FARMACOLOGIA: FARMACI PER MALATTIE DEL SISTEMA GI
LE IBD
Le IBD riflettono una disbiosi, ovvero si altera il rapporto tra il microbiota intestinale e le cellule dell’epitelio
intestinale, le cellule di Paneth e altre presenti. Questo comporta una infiammazione cronica dell’intestino
che dà diverse manifestazioni, quali la diarrea, presente nel 50% dei casi di Morbo di Chron e nel 100% dei
casi di Rettocolite ulcerosa. Queste due patologie si differenziano per la localizzazione: il Chron interessa
tutto l’intestino, la RU è più frequente nel retto, sigma, colon sinistro; nella malattia di Chron c’è un
ispessimento transmucosale, nella RU sono colpiti solo gli strati di mucosa e sottomucosa, di conseguenza il
Chron acquisisce le caratteristiche di una ileite granulomatosa, la RU è prevalentemente emorragica; nel
Chron troviamo fistole, ascessi, ostruzioni intestinali con possibili perforazioni, nella RU si ha criptite,
ovvero infiammazione della cripte del Lieberkuhn.
EPIDEMIOLOGIA
La prevalenza delle IBD in Europa è dello 0,3% ovvero 2,5-3 milioni di casi di IBD; negli Stati Uniti le stime
arrivano all’1,4%. In Italia abbiamo 442 casi di IBD su 100.000 abitanti, ovvero 260.000 pz affetti da IBD
attualmente sul territorio nazionale. In Asia ci sono 25 casi su 100000 abitanti (eccettuando Giappone, 50
casi per 100.000), così come in africa. Le IBD insorgono normalmente prima dei 30 anni di età e la razza
bianca è particolarmente colpita poiché abita nelle zone industrializzate: industrializzazione e
urbanizzazione sono i principali fattori di rischio della malattia ed è per questo che le IBD hanno subito un
aumento a partire dalla metà del secolo scorso. Il sesso femminile e maschile sono ugualmente
rappresentati.
Curiosità: Negli Ashkenazi (ebrei)c’è una frequenza da 2 a 4 volte maggiore delle IBD, c’è inoltre una alta
prevalenza della malattia di Tay-Sachs e della malattia di Gaucher. Ciò è dovuto alla vita insulare isolata che
ha portato ad avere molti matrimoni endogamici.
FATTORI DI RISCHIO E PROTEZIONE
-
Dieta sbilanciata in zuccheri, grassi e adulteranti
L’allattamento al seno è protettivo, probabilmente per le modificazioni che induce nel microbiota
Il fumo è rischioso per il Chron perché promuove l’infiltrazione di neutrofili, ma è protettivo nei
confronti della RU poiché aumenta la produzione di muco. Questi effetti sono dovuti alla nicotina
L’appendicectomia è un fattore di rischio per il Chron ma è protettivo per la RU
GENETICA
Nel Chron la concordanza tra gemelli omozigoti è di circa il 33% e addirittura il 10% nella RU; nei dizigoti c’è
una concordanza del 7% per Chron e nel 3% della RU. Non possono essere quindi definite come malattie
genetiche. Ha un ruolo importante la genotipizzazione degli HLA, poiché il Chron è in ultima analisi una
patologia del SI, infatti nella IBD il normale stimolo tollerogenico si modifica e viene sostituito da uno
stimolo che induce l’attivazione delle branche del TH1 e TH17. Vediamo i geni e i polimorfismi coinvolti
nelle IBD:
RU
CHRON
HLA-DR B1*0301
HLA-DRB1*1502
HLA-B27
HLA-B33
Alleli predisponenti alla malattia
Predispongono in maniera
significativa alle complicanze
extra intestinali: uveite, sinovite,
artrite
RU/CHRON
Le mutazioni in questo caso
riguardano 1/3 dei pz Chron
CHRON E RU
NOD2  gene maggiormente
associato alle IBD, in particolare
al Chron
MUTAZIONI:
1) Arginina 702 mutata in
triptofano  maggiore
produzione di citochine
proinfiammatorie
nell’intestino
2) Glicina 908 mutata in
arginina  maggior
produzione di citochine
proinfiammatorie
3) Mutazione frame-shift a
livello di una mucina in
posizione 1007:
comporta una inserzione
di una cisteina nella
proteina finale. si trova
nelle forme più severe
del Chron. NOD-2 in
questo caso interagisce
con RIP-2, ciò determina
l’ubiquitinazione d IKK-γ
che normalmente si
complessa con IKK-α e
IKK-β. La degradazione di
IKK-γ comporta
l’attivazione di NF-kB e
quindi la produzione di
citochine proinfiammatorie
NOD2 inoltre interagisce con
ATG16L1 che è una proteina per
il processo di autofagia. La
mutazione Treonina300Alanina
compromette l’autofagia e anche
la segnalazione dei TLR,
aumentando le possibilità che si
verifichi l’infiammazione.
