caricato da Utente15073

Lezione 2- Leggi ponderali e teorie atomiche

annuncio pubblicitario
LEZIONE 2
LEGGI PONDERALI DELLA CHIMICA
Mendeleev ( in tavola periodica) dispose gli elementi in ordine crescente di peso
atomico (numero di protoni). Così facendo Li, Be, B, C, N, O e F divennero la
prima “riga” (periodo); l’elemento successivo allora conosciuto, il sodio (Na), ha
proprietà simili a quelle del litio (Li), così Na divenne il primo elemento della
seconda riga. Man mano che nuovi elementi venivano aggiunti in ordine di p.a.
crescente, gli elementi con proprietà simili si trovavano in colonne o “gruppi”.
Gli elementi chimici si formano nelle stelle e, a partire da questi elementi, nello
spazio si formano molecole come l’acqua o l’ammoniaca.
LEGGI PONDERALI DELLA CHIMICA
• LEGGE DI LAVOISIER ( 1774 ): “la somma delle masse (pesi) delle sostanze
che reagiscono è sempre uguale alla somma delle masse (dei pesi) delle sostanze
che si ottengono dalla reazione”. In altre parole nel corso di una reazione chimica la
materia non si crea e non si distrugge.
• LEGGE DI PROUST o delle proporzioni definite e costanti (1799): “quando
due o più elementi formano un composto, le quantità che reagiscono sono in rapporto
definito e costante.” Il sostantivo “costanti” è ineliminabile perché indica che i
rapporti non dipendono dal processo dal quale si è formato il composto.
• LEGGE DI DALTON o delle “proporzioni multiple” (1804): “quando due
elementi danno luogo a più composti, le quantità di uno di essi che si
legano con la stessa quantità dell’altro sono multipli interi e piccoli della
quantità minima”.
• LEGGE DI GAY-LUSSAC: “nelle reazioni tra gas i volumi dei reagenti sono in
rapporto con il volume dei prodotti”. La legge dei volumi di combinazione,
o legge dei volumi di combinazione di Gay-Lussac, formulata da Joseph Louis
Gay-Lussac nel 1808, afferma che quando due sostanze gassose si combinano
tra loro, per dare origine a una nuova sostanza gassosa, a temperatura e
pressione costante, i volumi dei reagenti hanno un rapporto esprimibile
con numeri interi, razionali e semplici.
- Facendo reagire (a temperatura e pressione costante) un litro di idrogeno gassoso (H2) e un
litro di cloro gassoso (Cl2) si ottengono due litri di cloruro di idrogeno gassoso (HCl); in
questo caso i volumi dei reagenti stanno in rapporto 1:1.
- Facendo reagire (a temperatura e pressione costante) due litri di idrogeno gassoso (H2) e un
litro di ossigeno gassoso (O2) si ottengono due litri di acqua allo stato gassoso (H2O); in questo
caso i volumi dei reagenti stanno in rapporto 2:1.
- Facendo reagire (a temperatura e pressione costante) tre litri di idrogeno gassoso (H2) e un
litro di azoto gassoso (N2) si ottengono due litri di ammoniaca allo stato gassoso (NH3); in
questo caso i volumi dei reagenti stanno in rapporto 3:1.
• LEGGE DELL’INVARIABILITA’ DELLE SOSTANZE ELEMENTARI: nelle
comuni (non nucleari à decadimento isotopico à è una reazione nucleare
e NON chimica ) reazioni chimiche un elemento non può essere trasformato in
un altro. Pertanto gli atomi nelle reazioni si possono trasferire da una
specie chimica ad un’altra ma il loro numero totale, a sinistra e a destra
dell’equazione, deve rimanere inalterato. Deve inoltre rimanere uguale la
carica totale a sinistra e a destra dell’equazione.
TEORIE ATOMICHE
Struttura atomica: protoni, neutroni ed elettroni à intorno al 1900
esperimenti eseguiti in Inghilterra da John Thomson ed Ernest Rutherford
definirono un modello atomico che rimane ancora alla base della moderna teoria
atomica: tutti gli atomi sono formati da 3 tipi di particelle subatomiche; i protoni
dotati di carica positiva, i neutroni privi di carica e gli elettroni dotati di carica
negativa che in valore assoluto è pari a quella del protone.
Il modello prevede che le particelle di massa maggiore ( protoni e neutroni ), si
trovino in un nucleo molto piccolo che come tale contiene tutte le cariche
positive e tutta la massa dell’atomo. Gli elettroni, con massa molto minore
rispetto a quella di protoni e neutroni, circondano il nucleo e occupano la
maggior parte del volume dell’atomo.
Ric.che: le proprietà chimiche ( in termini di reattività ) degli elementi e
delle molecole dipendono in gran parte dagli elettroni.
La scoperta degli elettroni…CENNI STORICI
• Passaggio di corrente attraverso alcune sostanze à decomposizione: gli elementi di un
composto sono tenuti insieme da forze elettriche (H. Davy, inizio ‘800)
• Elettrolisi: relazione tra quantità di elettricità e quantità di materia prodotta dalla reazione
chimica (M. Faraday, 1832-1833)
• G. Stoney nel 1874, esaminando gli esperimenti di Faraday, ipotizzò che unità di carica
elettrica fossero associate agli atomi. Nel 1891 suggerì per queste il nome di elettroni.
• La più convincente dimostrazione dell’esistenza degli elettroni fu fornita da esperimenti che
utilizzavano tubi a raggi catodici. Se a due elettrodi posti alle estremità di un tubo, contenente
un gas a pressione ridotta, viene applicato un elevato voltaggio, dall'elettrodo negativo
(catodo) si dipartono dei raggi detti raggi catodici.
Thomson dimostrò che tali raggi sono costituiti da un flusso di particelle cariche
negativamente che chiamò elettroni.
Teoria atomica di Dalton: Nel 1803, John Dalton per primo cercò di descrivere
l'atomo e lo fece basandosi su due delle tre leggi fondamentali della chimica (la
terza la formulò lui stesso nel 1808). Dalton, per creare il suo modello atomico,
si baserà su 5 punti fissi; ognuno di essi sarà in accordo con le due leggi
fondamentali (e ovviamente anche con quella che formulerà Dalton stesso).
In particolare, i primi tre punti implicano che in una reazione chimica gli
atomi rimangono invariati in numero e in massa e ciò è in accordo con la
legge di conservazione della massa di Lavoisier, mentre il punto quattro è in
accordo con la legge delle proporzioni definite di Proust.
