FARMACOLOGIA: FARMACI PER MALATTIE DEL SISTEMA GI LE IBD Le IBD riflettono una disbiosi, ovvero si altera il rapporto tra il microbiota intestinale e le cellule dell’epitelio intestinale, le cellule di Paneth e altre presenti. Questo comporta una infiammazione cronica dell’intestino che dà diverse manifestazioni, quali la diarrea, presente nel 50% dei casi di Morbo di Chron e nel 100% dei casi di Rettocolite ulcerosa. Queste due patologie si differenziano per la localizzazione: il Chron interessa tutto l’intestino, la RU è più frequente nel retto, sigma, colon sinistro; nella malattia di Chron c’è un ispessimento transmucosale, nella RU sono colpiti solo gli strati di mucosa e sottomucosa, di conseguenza il Chron acquisisce le caratteristiche di una ileite granulomatosa, la RU è prevalentemente emorragica; nel Chron troviamo fistole, ascessi, ostruzioni intestinali con possibili perforazioni, nella RU si ha criptite, ovvero infiammazione della cripte del Lieberkuhn. EPIDEMIOLOGIA La prevalenza delle IBD in Europa è dello 0,3% ovvero 2,5-3 milioni di casi di IBD; negli Stati Uniti le stime arrivano all’1,4%. In Italia abbiamo 442 casi di IBD su 100.000 abitanti, ovvero 260.000 pz affetti da IBD attualmente sul territorio nazionale. In Asia ci sono 25 casi su 100000 abitanti (eccettuando Giappone, 50 casi per 100.000), così come in africa. Le IBD insorgono normalmente prima dei 30 anni di età e la razza bianca è particolarmente colpita poiché abita nelle zone industrializzate: industrializzazione e urbanizzazione sono i principali fattori di rischio della malattia ed è per questo che le IBD hanno subito un aumento a partire dalla metà del secolo scorso. Il sesso femminile e maschile sono ugualmente rappresentati. Curiosità: Negli Ashkenazi (ebrei)c’è una frequenza da 2 a 4 volte maggiore delle IBD, c’è inoltre una alta prevalenza della malattia di Tay-Sachs e della malattia di Gaucher. Ciò è dovuto alla vita insulare isolata che ha portato ad avere molti matrimoni endogamici. FATTORI DI RISCHIO E PROTEZIONE - Dieta sbilanciata in zuccheri, grassi e adulteranti L’allattamento al seno è protettivo, probabilmente per le modificazioni che induce nel microbiota Il fumo è rischioso per il Chron perché promuove l’infiltrazione di neutrofili, ma è protettivo nei confronti della RU poiché aumenta la produzione di muco. Questi effetti sono dovuti alla nicotina L’appendicectomia è un fattore di rischio per il Chron ma è protettivo per la RU GENETICA Nel Chron la concordanza tra gemelli omozigoti è di circa il 33% e addirittura il 10% nella RU; nei dizigoti c’è una concordanza del 7% per Chron e nel 3% della RU. Non possono essere quindi definite come malattie genetiche. Ha un ruolo importante la genotipizzazione degli HLA, poiché il Chron è in ultima analisi una patologia del SI, infatti nella IBD il normale stimolo tollerogenico si modifica e viene sostituito da uno stimolo che induce l’attivazione delle branche del TH1 e TH17. Vediamo i geni e i polimorfismi coinvolti nelle IBD: RU CHRON HLA-DR B1*0301 HLA-DRB1*1502 HLA-B27 HLA-B33 Alleli predisponenti alla malattia Predispongono in maniera significativa alle complicanze extra intestinali: uveite, sinovite, artrite RU/CHRON Le mutazioni in questo caso riguardano 1/3 dei pz Chron CHRON E RU NOD2 gene maggiormente associato alle IBD, in particolare al Chron MUTAZIONI: 1) Arginina 702 mutata in triptofano maggiore produzione di citochine proinfiammatorie nell’intestino 2) Glicina 908 mutata in arginina maggior produzione di citochine proinfiammatorie 3) Mutazione frame-shift a livello di una mucina in posizione 1007: comporta una inserzione di una cisteina nella proteina finale. si trova nelle forme più severe del Chron. NOD-2 in questo caso interagisce con RIP-2, ciò determina l’ubiquitinazione d IKK-γ che normalmente si complessa con IKK-α e IKK-β. La degradazione di IKK-γ comporta l’attivazione di NF-kB e quindi la produzione di citochine proinfiammatorie NOD2 inoltre interagisce con ATG16L1 che è una proteina per il processo di autofagia. La mutazione Treonina300Alanina compromette l’autofagia e anche la segnalazione dei TLR, aumentando le possibilità che si verifichi l’infiammazione. TLR: TOLL LIKE RECEPTORS presenti nelle cellule endoteliali, nelle cellule di Paneth e nelle cellule dell’immunità innata Si tratta degli NLR (NOD-LIKE RECEPTORS) che sono localizzati nel citoplasma. Questa proteina presenta 3 domini: - LRR (ricco in leucina) che serve per interagire con sostanze