CERVICALE
STOP!
Marcello Chiapponi
CERVICALE
STOP!
Risolvi il tuo disturbo
in maniera completa e personalizzata
Testi, fotografie e disegni: Marcello Chiapponi
Altre fotografie: © Media for Medical SARL / Alamy Stock Photo / IPA p.13;
© shutterstock: p. 16, 19, 23, 105, 116.
L’autore ringrazia:
Filippo, che è stato il primo “motore” di questa pubblicazione.
Francesco, insostituibile aiuto fotografo.
Marcello, senza il quale L’AltraRiabilitazione.it sarebbe probabilmente imploso
su se stesso anni fa.
Tutte le persone che mi danno una mano con L’Altra Riabilitazione, in studio e sul sito.
Tutta la mia famiglia, che non smette mai di dimostrare apprezzamento per il mio lavoro.
Tra loro, non posso non citare mia nonna Anna, che è stata un’autrice di libri quando ancora
i manoscritti si scrivevano davvero a mano. Probabilmente devo a lei la passione per la
scrittura.
Avvertenza
Il contenuto di questo libro ha valore informativo. La scelta e la prescrizione di una terapia
come di un piano dietetico spettano al medico curante, che solo può valutare eventuali
rischi collaterali (quali intossicazioni, intolleranze e allergie). Notizie, preparazioni, ricette,
suggerimenti contenuti in questo volume hanno carattere informativo e non terapeutico.
L’Editore declina ogni responsabilità per qualsiasi uso improprio del testo.
www.giunti.it
© 2020 Giunti Editore S.p.A.
Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia
Via G.B. Pirelli 30 - 20124 Milano - Italia
ISBN: 9788844058760
Prima edizione digitale: ottobre 2020
4
Sommario
Introduzione
7
Caratteristiche
e sintomatologia
del dolore cervicale 11
Cos’è DAVVERO
un disturbo cervicale
e da cosa è provocato
Impariamo a conoscere
il tratto cervicale
I complessi rapporti fra dolore
cervicale e sistema nervoso
Come individuare le cause reali
alla base del disturbo cervicale
Le cause meccaniche
Le cause metaboliche
Le cause nervose
I sintomi
del disturbo cervicale
Sintomi diretti e indiretti
Gli esami radiologici.
Quando servono
e come interpretarli
Cosa si vede negli esami
radiologici
Quand’è che gli esami sono
davvero utili?
12
12
14
15
17
17
18
20
20
Il protocollo
“Cervicale STOP!”
Inizia il percorso:
istruzioni per l’uso
La presenza del “baco del 90%”
Tempistiche e risultati
Come funziona il protocollo
e come personalizzarlo
La procedura
di autovalutazione
Il test delle cause
Il test di valutazione posturale
e movimento
L’organizzazione del piano
di lavoro individuale
Gli esercizi più efficaci
per il disturbo cervicale
ESERCIZI DI POSTURA
25
27
30
30
32
33
34
37
44
52
53
55
56
Esercizio 1: mobilità delle spalle
Esercizio 2: allungamento
della catena posteriore
57
Esercizio 3: allungamento dello psoas 58
Esercizio 4: allungamento
del pettorale
59
ESERCIZI DI EQUILIBRIO
24
29
61
Esercizio 1: mobilizzazioni
ad occhi chiusi
62
Esercizio 2: sguardo che segue
64
Esercizio 3: fissazione dello sguardo 65
ESERCIZI DI RESPIRAZIONE
66
5
Sommario
Esercizio 1: respirazione
diaframmatica
Esercizio 2: respirazione toracica
Esercizio 3: respirazione
diaframmatica “a fine corsa”
Esercizio 4: side bend
Esercizio 5: respirazione
diaframmatica e allungamento
dorsali
67
68
69
70
71
ESERCIZI
DI MOBILITÀ CERVICALE
72
Esercizio 1: mobilizzazione
73
Esercizio 2: stretching del trapezio 76
Esercizio 3: decompressione
occipitale
78
ESERCIZI DI FORZA
Esercizio 1: isometrica anteriore
Esercizio 2: isometrica posteriore
Esercizio 3: candeliere
79
80
81
82
83
Esercizio 1: wall squat braccia alzate 84
85
Esercizio 2: affondo “aperto”
Esercizio 3: sumo squat
86
Esercizio 4: mobilizzazione
a gamba dritta
87
ESERCIZI FASE ACUTA
ESERCIZI “BONUS”:
ARTICOLAZIONE
TEMPORO-MANDIBOLARE
88
Esercizio 1: scivolamento
laterale controllato
Esercizio 2: “contatto canino”
89
89
Come sentirsi meglio
lavorando sul metabolismo 90
Il nervo vago: un “ponte” fra
metabolismo e disturbo cervicale 90
Metabolismo e disturbo
cervicale: altri collegamenti
92
Schemi alimentari
93
L’impatto muscolare
dello stress emotivo:
come valutarlo e ridurlo
103
Come capire quanto il disturbo
cervicale sia legato a stati di ansia 103
I complessi rapporti fra tratto
cervicale e stress, acuto e cronico 106
Le tecniche per ridurre l’impatto
dello stress sul sistema nervoso 107
L’attività fisica per ridurre lo stress 108
L’importanza dell’attività mentale:
alcune semplici tecniche
109
Conclusione
111
Raccomandazioni
conclusive e miti
da sfatare
113
Qualche suggerimento
per utilizzare al meglio
il protocollo
114
Attività fisica: cosa fare
in caso di disturbi cervicali 118
Piccoli accorgimenti
(non risolutivi) e leggende
metropolitane
121
Ergonomia in ufficio
122
Cuscino e materasso
122
Posizione nel sonno
123
Freddo, “colpi d’aria”, condizionatore 123
Movimenti o attività da evitare
124
Uscire con i capelli bagnati
124
Farmaci, cerotti e impacchi
125
Integratori
125
Osteopatia, chiropratica,
fisioterapia, agopuntura
125
Conclusione
127
7
Introduzione
A tutti capita di svegliarsi di notte, e a molti dei miei pazienti capita regolarmente ciò che è successo a me quella notte.
Il problema è solo che io... non ero pronto!
Di solito io sono quello seduto su una poltrona da ufficio, quello che storie come queste le ascolta,
non che le deve raccontare.
O almeno così è stato negli ultimi 15 anni, dato che nella vita ho scelto di fare il fisioterapista. E
invece quella volta è toccato a me.
Durante la notte ho aperto gli occhi, ho fatto per alzarmi per andare in bagno e mi sono sentito
barcollante, come se avessi bevuto troppo, ma non era così: altrimenti avrei avuto un motivo
valido per giustificare quella sgradevolissima sensazione.
Muovendomi verso il bagno, mi sono accorto che davvero dovevo metterci un certo impegno per
capire dove mettevo i piedi: era come se fossi appena sceso da un ottovolante.
Davvero una sensazione estremamente sgradevole: lì per lì non ci ho fatto caso, e sono tornato
a letto.
La mattina, al risveglio, ho sperato che si trattasse di un brutto sogno; e invece mi sono sentito
esattamente come quando mi ero alzato per andare in bagno.
Per fortuna non sono una persona ipocondriaca, inoltre questo tipo di sintomo lo conosco bene.
Non ne avevo (sempre fortunatamente) mai avuto esperienza diretta prima di quel momento, ma
è il tipo di sintomo che mi viene raccontato spessissimo dalle persone che tratto e che soffrono
di disturbi cervicali.
Di conseguenza, la prima cosa che ho pensato è stata: “Ma dai, sono anni che ho a che fare con
persone che soffrono di questo disturbo. Vuoi vedere che adesso tocca a me?”.
Certo, ragionando razionalmente era un po’ strano: non ho mai avuto particolari avvisaglie a livello
del tratto cervicale, che non fossero il saltuario “torcicollo” che può capitare a tutti.
Come mai tutto d’un tratto mi sono ritrovato a vivere su una barca in mezzo a un mare abbastanza
agitato? Doveva essere successo qualcosa il giorno prima.
E in effetti, quando il cervello ha completato il suo processo di avvio mattutino, ho realizzato
cos’era accaduto.
8
Introduzione
Sono un grande appassionato di allenamento in palestra, e in particolare di corpo libero: in quel
periodo stavo cercando di apprendere come arrivare a fare una perfetta verticale.
Per imparare a tenere bene l’allineamento, mi allenavo in “verticale sulla testa”, una posizione
nella quale si appoggia la testa a terra e si va in verticale, tenendosi appoggiati anche ai gomiti.
Più tardi ho imparato che nello Yoga questa posizione si chiama Shirshasana.
Il giorno prima del “fattaccio” avevo fatto una sessione di allenamento molto lunga, e il tempo
trascorso con tutto il peso del corpo sulla testa era decisamente superiore a quanto fossi abituato a fare.
Cosa aveva generato questo sovraccarico?
Abbastanza ovvio: un’infiammazione delle strutture cervicali, ovvero vertebre e muscoli.
A questo punto avevo una valida spiegazione di ciò che mi stava accadendo: avevo semplicemente sforzato eccessivamente il collo, e ora mi trovavo in una situazione analoga a quella dei miei
pazienti.
“Ok, grandioso!”, mi sono detto, “Usiamo questa occasione per vedere come si sta quando si ha
il problema in prima persona!”.
Non ho un bel ricordo di quel periodo: la cosa era ovviamente destinata a essere temporanea,
ma era davvero fastidiosa.
Avevo perfino problemi a scrivere al computer: non saprei spiegare esattamente cosa avvertivo,
ma sentivo di non essere al mio meglio.
La vista era più offuscata e la coordinazione nello scrivere leggermente rallentata: insomma, non
vedevo l’ora che finisse.
Una sera di quel periodo ero in giro in centro città per una manifestazione, una situazione molto
affollata. Ero così in difficoltà che sono quasi arrivato al punto di sedermi un attimo per cercare
di riprendermi.
All’esterno nessuno poteva percepire nulla, e tutto sommato anch’io sapevo di non avere nulla di
grave o particolarmente limitante, però ero veramente disturbato.
Se non altro anche io stavo avendo un assaggio di quello che può essere un vero e proprio disturbo
cervicale: da quel momento in poi avrei potuto vedere il problema da un punto di vista del tutto
nuovo e molto più “vero”.
Dopo qualche settimana, il mio piccolo incubo finì. Cosa avevo fatto per risolvere la situazione?
Quello che era più logico fare alla luce delle mie competenze, ovvero… assolutamente nulla.
Come tutti i traumi, le strutture rimangono irritate per un certo numero di giorni o settimane,
ma più ci si allontana dal trauma più l’infiammazione cala, ovviamente.
Come sarebbe potuta proseguire la storia, se non fossi già stato esperto della situazione?
Probabilmente avrei fatto la cosa più intuitiva di tutte, che oggi come oggi non è quella di andare
dal medico, ma di cercare i sintomi su Google.
Probabilmente avrei scoperto di avere ancora pochi giorni di vita, oppure sarei entrato nel grande
mondo del disturbo cervicale.
Dietro la parola “cervicale” si nasconde un mondo assolutamente sconfinato, fatto di sintomi
strani e spesso molto difficili da spiegare – e quindi da interpretare.
Introduzione
Ripeto spesso che il disturbo cervicale è quello più complesso di tutta la medicina muscolo-scheletrica. Non tanto perché le vertebre o i muscoli cervicali siano particolari, quanto per i mille
collegamenti che ci sono tra le strutture cervicali e gli altri organi e apparati, senza contare il
fortissimo impatto della sfera emotiva.
Il disturbo cervicale è, quindi, un nemico ostico: sicuramente non è causato semplicemente da
una postura sbagliata o dall’umidità.
Si tratta di un problema che per migliorare davvero richiede il tuo aiuto in prima persona.
A tutti piacerebbe poter rimettere a posto il proprio collo portandolo dal meccanico, come
un’auto: lui lo ripara, io pago, e siamo a posto così.
Purtroppo, per questo genere di problemi, le cose non funzionano assolutamente così.
Il disturbo cervicale, come tutti i disturbi muscolo-scheletrici, è causato da un insieme di fattori,
come ad esempio:
• struttura ossea e muscolare;
• tipo e durata del lavoro svolto;
• tensione accumulata durante la giornata;
• stile di vita in generale.
Nessuna di queste cose può essere aggiustata da un meccanico: se vuoi che la situazione cambi,
devi sapere in che direzione muoverti.
Con le giuste informazioni e con un minimo di applicazione si possono ottenere grandi risultati.
La cosa buona è che per prenderti cura del tuo disturbo cervicale noterai una serie di piacevoli
“effetti collaterali”.
Infatti, per migliorare lo stato di muscoli e vertebre del collo ti spiegherò come migliorare la
postura, come fare movimento, come accumulare meno tensione nervosa. E tutte queste cose
avranno sicuramente un effetto anche sul tuo stato di benessere generale. Puoi scommetterci.
La battaglia contro il disturbo cervicale la si vince combattendo su più fronti, e spesso si tratta di
un’ottima occasione per migliorare il proprio stato di salute complessivo.
Ma non si può vincere una battaglia senza conoscere il nemico. Nel corso del libro ti spiegherò
solo quello che ti serve sapere per comprendere meglio il problema.
Visto che la tua collaborazione è assolutamente necessaria, è giusto che tu sappia di cosa stiamo
parlando: in questo modo, i consigli che troverai ti sembreranno molto più sensati.
Bene, possiamo iniziare il nostro viaggio, e lo facciamo proprio cercando di conoscere una volta
per tutte il disturbo cervicale.
9
Caratteristiche
e sintomatologia
del dolore
cervicale
12
Cos’è DAVVERO
un disturbo cervicale
e da cosa è provocato
Il disturbo cervicale è quasi sempre sintomo di un disequilibrio a livello di una o più
strutture del tratto cervicale e per questo può assumere caratteristiche assai diverse.
I fattori che concorrono al disturbo sono di tre tipi: meccanici, metabolici e nervosi.
Vuoi un ottimo modo per NON riuscire a migliorare di una virgola i tuoi disturbi?
Ottimo, ti basta saltare questo capitolo: non
conoscere bene il tuo nemico – o il tuo problema, come in questo caso – è infatti il modo
più efficace che esista per far restare la situazione esattamente com’è.
Ma siccome suppongo che il tuo intento sia
quello di cercare di migliorare, ti consiglio di
andare avanti nella lettura, e di farlo anche
se hai già letto diverse cose sul disturbo cervicale.
Un po’ come quando in aereo ti consigliano
di ascoltare gli annunci di sicurezza anche se
viaggi spesso.
Iniziamo quindi dalla cosa più scontata, quella
che ormai sanno tutti, ma che di certo non
posso esimermi dallo scrivere, e cioè che dire
“Ho la cervicale” non significa nulla, ed equivale a dire “Ho il collo”. In medicina non esiste
una patologia chiamata “la cervicale”, esistono dei problemi a livello del tratto cervicale.
Quando si parla di cervicale, sarebbe quindi
corretto dire di avere un problema o un disturbo cervicale.
Una curiosità: il termine “cervicale” esiste in
tutte le lingue, ma nessuno la intende come
noi. Soltanto in Italia gli assegniamo questo
tipo di significato, ovvero di “patologia”.
Detto questo, cosa ci interessa sapere a riguardo della nostra cervicale? Vediamolo
subito.
Impariamo a conoscere
il tratto cervicale
Il collo, quindi la cervicale, è composto da una
miriade di strutture, ma quelle che interessano a noi sono:
• il cranio (la parte bassa la consideriamo parte del tratto cervicale);
• le 7 vertebre cervicali;
• gli infiniti muscoli che le muovono;
• i grandi nervi, ovvero i fili elettrici che dalle
vertebre vanno verso le braccia;
• i piccoli nervi che portano la “corrente” a
tutte le strutture cervicali.
Quando si manifesta un disturbo cervicale,
significa che a livello di una o più di queste
strutture sussiste qualche tipo di disequilibrio.
Ad esempio:
• le vertebre, o meglio i dischi che stanno tra
una vertebra e l’altra, possono essere un po’
usurati e compressi;
• i muscoli possono essere eccessivamente
contratti;
• uno dei grandi nervi, o più di uno, può essere irritato;
Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato
Atlante (C1)
disco intervertebrale
nervi cervicali
Epistrofeo (C2)
vertebra cervicale C3
vertebra cervicale C4
vertebra cervicale C5
vertebra cervicale C6
vertebra
cervicale C7
• l’intera zona può essere “infiammata”, e la
causa di tale infiammazione sono i piccoli
nervi.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, tutti i
problemi qui esposti, che siano grandi o piccoli, sono presenti contemporaneamente a
ogni livello, anche se spesso esiste un fattore
prevalente.
Ad esempio, un giovane può avere delle vertebre ancora poco usurate, ma avere molte
contratture muscolari a causa della tensione
nervosa.
Un novantenne, invece, può avere sì i muscoli
contratti, ma in questo caso si tratta di una
conseguenza del grande processo di usura cui
vanno incontro le vertebre.
Quello che ci interessa sapere di anatomia e
fisiologia è tutto qua.
A questo punto potresti pensare cose del tipo: “Effettivamente sento i muscoli sempre
contratti, è quello il mio problema”; oppure:
“Ho fatto una lastra (o una risonanza) e mi
hanno riscontrato un problema alle vertebre,
quindi i disturbi arrivano da lì”.
Purtroppo non è esattamente così semplice.
Infatti, non è assolutamente detto che una
compressione o usura delle vertebre o dei
dischi sia causa di problemi – lo vedremo nel
prossimo capitolo.
E anche parlando di muscoli, ci sono persone
con la muscolatura talmente tesa da avere
movimenti di rotazione molto limitati: eppure,
nonostante questo, non mostrano alcun tipo
di sintomo.
13
14
Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale
I complessi rapporti
fra dolore cervicale
e sistema nervoso
L’informazione più importante di tutte, o
almeno la più importante di questo capitolo, è la seguente: i sintomi non si sviluppano
quando le vertebre sono troppo compresse o
i muscoli troppo contratti, ma soltanto quando il cervello si è stancato di sopportare la
situazione!
Quando il sistema nervoso è stufo, fa partire
uno stato infiammatorio che costringe l’individuo a fermarsi e a rivedere i propri piani.
Questo è davvero molto importante: il problema non è tanto la struttura in sé e per sé
– almeno nella maggior parte dei casi – ma
il cervello che si stufa di sopportare le varie
“magagne”.
Perché dico questo?
Lo vedremo meglio nel prossimo capitolo, ma
in ogni caso basta guardare le statistiche: se
prendiamo 100 persone che non presentano
alcun tipo di sintomo e le analizziamo, la possibilità di trovare significative compressioni vertebrali e/o contratture muscolari sfiora il 90%.
Ci sono quindi moltissime persone con vertebre compresse e muscoli contratti, che però
non avvertono alcun sintomo. E ciò accade
per un semplice motivo: il loro cervello non si
è “stufato” di sopportare la situazione. Sono
in perfetto equilibrio e di conseguenza non
hanno disturbi.
In base a cosa il cervello stabilisce che tutto
va bene, o se è il caso di “incendiare” il tratto
cervicale?
I fattori sono davvero tantissimi, molti non li
conosciamo neppure. Fortunatamente però,
sappiamo che possiamo aumentare drasticamente le possibilità di riportare un buon
equilibrio, e più avanti vedremo come.
Alcuni esempi ti possono aiutare a capire
meglio:
• una persona in un ottimo stato di forma
complessivo sviluppa meno infiammazioni
rispetto a una in un pessimo stato di forma;
• chi conduce le proprie attività quotidiane
come una “missione” alla quale è totalmente dedicato, ha capacità antinfiammatorie e
immunitarie superiori alla media – e questo
spiegherebbe perché gli imprenditori si ammalano meno rispetto ai dipendenti;
• al contrario, chi soffre di depressione o
ansia tende a subire infiammazioni molto
facilmente;
• chi cura molto l’alimentazione vede spesso
migliorare disturbi anche non legati al cibo;
• chi fa uso regolare di sigarette e alcolici ha
più possibilità di sviluppare dolore cronico.
Dunque, a parità di “acciacchi muscolo-scheletrici” abbiamo persone che stanno benissimo, e altre che stanno malissimo.
Ed ecco perché il nostro obiettivo non è
soltanto migliorare lo stato delle strutture cervicali, ma creare un miglior equilibrio
complessivo.
Creare un miglior equilibrio psicofisico è importante soprattutto per quanto riguarda i
disturbi cervicali, mentre in genere è meno
importante per gli altri problemi muscoloscheletrici.
Ho visto tante persone migliorare i propri
disturbi cervicali cambiando alimentazione,
mentre non ne ho mai viste che abbiano risolto un dolore alla caviglia mettendosi a dieta.
Il nostro viaggio sarà quindi composto da tanti piccoli percorsi, lungo i quali cercheremo
di ottenere:
• muscoli cervicali meno contratti e più efficienti;
• una migliore postura;
• un miglior stato di forma complessivo;
• meno tensione nervosa e stress.
Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato
Certo, ti occorre sapere di quali strutture
stiamo parlando (vertebre, muscoli, nervi),
ma soprattutto devi avere ben chiaro che il
problema non sono tanto le compressioni o
le contratture in sé, perché quelle le hanno
più o meno tutti.
Il vero problema è lo stato di irritazione e
infiammazione che si genera, ma a decidere
quando questo aumenta o diminuisce è soltanto il cervello, che in base a una complessa
serie di calcoli decide se è “stufo” o meno.
La maggior parte del nostro lavoro sarà rivolto a potenziare le strutture e le risorse individuali: in questo modo, il cervello riterrà la
situazione molto più sicura, e potrà abbassare
la guardia.
Adesso vediamo un altro tassello fondamentale del puzzle: come hai fatto a finire in
questo guaio, ovvero le potenziali cause del
problema.
In tutto questo non c’è niente di complicato e
soprattutto non tutti devono fare tutto.
Se c’è una cosa di cui vado orgoglioso è quella
di aver individuato, attraverso una serie di “segnali”, quali possano essere i consigli più utili
per un soggetto piuttosto che per un altro.
Questi “segnali” li troverai più avanti, sottoforma di test di autovalutazione.
La cosa più importante, che vorrei che fosse
chiara fin da ora, è che il lavoro non posso
farlo né io né qualche mio collega… puoi farlo
solo tu.
Possiamo indicarti la strada giusta, ma nessuno può farti ottenere un migliore stato di
forma facendoti sdraiare su un lettino e manipolandoti.
Ecco cosa mi interessa che tu sappia del disturbo cervicale.
Come individuare le
cause reali alla base
del disturbo cervicale
Ti potrà sembrare strano, ma la prima cosa
che cerco di capire nella persona che mi trovo
di fronte è proprio questa: come ha fatto a
mettersi nei guai.
Questo per un semplice motivo, che puoi capire facilmente con un esempio.
Prendi una persona che fa un lavoro pesante,
magari al freddo, come un magazziniere. Se
svilupperà un disturbo cervicale, molto probabilmente sarà a causa del carico fisico.
Ora immagina una persona che ha subìto un
importante trauma emotivo, come ad esempio una violenza o un abuso. Se svilupperà
un disturbo cervicale, ovviamente sarà per
motivi radicalmente diversi, molto più legati
agli aspetti emotivi.
Le due persone presenteranno sintomi simili?
Assolutamente no.
15
16
Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale
Il primo presenterà principalmente dolore
legato a uno o più movimenti, senza altri sintomi.
Massaggiarlo e fargli fare esercizi di allungamento gli darà grandi benefici, perché darà
modo ai muscoli di “respirare”.
La seconda persona mostrerà dei sintomi cervicali molto diversi: più che altro uno stato di
tensione diffuso, come una “morsa” a livello
del collo. Inoltre, molto probabilmente presenterà disturbi della digestione – come gonfiori e simili – e difficoltà di concentrazione.
Molto spesso chi ha subìto abusi è totalmente
intoccabile e fa dei veri e propri “salti” quando si cerca di andare in profondità nei suoi
muscoli: questo accade perché nei muscoli
risiede una sorta di “memoria emotiva”, e il
cervello non vuole che gli si ricordi perché
quei muscoli si sono così irrigiditi.
A livello di lastre e risonanze, queste due
persone potrebbero apparire assolutamente
identiche. Ma i motivi alla base del disturbo
rendono i quadri estremamente diversi.
Ecco perché è importante che tu conosca a
grandi linee quali sono le cause alla base del
disturbo cervicale.
All’inizio della carriera me lo sono chiesto
diverse volte.
Mi chiedevo come fosse possibile che persone con la stessa diagnosi – disturbo cervicale
o cervicalgia – avessero sintomi, manifestazioni e caratteristiche così diverse.
Come tantissimi giovani colleghi, anch’io sono stato un grande appassionato di terapia
manuale: con il tempo sono diventato più
un “ri-educatore” che un manipolatore, ma
all’inizio puntavo solo all’effetto “Lazzaro, ora
alzati e cammina!”.
Il problema è che quando manipolavo persone con un disturbo cervicale, alcune mi chiedevano addirittura di esercitare una pressione
maggiore sul punto dolente e altre facevano
un salto dal lettino appena le sfioravo.
Nel tempo ho capito il perché, e se ricordi
il capitolo precedente, il motivo sarà chiaro
anche a te.
Ad essere diverse non erano tanto le loro
vertebre o i loro muscoli, ma le cause che
li avevano portati a sviluppare i sintomi e lo
stato di infiammazione.
Chi ha problemi prevalentemente legati alle
attività e alle posture, in genere sta bene con
tutto ciò che riguarda il movimento (massaggio, esercizi di allungamento ecc.).
Chi invece ha sviluppato tensioni muscolari
legate soprattutto alla sfera emotiva, spesso
detesta essere toccato: lo stato di irritazione
tale da reagire al primo tocco è il modo che
ha il corpo per dire “Non pensarci neppure”.
Ecco perché capire le cause originarie è così
importante per me, ma lo è decisamente anche per te.
Più hai informazioni su come funziona il tuo
corpo, più sei in grado di capire se ciò che stai
facendo per migliorare funziona o necessita
di essere rivisto.
Non sono certo onnisciente, e naturalmente
in questo libro non troverai le infinite possibilità che teoricamente hai per migliorare il
tuo problema. In fondo, tu sei la persona che
si conosce meglio di tutte. Io posso dirti che i
disturbi cervicali legati soprattutto allo stress
si manifestano in un certo modo, ma solo tu
puoi sapere quali sono le cause alla base del
tuo stress.
Grazie alle informazioni contenute in questo
capitolo, può darsi che tu ti accorga di aspetti
della tua vita che potrebbero essere importanti, ma che io ovviamente non posso sapere.
Iniziamo con una premessa importante: non
c’è mai una sola causa alla base di un disturbo
cervicale.
Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato
Si tratta piuttosto di un insieme di cause diverse, fra le quali spesso ce n’è una prevalente.
I due casi che ho preso ad esempio nel capitolo precedente – il magazziniere e la persona
che ha subìto una violenza – sono un po’ due
estremi, ma rendono bene l’idea.
Nella pratica, a disturbare le strutture cervicali contribuiscono fattori essenzialmente
di tre tipi:
• meccanici, ovverosia tutti i problemi legati
alla postura e al movimento;
• metabolici, cioè legati all’alimentazione e al
metabolismo in genere;
• nervosi, ovvero tutto ciò che appartiene alla
sfera emotiva.
Come dicevo prima: alla base dei nostri problemi c’è sempre un insieme di fattori. A seconda di quello prevalente, il disturbo cervicale prende determinate caratteristiche, che
ora vedremo.
Come vedremo nel prossimo capitolo, spesso
queste usure non sono un grande problema,
ma sicuramente possiamo mettere l’usura
vertebrale nell’elenco dei fattori che non
aiutano.
Queste cause sono le più conosciute in assoluto, ma non sono assolutamente le uniche.
Vediamo comunque che caratteristiche ha il
disturbo cervicale dovuto a cause prevalentemente meccaniche:
• il sintomo principale è il dolore, tipicamente
ben localizzato in un’area abbastanza circoscritta;
• il dolore cambia a seconda del movimento
effettuato;
• la mobilità del collo è limitata, con un tipico
“dolorino a fine corsa”;
• non sussistono particolari sintomi collaterali;
• risponde bene all’esercizio e anche ai trattamenti manipolativi (temporaneamente).
Le cause
meccaniche
Le cause
metaboliche
A tutto questo si deve aggiungere un’osservazione importante, ma che si tende a rimuovere, ovvero che le vertebre e i dischi tendono
spontaneamente a usurarsi nel tempo.
Si tratta di un processo assolutamente normale, che avviene a partire dai vent’anni: in
ognuno prende poi un destino diverso, a seconda delle caratteristiche genetiche.
Che cosa c’entra tutto questo con le strutture cervicali? C’entra eccome: il nervo vago contrae intimi rapporti con le strutture
Le cause meccaniche sono quelle più note,
che hanno a che vedere con il movimento,
e quelle più spesso incolpate di causare problemi.
Fondamentalmente si tratta di:
• posizione assunta durante la giornata;
• postura abituale;
• quantità di carico sopportata;
• eventuali traumi o incidenti subìti.
Hai mai sentito parlare del nervo vago? A vedere quanto sono visitati i miei contenuti su
Internet sull’argomento, ci sono buone possibilità che la risposta sia “sì”.
Il nervo vago – anzi, sarebbe più corretto parlare di nervi vaghi perché di fatto sono due, il
destro e il sinistro – è un lungo nervo che parte dalla base del cranio e si diffonde su tutti gli
organi, cioè “vaga” all’interno dell’organismo.
I suoi compiti sono davvero tanti, ma principalmente si possono ridurre ai seguenti due:
• informare il cervello dello stato degli organi;
• portare agli organi i messaggi che arrivano
dal cervello.
17
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Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale
cervicali, in particolare con le prime vertebre
cervicali e con il muscolo sterno-cleido-mastoideo.
A causa di questo rapporto, è possibile che
l’irritazione delle strutture cervicali abbia un
effetto anche a livello viscerale: il più semplice
esempio per comprenderlo è sicuramente la
“nausea da cervicale”.
Allo stesso modo, si può comunemente osservare che chi ha gli organi digestivi cronicamente irritati – gastrite cronica e colon
irritabile – ha anche il tratto cervicale particolarmente sensibile.
Curiositˆ: molto spesso chi ha lo stomaco
come punto debole, ad esempio per frequenti
gastriti, ha dolore prevalentemente sul lato
sinistro del collo.
