiple che potrebbero
rendere il trattamento troppo lungo con possibilità di spostamento da parte del paziente. Con queste
tecnologie arriviamo a disegnare istogrammi dose- volume che consentono di calcolare le dosi che prende
il bersaglio e il volume di bersaglio che effettivamente prende la dose di prescrizione e la dose e volume
che prendono gli organi critici. L’istogramma dose-volume dà un’idea di che tipo di trattamento stiamo
offrendo al paziente. Il -knife è il primo strumento usato per la radiochirurgia (MAV e piccoli tumori) che
utilizza 201 sorgenti di cobalto isofocalizzate distribuite in un’emicirconferenza.
La IORT (intraoperative radioterapy) è utilizzata nella radioterapia intraoperatoria, sparando raggi X da 50
kW poco penetranti, per irradiare la cavità dopo quadrantectomia del
tumore della mammella.
L’adroterapia è utilizzata in Italia al momento solo a Pavia, è un
acceleratore di particelle che
ha
un diametro di circa 30 metri,
le
radiazioni tendono a deporre
l’energia in una maniera più
selettiva e precisa.
Y-Knife
e
cyber
knife
RADIOTERAPIA CON RADIONUCLIDI:
La radioattività può essere sfruttata per irradiare un bersaglio nell’organismo: l’approccio metabolico con
radionuclidi è molto diverso dalla radioterapia a fasci esterni, dove la sorgente di radiazione è esterna al
paziente nel caso della radioterapia metabolica, invece, si inietta una dose terapeutica di un composto
radio attivo per colpire determinati bersagli. La dose iniettata si distribuisce a tutto quanto l’organismo,
quindi la specificità con cui questa radioattività va a colpire il bersaglio è legata non al fatto che si indirizza il
fascio di irradazione su un volume, ma alla specificità del radiofarmaco, cioè quanto questo radiofarmaco sia
capace di identificare il bersaglio una volta iniettato nell’ organismo. NB: non è possibile schermare nessun
organo, perché il radiofarmaco per via endovenosa attraverso il torrente circolatorio può arrivare a tutti gli
organi e a tutti i tessuti.
L’ obiettivo principale della radioterapia metabolica è quello di dare una dose al tumore sufficiente dose per
uccidere le cellule tumorali, e minima o nulla ai tessuti sani. Per fare questo, occorrono:
 Veicoli specifici, che riconoscono in maniera selettiva le cellule tumorali: questo veicolo può essere
un peptide, un anticorpo, una molecola bioattiva.
 A questo veicolo devo unire in maniera stabile un radionuclide, che sarà la mia sorgente di
radioattività, e il composto che così si forma, che si chiama radiofarmaco, lo devo iniettare al
paziente. Si utilizzano radionuclidi emettitori di particelle beta o alfa, perché le radiazioni
corpuscolate sono poco penetranti, cioè percorrono nella materia vivente una distanza molto
piccola, però in questo tragitto che percorrono cedono molta energia; infatti sono radiazioni
caratterizzate da un alto Linear Energy Transfer (LET). Queste particelle quando viaggiano nella
materia ionizzano, e ionizzando provocano danni letali alle cellule che quindi muoiono; questa
energia rilasciata viene sfruttata a scopo terapeutico. Queste particelle non possono essere usate a
scopo diagnostico perché non escono dal corpo, la particella percorre pochi millimetri nella materia
vivente quindi non è possibile rilevare la radioattività dall’esterno ma si sfrutta la loro capacità di
rilasciare energia all’interno dell’organismo.
Le PARTICELLE ALFA hanno un range molto più piccolo, perché sono più pesanti e più cariche, però in questo
brevissimo tragitto le cellule con cui interagiscono vengono sicuramente danneggiate in maniera letale; dato
il piccolo range della particella alfa, essa deve essere convogliata proprio sulla cellula per poter dare un
danno letale. Può colpire la singola cellula per tumori di piccole dimensioni. Tra gli alfa emettitori ritroviamo
il radio 223 per uso sperimentale per terapia delle metastasi ossee.
Le PARTICELLE BETA possono arrivare ad una energia massima di 1 MEV, hanno un range in acqua che può
arrivare massimo a 4 mm, il che consente alle particelle beta di espletare la propria capacità di ionizzazione
su molte cellule. Si utilizzano su tumori grandi, tenendo conto della loro energia perché maggiore è energia,
più lungo sarà il percorso nella materia. NB: Ci sono alcuni radionuclidi emettitori di particella beta-meno,
come lo Iodio131, che oltre ad avere questo tipo di emissione, emettono anche fotoni gamma per cui viene
sfruttato a scopo terapeutico. Nel caso dello Iodio131 l’emissione beta viene sfruttata a scopo terapeutico,
l’emissione gamma viene sfruttata per l’ imaging, per il total body.