di natura batterica come il muramil-dipeptide - NBD: nucleotide binding domain, serve per la dimerizzazione - CARD: elemento di attivazione delle caspasi e serve per il funzionamento di NOD 1. TLR-4 (lega LPS): aumentata espressione delle IBD 2. TLR-3 e 5 che impermeabilizzano le giunzioni serrate hanno una espressione ridotta nel Chron, mentre non si modificano nella RU. Legano gli acidi nucleici 3. TLR-2 e 6 sono coinvolti perché responsabili CHRON IBD Gene per il recettore dell’IL-23 Esistono mutazioni protettive che comportano una perdita di funzione del recettore che in questo modo non può far espandere il clone dei TH17 Proteine MAGUK IBD Trasportatori della carnitina dell’induzione dell’infiammazione: si legano a sostanze di natura batterica e attivano NF-kB complessandosi con MYD88 tramite IRAK1 e TRAF6. IL-23 è fondamentale per l’espansione dei TH-17 che si ritrovano nel Chron e nella sclerosi multipla. Sono proteine scaffold che si trovano sui recettori di superficie PATOGENESI: RUOLO DEL MICROBIOTA Vi sono alterazioni del microbiota legate alla presenza del Micobatterio avium Paratuberculosis associato alle IBD ed in particolare al Chron; nelle IBD in generale ci può essere la presenza di E. Coli enteroinvasivo che produce la tossina shiga e ha caratteristiche simili a Shigella. Hanno un ruolo anche: - - L’alterato metabolismo dei batteri degli acidi biliari Il metabolismo del triptofano coinvolto nella via delle Chinurenine di cui alcuni metaboliti inducono immunotolleranza; un alterato metabolismo del triptofano comporta un difetto in questo meccanismo portando ad anergia le cellule T regolatorie e al dominio delle TH1 e TH17. La fermentazione degli zuccheri che porta alla produzione di acidi grassi a catena corta tra cui l’acido butirrico, ridotto nelle IBD. Esso interagisce con i recettori GPR43 e GPR109A, inoltre inibisce le istone-deacetilasi. Noi non possiamo sintetizzarlo, ma può derivare dalla dieta o può essere prodotto da batteri del microbiota (come clostridi di tipo IV e di tipo XIV e Faecalibacterium Prausnitzii la cui presenza è ridotta nei pz con IBD). Esso ha una azione anti-infiammatoria che viene a mancare nelle IBD. Inoltre vi è la produzione di anticorpi IgA e IgG: nel 60% dei casi di Chron anti Saccaromices Cerevisiae e nel 12% dei pz con RCU. Poi troviamo gli anticorpi ANCA, diretti contro il citoplasma dei neutrofili (mieloperossidasi e proteinasi di tipo 3), nell’80% dei casi di RU e nel 20% dei casi di Chron. PATOGENESI: IL SISTEMA IMMUNITARIO Nel Chron sono coinvolti sia meccanismi dell’immunità innata sia aspetti dell’immunità adattativa. L’immunità innata dipende da molte cellule, tra cui le cellule epiteliali che formano una barriera di circa 400 mm^2 rappresentando l’interfaccia tra la mucosa intestinale e i batteri del microbiota; esse possiedono sia i TLR che i NLR e presentano le tight junctions, ovvero le giunzioni serrate con claudina e occludina, le quali risultano più permeabili nelle IBD, c’è dunque una down-regolazione di queste proteine. In generale nelle IBD c’è una disfunzione delle cellule epiteliali che rispondono in maniera sbagliata al microbiota. Diversi meccanismi entrano in gioco: 1. Nelle cellule assorbitive del colon c’è un trasportatore di protoni detto OTAP2, che induce un peptide della sazietà che si chiama uroguanilina e tutti questi meccanismi sono compromessi nella malattia del Chron e anche nella RU 2. C’è una down-regolazione del fattore WFDC2 importante per l’integrità delle giunzioni 3. Polimorfismi di HNF4A (fattore nucleare dell’epatocita di tipo 4 A) possono permeabilizzare le giunzioni e quindi far sì che alcuni TLR come TLR-5 entrino in contatto con la flagellina. È un fattore mutato anche nel diabete MODY. 4. Ci sono mutazioni che interessano le E-caderine importanti per l’adesione cellulare 5. La subunità β2 della laminina può essere soggetta a polimorfismi, codificata dal gene LAMB2. 