Le situazioni che possono verificarsi, e che
mettono bene in luce il collegamento fra
nervo vago, metabolismo e cervicalgia, sono
dunque queste:
• lo stato di forte irritazione cervicale può
provocare nausea, perché stimola fortemente il nervo vago;
• spesso l’irritazione cronica a livello digestivo si ripercuote, tramite il nervo vago, sul
tratto cervicale, rendendolo maggiormente
irritabile..
Girovagando su Internet si può leggere come spesso al nervo vago siano attribuiti una
serie di sintomi e problemi tra i più disparati.
Il nervo vago ha infatti una serie di funzioni
molto importanti, e anche un impatto molto
forte sull’organismo.
Basti pensare che una forte “scarica” del
nervo vago può causare un abbassamento di
pressione, perdita di energie e rallentamento
del battito cardiaco.
Alle persone che svengono per un forte spavento succede proprio questo: un’improvvisa
e massiccia scarica del nervo vago.
A causa di queste sue funzioni e di questa sua
potenza, il nervo vago viene spesso ritenuto
responsabile dei più svariati sintomi, come ad
esempio la debolezza alle gambe o la stanchezza cronica.
In realtà il nervo vago è soltanto un “filo elettrico”: nella maggior parte dei casi, quelli attribuiti al nervo vago sono in realtà sintomi di
uno stato di stress generale dell’organismo.
Certo è che prendendosi cura dei muscoli cervicali si può migliorare la nausea e talvolta anche la digestione; migliorando l’alimentazione
e il metabolismo si possono a volte ridurre i
sintomi cervicali.
In questo caso, le caratteristiche che hanno le
persone con cervicalgia metabolica non sono
evidenti come nel caso precedente.
A grandi linee, si possono notare:
• una certa correlazione fra disturbo e pasti;
• stanchezza cronica e mancanza di energie;
• ampie variazioni del disturbo nell’arco della
giornata.
Le cause nervose
Il tratto cervicale è quello che maggiormente
risente delle tensioni emotive: ci sono pochi
dubbi a riguardo.
Come ho già detto, in situazioni di ansia e
stress si irrigidiscono prima di tutto i muscoli del collo – e della mandibola, che sono
strettamente correlati – di certo non quelli
del piede.
La tensione emotiva e gli stati di stress in
generale sono tra i principali responsabili
dell’aumento dello stato di irritazione delle
strutture cervicali.
Nella mia esperienza, questi sono i fattori più
comuni e più potenti di tutti.
E allora, che caratteristiche ha il disturbo cervicale quando alla base ci sono soprattutto
tensioni di tipo emotivo?
Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato
Quello che in genere si nota è:
• sensazione di tensione diffusa, più che di
dolore locale;
• presenza di altri sintomi come vertigini,
sbandamenti, difficoltà di concentrazione;
• movimenti del collo tutto sommato buoni,
anche se la persona lo sente molto teso.
È bene tener sempre presente che il sistema nervoso è il più potente di tutti. È lui a
decidere come ti senti, quante energie hai,
e quando è il caso di avvertire quel dolorino
tanto disturbante. È il tuo cervello a stabilire
quanto le protrusioni discali che ti hanno
trovato nella lastra siano un problema o siano
perfettamente tollerabili.
Per questi motivi e per mille altri ancora, dobbiamo cercare di avere rispetto del nostro
sistema nervoso: è proprio per questo che
un intero capitolo del libro è dedicato alla gestione dello stress emotivo (soprattutto alle
sue conseguenze sui muscoli).
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I sintomi
del disturbo cervicale
Il disturbo cervicale è assai complesso e proprio per questo è caratterizzato
da sintomi molteplici e di diversa natura. Alcuni sono dirette conseguenze del problema,
mentre altri no, anche se spesso vi si accompagnano.
“Stamattina mi formicolano tutte le gambe:
è la cervicale??? xké?? risp grz!!”
“Siii anke a me lo fa! Che stress uffaaaa!!”
Su qualsiasi forum online o gruppo Facebook
dove si parli di disturbo cervicale, il 99% delle
discussioni è di questo tipo.
Ricalcano né più né meno le conversazioni
nelle sale d’attesa degli ambulatori del medico di base.
In realtà, questi confronti servono a soddisfare una grande esigenza della mente umana:
quella di appartenere a un gruppo. Il disturbo cervicale è assai complesso e proprio per
questo è caratterizzato da sintomi molteplici
e di diversa natura. Alcuni sono dirette conseguenze del problema, mentre altri no, anche
se spesso vi si accompagnano. Sapere che
anche altre persone hanno i nostri stessi problemi ci conforta e ci fa sentire meglio: non
importa se poi non li risolviamo.
Nel prossimo capitolo vedremo come gli esami radiologici abbiano risposto alla nostra esigenza di “dare un nome” ai nostri disturbi e
“trovare un colpevole”.
Nel caso del disturbo cervicale, la questione
“sintomi” è un po’ sfuggita di mano: ormai
qualcuno gli attribuisce addirittura la comparsa di emorroidi.
Qualche tempo fa ho visto chiedere su un
gruppo Facebook se la cervicale poteva dare
sensazione di morire. Certo, il disturbo cer-
vicale è complesso e caratterizzato da molti
sintomi, ma questo mi sembra un po’ troppo!
Cerchiamo allora di capire in modo semplice il complesso mondo dei sintomi cervicali. Se comprendi bene anche questa
parte, avrai aggiunto un altro importante
tassello al quadro generale, che ti permetterà di risolvere al meglio il tuo disturbo.
Ne mancherà poi solo uno – quello che troverai nel prossimo capitolo – dopodiché avrai
tutto quel che ti occorre.
Se lo userai bene, non sentirai più l’esigenza di
partecipare alle discussioni sui social network
e fingerai telefonate urgenti quando qualcuno
toccherà l’argomento.
Sintomi diretti
e indiretti
Qui bisogna fare un po’ di chiarezza, perché
a volte la cervicale viene incolpata, come abbiamo già visto, anche di sintomi che oggettivamente non c’entrano nulla.
Occorre distinguere tra sintomi direttamente
imputabili al tratto cervicale e sintomi che si
accompagnano frequentemente al disturbo
cervicale, ma che non ne sono conseguenza
diretta.
Chi soffre di disturbi cervicali dati dalla forte
tensione nervosa, ha spesso anche problemi
digestivi – soprattutto gonfiori, anch’essi tipici
della tensione nervosa.
I sintomi del disturbo cervicale
Questo però non significa che i problemi digestivi siano causati dal disturbo cervicale.
Sintomi diretti
Sono quei sintomi che si possono direttamente attribuire ai problemi cervicali.
1) Dolore al collo, più o meno
accentuato dai movimenti
Nel disturbo cervicale il dolore al collo è portato:
• dalla forte contrattura dei muscoli;
• dal sovraccarico delle articolazioni tra una
vertebra e l’altra.
Ma come dicevo prima, quando il tratto cervicale è irritato, possono esserlo anche importanti strutture nervose in stretto collegamento, come il tronco dell’encefalo.
Se la situazione a livello cervicale migliora, si
riduce anche la sensibilità di questi importanti
centri nervosi.
Questi due meccanismi sono alla base del famoso “mal di testa da cervicale”.
4) Vertigini, senso di sbandamento,
sensazione di testa vuota
La questione è abbastanza discussa, in quanto
c’è chi dice che non ci siano strutture che
dal tratto cervicale possano portare vertigini.
Da un certo punto di vista, questa affermazione è assolutamente vera, ma solo se parliamo
di vere e proprie vertigini, nelle quali si vede
la stanza girare.
Se parliamo di vertigini soggettive, per cui è
il soggetto a sentirsi ondeggiare, la questione
è ben diversa.
Ho aperto questo libro raccontando la mia
storia, ovvero di come mi sono trovato a sentirmi “in barca” dalla sera alla mattina, per
diverse settimane.
L’unica cosa che mi era successa era un sovraccarico delle strutture cervicali.
Le articolazioni delle vertebre cervicali sono
importanti recettori dell’equilibrio, in quanto
forniscono al cervello le informazioni sulla posizione in cui si trova la testa.
Se a causa di uno stato di irritazione le articolazioni cervicali funzionano meno, al sistema nervoso viene a mancare un punto di
riferimento, e come conseguenza si avverte
la sensazione di sbandamento.
3) Emicrania
Uno studio effettuato in Italia ha dimostrato
come esercizi volti a ridurre la tensione dei
muscoli del collo possano avere un effetto
benefico anche sull’emicrania, che all’apparenza è un problema che rimane all’interno
della scatola cranica.
5) Nausea
La nausea è un sintomo frequente soprattutto
durante le crisi acute.
Come ho già detto precedentemente, qui il
responsabile è spesso il nervo vago, nervo digestivo con importanti collegamenti a livello
del tratto cervicale.
Quando muscoli o strutture vertebrali si infiammano, una delle conseguenze più evidenti
è il dolore.
2) Mal di testa
Quando il tratto cervicale è irritato, è frequente la comparsa di mal di testa.
Questo avviene fondamentalmente per due
motivi:
• i muscoli cervicali sono in stretto collegamento con le fasce muscolari del cranio,
anzi si può dire che queste siano la loro
continuazione;
• l’irritazione e infiammazione del tratto cervicale si “trasmette” ad alcune importanti
strutture nervose, soprattutto al tronco
dell’encefalo.
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Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale
In alcune occasioni la tensione e l’irritazione
cervicale sono tali da coinvolgere il nervo vago, e in queste situazioni la nausea è il primo
sintomo che appare.
6) Disturbi della vista
non correlati a problemi oculistici
Capita a moltissime persone di avere problemi visivi come stanchezza, fastidio alla luce,
visione offuscata. Dal punto di vista oculistico
è tutto a posto. Esiste una connessione con i
problemi cervicali?
Sicuramente tra i muscoli del collo e quelli dell’occhio ci sono importantissimi collegamenti. Basti pensare a quante volte si
muovono gli occhi senza spostare il collo:
praticamente soltanto quando leggiamo; in
tutte le altre situazioni, occhi e collo si muovono in sincrono, quindi è piuttosto normale
che i problemi degli uni possano riflettersi
sugli altri.
7) Dolore al braccio
Quando c’è un danno evidente ai dischi tra
una vertebra e l’altra, un pezzo di questi può
uscire dalla sua naturale sede e comprimere
i nervi che gli stanno di fianco: è quella condizione chiamata comunemente ernia al disco.
Quando il nervo è compresso, tipicamente
comincia a dare dolore e formicolio a livello
del braccio.
Detto questo, è necessario considerare due
cose:
• il dolore al braccio o alle braccia non è
automaticamente indice della presenza di
un’ernia al disco;
• anche in presenza di un’ernia al disco, la
maggior parte delle persone se la porta
dietro senza alcun problema, e spesso ha
un’evoluzione positiva spontanea.
Solo una piccola percentuale delle ernie discali finisce poi con un trattamento chirurgico.
Sintomi indiretti
Sono quei sintomi che si accompagnano spesso al disturbo cervicale, ma in teoria non ci
sono collegamenti diretti. Le situazioni che
causano questi sintomi possono agire negativamente anche sul tratto cervicale, ma è ben
difficile che il disturbo cervicale sia alla base
di tutto.
In ogni caso, il protocollo che trovi all’interno
di questo libro ti permetterà di lavorare su
tutti gli aspetti chiave del benessere generale.
Lavorando con un protocollo completo, avrai
sicuramente ottime probabilità di migliorare
questi disturbi, anche se non derivano direttamente dal collo.
1) Stanchezza e affaticabilità
Al netto di situazioni molto particolari, la stanchezza e l’affaticabilità sono legate a un sovraccarico generale dell’organismo, che quindi non
riesce a produrre energia in modo efficace.
Può trattarsi di stress emotivo, di cattiva
alimentazione o di un altro problema metabolico. Se si avverte stanchezza, è logico
pensare che i muscoli siano poco efficienti.
Se i muscoli sono poco efficienti, è più facile
sentire dolore: per questo chi soffre di stanchezza e affaticabilità accusa spesso dolori
muscolo-scheletrici, con quelli cervicali in
prima linea.
2) Disturbi del sonno
A meno che il dolore non sia tale da impedire
di trovare una posizione nella quale dormire,
è improbabile che il disturbo cervicale comprometta la qualità del sonno. È molto più
probabile che la qualità del sonno sia compromessa da uno stile di vita errato, oppure da
una cena troppo ricca soprattutto in carboidrati. Ma cosa succede se il sonno non è qualitativo? Semplice, i muscoli non recuperano
adeguatamente. E cosa succede se i muscoli
non recuperano adeguatamente? Indovina…
I sintomi del disturbo cervicale
3) Disturbi della digestione
Abbiamo visto prima il collegamento tra disturbo cervicale e disturbo digestivo tramite
il nervo vago. Spesso però, i due problemi non
sono connessi così direttamente, e i disturbi
digestivi non sempre hanno a che vedere con
il nervo vago. Anche qui, possono essere causati da un’errata alimentazione, da uno stile di
vita disordinato o da un accumulo eccessivo
di stress nervoso. Una cattiva digestione può
far sì che ai muscoli non arrivino il corretto
nutrimento e la corretta idratazione. E cosa
succede in questo casi? Anche qui, facile indovinello... provocano dolore!
4) Ansia e tachicardia
Tantissime persone sono convinte di avere
ansia causata dal disturbo cervicale. La maggioranza di loro ha forse e più probabilmente
il problema contrario, cioè i muscoli del collo
troppo contratti a causa di uno stato di eccessiva ansia e di eccessivo stress. Ad oggi
non conosciamo nessun motivo per il quale
un problema al collo debba condurre a stati
d’ansia veri e propri – al di là del preoccuparsi
per il dolore – mentre sappiamo benissimo
che lo stato d’ansia può irrigidire i muscoli.
A dire la verità, ci sono condizioni in cui l’infiammazione cervicale sembra “smuovere”
stati d’ansia latenti, che altrimenti non sarebbero venuti fuori. In genere, però, questo
succede quando c’è una certa “predisposizione ansiosa”.
5) Acufene e sensazione di orecchie
ovattate
Il rapporto fra acufeni e cervicale è davvero
dibattuto. Molte persone hanno la sensazione che i fischi nelle orecchie abbiano a che
vedere con i problemi cervicali, perché li sentono “muoversi” a seconda dei movimenti
del collo. Ad oggi, tuttavia, non sussistono
prove di effettivi collegamenti tra i due problemi. Nella mia carriera, mi è capitato di
vedere migliorare tantissimi disturbi cervicali
e pochissimi acufeni. Che un acufene fosse
migliorato con una riabilitazione cervicale mi
è capitato forse due volte, in più di quindici
anni di esperienza. Diversa è la situazione
per quanto riguarda la sensazione di orecchie “ovattate”: non trattandosi di un vero e
proprio acufene, c’è maggiore possibilità che
si riduca se si riesce a diminuire la tensione
muscolare.
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Gli esami radiologici.
Quando servono e come
interpretarli
La maggior parte delle persone ricorre a esami radiologici non appena accusa qualche
sintomo fastidioso e persistente. Eppure spesso queste analisi non sono necessarie
(a volte neppure utili!). Come vedremo, ci sono tecniche ben più efficaci.
Qual è il primo istinto che abbiamo quando
avvertiamo un sintomo in maniera persistente? Ovviamente vogliamo sapere di cosa si
tratta, quindi andiamo a farci una lastra oppure una risonanza, di nostra spontanea volontà
o convincendo il nostro medico.
In questo capitolo parleremo di esami radiologici: quando servono, a cosa, e soprattutto
come interpretare correttamente quelli già
effettuati.
Capitolo noioso e inutile? Assolutamente no,
potrebbe contenere le informazioni più importanti che tu abbia mai avuto sul disturbo
cervicale, soprattutto se hai già fatto qualche
esame e ti hanno trovato discopatie, ernie oppure artrosi.
Quella che stiamo per affrontare è una vera
e propria “missione impossibile”.
Perché dico questo? Perché dovrò cercare di
smascherare una categoria di persone comparsa solo negli ultimi cinquant’anni: “le vittime degli esami radiologici”.
Cinquant’anni fa non si poteva fare una risonanza magnetica, e di fatto le lastre non erano
così comuni.
Oggi non è più così: grazie alle moderne tecnologie, possiamo sapere – o credere di sapere – tutto ciò che succede all’interno dei
nostri muscoli e delle nostre vertebre.
Buona notizia? Certamente, ma non del tutto.
Ogni giorno mi trovo a parlare con persone
che non hanno mal di collo o mal di schiena,
ma hanno la “protrusione” o la “discopatia”.
Parlo con persone che devono limitare la propria attività fisica, perché gli hanno trovato
un’ernia al disco.
Gli esami radiologici hanno soddisfatto una
delle grandi esigenze della mente umana:
quella di dare un nome ai propri disturbi, come a voler smascherare il colpevole.
Peccato che le cose vadano in realtà molto,
ma molto diversamente. Spero che i semplici
numeri che fornirò siano sufficienti a dimostrare che è bene non “arrovellarsi” troppo
su quei maledetti referti.
Salvo in rari casi, nella lastra o nella risonanza
magnetica NON è possibile vedere la causa
del dolore e dei sintomi.
Insomma, spero di riuscire a rompere lo schema che ti spinge a dire: “Ho la discopatia, queste cose non le posso fare”, per farti aprire
a un ben più virtuoso: “Cerco di utilizzare il
mio corpo in modo normale e, se non riesco,
provo a migliorarmi, senza dare la colpa a ciò
che ho letto nel referto”.
Quello che leggerai nel prossimo paragrafo
potrebbe andare in contrasto con pareri che
anche alcuni professionisti potrebbero aver
espresso. Anche medici, fisioterapisti o figure
Gli esami radiologici. Quando servono e come interpretarli
nell’area riabilitativa potrebbero averti detto
cose tipo “Il tuo problema è la protrusione
del disco” oppure “Il tuo dolore deriva dall’artrosi”.
I numeri che leggerai non sono inventati, si
possono ritrovare in qualsiasi database di
studi scientifici: purtroppo, non è per nulla
scontato che medici e terapisti siano correttamente informati e aggiornati.
Cosa si vede negli esami
radiologici
Se stai leggendo questo paragrafo, ci sono
ottime possibilità che tu abbia già fatto una
lastra oppure una risonanza.
Di conseguenza, ci sono ottime possibilità che
ti abbiano trovato una di queste situazioni:
• artrosi (spondiloartrosi);
• discopatia (per lo più C4-C5 e C5-C6);
VERTEBRA
SANA
VERTEBRA CON ERNIA
AL DISCO
VISTA DALL'ALTO
anulus fibroso
nucleo polposo
nervo spinale
midollo spinale
ernia al disco
canale spinale
VISTA LATERALE
nervi spinali
disco intervertebrale
il nucleo polposo entra nel canale spinale
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Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale
• ernia al disco;
• rettilineizzazione della lordosi cervicale.
collo. Insomma, un po’ tutti si portano dietro
un po’ di artrosi, ma non tutti hanno sintomi.
Più raramente possono averti trovato situazioni particolari come la listesi, ossia lo scivolamento in avanti di una vertebra, la fusione
congenita di due vertebre o la stenosi del
canale spinale. Nella quasi totalità dei casi ti
avranno diagnosticato una delle situazioni
citate prima.
Discopatia ed ernia al disco
Devi preoccupartene? Sono quelle la causa
dei tuoi sintomi?
No, non devi preoccuparti e non sono quelle
– fatta eccezione per situazioni davvero gravi
– la causa del problema.
Non mi credi? Ti hanno detto il contrario?
Prosegui a leggere per capire che cosa sono
i problemi che ti hanno diagnosticato, ma soprattutto per scoprire quante persone sane li
abbiano senza esserne a conoscenza!
Perché non devi preoccuparti troppo.
Prendi 100 persone che non hanno dolore
al collo e non l’hanno mai avuto. Qual è la
possibilità di trovare in loro una discopatia?
Eppure, uno spettacolare 70% mostra segni
di degenerazione del disco.
Si parla di ernia al disco quando una parte
del disco, il nucleo polposo, si rompe e va a
comprimere i nervi che escono a lato.
Il discorso qui è leggermente diverso: la
maggior parte delle persone ha piccole ernie, per le quali vale lo stesso discorso delle
discopatie. A volte invece si hanno massicce
rotture con grandi compressioni dei nervi a
fianco: si tratta di una quantità molto ristretta di casi, ma nei quali è quasi impossibile
non avere sintomi.
La caratteristica di questi problemi è soprattutto il forte dolore al braccio, ma bisogna
tener presente una cosa: il discorso è valido
se il dolore persiste a lungo, intendo nell’ordine di mesi.
Il nocciolo della questione è: se con le strategie che imparerai in questo libro riuscirai
a mettere i muscoli nelle migliori condizioni
possibili, potrai stare benissimo anche se le
tue ossa appaiono malandate.
Artrosi (spondiloartrosi cervicale)
È un classico segno di usura delle articolazioni
tra una vertebra e l’altra: in pratica, la cartilagine che fa da lubrificante tra le articolazioni
vertebrali si è consumata.
In questa situazione, è frequente vedere dei
becchi di micro-calcificazioni, che si chiamano
osteofiti.
Perché non devi preoccuparti troppo. Una
ricerca del 2015 ha rilevato degenerazioni artrosiche nel 37% dei ventenni asintomatici e
nel 96% degli ottantenni… praticamente in
una percentuale altissima di persone, anche
fra quelle che non provano alcun dolore al
Si parla di discopatia quando lo spazio tra due
vertebre è ridotto. Che cosa significa?
Che il disco cartilagineo, l’“ammortizzatore”
che sta tra una vertebra e l’altra, ha perso volume, e di conseguenza le vertebre si stanno
avvicinando.
Quadri di questo tipo possono evolvere in due
modi: o l’ernia si secca perché è fuori dalla
sua sede e riceve poco nutrimento, oppure è
necessario ricorrere a un’operazione.
Tutto questo succede in un arco di tempo di
un anno al massimo, quindi se avverti dolore
al braccio da alcuni anni, hai probabilmente
una piccola ernia, e vale il discorso relativo
alla discopatia.
Gli esami radiologici. Quando servono e come interpretarli
Rettilineizzazione della lordosi
cervicale
Se, viste di profilo, le vertebre cervicali formano una leggera curva in avanti, si parla di
lordosi cervicale. In alcuni casi questa naturale
forma non si trova – riduzione della lordosi
– oppure addirittura si trova invertita – inversione della lordosi cervicale.
Perché succede questo? I motivi possono
essere diversi, ma il principale è l’attività antalgica dei muscoli. Se ti fa male un braccio,
come lo tieni? Piegato e attaccato al corpo,
giusto? Ecco, i muscoli fanno lo stesso quando
non è il braccio a essere dolente, ma il collo.
Perché non devi preoccuparti troppo. La
perdita della lordosi cervicale è riscontrabile
nel 30% della popolazione senza alcun tipo
di sintomo.
Quand’è che gli esami
sono davvero utili?
Se la maggior parte delle persone sane presenta problemi radiologici anche evidenti, a
cosa serve farli?
Bella domanda, ed è proprio questa la ragione
dei recenti tagli alla sanità per quanto riguarda
le prescrizioni di esami radiologici.
La mia opinione è questa: qualsiasi disturbo
tu abbia, prova prima di tutto a curarlo, ad
esempio con le strategie che vedrai tra poco.
Se la situazione migliora, non hai alcun bisogno di approfondire con esami radiologici; se
invece la situazione non mostra alcun segno
di cambiamento, allora può essere davvero
utile eseguire un esame, sotto consiglio del
medico.
Spero che la lettura di questo capitolo abbia
acceso in te una lampadina, spegnendo l’os-
sessione che alcune persone sviluppano nei
confronti degli esami radiologici.
Il fatto di poter dare un nome al problema ti
dà un minimo di sicurezza: hai tutta una serie
di sintomi che magari sono anche difficili da
sopportare, quindi il fatto di sapere a cosa
siano dovuti aiuta molto.
E adesso io dovrei convincerti che molto
probabilmente nel referto della tua lastra o
della tua risonanza NON c’è il motivo per cui
avverti tutti i sintomi che hai visto nel capitolo
precedente?
In realtà, quelle che hai letto sono buone notizie, anzi ottime.
Il fatto di avere un’ernia, una discopatia o una
forma di artrosi NON rappresenta una condanna a portarti dietro i problemi in eterno:
dovrai soltanto trovare le giuste tecniche per
rientrare nella categoria delle “persone a cui
hanno trovato qualcosa negli esami, ma che
non avvertono alcun sintomo”.
Dal prossimo capitolo inizieremo a vedere
come farlo all’atto pratico.
Stai per intraprendere un percorso sicuramente non impossibile, ma che comunque è
fuori portata per una larga fetta di persone.
Pur sapendo cosa potrebbero fare per migliorare i loro disturbi, queste persone non hanno
abbastanza forza di volontà per resistere alle
“trappole” che il cervello escogita per non
farci cambiare abitudini. E così finiscono per
intrattenere tra loro discussioni poco produttive sui sintomi o sui problemi che la discopatia procura loro.
Fai in modo che per te vada diversamente:
dovrai avere grandi miglioramenti ed esibirli in
modo spavaldo, così da essere di ispirazione
per altre persone.
Buon lavoro!
27
Il protocollo
“Cervicale STOP!”
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Inizia il percorso:
istruzioni per l’uso
Per affrontare al meglio il protocollo “Cervicale STOP!” bisogna prima di tutto capire
come funziona nella pratica, quali risultati aspettarsi e in quanto tempo,
ma soprattutto conoscere le dinamiche
messe in atto dalla parte istintiva del nostro cervello.
Se finora è stato tutto chiaro, dovresti aver
compreso bene che cos’è un disturbo cervicale, da cosa è causato e come si manifesta.
Leggendo le descrizioni delle cause e delle
caratteristiche, dovresti esserti anche fatto
un’idea su cosa ci sia alla base del tuo disturbo
cervicale.
Se ancora non te la sei fatta, non preoccuparti: grazie ai test di autovalutazione, saprai
con precisione cosa fare per migliorare i tuoi
problemi.
Ora che conosci il nemico, è giunto il momento di affrontarlo.
Quello che stai per iniziare è il protocollo
“Cervicale STOP!” vero e proprio: un metodo
che ti permetterà di affrontare il disturbo in
tutte le sue numerose sfumature, sempre in
modo semplice e praticabile.
Prima di iniziare, voglio assicurarmi che tu
abbia ben chiaro:
• come funziona dal punto di vista pratico;
• le tempistiche in cui aspettarsi risultati;
• le informazioni sulla presenza del “baco del
90%” – che capirai tra poco.
La presenza del
“baco del 90%”
Il “baco del 90%” è decisamente la cosa meno
intuitiva. Il “baco” del nostro cervello: ecco
perché hai il 90% di possibilità di non miglio-
rare, se non lo conosci. Non si tratta di una
truffa: il protocollo che troverai è quello che
utilizzo quotidianamente con i miei pazienti,
e che ha già permesso a centinaia di persone
di ottenere ottimi risultati.
Quindi, cosa intendo per “il 90% di possibilità
di non migliorare”?
È molto semplice, dato che 90% e 10% sono
percentuali che ricorrono nelle situazioni di
vita più diverse.
Prendi 100 persone che si iscrivono in palestra: solo il 10% proseguirà anche l’anno
successivo.
Oppure prendi 100 persone a un corso professionale: solo il 10% applicherà realmente i
concetti spiegati nel corso.
E di 10 “buoni propositi per il nuovo anno”,
quanti ne realizzerai davvero? Uno, nel migliore dei casi.
Alla base di queste sconfortanti percentuali
c’è una sola cosa, e se la conosci hai ottime
possibilità di rientrare nel 10% di quelli che
ce la fanno.
Si tratta del cosiddetto “cervello rettile”, la
parte più antica e profonda della nostra mente, che tuttavia ha una forte influenza sulle
nostre decisioni.
La parte razionale del tuo cervello vorrebbe
fare il possibile perché tu stia bene e tu goda
di un’esistenza piena e soddisfacente.
Inizia il percorso: istruzioni per l’uso
Al cervello rettile, ovvero alla parte più inconscia, questo interessa ben poco: il suo
obiettivo è soltanto uno, ovvero la tua sopravvivenza.
Per il cervello rettile, qualsiasi cosa che non
sia relativa alla sopravvivenza è potenzialmente uno spreco di energie preziose. Ogni nuova
abitudine rappresenta assolutamente una minaccia: poco importa se si tratta di qualcosa
che potrebbe farti sentire meglio.
Il cervello rettile fa sempre di tutto per mantenerti all’interno della sua “comfort zone”:
tradotto in parole povere, la tua parte inconscia cerca di tenersi ben strette le abitudini
che conosce bene.
Ecco perché è così difficile iniziare una nuova
attività fisica, mettersi a dieta o applicare un
sistema di pensiero diverso che ti permetterebbe di migliorare dal punto di vista professionale.
E questo per noi è sicuramente un bel guaio,
perché il miglioramento di un disturbo cervicale passa proprio attraverso la costruzione
di nuove abitudini.
Se vuoi muscoli cervicali più efficienti, li devi
allenare, non c’è molto da dire a riguardo. Se
ciò che cerchi è un migliore stato di forma
generale, devi migliorare le tue abitudini.
La maggior parte delle persone non riesce a
superare lo “scoglio” del cervello rettile: ci
prova, ma dopo pochissimo torna alle vecchie
abitudini, senza aver mosso un passo in avanti.
Ma tu devi fare in modo che questo non
succeda: ecco allora 3 semplici strategie per
vincere questa parte di noi così radicata, che
vuole tenerci lì dove siamo.
La prima strategia l’hai già applicata, ovvero:
conoscere il problema.
D’ora in poi saprai che i momenti di pigrizia, i
vari “adesso non ho tempo” e scuse di questo
tipo appartengono tutte al tuo cervello rettile,
che non vuole farti muovere dalla posizione
attuale.
Abbiamo la tendenza naturale a non cambiare
abitudini, sappilo.
Molti studi dicono che lo “scoglio” da superare sia quello dei 90 giorni: se riesci a continuare una nuova abitudine per 90 giorni di
fila, è molto probabile che diventerà parte
integrante della tua routine, in modo assolutamente automatico.
La seconda strategia è a mio avviso quella
più potente, ovvero quella di non chiedere
troppo.
Il primo esempio che mi viene in mente riguarda coloro che non hanno mai messo piede in una palestra, ma che già dopo 15 giorni
vogliono fare un programma avanzato e chiedono di essere “massacrati”.
Il risultato? Abbandono totale dopo sole 3 o
4 sessioni.