Gli ELETTRONI AUGER: hanno un range limitato più delle particelle alfa, si usano quando il bersaglio è
direttamente il nucleo della cellula
Il radionuclide più utilizzato è lo IODIO131, che ha un’emivita di 8 giorni, un’energia di 606 KEV e un range in
acqua di 2,3 mm, cioè le particelle coprono in acqua un percorso di 2,3 mm. Lo Iodio131 può essere
utilizzato senza veicolo, nella terapia delle patologie tiroidee perché è assolutamente analogo allo iodio
naturale. Una volta all’ interno delle cellule tiroidee queste particelle beta-meno emesse dallo iodio possono
determinare danni letali alle cellule follicolari. Lo Iodio131 ha anche un’emissione gamma, e posso sfruttare
questi fotoni gamma che fuoriescono dal paziente per avere una scansione totale del corpo, e quindi della
distribuzione dello iodio all’ interno dell’organismo. Una volta che si localizza all’ interno delle cellule
follicolari, dopo un breve periodo di latenza, i danni provocati dalle particelle beta inducono necrosi
cellulare, si ha una reazione infiammatoria letale con distruzione di follicoli, gli ormoni vengono immessi in
circolo, e alla fine di questo processo, si ha la fibrosi della ghiandola, e quindi scompaiono le cellule tiroidee Il
danno è a carico del DNA in quanto provoca la rottura singola o doppia della catena con danno irreparabile.
TRATTAMENTO DEI CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE:
Nel 1940 c’è stato il primo impiego dei radionuclidi a scopo terapeutico su soggetti ipertiroidei, per poi,
pochi anni dopo, essere utilizzati anche sui carcinomi differenziati. Lo I131 è stato scelto come farmaco
perché viene attivamente captato dalle cellule della ghiandola tiroidea è il primo agente TERANOSTICO,
una parola che mette insieme due termini quali terapeutico e diagnostico. Lo I131 è il radionuclide con
caratteristiche biocinetiche ottimali per queste patologie:
 L’emivita è di 8 giorni.
 Non ha una penetranza profonda nei tessuti molli (percorso medio di 0.8mm), a differenza di chemio
o radioterapia a fasci esterni, per cui con lo I131 cerchiamo di essere più mirati possibili : ad
esempio, può essere utilizzato per rimuovere residui tiroidei.
 Per questo percorso così breve lo I131 non ha effetti collaterali gravi, non distrugge le cellule
limitrofe, si può accumulare in aree fisiologiche ma non ha un effetto fortemente dannoso.
 L’effetto terapeutico è dovuto al 94% alle radiazioni β, con le quali si può fare sia diagnosi che
terapia, a differenza delle γ, con le quali faccio solo diagnosi.
Lo I131 può essere quindi usato per distruggere, per ablare, il tessuto tiroideo residuo, per distruggere
focolai neoplastici metastatici, oppure per eseguire una scintigrafia post-terapia ad alta sensibilità, allo scopo
di ottenere una riduzione di recidive e mortalità tumore-specifica e allo scopo di facilitare il successivo
follow-up e misura della Tg (tireoglobulina marker dei CDT) NB: La scintigrafia post-ablativa normalmente si
fa 7 giorni dopo la terapia con il radioiodio obbligatoriamente in regime di ricovero di almeno 2 giorni e
anche in presenza di grossi residui iodio-captanti può dimostrare la presenza di metastasi.
I Carcinomi tiroidei differenziati sono tumori abbastanza rari, però se consideriamo le neoplasie tiroidee nel
loro insieme costituiscono la neoplasia più frequente della tiroide (Si sottolinea che la terapia può essere
fatta solo nei differenziati, altrimenti il tessuto non capterebbe). I carcinomi differenziati della tiroide si
dividono grossolanamente in papillare e follicolare, che si distinguono anche per il modo di dare metastasi : il
primo diffonde per via linfatica, con metastasi linfoghiandolari, in particolar modo ai linfonodi della catena
latero-cervicale, giugulare e mediastinica, il secondo diffonde per via ematica e metastatizza principalmente
in polmoni e ossa. Tra i siti più frequenti di metastasi del follicolare, quelle ossee sono le più resistenti e la
terapia con lo iodio131 dev’essere spesso associata alla radioterapia a fasci esternilogicamente si utilizza
prima lo I131 e poi a distanza di mesi la radioterapia a fasci esterni, se così non fosse la ghiandola
perderebbe il suo potere captante e lo iodio non avrebbe più alcun effetto terapeutico. Se follicolare e
papillare rappresentano i due estremi tra i CDT, esistono alcune varianti intermedie come la forma a cellule
sclerosanti, a cellule trabecolari, il carcinoma insulare o il carcinoma di Hurthle, che sono importanti perché
molto aggressive, in quanto il tumore tende a diventare ‘sdifferenziare’ e, non captando più lo iodio,
andrebbe poi instaurato un regime terapeutico più aggressivo.