TLR: TOLL LIKE RECEPTORS
presenti nelle cellule endoteliali,
nelle cellule di Paneth e nelle
cellule dell’immunità innata
Si tratta degli NLR (NOD-LIKE
RECEPTORS) che sono localizzati
nel citoplasma. Questa proteina
presenta 3 domini:
- LRR (ricco in leucina) che
serve per interagire con
sostanze di natura
batterica come il
muramil-dipeptide
- NBD: nucleotide binding
domain, serve per la
dimerizzazione
- CARD: elemento di
attivazione delle caspasi
e serve per il
funzionamento di NOD
1. TLR-4 (lega LPS):
aumentata espressione
delle IBD
2. TLR-3 e 5 che
impermeabilizzano le
giunzioni serrate hanno
una espressione ridotta
nel Chron, mentre non si
modificano nella RU.
Legano gli acidi nucleici
3. TLR-2 e 6 sono coinvolti
perché responsabili
CHRON
IBD
Gene per il recettore dell’IL-23
Esistono mutazioni protettive
che comportano una perdita di
funzione del recettore che in
questo modo non può far
espandere il clone dei TH17
Proteine MAGUK
IBD
Trasportatori della carnitina
dell’induzione
dell’infiammazione: si
legano a sostanze di
natura batterica e
attivano NF-kB
complessandosi con
MYD88 tramite IRAK1 e
TRAF6.
IL-23 è fondamentale per
l’espansione dei TH-17 che si
ritrovano nel Chron e nella
sclerosi multipla.
Sono proteine scaffold che si
trovano sui recettori di superficie
PATOGENESI: RUOLO DEL MICROBIOTA
Vi sono alterazioni del microbiota legate alla presenza del Micobatterio avium Paratuberculosis associato
alle IBD ed in particolare al Chron; nelle IBD in generale ci può essere la presenza di E. Coli enteroinvasivo
che produce la tossina shiga e ha caratteristiche simili a Shigella. Hanno un ruolo anche:
-
-
L’alterato metabolismo dei batteri degli acidi biliari
Il metabolismo del triptofano coinvolto nella via delle Chinurenine di cui alcuni metaboliti inducono
immunotolleranza; un alterato metabolismo del triptofano comporta un difetto in questo
meccanismo portando ad anergia le cellule T regolatorie e al dominio delle TH1 e TH17.
La fermentazione degli zuccheri che porta alla produzione di acidi grassi a catena corta tra cui
l’acido butirrico, ridotto nelle IBD. Esso interagisce con i recettori GPR43 e GPR109A, inoltre inibisce
le istone-deacetilasi. Noi non possiamo sintetizzarlo, ma può derivare dalla dieta o può essere
prodotto da batteri del microbiota (come clostridi di tipo IV e di tipo XIV e Faecalibacterium
Prausnitzii la cui presenza è ridotta nei pz con IBD). Esso ha una azione anti-infiammatoria che viene
a mancare nelle IBD.
Inoltre vi è la produzione di anticorpi IgA e IgG: nel 60% dei casi di Chron anti Saccaromices Cerevisiae e nel
12% dei pz con RCU. Poi troviamo gli anticorpi ANCA, diretti contro il citoplasma dei neutrofili
(mieloperossidasi e proteinasi di tipo 3), nell’80% dei casi di RU e nel 20% dei casi di Chron.
PATOGENESI: IL SISTEMA IMMUNITARIO
Nel Chron sono coinvolti sia meccanismi dell’immunità innata sia aspetti dell’immunità adattativa.
L’immunità innata dipende da molte cellule, tra cui le cellule epiteliali che formano una barriera di circa 400
mm^2 rappresentando l’interfaccia tra la mucosa intestinale e i batteri del microbiota; esse possiedono sia i
TLR che i NLR e presentano le tight junctions, ovvero le giunzioni serrate con claudina e occludina, le quali
risultano più permeabili nelle IBD, c’è dunque una down-regolazione di queste proteine. In generale nelle
IBD c’è una disfunzione delle cellule epiteliali che rispondono in maniera sbagliata al microbiota. Diversi
meccanismi entrano in gioco:
1. Nelle cellule assorbitive del colon c’è un trasportatore di protoni detto OTAP2, che induce un
peptide della sazietà che si chiama uroguanilina e tutti questi meccanismi sono compromessi nella
malattia del Chron e anche nella RU
2. C’è una down-regolazione del fattore WFDC2 importante per l’integrità delle giunzioni
3. Polimorfismi di HNF4A (fattore nucleare dell’epatocita di tipo 4 A) possono permeabilizzare le
giunzioni e quindi far sì che alcuni TLR come TLR-5 entrino in contatto con la flagellina. È un fattore
mutato anche nel diabete MODY.
4. Ci sono mutazioni che interessano le E-caderine importanti per l’adesione cellulare
5. La subunità β2 della laminina può essere soggetta a polimorfismi, codificata dal gene LAMB2.
6. Alcuni farmaci anti-TNFα (infliximab, adalimumab, certulizumab, golimumab e etanercept) possono
permeabilizzare le tight junctions.