Chiedere cambiamenti troppo repentini è il
miglior modo per mettere in allarme il cervello rettile, che quanto prima troverà un modo
per tenerti lontano da lì: un giorno non c’era
parcheggio, quello dopo eri malato, quello
dopo ancora hai fatto tardi al lavoro.
E poi… “Eh, ormai ho interrotto. Ricomincio a
gennaio (o settembre)”: per il cervello rettile,
missione compiuta e scampato pericolo.
La stessa cosa non può dirsi del cervello razionale, che sognava un corpo più attraente:
purtroppo è assodato che la parte inconscia
è più potente di quella conscia.
Il protocollo che troverai nelle prossime pagine è studiato per non chiederti troppo: in
generale, il tutto non dovrebbe occuparti più
di 15 minuti al giorno.
Non cadere in tentazione e voler fare di più,
perché hai fretta di star meglio: quando si parla di disturbi muscolo-scheletrici, la costanza
nel tempo vince su tutto.
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32
Il protocollo “Cervicale STOP!”
E ti assicuro che è molto più facile rimanere
costanti su un piccolo impegno piuttosto che
su un piano troppo complesso.
La terza strategia consiste nel cogliere anche
i piccoli miglioramenti.
Il cervello rettile è ostico nel cambiare, ma
adora vedere quando le cose sembrano andare meglio ed essere gradevoli.
È a causa sua se è così difficile resistere a quel
cannolo alla ricotta o a qualsiasi altra tentazione alimentare ti venga in mente: la fatica
per mangiarlo è zero, la sensazione gradevole
è immediata, ed è ottimo per la sopravvivenza perché consente di accumulare riserve di
grasso.
Quando si ha un problema cervicale la nostra
attenzione è posta prevalentemente sui sintomi: tipicamente facciamo il nostro “check”
quotidiano, per capire se i sintomi sono ancora lì dov’erano il giorno prima.
Il protocollo che troverai nelle prossime pagine ti potrà sicuramente aiutare a migliorare i sintomi, ma già prima potrai sicuramente
iniziare a cogliere altri piccoli miglioramenti.
Magari riesci a muoverti un po’ meglio, ti senti
meno rigido in un determinato esercizio oppure hai più energie quando ti alzi al mattino.
Tutti questi micro-miglioramenti sono segnali che le cose stanno andando per il verso
giusto, anche se i sintomi principali ci sono
ancora. Appunta tutte le sensazioni positive
e concentrati su quelle: vedrai che i sintomi
miglioreranno senza che tu te ne accorga.
Tempistiche e risultati
In quanto tempo devi aspettarti i risultati e
per quanto dovrai proseguire?
Quando le persone mi chiedono per quanto
tempo devono andare avanti, sono sempre indeciso sulla risposta da dare. Questo perché
c’è un grosso divario tra quello che è il nostro
desiderio di migliorare – il prima possibile – e
il tempo necessario a ottenere i miglioramenti veri, stabili nel tempo.
In linea di massima, ecco alcune tempistiche
realistiche:
• dopo circa 2 settimane dovresti iniziare a
sentire che qualcosa sta cambiando. Può
essere un’attenuazione dei tuoi sintomi oppure qualcuno dei miglioramenti collaterali
di cui accennavo prima;
• dopo circa 1 mese, devi avere un’idea abbastanza ben definita di come sta andando
il tuo percorso. A questo punto dovresti
aver percepito dei miglioramenti sensibili:
guardandoti indietro, dovresti vedere una
situazione complessivamente peggiore rispetto a quella attuale;
• 3 mesi sono un buon periodo per un ciclo di
riabilitazione: in misura di quanto il problema sia migliorabile e risolvibile, applicandoti con continuità per 90 giorni, la maggior
parte dei sintomi dovrebbe essere sensibilmente cambiata. 3 mesi è sicuramente
un obiettivo importante al quale puntare.
• 6 mesi sono un orizzonte temporale ancora migliore. In questo tempo i tessuti
possono avere dei veri e propri cambiamenti fisiologici: se hai portato avanti il
protocollo per 6 mesi, è poco probabile
che i problemi ritornino nel caso lo dovessi abbandonare.
In conclusione: un paio di settimane per capire che qualcosa si sta muovendo, un mesetto
per capire cosa sta migliorando, 3 mesi per
un miglioramento concreto.
Queste sono le tempistiche che consiglio di
tenere in considerazione: in fondo stiamo
parlando di un disturbo cronico che si forma piano piano negli anni: non c’è modo di
ottenere un cambiamento duraturo in pochi
giorni.
Inizia il percorso: istruzioni per l’uso
È per questo che nel tempo sono diventato
sempre meno appassionato di manipolazioni,
e sempre più appassionato di rieducazioni.
La manipolazione è qualcosa di temporaneo
per definizione: non penserai che una seduta
di un qualsivoglia massaggio possa incidere
in modo significativo su qualcosa che ci ha
messo anni a radicarsi, vero?!
Se vuoi che il tuo corpo cambi, ti servono due
cose: gli stimoli giusti, che ti coinvolgano in
prima persona, e la capacità di portare avanti
questi stimoli con continuità.
Si tratta dello stesso esatto processo seguito
dall’atleta che vuole migliorare le sue prestazioni: deve allenarsi in prima persona ed in
modo costante.
Nessun atleta corre più veloce perché ha fatto
dei massaggi o delle manipolazioni.
È per questo che ho coniato la definizione di
“atleti del recupero” per i miei pazienti, utenti
e lettori.
Quanto tempo occorre durante la giornata?
Sono cose da fare tutti i giorni?
Come dicevo prima, se parti in quarta cercando di fare troppe cose, farai alzare le antenne
al cervello rettile, che ben presto cercherà
una scusa per fermarti.
È molto più produttivo fare 10 minuti al giorno per 6 mesi, piuttosto che 1 ora al giorno
per 2 settimane.
Detto questo, il protocollo è studiato per “rubarti” non più di 15-20 minuti al giorno con
gli esercizi: dovessi metterci di più e avessi
difficoltà per questo, lascia 1 o 2 esercizi al
giorno successivo.
Le strategie su alimentazione e metabolismo
non richiedono tempo extra, ovviamente: il
tempo dedicato ai pasti è sempre quello.
Per cercare di aiutare il tuo sistema nervoso
a gestire meglio lo stress, potrebbero essere
necessari 5-10 minuti qua e là durante la giornata: non dovendo però fare nulla di particolarmente “fisico”, questo non dovrebbe
essere un problema.
Come funziona
il protocollo e come
personalizzarlo
Questa è la parte interessante, il punto forte.
Come dicevo nei capitoli precedenti, il disturbo cervicale è vario e multiforme.
Alla base ci sono diverse cause, e lo stesso
disturbo può manifestarsi in vari modi.
Un problema che si manifesta “solamente”
girando il collo a destra, ad esempio, non è
la stessa cosa rispetto a una sensazione di
tensione costante ad alto coinvolgimento
emotivo.
In questo libro troverai consigli e strategie a
360 gradi, ovvero su tutti gli aspetti in cui può
essere interessante lavorare:
• gli esercizi specifici;
• l’alimentazione;
• lo stile di vita e il controllo dello stress nervoso;
• l’attività fisica.
All’interno degli “esercizi specifici”, ce ne
sarebbero davvero tantissimi da poter fare.
Ma non tutti devono fare tutto, naturalmente.
E allora, come fare a capire cosa è veramente
necessario al tuo caso?
Semplice: puoi utilizzare la procedura di autovalutazione, uno stratagemma che ho inventato e che consente di personalizzare le
strategie.
Nel libro troverai un semplice “promemoria”
da guardare una volta al mese e due procedure di autovalutazione:
• il test delle cause;
• il test di valutazione posturale e movimento.
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La procedura
di autovalutazione
Siamo quasi pronti per iniziare il percorso pratico vero e proprio.
Per poter capire quali sono gli esercizi e le strategie più adatte al tuo caso,
svolgi prima le procedure di autovalutazione che trovi in queste pagine.
Per una larga fetta di popolazione, risolvere
completamente i sintomi è possibile. Sicuramente, ci sono situazioni molto particolari
in cui si possono ottenere miglioramenti ma
non risoluzioni complete: in questo caso,
lotteremo per portare i sintomi al minimo
possibile, e andrà sicuramente molto meglio
di adesso.
Per capire cosa fare, dovremo comprendere
meglio le caratteristiche del tuo caso: il modo
in cui il tuo corpo si muove, il tuo metabolismo, la tua reazione allo stress…
Del resto, come abbiamo detto precedentemente, le cause che possono creare disturbi
cervicali sono davvero tante!
E come è possibile capire queste informazioni senza che un esperto ti veda di persona?
Serve una visita specialistica per determinare
le caratteristiche del tuo caso?
Diciamo la vera verità: la maggior parte delle
persone che ha in mano questo libro ha già
fatto una visita specialistica, da un ortopedico,
da un fisiatra o da chicchessia.
Quante volte capita che un medico si metta a
sviscerare minuziosamente la storia individuale e le caratteristiche della persona? Quante
volte elabora un piano preciso anche a livello
di stile di vita, alimentazione o esercizio fisico?
Poche, pochissime. Quando va bene si alzano
dalla sedia e visitano il paziente, alcuni si limitano a guardare gli esami radiologici.
Molte volte danno indicazioni sommarie e
spesso poco applicabili: fino a qualche anno
fa, chiunque avesse il mal di schiena doveva
fare nuoto, ad esempio.
Chiariamoci: le visite e gli esami sono importanti e necessari. Un primo contatto con un
medico specialista ortopedico – o un neurochirurgo, se se ne intravede la necessità – è
assolutamente consigliabile.
Tuttavia, se sei una delle tante persone che ha
già fatto quello che poteva fare e sei già stato
visto da chi di dovere… allora fermati qui!
Un bravo medico, o comunque un bravo terapeuta, capisce il problema anche solo parlando con la persona. Agli esordi della mia
carriera ero molto scettico riguardo a questa
affermazione, ma oggi mi ci ritrovo più che
mai.
Parlando con la persona si scoprono le caratteristiche del suo disturbo, e sono quelle
a determinare le azioni da intraprendere per
migliorarlo!
Non un esame, non l’imposizione delle mani,
non la xyz-grafia: le caratteristiche della persona rappresentano la guida migliore.
Le caratteristiche del disturbo cervicale possiamo facilmente capirle insieme, qui ed ora.
Come dicevo, anche se ognuno sviluppa sintomi diversi per ragioni diverse, è possibile
individuare delle caratteristiche tipiche, che
permettono di capire quale sia il problema
principale di una persona.
La procedura di autovalutazione
Faccio un esempio per capire meglio.
Un uomo sano di 35 anni, che non ha mai
avuto alcun tipo di problema scheletrico o
di salute generale, viene tamponato e prende un considerevole colpo di frusta: da quel
momento comincia a soffrire di disturbi di
vario genere al collo.
Il suo caso è evidentemente meccanico: stava
bene e una “forza esterna” ha danneggiato le
sue strutture.
Tipicamente, una persona di questo tipo avrà
dolore, rigidità, vertigini e nausea, ma non ci
aspettiamo molto altro.
Prendiamo invece una donna di 55 anni, in menopausa da 3, che non ha mai avuto incidenti
o traumi significativi allo scheletro. Tuttavia
la sua vita è stata caratterizzata da problemi nella gestione del peso, con tendenza a
ingrassare, difficoltà all’apparato digerente e
disturbi del tono dell’umore (ansia e depressione in alternanza).
Ci aspettiamo che la lista dei sintomi di questa
donna sia uguale a quella dell’esempio precedente?
Certamente no: la lista dei sintomi dell’uomo
si limiterà a 3-4 problemi direttamente imputabili alle vertebre o ai muscoli cervicali.
La lista della donna sarà un vero e proprio
elenco della spesa, che tipicamente conterrà:
mal di schiena, mal di collo, gonfiori, bruciori
di stomaco, disturbi del tono dell’umore, disturbi del sonno ecc.
Questo perché nella donna in esame è il metabolismo a non funzionare bene: di conseguenza, ha sviluppato una serie di problemi, di cui
il disturbo cervicale è soltanto uno dei tanti.
Ho utilizzato questi esempi per farti capire la procedura che andremo a utilizzare.
Grazie a una serie di elementi predittivi, capiremo se il tuo disturbo presenta una maggioranza di caratteristiche meccaniche, metaboliche o legate agli aspetti emotivi.
La base di partenza: che voto dai ai tuoi sintomi?
Questo test è un semplice promemoria, una base di partenza che ci serve per capire quanto
stiamo migliorando.
Incredibilmente, il cervello ci frega anche in questo: ci accorgiamo facilmente dei grandi miglioramenti immediati, ma se questi vengono “spalmati” nell’arco di qualche settimana, ci sembra
di stare sempre come prima.
Quello che ti chiedo è quindi di dare un “voto” da 0 a 10 a questi sintomi:
dolore al collo
.............................
vertigini
.............................
dolore al braccio
.............................
nausea
.............................
mal di testa
.............................
disturbi della vista
.............................
emicrania
.............................
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36
Il protocollo “Cervicale STOP!”
Considera che, nella scala da 0 a 10, 0 significa che il sintomo non ti procura nessun
fastidio; 10 significa invece che ti disturba
tantissimo e in maniera preponderante.
Scrivi i voti su un foglietto, che metterai da
parte, anche tra le pagine di questo libro: nella
ri-valutazione non dovrai essere condizionato
dai voti precedenti.
Ripeti il test dopo un mese di applicazione del
protocollo, senza guardare prima il foglietto
compilato all’inizio: se è andato tutto bene,
il voto che hai dato stavolta sarà diverso da
AL LAVORO
CON
SMARTPHONE
E TABLET
CAMMINANDO
O CORRENDO
quello precedente. Come ti dicevo, potrebbe
capitare addirittura di stupirsi dei voti che si
erano dati: se senti ancora dolore al collo, ti
può sembrare di non essere migliorato più di
tanto, ma guardando il foglietto potrai scoprire che quello che la volta precedente era un
9 adesso è invece un 4!
Come interpreterà la cosa il tuo cervello
rettile? Registrerà che quello che hai fatto è
stato utile e non creerà scuse e ostacoli per
abbandonarlo.
La procedura di autovalutazione
Il test delle cause
Questo test ti sarà molto utile in un duplice
senso: sia per conoscerti meglio sia per capire
quanto le indicazioni che troverai più avanti
siano importanti per te.
Nei prossimi 3 capitoli troverai infatti 3 tipi di
consigli diversi:
• gli esercizi, per migliorare l’aspetto “meccanico”;
• i consigli alimentari, per migliorare l’aspetto
“metabolico”;
• alcune tecniche per migliorare lo “stress
nervoso”.
Rispondendo a delle semplici domande, potrai
capire quanto il tuo caso possa essere provocato da problemi “meccanici”, “metabolici”
o “nervosi”. Come hai già visto, le caratteristiche e i sintomi del disturbo sono diversi a
seconda della causa prevalente.
Osservando quanti sintomi tipici dei vari “profili” manifesti, potrai capire quanto ti sono
utili le diverse sezioni del libro.
La parte degli esercizi è obbligatoria, mentre
potrebbe essere che tu non abbia bisogno delle altre due categorie di consigli: lo scoprirai
grazie al test.
Se ad esempio non presenti alcun sintomo
“nervoso”, probabilmente per te non vale la
pena più di tanto di applicare i suggerimenti
del capitolo sullo stress nervoso.
Se invece manifesti tanti sintomi metabolici, ti
conviene non saltare assolutamente il capitolo su alimentazione e metabolismo, anche se il
tuo problema sembra a tutta prima di natura
esclusivamente muscolare.
La procedura che seguiamo funziona in modo molto semplice: qui di seguito troverai 3
tabelle, che contengono ciascuna una lista di
“cause” .
Queste “cause” sono, a seconda della tabella,
di tipo meccanico (traumi, incidenti, problemi
congeniti), di tipo metabolico (disordini alimentari, utilizzo cronico di farmaci) oppure
nervoso (stress emotivi o familiari).
Per ogni tabella, dovrai controllare quante
caselle “sì” ti corrispondono.
Nel box sotto a ogni tabella troverai le indicazioni su cosa fare a seconda del risultato.
Attenzione: anche se questo test prende in
considerazione molti elementi, ha qualche
piccolo limite, in particolare non è in grado
di “pesare” i singoli elementi.
Esempio: ti viene chiesto se hai avuto traumi
significativi alla zona cervicale.
Potresti aver avuto un bel colpo di frusta,
e quindi rispondere “sì”. Potresti però aver
avuto un grave incidente con due fratture
vertebrali e necessità di operazione chirurgica: la risposta sarebbe comunque “sì”, ma
è evidente che il “peso” della questione è
ben diverso.
In ogni caso non preoccuparti, dal punto
di vista del "cosa facciamo per stare meglio", non cambia nulla. Il test sulla postura
e sui movimenti (lo troverai più avanti) ti
aiuterà a scegliere quali esercizi fare in base
alle caratteristiche che presenti in questo
momento.
Questo test serve solo per aiutarti ad avere un’idea generale sulla situazione: ci sono persone che sono convinte di avere un
problema al 100% di tipo fisico, ma che in
questo test hanno le caselle delle "cause
meccaniche" vuota, e le caselle delle "cause
nervose" tutte piene. Ovviamente, è molto
più probabile che queste persone abbiano
un problema più relativo alla tensione nervosa, diversamente da quanto immaginano.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
1
Tabella delle cause meccaniche
La tabella delle cause meccaniche serve a determinare quanto possano essere importanti
per te i fattori legati alla postura e al movimento.
Normalmente assegniamo a questa categoria l’intera colpa, ma non è così: come ho già
detto in precedenza, molti studi dimostrano che questi fattori sono spesso sopravvalutati.
Cerchiamo di capire quanto siano importanti nel tuo caso!
Hai avuto significativi traumi alla zona cranica?
SÌ
NO
Hai avuto significativi traumi cervicali?
SÌ
NO
Ti capita abbastanza frequentemente di svegliarti
con dolore al collo?
SÌ
NO
Hai dolore in movimenti ben definiti?
SÌ
NO
Hai avuto incidenti o traumi ad altre zone
della colonna vertebrale?
SÌ
NO
Hai avuto incidenti o traumi alle grandi articolazioni
(spalla, gomito, polso, anca, ginocchio, caviglia)?
SÌ
NO
Hai cicatrici evidenti, da intervento chirurgico o da lesione?
SÌ
NO
Ti ritieni una persona dalla muscolatura
nel complesso molto scarsa?
SÌ
NO
Fai un lavoro pesante?
SÌ
NO
Hai problemi congeniti, tipo scoliosi?
SÌ
NO
Trascorri più di 5 ore davanti a un videoterminale?
SÌ
NO
La procedura di autovalutazione
Interpretazione
Fino a 3 “sì”
Se hai risposto meno di 3 “sì”, può darsi che nel tuo caso l’aspetto posturale, e in genere
i problemi legati al movimento, non sia così determinante. È molto più probabile che il tuo
disturbo sia legato ad altri fattori, come ad esempio l’accumulo di stress psicofisico.
Dal punto di vista pratico, però, non cambia nulla: come già detto, la sezione degli esercizi
è obbligatoria. È infatti assolutamente provato che, anche nei casi di accumulo di stress
psicofisico, l’esercizio mirato aiuti a sciogliere le tensioni.
L'esercizio mirato è infatti il rimedio più efficace per qualsiasi genere di disturbo cervicale.
Anche se i tuoi muscoli si fossero irrigiditi solo e soltanto a causa di tensione emotiva, trarrai
comunque beneficio dal ri-condizionarli tramite l'esercizio. E questo per un motivo molto
semplice: a lungo andare di tensione costante, la rigidità dei muscoli si "cronicizza", e a quel
punto diventa un vero e proprio problema fisico.
Grazie agli esercizi potrai avere muscoli in migliori condizioni: a parità di tensioni emotive,
ti assicuro che si irrigidiranno meno.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
2
Tabella delle cause metaboliche
La tabella delle cause metaboliche serve a determinare quanto gli aspetti legati al metabolismo
possano essere importanti per te.
In genere non pensiamo che quello che mangiamo, o il nostro metabolismo in generale, possa
avere importanza nei dolori che avvertiamo.
Non è così: dal metabolismo dipendono molti processi infiammatori e di controllo del dolore.
Vediamo quanti sintomi di questo tipo hai!
Ti senti un soggetto meteoropatico?
SÌ
NO
Soffri di stanchezza o affaticamento persistente?
SÌ
NO
Soffri di gonfiori allo stomaco ed eccessiva pienezza
dopo i pasti, oppure di problemi intestinali?
SÌ
NO
Il tuo sonno è di scarsa qualità?
SÌ
NO
Ti capita di fare aperitivi, happy hour ecc.
più di due volte a settimana?
SÌ
NO
Utilizzi farmaci a uso cronico?
SÌ
NO
Hai qualche forma di allergia o qualche malattia
metabolica/autoimmune (diabete, ipo o ipertiroidismo ecc.)
SÌ
NO
Bevi meno di 1,5 litri di acqua al giorno?
SÌ
NO
Sei sovrappeso (girovita maggiore di 102 per l’uomo
e di 88 per la donna) oppure sottopeso?
SÌ
NO
Ti capita di eccedere a cena o di mangiare spesso dolci
o frutta dopo cena?
SÌ
NO
Fai una colazione con meno di 3 alimenti diversi?
SÌ
NO
La procedura di autovalutazione
Interpretazione
Fino a 3 “sì”
Se hai totalizzato un massimo di 3 “sì”, possiamo dire che il tuo metabolismo funzioni bene,
e che stai seguendo uno stile di vita non eccessivamente stressante da quel punto di vista.
Il capitolo riguardante il metabolismo non ti riguarda più di tanto, ma qualche raccomandazione per continuare così può comunque esserti utile: nel capitolo apposito, ti basterà seguire
i consigli generali che troverai nello schema numero 1.
Da 4 a 8 “sì”
Se hai totalizzato più di 3 “sì”, ma meno di 9, rientri in quella larga fetta di persone – la
maggioranza, possiamo dire – che si trova a dover fare i conti con gli effetti negativi del
proprio stile di vita, o di alcune particolari predisposizioni genetiche.
Il tuo metabolismo “perde qualche colpo”, o comunque potrebbe perderlo nel breve-medio
periodo.
Nel capitolo dedicato all’alimentazione troverai alcuni schemi alimentari: quello più adatto
al tuo caso è il numero 2. Si tratta di uno schema che mira a ripristinare i fisiologici ritmi
ormonali e metabolici. Non preoccuparti, non sarà difficile da seguire.
Più di 8 “sì”
Se hai totalizzato più di 8 “sì”, è probabile che i problemi metabolici siano un vero e proprio
“cardine” del tuo disturbo.
Quando il metabolismo non funziona bene, si hanno processi infiammatori diffusi, e di conseguenza dolori e malesseri di varo tipo.
Nel capitolo dedicato all’alimentazione troverai alcuni schemi alimentari: quello più adatto al
tuo caso è il numero 3. Si tratta di uno schema che mira a ripristinare la miglior funzionalità
intestinale e metabolica possibile, fattori che per te sono assolutamente cruciali.
Nel caso lo ritenessi troppo difficile da attuare, prova ad applicare lo schema numero 2.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
3
Tabella delle cause nervose
Insomma, è colpa dello stress o no?
Anche lo stress emotivo è uno dei principali “imputati” come causa dei nostri disturbi. In
alcuni casi questa supposizione è ben più che ragionevole, ma in altri meno.
Scopri quanto sembra “pesare” lo stress emotivo nel tuo caso!
Avverti la tensione come una sorta di “morsa” al collo?
SÌ
NO
Hai ansia, tachicardia, dolori al petto?
SÌ
NO
Hai sbalzi di umore o irritabilità?
SÌ
NO
Hai dolori diffusi, molto vaganti e spesso
non ben identificabili?
SÌ
NO
Vivi uno stato di preoccupazione costante, o hai una visione
sempre negativa?
SÌ
NO
Hai spesso vertigini o mancanza di lucidità?
SÌ
NO
Hai perdita della memoria a breve termine?
SÌ
NO
Vivi negativamente le conseguenze di un trauma emotivo
o di un lutto?
SÌ
NO
Hai, per abitudine o necessità, orari molto diversi dai “canonici”
(ad esempio sveglia dopo le 8.00, a letto dopo le 01.00)?
SÌ
NO
Vivi un periodo particolarmente stressante
al lavoro o in famiglia?
SÌ
NO
Ritieni di avere significativa ansia o depressione,
o ti devi curare per questo?
SÌ
NO
La procedura di autovalutazione
Interpretazione
Fino a 3 “sì”
Se hai totalizzato un massimo di 3 “sì”… è andata bene!
I fattori relativi allo stress emotivo non sembrano essere estremamente importanti nel causarti disturbi cervicali o malessere in generale. Questo non significa che tu non accumuli
stress emotivo: semplicemente, il tuo corpo al momento risponde bene.
Visto che potrebbe non andare sempre così, prova a dare comunque un’occhiata al capitolo
sullo stress emotivo: qualche tecnica descritta lì può esserti d’aiuto comunque. Al momento,
non si tratta comunque di indicazioni indispensabili.
Da 4 a 8 “sì”
Se hai totalizzato più di 3 “sì”, ma meno di 9, i fattori relativi allo stress emotivo possono
aver giocato un ruolo importante nel crearti disturbi cervicali, anche se probabilmente non
decisivo.
Come molti, il bilancio tra “stress accumulato” e “capacità di recupero” è in negativo, e il
tuo corpo ne paga le conseguenze.
Le indicazioni che troverai nel capitolo sullo stress nervoso ti saranno utili: cerca di implementarle nelle tue giornate!
Più di 8 “sì”
Se hai totalizzato più di 8 “sì”, gli aspetti relativi allo stress emotivo sono molto importanti
nel causarti tensione muscolare e disturbi cervicali.
Tieni presente che quando è il nostro sistema nervoso ad essere in sovraccarico, i sintomi che
possono comparire sono i più disparati, e quasi mai hanno un riscontro “oggettivo”. Potresti
avvertire, ad esempio, formicolii o bruciori in varie parti del corpo, ma se fai un’elettromiografia, i tuoi nervi risulteranno a posto.
Nel capitolo dedicato allo stress emotivo e al sistema nervoso, troverai una serie di tecniche:
dovrai cercare di applicarle il più possibile, al fine di mettere un po’ di “quiete” all’interno
della tua scatola cranica.
La tua è una tipologia di caso molto difficile da risolvere, perché ad essere fuori uso è proprio la “cabina di regia”. In questi casi chi ne soffre necessita di una dose extra di impegno e
motivazione, che spesso invece non ha proprio perché il suo stress è alle stelle.
Cerca di tenere duro e applicare tutto quanto leggerai per almeno 40 giorni: se resisterai,
i benefici che avrai accumulato saranno tali da non permetterti più di abbandonare quello
stile di vita.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Il test di valutazione
posturale e movimento
Come ho già detto più volte, il disturbo cervicale è legato a tantissimi aspetti: in teoria, per
migliorarlo possono essere necessari esercizi
specifici di allungamento, di rinforzo, di miglioramento posturale, o addirittura esercizi
per i muscoli degli occhi!
Come orientarsi e capire cosa fare? Ovviamente con questa seconda procedura di autovalutazione. Dovrai eseguire una serie di
test che servono a capire i tuoi punti deboli
e le tue rigidità: a seconda di come andranno,
troverai le istruzioni su come procedere.
Ad ogni zona che “testeremo” corrisponde uno specifico blocco di esercizi: ciascun
blocco contiene 2-4 esercizi diversi, ma che
lavorano su un obiettivo comune.
ESERCIZI PER SPALLE E COLLO
Gli esercizi lavorano sugli stessi obiettivi che
metterai alla prova nel test di autovalutazione:
ad esempio, se “fallirai” il test sulla postura,
ti verrà segnalato che per te sono importanti
gli esercizi del “blocco postura”.
I test servono quindi a capire quali gruppi di
esercizi ti servono, e quali invece puoi saltare. Una volta che avrai capito su quali gruppi
lavorare, quello che andrai a fare è semplice:
ne eseguirai uno al giorno.
In termini di tempo, gli esercizi non richiedono più di 10-15 minuti nella propria giornata.
Occupare poco tempo è una delle regole fondamentali per “non chiedere troppo” e far
drizzare le antenne al pericolosissimo cervello
rettile di cui ho parlato nei capitoli precedenti.
Nulla ti vieta di fare più blocchi al giorno, ma
ti consiglio di tenere un profilo basso, almeno
all’inizio.
La procedura di autovalutazione
Come interpretare i risultati dei test
Vediamo ora come funziona il test e come impostare il tuo programma di esercizi.
Ciascun test ha tre possibili risultati:
ROSSO GIALLO VERDE
Se il risultato del tuo test è VERDE , significa che le tue prestazioni in quel movimento sono buone,
e di conseguenza non hai bisogno di quel blocco di esercizi.
Se il risultato del tuo test è GIALLO , significa che ci sono margini di miglioramento, e che quindi
hai bisogno di quel blocco di esercizi.
Se il risultato è ROSSO , infine, significa che in quell’aspetto hai parecchie difficoltà, sulle quali
insistere un po’ di più.
Nel caso in cui uno dei test risultasse ROSSO , non fare i test successivi: dovrai concentrarti sul
punto debole che hai trovato. Andrai quindi a fare tutti i giorni gli esercizi che corrispondono al
blocco il cui test ti è risultato ROSSO .
Dopo 15-20 giorni, ripeti il test: a questo punto ci dovrebbero essere stati dei miglioramenti, e il tuo
test ROSSO potrebbe ora essere GIALLO .
Se non lo fosse, prova a considerarlo GIALLO comunque, e a proseguire il test.
Ricorda: nel dubbio, datti il voto peggiore. Un po’ di esercizio in più non guasterà in ogni caso.
Facciamo un paio di esempi.
Supponiamo che, effettuato il test, tu abbia ottenuto i seguenti risultati:
Postura
Equilibrio
Respirazione
Mobilità
Forza
GIALLO
VERDE
GIALLO
VERDE
GIALLO
In questo caso dovrai osservare un programma così strutturato: il primo giorno gli esercizi di postura,
il secondo quelli di respirazione e il terzo quelli di forza. Il quarto giorno riprenderai il giro dall’inizio.
Consiglio sempre di lavorare poco ma tutti i giorni, perché aiuta a formare l’abitudine.
Poniamo invece che tu abbia avuto i seguenti risultati:
Postura
Equilibrio
Respirazione
Mobilità
Forza
GIALLO
VERDE
ROSSO
non fatto perché
hai interrotto il
test
non fatto perché
hai interrotto il
test
In questo caso dovrai fare tutti i giorni gli esercizi di respirazione. Se hai tempo, puoi abbinare anche
gli esercizi di postura, dove il test è comunque risultato GIALLO .