6. Alcuni farmaci anti-TNFα (infliximab, adalimumab, certulizumab, golimumab e etanercept) possono permeabilizzare le tight junctions. Nell’immunità innata vediamo coinvolte anche le cellule dendritiche che possono essere cellule mature mieloidi o cellule plasmacitoidi (queste hanno origine linfoide e si trovano nelle zone T della milza e dei linfonodi, secernendo IFN I e IFN α) Le prime sono maggiormente coinvolte nella patogenesi della malattia di Chron e nella RU. Le cellule dendritiche si trovano nella lamina propria a livello dei follicoli linfoidi isolati, sono presenti nei linfonodi mesenterici e nelle placche di Peyer. Normalmente sono tollerogeniche implementando i meccanismi di immunotolleranza. Nelle IBD questa funzione viene completamente ribaltata e le cellule dendritiche aumentano l’autoimmunità supportando l’attività dei TH1 e dei TH17. Ci sono poi i monociti e i macrofagi che invadono la mucosa intestinale tramite le integrine α4β7, espresse anche dai linfociti, c’è un farmaco detto Vedolizumab utilizzato nelle IBD specifico per questa integrina. Normalmente i macrofagi che arrivano nell’intestino non inducono una grande infiammazione dato che non esprimono i cosiddetti co-stimolatori che sono fondamentali per le reazioni infiammatorie: non esprimono ad esempio il recettore per il frammento Fc delle Ig. Nelle IBD i costimolatori vengono espressi e di conseguenza i macrofagi partecipano ai meccanismi infiammatori. Per quanto riguarda l’immunità adattativa entrano in gioco i TH1 e i TH17 che prendono il sopravvento rispetto ai linfociti T regolatori, con prevalenza dell’autoimmunità rispetto alla tolleranza. È tuttavia vero che nelle IBD c’è l’espressione di alcune cellule mieloidi dette immunosoppressive che attuano una sorta di freno nei confronti dell’autoimmunità. Aumentano nel Chron e questo aumento è stato correlato all’evoluzione in carcinoma. TERAPIA LINEE GUIDA ECCO 2020 le linee guida sono evidence-based, infatti su alcuni farmaci sono il golinumab sono stati condotti studi clinici per la RU ma non sono stati fatti per il Chron. Trattamento del Chron Il trattamento deve essere life-long, può durare anche tutta la vita perché è una malattia cronica ricorrente dove è importante l’induzione della remissione ma anche il mantenimento della terapia. Essenziale è il monitoraggio, anzitutto endoscopico, dopodichè basato su dei marcatori come la proteina C reattiva; si può fare un monitoraggio dell’imaging e infine si usa la calprotectina che rappresenta il 60% delle proteine che si trovano nel citoplasma dei neutrofili, formata da una catena leggera e due catene pesanti; ha funzione batteriostatica e micostatica. Essa si trova nel siero, nella saliva e nel liquor, ma si misura normalmente nelle feci. Una volta che è presente nelle feci è stabile per 7 giorni e si considerano patologici livelli maggiori di 50 mg pro Kg. La stadiazione suddivide le forme lievi-moderate, moderate-severe e la forma fistolizzante perianale nel Chron. I parametri utilizzati per la divisione è quello del CDAI, indice della malattia di Chron che indica un punteggio (massimo di 1100): - Inferiore a 150 non c’è IBD Quando compreso tra 150-220 significa che la forma è lieve o lieve-moderata Quando compreso tra 220 e 480 significa che siamo in una forma moderata-severa - Quando è superiore a 480 si tratta di una forma molto severa e/o fulminante Il CDAI valuta il dolore addominale in base a cui si assegnano punti; si valuta la presenza della massa; vengono valutate le feci (numero di evacuazioni e caratteristiche); si valutano lo stato di benessere del pz e si valutano le complicanze come fistole, ascessi, uveiti, iriti, sinoviti, pioderma gangrenoso; si valuta l’anemia e il peso corporeo. Per le valutazioni endoscopiche si utilizzano due parametri: SES-CD (SIMPLE ENDOSCOPIC SCORE FOR CROHN’S DISEASE, cut off 6) e il CDEI (INDICE ENDOSCOPICO DELLA MALATTIA DI CHROHN, cut off 8). Il passaggio 6-8 indica il passaggio tra la forma lieve-moderata e moderata severa. TERAPIA In generale Si comincia spingendo i pz a non fumare, poiché il fumo attiva i neutrofili presenti nella mucosa intestinale nella malattia di Crohn, bisogna migliorare lo stato nutrizionale del pz e monitorare una eventuale evoluzione in cancro, eventuali infezioni e effetti avversi della terapia. Ricorda che nella fase di induzione della remissione lo scopo è abbassare il CDAI di almeno 100 punti; quando diventa inferiore a 150 punti l’obiettivo finale è stato raggiunto, ma la malattia può tornare! Forma lieve-moderata, fase di induzione della remissione Il farmaco maggiormente utilizzato è la BUDESONIDE, uno steroide topico utilizzato nelle forme di Crohn che coinvolgono l’ileo o il colon destro: il dosaggio è 9 mg al giorno. Si tratta di un cortisonico dato per bocca che agisce a livello intestinale. È bene non andare oltre i tre mesi di trattamento con i glucocorticoidi per evitare gli effetti avversi e tenere in considerazione la possibilità che ci possano essere pz resistenti ai glucocorticoidi o che sviluppano