CERVICALE STOP! Marcello Chiapponi CERVICALE STOP! Risolvi il tuo disturbo in maniera completa e personalizzata Testi, fotografie e disegni: Marcello Chiapponi Altre fotografie: © Media for Medical SARL / Alamy Stock Photo / IPA p.13; © shutterstock: p. 16, 19, 23, 105, 116. L’autore ringrazia: Filippo, che è stato il primo “motore” di questa pubblicazione. Francesco, insostituibile aiuto fotografo. Marcello, senza il quale L’AltraRiabilitazione.it sarebbe probabilmente imploso su se stesso anni fa. Tutte le persone che mi danno una mano con L’Altra Riabilitazione, in studio e sul sito. Tutta la mia famiglia, che non smette mai di dimostrare apprezzamento per il mio lavoro. Tra loro, non posso non citare mia nonna Anna, che è stata un’autrice di libri quando ancora i manoscritti si scrivevano davvero a mano. Probabilmente devo a lei la passione per la scrittura. Avvertenza Il contenuto di questo libro ha valore informativo. La scelta e la prescrizione di una terapia come di un piano dietetico spettano al medico curante, che solo può valutare eventuali rischi collaterali (quali intossicazioni, intolleranze e allergie). Notizie, preparazioni, ricette, suggerimenti contenuti in questo volume hanno carattere informativo e non terapeutico. L’Editore declina ogni responsabilità per qualsiasi uso improprio del testo. www.giunti.it © 2020 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia Via G.B. Pirelli 30 - 20124 Milano - Italia ISBN: 9788844058760 Prima edizione digitale: ottobre 2020 4 Sommario Introduzione 7 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale 11 Cos’è DAVVERO un disturbo cervicale e da cosa è provocato Impariamo a conoscere il tratto cervicale I complessi rapporti fra dolore cervicale e sistema nervoso Come individuare le cause reali alla base del disturbo cervicale Le cause meccaniche Le cause metaboliche Le cause nervose I sintomi del disturbo cervicale Sintomi diretti e indiretti Gli esami radiologici. Quando servono e come interpretarli Cosa si vede negli esami radiologici Quand’è che gli esami sono davvero utili? 12 12 14 15 17 17 18 20 20 Il protocollo “Cervicale STOP!” Inizia il percorso: istruzioni per l’uso La presenza del “baco del 90%” Tempistiche e risultati Come funziona il protocollo e come personalizzarlo La procedura di autovalutazione Il test delle cause Il test di valutazione posturale e movimento L’organizzazione del piano di lavoro individuale Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale ESERCIZI DI POSTURA 25 27 30 30 32 33 34 37 44 52 53 55 56 Esercizio 1: mobilità delle spalle Esercizio 2: allungamento della catena posteriore 57 Esercizio 3: allungamento dello psoas 58 Esercizio 4: allungamento del pettorale 59 ESERCIZI DI EQUILIBRIO 24 29 61 Esercizio 1: mobilizzazioni ad occhi chiusi 62 Esercizio 2: sguardo che segue 64 Esercizio 3: fissazione dello sguardo 65 ESERCIZI DI RESPIRAZIONE 66 5 Sommario Esercizio 1: respirazione diaframmatica Esercizio 2: respirazione toracica Esercizio 3: respirazione diaframmatica “a fine corsa” Esercizio 4: side bend Esercizio 5: respirazione diaframmatica e allungamento dorsali 67 68 69 70 71 ESERCIZI DI MOBILITÀ CERVICALE 72 Esercizio 1: mobilizzazione 73 Esercizio 2: stretching del trapezio 76 Esercizio 3: decompressione occipitale 78 ESERCIZI DI FORZA Esercizio 1: isometrica anteriore Esercizio 2: isometrica posteriore Esercizio 3: candeliere 79 80 81 82 83 Esercizio 1: wall squat braccia alzate 84 85 Esercizio 2: affondo “aperto” Esercizio 3: sumo squat 86 Esercizio 4: mobilizzazione a gamba dritta 87 ESERCIZI FASE ACUTA ESERCIZI “BONUS”: ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE 88 Esercizio 1: scivolamento laterale controllato Esercizio 2: “contatto canino” 89 89 Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo 90 Il nervo vago: un “ponte” fra metabolismo e disturbo cervicale 90 Metabolismo e disturbo cervicale: altri collegamenti 92 Schemi alimentari 93 L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo 103 Come capire quanto il disturbo cervicale sia legato a stati di ansia 103 I complessi rapporti fra tratto cervicale e stress, acuto e cronico 106 Le tecniche per ridurre l’impatto dello stress sul sistema nervoso 107 L’attività fisica per ridurre lo stress 108 L’importanza dell’attività mentale: alcune semplici tecniche 109 Conclusione 111 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare 113 Qualche suggerimento per utilizzare al meglio il protocollo 114 Attività fisica: cosa fare in caso di disturbi cervicali 118 Piccoli accorgimenti (non risolutivi) e leggende metropolitane 121 Ergonomia in ufficio 122 Cuscino e materasso 122 Posizione nel sonno 123 Freddo, “colpi d’aria”, condizionatore 123 Movimenti o attività da evitare 124 Uscire con i capelli bagnati 124 Farmaci, cerotti e impacchi 125 Integratori 125 Osteopatia, chiropratica, fisioterapia, agopuntura 125 Conclusione 127 7 Introduzione A tutti capita di svegliarsi di notte, e a molti dei miei pazienti capita regolarmente ciò che è successo a me quella notte. Il problema è solo che io... non ero pronto! Di solito io sono quello seduto su una poltrona da ufficio, quello che storie come queste le ascolta, non che le deve raccontare. O almeno così è stato negli ultimi 15 anni, dato che nella vita ho scelto di fare il fisioterapista. E invece quella volta è toccato a me. Durante la notte ho aperto gli occhi, ho fatto per alzarmi per andare in bagno e mi sono sentito barcollante, come se avessi bevuto troppo, ma non era così: altrimenti avrei avuto un motivo valido per giustificare quella sgradevolissima sensazione. Muovendomi verso il bagno, mi sono accorto che davvero dovevo metterci un certo impegno per capire dove mettevo i piedi: era come se fossi appena sceso da un ottovolante. Davvero una sensazione estremamente sgradevole: lì per lì non ci ho fatto caso, e sono tornato a letto. La mattina, al risveglio, ho sperato che si trattasse di un brutto sogno; e invece mi sono sentito esattamente come quando mi ero alzato per andare in bagno. Per fortuna non sono una persona ipocondriaca, inoltre questo tipo di sintomo lo conosco bene. Non ne avevo (sempre fortunatamente) mai avuto esperienza diretta prima di quel momento, ma è il tipo di sintomo che mi viene raccontato spessissimo dalle persone che tratto e che soffrono di disturbi cervicali. Di conseguenza, la prima cosa che ho pensato è stata: “Ma dai, sono anni che ho a che fare con persone che soffrono di questo disturbo. Vuoi vedere che adesso tocca a me?”. Certo, ragionando razionalmente era un po’ strano: non ho mai avuto particolari avvisaglie a livello del tratto cervicale, che non fossero il saltuario “torcicollo” che può capitare a tutti. Come mai tutto d’un tratto mi sono ritrovato a vivere su una barca in mezzo a un mare abbastanza agitato? Doveva essere successo qualcosa il giorno prima. E in effetti, quando il cervello ha completato il suo processo di avvio mattutino, ho realizzato cos’era accaduto. 