• La materia è formata da atomi piccolissimi, indivisibili e indistruttibili.
• Tutti gli atomi di uno stesso elemento sono identici e hanno uguale
massa.
• Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri
elementi.
• Gli atomi di un elemento si combinano, per formare un composto,
solamente con numeri interi di atomi di altri elementi.
• Gli atomi non possono essere né creati né distrutti, ma si trasferiscono
interi da un composto ad un altro.
Probabilmente Dalton immaginò l'atomo come una microscopica sfera
completamente piena e indivisibile ma, come in seguito dimostrarono le
esperienze di Thomson e Rutherford, si scoprì che esso poteva essere scomposto
(dividendo così il nucleo dagli elettroni) e che era quasi interamente vuoto
(essendo la massa concentrata quasi del tutto nel nucleo).
Altri errori dello scienziato inglese furono il ritenere che i composti si
producessero quantitativamente nel modo più semplice possibile (punto 4) e
che gli elementi puri fossero composti da singoli atomi (mentre questo avviene
solo per i gas nobili).
La legge dei volumi di Gay-Lussac del 1808 portò infatti ad alcune
contraddizioni con la teoria di Dalton che arrivò persino a rifiutare in blocco la
legge del fisico francese.
La soluzione al problema fu trovata dal fisico italiano Avogadro grazie
all'introduzione del concetto di molecola.
APPROFONDIMENTO à Prima di procedere allo studio delle teorie atomiche successive a
quelle di Dalton, dobbiamo conoscere alcune informazioni necessarie per la comprensione di
ciò che verrà.
Per indagare le strutture interne di oggetti piccoli come atomi, gli scienziati effettuano
osservazioni indirette basate sulle proprietà della luce che gli atomi “emettono”
quando stimolati dal calore o da una scarica elettrica. L’analisi della luce emessa o
assorbita dalle sostanze costituisce una branca della chimica detta spettroscopia. La
spettroscopia “atomica” ( quella applicata agli atomi ) consentì agli scienziati di
proporre un modello per la struttura elettronica degli atomi e di verificarlo
sperimentalmente. Per farlo è necessario conoscere la natura della luce.
( Ricorda che: Nella spettroscopia di assorbimento atomico, la luce passa attraverso un
ammassamento di atomi. Se la lunghezza d'onda della luce ha energia corrispondente
alla differenza di energia tra i due livelli energetici nell'atomo, una porzione della luce
verrà assorbita. La relazione tra la concentrazione di atomi, la distanza che la luce percorre
attraverso l'ammasso di atomi e la porzione di luce assorbita viene data dalla legge di
Lambert-Beer che non tratterremo in questo percorso ).
La luce è una forma di radiazione elettromagnetica costituita dall’insieme di un campo
elettrico e di un campo magnetico oscillanti ( cioè varianti nel tempo ) che procedono nel
vuoto ad una velocità ( c à velocità della luce ) di 3,00 x 108 m x s-1 ( 1072 milioni di Km/h ).
Tutte le forme di radiazione ( luce visibile, raggi X, onde radio, microonde ecc. )
“trasferiscono energia da una regione all’altra dello spazio”. Ad esempio, il calore che
avvertiamo quando ci esponiamo al sole rappresenta una minuscola frazione dell’energia
totale che il sole emette e che viene trasportata fino a noi dalla radiazione elettromagnetica.
Fraquenza ( ν ) della radiazione: numeri di cicli ( oscillazioni complete di intensità e di verso
partendo da quelle iniziali ) al secondo. Unità di misura della frequenza è l’ Hertz ( Hz ) che
vale un ciclo al secondo: 1 Hz = 1 s-1.
La radiazione elettromagnetica di frequenza 1 Hz impiega un secondo a sospingere una
carica ( ad esempio l’elettrone ) in un verso e poi in quello opposto restituendole la
collocazione iniziale.
L’onda è caratterizzata dalla sua ampiezza e dalla sua lunghezza d’onda.
Ampiezza: è l’altezza dell’onda rispetto all’asse orizzontale centrale ed il “quadrato” di tale
ampiezza determina l’intensità della radiazione.
Lunghezza d’onda ( λ ): distanza tra un picco e quello successivo.
La lunghezza d’onda della luce visibile ha valori prossimi a 500nm ( tra 390 e 760 nm) ed
anche se 500nm vale la metà di un millesimo di millimetro ( tanto da essere appena in grado
di immaginarlo ), si tratta di una lunghezza molto maggiore del diametro degli atomi,
che si aggira in media intorno a 0.2nm.
Le diverse lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica corrispondono alle
diverse regioni dello spettro.
La luce bianca, che comprende quella solare, è una miscela di tutte le lunghezze d’onda della
luce visibile. La radiazione emessa dal sole è costituita dalla luce bianca e da radiazioni
di lunghezza d’onda maggiori e minori dette, rispettivamente, radiazione infrarossa e
radiazione ultravioletta.
Ricorda che: velocità della luce c = λ x ν ( relazione che mostra che lunghezza d’onda e
frequenza sono inversamente proporzionali )
Per quanto ne sappiamo la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica non è
vincolata né superiormente né inferiormente.
Ora che conosciamo alcune proprietà della radiazione elettromagnetica, possiamo iniziare a
esaminare le informazioni che essa fornisce in merito alla struttura atomica. Concentreremo
la nostra attenzione sull’atomo di idrogeno che contiene un unico elettrone. Facendo
fluire una corrente elettrica attraverso un campione di idrogeno a bassa pressione,
questo emette luce. La corrente, che è costituita da uno sciame di elettroni, demolisce la
molecola di H2 ed eccita a energia superiore gli atomi di idrogeno resi indipendenti. Tali
atomi eccitati si liberano prontamente dell’energia eccedente emettendo radiazione
elettromagnetica, poi si ricombinano a formare nuovamente le molecole di H2.
Se facendo passare la luce bianca attraverso un prisma si ottiene uno spettro luminoso
continuo, se passa per il prisma la luce emessa dagli atomi di idrogeno eccitati, si constata
che la radiazione è costituita da un certo numero di componenti o righe spettrali.
La riga più brillante (656nm) è rossa, e gli atomi eccitati del gas brillano di tale luce rossa. Essi
emettono anche radiazione ultravioletta e infrarossa, invisibili all’occhio umano, ma rilevabili
elettronicamente e fotograficamente. Il primo a riconoscere un andamento regolare delle
righe nella regione visibile dello spettro fu Joseph Balmer ( approfondiremo successivamente).