Per la diagnosi nei confronti di un nodulo tiroideo, l’indagine di prima linea è l’ecografia, ma la diagnosi alla
fine è comunque citologica con un agoaspirato eco-guidato: in questo modo si rivela il carcinoma
differenziato della tiroide. A questo punto la tiroide va asportata con un intervento di tiroidectomia totale,
quindi il paziente si sottopone ad una serie di indagini pre-chirurgiche, viene operato, sulla base del
campione istologico rimosso all’intervento, viene eseguito un esame anatomopatologico e quindi si completa
la stadiazione con i parametri del sistema internazionale T e N. Il parametro M viene stabilito sulla base di
indagini strumentali e essenzialmente con il total body con Iodio131. Dopo l’intervento il paziente deve
sottoporsi a terapia con Iodio131 per l’ablazione del residuo post-chirurgico, dopo di che viene sottoposto a
un periodo di follow-up che può durare anche diversi anni, e che serve per identificare precocemente le
recidive loco-regionali e le eventuali metastasi a distanza. Il carcinoma differenziato della tiroide è a buona
prognosi, il paziente guarisce in più del 90% dei papilliferi, in più dell’ 80% dei follicolari.
Anche se si fa una tiroidectomia totale, il residuo c’è sempre, e deve essere ablato in primo luogo perché può
essere sede di microfoci tumorali che potrebbero diventare delle recidive loco-regionali; in secondo luogo
bisogna ablare il residuo tiroideo, anche se è costituito da tessuto normale, per poter poi monitorare il
paziente con il dosaggio della tireoglobulina e con il total body con Iodio131. Infatti se non si togliesse il
residuo tiroideo, si ritroverebbe in circolo la tireoglobulina; se invece lo si distrugge la tireoglobulina sarà
indosabile; se i livelli di tireoglobulina cominciano a crescere vuol dire che c’è una recidiva o una metastasi.
La stessa cosa per il total body con Iodio131: se lasciassi il residuo tiroideo, lo Iodio131 che somministro al
paziente a scopo diagnostico, cioè per vedere come si distribuisce nell’ organismo e se va a localizzarsi in sedi
metastatiche di carcinoma tiroideo, sarebbe inficiato dal fatto che questo iodio viene captato dal residuo e
non dalle metastasi. Se do una dose terapeutica al paziente di Iodio131 per ablare il residuo, dopo una
settimana posso fare una scansione total-body e visualizzare eventuali lesioni a distanza, ossee o linfonodali.
Importante è la distinzione tra i pazienti che si avvantaggerebbero della terapia ablante post-chirurgica e
quelli che, pur avendo un CDT, non se ne avvantaggerebbero. L’ ablazione del residuo è obbligatoria in tutti
quei soggetti a medio ed alto rischio di recidiva, quindi tutti i carcinomi tiroidei differenziati con stadiazione
superiore a T1aN0M0, i carcinomi follicolari e tutte le varianti aggressive del carcinoma papillifero, mentre
non vengono sottoposti ad ablazione del residuo i soggetti a basso rischio, cioè i carcinomi papillari
monofocali, senza metastasi linfonodali o a distanza pari o inferiori a 1cm quindi fino a T1AN0M0. Oggi si sta
cercando di rendere la terapia radiometabolica più restrittiva, i pazienti vengono stadiati e divisi in tre
categorie:
- Rischio molto basso→ no terapia con radioiodio
- Rischio basso→ terapia con radioiodio
- Alto rischio→ terapia con radioiodio
Come si esegue l’ablazione del residuo?