Dopo 15-20 giorni andrai a ripetere il test, considerando comunque GIALLO il test sulla respirazione.
Bene, visti gli esempi, mettiamoci all’opera!
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
PRE TEST
fase acuta o collo estremamente delicato
Potresti trovarti nel mezzo di una fase di dolore acuto, come ogni tanto può capitare.
Oppure sei uno di quei casi nei quali il tratto cervicale è diventato facilmente “irritabile” e
“infiammabile”, tanto che ogni movimento del collo oppure ogni sforzo sembra peggiorare
la situazione.
In questi casi, “aggredire” la muscolatura cervicale può non essere una grande idea: per
quanto cercherai di eseguire gli esercizi delicatamente, per il tuo collo sarà comunque troppo.
Risulta invece particolarmente utile il blocco relativo a “fasi acute o cervicali delicate”, dove
troverai una serie di esercizi che coinvolgono principalmente le gambe e il tronco, e che
hanno lo scopo di migliorare la coordinazione e i movimenti in quelle zone.
Quando si ottengono miglioramenti in queste zone, è frequente che si noti una riduzione
dello stato di irritazione del tratto cervicale.
Questo avviene per una serie di reazioni neurologiche, tali per cui il miglioramento dello stato
di forma generale provoca una riduzione degli stati infiammatori.
Ecco che 15-30 giorni di lavoro su gambe e tronco possono aiutare a uscire da una fase acuta
e a rendere il collo meno sensibile e delicato.
Come capire se devi dedicarti per un po’ solo al blocco relativo alla “fase acuta”?
Purtroppo non c’è un test preciso da fare, ma puoi sicuramente prenderlo in considerazione se:
• sforzi anche lievi ti aumentano i sintomi;
• hai il tratto cervicale molto sensibile e lo devi sempre coprire;
• temi gli spifferi e l’aria condizionata;
• ti senti in una fase di dolore acuto;
• in generale, ogni sollecitazione anche lieve sembra aumentarti il problema.
Insomma, se il tuo collo è abbastanza “intoccabile”, meglio iniziare girandoci alla larga.
Di conseguenza, se noti di avere molti sintomi / caratteristiche tra quelle elencate sopra,
vai direttamente al protocollo "fase acuta", dove farai esercizi prevalentemente per l'arto
inferiore, ed eseguilo per circa un mese.
Dopo un mese, prova a eseguire il test e a procedere come da protocollo.
La procedura di autovalutazione
TEST 1
postura generale
Per questo test hai bisogno di uno sgabello, oppure di una sedia girata al contrario, da mettere contro a una parete.
Siediti contro la parete, con il sedere il più indietro possibile – è
importante, cerca di essere più vicino al muro che puoi.
A questo punto dovrai cercare di appoggiare la testa, facendo aderire il più possibile la schiena alla parete dietro di te.
Ecco i tre possibili scenari:
Test ROSSO
Tenendo il sedere bene indietro, ti risulta difficilissimo o quasi impossibile appoggiare la testa,
a causa della rigidità della colonna e della “gobba dorsale”. Anche se riesci ad appoggiare la
testa, la posizione ti sembra estremamente scomoda, e ti viene istintivo trattenere il fiato.
Test GIALLO
Riesci a metterti in posizione e ad appoggiare la testa (con lo sguardo dritto). Ti sembra di
essere abbastanza in tensione sulla schiena o sul collo, ma è una tensione ben accettabile. A
questo punto, porta le braccia ben dritte davanti a te: tenendo i gomiti assolutamente dritti,
alzale come se volessi andare in posizione di “mani in alto”. Se sei veramente un test GIALLO,
questa operazione ti sembrerà abbastanza faticosa, e magari le tue braccia non arriveranno
ad essere perfettamente verticali.
Test VERDE
Non senti particolari tensioni nella prima parte del test, e riesci a portare le braccia in alto
senza inarcare la schiena e praticamente senza alcuna difficoltà. Questo significa che non hai
particolari rigidità nei principali muscoli posturali.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
TEST 2
equilibrio
Per questo test, hai prima di tutto bisogno di una posizione sicura: andremo a mettere un
po’ in difficoltà l’equilibrio, quindi ti consiglio di avere a portata di mano qualcosa a cui appoggiarti nel caso lo perdessi. Meglio non rischiare!
Mettiti in piedi e chiudi gli occhi: devi capire se già il semplice chiudere
gli occhi ti fa sentire molto instabile. Che l’instabilità aumenti con gli
occhi chiusi è perfettamente normale, ma dobbiamo capire se la tua
aumenta davvero tanto.
Test ROSSO
Se ad occhi chiusi ti senti estremamente instabile, il tuo test è ROSSO. Se stare in piedi ad
occhi chiusi non ti perturba più di tanto, prova a sederti e a chiudere nuovamente gli occhi.
Ora prova a girare abbastanza velocemente il collo a destra e a sinistra, per almeno una decina
di volte. Se questa operazione ti crea una decisa sensazione di instabilità (o comunque una
sensazione parecchio sgradevole), anche qui abbiamo un test ROSSO.
Come ultimo scoglio da superare, proviamo a combinare le due cose: mettiti in piedi a occhi
chiusi, e prova a ruotare abbastanza velocemente il collo per almeno una decina di volte.
Se la cosa ti rende instabile in modo molto significativo, considera il test ROSSO.
Test GIALLO
Puoi considerare il tuo test GIALLO se le situazioni di prima non ti hanno creato una marcata
instabilità, ma comunque hai sentito che qualcosa non andava. Ancora, puoi considerare
GIALLO il tuo controllo dell’equilibrio se avverti sensazione di sbandamento in circostanze
tipo come guardare gli oggetti in movimento, come le auto in strada; stare in spazi chiusi ma
molto grandi e luminosi, come i centri commerciali.
Test VERDE
Se nessuna di queste situazioni ti mette in difficoltà dal punto di vista della stabilità, considera il test VERDE.
Attenzione: anche con un test VERDE potresti avvertire comunque la sensazione di instabilità
e sbandamento. Non è detto che la sensazione di sbandamento parta da un problema nel
controllo dell’equilibrio, potrebbe anche trattarsi “solo” di tensione muscolare o nervosa.
La procedura di autovalutazione
TEST 3
respirazione
I muscoli della respirazione sono assolutamente fondamentali nel disturbo cervicale: più i
tuoi muscoli respiratori sono rigidi, più lo sono quelli cervicali.
La respirazione “corretta” è quella diaframmatica – il diaframma si abbassa e si contrae durante l’inspirazione, così da permettere ai polmoni di riempirsi di aria, e si alza nell’espirazione
– quella in cui si “gonfia la pancia”, per dirla in pratica. Con questo test andremo a vedere se
la tua respirazione diaframmatica è buona, oppure se gli eventi della vita hanno modificato il
modo in cui respiri, portandoti a una respirazione toracica, scorretta e molto meno profonda.
Sdraiati a pancia in su, gambe e braccia distese e piedi
appoggiati a terra. Metti una mano sull’addome e l’altra
sulla parte alta del torace, 10 cm sotto alla gola: le mani
ti serviranno a capire dove “metti l’aria”.
Prova a inspirare con il naso, cercando di “gonfiare” la
pancia e non il torace ed espira con la bocca. In pratica, devi sentire il movimento solo sotto la mano che
sta sull’addome. Deve essere un movimento naturale e
devi poterlo eseguire lentamente, vale a dire devi poter
eseguire un respiro di almeno 6-8 secondi.
Test ROSSO
Se il movimento ti sembra estremamente innaturale (o addirittura impossibile) o se senti che
quando lo fai è come se non tirassi dentro aria, consideralo un test ROSSO.
Test GIALLO
Considera il risultato GIALLO se esegui discretamente la respirazione diaframmatica, ma non
riesci a portare a termine un respiro bello profondo con il torace.
La respirazione toracica è l’inverso di quella diaframmatica: nell’inspirare non devi sentire
che la pancia si gonfia, ma che è il petto a gonfiarsi, mentre lo sterno sale.
Dunque avrai un test GIALLO quando riesci ad attivare il diaframma, ma ti sembra difficoltoso
espandere e svuotare completamente il torace.
Test VERDE
Se la respirazione “di pancia” non ti costa alcuna difficoltà e puoi eseguirla lentamente,
considera il test VERDE.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
TEST 4
mobilitˆ
Questo test serve a determinare se le tue vertebre cervicali si muovono liberamente, oppure
se hanno delle limitazioni. Se così fosse, recuperare la corretta mobilità sarà molto importante.
Mettiti in posizione seduta, schiena ben dritta e spalle indietro: durante i movimenti NON
dovrai muovere le spalle, ma solo il collo.
Ruota la testa a destra per quanto ti è possibile, senza
forzare eccessivamente. Ripeti l’operazione dall’altro lato.
Inclina la testa a destra (orecchio verso la spalla), sempre
a “fine corsa” ma sempre senza forzare troppo. Ripeti
dall’altro lato.
Piega la testa in avanti come per guardare in basso – ma
attenzione a non muovere le spalle – e poi prova il movimento opposto, ovvero quello di guardare in alto. Anche
qua, “fine corsa” ma senza forzare.
Ciascun “fine corsa” dovrebbe essere senza alcun tipo di dolore, o con uno davvero minimo.
Se hai un dolore ben percepibile, anche se non necessariamente forte, significa che in quel
movimento le tue vertebre sono in difficoltà. In totale abbiamo visto 6 movimenti, quindi avrai:
Test ROSSO
Se sei in difficoltà con più di 2 movimenti, il test sarà ROSSO.
Test GIALLO
Se sei in difficoltà con 1 o 2 movimenti, puoi considerare il test GIALLO.
Test VERDE
Se non sei in difficoltà con alcun movimento, il tuo test è VERDE.
La procedura di autovalutazione
TEST 5
forza
Avvertiamo distintamente quando i muscoli sono contratti, ma non riusciamo a renderci
conto se sono così contratti perché in fondo sono anche deboli.
La debolezza dei muscoli è in realtà molto frequente nei disturbi cervicali. Del resto, conoscerai tante persone che fanno gli addominali perché hanno mal di schiena, ma quante ne
conosci che fanno rinforzo dei muscoli cervicali?
Per capire se i tuoi muscoli cervicali sono troppo deboli, sdraiati a pancia in alto, con la testa
appoggiata a terra o su un supporto rigido, come ad esempio un libro. Questo supporto deve
essere della minima altezza necessaria a farti sentire con la testa in posizione comoda, ma
non deve essere troppo alto.
Tieni a portata di mano un orologio in cui tu possa vedere i secondi – non contare a mente,
tendiamo sempre ad accelerare!
A questo punto, solleva la testa “staccando” la nuca il
minimo possibile, giusto un paio di centimetri.
Mantieni questa posizione fino a che i tuoi muscoli non
sono stanchi, e senti il bisogno di appoggiarti.
Test ROSSO
Se hai dovuto “abbandonare la nave” prima dei 15 secondi, o se addirittura non riesci a iniziare
il movimento, il test sarà naturalmente ROSSO.
Test GIALLO
Se hai dovuto appoggiare la testa tra i 15 e i 30 secondi, considera il test GIALLO.
Test VERDE
Se riesci a mantenere la posizione per 30 secondi o più, il test è VERDE.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
L’organizzazione
del piano di lavoro
individuale
Ora che hai fatto i test, hai il tuo piano di
esercizi.
Ma quanto devi andare avanti? E come dovrai
comportarti, poi? Dovrai continuare tutta la
vita oppure sospendere e procedere “a cicli”?
Vediamo insieme quale sia il modo corretto
di comportarsi per non rischiare di cadere
nelle trappole del cervello rettile “a scoppio
ritardato”, ovvero: inizi bene ma abbandoni
dopo poco tempo.
Gli esercizi emersi da questo test vanno portati avanti per 30 giorni, passati i quali andrai
a ripetere il primo test, quello dove hai dato
un voto ai sintomi cervicali.
A meno di imprevisti o casi molto particolari,
i sintomi saranno migliorati: per avere un
risultato affidabile, dovresti ripetere il test
senza guardare i risultati che avevi raggiunto
in precedenza.
Dopo aver ripetuto il test sui sintomi cervicali, ripeti quello dei movimenti: andrai quindi
a vedere se le caselle rosse sono diventate
gialle, e se queste ultime sono diventate verdi.
A questo punto, ripeti la procedura di prima,
aggiornando il tuo programma.
Ora vediamo come dovrebbe essere il tuo
percorso in teoria, ma ti illustrerò anche come affrontarlo dal lato pratico, evitando di
mandare a monte tutto dopo 30 giorni.
Come dovrebbe andare in teoria
Fai il test e poi inizi gli esercizi per 30 giorni.
Ripeti il test, controlli i nuovi risultati e lavori per altri 30 giorni. Ripeti la procedura
fino a quando tutti i test non sono verdi, o al
massimo uno o due gialli. A quel punto, tieni
l’ultimo protocollo che hai utilizzato come
mantenimento, un paio di volte a settimana.
Questo è un andamento assolutamente corretto, da seguire se hai una volontà ferrea.
Come comportarsi all’atto pratico
Sono tutti bravi a scrivere quello che in teoria
si deve fare: se non ci riesci, la colpa sarà solo
tua, non del metodo che non funziona!
Non mi piace questo approccio: so benissimo che impegnarsi in un lavoro come questo
costa fatica, soprattutto mentale. Andiamo
quindi a individuare un percorso con il quale
tu possa costruire un buono stato di salute
che duri nel tempo, non solo qualche risultato
temporaneo.
Per i primi 30 giorni, comportati “da manuale”: esegui tutti i giorni gli esercizi emersi dal
test sui movimenti, e applica le indicazioni sul
metabolismo e sul sistema nervoso, se necessario. Dopo i primi 30 giorni prova a rifare
il primo test, quello sull’intensità dei sintomi
cervicali: se ti senti molto meglio, continua comunque gli esercizi che hai fatto fino adesso
per altri 45 giorni.
Al termine di questi 45 giorni – quindi a 75-80
giorni dall’inizio – puoi pensare di sospendere
e stare a vedere come evolve la situazione,
senza fare alcun esercizio particolare: in caso
riprendessero i sintomi, riprenderai il protocollo e lo porterai avanti per un periodo più
lungo, 4-5 mesi.
Se invece dopo i primi 30 giorni ti senti solo leggermente meglio – lo avrai capito dal
primo test, quello sull’intensità dei sintomi –
ripeti il test sui punti deboli e prosegui per
altri 30 giorni.
Potrai pensare di sospendere gli esercizi solo
quando avrai non più di 3 test GIALLI per almeno 2 mesi. Può essere un percorso lungo, è
vero, ma c’è da dire che ti impegna ben poco.
E poi, non dimenticare che il tuo collo ci ha
messo anni, se non decenni, ad arrivare nella
condizione in cui è ora.
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Gli esercizi più efficaci
per il disturbo cervicale
Gli esercizi pratici rappresentano di gran lunga la migliore terapia
nel caso di disturbo cervicale. Provare per credere!
Anche se manipolazioni e massaggi sembrano a tutta prima avere effetti benefici immediati,
si tratta di miglioramenti temporanei. Per ottenere risultati duraturi il corpo stesso
deve essere rieducato, deve imparare a cambiare le proprie abitudini.
Gli esercizi terapeutici non danno spesso il riscontro immediato di una manipolazione ben
fatta – anche se non è detto – ma la loro efficacia nel medio-termine è del tutto superiore.
Il motivo è semplice: facendo esercizio il tuo
corpo impara, facendoti manipolare no.
Se avrai la costanza di proseguire per un
tempo adeguato – da 3 a 12 settimane, “aggiornando” man mano gli esercizi – potrai sicuramente dire di aver creato miglioramenti
stabili e non solo temporanei benefici, tipici
di tutte le terapie.
Ti sembra un tempo molto lungo? A me sembra brevissimo.
lazioni dei vari professionisti – fisioterapisti,
chiropratici, osteopati ecc.
Quando un professionista “manipolatore”
ti racconta il suo metodo di lavoro, potresti
pensare che questa persona sia in grado fisicamente di modificare i tessuti, sciogliendo le
contratture e sistemando le vertebre. Non è
assolutamente così! Le manipolazioni non sono altro che uno “stimolo” al sistema nervoso,
che deciderà se accoglierlo favorevolmente
(rilassando i muscoli) o meno (infiammandosi, cosa che capita non di rado).
Quello che andrai a fare non sarà quindi un
percorso di “serie B”, piuttosto il contrario.
La maggior parte delle persone che incontro
soffre di questo disturbo da 20 anni o più:
è del tutto ragionevole che per cambiare un
assetto tenuto 20 anni occorra un tempo che
misuri… per lo meno in mesi!
In questo capitolo troverai descritti gli esercizi, con la suddivisione a blocchi di cui ho
parlato precedentemente.
Ovviamente, questi blocchi di esercizi riprendono i movimenti che hai messo alla prova
durante il test di autovalutazione.
Attenzione: non sto dicendo che occorrano
mesi per ottenere beneficio. Nella maggior
parte dei casi, i benefici che si ottengono dagli esercizi arrivano entro 1-2 settimane. Sto
dicendo che hai tutto l’interesse a vedere il
tuo percorso come qualcosa da portare avanti con costanza almeno per qualche mese, allo
scopo di rendere stabile il risultato ottenuto.
Gli esercizi terapeutici, inoltre, agiscono sugli
stessi meccanismi su cui lavorano le manipo-
C’è una sezione di esercizi “bonus”, quelli per
l’articolazione temporo-mandibolare. Fino a
ora non ho parlato della mandibola, per due
motivi ben precisi:
• l’influenza della mandibola sulla colonna vertebrale è stata (ed è tuttora) ampiamente
sopravvalutata. Molti collegamenti non sono
altro che supposizioni, e decisamente non
tutte le persone hanno le stesse risposte;
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
• un buon lavoro sulla postura e sul tratto cervicale garantisce una riduzione dei sintomi
anche se la situazione mandibolare rimane
identica. In ultima analisi, stiamo cercando
di risolvere un problema cervicale, non uno
di tipo mandibolare. Il problema mandibolare puro è caratterizzato da dolore alla mandibola e alle tempie.
Di conseguenza, la cosa più importante è più
che altro l’approccio cauto.
UNA PREMESSA:
QUALI SENSAZIONI AVVERTIRE
DURANTE E DOPO GLI ESERCIZI
Stiamo cercando di ri-assestare muscoli che
molto probabilmente sono in difficoltà. Per
farlo, andremo a stimolarli con esercizi mirati,
ma dobbiamo innanzitutto essere cauti.
Anche un esercizio eseguito perfettamente
può irritare i muscoli, se effettuato troppo a
lungo o in modo troppo intenso.
Durante gli esercizi di allungamento
(stretching) cerca di creare delle tensioni
lievi: in una scala da 0 a 10, la tensione che
devi avvertire è circa 6.
Qualora stessi facendo un esercizio di rinforzo, ovvero che richiede ai muscoli un lavoro attivo, cerca di non arrivare a un livello
di stanchezza estremo, altrimenti i muscoli
potrebbero non gradire.
Infine, gli esercizi che troverai non hanno controindicazioni e non c’è la possibilità di “fare
danni”, nel senso vero e proprio del termine.
Certo, esagerando con l’intensità o con la
durata, si possono irritare strutture che già
sono infiammate; tenendo invece un approccio “soft”, non avrai nessun tipo di problema.
Non importa che l’esecuzione degli esercizi sia
perfetta: ti posso assicurare che tutti i giorni vedo persone che hanno completamente
travisato e reinterpretato gli esercizi, ma che
comunque stanno meglio.
Questo è un fenomeno molto comune, dato
che a fare la differenza non è la precisione
millimetrica, ma il fatto di “svegliare” determinati muscoli e movimenti.
Le prime volte potresti sentire una lieve accentuazione di alcuni sintomi dopo gli esercizi: se questo fenomeno è minimo, nessun problema, hai solo chiesto “leggermente troppo”.
In genere, dopo le prime 4-5 volte questi fenomeni spariscono.
Se così non fosse, significa che stai decisamente esagerando. Cerca quindi di abbassare
l’intensità dell’esercizio.
ESERCIZI DI RINFORZO DELLE BRACCIA
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ESERCIZI
DI POSTURA
Questi esercizi servono a stimolare i principali muscoli responsabili
del mantenimento di una buona postura.
L’assetto posturale delle spalle e della colonna è molto importante
negli equilibri e nelle dinamiche del tratto cervicale.
I motivi sono molto semplici:
più le tue spalle sono in avanti, maggiore è la tensione dei muscoli del collo;
più la tua testa è in avanti, maggiore è lo sforzo che i muscoli
dovranno fare per sostenerla.
Un avanzamento di soli 3 cm della posizione della testa ne raddoppia praticamente il peso. Ecco perché è necessario prendersi cura dei muscoli posturali.
Informazioni e consigli
La tua postura non deve essere “dritta” o “corretta”,
perché non esiste una postura "normale": il tuo obiettivo
deve essere riuscire a migliorarla, anche se di poco.
Non devi sforzarti volontariamente di correggere la postura:
migliorerà in automatico se i tuoi muscoli saranno meno rigidi.
La postura è infatti uno specchio della rigidità dei muscoli: più sono rigidi,
più limitano i movimenti obbligandoti a posture forzate.
A chi servono
Questi esercizi ti aiuteranno a migliorare
se il tuo test sulla postura è risultato GIALLO
oppure ROSSO.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 1:
mobilitˆ delle spalle
Si tratta di un esercizio molto potente, ed è uno di quelli che utilizzo di più in assoluto.
Per farlo, dovrai metterti nella stessa posizione che abbiamo utilizzato per il test, ovvero seduto
su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con il sedere ben appoggiato al muro.
Se questa posizione per te è impossibile, non preoccuparti: puoi eseguire l’esercizio da sdraiato
a terra, mettendo un libro sotto la testa affinché lo sguardo rimanga orizzontale. In questo modo
la tensione muscolare diminuisce e la forza di gravità ti viene in aiuto, rendendo l’esecuzione
dell’esercizio sicuramente più semplice.
1. Impugna con le braccia ben dritte un bastone o un manico di scopa, alla stessa larghezza
delle spalle.
2. Porta lentamente in alto le braccia, fino a
quando non raggiungi il “fine corsa”, ovvero
le braccia non vanno più in alto di così. Se a
un certo punto tendi a inarcare la schiena,
considera quel punto come “fine corsa”;
• mantieni la posizione per 1-2 secondi, poi
torna giù.
Ripeti 10-12 volte per 3-4 serie, con una pausa di 30-60 secondi tra le serie.
Se esegui l’esercizio da sdraiato, dopo 15-20 giorni riprova a farlo da seduto: le tue performance
potrebbero essere migliorate!
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 2:
allungamento della catena posteriore
Questo esercizio serve ad allungare tutti i muscoli della parte posteriore della colonna e delle
gambe, muscoli molto importanti dal punto di vista posturale.
Posizione di partenza: seduto a terra con le gambe distese. Per fare l’esercizio ti serve una cintura
o un asciugamano, da far passare dietro ai piedi.
1. Fai passare la cintura o l’asciugamano dietro ai piedi, impugnandolo con le braccia ben
dritte.
2. Raddrizza il più possibile la schiena, fino
a quando non senti una tensione nella parte
posteriore delle cosce;
• più tieni l’asciugamano o la cintura vicino
ai piedi, più raddrizzare la schiena diventa
difficile e genera una forte tensione. Usa una
distanza dai piedi che ti permetta di raggiungere una tensione modesta.
Mantieni la posizione 30-45 secondi, riposa per altri 15-20 e ripeti di nuovo 3-4 volte.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 3:
allungamento dello psoas
Anche questo è un esercizio che utilizzo davvero tanto. Lo psoas è un muscolo cruciale negli
equilibri posturali, e questo esercizio è in grado di aiutare molti tipi di situazioni completamente
diverse, dal dolore dorsale ai problemi delle ginocchia.
Posizione di partenza: “a cavalier servente”, ovvero un ginocchio a terra e l’altra gamba appoggiata.
Attenzione: metti un supporto morbido, ad esempio un cuscino, sotto al ginocchio che rimane
a terra, altrimenti rischi di irritarlo.
1. Mantieni la schiena ben dritta, quasi inarcata all’indietro.
2. “Affonda” in avanti, tenendo il peso sulla
gamba che sta dietro;
• dovresti avvertire la tensione nella parte anteriore della coscia, oppure leggermente in
zona colonna lombare.
Mantieni la posizione 30-45 secondi e ripeti 3-4 volte per ciascun lato.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 4:
allungamento del pettorale
Si tratta di un altro esercizio chiave: l’eccessivo accorciamento dei muscoli pettorali è uno dei
principali responsabili della postura “a spalle chiuse” che il collo odia così tanto.
Posizione di partenza (modalità standard): sdraiato a pancia in giù.
1. Apri il braccio lateralmente, appoggiando a terra la mano, la faccia anteriore del gomito e la
spalla.
2. Puntandoti con l’altra mano, ruota il busto tenendo il braccio sempre ben appoggiato a terra;
• ruota fino a quando non senti una tensione nella parte anteriore del braccio (zona bicipite) o
nella parte anteriore della spalla.
Mantieni la posizione 30-45 secondi e ripeti 3-4 volte per lato.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Se questa variante ti sembra
troppo difficile, ad esempio
perché non riesci a sdraiarti
a pancia in giù, puoi provare
a fare la stessa cosa appoggiandoti a una parete.
Sarai quindi faccia al muro,
con il braccio aperto lateralmente: mano, gomito e spalla
saranno appoggiati al muro.
Effettuerai la stessa rotazione, che però dovrebbe essere
considerevolmente più semplice. Le tempistiche sono
ovviamente le stesse.
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ESERCIZI
DI EQUILIBRIO
Le problematiche dell’equilibrio in chi soffre di disturbi cervicali
non sono da attribuire sempre e soltanto alle strutture cervicali stesse.
Molto spesso c’è un insieme di situazioni davvero difficile da spiegare,
nel quale gli organi dell’equilibrio – orecchio, occhio, articolazioni cervicali –
iniziano a non “dialogare” più correttamente, come succede per esempio
in presenza di una situazione di stress psicofisico importante.
Gli esercizi mirati e la costanza nell’effettuarli possono
davvero aiutarti a cambiare la situazione in modo duraturo,
migliorando lo stato dei muscoli e riducendo lo stato infiammatorio.
Obiettivi e consigli
Contrariamente a quanto si possa pensare, per la maggior parte
delle persone trovare la causa originaria dei disturbi dell'equilibrio
non è indispensabile. Quindi non scoraggiarti: nella stragrande
maggioranza dei casi il problema si risolve mettendo in atto una serie
di interventi positivi che, portati avanti con costanza, ripristinano
una situazione di “equilibrio” a livello del sistema nervoso centrale.
Non parliamo né di medicine né di manipolazioni, bensì di riabilitazione
in senso ampio. Il tuo obiettivo è migliorare, attraverso una serie
di esercizi mirati, le condizioni generali di muscoli e vertebre cervicali.
A chi servono
Se il test dell’equilibrio è risultato GIALLO
o ROSSO, gli esercizi che troverai potranno
aiutarti a migliorare la situazione.
Se anche il tuo test dell’equilibrio era VERDE,
i sintomi potranno comunque attenuarsi grazie
agli esercizi e alle strategie consigliate.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 1:
mobilizzazioni ad occhi chiusi
Questo esercizio riprende fondamentalmente il test che abbiamo usato per mettere alla prova
l’equilibrio. Di conseguenza, ti raccomando di metterti in una posizione di sicurezza, e di avere un
appiglio nel caso dovessi perdere leggermente l’equilibrio.
Posizione di partenza: seduto, schiena appoggiata sullo schienale o al muro dietro.
1. Ruota la testa a destra e a sinistra abbastanza velocemente, tenendo prima gli occhi
aperti. Come prima cosa vogliamo far capire al cervello che tipo di movimento stiamo
chiedendo;
• prosegui per 10-15 secondi.
2. Chiudi gli occhi e continua a ruotare la
testa abbastanza velocemente;
• prosegui per 30 secondi e al termine riapri
gli occhi.
Prenditi una pausa, poi ripeti altre 2 serie da 30 secondi.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Se questa posizione non ti mette minimamente in difficoltà, è il momento di “complicarsi la vita”.
Vogliamo infatti che l’esercizio sia assolutamente fattibile, ma che ti metta un minimo in difficoltà.
Andrai quindi a eseguire l’esercizio in piedi, con le gambe larghe quanto le spalle. Fai in modo
di essere vicino a una parete o comunque a qualcosa che ti possa fornire un appiglio nel caso
perdessi l’equilibrio.
Se anche in piedi a gambe leggermente divaricate non hai problemi, potrai provare a “sfidarti”
tenendo i piedi uniti, o addirittura i piedi “a tandem”, uno davanti all’altro.
Naturalmente queste rappresentano progressioni dell’esercizio, da provare man mano che ci
prendi confidenza.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 2:
sguardo che segue
Questo esercizio è molto utile e potente: coinvolge infatti la muscolatura oculare, uno dei principali
“motori” del sistema dell’equilibrio.
Posizione di partenza: seduto, impugnando una penna e con il braccio dritto davanti a te.
1. Tieni un dito della mano libera sul mento.
Per tutta la durata dell’esercizio NON dovrai
ruotare la testa, e il dito ti aiuterà a sentire
se lo stai facendo; fissa lo sguardo sulla punta
della penna.
testa; prosegui lentamente, arrivando fino al
limite del tuo campo visivo;
• potresti avere una sensazione di leggero
disagio. Se compare, considera quello come
il limite del tuo campo visivo.
2. Apri lentamente il braccio, sempre lo
sguardo fisso sulla penna, senza ruotare la
3. Ritorna lentamente al centro, continuando
a seguire la penna; quindi scambia le mani.
Ripeti il movimento sull’altro lato.
Eseguirai 2-3 giri completi, dopo di che cambierai la direzione dell’esercizio.
Adesso hai fatto “destra-sinistra”; successivamente proverai in alto e in basso e le due diagonali,
sempre facendo 2-3 giri per ogni movimento.
Man mano che prendi confidenza con l’esercizio, puoi provare ad eseguirlo in piedi a gambe larghe,
a piedi uniti oppure in posizione “a tandem”.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 3:
fissazione dello sguardo
È il momento di “sfidare” un’altra abilità del sistema dell’equilibrio: quella di fissare lo sguardo.