Riepilogando..
RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA à consta di un CAMPO ELETTRICO E un CAMPO
MAGNETICO OSCILLANTI ( se nel vuoto, si muove con la velocità della luce “c” ).
λ à LUNGHEZZA D’ONDA à è in base ad essa che si orienta lo spettro ( del visibile 390760 nm, UV, IR ecc…)
ν à FREQUENZA
RELAZIONE TRA “λ” e “ν” à sono legate dalla velocità à c / λ = ν
Lampadina ad incandescenza à fenditura à prisma à schermo fotografico à colore
à spettro del visibile
Ma cosa succede quando un gas rarefatto ( ad esempio H2 à e Bohr SOLO x l’idrogeno )
eccitato che emette radiazioni luminose contenuto in un tubo di vetro passa attraverso:
fenditura à prisma à schermo fotografico à solo alcune righe e NON uno spettro
completo à ciò perché gli elettroni attraverso il gas rarefatto eccitano gli elettroni
degli atomi a livelli energetici più alti, dopo l’elettrone torna allo stato fondamentale ed
emette con una lunghezza d’onda corrispondente a quella del salto à quindi linee ben
definite ( per l’idrogeno solo 5 righe nel visibile à serie di Balmer ) e NON spettro
DOVUTE alle transizioni elettroniche.
NON E’ DETTO CHE L’ELETTRONE FACCIA UN GRADINO PER VOLTA: potrebbe anche
passare da n = 4 direttamente a n = 1 à in questo caso la transizione elettronica NON si
vede sul visibile perché il FOTONE che trasporta tutti questi elettronvolt ricadono
nell’UV // così ad esempio tra n = 7 e n = 5 vanno a finire nell’IR in quanto molto
piccole ). TUTTO CIO’ VALE SOLO X L’atomo DI BOHR.
RICORDA CHE: facendo attraversare dalla luce bianca un vapore costituito da atomi di
un dato elemento, quello che osserviamo è lo spettro di assorbimento, una serie di righe
scure su uno spettro altrimenti continuo. Le righe di assorbimento riproducono le
frequenze di quelle osservabili nello spettro di emissione e lasciano intendere che un
atomo può assorbire solo radiazioni di quelle stesse frequenze. Agli spettri di
assorbimento ricorrono gli astronomi per identificare gli elementi presenti negli strati esterni
delle stelle.
Possiamo iniziare a comprendere la presenza di righe spettrali assumendo che l’elettrone
all’interno dell’atomo di idrogeno possa assumere solo talune energie e che la riga nello
spettro di emissione scaturisca come conseguenza di una transizione tra due livelli
energetici consentiti.
La presenza pertanto di righe spettrali con specifiche frequenze suggerisce che
l’energia di un elettrone all’interno di un atomo sia limitata a una serie di valori discreti,
detti “livelli energetici”.
La differenze di energia tra due livelli è pari a quella che viene portata via dalla radiazione
elettromagnetica emessa dall’atomo.
Riepilogando..il fatto che si osservino righe spettrali distinti lascia intendere che
nell’atomo un elettrone può avere solo certe energie ( livelli energetici ).
L’idea concepita nel 1900 dal fisico tedesco Max Planck, propose che lo scambio di energia tra
la materia e la radiazione avvenisse per quanti, o pacchetti “discreti” di energia. Planck
centrò l’attenzione sugli elettroni “caldi”, in rapida oscillazione degli atomi del corpo
nero ( l’oggetto caldo è noto come corpo nero ), e il suo concetto fondamentale fu che una
particella carica oscillante alla frequenza (ν ) possa scambiare energia con l’ambiente
solo in forma di pacchetti di grandezza:
E=hxν
Dove “h” è la costante di Planck ( 6,626 x 10-34 J x s ).
Se l’atomo in oscillazione cede all’ambiente un’energia E, si rivelerà una radiazione di
frequenza ν = E / h.
L’ipotesi di Planck implica che la radiazione di frequenza ν possa essere generata solo a
patto che l’oscillatore di quella frequenza abbia potuto acquistare l’energia minima
necessaria a porlo in oscillazione.
Pertanto, a bassa temperatura non vi è energia sufficiente a stimolare oscillazioni di frequenza
molto elevata, per cui l’oggetto non produrrà radiazione ultravioletta, che è appunto di
frequenza elevata.
Catastrofe ultravioletta: la fisica classica prevedeva che a qualsiasi temperatura diversa
dallo zero ogni corpo nero dovesse emettere una intensa radiazione ultravioletta e perfino
raggi X e raggi gamma. Secondo la fisica classica, qualunque oggetto caldo avrebbe dovuto
devastare l’ambiente con una radiazione di alta frequenza e perfino il corpo umano ( a 37°C )
avrebbe dovuto brillare nel buio à cioè il buio non sarebbe esistito.
L’ipotesi di Planck risulta pertanto in ovvia e totale contrapposizione con quanto sostenuto dalla
fisica classica che non pone limiti alla piccolezza dell’energia trasferibile da un corpo ad un altro.
Al contrario, egli propose che l’energia si trasferisce in pacchetti discreti e le prove
vennero dall’effetto fotoelettrico, cioè dall’emissione di elettroni da parte di un metallo
la cui superficie sia esposta alla radiazione ultravioletta. Esso fornisce quindi una prova
della natura corpuscolare della radiazione elettromagnetica.
Le osservazioni sperimentali furono le seguenti:
1. non vengono emessi elettroni a meno che la radiazione non raggiunge una frequenza
superiore a un certo valore di soglia caratteristico del metallo
2. gli elettroni vengono emessi immediatamente, quale che sia l’intensità della radiazione
3. l’energia cinetica degli elettroni emessi aumenta linearmente con la frequenza della
radiazione incidente.
Albert Einstein trovò la spiegazione di tali osservazioni e propose che la radiazione
elettromagnetica sia costituita da particelle, che più tardi vennero chiamate fotoni. Ciascun
fotone può essere considerato come un pacchetto di energia e l’energia di un singolo fotone è
correlata con la frequenza della radiazione ( E = h x ν ).
Ad esempio, i fotoni ultravioletti sono più energetici di quelli della luce visibile, che
corrispondono a frequenze più basse. Oppure, secondo tale modello fotonico, si può
immaginare un raggio di luce rossa come un fascio di fotoni di una particolare energia, la luce
gialla come un fascio di fotoni di energia maggiore e quella verde come un fascio di fotoni a
energia ancora maggiore.