8 Introduzione Sono un grande appassionato di allenamento in palestra, e in particolare di corpo libero: in quel periodo stavo cercando di apprendere come arrivare a fare una perfetta verticale. Per imparare a tenere bene l’allineamento, mi allenavo in “verticale sulla testa”, una posizione nella quale si appoggia la testa a terra e si va in verticale, tenendosi appoggiati anche ai gomiti. Più tardi ho imparato che nello Yoga questa posizione si chiama Shirshasana. Il giorno prima del “fattaccio” avevo fatto una sessione di allenamento molto lunga, e il tempo trascorso con tutto il peso del corpo sulla testa era decisamente superiore a quanto fossi abituato a fare. Cosa aveva generato questo sovraccarico? Abbastanza ovvio: un’infiammazione delle strutture cervicali, ovvero vertebre e muscoli. A questo punto avevo una valida spiegazione di ciò che mi stava accadendo: avevo semplicemente sforzato eccessivamente il collo, e ora mi trovavo in una situazione analoga a quella dei miei pazienti. “Ok, grandioso!”, mi sono detto, “Usiamo questa occasione per vedere come si sta quando si ha il problema in prima persona!”. Non ho un bel ricordo di quel periodo: la cosa era ovviamente destinata a essere temporanea, ma era davvero fastidiosa. Avevo perfino problemi a scrivere al computer: non saprei spiegare esattamente cosa avvertivo, ma sentivo di non essere al mio meglio. La vista era più offuscata e la coordinazione nello scrivere leggermente rallentata: insomma, non vedevo l’ora che finisse. Una sera di quel periodo ero in giro in centro città per una manifestazione, una situazione molto affollata. Ero così in difficoltà che sono quasi arrivato al punto di sedermi un attimo per cercare di riprendermi. All’esterno nessuno poteva percepire nulla, e tutto sommato anch’io sapevo di non avere nulla di grave o particolarmente limitante, però ero veramente disturbato. Se non altro anche io stavo avendo un assaggio di quello che può essere un vero e proprio disturbo cervicale: da quel momento in poi avrei potuto vedere il problema da un punto di vista del tutto nuovo e molto più “vero”. Dopo qualche settimana, il mio piccolo incubo finì. Cosa avevo fatto per risolvere la situazione? Quello che era più logico fare alla luce delle mie competenze, ovvero… assolutamente nulla. Come tutti i traumi, le strutture rimangono irritate per un certo numero di giorni o settimane, ma più ci si allontana dal trauma più l’infiammazione cala, ovviamente. Come sarebbe potuta proseguire la storia, se non fossi già stato esperto della situazione? Probabilmente avrei fatto la cosa più intuitiva di tutte, che oggi come oggi non è quella di andare dal medico, ma di cercare i sintomi su Google. Probabilmente avrei scoperto di avere ancora pochi giorni di vita, oppure sarei entrato nel grande mondo del disturbo cervicale. Dietro la parola “cervicale” si nasconde un mondo assolutamente sconfinato, fatto di sintomi strani e spesso molto difficili da spiegare – e quindi da interpretare. Introduzione Ripeto spesso che il disturbo cervicale è quello più complesso di tutta la medicina muscolo-scheletrica. Non tanto perché le vertebre o i muscoli cervicali siano particolari, quanto per i mille collegamenti che ci sono tra le strutture cervicali e gli altri organi e apparati, senza contare il fortissimo impatto della sfera emotiva. Il disturbo cervicale è, quindi, un nemico ostico: sicuramente non è causato semplicemente da una postura sbagliata o dall’umidità. Si tratta di un problema che per migliorare davvero richiede il tuo aiuto in prima persona. A tutti piacerebbe poter rimettere a posto il proprio collo portandolo dal meccanico, come un’auto: lui lo ripara, io pago, e siamo a posto così. Purtroppo, per questo genere di problemi, le cose non funzionano assolutamente così. Il disturbo cervicale, come tutti i disturbi muscolo-scheletrici, è causato da un insieme di fattori, come ad esempio: • struttura ossea e muscolare; • tipo e durata del lavoro svolto; • tensione accumulata durante la giornata; • stile di vita in generale. Nessuna di queste cose può essere aggiustata da un meccanico: se vuoi che la situazione cambi, devi sapere in che direzione muoverti. Con le giuste informazioni e con un minimo di applicazione si possono ottenere grandi risultati. La cosa buona è che per prenderti cura del tuo disturbo cervicale noterai una serie di piacevoli “effetti collaterali”. Infatti, per migliorare lo stato di muscoli e vertebre del collo ti spiegherò come migliorare la postura, come fare movimento, come accumulare meno tensione nervosa. E tutte queste cose avranno sicuramente un effetto anche sul tuo stato di benessere generale. Puoi scommetterci. La battaglia contro il disturbo cervicale la si vince combattendo su più fronti, e spesso si tratta di un’ottima occasione per migliorare il proprio stato di salute complessivo. Ma non si può vincere una battaglia senza conoscere il nemico. Nel corso del libro ti spiegherò solo quello che ti serve sapere per comprendere meglio il problema. Visto che la tua collaborazione è assolutamente necessaria, è giusto che tu sappia di cosa stiamo parlando: in questo modo, i consigli che troverai ti sembreranno molto più sensati. Bene, possiamo iniziare il nostro viaggio, e lo facciamo proprio cercando di conoscere una volta per tutte il disturbo cervicale. 9 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale 12 Cos’è DAVVERO un disturbo cervicale e da cosa è provocato Il disturbo cervicale è quasi sempre sintomo di un disequilibrio a livello di una o più strutture del tratto cervicale e per questo può assumere caratteristiche assai diverse. I fattori che concorrono al disturbo sono di tre tipi: meccanici, metabolici e nervosi. Vuoi un ottimo modo per NON riuscire a migliorare di una virgola i tuoi disturbi? Ottimo, ti basta saltare questo capitolo: non conoscere bene il tuo nemico – o il tuo problema, come in questo caso – è infatti il modo più efficace che esista per far restare la situazione esattamente com’è. Ma siccome suppongo che il tuo intento sia quello di cercare di migliorare, ti consiglio di andare avanti nella lettura, e di farlo anche se hai già letto diverse cose sul disturbo cervicale. Un po’ come quando in aereo ti consigliano di ascoltare gli annunci di sicurezza anche se viaggi spesso. Iniziamo quindi dalla cosa più scontata, quella che ormai sanno tutti, ma che di certo non posso esimermi dallo scrivere, e cioè che dire “Ho la cervicale” non significa nulla, ed equivale a dire “Ho il collo”. In medicina non esiste una patologia chiamata “la cervicale”, esistono dei problemi a livello del tratto cervicale. Quando si parla di cervicale, sarebbe quindi corretto dire di avere un problema o un disturbo cervicale. Una curiosità: il termine “cervicale” esiste in tutte le lingue, ma nessuno la intende come noi. Soltanto in Italia gli assegniamo questo tipo di significato, ovvero di “patologia”. Detto questo, cosa ci interessa sapere a riguardo della nostra cervicale? Vediamolo subito. Impariamo a conoscere il tratto cervicale Il collo, quindi la cervicale, è composto