Posizione di partenza: seduto, impugnando una penna e con il braccio dritto davanti a te.
1. Fissa la punta della penna;
ruota velocemente la testa a
destra, tenendo lo sguardo fisso
sulla punta della penna.
2. Ruota velocemente a sinistra,
sempre tenendo lo sguardo fisso;
• ripeti l’esercizio al massimo
della velocità con la quale riesci a tenere lo sguardo fisso
sulla punta della penna;
• prosegui per 30 secondi e riposa quanto necessario.
Esegui 3 serie in tutto.
Per ogni sessione, prova a variare la distanza alla quale tieni la penna. Noterai che ci sono differenze di difficoltà nell’esercizio.
Man mano che prendi confidenza con l’esercizio, puoi provare ad eseguirlo in piedi a gambe larghe,
a piedi uniti oppure in posizione “a tandem”.
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ESERCIZI
DI RESPIRAZIONE
La respirazione è molto, molto importante
quando si parla di disturbi cervicali e di postura.
Non c’è disciplina “posturale” che non faccia della respirazione
un punto cardine assolutamente cruciale.
In fondo, stiamo parlando di un disturbo che potenzialmente
è molto legato a stati di ansia e stress.
Qual è secondo te una delle vittime preferite di questi stati emotivi?
Assolutamente la respirazione, che nel tempo diventa sempre più superficiale
e affannosa; questo induce i muscoli cervicali a contrarsi maggiormente,
perché più la respirazione è “alta” e più si usano anche per respirare –
che non è ciò per cui sono pensati.
Ecco perché gli esercizi respiratori sono così importanti.
Obiettivi e consigli
L’obiettivo degli esercizi di respirazione è quello di farti
prendere confidenza con i meccanismi naturali di questo semplicissimo
e vitale movimento, che spesso tendiamo a perdere.
Più la tua respirazione diventa efficiente,
più diminuisce la tensione muscolare sul tuo tratto cervicale.
Esegui gli esercizi dolcemente, prendendoti qualche pausa
se lo ritieni necessario.
A chi servono
Se il risultato del tuo test sulla respirazione
è GIALLO oppure ROSSO, ecco gli esercizi
che ti servono per migliorare.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 1:
respirazione diaframmatica
Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe distese, braccia lungo i fianchi; in alternativa,
con una mano sulla pancia e una sul torace (poco sotto la gola).
1. Inspira profondamente con il naso, prestando attenzione e “muovere” solo la pancia (non il
torace). L’addome si deve “gonfiare” quando inspiri.
2. Espira lasciando uscire l’aria dalla bocca, “sgonfiando” la pancia. Lascia andare l’aria liberamente,
come in un sospiro di sollievo.
Ripeti l’esercizio circa 30 volte facendo una piccola pausa ogni 10.
Può succedere che questo tipo di respirazione ti sembri difficile e innaturale, e questo è perfettamente normale.
Per facilitarti l’apprendimento, puoi mettere tutte e due le mani sul torace, e sulla pancia mettere
un libro abbastanza pesante.
Il peso del libro ti consentirà di sentire meglio il movimento: quando inspiri, la pancia si gonfia e
il libro va verso l’alto, quando espiri la pancia si sgonfia e il libro scende.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 2:
respirazione toracica
La respirazione toracica è quella che spesso utilizziamo “troppo”, perché è quella tipica dei momenti di ansia e stress.
Potrebbe quindi sembrare poco intuitivo doverla esercitare, ma in realtà spesso utilizziamo in
modo “rigido” anche quella, quindi esercitarla è assolutamente utile.
Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe distese, braccia lungo i fianchi; in alternativa,
una mano sulla pancia e una sul torace (poco sotto la gola).
1. Inspira profondamente con il naso, prestando attenzione a “muovere” solo il torace (non la
pancia). In pratica, ti deve sembrare di portare l’aria nel petto.
2. Espira lasciando uscire l’aria dalla bocca, “sgonfiando” il torace. L’espirazione deve essere tipo
un sospiro di sollievo, e deve essere il più ampia possibile.
Ripeti l’esercizio circa 30 volte facendo una piccola pausa ogni 10.
Quelli appena presentati sono due esercizi di base. Se dopo alcune sessioni questi esercizi iniziano
a sembrarti semplicissimi, puoi “complicarti la vita” sostituendoli con i prossimi 3.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 3:
respirazione diaframmatica
“a fine corsa”
Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe distese.
1. Inspira al massimo della tua capacità con il naso, utilizzando una respirazione diaframmatica;
quando sei alla fine dell’inspirazione, fermati e mantieni l’apnea.
2. Quando non riesci più a tenere l’apnea, espira lasciando uscire l’aria liberamente dalla bocca,
sgonfiando completamente la pancia.
3. A quel punto bloccati e mantieni l’apnea.
Ripeti l’esercizio circa 10 volte.
All’inizio probabilmente dovrai fare un respiro di “intermezzo” dopo 2-3 respirazioni, poi man
mano l’esercizio ti sembrerà semplice.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 4:
side bend
Posizione di partenza: in piedi, gambe larghe come le spalle.
1. Spingi le spalle indietro.
2. Inclina la schiena da un lato fino a quando
non avverti una leggera tensione (tipicamente
sul fianco opposto).
3. Porta il braccio in alto, come se volessi
raggiungere un oggetto sopra la tua testa;
inspira ed espira profondamente;
• insisti sull’espirazione, buttando fuori tutta
l’aria.
Ripeti 5 volte per lato, 2 serie.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 5:
respirazione diaframmatica
e allungamento dorsali
Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe piegate.
1. Porta entrambe le braccia in alto e all’indietro, allugandole sull pavimento.
2. Espira profondamente al massimo della tua possibilità, fino a quando tutta l’aria non sarà uscita;
• quando sei alla fine della espirazione, dovresti sentire le braccia che si alzano leggermente;
• inspira come preferisci.
Ripeti l’esercizio 10 volte.
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ESERCIZI
DI MOBILITÀ CERVICALE
Questi esercizi sono i più noti in assoluto quando si parla
di riabilitazione del tratto cervicale.
Purtroppo spesso sono anche gli unici proposti:
abbiamo però visto che il problema cervicale è molto più “ampio”,
ed è per questo motivo che nel libro trovi esercizi che toccano diversi aspetti.
Quello della mobilità e dell’allungamento muscolare
rimane comunque un aspetto chiave, dal momento che il senso di rigidità e
tensione muscolare è una caratteristica che accomuna buona parte delle persone
che soffrono di disturbo cervicale.
Obiettivi e consigli
Questi esercizi servono per “lubrificare” le articolazioni del tratto cervicale.
Qualsiasi articolazione del corpo umano aumenta la produzione
di liquido lubrificante quando viene sottoposta al movimento dolce.
Ecco quindi che noi andremo a creare movimento dolce nelle articolazioni
delle vertebre cervicali, muovendole su tutti i piani.
Inoltre, con appositi esercizi di allungamento cercheremo di ridurre
la tensione dei muscoli che più spesso si trovano a essere
eccessivamente contratti.
A chi servono
Se il tuo test di mobilità cervicale è risultato
GIALLO oppure ROSSO, questi sono gli esercizi che ti servono per migliorare.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 1:
mobilizzazione
Ricorda di eseguire questo esercizio solo nelle direzioni che nel test sembravano più critiche,
ovvero dove presentavi qualche fastidio o dolore.
Non arrivare a un vero e proprio dolore durante l’esercizio: eseguilo dolcemente e mantieniti
all’interno del range di “fastidio lieve”.
Parte 1:
mobilizzazione in rotazione
Posizione di partenza: seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con la schiena
ben appoggiata al muro e le mani sulle ginocchia.
1. Ruota la testa da un lato, fino a raggiungere
il tuo fine corsa. Ricorda che non devi provare
dolore, ma al limite un minimo fastidio.
3. Ruota la testa dall’altro lato, fino al limite
massimo.
2. Ritorna nella posizione di partenza.
Ripeti l’esercizio per 2 minuti, cronometrandoli.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Parte 2:
mobilizzazione in inclinazione laterale
Posizione di partenza: seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con la schiena
ben appoggiata al muro, le mani lungo i fianchi.
1. Inclina la testa da un lato, portando l’orecchio verso la spalla, fino a raggiungere il tuo
“fine corsa”. Ricorda che non devi provare
dolore, ma al limite un minimo fastidio.
3. Inclina la testa dall’altro lato, fino al limite
massimo, cioè fino a raggiungere il tuo “fine
corsa”.
2. Ritorna nella posizione di partenza.
Ripeti l’esercizio per 2 minuti, cronometrandoli.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Parte 3:
mobilizzazione in flesso-estensione
Posizione di partenza: seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con la schiena
ben appoggiata al muro, le mani lungo i fianchi.
1. Fletti la testa in avanti, come per guardare
verso il basso, fino a raggiungere il tuo “fine
corsa”. Ricorda che non devi provare dolore,
ma al limite un minimo fastidio.
3. Estendi la testa guardando verso l’alto, fino
a raggiungere il tuo “fine corsa”.
2. Ritorna nella posizione di partenza.
Ripeti l’esercizio per 2 minuti, cronometrandoli.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 2:
stretching del trapezio
Il grado di tensione muscolare che raggiungi con questo esercizio deve essere lieve, soprattutto
le prime volte.
Posizione di partenza: seduto su uno sgabello, con la
schiena ben appoggiata al
muro, le mani lungo i fianchi.
1. Inclina la testa da un lato,
come per portare l’orecchio
verso la spalla, fino ad avvertire una leggera tensione.
Attenzione a tenere le spalle
ben ferme e a non ruotare
la testa quando la inclini – le
prime volte può essere utile
aiutarsi con uno specchio.
2. A questo punto, porta la
mano dello stesso lato verso il quale sei inclinato sulla
testa, più o meno all’altezza dell’orecchio. In questo
modo amplificherai leggermente la tensione, che deve
comunque essere lieve;
• mantieni la posizione per
20-30 secondi, poi ripeti
dall’altro lato.
Esegui 3 “giri” completi.
Se ti sembra che durante l’esercizio si generi molta tensione, ci sono due opzioni per ridurla:
effettuare serie più brevi, ad esempio da 15 secondi, ripetute più volte (4-5); oppure eseguire
l’esercizio sdraiati a terra, poiché senza forza di gravità la tensione si riduce.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Variante dell’esercizio: stretching degli scaleni e dello sterno-cleido-mastoideo
Questa variante dell’esercizio precedente è particolarmente utile in 2 casi:
• se in passato hai subito un colpo di frusta;
• se avverti sintomi non ben identificati alle orecchie (ovattamento, pseudo-acufeni).
In pratica, l’esercizio è del tutto analogo al precedente, ma cambia la posizione finale.
Infatti, dopo aver inclinato la testa lateralmente, quello che farai è aggiungere un po’ di estensione
all’indietro, come se dovessi guardare in alto.
Questo sposterà la tensione anteriormente, nella zona degli importantissimi muscoli scaleni e
sterno-cleido-mastoideo.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 3:
decompressione occipitale
Anche per questo esercizio ti raccomando di creare delle tensioni lievi: andiamo a sollecitare
strutture molto delicate, e l’ultima cosa che vogliamo fare è infastidirle.
Posizione di partenza: seduto su uno sgabello, con la schiena ben appoggiata al muro, le mani
lungo i fianchi.
1. Fletti la testa in avanti,
come per guardare verso
il basso, fino ad avvertire
una leggera tensione posteriore.
2. Incrocia le mani e portale entrambe dietro la
testa, poco sopra la nuca.
In modo molto delicato,
spingi verso il basso per
aumentare leggermente
la tensione posteriore;
• mantieni la posizione
per 10 secondi, poi ritorna nella posizione di
partenza.
Ripeti l’esercizio 10 volte in tutto, con un pausa minima tra l’uno e l’altro.
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ESERCIZI
DI FORZA
Rinforzare i muscoli cervicali può essere utile per migliorare una serie di problemi legati a questo delicato tratto della colonna.
La tensione e l’irrigidimento dei muscoli, infatti, provocano infiammazione e,
di conseguenza, indebolimento muscolare. Una muscolatura più forte, quindi,
è un incredibile aiuto nei confronti delle vertebre: muscoli più forti significano
una minore sollecitazione delle vertebre. Il che equivale a minore infiammazione
cervicale, e a una riduzione dei sintomi come dolore e rigidità, mal di testa,
vertigini e sbandamenti, pesantezza e nausea.
Gli esercizi di rinforzo dei muscoli cervicali sono poco comuni, perché a volte si
pensa che aumentino la tensione e quindi il dolore.
Obiettivi e consigli
Lo scopo di questi esercizi è quello di migliorare la forza e la “tenuta”
dei principali muscoli cervicali.
Uno dei motivi per cui questi esercizi vengono utilizzati poco è l’impressione
di “irrigidimento” che si può avere durante la loro esecuzione. Durante
l’esecuzione di un esercizio di rinforzo si può infatti provare questa sensazione,
assai sgradevole per una persona che ha i muscoli già molto rigidi.
Tuttavia, regolando a dovere gli esercizi e il grado di intensità,
non avvertirai la sgradevole sensazione di irrigidimento progressivo,
e potrai godere appieno dei benefici.
A chi servono
Se il tuo test sulla postura è risultato GIALLO
oppure ROSSO, questi sono gli esercizi che ti
servono per migliorare.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 1:
isometrica anteriore
Posizione di partenza: supino, gambe distese, testa in posizione neutra – se necessario, metti un
piccolo rialzo sotto la testa – e sguardo rivolto al soffitto.
1. Solleva appena la testa dal pavimento o dal
libro. Il sollevamento necessario è minimo: sotto
la testa non dovrebbe passare neanche un dito;
• a questo punto sentirai i muscoli entrare in
contrazione e, se sei molto debole, la testa
ti sembrerà pesantissima. Inizia a contare
lentamente i secondi.
2. Appena i muscoli ti sembrano stanchi, appoggia la testa;
• a ricordati di appoggiarla al primo segno di
stanchezza, anche se sei rimasto in posizione solo 5-6 secondi.
Ripeti più volte, per il tempo che resisti, fino ad arrivare a 90 secondi in tutto.
Se hai tenuto 20-30 secondi la posizione prima di stancarti, allora eseguirai 3-4 serie, con una
pausa di circa 30 secondi tra una serie e l’altra.
Se hai tenuto 10 secondi, ripeterai 8-9 serie, con una pausa di 10-15 secondi circa tra una serie e
l’altra.
Se hai tenuto 5 secondi o giù di lì, non andremo certo a fare 18 serie da 5 secondi: se la tua tenuta
è bassa, significa che i tuoi muscoli sono molto deboli, e non vanno sollecitati eccessivamente.
In questo caso, inizia con 5 serie da 5 secondi. Di volta in volta potrai aggiungere una serie, e ti
accorgerai anche che la tua autonomia va aumentando.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 2:
isometrica posteriore
Posizione di partenza: seduto,
schiena ben dritta.
1. Prendi una cintura, un asciugamano o qualsiasi cosa di non
elastico. Fallo passare dietro la
testa, appena sopra le orecchie.
2. Con le mani afferra le estremità della cintura o dell’oggetto scelto, e porta le braccia in
avanti; crea una leggera tensione tirando la cintura in avanti,
come se volessi “tirare la testa
in avanti”.
3. Cerca di impedire il movimento, utilizzando i muscoli
cervicali. Le braccia tirano in
avanti, la testa rimane ferma:
il risultato è che non c’è movimento, ma i muscoli cervicali
sono in azione;
• mantieni questa posizione per
10 secondi.
Ripeti l’esercizio 10 volte, facendo una pausa quando lo ritieni necessario.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 3:
candeliere
Posizione di partenza: seduto su uno sgabello, schiena ben appoggiata al muro. Se non riesci a
mantenere la posizione, esegui l’esercizio da sdraiato, a pancia in su.
1. Apri entrambe le braccia mantenendo il
gomito a 90 gradi, in posizione “a candeliere”,
appunto;
• mantieni la schiena più appoggiata possibile
al muro, e i gomiti ben appoggiati.
2. Porta in alto le braccia facendo strisciare
i gomiti lungo il muro;
• i gomiti cercheranno di staccarsi dal muro,
ma tu non permetterlo. Quando si staccano,
significa che hai raggiunto il “fine corsa”, e
che puoi ritornare verso il basso.
3. Torna nella posizione di partenza, sempre
con i gomiti che scivolano sul muro.
Ripeti 10 volte per 3-4 serie.
Questo esercizio può sembrarti estremamente difficile, e potrai avere l’impressione che quasi le
braccia non vadano in alto: questo è perfettamente normale, ed è dovuto alla tensione del trapezio.
Se noti molte difficoltà, inizia eseguendo l’esercizio da sdraiato, a pancia in su.
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ESERCIZI
FASE ACUTA
CI possono essere casi e situazioni nei quali qualunque sforzo o perturbazione
sembra influire negativamente sui tuoi sintomi.
Un approccio saggio al recupero dell’efficienza funzionale è quello di seguire
un protocollo che preveda soprattutto un lavoro sugli arti inferiori:
lo scopo è quello di migliorare la coordinazione e i movimenti in generale
senza irritare il tratto cervicale.
Quando la coordinazione e il movimento migliorano,
si ha spesso una riduzione generale dello stato di contrattura e irritabilità:
questo dovrebbe ridurre lo stato di forte sensibilità del tratto cervicale
e rendere possibile il lavoro specifico.
Obiettivi e consigli
Questi esercizi prevedono soprattutto l’utilizzo degli arti inferiori,
per tenere “al sicuro” il tratto cervicale.
Il tuo obiettivo è quello di migliorare il più possibile la tua agilità
e la tua confidenza con questi esercizi: nel giro di 30 giorni dovranno apparirti
più semplici. Se così sarà, significa che avrai migliorato le tue abilità motorie,
almeno dalla vita in giù, e questo avrà riflessi positivi sul tratto cervicale.
A chi servono
Questi esercizi ti possono servire nel caso ti
fossi rivisto fortemente nel quadro “fase acuta
o collo molto sensibile”.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 1:
wall squat braccia alzate
Posizione di partenza: gambe divaricate, piedi poco più larghi dei fianchi, braccia in alto.
1. Inizia ben lontano dal muro: questo è il
livello di difficoltà minimo.
2. Con le braccia bene in alto, esegui uno
squat: immagina semplicemente di avere uno
sgabello o una sedia dietro di te, e di dovertici
sedere tenendo le braccia in alto;
• per aiutarti, puoi mettere davvero una sedia;
• idealmente, dovresti piegarti fino a quando
i glutei non arrivano all’altezza delle ginocchia, ma va bene anche leggermente sopra.
3. Spingi sui glutei e ritorna nella posizione
di partenza.
Ripeti l’esercizio 12-15 volte, per 3-4 serie.
A questo punto, devi solo trovare il tuo livello di difficoltà ideale: più sei vicino al muro, più l’esercizio
è difficile. Ovviamente, come al solito, il livello di difficoltà ideale è quello della “sfida non eccessiva”.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 2:
affondo “aperto”
Posizione di partenza: in piedi gambe ben divaricate, una davanti all’altra.
1. Tieni la schiena ben dritta e mantienila così
per l’intera esecuzione dell’esercizio.
• ritorna in posizione di partenza e ripeti il
movimento 10-12 volte;
2. Piegati verso il basso: l’idea è che il ginocchio
della gamba che sta dietro sfiori il terreno;
3. Cambia gamba e ripeti l’esercizio.
Esegui 3 giri completi, facendo una breve pausa a ogni giro.
Questo è un esercizio di rinforzo, ma soprattutto un esercizio di mobilità, nel quale è possibile
stabilire il livello di difficoltà e stretching a seconda della capacità di divaricare le gambe una
davanti all’altra. Più i piedi sono lontani, più sarà un esercizio di stretching per la gamba che sta
dietro: l’idea è che tu avverta contemporaneamente un lavoro di rinforzo muscolare della gamba
davanti e un allungamento della gamba dietro.
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
Esercizio 3:
sumo squat
Posizione di partenza: in piedi, gambe divaricate, punte rivolte verso l’esterno. Più le gambe sono
divaricate, più avvertirai tensione nella zona dell’inguine durante l’esercizio. Come al solito, cerca
di creare tensioni mai eccessive.
1. Tenendo la schiena ben dritta, piega le ginocchia fino a che non avverti tensione nella
parte interna della coscia.
2. Torna nella posizione di partenza.
Ripeti l’esercizio 30 volte, facendo una pausa ogni 10.
L’apertura ideale delle gambe è quella nella quale riesci ad arrivare con i glutei più o meno in linea
con le ginocchia. Come dicevo, più le gambe sono aperte, prima sentirai tensione all’inguine, e i
glutei non riusciranno ad arrivare al livello delle ginocchia. In questo caso dovrai naturalmente
ridurre l’apertura.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 4:
mobilizzazione a gamba dritta
Posizione di partenza: sdraiato su un fianco.
1. Alza la gamba il più
possibile, tenendo il
ginocchio ben dritto.
2. A questo punto disegna un semicerchio
con la gamba, sempre
tenendo il ginocchio
dritto;
• nel disegnare un semicerchio da avanti
all’indietro, il comando è uno solo:
tieniti sempre sulla
maggiore escursione possibile. L’idea
è quella di disegnare con la gamba un
“arcobaleno” il più
ampio possibile;
• se avverti dei crampi è perfettamente
normale: riduci leggermente l’ampiezza
del movimento per
limitare il fenomeno3. Disegna 5 “arcobaleni” avanti e indietro,
poi voltati dal lato opposto.
Ripeti 3 volte per lato.
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ESERCIZI “BONUS”:
ARTICOLAZIONE
TEMPORO-MANDIBOLARE
Ecco una serie di esercizi che possono aiutarti a migliorare le cose
a livello dell’articolazione temporo-mandibolare.
Come già detto, considero questi esercizi una sorta di “extra”,
perché il capitolo della mandibola è complesso, multiforme e offre
ben poche certezze.
Un buon lavoro sul tratto cervicale garantisce ottimi risultati nella maggior parte
dei casi, senza passare dalla mandibola.
In alcuni casi, però, soprattutto quando il quadro è caratterizzato anche
da dolore mandibolare e alle tempie, può essere utile
dare un “input” alla mandibola, che è un’articolazione dalle mille risorse.
Obiettivi e consigli
Lo scopo di questi esercizi è quello di rilassare la muscolatura mandibolare
e favorire un miglior controllo dell’articolazione.
Eseguili con molta dolcezza: l’articolazione della mandibola è spesso delicata
e irritabile. L’ultima cosa che vogliamo è farla “arrabbiare”.
Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale
Esercizio 1:
scivolamento laterale controllato
Posizione di partenza: in piedi, davanti a uno specchio, che è di aiuto per osservarsi nei movimenti.
1. Metti le mani davanti alle orecchie, poi apri
e chiudi la bocca per localizzare la mandibola;
• cerca di sentire bene il movimento sotto
alle tue dita.
2. Mettiti davanti a uno specchio e apri la
bocca. Osservandoti allo specchio, devia lateralmente la mandibola da un lato, mantenendola in massima apertura. Ricorda di non
forzare mai troppo. Scivola lentamente da un
lato all’altro, controllando bene il movimento.
Esegui 5-6 movimenti completi, poi prova la stessa cosa con la bocca un po’ più chiusa.
Esercizio 2:
Òcontatto caninoÓ
Posizione di partenza: in piedi, anche qui di fronte a uno specchio per aiutarti.
1. Porta i due canini di destra a contatto.
2. Scivola lentamente in avanti con la mandibola, mantenendo il contatto con tutti i denti. In
pratica, è come se volessi far scivolare la dentatura inferiore su quella superiore. Attenzione: non
è assolutamente semplice, e verrà spontaneo “saltare” qualche dente. Per questo è importante
essere di fronte a uno specchio.
Esegui 5-6 movimenti completi, poi prova la stessa cosa
con la bocca un po’ più aperta, simulando il movimento di prima.
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Come sentirsi meglio
lavorando sul metabolismo
Quale rapporto intercorre fra dolore cervicale e problemi del metabolismo?
I muscoli, in particolare quelli cervicali, sono influenzati dal livello generale di energia,
che è fornita dal metabolismo. Ecco perché una dieta sbagliata o non equilibrata
può provocare una sintomatologia complessa.
Prima di leggere questo capitolo, prova ad
eseguire il test che trovi alle pagine 40-41. Se
hai risposto “sì” a più di 3 domande, allora i
consigli che troverai a seguire potranno esserti molto utili.
Voglio fare una piccola premessa: quello che
stai leggendo non è un libro specificamente
sulla nutrizione. Per questa parte ho chiesto la
collaborazione di una mia collega, la nutrizionista Annalisa Caravaggi, ma le informazioni e i
suggerimenti in questo capitolo sono da intendersi come generali, non volti e neppure adatti
alla risoluzione di problematiche cliniche.
Lo scopo di questo capitolo è infatti quello
di contribuire al miglioramento dell’alimentazione e del metabolismo per arrivare a incidere sull’attività muscolare, ma in caso di
esigenze specifiche è meglio rivolgersi a uno
specialista.
Il nervo vago: un “ponte”
fra metabolismo
e disturbo cervicale
In questo capitolo parliamo di metabolismo,
cioè della serie di processi con i quali il corpo
trasforma il cibo in energia.
E cosa ha a che vedere tutto questo con i problemi cervicali? C’entra eccome: per alcune
persone questo collegamento è incredibile
e porta alla risoluzione di tutti i dolori, men-
tre per altre è meno marcato ma comunque
presente.
Come abbiamo già visto, il metabolismo influenza il collo a causa del nervo vago.
Oggetto di accese discussioni in ambito scientifico, il nervo vago è ormai ampiamente noto al pubblico, tanto che almeno una volta al
giorno qualcuno mi chiama dicendo che ha
“problemi al nervo vago”, salvo poi scoprire
che non ha idea di cosa stia dicendo.
Riassumendo le sue caratteristiche, il nervo
vago parte dalla parte più bassa del cervello,
il tronco dell’encefalo, e finisce praticamente
in tutti gli organi addominali.
Le sue funzioni sono: informare il cervello
di quello che succede a livello degli organi
(80% del suo compito); svolgere le funzioni
tipiche dei momenti di “relax” (digestione,
rallentamento del battito cardiaco, recupero in generale). Perché è così noto? Perché
sembra avere molti collegamenti con muscoli
e vertebre cervicali.
Qualche studio ha azzardato che un mal posizionamento delle prime vertebre cervicali
possa creare disturbi al nervo vago: questa
ipotesi ignora totalmente il modo in cui i nervi
funzionano.
Le vertebre possono essere “mal posizionate”
al massimo di pochi gradi, esercitando perciò
solo lievi pressioni sui nervi vicini, che sono
Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo
fatti per resistere a pressioni ben superiori di
quelle di norma esercitate da un piccolo mal
posizionamento vertebrale.
Basta pensare a questo: una vertebra può essere ruotata di 4-6 gradi, mentre quando si gira la testa, l’insieme delle vertebre arriva a una
rotazione di 90 gradi. Questo per dimostrare
che la pressione sul nervo vago quando la testa è ruotata è ben superiore a quella che può
esercitare una piccola rotazione vertebrale.
Accantonata l’idea che le vertebre mal posizionate possano compromettere il nervo
vago, resta comunque evidente che alcuni
problemi cervicali hanno riflessi sulla digestione – ad esempio si può provare nausea dopo
un colpo di frusta – così come resta evidente
che alcune persone hanno risolto i dolori al
collo cambiando alimentazione.
L’ipotesi più accreditata è questa: lo stato di
costante tensione e infiammazione a livello
cervicale può “trasmettersi” – in realtà il termine non è corretto, ma è per rendere l’idea.
Il termine giusto sarebbe “sensibilizzare” – alle
strutture nervose contenute all’interno delle
vertebre, ovvero il midollo spinale.
All’altezza della prima vertebra cervicale il midollo spinale comincia a diventare la struttura
dalla quale parte il nervo vago, cioè il tronco
dell’encefalo.
Ecco perché, in alcune persone, prolungati
stati infiammatori del tratto cervicale possono “infiammare” – anche qui, il termine non
è corretto anche se molto utilizzato – il nervo vago creando problemi digestivi, nausea
in primis.
E poiché nel corpo umano i collegamenti si
attivano sempre nei due sensi, non solo i problemi del collo si riflettono sulla digestione,
ma è vero anche il contrario, ossia che le difficoltà nella digestione si riflettono sul collo!
Se è vero che un prolungato stato infiammatorio delle vertebre cervicali può irritare il
nervo vago e causare problemi digestivi, uno
stato prolungato di infiammazione a livello degli organi digestivi può irritare il nervo vago
e influire di riflesso sulle vertebre cervicali.
Questo è ciò che devi sapere sul nervo vago,
che è il principale collegamento tra metabolismo e disturbo cervicale.
Dato che potresti sentir parlare di nervo vago completamente a sproposito, i seguenti
concetti riassuntivi ti salveranno da possibili
informazioni non corrette:
• il nervo vago entra in gioco in momenti di
relax. Chi ha stati di ansia cronica ha logicamente il nervo vago sempre “spento”, e
quindi le funzioni digestive compromesse.
Ma il problema è l’ansia cronica, non il nervo
vago!
• di fatto non esistono i “problemi del nervo
vago”: esistono invece problemi cervicali e/o
metabolici che creano sofferenze al nervo
vago;
• non esiste un modo affidabile al 100% per
misurare le funzionalità del nervo vago. Si
utilizza un parametro chiamato variabilità
cardiaca, e tutti i sotto-parametri che ne
derivano. Lo utilizzo anch’io, ma è un esame capace di rivelare tutti i segreti delle
funzionalità vagali: capita frequentemente
di vedere casi con sintomi completamente
diversi, ma con esami di variabilità identici;
• dato che non esiste un esame strumentale
per determinare con certezza la funzionalità
del nervo vago, va da sé che non si possa
determinarne lo stato tramite la palpazione.
Quanto vedremo in questo capitolo ha lo scopo di migliorare le funzionalità del metabolismo e quindi del nervo vago, così da ridurre
il riflesso che questo può avere sulle vertebre
cervicali.
Prima, però, scopriamo in quali altri modi il
metabolismo può “fregare” i muscoli, e non
solo quelli del collo.
91
92
Il protocollo “Cervicale STOP!”
Metabolismo e disturbo
cervicale: altri
collegamenti
1) Il metabolismo e l’alimentazione influenzano il nutrimento dei muscoli. Sembra il
concetto più ovvio di questo mondo, ma spesso lo dimentichiamo: i muscoli funzionano
grazie al carburante che ci inserisci.