Nell’immunità innata vediamo coinvolte anche le cellule dendritiche che possono essere cellule mature
mieloidi o cellule plasmacitoidi (queste hanno origine linfoide e si trovano nelle zone T della milza e dei
linfonodi, secernendo IFN I e IFN α) Le prime sono maggiormente coinvolte nella patogenesi della malattia
di Chron e nella RU. Le cellule dendritiche si trovano nella lamina propria a livello dei follicoli linfoidi isolati,
sono presenti nei linfonodi mesenterici e nelle placche di Peyer. Normalmente sono tollerogeniche
implementando i meccanismi di immunotolleranza. Nelle IBD questa funzione viene completamente
ribaltata e le cellule dendritiche aumentano l’autoimmunità supportando l’attività dei TH1 e dei TH17.
Ci sono poi i monociti e i macrofagi che invadono la mucosa intestinale tramite le integrine α4β7, espresse
anche dai linfociti, c’è un farmaco detto Vedolizumab utilizzato nelle IBD specifico per questa integrina.
Normalmente i macrofagi che arrivano nell’intestino non inducono una grande infiammazione dato che non
esprimono i cosiddetti co-stimolatori che sono fondamentali per le reazioni infiammatorie: non esprimono
ad esempio il recettore per il frammento Fc delle Ig. Nelle IBD i costimolatori vengono espressi e di
conseguenza i macrofagi partecipano ai meccanismi infiammatori.
Per quanto riguarda l’immunità adattativa entrano in gioco i TH1 e i TH17 che prendono il sopravvento
rispetto ai linfociti T regolatori, con prevalenza dell’autoimmunità rispetto alla tolleranza. È tuttavia vero
che nelle IBD c’è l’espressione di alcune cellule mieloidi dette immunosoppressive che attuano una sorta di
freno nei confronti dell’autoimmunità. Aumentano nel Chron e questo aumento è stato correlato
all’evoluzione in carcinoma.
TERAPIA
LINEE GUIDA ECCO 2020  le linee guida sono evidence-based, infatti su alcuni farmaci sono il golinumab
sono stati condotti studi clinici per la RU ma non sono stati fatti per il Chron.
Trattamento del Chron
Il trattamento deve essere life-long, può durare anche tutta la vita perché è una malattia cronica ricorrente
dove è importante l’induzione della remissione ma anche il mantenimento della terapia. Essenziale è il
monitoraggio, anzitutto endoscopico, dopodichè basato su dei marcatori come la proteina C reattiva; si può
fare un monitoraggio dell’imaging e infine si usa la calprotectina che rappresenta il 60% delle proteine che
si trovano nel citoplasma dei neutrofili, formata da una catena leggera e due catene pesanti; ha funzione
batteriostatica e micostatica. Essa si trova nel siero, nella saliva e nel liquor, ma si misura normalmente
nelle feci. Una volta che è presente nelle feci è stabile per 7 giorni e si considerano patologici livelli maggiori
di 50 mg pro Kg.
La stadiazione suddivide le forme lievi-moderate, moderate-severe e la forma fistolizzante perianale nel
Chron. I parametri utilizzati per la divisione è quello del CDAI, indice della malattia di Chron che indica un
punteggio (massimo di 1100):
-
Inferiore a 150 non c’è IBD
Quando compreso tra 150-220 significa che la forma è lieve o lieve-moderata
Quando compreso tra 220 e 480 significa che siamo in una forma moderata-severa
-
Quando è superiore a 480 si tratta di una forma molto severa e/o fulminante
Il CDAI valuta il dolore addominale in base a cui si assegnano punti; si valuta la presenza della massa;
vengono valutate le feci (numero di evacuazioni e caratteristiche); si valutano lo stato di benessere del pz e
si valutano le complicanze come fistole, ascessi, uveiti, iriti, sinoviti, pioderma gangrenoso; si valuta
l’anemia e il peso corporeo.
Per le valutazioni endoscopiche si utilizzano due parametri: SES-CD (SIMPLE ENDOSCOPIC SCORE FOR
CROHN’S DISEASE, cut off 6) e il CDEI (INDICE ENDOSCOPICO DELLA MALATTIA DI CHROHN, cut off 8). Il
passaggio 6-8 indica il passaggio tra la forma lieve-moderata e moderata severa.
TERAPIA
In generale  Si comincia spingendo i pz a non fumare, poiché il fumo attiva i neutrofili presenti nella
mucosa intestinale nella malattia di Crohn, bisogna migliorare lo stato nutrizionale del pz e monitorare una
eventuale evoluzione in cancro, eventuali infezioni e effetti avversi della terapia. Ricorda che nella fase di
induzione della remissione lo scopo è abbassare il CDAI di almeno 100 punti; quando diventa inferiore a
150 punti l’obiettivo finale è stato raggiunto, ma la malattia può tornare!
Forma lieve-moderata, fase di induzione della remissione  Il farmaco maggiormente utilizzato è la
BUDESONIDE, uno steroide topico utilizzato nelle forme di Crohn che coinvolgono l’ileo o il colon destro: il
dosaggio è 9 mg al giorno. Si tratta di un cortisonico dato per bocca che agisce a livello intestinale. È bene
non andare oltre i tre mesi di trattamento con i glucocorticoidi per evitare gli effetti avversi e tenere in
considerazione la possibilità che ci possano essere pz resistenti ai glucocorticoidi o che sviluppano
dipendenza.