dipendenza. NON si usano i derivati dell’5-ASA (acido 5 aminosalicilico), poiché non indicati nelle linee guida per il Chron, sebbene molti medici la usino. NON si usano le tiopurine, ovvero l’azatioprina e la 6 mercaptopurina; esse entrano in regime dopo 8-12 settimane, quindi hanno un’azione molto lenta che non le rende utili in questa fase. Forme moderate-severe, fase di induzione della remissione in questo caso si utilizzano dei cortisonici per via sistemica come il PREDNISOLONE, che rispetto al cortisolo presenta un secondo doppio legame tra la posizione 1 e 2, quindi ha una azione glucocorticoidea 4 volte maggiore rispetto a quella del cortisolo, e una azione mineral-corticoidea 0,5 volte quella del cortisolo. L’emivita è di 48h; il dosaggio è compreso tra 0,5 mg/Kg e 0,75 mg pro Kg. Quando si fa la titolazione si scende di 5 mg a settimana. Esistono anche farmaci più potenti, quali il besametasone e il desametasone che tuttavia sono difficili da gestire a livello clinico e vengono utilizzati per fenomeni acuti. Nelle linee guida non viene indicato il PREDNISONE, che rispetto al prednisolone presenta un gruppo chetonico in posizione 11, è dunque la forma inattiva del prednisolone che può essere attivata dall’azione della steroido deidrogenasi di tipo 1. Il farmaco corrispondente prende il nome di deltacortene. Un altro farmaco utilizzato è il 6-α-metil prednisolone che è 4/5 volte più potente del cortisolo e ha una azione mineral-corticoidea dimezzata. Il nome del corrispondente farmaco è il Medrol o Urbason. Il dosaggio è di 48 mg al giorno (che equivale a 200 mg di cortisolo!). Dopodichè bisogna titolare in basso, scendendo a 32 mg dopo una settimana, poi a 24, poi 20 e infine 16 mg. La finalità è sospendere il trattamento con il Medrol e ricordarsi di non andare oltre i 3 mesi per le motivazioni di cui sopra. Quali problemi si riscontrano nell’utilizzo dei glucocorticoidi? Gli effetti avversi Il diabete con i glucocorticoidi si riaccende Si possono avere manifestazioni simil-Cushing sono ridistribuzione del grasso corporeo: facies lunare, gobba di bufalo per deposito di grasso sulla gobba Induzione di uno stato catabolico: i glucocorticoidi infatti inducono osteolisi (con possibile osteoporosi nel tempo) e catabolismo proteico per recuperare amminoacidi utili per la gluconeogenesi Vi è il rischio di infezioni Possono insorgere ulcere gastriche ed in particolare i glucocorticoidi sono responsabili del sanguinamento di esse Si possono avere cataratta e aumento/induzione del glaucoma Può essere indotta acne Ci possono essere ecchimosi Disturbi psichiatrici: la depressione è una malattia correlata allo stress e l’asse ipotalamoipofisi-surrene è alterato; talvolta le manifestazioni possono essere psicotiche. Nella terapia con corticosteroidi il surrene smette di produrre glucocorticoidi endogeni per la soppressione dell’azione dell’ACTH, il surrene diventa quindi atrofico e nel momento in cui si sospende la terapia, il pz non riuscirà ad accoppiare lo stress alla produzione di cortisolo Se i pz sono bambini, si può riscontrare una riduzione della crescita La resistenza agli steroidi dovuta all’azione dei recettori citoplasmatici GR che potrebbero non rispondere allo steroide non permettendo il legame ai fattori di trascrizione. Nella sindrome di Chrousos i pz sono resistenti ai glucocorticoidi. La dipendenza da steroidi: comporta che non si possa scendere nel trattamento sotto i 3 mg di budesonide o sotto i 10 mg di prednisolone altrimenti la malattia si riaccende, questo significa che dovremmo protrarre il trattamento oltre i tre mesi. A questo punto deve essere utilizzato un trattamento detto steroid-spreading, ovvero risparmio di steroidi. Che trattamento è? Questo prevede l’utilizzo di ANTI-TNFα che, nelle forme moderate-severe, sono: INFLIXIMAB che è un anticorpo IgG1 chimerico (porzione costante umana, porzione variabile murina); ADALINUMAB, anticorpo interamente umano IgG1. Per entrambi esistono dei farmaci biosimilari: ricorda che il farmaco biosimilare, poiché si tratta di farmaci derivanti da sistemi cellulari, può presentare delle differenze rispetto al farmaco biologico (es. fosforilazione, glicosilazioni della proteina ecc.