Perciò possono verificarsi diverse situazioni
problematiche se il carburante:
• è di bassa qualità;
• è troppo poco;
• viene inserito nei momenti sbagliati;
• non viene utilizzato correttamente dal metabolismo, perché “si è guastato”.
I muscoli sono la vittima ideale di tutte queste situazioni. Considerando poi che i muscoli
cervicali sono comunque quelli più sollecitati
in termini posturali, si può ben capire come
sia facile metterli in difficoltà.
2) Il tipo di alimentazione influenza la
quantità di molecole infiammatorie in
circolo nel corpo. Alcuni alimenti contengono sostanze potenzialmente dannose per
il nostro organismo, il quale tenta dunque di
neutralizzarle il più possibile durante la digestione. Per fare questo si innesca un processo
infiammatorio vero e proprio con conseguente aumento delle molecole infiammatorie in
circolo.
Purtroppo molti di questi alimenti sono
spesso alla base della nostra alimentazione
quotidiana: parliamo infatti di farine raffinate,
carni trasformate, formaggi, cibi processati e
industrializzati. Al di là del loro valore nutrizionale, la “carica infiammatoria” di questi cibi
dovrebbe essere bilanciata da un’abbondante
assunzione di alimenti antinfiammatori, che
sono rappresentati principalmente da frutta
e verdura.
Un’alimentazione troppo sbilanciata verso gli
alimenti infiammatori produrrà un lento ma
inesorabile aumento delle sostanze infiammatorie in circolo, situazione sempre accompagnata da un aumento dei problemi muscolari
e articolari.
Un buon parametro per capire l’impatto infiammatorio di un cibo è il carico acido potenziale (PRAL): più è alto, più l’alimento è
infiammatorio. Se il valore è basso (oppure un
numero negativo), l’alimento è antinfiammatorio. Negli allegati a questa sezione troverai
una tabella del PRAL dei cibi più comuni (vedi
pagine 94-97).
3) Un’idratazione insufficiente provoca
disequilibrio e alterazioni a livello metabolico e muscolare. Anche qui, il concetto è
semplice: in condizioni normali, il corpo mantiene un determinato equilibrio tra apporto e
cessione di liquidi corporei, tale per cui ogni
24 ore vengono sostituiti da 2 a 2,4 litri di
liquidi, che equivalgono a circa il 3% del peso
corporeo.
Questo significa che un individuo che pesa 60
kg deve bere almeno 1,8 litri di acqua al giorno,
altrimenti il corpo sarà costretto a prelevare
dalle riserve oppure a rallentare il metabolismo. Il muscolo è composto per circa il 75%
da acqua, quindi rappresenta un’importante
riserva idrica.
A fronte di tutto ciò, quale tessuto fa maggiormente le spese di un’idratazione scorretta?
Ovviamente il tessuto muscolare, che diventerà di conseguenza meno idratato e, quindi,
dolente!
4) L’alterazione della flora microbica intestinale provoca conseguenze a livello muscolare. Per quanto possa far senso l’idea, i
batteri che abitano l’intestino pesano in tutto
circa 1,5 kg, e svolgono un’incredibile quantità
di funzioni.
Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo
Tra queste c’è anche la produzione di neurotrasmettitori, principalmente la serotonina.
I neurotrasmettitori sono le sostanze con le
quali le cellule nervose comunicano tra loro
e con le cellule muscolari: un loro sbilanciamento ha un effetto tremendo sul dolore
percepito, sulla capacità di produrre energia
e su tutta una serie di altre funzioni.
Ci sono molti modi tramite i quali compromettere l’equilibrio della flora microbica,
tra cui l’uso frequente di antibiotici (anche
in passato), l’essere nati con parto cesareo,
il mancato allattamento al seno. Si possono
però mettere in atto una serie di accorgimenti
per riequilibrarla. Tra poco li vedremo.
Schemi alimentari
Di seguito troverai tre schemi alimentari, pensati per aiutarti a migliorare le funzionalità del
metabolismo.
Il principio che abbiamo seguito nel prepararli
è basato sui sintomi elencati al capitolo 4: più
“sintomi metabolici” presenti, più il tuo schema alimentare dovrà essere rigido e preciso.
Se non manifesti una grande quantità di sintomi del metabolismo, pensare questo può
significare due cose: che il tuo stile di vita e
la tua alimentazione sono piuttosto corretti
oppure che finora il tuo corpo ti ha “graziato”.
Se non hai molti sintomi o se non ne hai proprio, basteranno alcune regole di massima: se
invece l’apparato gastroenterico rappresenta
un problema, assieme al disturbo cervicale, ci
sarà sicuramente da impegnarsi un po’ di più.
Approccio metabolico di livello 1:
regolazione glicemica e
abbassamento del grado
infiammatorio
Se con il test di autovalutazione hai rilevato
poca necessità di occuparti del metabolismo,
questi piccoli accorgimenti dovrebbero essere assolutamente sufficienti per te.
1) Regola meglio il carico glicemico (GL)
L’andamento glicemico ottimale prevede che
la colazione sia molto più abbondante della cena, in quanto al mattino l’organismo è
molto più predisposto all’assunzione di cibo.
Fai attenzione quindi a introdurre nella colazione almeno una forma di carboidrati complessi (fette biscottate, pane integrale, cereali
integrali) e 1-2 frutti di stagione.
A cena cerca di limitare al minimo i carboidrati come pasta, pane, riso, frutta e dolci, o
addirittura di eliminarli del tutto.
Un esempio di cena potrebbe essere costituito da un secondo e un contorno di verdure
in cui non siano presenti né patate né legumi.
Ricordati sempre di introdurre un quantità
di acqua giornaliera pari ad almeno il 3% del
peso corporeo.
2) Abbassa il carico infiammatorio
Prendi la tabella allegata, ti illustrerà il PRAL
di vari alimenti (in ordine decrescente nell’ultima colonna): più il PRAL – calcolato in base
ai minerali contenuti nell’alimento– è alto, più
l’alimento è infiammatorio. Ora scrivi su un foglio cosa hai mangiato ieri oppure cosa mangi
in una giornata-tipo; scrivi il PRAL di fianco a
ogni alimento e poi fai la somma.
Un buon valore, alla fine, dovrebbe essere zero: se addirittura fosse un numero negativo,
meglio ancora! Tutto ciò che dovrai fare è
cercare di ridurre il PRAL della tua alimentazione, togliendo gli alimenti a PRAL più alto
e sostituendoli con altri a PRAL basso o negativo.
Con il tuo profilo metabolico, non è necessario che il PRAL vada a zero o sotto zero,
è sufficiente che resti il più basso possibile.
Queste semplici raccomandazioni dovrebbero assolutamente bastare.
93
94
Il protocollo “Cervicale STOP!”
NOME
PORZIONE
MEDIA (g)
GL
PRAL
Aceto
5
0
0
Agrumi
150
6
-4,6
Albicocche
150
5,5
-9
Ananas
150
5,6
-4,5
Anguria
150
2,1
-4,6
Arachidi
30
0,2
1
Asparagi
200
0
-1,9
Banana
150
8,8
-6,4
Barbabietole rosse
200
4,2
-9,6
Bibite analcoliche
200
13
0
Bieta
200
0
-7
Biscotti
35
16,6
0,8
Brioches e torte
60
23
1,2
Broccoli
200
0
-4,2
Burro
10
0
0
Caffè non zuccherato
30
0
-1,3
Caffè zuccherato
30
3,4
-1,3
Carciofi
200
0
-4,3
Carni bianche
100
0
10,1
Carni rosse
100
0
9,5
Carote
200
2,3
-6,8
Cavolfiore
200
0
-6
Cavolini di Bruxelles
200
0
-8,1
Cavolo cappuccio rosso e verza
200
0
-10,7
Cavolo cappuccio verde
200
0
-8,3
Ceci
150
8,8
1,3
Cereali in fiocchi, cornflakes ecc.
30
24,4
0,6
Cereali, frutta secca ed essiccata,
fiocchi integrali, muesli ecc.
30
14,3
0,9
Cetrioli
200
0
-3,8
Cicoria
200
0
-7,8
Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo
NOME
PORZIONE
MEDIA (g)
GL
PRAL
Ciliegia
150
2,6
-5,7
Cioccolato al latte
30
6,4
-0,6
Cioccolato fondente
30
3,9
-1,2
Cipolle
200
0
-2,9
Crackers
30
13,7
1,2
Crema di cacao e nocciole
30
4,3
-0,5
Datteri
40
23,4
-5,1
Dolcificante
4
0,3
0
Fagioli
150
9,2
-6,7
Fagiolini
200
0,7
-7,8
Fichi
150
6,9
-6
Fichi secchi
50
17,7
-9,8
Finocchi
200
0
-8,5
Formaggi misti
75
0
12
Fragola
150
3
-3,8
Frutta mista
150
5,8
-5,1
Fruttosio
4
0,8
0
Gelato alla frutta
100
7,4
-0,2
Grissini
30
13,9
2,5
Indivia
80
0
-4,4
Insaccati o affettati
50
0
5,4
Insalata mista (senza carote, mais o patate)
80
0,2
-2,6
Kiwi
150
6,8
-7,6
Latte con cioccolato
125
4,9
-2
Latte di soia
125
0,4
0,1
Latte intero
125
1,7
0,1
Latte scremato
125
2,1
0,4
Lattuga
80
0
-2,5
Legumi misti
150
7,3
0,2
Lenticchie
150
7,3
3,1
Mais
80
9,4
-0,6
95
96
Il protocollo “Cervicale STOP!”
NOME
PORZIONE
MEDIA (g)
GL
PRAL
Mandorle
30
0
0,3
Marmellata
20
6
-0,4
Mela
150
6,8
-3,1
Melanzane
200
0
-4,2
Melone
150
3,4
-4,7
Miele
20
8,8
-0,1
Minestra di legumi (senza pasta)
250
12,1
-1,3
Minestra di verdura (senza legumi o pasta)
250
2,5
-5,6
Mozzarella
100
0
14,3
Nocciola
30
0,3
0,4
Noci
30
0,1
1
Olio vegetale (oliva, soia, mais ecc.)
10
0
0
Orzo
80
24,3
5,9
Orzo non zuccherato
30
0
-0,2
Orzo zuccherato
30
3,4
-0,2
Pane bianco
50
23
1,4
Pane di farro
50
21,8
5,9
Pane di kamut
50
15,9
4,2
Pane integrale di frumento
50
13,7
1,8
Pane integrale di segale
50
9,4
2
Panini
100
23
8,2
Parmigiano
50
0
11,6
Pasta
80
28,5
5,4
Pasta integrale
80
22,2
7,1
Patate al forno
200
43,7
-18,4
Patate bollite
200
16,9
-9
Patate fritte (senza sale)
200
44,9
-20,8
Patatine
75
20,7
-13,5
Peperoni
200
0
-5,6
Pera
150
5,4
-3,3
Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo
NOME
PORZIONE
MEDIA (g)
GL
PRAL
Pesca
150
4,7
-6,3
Pesce
150
0
14,1
Piselli
150
3,8
3
Pistacchi
30
0,2
0,2
Pizza margherita
350
148,1
-8,8
Polenta
150
41,6
2,5
Polenta integrale
150
37,8
2,7
Pomodori
200
2,1
-10
Pompelmo
150
1,6
-4,6
Pop corn
35
19,3
3,3
Prugna
150
7,5
-4,9
Ricotta
100
0
6,3
Riso bianco
80
57,2
3,2
Riso integrale
80
34,1
1,9
Riso soffiato
30
19,6
1,3
Sgombro (in scatola, sott'olio)
50
0
8,9
Soia
150
2,2
4,3
Succo di frutta
200
12,2
-2,3
Succo di limone
10
0
-0,3
Tè non zuccherato
200
0
-1,6
Tè zuccherato
200
5,4
-1,6
Tonno (in scatola, sotto'olio)
50
0
6,3
Trancio o spicchio di pizza margherita
120
50,8
-3
Uova
50
0
4,4
Uva
150
10,8
-5,9
Verdure bollite miste (cavolfiore, carote,
patate)
200
6,9
-7,2
Verdure cotte miste (bieta, melanzane,
spinaci, zucchine ecc.)
200
0
-12,3
Yogurt
125
2,1
0,6
Zucchero
5
3,4
0
Zucchine
200
0
-5,7
97
98
Il protocollo “Cervicale STOP!”
Approccio metabolico livello 2:
stretto controllo glicemico e PRAL
negativo
Se hai bisogno di questo approccio, significa
che il tuo metabolismo non se la passa benissimo, e per questo è necessario un “reset”.
Segui questo piano nel modo più preciso
possibile per un minimo di 12-15 giorni di fila,
il tempo minimo necessario a impostare un
cambiamento.
Intenzionalmente non sono state indicate le
quantità: non si tratta infatti di un piano per
dimagrire, anche se potresti notare questo
piacevole effetto collaterale, ma di far funzionare al meglio il metabolismo.
Trascorso questo primo periodo, potrai introdurre una maggiore varietà di alimenti.
Una raccomandazione fondamentale è sicuramente quella di rispettare gli orari indicati,
perché sono importanti per (ri)assettare i
livelli ormonali.
Fai i turni o lavori di notte? Non importa, molti
studi dimostrano che anche chi fa i turni ha
interesse a mangiare con gli stessi orari di chi
non li fa, quindi cerca di avvicinarti il più possibile. Sei invece i tuoi orari sono generalmente
molto diversi… questo potrebbe essere parte
del problema!
Ma veniamo al protocollo alimentare di una
giornata-tipo.
Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo
Pasti di una giornata-tipo
per lÕapproccio metabolico di tipo 2
COLAZIONE
(H 5.30-8:30)
carboidrati complessi (fette biscottate integrali o pane integrale)
con marmellata
1-2 alimenti a scelta tra fichi secchi, datteri, albicocche, albicocche
secche, uva passa
1-2 frutti freschi e una manciata di noci o mandorle.
1 yogurt (anche vegetale)
METÀ
MATTINA
se non ti piace lo yogurt, puoi mangiare 2 frutti
oppure 1 frutto e 1 succo di frutta
oppure della frutta disidratata come fichi secchi, albicocche secche,
uva passa.
un alimento a scelta tra: legumi, riso integrale o pasta integrale
in bianco con olio con un sugo di verdure;
PRANZO
a seguire, verdure miste di stagione condite con olio d’oliva
(H 12.00 -13.30)
e un alimento a scelta tra: salmone fresco, sgombro, uova, pesce fresco
in generale, latticini magri, carne bianca ai ferri o al vapore.
METÀ
POMERIGGIO
una manciata di frutta secca a guscio
(mandorle, anacardi, nocciole, noci)
e 1 frutto di stagione.
una porzione di verdure miste di stagione (escludendo patate e legumi)
condita con olio d’oliva
a seguire, un alimento a scelta tra: carne bianca non troppo condita,
CENA
carne rossa non troppo condita (non più di 2 volte a settimana
(H 19.00-20:30)
e preferendo sempre tagli magri), uova, pesce fresco, latticini magri
ricorda di bere acqua in quantità pari ad almeno il 3% del tuo peso
corporeo.
99
100
Il protocollo “Cervicale STOP!”
Ti sarai accorto che in questo schema non
sono presenti né pasta né pane tradizionali,
ma come fonte di carboidrati sono utilizzati cereali integrali e legumi. Si tratta di una
scelta abbastanza indispensabile, dato che
pasta (tradizionale) e pane bianco sono ad
alto potenziale infiammatorio.
Se alcuni degli alimenti consigliati non ti piacciono, prendi la tabella allegata e scegline
uno con indice glicemico e PRAL più simili
possibili. L’indice glicemico, per semplificare,
indica quanto un alimento fa salire la glicemia:
il piano è impostato in modo che la glicemia
vada scendendo durante la giornata, quindi
attenzione a non scegliere alimenti con valori
troppo diversi.
Trascorsi 12-15 giorni della dieta descritta
sopra, le cose dovrebbero andare meglio in
termini di energia generale e di sintomatologia. A questo punto potrai introdurre una
maggiore varietà di alimenti. Fai attenzione,
però: se torni a mangiare esattamente come
prima, verosimilmente ogni conquista sarà
vana. Calcolatrice alla mano, calcola PRAL e
indice glicemico di ciascun pasto, così come
li hai impostati nei primi 15 giorni. Tabella alla
mano, guarda l’alimento che vorresti mangiare e non scostarti dai valori più del 20%,
questo per almeno 5 giorni a settimana. Come
schema di lungo termine, così dovresti andare
alla grande.
Approccio metabolico livello 3:
ripristino della flora intestinale
Se hai bisogno di questo tipo di approccio è
probabile che la tua flora microbica intestinale non lavori più a dovere: potrebbe anche
non farlo da tempo immemore, dato che alcuni fattori predisponenti a questa situazione appartengono all’epoca immediatamente
post-natale.
Ricorda, come ho già detto a inizio capitolo,
che in questa sezione l’argomento è trattato
in modo generalista: in ogni caso, se non hai
mai tentato un approccio nutrizionale volto
a migliorare il tuo metabolismo, questa può
essere un’ottima base di partenza, poi potrai
eventualmente consultare uno specialista.
Piuttosto che utilizzare integratori probiotici,
la cui efficacia non è ancora ben chiara, devi
inserire nella dieta alimenti ricchi, possibilmente ricchissimi, di varie specie batteriche,
che favoriscano lo sviluppo di una corretta
flora microbica.
Al contrario, dovrai tenere al minimo quelli
che favoriscono il proliferare di specie batteriche dannose o poco utili.
Quali sono gli alimenti che agevolano lo sviluppo della flora microbica?
Genericamente parlando, si tratta degli alimenti sottoposti a processo di fermentazione. Noi conosciamo soltanto lo yogurt, ma in
realtà la fermentazione è uno dei più antichi
metodi di conservazione dei cibi.
In questa sezione ti parlerò di due alimenti:
il kefir e le verdure fermentate. Se vorrai approfondire l’argomento, ti rimando all’ottimo
libro di Fabio Piccini Alla scoperta del microbioma umano (2015), dal quale peraltro ho
tratto alcuni spunti.
Kefir: è una sorta di yogurt, che si prepara per
lo più artigianalmente, a partire dai granuli.
Esiste un gruppo dedicato sui social, che si
occupa di mettere in contatto tutte le persone ormai molto pratiche della preparazione,
che hanno granuli in più e che li possono donare: sembra che la pratica della donazione
dei granuli sia una specie di “rito” piuttosto
diffuso. Io ho provato ad acquistare sia i granuli sia il prodotto direttamente (esiste sia in
versione “di acqua” che in versione “di latte”)
su un sito e ci sono riuscito bene.
Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo
Verdure fermentate: il consumo di una buona quantità di verdure fermentate è il miglior
probiotico che possiamo immaginare, e sono
anche buone, non appena hai fatto un po’ di
esperienza. La preparazione di verdure fermentate può essere un po’ laboriosa soprattutto i primi tempi, ma non è difficile prendere dimestichezza e farla entrare nella nostra
routine quotidiana1.
Altri alimenti consigliati: topinambur (in
qualche modo simile al carciofo) e cicoria
contengono inulina, un naturale nutrimento
del nostro microbiota. L’aceto di mele si è dimostrato un potente coadiuvante della flora
microbica grazie all’azione dell’acetobacter.
Integratori consigliati: come dicevo, la questione probiotici è controversa. Sicuramente
l’utilizzo di alimenti fermentati è sufficiente a
coprire le nostre esigenze di ripristino della flora batterica. Vale però la pena fare un
piccolo accenno alla questione alfa-lattoalbumina: questa sostanza è una componente
fondamentale del latte materno, ed è quella
che dà lo “start” alla colonizzazione dell’inte-
stino da parte della flora microbica. Sembra
che il suo utilizzo nell’adulto abbia un effetto
coadiuvante nel favorire la proliferazione di
specie batteriche “buone”: io l’ho provata, e
devo dire che sinceramente è l’unico integratore che utilizzo con una certa regolarità, cioè
che mi fa percepire una differenza quando lo
uso. Il nome commerciale è Serplus complex®,
e se ne usa da mezza a una bustina mezz’ora
prima di colazione.
Adesso possiamo vedere insieme il protocollo
alimentare della prima fase.
Nel suo libro già citato, Fabio Piccini, uno dei
maggiori ricercatori italiani sul microbiota,
suggerisce un “reset” metabolico di 3 giorni,
nei quali si devono mangiare soltanto alimenti
vegetali. In pratica, 3 giorni di dieta vegana.
Se sei tra coloro che non hanno una minima
idea di come possano essere strutturati in
modo corretto e sano, nella tabella sotto ne
trovi una possibile declinazione, dalla quale
puoi prendere spunto.
Per gli amanti delle proteine si tratta indiscutibilmente un bel trauma, ma in fondo sono
solo 3 giorni.
Reset metabolico (fase 1)
frutta mista fresca
COLAZIONE
frutta essiccata (albicocche, fichi secchi, datteri)
frutta secca (mandorle o noci).
PRANZO
E CENA
patate o legumi (a fare da carboidrato “sostanzioso”)
verdure fermentate, verdure fresche (carciofi, asparagi, finocchi,
broccoli, cavolo, zucchine ecc.).
1. In rete una buona guida su come fermentare le verdure si trova sul sito wikiHow.
101
102
Il protocollo “Cervicale STOP!”
Trascorsi questi primi 3 giorni, si può passare
alla seconda fase reintroducendo gli alimenti
proteici e passando a un’alimentazione più
simile a quella “normale”. Sempre strizzando
l’occhio al microbiota e al tenore antinfiammatorio. Quindi la dieta diventerebbe come
indicato nella tabella sotto.
Ricorda di inserire gli alimenti consigliati (topinambur, cicoria e aceto di mele) e anche
che il pesce fresco ha proprietà decisamente
più antinfiammatorie rispetto alla carne.
Ricorda inoltre di bere acqua in quantità pari
ad almeno il 3% del peso corporeo.
Continua così fino a quando non ti senti meglio, idealmente 20-30 giorni in cui cerchi di
“sgarrare” il meno possibile, anche perché
generalmente persone con queste caratteristiche metaboliche non possono permettersi
pranzi o feste luculliane senza pagarle care.
A questo punto, potrai seguire, come schema
di lungo termine, quello illustrato nel livello
precedente, dedicato a chi presenta un numero inferiore di sintomi metabolici e gastrointestinali. Quando si parla di alimentazione, l’ingrediente fondamentale è la sostenibilità: il piano
alimentare non deve essere troppo difficile da
seguire, altrimenti lo abbandonerai presto.
reinserimento proteico (fase 2)
COLAZIONE
2 o 3 frutti freschi. Se la frutta fresca ti sembra troppa,
va bene anche quella essiccata, ma almeno 1 frutto deve essere fresco
kefir
gallette di riso integrale con marmellata più possibile “naturale”.
METÀ
MATTINA
yogurt intero
1 frutto fresco.
patate, legumi o riso integrale
PRANZO
(H 12.00 -13.30)
verdura fermentata, verdura fresca
METÀ
POMERIGGIO:
1 frutto fresco
a seguire, un alimento a scelta tra: pesce fresco, ricotta fresca,
petto di pollo o di tacchino, uova.
una manciata di mandorle o noci.
verdura fermentata
CENA
verdura fresca
un alimento a scelta tra: pesce fresco, ricotta fresca, petto di pollo
o tacchino, uova.
103
L’impatto muscolare
dello stress emotivo:
come valutarlo e ridurlo
Reiterati stati di ansia e stress possono rappresentare la causa principale del disturbo
cervicale. In questi casi è molto urgente comprendere l'origine del disturbo, perché
le sue manifestazioni possono essere estremamente variegate, improvvise e violente.
Prima di diventare “anche” un autore, comunicatore e responsabile web, ero “solo” un
fisioterapista. E come tutti i fisioterapisti che
si rispettino, la mia giornata si svolgeva più
o meno così: apertura dello studio di buon
mattino, un paziente dietro l’altro spesso senza pausa, chiusura dello studio all’ora di cena
– mi ponevo dei limiti, ma qualche collega si
spinge anche oltre.
D’inverno inoltrato poteva benissimo capitare
che non vedessi la luce del sole per tutto il
giorno.
Moltissimi colleghi si trovano in una situazione analoga, e molti ne sono anche felici:
in fondo, avere molti pazienti significa che il
lavoro sta andando bene.
Ma per quanto amassi il mio lavoro, questa
modalità è sempre stata piuttosto pesante
per me: nelle giornate molto dense capitava
regolarmente anche a me quello che è l’argomento principale di questo capitolo.
Cosa mi succedeva? A un certo punto della
giornata la stanchezza iniziava a farsi sentire,
e andava a sommarsi a tutte le varie cose che
possono succedere: ritardi, imprevisti ecc.
Come conseguenza, la tensione dei muscoli
cervicali iniziava ad aumentare, e io cercavo
di attenuarla con una sorta di auto-manipolazione rapida, con assai scarso successo. Tutto ciò per dire: la tensione nervosa, e quindi
il grande capitolo dello stress, ha un forte
peso sul disturbo cervicale.
Si tratta di argomenti piuttosto impegnativi,
quindi facciamo subito due premesse: non sono uno psicologo né uno psichiatra, ma dedico buona parte del mio lavoro e delle mie
ricerche a ridurre l’impatto dello stress sui
muscoli; in caso di situazioni cliniche di ansia
e depressione, che magari richiedono l’utilizzo
di farmaci, i consigli di questo capitolo possono sicuramente risultare utili, ma sicuramente
non sono da considerare risolutivi.
Detto questo, quello che cercherò di spiegare
in questo capitolo è:
• come capire quanto il disturbo cervicale è
legato a stati di ansia e stress;
• perché lo stress emotivo e la tensione nervosa si riflettono sul collo, e cosa provocano;
• i collegamenti “nelle due direzioni” tra ansia
e disturbo cervicale;
• le migliori tecniche per ridurre l’impatto
dello stress sui muscoli cervicali.
Come capire quanto
il disturbo cervicale
è legato a stati di ansia
Probabilmente ti sei già sentito dire da qualcuno che “il tuo disturbo è causato soprattutto dallo stress”.
104
Il protocollo “Cervicale STOP!”
A questo punto, la tua reazione può essere
stata di due tipi: di rifiuto, perché senti che
non è così; oppure di tacito consenso, dato
che lo stress è un tuo fidato “compagno di
vita”.
La cosa più strana, che mi è capitato spessissimo di vedere, è che chi rifiutava l’idea aveva
in realtà un disturbo da stress, e chi era convinto che il suo problema fosse la tensione
nervosa aveva invece un disturbo puramente
“meccanico”.
D’altronde, la nostra tendenza è quella di nascondere i punti deboli: incredibilmente, lo
facciamo anche nei confronti di chi ci vuole
aiutare, senza accorgercene.
Per capire quanto il tuo disturbo possa essere
legato a un eccessivo accumulo di stress psicofisico, possiamo sfruttare un semplicissimo
principio: l’accumulo di stress psicofisico provoca tanti altri sintomi, al di là della tensione
al collo.
Esegui poi il test di autovalutazione che trovi a
partire da pagina 34. Se presenti un numero di
sintomi superiore a 2-3, allora puoi prendere
in considerazione i consigli di questo capitolo.
Tanto più se ti riconosci in stati simili a questi:
• frequente agitazione;
• tachicardia ed extrasistole;
• abitudini nervose come mangiarsi le unghie;
• fame nervosa o comportamenti alimentari
“compensatori”;
• sonno disturbato o non riposante;
• ritrovarsi in apnea o con le spalle rigide senza motivo;
• tendenza a procrastinare e a schivare le responsabilità;
• ricerca frequente di momenti di svago
(smartphone, social);
• difficoltà di concentrazione;
• mancanza di lucidità;
• perdita della memoria a breve termine.
Ecco, più ti riconosci nei sintomi appena elencati, più è probabile che tu sia in uno stato di
accumulo di stress psicofisico.
Se il disturbo cervicale si accompagna a tutti
questi elementi, è difficile pensare che si tratti
di un problema totalmente a parte, che prescinde dall’accumulo di stress.
Di conseguenza, le indicazioni che troverai ti
potranno essere molto utili.
Prima di affrontare un nemico così complesso, però, cerchiamo di capire come lo stress
può drasticamente peggiorare lo stato dei
muscoli cervicali, e come si manifesta il disturbo in questi casi.
Quando il problema cervicale è causato principalmente dallo stress psicofisico, avvengono
infatti una serie di fenomeni che potrebbero
anche farti preoccupare, o comunque non
capire bene la situazione.
È successo così a Fabrizio, una delle storie
che ha riscosso maggior “successo” sul mio
sito web.
La storia di Fabrizio è sicuramente particolare, perché non sempre – aggiungerei per
fortuna – capita di manifestare sintomi così
improvvisi e così intensi da dover tornare a
casa dal lavoro in taxi perché non si è in grado
di guidare l’auto.
Eppure a lui è successo: Fabrizio avvertiva da
qualche tempo un certo aumento di tensione
muscolare al collo, ma lo aveva imputato a
un momento veramente molto stressante dal
punto di vista lavorativo.
Gli erano già capitati periodi di questo tipo,
e ne era sempre uscito indenne: questa volta
avvertiva qualche sintomo in più, ma pensava
che fosse dovuto al passare degli anni. Invece
quel giorno è successo qualcosa che non poteva certo immaginare: nel giro di poche ore
la tensione muscolare è aumentata in modo
esponenziale, diventando dolorosissima. In
più si sentiva decisamente instabile, come se
L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo
stesse “camminando sulle nuvole”: la vista era
affaticata e in generale si sentiva pesante e
dolorante al punto di non riuscire a guidare.
È arrivato da me mesi dopo, quando la situazione era già in parziale miglioramento, grazie
anche a dei miei esercizi che aveva trovato in
rete. Potendo analizzare la situazione dopo
che aveva già fatto una marea di accertamenti, è stato facile capire come il suo problema
principale fosse stato l’eccessivo accumulo
di stress. Infatti, gli esami radiologici non mostravano nulla di particolarmente interessante; le analisi che gli avevano fatto per escludere patologie importanti erano negative e i
sintomi si erano già attenuati.
Anche se Fabrizio aveva “solo” un problema di
stress, si è trovato ko dalla sera alla mattina, e
da lì ha impiegato mesi a recuperare.
Un altro mio caro amico, il classico “topo da
biblioteca” in versione informatica, è finito in
pronto soccorso con il sospetto di gravi malattie neurologiche, ma in realtà presentava la
stessa identica situazione di Fabrizio.