E’ importante sottolineare che:
- l’intensità della radiazione indica in “numero” di fotoni presenti
- E = h x ν misura l’energia di ciascun fotone.
Le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico si spiegano facilmente pensando alla
radiazione elettromagnetica come un insieme di fotoni. L’energia necessaria ad
allontanare un elettrone dalla superficie di un metallo è detta funzione lavoro del metallo
stesso ( Φ ) ed è caratteristica di ciascun metallo. Se l’energia del fotone non raggiunge quella
necessaria ad allontanare un elettrone del metallo stesso, l’elettrone non sarà espulso. Se invece,
l’energia del fotone ( h x ν ) è > Φ , allora l’elettrone sarà espulso con energia cinetica (½ m
V2 ) pari alla differenza tra l’energia del fotone entrante e la funzione lavoro:
½ m V2 = ( h x ν ) - Φ
(1)
Possiamo ora interpretare le osservazioni sperimentali dell’effetto fotoelettrico alla luce della
teoria di Einstein:
1. un elettrone può abbandonare il metallo solo a condizione di aver ricevuto dal fotone,
durante la collisione, una certa energia minima Φ. La frequenza della radiazione deve
pertanto raggiungere almeno un valore minimo, che dipende dalla funzione lavoro e,
conseguentemente, dall’identità del metallo.
2. Posto che il fotone possiede l’energia sufficiente, dalla collisione discende l’immediata
espulsione dell’elettrone.
3. L’energia cinetica dell’elettrone espulso dal metallo aumenta linearmente con la
frequenza della radiazione incidente (equazione 1)
ESPERIMENTO DI THOMSON ( 1898 - 1904 )
Misura del rapporto carica/massa dell'elettrone: un fascio di raggi catodici attraversa un
campo elettrico e un campo magnetico. L'esperimento è predisposto in modo che il campo
elettrico e quello magnetico deviino il fascio in direzioni opposte. Bilanciando gli effetti è
possibile determinare il rapporto carica/massa dell'elettrone.
Il valore ottenuto è indipendente dalla tipologia di Gas nel tubo e dalla composizione
degli elettrodi o dalla natura della sorgente di energia.
Carica / massa = 1,7588 x 108 C/g
Il modello atomico di Thomson anche detto modello a panettone (in inglese,
plum pudding model) dell'atomo proposto da Joseph John Thomson, che scoprì
l'elettrone nel 1897, fu proposto nel 1904 prima della scoperta del nucleo atomico.
In questo modello, l'atomo è costituito da una distribuzione di carica positiva diffusa
all'interno della quale sono inserite le cariche negative. Nel complesso l'atomo è
elettricamente neutro.
Thomson chiamava queste cariche negative "corpuscoli".
Il nome "a panettone" deriva dal fatto che le cariche negative sono inserite
all'interno della distribuzione di carica positiva come i canditi in un panettone, allo
stesso modo in inglese il modello è conosciuto come modello "plum pudding" (il
plum pudding è un dolce natalizio inglese).
Il modello fu confutato dall’esperimenti di Geiger e Marsden ( assistenti di
Rutherford ) nel 1909, interpretato da Ernest Rutherford nel 1911 che propose un
proprio modello atomico alternativo nel quale la carica positiva era concentrata in
un nucleo.
L'esperimento di Rutherford (atomo nucleare, 1909)
La maggior parte dell'atomo è vuoto
Quasi tutta la massa atomica è quindi concentrata nel
nucleo.
Punti fondamentali della teoria atomica di Rutherford:
• Rutherford introduce inoltre il concetto di peso atomico che era stato
tralasciato dal predecessore Thomson nel modello a panettone,
ammettendo l'esistenza di un nuovo tipo di particella nella composizione
del nucleo interno: i neutroni, fondamentali ai fini di una corretta
determinazione del peso atomico.
Gli orbitali elettronici dell'atomo non influenzano lo scattering delle particelle
alfa (sparpagliamento di fasci di radiazioni o di particelle dovuto all'interazione con la
materia; diffusione ). Lo scattering Rutherford è un fenomeno osservato nel 1909
da Ernest Rutherford e successivamente da lui interpretato allorquando inviò un
fascio di particelle alfa (nuclei di elio: 2 protoni e 2 neutroni à He22+) contro
una lamina sottile di oro (dello spessore di circa 0,0004 mm, corrispondente a
circa 200 atomi). Attorno alla lamina di oro era stato posizionato uno schermo di
solfuro di zinco (ZnS) che avrebbe indicato grazie ad un piccolo lampo di luce
lasciato su di esso la traiettoria che aveva seguito la particella alfa dopo essere
stata deviata. L'idea era quella di determinare la struttura dell'atomo e capire se
essa fosse quella supposta da Thomson (atomo senza nucleo, noto anche come
atomo a panettone) o se c'era qualcosa di diverso.
In particolare, se l'atomo avesse avuto un nucleo al suo interno separato dagli
elettroni esterni, allora si sarebbero dovuti osservare anche eventi, ovvero
particelle, a grande angolo di deviazione. Ottenuti, effettivamente, questi risultati,
il fisico neozelandese concluse allora che l'atomo era costituito da un nucleo
piccolo, ma con alta densità di carica, circondato da una nuvola elettronica.
Questo particolare urto è noto anche come scuttering coulombiano o di
Coulomb poiché l'interazione in gioco nell'urto è la forza di Coulomb ( descritta
dalla legge di Coulomb à è la forza esercitata da un campo elettrico su una carica elettrica. Si tratta della
forza che agisce tra oggetti elettricamente carichi, ed è operativamente definita dal valore
dell'interazione tra due cariche elettriche puntiformi e ferme nel vuoto )
• La maggior parte della carica atomica - espressa in unità della carica
dell'elettrone (la carica fondamentale) - fino al più ad un numero uguale
alla metà della massa dell'atomo - espressa in unità di massa atomica (si
usava la massa dell'atomo di idrogeno come unità) - è concentrata in un
volume molto piccolo -rispetto al volume dell'intero atomo - al centro
dello stesso. Questa carica è responsabile dello scattering di Rutherford.
La massa di atomi pesanti (come ad esempio l'oro) è concentrata nella regione
centrale dove risiede anche la carica, dato che i calcoli non mostrano che sia
spostata o deflessa da particelle alfa ad alta velocità.