da una miriade di strutture, ma quelle che interessano a noi sono: • il cranio (la parte bassa la consideriamo parte del tratto cervicale); • le 7 vertebre cervicali; • gli infiniti muscoli che le muovono; • i grandi nervi, ovvero i fili elettrici che dalle vertebre vanno verso le braccia; • i piccoli nervi che portano la “corrente” a tutte le strutture cervicali. Quando si manifesta un disturbo cervicale, significa che a livello di una o più di queste strutture sussiste qualche tipo di disequilibrio. Ad esempio: • le vertebre, o meglio i dischi che stanno tra una vertebra e l’altra, possono essere un po’ usurati e compressi; • i muscoli possono essere eccessivamente contratti; • uno dei grandi nervi, o più di uno, può essere irritato; Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato Atlante (C1) disco intervertebrale nervi cervicali Epistrofeo (C2) vertebra cervicale C3 vertebra cervicale C4 vertebra cervicale C5 vertebra cervicale C6 vertebra cervicale C7 • l’intera zona può essere “infiammata”, e la causa di tale infiammazione sono i piccoli nervi. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, tutti i problemi qui esposti, che siano grandi o piccoli, sono presenti contemporaneamente a ogni livello, anche se spesso esiste un fattore prevalente. Ad esempio, un giovane può avere delle vertebre ancora poco usurate, ma avere molte contratture muscolari a causa della tensione nervosa. Un novantenne, invece, può avere sì i muscoli contratti, ma in questo caso si tratta di una conseguenza del grande processo di usura cui vanno incontro le vertebre. Quello che ci interessa sapere di anatomia e fisiologia è tutto qua. A questo punto potresti pensare cose del tipo: “Effettivamente sento i muscoli sempre contratti, è quello il mio problema”; oppure: “Ho fatto una lastra (o una risonanza) e mi hanno riscontrato un problema alle vertebre, quindi i disturbi arrivano da lì”. Purtroppo non è esattamente così semplice. Infatti, non è assolutamente detto che una compressione o usura delle vertebre o dei dischi sia causa di problemi – lo vedremo nel prossimo capitolo. E anche parlando di muscoli, ci sono persone con la muscolatura talmente tesa da avere movimenti di rotazione molto limitati: eppure, nonostante questo, non mostrano alcun tipo di sintomo. 13 14 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale I complessi rapporti fra dolore cervicale e sistema nervoso L’informazione più importante di tutte, o almeno la più importante di questo capitolo, è la seguente: i sintomi non si sviluppano quando le vertebre sono troppo compresse o i muscoli troppo contratti, ma soltanto quando il cervello si è stancato di sopportare la situazione! Quando il sistema nervoso è stufo, fa partire uno stato infiammatorio che costringe l’individuo a fermarsi e a rivedere i propri piani. Questo è davvero molto importante: il problema non è tanto la struttura in sé e per sé – almeno nella maggior parte dei casi – ma il cervello che si stufa di sopportare le varie “magagne”. Perché dico questo? Lo vedremo meglio nel prossimo capitolo, ma in ogni caso basta guardare le statistiche: se prendiamo 100 persone che non presentano alcun tipo di sintomo e le analizziamo, la possibilità di trovare significative compressioni vertebrali e/o contratture muscolari sfiora il 90%. Ci sono quindi moltissime persone con vertebre compresse e muscoli contratti, che però non avvertono alcun sintomo. E ciò accade per un semplice motivo: il loro cervello non si è “stufato” di sopportare la situazione. Sono in perfetto equilibrio e di conseguenza non hanno disturbi. In base a cosa il cervello stabilisce che tutto va bene, o se è il caso di “incendiare” il tratto cervicale? I fattori sono davvero tantissimi, molti non li conosciamo neppure. Fortunatamente però, sappiamo che possiamo aumentare drasticamente le possibilità di riportare un buon equilibrio, e più avanti vedremo come. Alcuni esempi ti possono aiutare a capire meglio: • una persona in un ottimo stato di forma complessivo sviluppa meno infiammazioni rispetto a una in un pessimo stato di forma; • chi conduce le proprie attività quotidiane come una “missione” alla quale è totalmente dedicato, ha capacità antinfiammatorie e immunitarie superiori alla media – e questo spiegherebbe perché gli imprenditori si ammalano meno rispetto ai dipendenti; • al contrario, chi soffre di depressione o ansia tende a subire infiammazioni molto facilmente; • chi cura molto l’alimentazione vede spesso migliorare disturbi anche non legati al cibo; • chi fa uso regolare di sigarette e alcolici ha più possibilità di sviluppare dolore cronico. Dunque, a parità di “acciacchi muscolo-scheletrici” abbiamo persone che stanno benissimo, e altre che stanno malissimo. Ed ecco perché il nostro obiettivo non è soltanto migliorare lo stato delle strutture cervicali, ma creare un miglior equilibrio complessivo. Creare un miglior equilibrio psicofisico è importante soprattutto per quanto riguarda i disturbi cervicali, mentre in genere è meno importante per gli altri problemi muscoloscheletrici. Ho visto tante persone migliorare i propri disturbi cervicali cambiando alimentazione, mentre non ne ho mai viste che abbiano risolto un dolore alla caviglia mettendosi a dieta. Il nostro viaggio sarà quindi composto da tanti piccoli percorsi, lungo i quali cercheremo di ottenere: • muscoli cervicali meno contratti e più efficienti; • una migliore postura; • un miglior stato di forma complessivo; • meno tensione nervosa e stress. Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato Certo, ti occorre sapere di quali strutture stiamo parlando (vertebre, muscoli, nervi), ma soprattutto devi avere ben chiaro che il problema non sono tanto le compressioni o le contratture in sé, perché quelle le hanno più o meno tutti. Il vero problema è lo stato di irritazione e infiammazione che si genera, ma a decidere quando questo aumenta o diminuisce è soltanto il cervello, che in base a una complessa serie di calcoli decide se è “stufo” o meno. La maggior parte del nostro lavoro sarà rivolto a potenziare le strutture e le risorse individuali: in questo modo, il cervello riterrà la situazione molto più sicura, e potrà abbassare la guardia. Adesso vediamo un altro tassello fondamentale del puzzle: come hai fatto a finire in questo guaio, ovvero le potenziali cause del problema. In tutto questo non c’è niente di complicato e soprattutto non tutti devono fare tutto. Se c’è una cosa di cui vado orgoglioso è quella di aver individuato, attraverso una serie di “segnali”, quali possano essere i consigli più utili per un soggetto piuttosto che per un altro. Questi “segnali” li troverai più avanti, sottoforma di test di autovalutazione. La cosa più importante, che vorrei che fosse chiara fin da ora, è che il lavoro non posso farlo né io né qualche mio collega… puoi farlo solo tu. Possiamo indicarti la strada giusta, ma nessuno può farti ottenere un migliore stato di forma facendoti sdraiare su un lettino e manipolandoti. Ecco cosa mi interessa che