…); infatti bisogna fare lo studio clinico di raffronto per essere certi che non abbia inferiorità nei confronti del farmaco brand ed un profilo di sicurezza e tollerabilità sfavorevole. Tuttavia il biosimilare costa molto meno. Vi è infine il CERTULIZUMAB PEGOL, un anticorpo umanizzato, ovvero un anticorpo interamente umano ad eccezione della porzione ipervariabile CDR che di origine murina. Non è approvato in Italia. Le linee guida sostengono che non ci sia una differenza precisa tra questi anticorpi; è solo indicata certa superiorità dell’infliximab sull’adalinumab nel trattamento della rettocolite ulcerosa. L’alternativa è rappresentata dal VEDOLIZUMAB, un anticorpo umanizzato diretto contro le integrine α4β7. Sono integrine utilizzate da monociti e linfociti per entrare nella mucosa intestinale, sono legate da MADCAM3, ovvero l’addressina della mucosa. Nelle vecchie linee guida era indicato anche il NATALIZUMAB, diretto contro l’integrina α4β1 come farmaco di seconda linea per il Crohn, ad oggi è il farmaco principale per trattare la sclerosi multipla e non si usa per il Crohn poiché il Vedolizumab è più efficace. Effetti avversi il Natalizumab neutralizza α4β1 in questo modo i linfociti non riescono ad attraversare la barriera emato-encefalica, questo può determinare il rischio di riattivazione del virus JC, un poliomavirus che attacca il SNC provocando leucoencefalopatia multifocale progressiva. Infatti nei pz trattati con questo farmaco si cercano gli anticorpi JC1 e c’è l’indice STRATIFY: sopra un certo valore soglia di anticorpi, non si può somministrare il Natalizumab. Nel Vedolizumab non c’è evidenza di PML. Vi è una ultima possibilità utilizzata nell’induzione della remissione detto USTEKINUMAB, un anticorpo interamente umano diretto contro la subunità p40 che è comune all’IL-12 e all’IL-23. Queste citochine sostengono rispettivamente i TH1 e i TH17, coinvolti nell’autoimmunità delle IBD. Cosa dicono gli studi? In alcune review si fa riferimento al ruolo dell’IL-6 nel Crohn, essa è una citochina proinfiammatoria che regola il metabolismo epatico, osseo e permette la maturazione dei linfociti B a plasmacellule. Vi sono dei trial clinici con TOCILIZUMAB, anticorpo diretto contro il recettore per IL6. Il recettore si trova tra due proteine che si chiamano GP130 e può essere ancorato alla membrana o solubile. Nel trattamento della neuromielite ottica è meglio non somministrarlo (nemmeno SATRALIZUMAB sempre diretto contro tale recettore) se c’è la malattia di Crohn poiché possono indurre perforazione intestinale. In generale, i monoclonali diretti contro il recettore per IL-6non sono parte delle linee guida per l’induzione della remissione nelle forme moderate-severe del Crohn. Indicazioni: Si tratta di farmaci che vengono inseriti dopo il trattamento con i glucocorticoidi quando quest’ultimo non dà i risultati sperati Induzione della remissione nelle forme moderate-severe e nel mantenimento Remissione e mantenimento delle forme moderate-severe nei pz pediatrici, in età compresa tra i 6 e i 17 anni dove il dosaggio è il medesimo Vengono utilizzati nell’artrite reumatoide e nella psoriasi Utilizzando questi farmaci non devono essere fatti vaccini vivi (es. vaccino BCG) Nel momento in cui utilizziamo questi farmaci non c’è una indicazione precisa della durata del trattamento che è a discrezione del clinico. Dosaggi: Infliximab: endovena, 5 mg/Kg al tempo 0, dopo 2 settimane, dopo 6 settimane e poi a intervalli di 8 settimane Adalinumab: 160 mg sotto cute, dopo 2 settimane 80 mg, dopo 2 settimane 40 mg e poi sempre 40 mg ad intervalli di 2 settimane Vedolizumab: 300 mg al tempo 0, dopo 2 settimane, dopo 6 settimane e poi ad intervalli di 8 settimane; endovena Ustekinumab: 260 mg per soggetti con peso inferiore a 55 Kg, 390 mg per soggetti con peso compreso tra 56 Kg e 85 Kg, se il peso è ancora superiore si somministrano 520 mg. Si somministra inizialmente in vena e successivamente a livello sottocutaneo. Effetti avversi: o o La somministrazione dell’infliximab, essendo un anticorpo chimerico, potrebbe indurre la formazione di anticorpi, questo è il motivo per cui talvolta viene associato alle tiopurine. Tale associazione rende superiore l’effetto dell’infliximab. Le tiopurine quindi servono per evitare la formazione di anticorpi anti-MAB. È importante ricordare che invece non vanno MAI associate all’adalinumab poiché potrebbero aumentare gli effetti avversi. Questi anticorpi rimangono nell’organismo per moltissimo tempo di conseguenza gli effetti avversi possono comparire anche a distanza di tempo: - - - o o o o o o o Si possono verificare reazioni da infusione che possono portare ad algie, ipotensione e shock con una sindrome simile a quella da cytokine storm. Si tratta di una