Il modello atomico di Rutherford o modello atomico planetario. L'analisi
compiuta da Rutherford stesso nel 1911 suggerì che il modello atomico a panettone
di J. J. Thomson non era corretto. Il nuovo modello proposto da Rutherford aveva
delle caratteristiche che sono rimaste anche in modelli successivi come la
concentrazione della maggioranza della materia in un volume relativamente piccolo
rispetto alle dimensioni atomiche (ossia un nucleo atomico) e la presenza di
elettroni rotanti intorno ad esso, come i pianeti del sistema solare attorno al sole.
Punti fondamentali della teoria atomica di Rutherford:
• Rutherford introduce inoltre il concetto di peso atomico che era stato
tralasciato dal predecessore Thomson nel modello a panettone,
ammettendo l'esistenza di un nuovo tipo di particella nella composizione
del nucleo interno: i neutroni, fondamentali ai fini di una corretta
determinazione del peso atomico.
Riepilogando…
Gli orbitali elettronici dell'atomo non influenzano lo scattering delle
particelle alfa. Lo scattering Rutherford è un fenomeno osservato nel 1909 da
Ernest Rutherford e successivamente da lui interpretato allorquando inviò un
fascio di particelle alfa (nuclei di elio: 2 protoni e 2 neutroni) contro una lamina
sottile d'oro (dello spessore di circa 0,0004 mm, corrispondente a circa 200
atomi). Attorno alla lamina d'oro era stato posizionato uno schermo di solfuro di
zinco (ZnS) che avrebbe indicato grazie ad un piccolo lampo di luce lasciato su di
esso la traiettoria che aveva seguito la particella alfa dopo essere stata deviata.
L'idea era quella di determinare la struttura dell'atomo e capire se essa fosse
quella supposta da Thomson (atomo senza nucleo, noto anche come atomo a
panettone) o se c'era qualcosa di diverso.
In particolare, se l'atomo avesse avuto un nucleo al suo interno separato dagli
elettroni esterni, allora si sarebbero dovuti osservare anche eventi, ovvero particelle,
a grande angolo di deviazione. Ottenuti, effettivamente, questi risultati, il fisico
neozelandese concluse allora che l'atomo era costituito da un nucleo piccolo, ma
con alta densità di carica, circondato da una nuvola elettronica.
• Questo particolare urto è noto anche come scattering coulombiano o di
Coulomb, poiché l'interazione in gioco nell'urto è la forza di Coulomb.
• La maggior parte della carica atomica - espressa in unità della carica
dell'elettrone (la carica fondamentale) - fino al più ad un numero uguale
alla metà della massa dell'atomo - espressa in unità di massa atomica (si
usava la massa dell'atomo di idrogeno come unità) - è concentrata in un
volume molto piccolo -rispetto al volume dell'intero atomo - al centro
dello stesso. Questa carica è responsabile dello scattering Rutherford.
La massa di atomi pesanti (come ad esempio l'oro) è concentrata nella regione
centrale dove risiede anche la carica, dato che i calcoli non mostrano che sia
spostata o deflessa da particelle alfa ad alta velocità.
Henry Moseley nel 1913 mostrò che la carica nucleare era molto simile al
numero atomico, successivamente Antonius Van den Broek suggerì che il
numero atomico corrisponde alla carica nucleare.
Infine Niels Bohr ( 1913: fisico Danese )
propose il modello atomico che porta il suo nome, nel quale un nucleo che
contiene delle cariche positive è circondato da un ugual numero di elettroni
negli orbitali atomici.
Modello atomico di Bohr-Sommerfeld. Il nucleo al centro ospita protoni carichi positivamente e
neutroni, mentre gli elettroni carichi negativamente ruotano intorno a esso entro determinate
orbitali in dipendenza dal livello di energia (numero quantico principale “n”).
“orbite circolari” à non sono più
“orbite stazionarie” à vuol dire che l’elettrone si muove ma i valori di velocità ed
energia dell’elettrone NON cambiano nel tempo.
Come descriviamo i moti del pianeta intorno al sole ??
Lo stesso modello Bohr lo utilizzò per descrivere l’atomo.
in ogni istante il pianeta ( l’elettrone nell’immagine ) è soggetto all’attrazione
gravitazionale ( Forza di Coulomb nel nostro caso à forza di attrazione o repulsione
rispettivamente tra cariche dello stesso segno e di segno opposto Fc =Kc e2/ r2 ) del
sole ( il nucleo nell’immagine ) e a una forza centrifuga ( Forza centrifuga = mV2/r ) che
si equivalgono e quindi l’orbita è stazionaria ( stabile ).
Cioè à mV2/r = Kc e2/ r2
Dove:
Kc = 1 / 4πε°
ε° = ( costante dielettrica del vuoto ) à 8,85 10
-12
C2 / N m 2 .
Possiamo quindi ricavare il raggio dell’elettrone.
e- = carica dell’elettrone ( ma anche quella del nucleo perché stiamo considerando il
caso più semplice che è l’atomo di idrogeno )
m = massa dell’elettrone
V = velocità dell’elettrone
Però abbiamo due valori variabili e cioè il raggio e la velocità.
Per determinarle entrambe, Bohr aggiunse ( 1913 ) alla relazione una “ipotesi di lavoro”
di tipo quantistico avvalendosi delle considerazioni fatte da Plank 13 anni prima.
Plank à L’ENERGIA E’ QUANTIFICATA E TRASPORTATA DA “QUANTI” cioè i cosiddetti
FOTONI ( Einstein ) la cui energia ( energia di un quanto di energia e cioè di un fotone )
è data dalla relazione
Quest’ultimo aveva infatti ipotizzato che l’energia NON fosse qualcosa di continuo ma
qualcosa che un oggetto o corpo può contenere a gradini successivi. Di fatto è che
questa quantizzazione dell’energia ha una costante di quantizzazione molto piccola à
cost. di Plank à h = 6.63 x 10-34 J s ( nel SI ) e che in quanto tale rende i quanti di
energia nel mondo macroscopico praticamente invisibili.
Ma a livello atomico, l’energia è quantizzata !! 13 anni dopo Bohr sconvolse la fisica. Se
l’elettrone ruota attorno ad un nucleo, io ipotizzo una quantizzazione !!
( m v r = n x h/2 π ) del momento angolare ( n à numero quantico principale )
m x v x r = momento angolare
n = numero quantico principale
h = costante di Plank ( 6.63 x 10-34 J x secondo )
COMBINANDO LA RELAZIONE à
con
Otteniamo:
Il raggio, in virtù della quantizzazione, ha un certo numero di valori che vanno con il
quadrato di “n”.