1. Preparazione del paziente: Dopo l’intervento non dovrebbero essere somministrati ormoni tiroidei
sostitutivi (L-tiroxina), perché in questo modo il TSH si innalza (per mancanza del feedback negativo)
e quando ha raggiunto valori ≥25-30 μU/mL la captazione con lo iodio diventa tale da poter eseguire
il trattamento con Iodio131, dose terapeutica. In alternativa alla sospensione della terapia ormonale,
c’è la possibilità di somministrare il TSH ricombinante, che come il TSH endogeno stimola le cellule
tiroidee a captare lo Iodio131. La dose di ricombinante è di circa 0,9 mg al giorno per due giorni,
prima della somministrazione dello iodio, due giorni prima.
Altra accortezza per la preparazione: il paziente non deve assumere attraverso la dieta, sostanze
contenenti iodio, perché queste sostanze andrebbero a saturare il pool degli ioduri del residuo, e
quindi lo iodio radioattivo somministrato in un secondo momento non trova posto per entrare nelle
cellule tiroidee, perché il pool degli ioduri è saturo. Bisogna fare molta attenzione alle sostanze che
contengono iodio, perché sostanze insospettabili possono contenere elevati livelli di iodio, come i
dentifrici, le tinture per capelli, alcune creme di bellezza. Prima della somministrazione di Iodio131
viene comunque fatta una ioduria per vedere se il paziente ha avuto contatto con iodio in eccesso
nei giorni precedenti alla somministrazione. Inoltre bisogna escludere uno stato di gravidanza,
perché lo Iodio131 passa la placenta controindicazioni assolute: gravidanza e allattamento.
Prima della somministrazione bisogna eseguire un test di captazione con
scintifigrafia: prima si faceva con tecnezio mentre oggi viene fatto con lo
iodio per valutare la distrubuzione del composto all’interno della
ghiandola tiroidea. Prima di dare lo iodio si misura sia l’emissione della
capsula sia l’attività di fondo (cioè dell’ambiente) e questi dati vengono
inseriti nel computer della macchina. Poi si dà una capsula di iodio in
quantità irrilevanti (0,01 mCi) e inizia il test di captazione che si può fare
a 2-4h, 24h e 48h. Si ottiene una curva di distribuzione e si valuta la
percentuale la tiroide che ha captato il tracciante: se è bassa il nodulo
non capterà lo iodio e quindi la terapia non serve. In realtà non è più
necessario un total body diagnostico prima della somministrazione della
dose terapeutica di iodio perché si è visto che può dare un fenomeno di
stunning, cioè questa dose di iodio stordisce le cellule tiroidee tumorali,
non le uccide ma le impedisce di captare la dose terapeutica di Iodio131.
Si esegue invece sempre un total body a distanza di 7 giorni
dopo una dose terapeutica di Iodio131.
Scintigrafia Totale Corporea con iodio 131
Anche in questa immagine è
evidenziabile lo stesso concetto
precedente : dopo aver usato lo I131
con dosaggio terapeutico, appare
inutile utilizzarlo a scopo diagnostico,
con dosaggio minore, per la peggiore
risoluzione delle immagini che
andremmo ad ottenere.
131 I pre-terapia
(TB diagnostico)
Sensibilità : 56%
Università degli Studi di Napoli Federico I I
131 I
post-terapia
(TB terapeutico)
Sensibilità: 79%
2. La dose di Iodio131 è tra 1110 e 3700 megaBecquerel (MBq), varia tra i 30 milliCurie (mCi) e i 100
mCi. La somministrazione di Iodio131 viene fatta in regime di ricovero protetto, cioè il paziente deve
ricoverarsi in stanze di degenza piombate, con tutti i sistemi di dismissione di urine, feci e
connessione di tutti i servizi igienici con vasche di decontaminazione e di decadimento, con il
rispetto di norme radioprotezionistiche anche per tutto il personale a contatto con questi soggetti.
Infatti lo Iodio131 si ritroverà oltre che nelle urine e nelle feci, in tutti i liquidi organici, quindi anche
la biancheria, gli asciugamani devono essere ricondotti a norme di radioprotezione. Il soggetto deve
essere digiuno prima di assumere lo Iodio131, e deve rimanere digiuno almeno per 3 ore dopo,
perché se lo vomita non sappiamo qual è la dose che ha assunto: dobbiamo essere certi che gli
abbiamo dato quella dose, e che non venga persa. A 5-7 giorni dalla somministrazione esegue un
total body con Iodio131 che
fotografa la distribuzione in quel
momento e serve a completare la
stadiazione: in questa fase possono
venire fuori localizzazioni ed
accumuli a polmoni, ossa, linfonodi.