NON si usano i derivati dell’5-ASA (acido 5 aminosalicilico), poiché non indicati nelle linee guida per il
Chron, sebbene molti medici la usino.
NON si usano le tiopurine, ovvero l’azatioprina e la 6 mercaptopurina; esse entrano in regime dopo 8-12
settimane, quindi hanno un’azione molto lenta che non le rende utili in questa fase.
Forme moderate-severe, fase di induzione della remissione  in questo caso si utilizzano dei cortisonici per
via sistemica come il PREDNISOLONE, che rispetto al cortisolo presenta un secondo doppio legame tra la
posizione 1 e 2, quindi ha una azione glucocorticoidea 4 volte maggiore rispetto a quella del cortisolo, e una
azione mineral-corticoidea 0,5 volte quella del cortisolo. L’emivita è di 48h; il dosaggio è compreso tra 0,5
mg/Kg e 0,75 mg pro Kg. Quando si fa la titolazione si scende di 5 mg a settimana. Esistono anche farmaci
più potenti, quali il besametasone e il desametasone che tuttavia sono difficili da gestire a livello clinico e
vengono utilizzati per fenomeni acuti. Nelle linee guida non viene indicato il PREDNISONE, che rispetto al
prednisolone presenta un gruppo chetonico in posizione 11, è dunque la forma inattiva del prednisolone
che può essere attivata dall’azione della steroido deidrogenasi di tipo 1. Il farmaco corrispondente prende il
nome di deltacortene.
Un altro farmaco utilizzato è il 6-α-metil prednisolone che è 4/5 volte più potente del cortisolo e ha una
azione mineral-corticoidea dimezzata. Il nome del corrispondente farmaco è il Medrol o Urbason. Il
dosaggio è di 48 mg al giorno (che equivale a 200 mg di cortisolo!). Dopodichè bisogna titolare in basso,
scendendo a 32 mg dopo una settimana, poi a 24, poi 20 e infine 16 mg. La finalità è sospendere il
trattamento con il Medrol e ricordarsi di non andare oltre i 3 mesi per le motivazioni di cui sopra.
Quali problemi si riscontrano nell’utilizzo dei glucocorticoidi?
Gli effetti avversi
 Il diabete con i glucocorticoidi si riaccende
 Si possono avere manifestazioni simil-Cushing sono ridistribuzione del grasso corporeo:
facies lunare, gobba di bufalo per deposito di grasso sulla gobba
 Induzione di uno stato catabolico: i glucocorticoidi infatti inducono osteolisi (con possibile
osteoporosi nel tempo) e catabolismo proteico per recuperare amminoacidi utili per la
gluconeogenesi
 Vi è il rischio di infezioni
 Possono insorgere ulcere gastriche ed in particolare i glucocorticoidi sono responsabili del
sanguinamento di esse
 Si possono avere cataratta e aumento/induzione del glaucoma
 Può essere indotta acne
 Ci possono essere ecchimosi
 Disturbi psichiatrici: la depressione è una malattia correlata allo stress e l’asse ipotalamoipofisi-surrene è alterato; talvolta le manifestazioni possono essere psicotiche.
 Nella terapia con corticosteroidi il surrene smette di produrre glucocorticoidi endogeni per
la soppressione dell’azione dell’ACTH, il surrene diventa quindi atrofico e nel momento in
cui si sospende la terapia, il pz non riuscirà ad accoppiare lo stress alla produzione di
cortisolo
 Se i pz sono bambini, si può riscontrare una riduzione della crescita
La resistenza agli steroidi dovuta all’azione dei recettori citoplasmatici GR che potrebbero non
rispondere allo steroide non permettendo il legame ai fattori di trascrizione. Nella sindrome di
Chrousos i pz sono resistenti ai glucocorticoidi.
La dipendenza da steroidi: comporta che non si possa scendere nel trattamento sotto i 3 mg di
budesonide o sotto i 10 mg di prednisolone altrimenti la malattia si riaccende, questo significa che
dovremmo protrarre il trattamento oltre i tre mesi. A questo punto deve essere utilizzato un
trattamento detto steroid-spreading, ovvero risparmio di steroidi.
Che trattamento è?
Questo prevede l’utilizzo di ANTI-TNFα che, nelle forme moderate-severe, sono: INFLIXIMAB che è
un anticorpo IgG1 chimerico (porzione costante umana, porzione variabile murina); ADALINUMAB,
anticorpo interamente umano IgG1. Per entrambi esistono dei farmaci biosimilari: ricorda che il
farmaco biosimilare, poiché si tratta di farmaci derivanti da sistemi cellulari, può presentare delle
differenze rispetto al farmaco biologico (es. fosforilazione, glicosilazioni della proteina ecc.…);
infatti bisogna fare lo studio clinico di raffronto per essere certi che non abbia inferiorità nei
confronti del farmaco brand ed un profilo di sicurezza e tollerabilità sfavorevole. Tuttavia il
biosimilare costa molto meno.