reazione proporzione agli anticorpi anti-MAB che vengono prodotti. Per evitare la reazione a infusione si possono usare cortisone, antistaminici e paracetamolo. L’associazione con le purine ha dunque un ruolo importante per evitare tutto ciò Si possono verificare reazioni allergiche, talvolta shock anafilattici. Con i pz a rischio bisogna tenere pronta l’adrenalina. Le manifestazioni possono anche essere ritardate e sono più frequenti quanto più sono distanziate le somministrazioni Gli anti- TNFα non possono essere somministrati se c’è la TBC attiva, poiché esso è importante per difenderci dai germi intracellulari. In caso di TBC latente (si svela tramite reazione di Mantoux o rilascio di IFNγ, ovvero il quantiferon) si fa la terapia per quest’ultima che prevede: a. 6-9 mesi con isoniazide b. 4 mesi con rifampicina c. 3 mesi con isoniazide associata a rifapentina oppure 3 mesi con isoniazide più rifampicina. Il TNFα è il principale protettivo nei confronti della Listeria Monocitogenesis, di conseguenza utilizzando questi anticorpi c’è un maggior rischio di Listeriosi che può dare sepsi e complicazioni alle meningi (mortalità 25%). Si può incappare in infezioni fungine come aspergillosi, pneumocistosi, candidiasi, coccidiomicosi. Queste infezioni sono talvolta diffuse, quindi un’eventuale concomitante sieronegatività potrebbe non farci identificare la causa dell’infezione. Possono sopraggiungere malattie autoimmuni come il LES (incidenza di 0,1-0,2% nei pz trattati con anti TNFα), sarcoidosi, sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, autoimmunità d’organo (epatite autoimmune per esempio o la psoriasi che è la manifestazione più frequente [2%-5%]) Si può verificare demielinizzazione con neuropatia periferica, si può dunque avere la sindrome di Guillan-Barrè, neuropatia ottica o ancora sclerosi multipla che ha una incidenza tra lo 0,05% e o 0,2% Disturbi epatobiliari con aumento delle transaminasi Insufficienza cardiaca: è un altro evento paradossale, poiché il TNFα contribuisce al rimodellamento cardiaco, quindi non ci aspetteremmo mai che un farmaco anti-TNFα determini insufficienza! Se tali farmaci vengono associati con ANAKINRA che è un antagonista del recettore per IL-1, si rischia di incappare nella neutropenia; deve essere evitata anche l’interazione con ABADACEPT, che è una proteina di fusione che si lega al CD80 e al CD86 che sono proteine di co-stimolazione, serve dunque per sopprimere l’attività delle cellule T. CARATTERISTICHE DEL TNFα Il TNFα è una citochina proinfiammatoria ma anche funzione immunoregolatoria, di conseguenza si possono creare situazioni paradossali: gli anti-TNFα inducono demielinizzazione del SNC e periferico talvolta, sebbene siano utilizzati nel trattamento della sclerosi multipla. In generale il trattamento con questi farmaci può indurre autoimmunità e manifestazioni che vanno dalla sarcoidosi al lupus eritematoso sistemico, alla sindrome di anticorpi-anti fosfolipidi, alla psoriasi. Il TNFα può essere ancorato alla membrana e tagliato per azione dell’enzima TACE, che corrisponde a ADAM-17, ovvero una metalloproteasi; si genera così il TNFα solubile che media l’azione anti-infiammatoria. Gli anticorpi monoclonali che abbiamo descritto attaccano entrambe le forme di TNFα. Esiste un farmaco chiamato ETANERCEPT, una proteina di fusione, che presenta un pezzo del recettore per il TNFα legato ad una immunoglobulina e attacca la forma solubile; non viene indicato nelle linee guida per il trattamento delle IBD. In forma trimerica il TNFα si lega ai recettori TNFR1 e TNFR2 che hanno i cosiddetti death-domin: TNFR1 lega TRADD, il quale forma un complesso che coinvolge TRAF2, RIP1 e CIAP, tale complesso attiva NF-kB. Questo recettore è pro-infiammatorio e diventa disfunzionale nella sclerosi multipla. Antagonisti di questo recettore sono protettivi nei confronti dell’encefalite autoimmune sperimentale, che è poi il modello della SM. Il TNFR2 lega FADD e forma un complesso con TRAF2 e CIAP2, in questo modo CIAP non esplica la sua funziona anti-apoptotica e vengono indotte apoptosi e necroptosi. Questo recettore ha quindi un ruolo anti-infiammatorio. Mutazioni e polimorfismi di questo recettore sono associati all’artrite reumatoide, al lupus, alla spondilite anchilosante. Azione pro-infiammatoria TNFα - Attiva l’endotelio - Induce la sintesi di chemochine - Recluta macrofagi e neutrofili - Induce citochine pro-infiammatorie - Viene indotto da TNFalfa, IL-1beta, IL-6, IL8 Azione