tu sappia del disturbo cervicale. Come individuare le cause reali alla base del disturbo cervicale Ti potrà sembrare strano, ma la prima cosa che cerco di capire nella persona che mi trovo di fronte è proprio questa: come ha fatto a mettersi nei guai. Questo per un semplice motivo, che puoi capire facilmente con un esempio. Prendi una persona che fa un lavoro pesante, magari al freddo, come un magazziniere. Se svilupperà un disturbo cervicale, molto probabilmente sarà a causa del carico fisico. Ora immagina una persona che ha subìto un importante trauma emotivo, come ad esempio una violenza o un abuso. Se svilupperà un disturbo cervicale, ovviamente sarà per motivi radicalmente diversi, molto più legati agli aspetti emotivi. Le due persone presenteranno sintomi simili? Assolutamente no. 15 16 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale Il primo presenterà principalmente dolore legato a uno o più movimenti, senza altri sintomi. Massaggiarlo e fargli fare esercizi di allungamento gli darà grandi benefici, perché darà modo ai muscoli di “respirare”. La seconda persona mostrerà dei sintomi cervicali molto diversi: più che altro uno stato di tensione diffuso, come una “morsa” a livello del collo. Inoltre, molto probabilmente presenterà disturbi della digestione – come gonfiori e simili – e difficoltà di concentrazione. Molto spesso chi ha subìto abusi è totalmente intoccabile e fa dei veri e propri “salti” quando si cerca di andare in profondità nei suoi muscoli: questo accade perché nei muscoli risiede una sorta di “memoria emotiva”, e il cervello non vuole che gli si ricordi perché quei muscoli si sono così irrigiditi. A livello di lastre e risonanze, queste due persone potrebbero apparire assolutamente identiche. Ma i motivi alla base del disturbo rendono i quadri estremamente diversi. Ecco perché è importante che tu conosca a grandi linee quali sono le cause alla base del disturbo cervicale. All’inizio della carriera me lo sono chiesto diverse volte. Mi chiedevo come fosse possibile che persone con la stessa diagnosi – disturbo cervicale o cervicalgia – avessero sintomi, manifestazioni e caratteristiche così diverse. Come tantissimi giovani colleghi, anch’io sono stato un grande appassionato di terapia manuale: con il tempo sono diventato più un “ri-educatore” che un manipolatore, ma all’inizio puntavo solo all’effetto “Lazzaro, ora alzati e cammina!”. Il problema è che quando manipolavo persone con un disturbo cervicale, alcune mi chiedevano addirittura di esercitare una pressione maggiore sul punto dolente e altre facevano un salto dal lettino appena le sfioravo. Nel tempo ho capito il perché, e se ricordi il capitolo precedente, il motivo sarà chiaro anche a te. Ad essere diverse non erano tanto le loro vertebre o i loro muscoli, ma le cause che li avevano portati a sviluppare i sintomi e lo stato di infiammazione. Chi ha problemi prevalentemente legati alle attività e alle posture, in genere sta bene con tutto ciò che riguarda il movimento (massaggio, esercizi di allungamento ecc.). Chi invece ha sviluppato tensioni muscolari legate soprattutto alla sfera emotiva, spesso detesta essere toccato: lo stato di irritazione tale da reagire al primo tocco è il modo che ha il corpo per dire “Non pensarci neppure”. Ecco perché capire le cause originarie è così importante per me, ma lo è decisamente anche per te. Più hai informazioni su come funziona il tuo corpo, più sei in grado di capire se ciò che stai facendo per migliorare funziona o necessita di essere rivisto. Non sono certo onnisciente, e naturalmente in questo libro non troverai le infinite possibilità che teoricamente hai per migliorare il tuo problema. In fondo, tu sei la persona che si conosce meglio di tutte. Io posso dirti che i disturbi cervicali legati soprattutto allo stress si manifestano in un certo modo, ma solo tu puoi sapere quali sono le cause alla base del tuo stress. Grazie alle informazioni contenute in questo capitolo, può darsi che tu ti accorga di aspetti della tua vita che potrebbero essere importanti, ma che io ovviamente non posso sapere. Iniziamo con una premessa importante: non c’è mai una sola causa alla base di un disturbo cervicale. Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato Si tratta piuttosto di un insieme di cause diverse, fra le quali spesso ce n’è una prevalente. I due casi che ho preso ad esempio nel capitolo precedente – il magazziniere e la persona che ha subìto una violenza – sono un po’ due estremi, ma rendono bene l’idea. Nella pratica, a disturbare le strutture cervicali contribuiscono fattori essenzialmente di tre tipi: • meccanici, ovverosia tutti i problemi legati alla postura e al movimento; • metabolici, cioè legati all’alimentazione e al metabolismo in genere; • nervosi, ovvero tutto ciò che appartiene alla sfera emotiva. Come dicevo prima: alla base dei nostri problemi c’è sempre un insieme di fattori. A seconda di quello prevalente, il disturbo cervicale prende determinate caratteristiche, che ora vedremo. Come vedremo nel prossimo capitolo, spesso queste usure non sono un grande problema, ma sicuramente possiamo mettere l’usura vertebrale nell’elenco dei fattori che non aiutano. Queste cause sono le più conosciute in assoluto, ma non sono assolutamente le uniche. Vediamo comunque che caratteristiche ha il disturbo cervicale dovuto a cause prevalentemente meccaniche: • il sintomo principale è il dolore, tipicamente ben localizzato in un’area abbastanza circoscritta; • il dolore cambia a seconda del movimento effettuato; • la mobilità del collo è limitata, con un tipico “dolorino a fine corsa”; • non sussistono particolari sintomi collaterali; • risponde bene all’esercizio e anche ai trattamenti manipolativi (temporaneamente). Le cause meccaniche Le cause metaboliche A tutto questo si deve aggiungere un’osservazione importante, ma che si tende a rimuovere, ovvero che le vertebre e i dischi tendono spontaneamente a usurarsi nel tempo. Si tratta di un processo assolutamente normale, che avviene a partire dai vent’anni: in ognuno prende poi un destino diverso, a seconda delle caratteristiche genetiche. Che cosa c’entra tutto questo con le strutture cervicali? C’entra eccome: il nervo vago contrae intimi rapporti con le strutture Le cause meccaniche sono quelle più note, che hanno a che vedere con il movimento, e quelle più spesso incolpate di causare problemi. Fondamentalmente si tratta di: • posizione assunta durante la giornata; • postura abituale; • quantità di carico sopportata; • eventuali traumi o incidenti subìti. Hai mai sentito parlare del nervo vago? A vedere quanto sono visitati i miei contenuti su Internet sull’argomento, ci sono buone possibilità che la risposta sia “sì”. Il nervo vago – anzi, sarebbe più corretto parlare di nervi vaghi perché di fatto sono due, il destro e il sinistro – è un lungo nervo che parte dalla base del cranio e si diffonde su tutti gli organi, cioè “vaga” all’interno dell’organismo. I suoi compiti sono davvero tanti, ma principalmente si possono ridurre ai seguenti due: • informare il cervello dello stato degli organi; • portare agli organi i messaggi che arrivano dal cervello. 