Vi è infine il CERTULIZUMAB PEGOL, un anticorpo umanizzato, ovvero un anticorpo interamente
umano ad eccezione della porzione ipervariabile CDR che di origine murina. Non è approvato in
Italia.
Le linee guida sostengono che non ci sia una differenza precisa tra questi anticorpi; è solo indicata
certa superiorità dell’infliximab sull’adalinumab nel trattamento della rettocolite ulcerosa.
L’alternativa è rappresentata dal VEDOLIZUMAB, un anticorpo umanizzato diretto contro le
integrine α4β7. Sono integrine utilizzate da monociti e linfociti per entrare nella mucosa intestinale,
sono legate da MADCAM3, ovvero l’addressina della mucosa. Nelle vecchie linee guida era indicato
anche il NATALIZUMAB, diretto contro l’integrina α4β1 come farmaco di seconda linea per il Crohn,
ad oggi è il farmaco principale per trattare la sclerosi multipla e non si usa per il Crohn poiché il
Vedolizumab è più efficace.
Effetti avversi  il Natalizumab neutralizza α4β1 in questo modo i linfociti non riescono ad
attraversare la barriera emato-encefalica, questo può determinare il rischio di riattivazione del
virus JC, un poliomavirus che attacca il SNC provocando leucoencefalopatia multifocale progressiva.
Infatti nei pz trattati con questo farmaco si cercano gli anticorpi JC1 e c’è l’indice STRATIFY: sopra
un certo valore soglia di anticorpi, non si può somministrare il Natalizumab. Nel Vedolizumab non
c’è evidenza di PML.
Vi è una ultima possibilità utilizzata nell’induzione della remissione detto USTEKINUMAB, un
anticorpo interamente umano diretto contro la subunità p40 che è comune all’IL-12 e all’IL-23.
Queste citochine sostengono rispettivamente i TH1 e i TH17, coinvolti nell’autoimmunità delle IBD.
Cosa dicono gli studi?
In alcune review si fa riferimento al ruolo dell’IL-6 nel Crohn, essa è una citochina proinfiammatoria che regola il metabolismo epatico, osseo e permette la maturazione dei linfociti B a
plasmacellule. Vi sono dei trial clinici con TOCILIZUMAB, anticorpo diretto contro il recettore per IL6. Il recettore si trova tra due proteine che si chiamano GP130 e può essere ancorato alla
membrana o solubile. Nel trattamento della neuromielite ottica è meglio non somministrarlo
(nemmeno SATRALIZUMAB sempre diretto contro tale recettore) se c’è la malattia di Crohn poiché
possono indurre perforazione intestinale. In generale, i monoclonali diretti contro il recettore per
IL-6non sono parte delle linee guida per l’induzione della remissione nelle forme moderate-severe
del Crohn.
Indicazioni:
 Si tratta di farmaci che vengono inseriti dopo il trattamento con i glucocorticoidi quando
quest’ultimo non dà i risultati sperati
 Induzione della remissione nelle forme moderate-severe e nel mantenimento
 Remissione e mantenimento delle forme moderate-severe nei pz pediatrici, in età
compresa tra i 6 e i 17 anni dove il dosaggio è il medesimo
 Vengono utilizzati nell’artrite reumatoide e nella psoriasi
 Utilizzando questi farmaci non devono essere fatti vaccini vivi (es. vaccino BCG)
 Nel momento in cui utilizziamo questi farmaci non c’è una indicazione precisa della durata
del trattamento che è a discrezione del clinico.
Dosaggi:
Infliximab: endovena, 5 mg/Kg al tempo 0, dopo 2 settimane, dopo 6 settimane e poi a
intervalli di 8 settimane
Adalinumab: 160 mg sotto cute, dopo 2 settimane 80 mg, dopo 2 settimane 40 mg e poi
sempre 40 mg ad intervalli di 2 settimane
Vedolizumab: 300 mg al tempo 0, dopo 2 settimane, dopo 6 settimane e poi ad intervalli di
8 settimane; endovena
Ustekinumab: 260 mg per soggetti con peso inferiore a 55 Kg, 390 mg per soggetti con peso
compreso tra 56 Kg e 85 Kg, se il peso è ancora superiore si somministrano 520 mg. Si
somministra inizialmente in vena e successivamente a livello sottocutaneo.
Effetti avversi:
o
o
La somministrazione dell’infliximab, essendo un anticorpo chimerico, potrebbe indurre la
formazione di anticorpi, questo è il motivo per cui talvolta viene associato alle tiopurine. Tale
associazione rende superiore l’effetto dell’infliximab. Le tiopurine quindi servono per evitare la
formazione di anticorpi anti-MAB. È importante ricordare che invece non vanno MAI associate
all’adalinumab poiché potrebbero aumentare gli effetti avversi.