immunoregolatoria TNFα - Attiva la funzione delle Treg - Riduce la produzione di IL-17 - Stimola le cellule mesenchimali a produrre prostaglandine E2 - Stimola la produzione endogena di glucocorticoidi extra-surrenalici - Attiva le cellule immunosoppressive mieloidi e mesenchimali MANTENIMENTO Forme lievi-moderate, mantenimento tiopurine, metotrexato Forme moderate-severe, mantenimento tiopurine, metotrexato Le TIOPURINE sono falsi metaboliti che impediscono la sintesi, o per meglio dire, interferiscono con la sintesi di DNA e RNA. Prima di somministrarle bisognerebbe valutare il metabolismo dell’enzima TPMT, ovvero della tiopurina metil transferasi, l’enzima che serve a eliminare la 6-mercaptopurina e la 6tioguanina. TPMT2 e TPMT3 sono metabolizzatori lenti e troviamo eterozigoti nell’11,7% dei casi e omozigoti in meno dello 0,3%. In questi casi bisogna ovviamente ridurre il dosaggio per evitare effetti avversi anche mortali. Sarebbe dunque importante fare la genotipizzazione. Dosaggi: Tiopurine: 1,5 mg-2 mg pro Kg al giorno; entrano in regime dopo 8-12 settimane Indicazioni: Le tiopurine possono rimanere in terapia per molto tempo perché è noto che se si sospendono la situazione peggiore, quantomeno per quanto riguarda il Crohn. Effetti avversi: o o o o Pancreatite Mielosoppressione soprattutto per i pz omozigoti e eterozigoti TPMT2 o TMPT3 se non si aggiusta il dosaggio Disturbi GI, che dipendono dal fatto che la mucosa intestinale ha un ricambio e questi farmaci sono antitumorali Aumento delle infezioni Il METOTREXATO è un inibitore della diidrofolato reduttasi che trasforma l’acido diidrofolico in acido tetraidrofolico. L’acido tetraidrofolico è essenziale per la sintesi dei nucleotidi pirimidinici e purinici. Il trimetropin inibisce la DHFR batterica, associato al sulfametossazolo si produce il bactrim o cotrimoxazolo, uno degli antibiotici più conosciuti. La pririmetamina e il progulanile inibiscono la DHFR parassitaria. Indicazioni: Si utilizza per l’artrite reumatoide, per alcuni tumori del sangue e per patologie immunoreattive quali il Crohn Non si usa per la RCU Dosaggio: 15-25 mg a settimana, intramuscolare; questo dosaggio è molto basso e permette di non dover integrare l’acido folico come normalmente si fa nel caso in cui si somministrino dosaggi più alti (trattamento tumori ad esempio). Effetti avversi: o o Mielosoppressione, rischio di tutti gli antitumorali (caduta capelli, riduzione spermatozoi, ricambio mucosa intestinale rallentato ecc…) Fibrosi epatica se regime cronico con metotrexato Gli anti-TNFα si utilizzano nel mantenimento in cui pz che hanno risposto in induzione. Se durante l’induzione gli anti-TNFα erano associati alle tiopurine, in questo caso durante il mantenimento si utilizzano gli anti-TNFα. Forma fistolizzante perianale in questo caso vanno utilizzati direttamente gli anti-TNFα, dando predilezione per infliximab; si fa trattamento con antibiotici ed eventualmente drenaggio. È importante ricordare che finchè c’è suppurazione irrisolta con gli antibiotici è pericoloso dare gli anti-TNFα poiché questi compromettono l’immunità contro i microrganismi. Trattamento della RCU Ai fini della terapia a noi interessa la stadiazione: c’è una forma distale che si presenta come proctosigmoidite, vi è poi una forma più prossimale che può essere a sua volta distinta in letf-sided, confinata a valle della fessura splenica e in forma estesa, estendendosi a onte della fessura splenica. Nel 17% dei casi è presente una ileite, questa forma si chiama back show. Forma lieve: meno di 4 evacuazioni al giorno e enteroraggia, ma assenza di manifestazioni sistemiche Forma moderata-severa: più di 6 evacuazioni e cominciano manifestazioni sistemiche: febbre a 38°-39°C, anemia e aumento della proteina C reattiva, aumento della VES. Complicanze possono essere: irite, congiuntivite, artrite. Forma fulminante: 10 evacuazioni al giorno e distensione addominale, c’è megacolon che può acquisire le caratteristiche del megacolon tossico; sono richieste trasfusioni Forme lievi-moderate, induzione della remissione derivati dell’acido 5 amino salicilico, cortisonici I derivati dell’acido salicilico sono antinfiammatori. La cardioaspirina ha un dosaggio compreso tra 50 mg e 320 mg tale per cui esplica la sua attività antiaggregante nei confronti delle piastrine senza inibire le COX2, ma è sufficiente superare un grammo nel dosaggio per avere gli effetti antinfiammatori dei FANS. Nella RCU troviamo un aumento della sintesi di