In questo caso le iper-captazioni
dello iodio corrispondono alle ipercaptazioni di FDG. In alcuni casi lo
iodio è completamente negativo
(non si evidenzia presenza di
residuo o di metastasi), invece
all’FDG si ha iper- captazione alla
zona della tiroide ma soprattutto a
livello dei linfonodi latero-cervicali,
quindi in alcuni casi può essere utile associare le due procedure.
Il paziente viene dimesso quando la sua radioattività è scesa al di sotto dei limiti stabiliti, cioè al di sotto di 25
milli-sievert all’ ora (mSv/h) a 1 metro. Bisogna comunque considerare che anche se la dimissione avviene a
questo punto, se il paziente per esempio va in aeroporto e passa ai controlli la radioattività è ancora
rilevabile, quindi in genere questi pazienti viaggiano con una certificazione che dice che si sono sottoposti a
questo trattamento con Iodio131.
NB: Per capire che dose dare al paziente si fanno vari calcoli:
- Calcolo dosimetrico: si applica la dosimetria, un modello matematico che viene fuori dalle
dimensioni dell’eventuale residuo, da una costante fisica, dal calcolo dei tre diametri
trasversali all’ecografia, dall’emivita e si ottiene un valore che non può essere superato,
altrimenti si bersaglia troppo la tiroide o il midollo (tossicità). Ma questo calcolo è troppo
laborioso e non molto affidabile
- Calcolo empirico: è quello più usato, cioè la dose è scelta in base alla categoria del paziente:
o In caso di residuo la dose è da 30-50 a 100 mCi
o In caso di metastasi linfonodali si arriva a 120 mCi
o
In caso di metastasi ossee da 200 mCi a salire
3. Dopo la somministrazione di Iodio131 il paziente può riprendere la terapia sostitutiva con
levotiroxina, anzi la deve fare se no andrà incontro a sintomi di ipotiroidismo. Il dosaggio della
levotiroxina è mantenuto alto per consentire la soppressione del TSH, quindi a livelli inferiori a 0,1
mU/L, e dopo un certo periodo di tempo, quando cioè la remissione completa è stata accertata, cioè
il residuo è stato ablato, il dosaggio può essere di tipo sostitutivo.
4. Dopo 8-12 mesi dalla somministrazione di Iodio131 dobbiamo verificare l’efficacia del trattamento.
Si fa il dosaggio della tireoglobulina e un total body con Iodio131 con dose diagnostica. Se abbiamo
distrutto il residuo non c’è più tireoglobulina circolante, e questo dovrebbe essere confermato anche
dalla negatività del total body con Iodio131
Effetti indesiderati possono essere precoci: dolorabilità della regione tiroidea, perdita temporanea del gusto,
nausea e vomito, scialoadenite (perché lo iodio va anche nelle ghiandole salivari infatti nella preparazione
si dà al paziente un po’ di cortisone a dosi antiinfiammatorie e si dice di masticare molto a partire dal giorno
dopo la terapia, per far produrre molta saliva.) In casi più gravi la scialoadenite può evolvere a xerostomia
(occlusione dei dotti). Effetti tardivi: il rischio di seconde neoplasie è abbastanza basso, infatti la terapia con
Iodio131 viene considerata una delle più sicure da questo punto di vista NB: Per pazienti che assumono più
di 1 mCi c’è rischio di sviluppo di leucemia secondaria al trattamento con I131. Non c’è nessun incremento di
malformazioni nella progenie, la fertilità femminile, purchè il concepimenyo avvenga dopo almeno 6 mesi
dopo il trattamento. Se una donna in gravidanza nonostante tutti i controlli fatti si trova ad avere assunto
una dose terapeutica di Iodio131 bisogna rivolgersi al fisico autorizzato, che deve calcolare la dosimetria e
quindi la quantità di Iodio131 che il feto ha ricevuto in base alla dose somministrata alla madre. Se questa
dose ricevuta dal feto è minore di 100 mSv l’aborto non si prende in considerazione. La fertilità femminile
non è compromessa mentre c’è una riduzione della funzione testicolare in >10% dei pazienti.