Questo fu il primo risultato di Bohr à QUANTIZZAZIONE DEL RAGGIO !!!
Il secondo risultato di Bohr è quello di quantizzare anche l’energia.
Ric. che à un corpo ( come un elettrone ) in movimento ha la sua energia cinetica ( ½
m V2 ) ma un elettrone, si muove anche in un campo elettrico generato dall’interazione
con il nucleo ed ha anche quindi una energia potenziale in quanto l’elettrone risente
della attrazione elettrostatica del nucleo ( Ep = - K x e2 / r )
Dove K à
1 / 4πε
n à numero quantico principale
Il risultato è che abbiamo una serie di orbite
ric. che 1 nm = 10-9m
Ric. che à 1Å = 10-10 m à potremmo esprimere il raggio di Bohr ( a0 ) anche in
Angstrom (Å )
L’ELETTRONE ANDRA’ SEMPRE AD OCCUPARE L’ORBITA Più VICINA AL NUCLEO ( cioè
ad energia più bassa ). Finché non si sottoponga a fonte di energia esterna ( radiazione
elettromagnetica ), l’elettrone resterà nella medesima posizione. Qualora si fornisca
sufficiente energia per provocare il “salto quantico” esso avverrà.
Ad esempio: per portare l’elettrone dell’atomo di Bohr ( atomo di idrogeno ) dal
“raggio di Bohr” (a0) con n = 1 a n = 2 ( raggio 4 a0 ) dovremo fornire una energia pari al
delta energetico tra n = 1 e n = 2 che è pari a + 10.2 eV à vedi figura dopo ).
Come si misura questa differenza di energia? Si misura attraverso la frequenza (ν)
della radiazione elettromagnetica che viene assorbita dall’atomo ( + ) quando l’atomo
si eccita e viceversa quando viene ceduta ( - ) quando esso torna allo stato
fondamentale.
Stessa quantità di energia cambiata di segno sarà quella ceduta dall’elettrone quando
ritorna allo stato fondamentale dallo stato eccitato.
L’energia ha questo valore con il segno meno davanti à perché ? à se noi prendiamo
come 0 dell’energia un elettrone fermo a distanza infinita ( 2 – 3 cm dal nucleo ) dal
nucleo, a quell’elettrone assegniamo energia = 0 . Man mano che si avvicina al nucleo, la
sua energia diminuisce perché viene attratto dal nucleo avvicinandosi ad esso ( stessa
cosa quando cade un oggetto la cui energia potenziale cadendo diminuisce ) e sarà
quindi < 0.
Man mano che diminuisce “n” diminuisce il contenuto energetico, ma notiamo come le
righe scendendo si discostano tra loro sempre di più à perché ? à perché l’energia è
proporzionale a “n2”. In linea generale: come le orbite vanno con il quadrato di “n”, le
energie vanno con l’inverso del quadrato di “n”.
IL MODELLO DI BOHR NON SI USA PIU’ !!!! PERCHEEEEEEE’ ??????? Perché l’elettrone
NON SI MUOVE IN ORBITE CIRCOLARI e quindi tutte le relazioni matematiche fin qui
discusse NON sono valide.
Ha comunque fornito strumenti utili ( ad esempio il concetto di livello energetico ) per
le teorie successive.
L’atomo di Bohr
5.
LIMITE DELL’ATOMO DI Bohr à Il modello di Bohr si
poteva applicare solo all’atomo di idrogeno. Non riusciva a
spiegare lo spettro degli altri elementi.
Il dualismo onda-corpuscolo della materia: abbiamo già visto come l’effetto
fotoelettrico deponga fortemente per la visione della radiazione elettromagnetica come
costituita da fotoni, il cui comportamento è quello di particelle. Tuttavia, vi sono
numerosissime prove che la radiazione elettromagnetica si comporti come un’onda.
Tra queste, la più rilevante è rappresentata dal fenomeno della diffrazione ( fenomeno
associato alla deviazione della traiettoria di propagazione delle onde quando queste
incontrano un ostacolo sul loro cammino ).
In seguito a tale processo, le onde di propagazione possono incontrarsi dando luogo a due
tipologie di interferenza nei quali:
1. se i picchi coincidono ( onde in concordanza di “fase” o più semplicemente “in fase” ),
l’ampiezza ( altezza ) dell’onda ne viene accresciuta e tale incremento è detto
interferenza costruttiva
2. se i picchi di un’onda coincidono con i ventri dell’altra ( onde in discordanza di fase o più
semplicemente “fuori fase” ), l’ampiezza ne viene diminuita dall’interferenza distruttiva.
Facile intuire che gli scienziati fossero, in questo periodo, disorientati! I risultati di alcuni
esperimenti ( effetto fotoelettrico ) li costringevano ad ammettere che la radiazione elettromagnetica
avesse natura corpuscolare; quelli di altri li costringevano altrettanto imperativamente ad ammettere
che la radiazione elettromagnetica avesse natura ondulatoria. Tutto ciò ci obbliga ad accettare
quello che definiamo il dualismo onda-corpuscolo della radiazione elettromagnetica, che vede
sfumare le une nelle altre “onde e particelle”.
In ambito “ondulatorio”, l’intensità della radiazione è proporzionale al quadrato dell’ampiezza
dell’onda; nel modello “corpuscolare” è proporzionale al numero di fotoni presenti istante per
istante.
Posto che la radiazione elettromagnetica, ritenuta per lungo tempo di natura ondulatoria, ha
carattere duale, si può pensare che la materia, considerata fin dai tempi di Dalton costituita da
particelle, possieda anch’essa proprietà ondulatorie?
Nel 1923 Arthur Holly Compton fece un esperimento inviando un fascio monocromatico di
raggi X su un blocco di grafite e misurò la direzione e l'intensità dei raggi X uscenti.
L'esperimento evidenziò che la radiazione uscente veniva deviata in tutte le direzioni e che la
frequenza dell'energia in uscita era molto più piccola di quella del fascio in entrata. La logica
spiegazione di tali riscontri era che i singoli fotoni urtassero contro gli elettroni della materia
e, colpendoli, fossero deviati e perdessero essi stessi energia; in pratica si comportavano come
palle da biliardo che ne colpivano altre.
La teoria ondulatoria avrebbe previsto che la radiazione elettromagnetica, interagendo con gli
atomi di grafite, avrebbe dovuto mantenere la stessa frequenza della radiazione incidente e
inoltre che la deviazione dei raggi X derivata dal passaggio nella grafite sarebbe dovuto essere
molto minore.