Tutto questo per dire: quando si parla di
stress, si parla di qualcosa che può essere
davvero molto potente e dare grandi problemi. Non è assolutamente un problema di
“serie B” o qualcosa da non prendere troppo
in considerazione.
Capire in concreto cosa succede in questi casi
è molto importante, e il motivo è il seguente:
quando il disturbo cervicale è causato principalmente da problemi di accumulo di stress,
le sue manifestazioni possono essere molto
forti, e soprattutto molto “variegate”.
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106
Il protocollo “Cervicale STOP!”
Per manifestazioni “variegate” intendo sintomi poco spiegabili solo con l’anatomia: parlo
di formicolii vari, sensazione di stanchezza,
difficoltà a mettere a fuoco senza che ci siano
problemi visivi, pesantezza ecc.
Questi sintomi spesso preoccupano molto la
persona che ne soffre, che vaga da una parte all’altra alla ricerca di una diagnosi, che di
fatto non arriva mai.
Più questa persona cerca di capire l’origine
dei suoi sintomi, meno agisce in direzione
delle uniche cose che le sarebbero davvero
di aiuto, ovvero:
• iniziare a fare un buon lavoro sui muscoli;
• cercare di ridurre il carico di stress;
• attuare delle migliori abitudini posturali e
un diverso stile di vita.
I complessi rapporti fra
tratto cervicale e stress,
acuto e cronico
Per comprendere la mole di danni che lo
stress può causare al tratto cervicale e all’organismo in generale, non c’è niente di meglio
che utilizzare l’esempio dello stress acuto.
Lo stress acuto è un momento particolare
in cui la tensione è al massimo, ad esempio
mentre stai aspettando informazioni vitali che
riguardano la salute di una persona a te molto
cara, magari nella sala di attesa di un pronto
soccorso.
Una situazione di quel tipo è un classico esempio di stress acuto, una condizione di tensione
massima, ma che prima o poi si esaurisce.
Lo stress cronico è invece tutto ciò che
accumuliamo nella vita quotidiana: non una
situazione acuta come quella descritta sopra,
ma una serie di tensioni, spesso legate al lavoro o alla famiglia, che si accumulano e si portano avanti per giorni, settimane, mesi e anni.
Durante la fase di stress acuto, nel nostro corpo avvengono molte reazioni, che ci fanno
avvertire altrettanti sintomi: capendo cosa
succede in questi casi, è facile anche comprendere cosa succede nello stress cronico,
che dobbiamo affrontare quotidianamente.
In pratica, si tratta delle stesse reazioni e degli
stessi sintomi, abbassati di intensità ma spalmati più a lungo nel tempo: purtroppo, per il
corpo umano lo stress cronico è molto più
“logorante” rispetto che a quello acuto.
Ma veniamo ai muscoli: cosa succede ai muscoli in una fase di stress acuto, come nel caso
dell’attesa di informazioni vitali di cui ho parlato prima? Semplice da intuire: tutti i muscoli
si irrigidiscono e diventano tesi, ma fortuna
vuole che questo avvenga soprattutto a livello dei muscoli cervicali, che sono in assoluto
quelli più sensibili alla tensione nervosa.
E cosa accade se durante una fase di stress
acuto qualcuno ti propone di fare uno spuntino? Beh, probabilmente rifiuterai perché in
quel momento lo stomaco e l’intestino sono
completamente chiusi: non è certo il momento di mangiare!
Ecco perché anche chi soffre di stress cronico ha spesso problemi e gonfiori digestivi,
che guarda caso spesso si accompagnano ai
disturbi cervicali.
In più, durante uno stress acuto il cuore batte
più forte del dovuto, la capacità di concentrazione cala a picco e si possono provare una
serie di sensazioni “sparse” non ben definibili:
esattamente come accade quando l’accumulo
di stress diventa cronico.
Lo stress cronico può quindi avere un fortissimo impatto sulla cervicale, e creare in
abbinamento tutta un’altra serie di sintomi.
Ormai per me è facile riconoscere se una
persona ha disturbi prevalentemente legati
alla postura e al movimento, o se sono anche
legati all’accumulo di stress.
L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo
La persona con disturbi legati al movimento ha tipicamente solo dolore, spesso ben
localizzato e molto legato ai movimenti che
compie.
Chi invece ha un accumulo di stress che si
riversa sul collo ha un quadro molto diverso:
• non sente un vero e proprio dolore, ma una
situazione di tensione costante, come una
morsa;
• la tensione e il dolore non cambiano più di
tanto a seconda dei movimenti che fa;
• presenta tutta un’altra serie di sintomi, quelli
di cui parlavo un attimo fa.
A questo punto dovresti avere ben chiaro
l’importante ruolo dello stress nel disturbo
cervicale, e dovresti ormai aver capito quanto
le tecniche di questo capitolo possano essere
importanti per te.
Ora passiamo all’azione, cioè alle tecniche
che possiamo mettere in campo per ridurre
l’impatto dello stress sulla cervicale: spesso
le situazioni che ci stressano non sono così
facilmente risolvibili – parlo di cose come
cambiare lavoro o risolvere problemi familiari – ma possiamo fare molto affinché queste
non “scarichino” eccessivamente sui muscoli.
C’è però un’ultima cosa cui volevo accennare. Molte persone avvertono il problema
opposto: sentono che non sono la tensione
nervosa e l’ansia a provocare loro problemi
cervicali, ma piuttosto il contrario.
È veramente possibile che sia un problema
cervicale a generare stati d’ansia?
Semplificando un po’ quanto detto nei paragrafi precedenti, possiamo dire che il disturbo
d’ansia non è altro che una versione “potenziata” di stress e tensione nervosa.
Di conseguenza, chi soffre di ansia vera e
propria ha molta più predisposizione ad avere disturbi cervicali, per tutti i motivi prima
descritti.
Ma è possibile anche il contrario? È possibile,
cioè, che un problema al collo generi stati
d’ansia?
Ci sono tantissime persone pronte a giurarlo.
Effettivamente la cosa può succedere, anche
se non è molto diffusa: capita soprattutto in
quei casi caratterizzati da disturbi dell’equilibrio e sbandamenti.
La mancanza di equilibrio mette in totale allarme il sistema nervoso, e questo può tradursi
in un vero e proprio stato d’ansia.
Ecco perché chi soffre di vertigini e sbandamenti nota spesso che l’ansia non è la causa,
ma un effetto del disturbo cervicale.
C’è però da dire che questo succede per lo
più in persone con una certa predisposizione
agli stati ansiosi, che facilmente si caricano di
agitazione e tensione.
Le tecniche per ridurre
l’impatto dello stress
sul sistema nervoso
Come abbiamo visto, non si possono rimuovere più di tanto le principali fonti di stress, o
meglio è davvero molto difficile farlo.
Cambiare lavoro, risolvere una situazione familiare importante, trasferirsi in un’altra città… Non sono certo cose alla portata di tutti,
e non si possono fare dall’oggi al domani.
Possiamo però fare molto per ridurre quello
che io chiamo l’impatto dello stress sull’organismo, e tutto sommato dovresti aver già
trovato molte cose a riguardo, all’interno del
libro.
Prova a pensare:
• lo stress aumenta la tensione dei muscoli, in
particolare di quelli cervicali. Nella sezione
apposita, hai trovato una serie di esercizi
di rieducazione che ti aiuteranno ad avere
muscoli meno contratti;
• lo stress si ripercuote negativamente sulla
digestione e sul metabolismo. Nella sezione
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
sull’alimentazione, hai visto una serie di consigli per migliorare il tuo piano alimentare.
A questo punto manca una parte importante,
quella che cerca di tamponare gli effetti dello
stress sul cervello, che subisce una sorta di
“corto circuito”.
1) Le tecniche che si basano sull’attività
fisica sfruttano il noto potere di “scarico
nervoso” che hanno il movimento e lo sport
in generale.
Più o meno tutti sanno che l’attività fisica
aiuta a scaricare lo stress, e molte persone
sfruttano questa proprietà a loro vantaggio.
Il limite di queste tecniche è che l’effetto tende a diminuire man mano che ci si allontana
dall’allenamento.
2) Le tecniche che si basano sull’attività
mentale sono quelle che in genere vengono
raccolte sotto il nome di “meditazione”.
Attenzione: quando parlo di meditazione non
parlo di qualcosa di particolarmente esoterico o cosiddetto New Age. Molte forme di
meditazione hanno alla base solidissimi studi
scientifici e sono utilizzate ampiamente da
manager e atleti di successo.
Le endorfine sono sostanze molto potenti,
che agiscono anche sulla nostra capacità decisionale. È molto utile e fruttuoso fare ricorso
a questo meccanismo, soprattutto quando
si devono prendere decisioni importanti. In
questi casi, conta molto lo stato in cui ti trovi
in quel momento: se sei stanco e stressato,
probabilmente prenderai la decisione meno
“coraggiosa”.
A seguito di un bell’allenamento intenso, come ad esempio un’oretta di corsa, le endorfine possono portarti in uno stato di euforia
tale da farti cambiare completamente la decisione che avresti preso soltanto un’ora prima!
È per questo che io stesso, quando mi trovo
di fronte a un bivio, spesso decido che prima
ci devo “correre su”.
L’attività fisica ha dunque un impatto molto
potente sul sistema nervoso, e possiamo usarlo a nostro vantaggio.
Perché l’attività fisica abbia un impatto positivo sullo stress, ci sono una serie di regole che
sarebbe bene seguire: più riesci a seguirne,
meglio è. Vediamole insieme.
Regola 1: l’attività deve durare
almeno 30 minuti
Naturalmente, l’ideale è riuscire a combinare
questi due tipi di tecniche, per massimizzarne
l’effetto: vediamo come metterle in pratica.
Le attività più “interessanti” per cercare di
tenere sotto controllo lo stress sono quelle di
tipo aerobico, vale a dire: corsa o camminata
molto veloce, bicicletta, nuoto, attività fitness
di gruppo.
L’attività fisica
per ridurre lo stress
Regola 2: l’attività deve generare
un buon livello di fatica
Come dicevo prima, l’attività fisica ha delle
note proprietà anti-stress.
Quando facciamo movimento, fatichiamo e
sudiamo, il nostro corpo produce le famose
“endorfine”, che sono quelle sostanze responsabili della sensazione di rilassamento che abbiamo dopo un intenso allenamento.
Perché si attivino i meccanismi delle endorfine, è necessario provare un buon senso di
fatica alla fine dell’allenamento.
Come regola generale, alla fine dell’allenamento devi aver dato alla tua fatica un voto pari a
7, dove 10 rappresenta la massima fatica che
sei in grado di sopportare.
L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo
Regola 3: non fare sempre
la stessa cosa
La maggior parte degli sportivi amatoriali,
soprattutto dei corridori, è abituata a fare
sempre lo stesso percorso, alla stessa ora,
mettendoci lo stesso tempo. Il sistema delle endorfine si attiva di più quando siamo
di fronte alle novità, perché queste ci fanno
consumare più energia: evita quindi di fare
sempre le stesse cose.
Regola 4: tieni traccia
dei progressi
Questo è veramente importante: devi far arrivare al cervello il messaggio preciso che il tuo
stato di forma sta migliorando. Per riuscirci,
hai bisogno di progredire nei tuoi allenamenti: e intendo di fare progressi anche piccoli,
ma continui. Per esempio, potresti darti l’obiettivo di effettuare lo stesso percorso in un
tempo minor eoppure di portare a termine
un percorso più lungo nello stesso tempo; o
ancora, potresti raggiungere una maggiore
intensità di allenamento in un tempo minore.
Qualsiasi modo tu scelga di misurare i tuoi
progressi va bene: l’importante è non rimanere sempre allo stesso livello.
Regola 5: se puoi, sfrutta
la mattina
Dopo l’attività fisica, il corpo e il cervello
rimangono positivamente condizionati per
alcune ore. Di conseguenza è molto vantaggioso riuscire a farla all’inizio della giornata:
affronterai gli impegni con un un’energia completamente diversa.
Fare attività in fascia serale aiuta sicuramente
a scaricare la tensione accumulata, ma farla al
mattino aiuta a non accumularla proprio: un
affare decisamente più vantaggioso.
Grazie a queste cinque semplici regole puoi
trasformare l’attività sportiva amatoriale in
una potentissima arma anti-stress: 2-4 allena-
menti settimanali possono davvero cambiarti
la vita, in questo senso.
L’importanza
dell’attività mentale:
alcune semplici tecniche
Le tecniche che sfruttano l’attività mentale,
come dicevo prima, appartengono al grande
campo della meditazione.
Non pensare a queste tecniche come qualcosa di adatto solo a persone con la testa tra le
nuvole, o a qualcosa di poco pratico.
Tim Ferris, noto personaggio pubblico statunitense, ha intervistato negli ultimi anni centinaia e centinaia di persone di successo tra
atleti, politici e uomini d’affari.
Ebbene, l’80% di loro pratica nella propria
routine una tecnica di meditazione!
Anche se non hai mai fatto nulla di questo
genere, direi che è arrivato il momento di
provare.
Le tecniche meditative sfruttano più o meno
tutte lo stesso semplicissimo principio: canalizzare il focus e l’attenzione.
Portando l’attenzione su qualcosa – una frase
che ripeti, un suono, il respiro – si fa una sorta
di “pulizia” di tutta la moltitudine di pensieri
che normalmente si affolla all’interno della
nostra scatola cranica.
All’inizio è molto difficile mantenere l’attenzione, soprattutto per le persone molto
stressate: la mente tende a “viaggiare” continuamente, ed è proprio questo l’aspetto che
cercheremo di migliorare.
Ora descriverò tre semplici tecniche meditative, che si possono fare in 10-15 minuti.
Provale tutte e tre e scegli quella che preferisci, o quella che ti risulta più semplice.
Puoi farle in qualsiasi momento della giornata:
ci sono vantaggi sia nel farle al mattino che
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Il protocollo “Cervicale STOP!”
alla sera, ma anche nel bel mezzo della giornata lavorativa.
L’impegno che richiedono è davvero minimo,
e i vantaggi possono essere tanti: il principale
vantaggio che noterai è un maggiore stato
di relax, che ti porterà a concentrarti meglio
sulle cose che stai facendo.
Le tecniche di meditazione incidono tantissimo, poi, sulla tensione muscolare e questo ci
interessa decisamente.
Tecnica 1: lo scanner
della pesantezza
Sdraiati su una superficie dura a pancia in su,
se possibile a terra con un materassino o un
tappeto: se hai bisogno di un cuscino per la
testa, fai in modo che sia duro, per esempio
usa un libro o qualcosa di simile.
Ora ti descriverò le fasi dell’esercizio: nelle
prime sedute potresti riuscire a farne solo 1
o 2, non ha importanza che tu le esegua tutte,
l’importante è che tu le faccia bene.
Da sdraiato a pancia in su, cerca innanzitutto
di rilassare tutti i muscoli e di avere la massima aderenza al pavimento. A questo punto,
respira con il diaframma, più lentamente che
puoi: concentrati sulle sensazioni che avverti e cerca di mantenere i muscoli rilassati.
Il respiro deve essere molto lento e molto
profondo, almeno 3 secondi in inspirazione
e 4 in espirazione, ma più lento è, meglio è.
Ora concentrati sul piede e sulla caviglia destra. Cerca di rilassarli il più possibile, come
se volessi sentirli pesantissimi sul pavimento.
Questa parte è fondamentale: devi cercare
di azzerare la tensione muscolare intorno
all’area della caviglia destra, continuando a
respirare lentamente, in modo che il piede
sembri pesante sul pavimento. Una volta che
la caviglia e il piede destro sono perfettamente rilassati, passa dall’altra parte e rilassa piede
e caviglia sinistra. Riporta quindi l’attenzione
sulla destra, perché nel frattempo questa parte si sarà un po’ irrigidita.
A questo punto andremo a fare la stessa
operazione risalendo gradualmente su tutte
le strutture, come uno scanner. A ogni tappa, andremo a controllare quella precedente,
sempre mantenendo l’attenzione sulla corretta respirazione.
La sequenza diventerà quindi:
• piedi e caviglie;
• ginocchia;
• anche;
• bacino;
• colonna vertebrale lombare (parte bassa);
• colonna vertebrale dorsale (parte media)
e torace;
• collo e cranio;
• spalle;
• gomiti;
• mani e polsi.
È verosimile che le prime volte ti sia richiesto
un po’ di tempo, circa 30 minuti: questo perché la tua attenzione tenderà a “scappare” e
ti verrà in mente un problema, poi un altro,
poi un altro ancora… poi arriveranno pensieri
casuali, e così via.
Cercherai man mano di recuperare l’attenzione e di completare il tuo “scanner”: con
il tempo riuscirai a farlo benissimo anche in
10-15 minuti. Ovviamente, se hai più tempo
a disposizione, nessuno ti impedisce di continuare!
Non pensare di metterti in un ambiente
confortevole e di usare il telefono come
“sveglia” dopo il tempo che hai deciso di
dedicare all’esercizio. Non si entra in particolari stati dai quali è pericolosissimo uscire
all’improvviso, e oltretutto se hai il pensiero
che da un momento all’altro possa suonare il
telefono o entrare qualcuno, converrai con
me che il gioco non funziona.
L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo
Grazie a questo esercizio, ti renderai conto
facilmente di quanta tensione muscolare non
necessaria mantieni.
Tecnica 2: il focus sul respiro
Questa tecnica è davvero molto semplice, ma
anche estremamente efficace.
Nella sezione degli esercizi hai imparato ad
attivare i muscoli respiratori, ovvero a fare la
respirazione diaframmatica e/o la respirazione
toracica.
Se non hai fatto gli esercizi, è perché dal test
risultava che hai già una buona confidenza
con i muscoli respiratori, e quindi non avrai
nessun problema adesso: quello che dovrai
fare è semplicemente portare l’attenzione sui
muscoli respiratori e sul modo in cui respiri.
Pronto? Siediti in una posizione comoda, con
la schiena sostenuta, e chiudi gli occhi.
Respira lentamente ma in modo naturale, senza pensare a respirare con il diaframma e/o
con il torace.
Quello che dovrai fare è portare l’attenzione
su ciò che succede all’interno del corpo mentre respiri, passo dopo passo. Quali muscoli si
attivano, come cambia il loro movimento tra
inspirazione ed espirazione, quali sensazioni
avverti. In pratica, dovrai visualizzare i muscoli
respiratori che si muovono, e tenere l’attenzione fissa su questo per 5-10 minuti.
Dopo poco l’attenzione tenderà a scappare,
perché arriveranno pensieri sparsi: nessun
problema, riporta l’attenzione al respiro e
prosegui.
Se a un certo punto ti diventa impossibile
mantenere l’attenzione, sospendi l’esercizio
e riprova il giorno dopo: hai semplicemente
affaticato il tuo “muscolo dell’attenzione”.
Tecnica 3: il focus sui suoni
Questa tecnica è assolutamente analoga alla
precedente: stavolta non porteremo l’attenzione sul respiro, quanto sui suoni dell’ambiente che ti circonda.
La procedura è la stessa: mettiti seduto in posizione comoda, con la schiena ben sostenuta
da uno schienale.
Gli occhi possono essere chiusi o aperti, con
lo sguardo fisso in un punto.
Tutto ciò che devi fare è portare l’attenzione
su ogni singolo suono che avverti nell’ambiente che ti circonda: passali in rassegna,
da quello più evidente fino ai piccoli suoni
in lontananza.
Cerca di cogliere ogni singola sfumatura. Anche qui l’attenzione tenderà a scappare, e tu
cercherai di riportarla ai suoni.
Prosegui l’esercizio per 5-10 minuti.
Conclusione
Abbiamo visto quanto possa essere forte
l’impatto dello stress nervoso sul fisico, e in
particolare sul tratto cervicale.
Quando il disturbo cervicale è causato principalmente da problemi di stress psicofisico,
le manifestazioni tendono a essere molto più
aggressive, e soprattutto molto “variegate”.
Abbiamo poi visto come sia difficile pensare
di ridurre lo stress “a monte”, e come sia più
produttivo cercare di limitarne gli effetti che
ha sui muscoli e sull’organismo in generale.
Infine abbiamo visto come sfruttare l’attività
fisica e anche quella mentale proprio a questo
scopo.
Naturalmente ci sono mille altre possibilità,
ma quanto hai trovato in questo capitolo è
un buon riassunto dell’essenza.
Se impari a padroneggiare bene le tecniche di
questo capitolo, sarai già a buon punto nella
tua “battaglia” contro lo stress.
111
Raccomandazioni
conclusive
e miti da sfatare
114
Qualche suggerimento
per utilizzare al meglio
il protocollo
Ora che abbiamo visto quali possono essere gli strumenti più utili per migliorare il nostro
stato generale, facciamo in modo di non essere vinti dalla fatica e dalla mancanza di
motivazione: i benefici che otterremo sono di gran lunga superiori all’impegno richiesto!
Cerchiamo di ripassare velocemente quanto
visto fin qui, perché con tutte le informazioni
ricevute, potresti pensare di non riuscire a
far tutto.
In realtà, i “compiti” sono semplici e non richiedono troppo tempo durante la giornata.
La prima parte del protocollo è dedicata agli
esercizi, ovvero a tutti quei movimenti che
hanno lo scopo di migliorare lo stato muscolare.
Ho diviso gli esercizi in gruppi, che ho chiamato “blocchi”, e il compito è quello di farne
uno al giorno: questo non ti porterà via più
di 15 minuti.
Niente vieta di fare anche due blocchi al giorno, tra quelli che ti sono risultati necessari
con il test, ma personalmente ti consiglio di
procedere con calma, soprattutto all’inizio.
Quella contro il disturbo cervicale è molto
più simile a una maratona che a uno sprint:
risparmia le energie!
Abbiamo poi visto come anche l’alimentazione e il metabolismo possano in qualche
modo incidere sul problema, soprattutto se
manifesti determinati sintomi.
Modificare e migliorare il tuo piano alimentare
è qualcosa che dal punto di vista dell’organizzazione non è assolutamente impegnativo,
perché il tempo dedicato al mangiare lo hai
già ricavato nelle tue giornate.
Mangiare diversamente può costarti magari
un po’ di fatica, ma sicuramente non costa
tempo: tra l’altro, la fatica diventa presto un
piacere, quando inizi a sentirti meglio.
C’è poi l’importante lavoro sul sistema nervoso e sullo stress emotivo: anche qui, nel capitolo dedicato hai trovato una serie di segni e
sintomi per capire quanto l’aspetto “stress”
sia importante nel tuo caso.
Per migliorare l’impatto dello stress sui muscoli, abbiamo visto due tipi di tecniche: quelle basate sull’attività fisica e quelle basate
sull’attività mentale.
L’attività fisica porta via 30-60 minuti 3-4 volte
a settimana.
C’è da dire, però, che la maggior parte delle persone non considera l’attività fisica un
impegno, ma un piacere: poiché non esiste
“l’attività fisica per la cervicale”, ma puoi scegliere ciò che preferisci, non lo considererei
un grande impegno.
L’unico impegno è quello di seguire le regole
per rendere l’attività fisica efficace dal punto
di vista della riduzione dello stress.
Come ultimo aspetto, ho citato le tecniche basate sull’attività mentale, ovvero di meditazione: anche in questo caso, il tempo necessario
da dedicare a questi esercizi è compreso nei
15 minuti quotiodiani.
Qualche suggerimento per utilizzare al meglio il protocollo
La meditazione poi scoprirai che rappresenta
un attimo di pausa, un momento in cui cerchi
di riordinare le idee e dare respiro alla mente.
Direi che non è qualcosa da vedere come un
impegno ma come un piacere, un momento
dedicato a te stesso.
Tirando le somme, abbiamo:
• circa 15 minuti al giorno per gli esercizi;
• 0 tempo extra richiesto per l’alimentazione;
• circa 15 minuti per le tecniche di rilassamento, che tra l’altro potrebbero non essere indispensabili, se non hai i sintomi da stress.
Si tratta di 30 minuti circa al giorno, a cui aggiungere eventualmente il tempo necessario
per l’attività fisica.
Tra l’altro, questi 30 minuti non devono neanche essere consecutivi: si possono benissimo
“spezzare” i compiti distribuendoli durante
la giornata.
Come vedi, il tempo necessario non è poi
tanto: il 99,9% delle persone ha tranquillamente a disposizione 30 minuti da dedicare
al proprio benessere.
Se credi di rientrare nello 0,01% che davvero
mezz’ora non può ricavarla… siamo un po’ nei
guai, è davvero difficile pensare di aiutarti.
Se davvero non trovi questo tempo, significa
che la tua giornata è costellata da impegni,
che molto probabilmente non sono sotto
il tuo controllo, dei quali faresti volentieri a
meno.
Una situazione come questa è naturalmente
molto stressante e riduce al minimo le capacità di recupero e rilassamento che ha il
corpo: è ovvio che un disturbo da tensione
muscolare è il minimo che possa capitare, in
circostanze come queste.
Naturalmente, fino a che ti è completamente
impossibile dedicarti a te stesso, migliorare è
davvero difficile, se non impossibile.
Ti invito però a ragionare sul fatto che molto
probabilmente NON appartieni a questa categoria, per fortuna.
Puoi avere l’impressione di non aver tempo
perché nei tuoi momenti liberi ti piace rilassarti o dedicarti ad altre cose: questo è
perfettamente normale e comprensibile, ma
non significa non avere nessuna possibilità
di organizzarsi.
I nostri problemi sono più spesso la costanza
e la motivazione.
Prima di iniziare a spiegare le varie tecniche,
ho parlato del “baco” del cervello, quello che
cerca di proteggerci dal creare nuove abitudini.
Si tratta di uno dei principali motivi per cui
potrebbero mancarti costanza e motivazione, ovvero il cadere in uno dei tranelli che il
cervello ti tende.
Voglio perciò darti altri suggerimenti utili,
che ti aiuteranno ad essere costante: peraltro, questi suggerimenti valgono in qualsiasi ambito, non solo nella cura del disturbo
cervicale.
1) La tecnica del “contesto”
Ti è mai capitato di vedere una coppia di
persone storicamente fuori forma, ma nella
quale all’improvviso una delle due “rifiorisce”
perdendo peso e recuperando vitalità?
Perché questa persona può riuscire all’improvviso a raggiungere un obiettivo che magari ha cercato di ottenere senza successo
per tutta una vita?
La risposta è spesso semplice, anche se eticamente discutibile: si è fatta l’amante.
L’arrivo di una nuova persona nella sua vita
ha riacceso una serie di sentimenti ed emozioni che hanno stravolto la sua quotidianità:
è mutato il suo contesto.
Cambiando abitudini, ha raggiunto anche un
miglior stato di forma, praticamente senza
accorgersene: in questo caso avrà mangiato
115
116
Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare
meno perché non aveva bisogno di riempire
dei “vuoti” emozionali con il cibo.
Il contesto nel quale vivi è uno dei principali
ostacoli al cambiamento che puoi trovare: è
l’elemento in assoluto più potente nel toglierti costanza e motivazione nel portare avanti
qualcosa. Pensaci bene: quello che vorresti
è migliorare una serie di sintomi, problemi o
malesseri fisici; nello specifico parliamo del
disturbo cervicale.
Per migliorare questo disturbo cronico, hai
capito che bisogna lavorare su una serie di
aspetti: l’esercizio muscolare, le tecniche di
rilassamento ecc. Insomma, è necessario fare
qualche cambiamento.
Ma ti assicuro che non è così semplice fare un
cambiamento se abiti sempre nello stesso posto, vedi sempre le stesse persone, frequenti
sempre gli stessi ambienti e hai sempre gli
stessi orari.
Se tutto intorno a te rimane uguale, fare un
cambiamento è difficile.
È ovvio che alcuni elementi della vita non si
possono modificare più di tanto.
Ti invito però a cercare di fare anche qualche altro piccolo “cambiamento collaterale”,
oltre al percorso che ti sto proponendo per
migliorare i problemi cervicali.
Questo cambiamento “extra” deve permetterti di modificare un po’ il tuo contesto generale.
Hai mai pensato a...
frequentare un nuovo corso di ballo
o di fitness?
modificare un po’ i tuoi orari,
alzandoti mezz’ora prima?
cercare di frequentare persone nuove,
possibilmente positive e motivanti?
liberarti di impegni di cui dentro di te sai
di volerti sbarazzare?
Qualche suggerimento per utilizzare al meglio il protocollo
Qualche esempio? Potresti deciderti finalmente a:
• frequentare un nuovo corso di ballo o di
fitness;
• modificare i tuoi orari, per esempio alzandoti mezz’ora prima;
• cercare di frequentare persone nuove;
• liberarti di impegni per te ormai pesanti.
Mettere uno o più elementi di novità nel tuo
contesto generale è la spinta maggiore che
puoi darti verso il cambiamento che vuoi raggiungere.
2) La tecnica dei “voti”
Anche la tecnica dei “voti” è davvero potente,
ed è strettamente legata alla tecnica precedente.
Molte persone cercano di intraprendere una
nuova abitudine, spesso a inizio anno o dopo
l’estate, ma poi si dimenticano di votare a favore di quell’abitudine.
Ti spiego cosa intendo con un semplice esempio: mettiamo che la persona tendenzialmente sedentaria decida di andare in palestra ad
allenarsi 3 volte alla settimana.
Cosa succede tipicamente? Si iscrive in palestra e inizia a frequentarla. Le statistiche dicono che al 90% non arriverà al terzo mese.
Perché?
Uno dei motivi per cui abbandoniamo le attività che intraprendiamo è che non racco-
gliamo “voti” a favore di quell’attività. Quando pensi di iscriverti in palestra, è come se
attivassi una sorta di campagna elettorale
tra la versione pigra e quella più sportiva di
te stesso. Nel momento in cui ti iscrivi, hai
votato per la versione sportiva. Ma se appena esci dalla palestra vai al supermercato e
acquisti cibo non di qualità, hai votato per la
versione pigra.
Se per salire in ufficio usi l’ascensore al posto
delle scale, hai votato ancora una volta per
la versione pigra. Se tardi ad andare a letto
per vedere una o più puntate del tuo telefilm
preferito, hai ancora una volta votato per la
versione pigra.
Capisci cosa intendo? Nel momento in cui decidi di intraprendere una nuova attività, devi
anche accumulare una serie di “voti” coerenti
con la versione di te stesso che stai cercando
di raggiungere.
In questo caso parliamo di un miglioramento
fisico, ovvero del risolvere il disturbo cervicale. Per migliorarlo, hai bisogno di una serie
di attività, quindi di una versione migliore di
te stesso.