17 18 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale cervicali, in particolare con le prime vertebre cervicali e con il muscolo sterno-cleido-mastoideo. A causa di questo rapporto, è possibile che l’irritazione delle strutture cervicali abbia un effetto anche a livello viscerale: il più semplice esempio per comprenderlo è sicuramente la “nausea da cervicale”. Allo stesso modo, si può comunemente osservare che chi ha gli organi digestivi cronicamente irritati – gastrite cronica e colon irritabile – ha anche il tratto cervicale particolarmente sensibile. Curiositˆ: molto spesso chi ha lo stomaco come punto debole, ad esempio per frequenti gastriti, ha dolore prevalentemente sul lato sinistro del collo. Le situazioni che possono verificarsi, e che mettono bene in luce il collegamento fra nervo vago, metabolismo e cervicalgia, sono dunque queste: • lo stato di forte irritazione cervicale può provocare nausea, perché stimola fortemente il nervo vago; • spesso l’irritazione cronica a livello digestivo si ripercuote, tramite il nervo vago, sul tratto cervicale, rendendolo maggiormente irritabile.. Girovagando su Internet si può leggere come spesso al nervo vago siano attribuiti una serie di sintomi e problemi tra i più disparati. Il nervo vago ha infatti una serie di funzioni molto importanti, e anche un impatto molto forte sull’organismo. Basti pensare che una forte “scarica” del nervo vago può causare un abbassamento di pressione, perdita di energie e rallentamento del battito cardiaco. Alle persone che svengono per un forte spavento succede proprio questo: un’improvvisa e massiccia scarica del nervo vago. A causa di queste sue funzioni e di questa sua potenza, il nervo vago viene spesso ritenuto responsabile dei più svariati sintomi, come ad esempio la debolezza alle gambe o la stanchezza cronica. In realtà il nervo vago è soltanto un “filo elettrico”: nella maggior parte dei casi, quelli attribuiti al nervo vago sono in realtà sintomi di uno stato di stress generale dell’organismo. Certo è che prendendosi cura dei muscoli cervicali si può migliorare la nausea e talvolta anche la digestione; migliorando l’alimentazione e il metabolismo si possono a volte ridurre i sintomi cervicali. In questo caso, le caratteristiche che hanno le persone con cervicalgia metabolica non sono evidenti come nel caso precedente. A grandi linee, si possono notare: • una certa correlazione fra disturbo e pasti; • stanchezza cronica e mancanza di energie; • ampie variazioni del disturbo nell’arco della giornata. Le cause nervose Il tratto cervicale è quello che maggiormente risente delle tensioni emotive: ci sono pochi dubbi a riguardo. Come ho già detto, in situazioni di ansia e stress si irrigidiscono prima di tutto i muscoli del collo – e della mandibola, che sono strettamente correlati – di certo non quelli del piede. La tensione emotiva e gli stati di stress in generale sono tra i principali responsabili dell’aumento dello stato di irritazione delle strutture cervicali. Nella mia esperienza, questi sono i fattori più comuni e più potenti di tutti. E allora, che caratteristiche ha il disturbo cervicale quando alla base ci sono soprattutto tensioni di tipo emotivo? Cos’è davvero un disturbo cervicale e da cosa è provocato Quello che in genere si nota è: • sensazione di tensione diffusa, più che di dolore locale; • presenza di altri sintomi come vertigini, sbandamenti, difficoltà di concentrazione; • movimenti del collo tutto sommato buoni, anche se la persona lo sente molto teso. È bene tener sempre presente che il sistema nervoso è il più potente di tutti. È lui a decidere come ti senti, quante energie hai, e quando è il caso di avvertire quel dolorino tanto disturbante. È il tuo cervello a stabilire quanto le protrusioni discali che ti hanno trovato nella lastra siano un problema o siano perfettamente tollerabili. Per questi motivi e per mille altri ancora, dobbiamo cercare di avere rispetto del nostro sistema nervoso: è proprio per questo che un intero capitolo del libro è dedicato alla gestione dello stress emotivo (soprattutto alle sue conseguenze sui muscoli). 19 20 I sintomi del disturbo cervicale Il disturbo cervicale è assai complesso e proprio per questo è caratterizzato da sintomi molteplici e di diversa natura. Alcuni sono dirette conseguenze del problema, mentre altri no, anche se spesso vi si accompagnano. “Stamattina mi formicolano tutte le gambe: è la cervicale??? xké?? risp grz!!” “Siii anke a me lo fa! Che stress uffaaaa!!” Su qualsiasi forum online o gruppo Facebook dove si parli di disturbo cervicale, il 99% delle discussioni è di questo tipo. Ricalcano né più né meno le conversazioni nelle sale d’attesa degli ambulatori del medico di base. In realtà, questi confronti servono a soddisfare una grande esigenza della mente umana: quella di appartenere a un gruppo. Il disturbo cervicale è assai complesso e proprio per questo è caratterizzato da sintomi molteplici e di diversa natura. Alcuni sono dirette conseguenze del problema, mentre altri no, anche se spesso vi si accompagnano. Sapere che anche altre persone hanno i nostri stessi problemi ci conforta e ci fa sentire meglio: non importa se poi non li risolviamo. Nel prossimo capitolo vedremo come gli esami radiologici abbiano risposto alla nostra esigenza di “dare un nome” ai nostri disturbi e “trovare un colpevole”. Nel caso del disturbo cervicale, la questione “sintomi” è un po’ sfuggita di mano: ormai qualcuno gli attribuisce addirittura la comparsa di emorroidi. Qualche tempo fa ho visto chiedere su un gruppo Facebook se la cervicale poteva dare sensazione di morire. Certo, il disturbo cer- vicale è complesso e caratterizzato da molti sintomi, ma questo mi sembra un po’ troppo! Cerchiamo allora di capire in modo semplice il complesso mondo dei sintomi cervicali. Se comprendi bene anche questa parte, avrai aggiunto un altro importante tassello al quadro generale, che ti permetterà di risolvere al meglio il tuo disturbo. Ne mancherà poi solo uno – quello che troverai nel prossimo capitolo – dopodiché avrai tutto quel che ti occorre. Se lo userai bene, non sentirai più l’esigenza di partecipare alle discussioni sui social network e fingerai telefonate urgenti quando qualcuno toccherà l’argomento. Sintomi diretti e indiretti Qui bisogna fare un po’ di chiarezza, perché a volte la cervicale viene incolpata, come abbiamo già visto, anche di sintomi che oggettivamente non c’entrano nulla. Occorre distinguere tra sintomi direttamente imputabili al tratto cervicale e sintomi che si accompagnano frequentemente al disturbo cervicale, ma che non ne sono conseguenza diretta. Chi soffre di disturbi cervicali dati dalla forte tensione nervosa, ha spesso anche problemi digestivi – soprattutto gonfiori, anch’essi tipici della tensione nervosa. I sintomi del disturbo cervicale Questo però non significa che i problemi digestivi siano causati dal disturbo cervicale. Sintomi diretti Sono quei sintomi che si possono direttamente attribuire ai problemi cervicali. 