La scoperta dell' EFFETTO COMPTON: fenomeno in cui un fotone urta un elettrone
deviando la sua traiettoria e anche il fotone cambia la sua direzione ( palle da biliardo ).
L’esperimento permise di calcolare la quantità di moto del fotone. Inoltre, se una
particella ( fotone ) urta qualcosa, essa smette di comportarsi da particella ma si
comporta da ONDA ( dualismo onda-particella che dice lui essere tutt’ora un concetto
un po’ astratto ), convinse in maniera pressoché definitiva la comunità scientifica che la
radiazione elettromagnetica possedeva anche una natura corpuscolare. Compton ottenne il
Nobel per la Fisica nel 1927 grazie a questa scoperta.
Ricapitolando...
Considerare l'energia come composta da quantità discrete (corpuscoli) e non da onde era
l'unico modo per interpretare correttamente i dati sperimentali derivanti dallo studio
dell'effetto fotoelettrico e dell'effetto Compton. Veniva così resa evidente la natura
corpuscolare della luce e si apriva la strada ai paradossi della Meccanica Quantistica, quale ad
esempio la doppia natura ondulatoria e corpuscolare dei quanti.
Nel 1925 Louis De Broglie sostenne che le particelle (quindi anche protoni, neutroni ed elettroni )
si dovessero tutte considerare in possesso di proprietà ondulatorie, e giunse a suggerire che la
lunghezza d’onda associata all’onda di “materia” fosse inversamente proporzionale alla massa
della particella (m) e alla sua velocità (v):
Dalla relazione descritta, risulta evidente che se l’elettrone si muove piano, la
lunghezza d’onda è > e viceversa.
Il prodotto della massa per la velocità prende il nome di momento lineare ( p ) della
particella, per cui l’espressione può essere riformulata come relazione di De Broglie:
λ =h/p
Il carattere ondulatorio degli elettroni fu messo in evidenza dimostrando che essi
possono essere diffratti ( esperimento di C. Davisson e L. Germer nel 1925 ).
L’esperimento consistette nell’inviare un fascio di elettroni veloci contro un cristallo isolato di
Nichel. La disposizione regolare degli atomi dentro il cristallo, con i centri distanti circa
250pm, agisce come un reticolo capace di diffrangere le onde, e si osservò effettivamente una
immagine di diffrazione.
Oggi la diffrazione di elettroni costituisce una tecnica importante per la determinazione della
struttura molecolare e per lo studio della struttura delle superfici solide.
Riepiloghiamo: gli elettroni ( e la materia in generale ) possiedono sia proprietà
ondulatorie che corpuscolari.
Il principio di interminazione: il dualismo onda-corpuscolo precedentemente
discusso spazzava via le fondamenta della fisica classica secondo cui ( meccanica ) ogni
particella segue una traiettoria definita ossia un tragitto lungo il quale la posizione e il
momento lineare risultano istante per istante specificati.
Non si può infatti specificare l’esatta localizzazione di una particella che si comporta come
un’onda ( si pensi alla corda di una chitarra che vibra; l’onda si distribuisce su tutta la corda,
senza mai localizzarsi in un punto preciso ). Una corda appesa tra due estremi può
risuonare secondo una serie di frequenze caratteristiche ( armoniche successive ) la
cui lunghezza d’onda è facilmente calcolabile mentre
nel caso dell’elettrone è difficile calcolare in quanto nel caso della corda si discute del
moto in una dimensione mentre nel caso della “particella” che ha massa ovviamente nel
moto in tre dimensione.
Pertanto, il dualismo implica che l’elettrone dell’atomo di idrogeno non può essere descritto
come una particella orbitante attorno al nucleo secondo una traiettoria definita. L’immagine
popolare di un elettrone che descrive orbite regolari attorno al nucleo è spazzata via.
Nel 1927 fu Heisenberg a dare una spallata al modello planetario di Bohr-Sommerfield
con il “principio di indeterminazione”.
Heisenberg dimostrò che c’è un limite inferiore al prodotto tra l’incertezza di posizione
( delta X ) e della quantità di moto e deve aver un certo valore che NON può essere più
piccolo di h/4pgrego.
Il modello di Bohr diceva invece che in ogni momento ( Fc = FCoulomb ) era possibile farlo
( orbita circolare ) ma nel caso dell’atomo in genere il modello di traiettoria circolare
NON e’ assolutamente applicabile.
Quindi..
(Viennese, 1933 ) Riuscì a elaborare la teoria matematica del movimento armonico
dell’elettrone attorno al nucleo. Avendo le particelle proprietà ondulatorie, non si può
pretendere che si comporti come oggetti puntiformi in moto lungo precise traiettorie.
Schrodinger sostituì al concetto di traiettoria precisa della particella quello di funzione
d’onda ( ϕ ), una funzione matematica il cui valore varia con la posizione.
Fu il fisico tedesco Max Born a suggerire il modo di interpretare fisicamente il senso della
funzione d’onda. Secondo l’interpretazione di Born della funzione d’onda, la probabilità di
rinvenire in una data regione è proporzionale al valore di ϕ 2. Per essere precisi ϕ 2 individua
una densità di probabilità, cioè la probabilità di trovare la particella entro una piccola
regione diviso il volume di tale regione. Per calcolare quindi la probabilità che la
particella si trovi in una piccola regione dello spazio, moltiplicheremo ϕ 2 per il volume
di tale regione.
Ad esempio, se in un punto ϕ 2 = 0.1 pm-3, allora la probabilità di rinvenire la particella in una
regione di volume 2pm3 sarebbe 0.1 pm-3 x 2pm3 = 0.2 ossia una possibilità su 5!!!
Secondo l’interpretazione di Born, ovunque ϕ 2 sia numericamente grande, la particella
presenta elevata “densità di probabilità” ( e viceversa ).
Poiché il quadrato di qualsiasi numero è sempre positivo, non ci preoccupa sapere se ϕ sia di
per sé negativa in qualche regione dello spazio. Pertanto la ϕ 2 non sarà mai negativa. Inoltre,
ovunque ϕ si annulli, e perciò sia 0 anche ϕ 2, per la particella sussiste densità di probabilità =
0. Il sito in cui ϕ “passa” per lo zero ( e NON semplicemente tocca lo zero ) si definisce nodo
della funzione d’onda ed in ciascuno di questi punti, la particella ha densità di probabilità
nulla.