prostaglandine nel colon e i derivati dell’acido salicilico inibiscono le COX. L’acido 5 amino-salicilico prende il nome di MESALAZINA, Oltre alla mesalazina troviamo la SALAZOPIRINA o SULFASALAZINA che è un pro-farmaco formato da due principi attivi: uno è il 5-ASA, in aggiunta alla sulfopiridina. La sulfopiridina è un antibiotico che di fatto non ha alcun ruolo, si genera poiché nel colon i batteri producono le azoreduttasi che sono gli enzimi trasformanti la sulfasalazina in 5-amino salicilico e sulfapiridina. La sulfasalazina in questo modo è diretta verso il colon. Oltretutto è un inibitore dello scambiatore glutammato/cistina. Si utilizza la BALSALAZIDE Infine troviamo l’OLSALAZINA che genera due molecole di 5-ASA Tra i cortisonici troviamo la budesonide e un suo derivato, la BUDESONIDE MMX: la budesonide è raccolta in un involucro gastroresistente che presenta matrici idrofile e lipofile e questo le permette di raggiungere il colon e esplicare la sua funzione. Dosaggi: Mesalazina bisogna superare i 2 grammi al giorno con compresse da 400 (2 compresse 3 volte al giorno) o 800 mg(1 compressa 3 volte al giorno); si può arrivare al massimo a 4 g al giorno; nella proctosigmoidite vengono somministrate per via rettale; nei bambini si danno 30-35 mg pro Kg Sulfalazina si possono superare i 4 grammi totali al giorno; nei bambini il dosaggio è 40-60 mg/Kg Balsalazide 3 capsule 3 volte al giorno per un totale di 6,75 gr/die fino alla remissione o per un massimo di 12 settimane, se necessario possono essere somministrati contemporaneamente steroidi per via orale e rettale; si usa anche nella fase di mantenimento: 2 capsule 2 volte al giorno (3 gr/die), questa dose può essere modificata in base alla risposta del pz. Olsalazina da 1 a 3 gr al giorno Budesonide 9 mg/die Effetti avversi: o o o I 5-ASA non danno enteropatia da FANS poiché non sono soggetti a circolazione enteroepatica, cioè non vengono assorbiti e poi tornano all’intestino, requisite affinchè un FANS possa dare enteropatia. L’enteropatia da FANS si cura con prebiotici e probiotici per cercare di migliorare la disbiosi, oppure prostaglandine sintetiche come il misoprostolo. Sono in generale farmaci ben tollerati, talvolta si può avere danno a carico del rene che potrebbe evolvere in insufficienza renale Ci possono essere manifestazioni allergiche che interessano il cuore dando miocardite di origine immunoallergica. Forme lievi-moderate, mantenimento derivati 5-ASA, tiopurine in monoterapia Dosaggi: Azatioprina (pro-farmaco della mercaptopurina): da 1 a 2,5 mg pro Kg al giorno, via orale Forme moderate-severe, induzione della remissione cortisonici sistemici (prednisolone e 6-α-metil prednisolone); i dosaggi sono i medesimi del Crohn, anti- TNFα, TOFACITINIB Nella RCU, oltre all’infliximab e l’adalimumab si usa il GOLIMUMAB che compare nelle linee guida. Si utilizza il Vedolizumab che ha un effetto superiore dell’adalimumab nel trattamento della RCU. Viene utilizzato anche l’ustekinumab. Il TOFACITINIB è un inibitore di JAK che è una protein-chinasi con un dominio catalitico e un dominio pseudo-catalitico. Le chinasi sono JAK1, JAK2, JAK3, TYK2. Il Tofacitinib è selettivo per JAK1 e JAK3 i quali sono associati ai recettori per IL-2,4,6,7,9,15,21. La loro funzione è di fosforilare STAT (fattore di trascrizione associato alla trasduzione del segnale), che nel nucleo modula l’espressione genica. È un farmaco approvato nel trattamento dell’artrite reumatoide dove si usa in combinazione con il metotrexato; si usa anche per l’artrite psoriasica. Dosaggi: Tofacitinib 10 mg 2 volte al giorno per 8 settimane, poi si scende a 5 mg 2 volte al giorno Effetti avversi del Tofacitinib: o o o o o o Infezioni opportunistiche (polmonari, tratto urinario) TCB, anche in questo caso se la tubercolosi è attiva, tale farmaco non si può somministrate, se è una TBC latente, va curata con isoniazide con rifapentine o isoniazide con rifampicina o ancora solo isoniazide in trattamento prolungato per 6-9 mesi, o rifampicina per 4 mesi. Infezioni fungine Riaccensione Herpes Zooster che dà il fuoco di Sant’Antonio e talvolta encefalite. Viene quindi indicata la vaccinazione anti Zooster per i pz in terapia immunosoppressiva Sono stati riscontrati casi di trombo-embolismo venoso, che può portare ad embolia polmonare, tossicità epatica, tossicità cardiovascolare. Tumori cutanei, non melanomi Forme moderate-severe, mantenimento della remissione anti-TNFα, tiopurine in monoterapia, derivati 5ASA