1) Dolore al collo, più o meno accentuato dai movimenti Nel disturbo cervicale il dolore al collo è portato: • dalla forte contrattura dei muscoli; • dal sovraccarico delle articolazioni tra una vertebra e l’altra. Ma come dicevo prima, quando il tratto cervicale è irritato, possono esserlo anche importanti strutture nervose in stretto collegamento, come il tronco dell’encefalo. Se la situazione a livello cervicale migliora, si riduce anche la sensibilità di questi importanti centri nervosi. Questi due meccanismi sono alla base del famoso “mal di testa da cervicale”. 4) Vertigini, senso di sbandamento, sensazione di testa vuota La questione è abbastanza discussa, in quanto c’è chi dice che non ci siano strutture che dal tratto cervicale possano portare vertigini. Da un certo punto di vista, questa affermazione è assolutamente vera, ma solo se parliamo di vere e proprie vertigini, nelle quali si vede la stanza girare. Se parliamo di vertigini soggettive, per cui è il soggetto a sentirsi ondeggiare, la questione è ben diversa. Ho aperto questo libro raccontando la mia storia, ovvero di come mi sono trovato a sentirmi “in barca” dalla sera alla mattina, per diverse settimane. L’unica cosa che mi era successa era un sovraccarico delle strutture cervicali. Le articolazioni delle vertebre cervicali sono importanti recettori dell’equilibrio, in quanto forniscono al cervello le informazioni sulla posizione in cui si trova la testa. Se a causa di uno stato di irritazione le articolazioni cervicali funzionano meno, al sistema nervoso viene a mancare un punto di riferimento, e come conseguenza si avverte la sensazione di sbandamento. 3) Emicrania Uno studio effettuato in Italia ha dimostrato come esercizi volti a ridurre la tensione dei muscoli del collo possano avere un effetto benefico anche sull’emicrania, che all’apparenza è un problema che rimane all’interno della scatola cranica. 5) Nausea La nausea è un sintomo frequente soprattutto durante le crisi acute. Come ho già detto precedentemente, qui il responsabile è spesso il nervo vago, nervo digestivo con importanti collegamenti a livello del tratto cervicale. Quando muscoli o strutture vertebrali si infiammano, una delle conseguenze più evidenti è il dolore. 2) Mal di testa Quando il tratto cervicale è irritato, è frequente la comparsa di mal di testa. Questo avviene fondamentalmente per due motivi: • i muscoli cervicali sono in stretto collegamento con le fasce muscolari del cranio, anzi si può dire che queste siano la loro continuazione; • l’irritazione e infiammazione del tratto cervicale si “trasmette” ad alcune importanti strutture nervose, soprattutto al tronco dell’encefalo. 21 22 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale In alcune occasioni la tensione e l’irritazione cervicale sono tali da coinvolgere il nervo vago, e in queste situazioni la nausea è il primo sintomo che appare. 6) Disturbi della vista non correlati a problemi oculistici Capita a moltissime persone di avere problemi visivi come stanchezza, fastidio alla luce, visione offuscata. Dal punto di vista oculistico è tutto a posto. Esiste una connessione con i problemi cervicali? Sicuramente tra i muscoli del collo e quelli dell’occhio ci sono importantissimi collegamenti. Basti pensare a quante volte si muovono gli occhi senza spostare il collo: praticamente soltanto quando leggiamo; in tutte le altre situazioni, occhi e collo si muovono in sincrono, quindi è piuttosto normale che i problemi degli uni possano riflettersi sugli altri. 7) Dolore al braccio Quando c’è un danno evidente ai dischi tra una vertebra e l’altra, un pezzo di questi può uscire dalla sua naturale sede e comprimere i nervi che gli stanno di fianco: è quella condizione chiamata comunemente ernia al disco. Quando il nervo è compresso, tipicamente comincia a dare dolore e formicolio a livello del braccio. Detto questo, è necessario considerare due cose: • il dolore al braccio o alle braccia non è automaticamente indice della presenza di un’ernia al disco; • anche in presenza di un’ernia al disco, la maggior parte delle persone se la porta dietro senza alcun problema, e spesso ha un’evoluzione positiva spontanea. Solo una piccola percentuale delle ernie discali finisce poi con un trattamento chirurgico. Sintomi indiretti Sono quei sintomi che si accompagnano spesso al disturbo cervicale, ma in teoria non ci sono collegamenti diretti. Le situazioni che causano questi sintomi possono agire negativamente anche sul tratto cervicale, ma è ben difficile che il disturbo cervicale sia alla base di tutto. In ogni caso, il protocollo che trovi all’interno di questo libro ti permetterà di lavorare su tutti gli aspetti chiave del benessere generale. Lavorando con un protocollo completo, avrai sicuramente ottime probabilità di migliorare questi disturbi, anche se non derivano direttamente dal collo. 1) Stanchezza e affaticabilità Al netto di situazioni molto particolari, la stanchezza e l’affaticabilità sono legate a un sovraccarico generale dell’organismo, che quindi non riesce a produrre energia in modo efficace. Può trattarsi di stress emotivo, di cattiva alimentazione o di un altro problema metabolico. Se si avverte stanchezza, è logico pensare che i muscoli siano poco efficienti. Se i muscoli sono poco efficienti, è più facile sentire dolore: per questo chi soffre di stanchezza e affaticabilità accusa spesso dolori muscolo-scheletrici, con quelli cervicali in prima linea. 2) Disturbi del sonno A meno che il dolore non sia tale da impedire di trovare una posizione nella quale dormire, è improbabile che il disturbo cervicale comprometta la qualità del sonno. È molto più probabile che la qualità del sonno sia compromessa da uno stile di vita errato, oppure da una cena troppo ricca soprattutto in carboidrati. Ma cosa succede se il sonno non è qualitativo? Semplice, i muscoli non recuperano adeguatamente. E cosa succede se i muscoli non recuperano adeguatamente? Indovina… I sintomi del disturbo cervicale 3) Disturbi della digestione Abbiamo visto prima il collegamento tra disturbo cervicale e disturbo digestivo tramite il nervo vago. Spesso però, i due problemi non sono connessi così direttamente, e i disturbi digestivi non sempre hanno a che vedere con il nervo vago. Anche qui, possono essere causati da un’errata alimentazione, da uno stile di vita disordinato o da un accumulo eccessivo di stress nervoso. Una cattiva digestione può far sì che ai muscoli non arrivino il corretto nutrimento e la corretta idratazione. E cosa succede in questo casi? Anche qui, facile indovinello... provocano dolore! 