L’equazione di Schrodinger consente il calcolo della funzione d’onda e della corrispondente
energia “E”. E’ una equazione differenziale. Risolvendola troviamo varie funzioni d’onda
(psi) che rappresentano le varie armoniche, cioè i vari stati possibili in cui l’elettrone
può muoversi in maniera ondulatoria intorno ad un atomo. Ce ne sono diverse di tali
funzioni d’onda e ci sono pertanto tanti livelli energetici (n à numero quantico
principale ). Risolvendo dettagliatamente l’equazione si trova che per specificare
ciascuna funzione d’onda sono necessari 3 numeri quantici ( essendo l’atomo
tridimensionale ) che si designano con “n”, “l” e “ml”.
Ogni funzione d’onda per l’elettrone rappresenta un ben determinato livello energetico
à come d’altronde il modello planetario di Bohr aveva previsto.
Schrodinger à “funzionicchia” à tutto nasce dalla “particella nella scatola” ( può
essere una mosca, un fotone, un elettrone ecc. ) à il limite è che il calcolo però è fatto
in una scatola monodimensionale di lunghezza “l” e che ha Potenziale infinito à vuol
dire che la pareti sono molto alte e la particella ( elettrone ) NON può uscire dalla
scatola, in cui è inserito l’elettrone. La probabilità di trovare l’elettrone lì dentro è
espressa da una curva Gaussiana ( mostrata in figura ) e, come mostra la figura, c’è
anche una certa ( piccolissima ) possibilità di trovarla fuori dalla scatola, piccola ma c’è
( porzioni di curva al di fuori dei limiti destro e sinistro della scatola che sono
certamente abbondantemente inferiori rispetto alla porzione di curva presente
all’interno dei limiti (l) ). Le pareti quantistiche ( della scatola—orbitale ) sono quindi
“semipermeabili”.
Tale scatola è una semplice rappresentazione di una cosa più complicata che può
essere una sfera cioè il primo orbitale che vediamo nell’atomo di idrogeno ( una scatola
sferica ). L’energia “E” della particella contenuta nella scatola, dipende da:
1.
2.
3.
4.
lunghezza della scatola
dalla massa dell’elettrone
dalla costante di Plank
da un numero “n” à numero quantico principale
Quando Schrodinger fa il primo calcolo lo fa sull’orbitale 1s, ( cioè il luogo in cui ci sia la
probabilità di incontrare l’elettrone à abbiamo visto che può stare anche fuori
dall’orbitale ) e dopo di ciò prende l’elettrone e lo porta su n = 2 dove incontra un altro
orbitale “s” a energia differente.. non basta perché successivamente porta l’elettrone
dal 2s al 2px poi 2py e poi 2pz.
Ricorda che:
1) più piccolo è l’orbitale > è ovviamente la densità di carica.
2) il segno (+) e (-) che si descrivono per gli orbitali “p” descrivono la asimmetria
dell’orbitale “p” cioè l’orbitale “p” NON e’ SIMMETRICO. Infatti si è notato che l’elettrone
nei due lobi percorre due traiettorie diverse JJJ WOW!!!! NON SI PUO’ pertanto
descrivere un piano di simmetria tra i due lobi!!!
Inoltre, tra gli orbitali Px Py e Pz NON esistono punti di sovrapposizione e pertanto gli
elettroni NON potranno mai subire dei passaggi tra questi orbitali spontaneamente.
Come passa l’elettrone dal lobo + al - ? il centro tra i due lobi è il nucleo e quindi
l’elettrone dovrebbe passare attraverso il nucleo à NON è possibile perché è come se
una strada si restringesse al punto che non si può più passare oppure è come stringere
la pareti della scatola mostruosamente aumentando mostruosamente la frequenza
dell’onda aumenta l’energia e aumentando l’energia aumenta la velocità fino a
superare la velocità della luce. Ma l’elettrone NON può superare la velocità della luce
perché sfonderebbe il nucleo e noi non esisteremmo ( si apre un buco nello spaziotempo à si apre l’universo J).
Allora, come si fa? Nei libri moderni staccano i due lobi ( AHAHAHAH ).
Ora si che sarebbe totalmente impossibile che l’elettrone possa passare da un lobo ad
un altro.
LA RISPOSTA DEFINITIVA E’ à AD OGGI NON SI SA à WOWWWW !!! è pertanto ovvio
che oggi la chimica “quantizzi” con delle approssimazioni e tali approssimazioni sono le
medesime che Schrodinger fa nella sua equazione.
Però dobbiamo necessariamente aggiungere qualcos’altro che completi le nostri
riflessioni…dobbiamo infatti parlare del “TOROIDE” ( immaginiamo la ciambella per
andare a mare, questo è un toroide à ciambella col buco al centro ).
Il concetto di “TOROIDE” si sviluppa sul piano spazio/tempo ( contrariamente ai calcoli
di Schrodinger che si sviluppano solo sul piano ) ed è così ( vd. immagine ) che
l’elettrone passa dal lobo superiore a quello inferiore ad esempio di un orbitale “p”.
Oggi però ciò che non sappiamo completamente è ciò che accade durante il tragitto da
un lobo ad un altro!!! Così abbiamo compreso come sono fatti gli orbitali..ma anche
come NON sono fatti.
3) lo “spin” dice il prof. Malanga (docente di chimica organica presso il dipartimento di
Chimica industriale dell’università di Pisa ), cioè il senso di rotazione dell’elettrone
intorno al proprio asse, è sempre LO STESSO L è il punto di vista dell’osservatore ( ad
esempio osservare un oggetto che ruota à es. con il pennarello àprima frontalmente
e contestualmente inferiormente. Chi osserva frontalmente vedrà l’oggetto girare ad es.
in senso orario ma chi lo sta osservando posteriormente lo vedrà contestualmente
girare in senso antiorario) che fa la differenza.
4) Gli elettroni ( fermioni -- In fisica i fermioni, così chiamati in onore di Enrico Fermi,
sono le particelle che seguono la statistica di Fermi-Dirac e sono dotate di conseguenza,
secondo il teorema spin-statistica, di spin semintero (1/2, 3/2, 5/2... Lo sono anche i quark)
quando si mettono insieme devono essere IN FASE ( interferenze costruttive delle
onde ) ed è questo il motivo perché un orbitale ne può contenere al massimo 2.-------particelle con spin però intero à BOSONE à e nei puoi mettere, nello stesso livello
energetico, insieme infiniti perché hanno tutti stesso contenuto energetico.
FINE LEZIONE 2
Scarica