Follow-up: questo paziente che ha ricevuto una dose terapeutica di Iodio131 per ablazione del residuo deve
comunque tornare a controllo per vari motivi. Uno di questi, sicuramente importante, è l’identificazione
precoce di recidive loco-regionali e metastasi a distanza. Si identificano attraverso scintigrafia total body con
Iodio131 in condizioni di TSH stimolato; il paziente quindi che assumeva ormoni tiroidei per terapia
sostitutiva li deve sospendere, in modo tale da far salire il TSH fino a oltre le 30 mU. Poi ecografia del collo e
dosaggio della tireoglobulina sierica e degli anticorpi anti-tireoglobulina. Se la tireoglobulina è indosabile il
paziente è in remissione; se invece è dosabile e addirittura aumenta nel tempo il paziente non è guarito e
quindi si innesca tutto un iter diagnostico completo per andare alla ricerca delle recidive o delle metastasi.
Non sempre si riesce ad identificare queste metastasi: uno dei problemi clinici più frequenti è che questi
pazienti per anni hanno la tireoglobulina elevata, e nonostante si mettano in campo total body con iodio
diagnostico, PET-TAC, risonanza e quant’ altro, non si riesce ad identificare il punto in cui la tireoglobulina
viene prodotta. In questo caso il medico nucleare insieme all’ endocrinologo decide di trattare il paziente con
Iodio131 sulla sola base della tireoglobulina aumentata complessivamente nel tempo, anche se il total body
è negativo.
Qual è la terapia delle recidive loco-regionali? Se c’è una recidiva loco-regionale il primo tentativo da fare è
quello di toglierla chirurgicamente, dopo di che si fa di nuovo il trattamento con Iodio131 alle dosi indicate.
Se invece nel corso del follow-up si identificano metastasi a distanza (polmoni, ossa, scheletro in genere),
anche qui la presenza di metastasi induce ad un secondo trattamento, stavolta con dosi molto più elevate:
possono arrivare ai 300 mCi (per l’ablazione del residuo si arrivava a 100 mCi). Il paziente nonostante
metastatico risponde alla terapia finchè non si sdifferenzia, cioè la cellula tiroidea perde il simporto dello
iodio e non riesce più a captare.
Quindi le indicazioni al trattamento con Iodio131 in caso di carcinoma differenziato della tiroide sono:
- Ablazione del residuo
- Terapia delle recidive loco-regionali
- Terapia delle metastasi
- Situazioni cliniche particolari ma non infrequenti, in cui la tireoglobulina cresce ma il total body è
negativo
Patologie benigne iperfunzionanti della tiroide Altra situazione clinica in cui si utilizza lo Iodio131: patologie
benigne iperfunzionanti della tiroide. Lo scopo del trattamento è quello di uccidere le cellule tiroidee per
evitare che si formino noduli, quindi condurre il paziente in remissione rispetto all’ ipertiroidismo e ridurre il
volume della ghiandola tiroidea. Le indicazioni alla terapia con radioiodio nelle patologie iperfunzionanti
della tiroide sono:
- Morbo di Basedow
- Gozzo tossico multinodulare
- Adenoma tossico
- Gozzo non tossico multinodulare (che però ha bisogno di stimolazione con TSH ricombinante per
poter essere trattato)
In ogni caso, nell’ 80-90% dei pazienti trattati con iodio si ha una buona risposta con l’instaurarsi di un
eutiroidismo (o ipotiroidismo addirittura) dopo una singola dose di iodio. La terapia con Iodio131 può essere
benefica anche per l’oftalmopatia basedowiana, ma ci può essere una fase precoce di recrudescenza dell’
oftalmopatia. Anche qui il paziente viene preparato così come per l’ ablazione del residuo (dieta priva di
iodio, test di captazione dello iodio, ioduria ecc), la differenza è che questo trattamento, utilizzando delle
dosi molto più basse, può essere eseguito in regime ambulatoriale, cioè il paziente arriva in reparto, assume
una dose che non è mai superiore ai 600 MBq di Iodio131 e poi torna a casa con una serie di istruzioni che
deve rispettare: per 15 giorni non può frequentare luoghi pubblici essendo radioattivo, tutta la sua
biancheria deve essere trattata separatamente rispetto a quella della famiglia, deve usare un bagno
personale, deve bere a sufficienza per eliminare il più possibile lo iodio da vescica e dal circolo, spesso gli
viene consigliato di mangiare caramelle per aumentare la salivazione e ridurre la scialoadenite.