4) Ansia e tachicardia Tantissime persone sono convinte di avere ansia causata dal disturbo cervicale. La maggioranza di loro ha forse e più probabilmente il problema contrario, cioè i muscoli del collo troppo contratti a causa di uno stato di eccessiva ansia e di eccessivo stress. Ad oggi non conosciamo nessun motivo per il quale un problema al collo debba condurre a stati d’ansia veri e propri – al di là del preoccuparsi per il dolore – mentre sappiamo benissimo che lo stato d’ansia può irrigidire i muscoli. A dire la verità, ci sono condizioni in cui l’infiammazione cervicale sembra “smuovere” stati d’ansia latenti, che altrimenti non sarebbero venuti fuori. In genere, però, questo succede quando c’è una certa “predisposizione ansiosa”. 5) Acufene e sensazione di orecchie ovattate Il rapporto fra acufeni e cervicale è davvero dibattuto. Molte persone hanno la sensazione che i fischi nelle orecchie abbiano a che vedere con i problemi cervicali, perché li sentono “muoversi” a seconda dei movimenti del collo. Ad oggi, tuttavia, non sussistono prove di effettivi collegamenti tra i due problemi. Nella mia carriera, mi è capitato di vedere migliorare tantissimi disturbi cervicali e pochissimi acufeni. Che un acufene fosse migliorato con una riabilitazione cervicale mi è capitato forse due volte, in più di quindici anni di esperienza. Diversa è la situazione per quanto riguarda la sensazione di orecchie “ovattate”: non trattandosi di un vero e proprio acufene, c’è maggiore possibilità che si riduca se si riesce a diminuire la tensione muscolare. 23 24 Gli esami radiologici. Quando servono e come interpretarli La maggior parte delle persone ricorre a esami radiologici non appena accusa qualche sintomo fastidioso e persistente. Eppure spesso queste analisi non sono necessarie (a volte neppure utili!). Come vedremo, ci sono tecniche ben più efficaci. Qual è il primo istinto che abbiamo quando avvertiamo un sintomo in maniera persistente? Ovviamente vogliamo sapere di cosa si tratta, quindi andiamo a farci una lastra oppure una risonanza, di nostra spontanea volontà o convincendo il nostro medico. In questo capitolo parleremo di esami radiologici: quando servono, a cosa, e soprattutto come interpretare correttamente quelli già effettuati. Capitolo noioso e inutile? Assolutamente no, potrebbe contenere le informazioni più importanti che tu abbia mai avuto sul disturbo cervicale, soprattutto se hai già fatto qualche esame e ti hanno trovato discopatie, ernie oppure artrosi. Quella che stiamo per affrontare è una vera e propria “missione impossibile”. Perché dico questo? Perché dovrò cercare di smascherare una categoria di persone comparsa solo negli ultimi cinquant’anni: “le vittime degli esami radiologici”. Cinquant’anni fa non si poteva fare una risonanza magnetica, e di fatto le lastre non erano così comuni. Oggi non è più così: grazie alle moderne tecnologie, possiamo sapere – o credere di sapere – tutto ciò che succede all’interno dei nostri muscoli e delle nostre vertebre. Buona notizia? Certamente, ma non del tutto. Ogni giorno mi trovo a parlare con persone che non hanno mal di collo o mal di schiena, ma hanno la “protrusione” o la “discopatia”. Parlo con persone che devono limitare la propria attività fisica, perché gli hanno trovato un’ernia al disco. Gli esami radiologici hanno soddisfatto una delle grandi esigenze della mente umana: quella di dare un nome ai propri disturbi, come a voler smascherare il colpevole. Peccato che le cose vadano in realtà molto, ma molto diversamente. Spero che i semplici numeri che fornirò siano sufficienti a dimostrare che è bene non “arrovellarsi” troppo su quei maledetti referti. Salvo in rari casi, nella lastra o nella risonanza magnetica NON è possibile vedere la causa del dolore e dei sintomi. Insomma, spero di riuscire a rompere lo schema che ti spinge a dire: “Ho la discopatia, queste cose non le posso fare”, per farti aprire a un ben più virtuoso: “Cerco di utilizzare il mio corpo in modo normale e, se non riesco, provo a migliorarmi, senza dare la colpa a ciò che ho letto nel referto”. Quello che leggerai nel prossimo paragrafo potrebbe andare in contrasto con pareri che anche alcuni professionisti potrebbero aver espresso. Anche medici, fisioterapisti o figure Gli esami radiologici. Quando servono e come interpretarli nell’area riabilitativa potrebbero averti detto cose tipo “Il tuo problema è la protrusione del disco” oppure “Il tuo dolore deriva dall’artrosi”. I numeri che leggerai non sono inventati, si possono ritrovare in qualsiasi database di studi scientifici: purtroppo, non è per nulla scontato che medici e terapisti siano correttamente informati e aggiornati. Cosa si vede negli esami radiologici Se stai leggendo questo paragrafo, ci sono ottime possibilità che tu abbia già fatto una lastra oppure una risonanza. Di conseguenza, ci sono ottime possibilità che ti abbiano trovato una di queste situazioni: • artrosi (spondiloartrosi); • discopatia (per lo più C4-C5 e C5-C6); VERTEBRA SANA VERTEBRA CON ERNIA AL DISCO VISTA DALL'ALTO anulus fibroso nucleo polposo nervo spinale midollo spinale ernia al disco canale spinale VISTA LATERALE nervi spinali disco intervertebrale il nucleo polposo entra nel canale spinale 25 26 Caratteristiche e sintomatologia del dolore cervicale • ernia al disco; • rettilineizzazione della lordosi cervicale. collo. Insomma, un po’ tutti si portano dietro un po’ di artrosi, ma non tutti hanno sintomi. Più raramente possono averti trovato situazioni particolari come la listesi, ossia lo scivolamento in avanti di una vertebra, la fusione congenita di due vertebre o la stenosi del canale spinale. Nella quasi totalità dei casi ti avranno diagnosticato una delle situazioni citate prima. Discopatia ed ernia al disco Devi preoccupartene? Sono quelle la causa dei tuoi sintomi? No, non devi preoccuparti e non sono quelle – fatta eccezione per situazioni davvero gravi – la causa del problema. Non mi credi? Ti hanno detto il contrario? Prosegui a leggere per capire che cosa sono i problemi che ti hanno diagnosticato, ma soprattutto per scoprire quante persone sane li abbiano senza esserne a conoscenza! Perché non devi preoccuparti troppo. Prendi 100 persone che non hanno dolore al collo e non l’hanno mai avuto. Qual è la possibilità di trovare in loro una discopatia? Eppure, uno spettacolare 70% mostra segni di degenerazione del disco. Si parla di ernia al disco quando una parte del disco, il nucleo polposo, si rompe e va a comprimere i nervi che escono a lato. Il discorso qui è leggermente diverso: la maggior parte delle persone ha piccole ernie, per le quali vale lo stesso discorso delle discopatie. A volte invece si hanno massicce rotture con grandi compressioni dei nervi a fianco: si tratta di una quantità molto ristretta di casi, ma nei quali è quasi impossibile non avere sintomi. La caratteristica di questi problemi è soprattutto il forte dolore al braccio, ma bisogna tener presente una cosa: il discorso è valido se il dolore persiste a lungo, intendo nell’ordine di mesi. Il nocciolo della questione è: se con le strategie che imparerai in questo libro riuscirai a mettere i muscoli nelle migliori condizioni possibili, potrai stare benissimo anche se le tue ossa appaiono malandate. Artrosi (spondiloartrosi cervicale) È un classico segno di usura