Questi anticorpi rimangono nell’organismo per moltissimo tempo di conseguenza gli effetti avversi
possono comparire anche a distanza di tempo:
-
-
-
o
o
o
o
o
o
o
Si possono verificare reazioni da infusione che possono portare ad algie, ipotensione e shock con
una sindrome simile a quella da cytokine storm. Si tratta di una reazione proporzione agli anticorpi
anti-MAB che vengono prodotti. Per evitare la reazione a infusione si possono usare cortisone,
antistaminici e paracetamolo. L’associazione con le purine ha dunque un ruolo importante per
evitare tutto ciò
Si possono verificare reazioni allergiche, talvolta shock anafilattici. Con i pz a rischio bisogna tenere
pronta l’adrenalina. Le manifestazioni possono anche essere ritardate e sono più frequenti quanto
più sono distanziate le somministrazioni
Gli anti- TNFα non possono essere somministrati se c’è la TBC attiva, poiché esso è importante per
difenderci dai germi intracellulari. In caso di TBC latente (si svela tramite reazione di Mantoux o
rilascio di IFNγ, ovvero il quantiferon) si fa la terapia per quest’ultima che prevede:
a. 6-9 mesi con isoniazide
b. 4 mesi con rifampicina
c. 3 mesi con isoniazide associata a rifapentina oppure 3 mesi con isoniazide più rifampicina.
Il TNFα è il principale protettivo nei confronti della Listeria Monocitogenesis, di conseguenza
utilizzando questi anticorpi c’è un maggior rischio di Listeriosi che può dare sepsi e complicazioni
alle meningi (mortalità 25%).
Si può incappare in infezioni fungine come aspergillosi, pneumocistosi, candidiasi, coccidiomicosi.
Queste infezioni sono talvolta diffuse, quindi un’eventuale concomitante sieronegatività potrebbe
non farci identificare la causa dell’infezione.
Possono sopraggiungere malattie autoimmuni come il LES (incidenza di 0,1-0,2% nei pz trattati con
anti TNFα), sarcoidosi, sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, autoimmunità d’organo (epatite
autoimmune per esempio o la psoriasi che è la manifestazione più frequente [2%-5%])
Si può verificare demielinizzazione con neuropatia periferica, si può dunque avere la sindrome di
Guillan-Barrè, neuropatia ottica o ancora sclerosi multipla che ha una incidenza tra lo 0,05% e o
0,2%
Disturbi epatobiliari con aumento delle transaminasi
Insufficienza cardiaca: è un altro evento paradossale, poiché il TNFα contribuisce al rimodellamento
cardiaco, quindi non ci aspetteremmo mai che un farmaco anti-TNFα determini insufficienza!
Se tali farmaci vengono associati con ANAKINRA che è un antagonista del recettore per IL-1, si
rischia di incappare nella neutropenia; deve essere evitata anche l’interazione con ABADACEPT, che
è una proteina di fusione che si lega al CD80 e al CD86 che sono proteine di co-stimolazione, serve
dunque per sopprimere l’attività delle cellule T.
CARATTERISTICHE DEL TNFα
Il TNFα è una citochina proinfiammatoria ma anche funzione immunoregolatoria, di conseguenza si
possono creare situazioni paradossali: gli anti-TNFα inducono demielinizzazione del SNC e periferico
talvolta, sebbene siano utilizzati nel trattamento della sclerosi multipla. In generale il trattamento con
questi farmaci può indurre autoimmunità e manifestazioni che vanno dalla sarcoidosi al lupus eritematoso
sistemico, alla sindrome di anticorpi-anti fosfolipidi, alla psoriasi. Il TNFα può essere ancorato alla
membrana e tagliato per azione dell’enzima TACE, che corrisponde a ADAM-17, ovvero una
metalloproteasi; si genera così il TNFα solubile che media l’azione anti-infiammatoria. Gli anticorpi
monoclonali che abbiamo descritto attaccano entrambe le forme di TNFα. Esiste un farmaco chiamato
ETANERCEPT, una proteina di fusione, che presenta un pezzo del recettore per il TNFα legato ad una
immunoglobulina e attacca la forma solubile; non viene indicato nelle linee guida per il trattamento delle
IBD.
In forma trimerica il TNFα si lega ai recettori TNFR1 e TNFR2 che hanno i cosiddetti death-domin: TNFR1
lega TRADD, il quale forma un complesso che coinvolge TRAF2, RIP1 e CIAP, tale complesso attiva NF-kB.
Questo recettore è pro-infiammatorio e diventa disfunzionale nella sclerosi multipla. Antagonisti di questo
recettore sono protettivi nei confronti dell’encefalite autoimmune sperimentale, che è poi il modello della
SM. Il TNFR2 lega FADD e forma un complesso con TRAF2 e CIAP2, in questo modo CIAP non esplica la sua
funziona anti-apoptotica e vengono indotte apoptosi e necroptosi. Questo recettore ha quindi un ruolo
anti-infiammatorio. Mutazioni e polimorfismi di questo recettore sono associati all’artrite reumatoide, al
lupus, alla spondilite anchilosante.