Effetti indesiderati: lieve e transitoria tumefazione del collo, scialoadenite, ipotiroidismo. L’ ipotiroidismo si
instaura soprattutto quando la causa principale dell’ ipertiroidismo è una patologia diffusa della tiroide come
il Basedow; non si ha con il nodulo autonomo perché quando somministriamo lo Iodio131 nel nodulo
autonomo questo va solo nel nodulo, perché il parenchima circostante è soppresso e viene in qualche modo
preservato. C’è una piccola percentuale di pazienti che non risponde anche dopo mesi, e questi pazienti che
non rispondono a un anno/un anno e mezzo possono essere valutati per ricevere una seconda dose di
Iodio131. Anche questi pazienti devono essere seguiti nel tempo soprattutto perché bisogna controllare che
non vadano in ipotiroidismo, e bisogna controllare il profilo ematico perché ci potrebbe essere un calo della
crasi
ematica.
TERAPIA RADIO-METABOLICA DEI FEOCROMOCITOMI MALIGNI
I feocromocitomi sono fortunatamente molto rari tuttavia non è possibile
discriminare tra cellule maligne e benigne in base all’istologia, l’unico modo
per differenziare la patologia benigna da quella maligna è l’osservazione di
metastasi extrasurrenaliche.
Al pari dello Iodio-131 per i tumori tiroidei, la MetaIodoBenzilGuanetidina
(MIBG) può veicolare il tracciante nei confronti delle cellule tumorali
cromaffini, può avere un effetto di distruzione cellulare sfruttando la
radiazione β- dello iodio, dal momento la MIBG viene resa radioattiva grazie
al legame con lo iodio131. Del resto mentre per la tiroide utilizziamo lo iodio
radioattivo come tale, per i feocromocitomi si utilizza lo stesso tracciante
sfruttato a scopo diagnostico anche per la terapia radio-metabolica, ma a
dosi molto più elevate (naturalmente è fondamentale che ci sia una positività
all’esame diagnostic preliminare).
Per quanto riguarda la diagnostica del feocromocitoma maligno c’è la possibilità di effettuare una scintigrafia
con MIBG con scansione total-body, che consente di valutare se vi è un interessamento tumorale
extrassurenalico, in particolar modo a livello delle principali sedi metastatiche (fegato, polmoni, ossa o
linfonodi). Naturalmente la presenza di multipli foci di captazione è indice di malignità, in particolar modo se vi
è captazione in queste sedi anatomiche (fegato, polmone, ossa o linfonodi). Esistono però anche dei
paragangliomi multipli e, in questo caso, la presenza di focolai multipli di captazione, non indica una condizione
di malignità ma di benignità, dal momento che sono varie stazioni del sistema simpatico ad essere interessate. I
chemodectomi sono localizzati a livello del collo, mentre i paragangliomi sono localizzati lungo la colonna
vertebrale. Inoltre consente di effettuare un follow-up post-chirurgico; monitorare gli effetti della
chemioterapia.
Benigno
Terapia
Chirurgia
Chemioterapia
Radioterapia metabolica
Maligno
In condizioni normali di distribuzione della MIBG c’è una concentrazione nelle ghiandole salivari,
minimamente a livello cardiaco (perché il tessuto cardiaco ha una rilevazione da parte del sistema nervoso
simpatico), a livello epatico (c’è un’eliminazione attraverso le vie biliari), a livello di tutte le anse intestinali ed
infine a livello urinario.
In uno studio con confronto fra un gruppo di feocromocitomi benigni ed un gruppo di feocromocitomi maligni,
il risultato interessante è l’intensa captazione da parte delle lesioni maligne (maggiore rispetto a quelle
benigne). In questo caso sembrerebbe quasi che non ci sia captazione nella lesione benigna, in realtà c’è una
captazione molto leggera. Non succede sempre così, dal momento che ci sono dei casi in cui anche le lesioni
benigne concentrano, però ci può una tendenza da parte delle lesioni maligne a concentrare di più. Nel followup post-chirurgico l’integrazione con la TAC mostra nella loggia surrenalica sinistra una serie di artefatti da clips
chirurgiche che determinano una difficoltà nella valutazione del distretto.
Terapia con iodio-131 MIBG nel Feocromocitoma maligno
Il primo composto utilizzato per la radioterapia metabolica del
feocromocitoma maligno metastatico è la terapia metabolica con Iodio131 MIBG. Questo tracciante si concentra particolarmente all’interno
dei granuli neurosecretori delle cellule del sistema simpaticoadrenergico (tessuto cromaffine) sia che siano confinate in sede
midollare surrenalica sia che si trovino in sede metastatica (quindi anche
in caso di tumori non trattabili con altre possibilità mediche, sia
chirurgiche che chemioterapiche).