Di conseguenza, dovrai cercare di accumulare
“voti” nei confronti di una versione di te più
attenta alla salute, e in un certo senso più
sportiva.
Ogni volta che prendi una decisione, per qualsiasi attività durante la giornata, sappi che
questa è un potenziale “voto”.
Attenzione a far vincere il candidato giusto!
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118
Attività fisica: cosa fare
in caso di disturbi cervicali
Nonostante lo abbiamo sentito ripetere molte volte, non esiste un'attività fisica
sconsigliata o addirittura vietata in assoluto in caso di disturbo cervicale.
Ogni individuo rappresenta un caso a sé e deve "testare" il proprio corpo
per capirne limiti e potenzialità.
Sono diversi i motivi per cui tengo moltissimo
a questo capitolo:
• sono un appassionato sportivo amatoriale;
• mi trovo costantemente di fronte a persone
che ripetono “Non posso farlo a causa della
mia cervicale”, senza un reale fondamento;
• l’attività sportiva può essere un valido aiuto
per migliorare la situazione;
• ogni giorno le mie caselle di posta sono
bombardate di messaggi del tipo: “Con una
protrusione posso fare questo esercizio?”
Insomma, se potessi, farei leggere questo
capitolo a tutti prima di farmi una qualsiasi
domanda sull’attività sportiva.
E di questo abbiamo già parlato: abbiamo già
visto come l’attività fisica possa essere un
validissimo aiuto nei confronti dello stress
nervoso.
Nel farlo non ho però tenuto minimamente
conto di un aspetto importante: le attività
sportive sono tutte compatibili con i disturbi
cervicali? Ce ne sono alcune che peggiorano
la situazione e che andrebbero evitate?
Nelle prossime righe cercheremo di rispondere a queste domande, e ti illustrerò una
strategia semplice per approcciare qualsiasi
tipo di attività fisica in tutta sicurezza.
Partiamo dall’unica certezza che abbiamo,
ovvero che… non ci sono certezze!
Proprio così: ci sono talmente tante variabili
che potresti non avere nessun disturbo nel caricarti 100 kg sulle spalle, e avere più problemi
con una semplice corsetta al parco.
La prima cosa che possiamo dire è quindi che
nessuna attività è vietata a priori: non è mai
stato dimostrato che un’attività “faccia male”
al tratto cervicale e che qualcun’altra “faccia
bene”.
E non importa quante discopatie o quanta
artrosi ti abbiano trovato: non c’è un’attività
che non meriti almeno un tentativo.
Detto questo, la prima cosa che deve interessarti è: che reazione ha il tuo tratto cervicale
quando fai una certa attività?
Mettiamo il caso che ti piaccia nuotare, o che
tu abbia scelto di dedicarti al nuoto come attività anti-stress. Di conseguenza, decidi per
un allenamento di mezz’ora in piscina, durante
la quale ti ciomenti in stili vari.
Come conseguenza dell’allenamento, puoi notare vari tipi di reazione del tratto cervicale, e
questo può accadere durante l’allenamento,
subito dopo, nelle ore successive o il giorno
successivo.
Queste reazioni sono molto importanti per
capire come la tua cervicale reagisce all’attività.
Attività fisica: cosa fare in caso di disturbi cervicali
Mettiamo il caso che tu abbia completato
senza problemi il tuo allenamento, e che non
ti abbia dato nessun risentimento negativo
nelle ore/giorni successivi. In questo caso possiamo tranquillamente ritenere che il tipo e
la quantità di allenamento che hai scelto di
fare non provocano alcuna conseguenza al
tuo tratto cervicale. Questo significa che puoi
proseguire senza problemi l’attività, cercando di aumentare man mano l’intensità degli
allenamenti. Incrementare l’intensità in modo
molto graduale è l’arma di salvezza anche per
le cervicali più disastrate.
Poniamo invece il caso che tu abbia notato
un aumento del dolore dei sintomi, durante
l’attività o nelle ore successive. Cosa significa?
Un aumento dei sintomi significa semplicemente che hai chiesto troppo alle tue strutture cervicali, e a questo punto devi correre ai
ripari. Dovrai rendere le tue strutture cervicali
più forti, in modo che sopportino meglio i
carichi, e ridurre il carico di allenamento.
Riprendendo l’esempio del nuoto, puoi pensare di ridurre il tempo in vasca, o di dedicarti
solo al dorso, stile nel quale non ci sono rotazioni della testa.
In più, potrai usare un trucco che funziona benissimo, ovvero quello di eseguire gli esercizi
di rinforzo cervicale subito prima dell’allenamento – non più di 30 minuti prima.
Eseguendo gli esercizi di rinforzo prima dell’allenamento, andrai a fare attività con i muscoli
cervicali già “caldi” e pronti a resistere alle
sollecitazioni: questo ti darà una notevole
mano. Gli esercizi di rinforzo cervicale sono
naturalmente quelli che trovi nel capitolo 7.
Alla fine, posso assicurarti che tutto gira intorno a queste due semplici variabili: quanto
forti e resistenti sono i tuoi muscoli e quanto
gradualmente affronti l’attività alla quale hai
deciso di dedicarti.
Se parli con un medico generico, che di solito non ha competenze in termini di attività
fisica, potrebbe dirti che, se hai disturbi cervicali, devi assolutamente evitare di fare pesi
in palestra. In realtà, tutti gli studi effettuati
in tal senso dicono che il rinforzo muscolare
tramite sovraccarichi sia di per sé positivo per
i disturbi vertebrali, non negativo.
Certo, se hai i muscoli molto deboli e provi a
sollevare da subito carichi “standard”, il risultato sarà molto probabilmente un’irritazione
generale delle strutture.
Ma se porterai avanti un buon programma
di rinforzo muscolare cervicale e solleverai
carichi adatti a te, non avrai problemi e le tue
strutture saranno sempre più forti. Più saranno forti, meno saranno soggette a problemi.
Discopatie, ernie o artrosi variem non rappresentano quindi una limitazione assoluta,
anche se sicuramente la presenza di problemi
vertebrali importanti riduce la tolleranza al
carico.
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120
Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare
Detto in parole povere: più i tuoi problemi
vertebrali sono significativi, maggiore sarà
la gradualità con la quale dovrai affrontare
l’attività, perché molto probabilmente le tue
strutture andranno in sofferenza al minimo
carico di troppo.
Questo però non significa però che tu non le
debba caricare per nulla, o che tu debba categoricamente evitare certi tipi di sollecitazioni.
Ripeto: il sovraccarico irrita le strutture, ma
il carico ben dosato le rinforza.
Riassumiamo allora i punti fondamentali per
fare attività fisica in tutta sicurezza, anche in
presenza di disturbi cervicali:
• non c’è nessuna attività da evitare a prescindere. La presenza di discopatie o altri
problemi vertebrali non costituisce un limite
a priori all’attività sportiva;
• l’unico modo per capire quanto un’attività
solleciti la cervicale è quella di provare, e
comprendere i messaggi inviati dal corpo;
• se i sintomi non aumentano durante o dopo
l’allenamento, significa che le strutture non
sono state sovraccaricate, e che l’attività
può essere effettuata senza problemi;
• se i sintomi aumentano, significa che si è
chiesto troppo alle strutture cervicali. In
questo caso è necessario cercare di rinforzarle e contemporaneamente affrontare gli
allenamenti con maggiore gradualità.
Un approccio come questo consente a quasi
tutte le persone di portare avanti la maggior
parte delle attività, a patto che siano disposte
a metterci una buona dose di pazienza.
Ovviamente può capitare che, nonostante
tutti gli accorgimenti e i rinforzi specifici, una
determinata attività sportiva crei problemi e
un aumento dei sintomi.
Se dopo un periodo di almeno 3 mesi di rinforzo e di allenamenti graduali continui ad
avere problemi in una qualche attività sportiva, allora puoi ufficialmente decretare che
non fa per te.
L’importante è farlo dopo un periodo di rieducazione e riadattamento come quello appena
descritto.
121
Piccoli accorgimenti
(non risolutivi) e leggende
metropolitane
Sul disturbo cervicale circolano da sempre una serie di informazioni non vere
o che rischiano di distrarci dal nostro obiettivo prioritario: risolvere il nostro problema
una volta per tutte. Vediamoli insieme e cerchiamo di sfatare qualche mito.
Se il capitolo sul sistema nervoso era quello
più difficile da “digerire”, data la complessità
dell’argomento, questo è forse quello semplice.
Tuttavia, fa emergere tutta la debolezza del
nostro carattere. Vediamo perché.
Parliamo di dettagli: quali posizione tenere,
che tipo di cuscino utilizzare, quali movimenti
evitare, quale attività fisica sia la migliore.
Quanto “pesano” questi fattori sul nostro disturbo? Se dovessi darti una risposta istintiva,
ti direi “zero virgola qualcosa”. Se ci ragiono,
il punteggio aumenta un po’, ma non molto.
A dispetto di quanto pensiamo, questi fattori
non incidono poi tanto per un semplice motivo: un collo in buone condizioni non ha problemi al caldo, al freddo, con l’aria condizionata, con il cuscino vecchio/nuovo/ortopedico,
con la posizione al computer ecc.
Viceversa, se il nostro collo versa in uno stato
di rigidità e infiammazione:
• può dormire solo in determinate posizioni
e solo con determinati cuscini;
• soffre il freddo e le correnti d’aria;
• non può fare determinate attività fisiche o
determinati sforzi;
• non può permettersi di uscire con i capelli
bagnati.
Perché questo capitolo fa emergere la debolezza del nostro carattere? Semplice: perché
siamo tutti concentrati su questi dettagli, tralasciando il problema principale. E lo facciamo
perché sistemare i dettagli è relativamente
facile, anche se a volte economicamente
costoso: cambi cuscino, cambi materasso, ti
copri il collo, e così via.
Ben più difficile è dedicare 10-15 minuti al
giorno agli esercizi, seguire una buona alimentazione e organizzare la propria giornata in
modo da ridurre al minimo lo stress emotivo.
Se una persona viene da me con il collo in
pessime condizioni e io gli dico che è colpa
della postura che tiene al computer, questa
istintivamente annuirà, proprio perché siamo
portati a concentrarci molto su questi dettagli.
La realtà però è più “cruda” e molte volte più
scomoda. La stessa persona non annuirebbe
allo stesso modo se le dicessi che il suo disturbo cervicale è la risultante di una serie
di fattori in parte genetici, in parte legati ai
movimenti, ma anche al metabolismo e al
sistema nervoso. E che per risolverlo dovrà
rimboccarsi le maniche e lavorare bene su
esercizi, alimentazione e controllo dello stress
emotivo. Incolpare il cuscino o il materasso
è più comodo: poco importa se ormai hai in
casa una collezione di supporti ortopedici!
Parliamo allora di questi dettagli e di alcune
“leggende metropolitane”, tenendo bene a
mente una cosa: cosa devi fare per risolvere
i tuoi problemi lo trovi nei capitoli precedenti.
122
Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare
Ergonomia in ufficio
Se fai un lavoro di ufficio, è possibile che tu
passi buona parte delle tue giornate nella
stessa posizione, fermo davanti a un computer. Al di là del “non fissarsi sui dettagli”, è
buona cosa che questa posizione sia la migliore possibile.
La regola d’oro è: semplicità. Una volta sistemati gli accorgimenti che vedremo tra poco,
avrai tutto ciò di cui hai bisogno.
Il monitor del computer deve essere sistemato in modo che il tuo sguardo sia orizzontale: una sorta di raggio laser che, a partire dal
tuo naso mentre lavori al computer, dovrebbe
correre parallelo al pavimento.
Se passi molte ore al computer, è meglio se i
gomiti restano appoggiati: tenerli in sospensione aumenterà notevolmente la tensione
sui trapezi, e la dovrai sopportare per 8 ore
al giorno.
La sedia non deve essere necessariamente
l’ultimo modello super-tecnologico, è sufficiente che garantisca una seduta comoda, e
un buon appoggio dei gomiti.
Tutto qui? Ma certo, tutto qui. Se lavorerai
bene con il metodo illustrato nel resto del
libro, il tuo collo reggerà bene l’impatto delle
ore in ufficio.
Cuscino
e materasso
Non voglio certo infierire troppo, ma… dopo il
terzo cuscino acquistato, potevi pensarci che
forse il problema non era quello?
Ti spiego in due parole come è nata la questione del cuscino, e come ancora questa
caratteristica del corpo umano mantenga
fiorente l’industria dei cuscini ortopedici.
Le nostre articolazioni si autolubrificano grazie al movimento.
Di notte, la quantità di lubrificante che produciamo è minore, perché ci muoviamo meno.
Le articolazioni rigide, come facilmente sono
quelle tra le vertebre cervicali, hanno già di
loro una bassa quantità di lubrificante.
Dopo 8 ore in posizione ferma, la loro quantità di lubrificante può essere scesa a livello
“critico”. Se questo succede, ti svegli con il
collo indolenzito, e può volerci del tempo –
minuti o ore – prima che si riprenda. Se ti
svegli con il collo indolenzito, qual è la prima
cosa che fai? Naturalmente, incolpare la superficie sulla quale hai dormito!
La vera questione è: se le articolazioni vertebrali sono rigide, difficilmente troverai beneficio cambiando cuscino, dato che non esiste
il cuscino ideale. Viceversa, se le articolazioni
vertebrali fossero ben lubrificate, non avresti problemi a dormire con qualsiasi cuscino
normale.
La soluzione al problema è: fai gli esercizi di
mobilizzazione, magari prima di andare a letto,
cioè in un momento vicino a quello “critico”.
Se seguirai il percorso proposto in questo libro per almeno 6 mesi, noterai un aumento
della mobilità complessiva, non solo cervicale,
e questo si tradurrà in notevoli benefici nella
qualità del sonno.
Va detto, però, che ci sono persone che non
possono recuperare una buona articolarità,
ad esempio quelle con gravi artrosi; ci sono
poi persone che viceversa hanno già troppa
mobilità, come chi presenta instabilità vertebrali a seguito di un trauma importante.
In questi casi la ricerca della miglior superficie
sulla quale dormire è importante, perché il
problema a monte non si può risolvere. Purtroppo però, non esiste una ricetta già pronta:
occorre procedere per tentativi.
La stessa cosa può dirsi per quanto riguarda
il materasso, che normalmente viene associato al dolore lombare mattutino: anche qui, la
Piccoli accorgimenti (non risolutivi) e leggende metropolitane
stragrande maggioranza dei casi può risolvere
il problema lavorando sulla propria schiena,
più che adottando un materasso ultra moderno in materiale ultra costoso.
Posizione nel sonno
Strettamente legata alla questione cuscino,
la posizione in cui dormire rappresenta un
aspetto problematico per molte persone. Un
dubbio giustificato solo in parte, visto che di
notte andiamo incontro a una serie di movimenti del tutto fuori dalla nostra volontà:
abbiamo il controllo solo della posizione in
cui ci addormentiamo, che probabilmente
teniamo per pochi minuti.
In linea generale, valgono le stesse raccomandazioni fatte per il cuscino: se riesci a rendere
il collo più mobile, puoi tenere la posizione
che preferisci. Se ci hai provato in tutti i modi
ma il tuo collo ha delle limitazioni importanti,
non preoccuparti: il tuo corpo sa in automatico qual è la miglior posizione per lui, e ti farà
sentire scomode tutte le altre.
Insomma, il problema della posizione sbagliata nel dormire è assai remoto: certo, se hai
l’abitudine di addormentarti davanti alla televisione, con il collo curvo in avanti, potresti
mettere questa abitudine nell’elenco di quelle
da cambiare!
Ci tengo però a sottolineare una cosa: questo
tipo di posizione ci disturba perché sottopone
il collo a un forzato e prolungato stretching.
Se i tuoi muscoli cervicali fossero adeguatamente elastici, non soffrirebbero più di tanto.
Freddo, “colpi d’aria”,
condizionatore
Una volta ho letto un bellissimo articolo, che
mi ha aperto gli occhi su una cosa che non conoscevo, e cioè che la storia del “colpo d’aria”
esiste solamente in Italia. L’autrice, una gior-
nalista inglese, aveva intitolato il suo pezzo
Come evitare di essere colpiti dall’aria in Italia, e raccontava stupita di come molti italiani
abbiano la fobia che un “colpo d’aria” possa
provocare danni alla loro salute, soprattutto a
livello di quella che noi chiamiamo “cervicale”
– altro termine che è tutto nostro.
Curiosità a parte, cosa c’è di vero in questa
storia? Qualcosa ci dovrà pur essere: là fuori
è pieno di persone che portano sciarpe o foulard anche in piena estate, pena ritrovarsi con
il collo indolenzito o con un bel mal di testa.
C’è anche chi evita l’aria condizionata come
la peste, generando discussioni infinite con i
colleghi d’ufficio. Queste convinzioni sono solo frutto della fantasia? Potrebbero scoprirsi
e tenere l’aria condizionata a 16 gradi e non
succederebbe niente?
Come sempre, la verità sta nel mezzo: da un
lato noi italiani tendiamo un po’ ad esagerare
questa cosa, dall’altro ci sono dei meccanismi
fisiologici ben precisi, piuttosto semplici da
capire.
Il freddo, che provenga dal vento, dall’aria
condizionata o dall’atmosfera, aumenta lo
stato di contrazione muscolare. Questo succede perché il muscolo deve lavorare a una
determinata temperatura, e se all’esterno la
temperatura diminuisce, il muscolo deve aumentare la sua attività per produrre calore.
Perciò, quando una corrente d’aria raffredda i nostri muscoli, questi sono costretti a
contrarsi maggiormente per mantenere la
temperatura ideale.
Il problema è che i nostri muscoli cervicali sono spesso già troppo contratti, per i problemi
che abbiamo visto finora. Se a subire il “colpo
di freddo” sono muscoli già in difficoltà, la
somma tra “contrattura di base + contrattura
da freddo” può dare vita a un mix esplosivo.
Ancora, il nostro primo pensiero istintivo è
quello di coprirci, non quello di lavorare sul-
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124
Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare
la contrattura “di base”: si tratta del solito
meccanismo di protezione del cervello, che
trova più “economico” un foulard rispetto a
un piano di riabilitazione.
Ovviamente la soluzione può essere la stessa proposta per il cuscino e la posizione di
addormentamento, ovvero quella di seguire
le indicazioni e gli esercizi per un tempo sufficiente, dai 3 ai 6 mesi.
Se riuscirai a migliorare lo stato dei tuoi muscoli, noterai che questi saranno meno sensibili al freddo, ai “colpi d’aria”, ai condizionatori, agli sbalzi termici ecc.
Movimenti o attività
da evitare
Se mi hai seguito con attenzione fino a qui, o
anche solo se hai letto attentamente questo
capitolo, la risposta alla questione dovresti
averla già in tasca. La mia risposta è semplice: ma perché mai ci dovrebbero essere
dei movimenti assolutamente da evitare? La
natura vuole che ci muoviamo liberamente
e che compiamo le azioni che desideriamo
compiere: perché ce ne dovrebbero essere
alcune “dannose”?
E in effetti non ci sono: in condizioni di normalità la nostra colonna cervicale è in grado
di resistere a sovraccarichi anche molto importanti. Il problema è che, se stai leggendo
questo libro, molto probabilmente la tua colonna cervicale non è al top della sua forma.
Una colonna un po’ “arrugginita” può manifestarsi in diversi modi:
• attività prolungate guardando in alto creano
problemi;
• movimentare dei carichi irrigidisce e crea
dolore;
• stare molto tempo con la testa in avanti è
problematico;
• alcune attività sportive non possono essere
svolte e alcuni esercizi devono essere evitati.
Ancora una volta, il problema è sempre la
pigrizia del nostro cervello, che non vuole
imbarcarsi in un programma di riabilitazione
che prevedrebbe un consumo extra di energie. Ecco perché la soluzione che reputa più
comoda è semplicemente quella di evitare il
movimento!
Vediamo come si crea l’errata convinzione di
non poter fare qualcosa.
In realtà, evitare movimenti o attività – soprattutto se è fatto “a prescindere”, senza
aver neppure provato – è uno dei peggiori
affari che tu possa fare: meno ti muovi, più le
articolazioni e i muscoli si “addormentano”.
Mi spiace scrivere la stessa cosa a ogni paragrafo, ma giriamo sempre intorno allo stesso
concetto: migliorando lo stato dei tuoi muscoli grazie al programma riabilitativo dei capitoli precedenti, dovrai preoccuparti sempre
meno dei movimenti o delle attività che fai.
Potrai decretare che un esercizio o un’attività
sono “troppo” per il tuo collo solo se dopo
6 mesi di riabilitazione ben fatta noti ancora
problemi significativi. Per la mia esperienza,
la maggior parte delle persone torna a fare
tranquillamente qualsiasi tipo di attività.
Uscire con i capelli
bagnati
La leggenda metropolitana numero uno sul
disturbo cervicale è quella che sia provocato
dall’uscire con i capelli bagnati. Nota di costume: anche questa è una convinzione che
esiste solo in Italia e che all’estero viene legata
solo al raffreddore.
È vero che il disturbo cervicale è provocato
dall’uscire con i capelli bagnati? Assolutamente no.
È vero che uscendo con i capelli bagnati ti si
possono irrigidire i muscoli del collo e ti può
venire mal di testa? Assolutamente sì.
Una bella contraddizione, non è vero?
Piccoli accorgimenti (non risolutivi) e leggende metropolitane
In realtà no, e il motivo è noiosamente lo stesso: se non hai problemi ai muscoli del collo,
non succede niente. Se invece lo stato abituale dei tuoi muscoli è quello di “contrattura perenne”, uscire con i capelli bagnati potrebbe
far scattare la soglia critica.
La soluzione? Ancora la stessa: mettere i muscoli in migliori condizioni grazie al piano di
riabilitazione dei capitoli precedenti.
Farmaci, cerotti
e impacchi
Se volessimo fare un elenco dei potenziali
“rimedi della nonna”, ci vorrebbe un libro
dedicato solo a quello: noccioli di ciliegio,
sale caldo, impacchi caldo-umidi… la lista è
lunghissima.
Lo stesso vale per quanto riguarda i cosiddetti “antinfiammatori naturali”: artiglio del
diavolo, biancospino, ribes nero e chi più ne
ha più ne metta.
Anche in farmacia non scherzano: se chiedi
“qualcosa per la cervicale”, ti proporranno antinfiammatori da banco, cerotti, magneti ecc.
Di tutti questi rimedi, qual è allora il migliore?
Ti darò la mia risposta più sincera: non ne
ho idea! Se parliamo di dati oggettivi, con un
fondamento scientifico, allora devi attenerti
alle prescrizioni del medico: antinfiammatori
o antidolorifici sono infatti gli unici rimedi,
tra quelli citati, che abbiano un po’ di studi
alla base.
Questo significa che i rimedi naturali o i cerotti riscaldanti non funzionano?
Assolutamente no. Purtroppo però, il corpo
umano ha una variabilità tale che ciò che è
un “toccasana” per una persona, può rivelarsi
acqua fresca per un altra. L’unica soluzione,
quindi, è provare e vedere gli effetti.
Ti faccio però riflettere su un aspetto. Sempre
lo stesso.
Qualsiasi “rimedio” tra quelli citati, a cosa serve? Né più né meno che a calmare gli effetti
di una crisi infiammatoria, o di una fase acuta.
Se il tuo collo stesse bene, andrebbe incontro
a questi eventi? Naturalmente no.
Quindi: trova temporaneamente il rimedio
che più ti fa bene nell’unico modo possibile,
cioè quello di testare e vedere come va. Successivamente segui le indicazioni di questo
libro, per fare in modo di avercene bisogno il
meno possibile.
Integratori
Riponiamo troppa fiducia sugli integratori.
La maggior parte delle persone ha molto più
potenziale beneficio nel regolarizzare l’alimentazione e lo stile di vita. Ovviamente è
più comodo sperare in un aiuto da parte di
un integratore piuttosto che mettere mano
a quetsi due aspetti.
Dati alla mano, ben poche cose valgono la spesa che comportano. Posso citarti il magnesio
supremo, che ha un buon effetto rilassante
nei confronti dei muscoli, e gli acidi grassi
Omega 3, i quali hanno notevoli proprietà
antinfiammatorie.
Ti raccomando però di non prendere alcun integratore prima di aver seguito le indicazioni
alimentari che trovi in questo libro.
Osteopatia, chiropratica,
fisioterapia, agopuntura
A livello professionale, qual è la figura giusta
a cui rivolgersi, in caso di disturbo cervicale?
C’è chi trova sollievo da un osteopata bravissimo, chi da un chiropratico che lo ha “rimesso
in piedi”, chi da un “fisioterapista che segue la
nazionale di freccette”, e chi da un agopuntore che “ha lo studio sempre pieno”.
Da chi andare? Come è possibile che non ci
sia una figura di riferimento? Qui davvero ci
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126
Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare
si potrebbe scrivere un altro libro, quindi cercherò di essere il più sintetico e utile possibile.
Non esiste una sola figura di riferimento, e
potenzialmente ognuno può dire la sua, proponendoti una soluzione diversa. Fai attenzione però a scegliere il tuo “risolutore”: se
hai letto questo libro, hai già competenze di
base sufficienti per valutare la soluzione o la
cura che ti sarà proposta.
Le uniche cose che devi sapere sono:
• nessuna terapia è indispensabile: tecarterapia, manipolazioni, laser ecc. non sono
l’equivalente dell’insulina per i diabetici;
• nessuna terapia può cambiare lo stato delle ossa: se hai una discopatia prima di una
manipolazione, ce l’hai anche dopo, anche
se non avvertissi più dolore;
• nessuna manipolazione può effettivamente
modificare il modo in cui il tuo corpo lavora,
né lo stato dei tuoi tessuti. Le manipolazioni sono soltanto uno “stimolo” al sistema
nervoso centrale, il quale può decidere se
ha gradito o meno.
Non posso nemmeno dirti che affidarsi a un
professionista sia la scelta migliore. Ogni giorno arriva da me qualcuno a cui sono state
proposte teorie fantasiose sulla causa dei suoi
disturbi, con l’unico risultato di creare una
tremenda confusione in testa alla persona.
Il mio consiglio, allora?
• Vai prima di tutto dal tuo medico. Anche se
non ti dà molta fiducia, è giusto rivolgersi a
lui in prima istanza. Del resto, conosce la tua
situazione clinica e può anche consigliarti
a riguardo. Potresti avere una situazione
acuta, o qualcosa che meriti un approfondimento diverso… insomma, non si sa mai.
• Leggi e applica le indicazioni che hai trovato
in queste pagine per almeno 6 mesi. Il 90%
delle persone che leggono questo libro ha
lo stesso disturbo da più di 1 anno, in molti
casi da più di 10. Se hai deciso di affrontare
un piano di riabilitazione, lo devi fare per un
tempo coerente. I benefici li avvertirai anche dopo soli 7-10 giorni, ma non abbassare
la guardia prima di 6 mesi.
Sono pronto a scommettere che a questo
punto il tuo disturbo sarà migliorato molto e
non sentirai il bisogno di ulteriore aiuto.
Se invece così dovesse essere, rivolgiti a un
professionista di fiducia; non posso dirti quale, perché potenzialmente possono andare
bene tutti. Di sicuro ti presenterai con buona
parte del lavoro già fatto, e il professionista
non avrà difficoltà ad aggiungere quello che
manca.
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Conclusione
Siamo arrivati alla fine di questo viaggio all’interno del disturbo cervicale, e delle migliori
strategie per risolverlo. C’è davvero tutto ciò
che ti serve per intraprendere un percorso di
miglioramento efficace e duraturo nel tempo?
Assolutamente sì, c’è tutto.
Se ci pensi, in questo libro hai trovato: un piano di esercizi mirati, e il modo per renderli
personalizzati sul tuo caso; spunti e tecniche
per migliorare la tua alimentazione (se necessario); tecniche per ridurre l’impatto dello
stress emotivo (se necessario).
Ma soprattutto hai scoperto una serie di informazioni per conoscere meglio il disturbo,
e soprattutto il tuo corpo. Le informazioni
corrette sono quello che fa davvero la differenza rispetto ai consigli “da bar”.
Nei video in cui tratto un determinato problema e propongo alcune soluzioni, circa 5
minuti sono dedicati alla sua spiegazione. Eppure c’è sempre qualcuno che commenta che
è troppo e che dovrei andare subito al sodo!
Non funziona così, sarebbe troppo facile.
Ovviamente non devi diventare un esperto di
anatomia e fisiologia per riuscire a migliorare il tuo problema cervicale, ma è giusto che
tu abbia inquadrato almeno a grandi linee di
cosa si sta parlando. In fondo, si parla del tuo
corpo, e del cercare di migliorare te stesso.
Se mi hai seguito fino a qui, hai tutto ciò che
ti serve per migliorare.
Come ho detto lungo tutto il libro, il disturbo
cervicale è strettamente legato a:
• caratteristiche genetiche;
• abitudini;
• carattere;
• lavoro svolto durante la giornata;
• storia individuale.
Tutte cose non esattamente semplici da modificare. Ed è per questo che il percorso di
miglioramento del disturbo cervicale è anche
un cammino di crescita personale. Migliorare
il proprio fisico, la propria alimentazione, imparare a gestire lo stress… il valore di queste
cose va ben oltre i sintomi cervicali, puoi facilmente rendertene conto.
Ti auguro quindi che questa sia l’occasione
per promuovere una migliore versione di te
stesso; e che questo fastidioso problema si
trasformi nel “motore” che ti spinge verso un
importante cambiamento di vita.
Molte persone che ho conosciuto hanno
cambiato radicalmente vita proprio a partire
dalla cura di uno specifico disturbo. Trovandosi con una serie di disturbi, hanno dovuto
modificare alcune abitudini. Poi si sono così
tanto innamorate del loro stato di benessere,
che sono diventate persone completamente
nuove, molto più attive e vitali.
Pensa a quanto può essere mutato anche il
loro modo di pensare e vedere le cose: da un
lato vedi una persona fuori forma e sofferente, dall’altro la stessa persona, ma molto più
sana e in forma.
Quali saranno i pensieri che le girano nella sua
testa e la sua visione del futuro? Sicuramente
non gli stessi: quando si gode di buona salute,
cambia radicalmente anche il modo di pensare, perché purtroppo il dolore e il malessere
incidono tantissimo sul nostro umore.
Ecco, mi auguro davvero che anche per te il
protocollo di "Cervicale STOP!" sia solo l’inizio
di un percorso che ti permetterà di andare
ben oltre la cura del disturbo cervicale.
Da parte mia, i migliori auguri di un buon
viaggio.