Azione pro-infiammatoria TNFα
- Attiva l’endotelio
- Induce la sintesi di chemochine
- Recluta macrofagi e neutrofili
- Induce citochine pro-infiammatorie
- Viene indotto da TNFalfa, IL-1beta, IL-6, IL8
Azione immunoregolatoria TNFα
- Attiva la funzione delle Treg
- Riduce la produzione di IL-17
- Stimola le cellule mesenchimali a produrre
prostaglandine E2
- Stimola la produzione endogena di
glucocorticoidi extra-surrenalici
- Attiva le cellule immunosoppressive
mieloidi e mesenchimali
MANTENIMENTO
Forme lievi-moderate, mantenimento  tiopurine, metotrexato
Forme moderate-severe, mantenimento  tiopurine, metotrexato
Le TIOPURINE sono falsi metaboliti che impediscono la sintesi, o per meglio dire, interferiscono con la
sintesi di DNA e RNA. Prima di somministrarle bisognerebbe valutare il metabolismo dell’enzima TPMT,
ovvero della tiopurina metil transferasi, l’enzima che serve a eliminare la 6-mercaptopurina e la 6tioguanina. TPMT2 e TPMT3 sono metabolizzatori lenti e troviamo eterozigoti nell’11,7% dei casi e
omozigoti in meno dello 0,3%. In questi casi bisogna ovviamente ridurre il dosaggio per evitare effetti
avversi anche mortali. Sarebbe dunque importante fare la genotipizzazione.
Dosaggi:
Tiopurine: 1,5 mg-2 mg pro Kg al giorno; entrano in regime dopo 8-12 settimane
Indicazioni:
 Le tiopurine possono rimanere in terapia per molto tempo perché è noto che se si sospendono la
situazione peggiore, quantomeno per quanto riguarda il Crohn.
Effetti avversi:
o
o
o
o
Pancreatite
Mielosoppressione soprattutto per i pz omozigoti e eterozigoti TPMT2 o TMPT3 se non si aggiusta il
dosaggio
Disturbi GI, che dipendono dal fatto che la mucosa intestinale ha un ricambio e questi farmaci sono
antitumorali
Aumento delle infezioni
Il METOTREXATO è un inibitore della diidrofolato reduttasi che trasforma l’acido diidrofolico in acido
tetraidrofolico. L’acido tetraidrofolico è essenziale per la sintesi dei nucleotidi pirimidinici e purinici. Il
trimetropin inibisce la DHFR batterica, associato al sulfametossazolo si produce il bactrim o cotrimoxazolo,
uno degli antibiotici più conosciuti. La pririmetamina e il progulanile inibiscono la DHFR parassitaria.
Indicazioni:
 Si utilizza per l’artrite reumatoide, per alcuni tumori del sangue e per patologie immunoreattive
quali il Crohn
 Non si usa per la RCU
Dosaggio:
15-25 mg a settimana, intramuscolare; questo dosaggio è molto basso e permette di non dover
integrare l’acido folico come normalmente si fa nel caso in cui si somministrino dosaggi più alti
(trattamento tumori ad esempio).
Effetti avversi:
o
o
Mielosoppressione, rischio di tutti gli antitumorali (caduta capelli, riduzione spermatozoi, ricambio
mucosa intestinale rallentato ecc…)
Fibrosi epatica se regime cronico con metotrexato
Gli anti-TNFα si utilizzano nel mantenimento in cui pz che hanno risposto in induzione. Se durante
l’induzione gli anti-TNFα erano associati alle tiopurine, in questo caso durante il mantenimento si utilizzano
gli anti-TNFα.
Forma fistolizzante perianale  in questo caso vanno utilizzati direttamente gli anti-TNFα, dando
predilezione per infliximab; si fa trattamento con antibiotici ed eventualmente drenaggio. È importante
ricordare che finchè c’è suppurazione irrisolta con gli antibiotici è pericoloso dare gli anti-TNFα poiché
questi compromettono l’immunità contro i microrganismi.
Trattamento della RCU
Ai fini della terapia a noi interessa la stadiazione: c’è una forma distale che si presenta come
proctosigmoidite, vi è poi una forma più prossimale che può essere a sua volta distinta in letf-sided,
confinata a valle della fessura splenica e in forma estesa, estendendosi a onte della fessura splenica. Nel
17% dei casi è presente una ileite, questa forma si chiama back show.
Forma lieve: meno di 4 evacuazioni al giorno e enteroraggia, ma assenza di manifestazioni sistemiche
Forma moderata-severa: più di 6 evacuazioni e cominciano manifestazioni sistemiche: febbre a 38°-39°C,
anemia e aumento della proteina C reattiva, aumento della VES. Complicanze possono essere: irite,
congiuntivite, artrite.
Forma fulminante: 10 evacuazioni al giorno e distensione addominale, c’è megacolon che può acquisire le
caratteristiche del megacolon tossico; sono richieste trasfusioni
Forme lievi-moderate, induzione della remissione  derivati dell’acido 5 amino salicilico, cortisonici
I derivati dell’acido salicilico sono antinfiammatori. La cardioaspirina ha un dosaggio compreso tra 50 mg e
320 mg tale per cui esplica la sua attività antiaggregante nei confronti delle piastrine senza inibire le COX2,
ma è sufficiente superare un grammo nel dosaggio per avere gli effetti antinfiammatori dei FANS.