L’emivita dello I131è di circa 8 giorni, un vantaggio qualora lo I131 sia
utilizzato a scopo terapeutico, perché si ha una persistenza della
radioattività nelle sedi tumorali, mentre è inutile quando il tracciante è
utilizzato a scopo diagnostico. Quindi l’effetto terapeutico dello I 131 è
legato alle emissioni β- e si può avere un meccanismo d’azione diretto
per danno a livello del DNA, oppure un meccanismo d’azione indiretto
Feocromocitoma metastatico
per diffusione dell’energia radiante alle cellule adiacenti o per
produzione di metaboliti tossici.
Il protocollo standard con dosi multiple è indicato come trattamento di prima linea nei pazienti con
progressione di malattia da lenta a moderata, o come trattamento di seconda linea in pazienti in rapida
progressione nonostante la chemioterapia. Il protocollo con dose elevata singola è indicato come
trattamento di prima linea nei pazienti con progressione di malattia da lenta a moderata con evidenza di
lesioni ossee e dei tessuti molli, o come trattamento di seconda linea nei pazienti in rapida progressione
nonostante la chemioterapia e con evidenza di lesioni ossee e dei tessuti molli.
E’ importante che siano sospesi tutti i farmaci che possano interferire con la capatazione della MIBG, come il
labetalolo, la reserpina, ecc. Inoltre è indicato il pre-trattamento con soluzione soprasatura di ioduro di
potassio, per bloccare la captazione dello iodio libero da parte della tiroide che deve essere sempre
preservata (dal moento che dando dosi elevate vi può essere una captazione e quindi un danno a livello
tiroideo).
Per quanto riguarda la risposta tumorale, si può avere un’eterogeneità di risposta: alcune lesioni rispondono e
quindi si riducono di dimensioni, mentre altre non si riducono. Ciò dipende dalla quantità di composto
radioattivo sufficiente che raggiunge la lesione e dalla presenza di condizioni vascolari favorevoli che
consentano una corretta captazione del tracciante da parte della lesione.
Risultati della risposta alla
terapia con Iodio-131 MIBG
Ormonale
Tumorale
RC
13%
4%
RP>50%
32%
26%
MS
40%
57%
P
15%
13%
Prima e dopo la terapia con I-131
È chiaro che in fase terapeutica, in una fase terminale dove il paziente non è più fortemente radioattivo, ma è
ancora sufficiente per una stadiazione, potete sfruttare anche tutta la radioattività a scopo diagnostico.
Rispetto alla valutazione ormonale, in termini di risposta, la risposta tumorale dà qualche informazione in più,
perché c’è una correlazione maggiore tra la risposta tumorale (ovvero la valutazione delle dimensioni delle
lesioni) e la reale presenza di malattia, rispetto alla correlazione tra risposta ormonale (cioè il livelli di
catecolamineI e la malattia) e malattia.
Le precauzioni da prendere quando si decide di effettuare un trattamento con MIBG sono la valutazione della
funzione epatica e renale; c’è infatti una concentrazione fisiologica del tracciante in questi organi, quindi più
funzionano e meglio è. Le controindicazioni assolute sono ovviamente la gravidanza e l’allattamento (perdita di
questa sostanza attraverso la secrezione mammaria), l’incontinenza urinaria (per i rischi di contaminazione) o
eventuali incompatibilità da parte del paziente con le norme di radioprotezione.
Altre indicazioni della terapia con Iodio131 MBG
-
-
-
Pazienti con malattia avanzata a livello
surrenalico a scopo citoriduttivo, nei casi in
cui il trattamento chirurgico non può
essere proposto
Sterilizzazione della loggia surrenalica per
l’ablazione di eventuali residui tumorali
(utilizza lo stesso principio dei tumori
tiroidei)
Associazione alla chemioterapia nei pz con
malattia avanzata
Effetti collaterali
-
Nausea
Vomito
-
Depressione
emolinfopoietica
Analoghi della somatostatina
Nei paziente che non hanno captazione della MIBG (casi molto rari) è possibile considerare la terapia
alternativa con gli analoghi della somatostatina, il principio è sempre lo stesso, utilizziamo un composto
diverso purché ci sia l’espressione dei recettori da parte del tumore, evidenziati all’Octreoscan. Tutto
dipende dall’espressione recettoriale, abbiamo un quadro normale di distribuzione di questo composto,
che mette in evidenza meglio il distretto epato-splenico e renale.
Radionuclidi utilizzati con gli
analoghi della somatostatina
Indio-111, nella maggioranza
Ittrio-90, un β- emittente
puro, quindi ideale per il
trattamento radiometabolico
Lutezio-177, in parte β-
Terapia
con
Octreotide