Nella RCU troviamo un aumento della sintesi di prostaglandine nel colon e i derivati dell’acido salicilico
inibiscono le COX. L’acido 5 amino-salicilico prende il nome di MESALAZINA,
Oltre alla mesalazina troviamo la SALAZOPIRINA o SULFASALAZINA che è un pro-farmaco formato da due
principi attivi: uno è il 5-ASA, in aggiunta alla sulfopiridina. La sulfopiridina è un antibiotico che di fatto non
ha alcun ruolo, si genera poiché nel colon i batteri producono le azoreduttasi che sono gli enzimi
trasformanti la sulfasalazina in 5-amino salicilico e sulfapiridina. La sulfasalazina in questo modo è diretta
verso il colon. Oltretutto è un inibitore dello scambiatore glutammato/cistina.
Si utilizza la BALSALAZIDE
Infine troviamo l’OLSALAZINA che genera due molecole di 5-ASA
Tra i cortisonici troviamo la budesonide e un suo derivato, la BUDESONIDE MMX: la budesonide è raccolta
in un involucro gastroresistente che presenta matrici idrofile e lipofile e questo le permette di raggiungere il
colon e esplicare la sua funzione.
Dosaggi:
Mesalazina  bisogna superare i 2 grammi al giorno con compresse da 400 (2 compresse 3 volte al
giorno) o 800 mg(1 compressa 3 volte al giorno); si può arrivare al massimo a 4 g al giorno; nella
proctosigmoidite vengono somministrate per via rettale; nei bambini si danno 30-35 mg pro Kg
Sulfalazina  si possono superare i 4 grammi totali al giorno; nei bambini il dosaggio è 40-60 mg/Kg
Balsalazide  3 capsule 3 volte al giorno per un totale di 6,75 gr/die fino alla remissione o per un
massimo di 12 settimane, se necessario possono essere somministrati contemporaneamente
steroidi per via orale e rettale; si usa anche nella fase di mantenimento: 2 capsule 2 volte al giorno
(3 gr/die), questa dose può essere modificata in base alla risposta del pz.
Olsalazina  da 1 a 3 gr al giorno
Budesonide  9 mg/die
Effetti avversi:
o
o
o
I 5-ASA non danno enteropatia da FANS poiché non sono soggetti a circolazione enteroepatica, cioè
non vengono assorbiti e poi tornano all’intestino, requisite affinchè un FANS possa dare
enteropatia. L’enteropatia da FANS si cura con prebiotici e probiotici per cercare di migliorare la
disbiosi, oppure prostaglandine sintetiche come il misoprostolo.
Sono in generale farmaci ben tollerati, talvolta si può avere danno a carico del rene che potrebbe
evolvere in insufficienza renale
Ci possono essere manifestazioni allergiche che interessano il cuore dando miocardite di origine
immunoallergica.
Forme lievi-moderate, mantenimento  derivati 5-ASA, tiopurine in monoterapia
Dosaggi:
Azatioprina (pro-farmaco della mercaptopurina): da 1 a 2,5 mg pro Kg al giorno, via orale
Forme moderate-severe, induzione della remissione  cortisonici sistemici (prednisolone e 6-α-metil
prednisolone); i dosaggi sono i medesimi del Crohn, anti- TNFα, TOFACITINIB
Nella RCU, oltre all’infliximab e l’adalimumab si usa il GOLIMUMAB che compare nelle linee guida. Si utilizza
il Vedolizumab che ha un effetto superiore dell’adalimumab nel trattamento della RCU. Viene utilizzato
anche l’ustekinumab.
Il TOFACITINIB è un inibitore di JAK che è una protein-chinasi con un dominio catalitico e un dominio
pseudo-catalitico. Le chinasi sono JAK1, JAK2, JAK3, TYK2. Il Tofacitinib è selettivo per JAK1 e JAK3 i quali
sono associati ai recettori per IL-2,4,6,7,9,15,21. La loro funzione è di fosforilare STAT (fattore di
trascrizione associato alla trasduzione del segnale), che nel nucleo modula l’espressione genica. È un
farmaco approvato nel trattamento dell’artrite reumatoide dove si usa in combinazione con il metotrexato;
si usa anche per l’artrite psoriasica.
Dosaggi:
Tofacitinib  10 mg 2 volte al giorno per 8 settimane, poi si scende a 5 mg 2 volte al giorno
Effetti avversi del Tofacitinib:
o
o
o
o
o
o
Infezioni opportunistiche (polmonari, tratto urinario)
TCB, anche in questo caso se la tubercolosi è attiva, tale farmaco non si può somministrate, se è
una TBC latente, va curata con isoniazide con rifapentine o isoniazide con rifampicina o ancora solo
isoniazide in trattamento prolungato per 6-9 mesi, o rifampicina per 4 mesi.
Infezioni fungine
Riaccensione Herpes Zooster che dà il fuoco di Sant’Antonio e talvolta encefalite. Viene quindi
indicata la vaccinazione anti Zooster per i pz in terapia immunosoppressiva
Sono stati riscontrati casi di trombo-embolismo venoso, che può portare ad embolia polmonare,
tossicità epatica, tossicità cardiovascolare.
Tumori cutanei, non melanomi
Forme moderate-severe, mantenimento della remissione  anti-TNFα, tiopurine in monoterapia, derivati 5ASA