delle articolazioni tra una vertebra e l’altra: in pratica, la cartilagine che fa da lubrificante tra le articolazioni vertebrali si è consumata. In questa situazione, è frequente vedere dei becchi di micro-calcificazioni, che si chiamano osteofiti. Perché non devi preoccuparti troppo. Una ricerca del 2015 ha rilevato degenerazioni artrosiche nel 37% dei ventenni asintomatici e nel 96% degli ottantenni… praticamente in una percentuale altissima di persone, anche fra quelle che non provano alcun dolore al Si parla di discopatia quando lo spazio tra due vertebre è ridotto. Che cosa significa? Che il disco cartilagineo, l’“ammortizzatore” che sta tra una vertebra e l’altra, ha perso volume, e di conseguenza le vertebre si stanno avvicinando. Quadri di questo tipo possono evolvere in due modi: o l’ernia si secca perché è fuori dalla sua sede e riceve poco nutrimento, oppure è necessario ricorrere a un’operazione. Tutto questo succede in un arco di tempo di un anno al massimo, quindi se avverti dolore al braccio da alcuni anni, hai probabilmente una piccola ernia, e vale il discorso relativo alla discopatia. Gli esami radiologici. Quando servono e come interpretarli Rettilineizzazione della lordosi cervicale Se, viste di profilo, le vertebre cervicali formano una leggera curva in avanti, si parla di lordosi cervicale. In alcuni casi questa naturale forma non si trova – riduzione della lordosi – oppure addirittura si trova invertita – inversione della lordosi cervicale. Perché succede questo? I motivi possono essere diversi, ma il principale è l’attività antalgica dei muscoli. Se ti fa male un braccio, come lo tieni? Piegato e attaccato al corpo, giusto? Ecco, i muscoli fanno lo stesso quando non è il braccio a essere dolente, ma il collo. Perché non devi preoccuparti troppo. La perdita della lordosi cervicale è riscontrabile nel 30% della popolazione senza alcun tipo di sintomo. Quand’è che gli esami sono davvero utili? Se la maggior parte delle persone sane presenta problemi radiologici anche evidenti, a cosa serve farli? Bella domanda, ed è proprio questa la ragione dei recenti tagli alla sanità per quanto riguarda le prescrizioni di esami radiologici. La mia opinione è questa: qualsiasi disturbo tu abbia, prova prima di tutto a curarlo, ad esempio con le strategie che vedrai tra poco. Se la situazione migliora, non hai alcun bisogno di approfondire con esami radiologici; se invece la situazione non mostra alcun segno di cambiamento, allora può essere davvero utile eseguire un esame, sotto consiglio del medico. Spero che la lettura di questo capitolo abbia acceso in te una lampadina, spegnendo l’os- sessione che alcune persone sviluppano nei confronti degli esami radiologici. Il fatto di poter dare un nome al problema ti dà un minimo di sicurezza: hai tutta una serie di sintomi che magari sono anche difficili da sopportare, quindi il fatto di sapere a cosa siano dovuti aiuta molto. E adesso io dovrei convincerti che molto probabilmente nel referto della tua lastra o della tua risonanza NON c’è il motivo per cui avverti tutti i sintomi che hai visto nel capitolo precedente? In realtà, quelle che hai letto sono buone notizie, anzi ottime. Il fatto di avere un’ernia, una discopatia o una forma di artrosi NON rappresenta una condanna a portarti dietro i problemi in eterno: dovrai soltanto trovare le giuste tecniche per rientrare nella categoria delle “persone a cui hanno trovato qualcosa negli esami, ma che non avvertono alcun sintomo”. Dal prossimo capitolo inizieremo a vedere come farlo all’atto pratico. Stai per intraprendere un percorso sicuramente non impossibile, ma che comunque è fuori portata per una larga fetta di persone. Pur sapendo cosa potrebbero fare per migliorare i loro disturbi, queste persone non hanno abbastanza forza di volontà per resistere alle “trappole” che il cervello escogita per non farci cambiare abitudini. E così finiscono per intrattenere tra loro discussioni poco produttive sui sintomi o sui problemi che la discopatia procura loro. Fai in modo che per te vada diversamente: dovrai avere grandi miglioramenti ed esibirli in modo spavaldo, così da essere di ispirazione per altre persone. Buon lavoro! 27 Il protocollo “Cervicale STOP!” 30 Inizia il percorso: istruzioni per l’uso Per affrontare al meglio il protocollo “Cervicale STOP!” bisogna prima di tutto capire come funziona nella pratica, quali risultati aspettarsi e in quanto tempo, ma soprattutto conoscere le dinamiche messe in atto dalla parte istintiva del nostro cervello. Se finora è stato tutto chiaro, dovresti aver compreso bene che cos’è un disturbo cervicale, da cosa è causato e come si manifesta. Leggendo le descrizioni delle cause e delle caratteristiche, dovresti esserti anche fatto un’idea su cosa ci sia alla base del tuo disturbo cervicale. Se ancora non te la sei fatta, non preoccuparti: grazie ai test di autovalutazione, saprai con precisione cosa fare per migliorare i tuoi problemi. Ora che conosci il nemico, è giunto il momento di affrontarlo. Quello che stai per iniziare è il protocollo “Cervicale STOP!” vero e proprio: un metodo che ti permetterà di affrontare il disturbo in tutte le sue numerose sfumature, sempre in modo semplice e praticabile. Prima di iniziare, voglio assicurarmi che tu abbia ben chiaro: • come funziona dal punto di vista pratico; • le tempistiche in cui aspettarsi risultati; • le informazioni sulla presenza del “baco del 90%” – che capirai tra poco. La presenza del “baco del 90%” Il “baco del 90%” è decisamente la cosa meno intuitiva. Il “baco” del nostro cervello: ecco perché hai il 90% di possibilità di non miglio- rare, se non lo conosci. Non si tratta di una truffa: il protocollo che troverai è quello che utilizzo quotidianamente con i miei pazienti, e che ha già permesso a centinaia di persone di ottenere ottimi risultati. Quindi, cosa intendo per “il 90% di possibilità di non migliorare”? È molto semplice, dato che 90% e 10% sono percentuali che ricorrono nelle situazioni di vita più diverse. Prendi 100 persone che si iscrivono in palestra: solo il 10% proseguirà anche l’anno successivo. Oppure prendi 100 persone a un corso professionale: solo il 10% applicherà realmente i concetti spiegati nel corso. E di 10 “buoni propositi per il nuovo anno”, quanti ne realizzerai davvero? Uno, nel migliore dei casi. Alla base di queste sconfortanti percentuali c’è una sola cosa, e se la conosci hai ottime possibilità di rientrare nel 10% di quelli che ce la fanno. Si tratta del cosiddetto “cervello rettile”, la parte più antica e profonda della nostra mente, che tuttavia ha una forte influenza sulle nostre decisioni. La parte razionale del tuo cervello vorrebbe fare il possibile perché tu stia bene e tu goda di un’esistenza piena e soddisfacente. Inizia il percorso: istruzioni per l’uso Al cervello rettile, ovvero alla parte più inconscia, questo interessa ben poco: il suo obiettivo è soltanto uno, ovvero la tua sopravvivenza. Per il cervello rettile, qualsiasi cosa che non sia relativa alla sopravvivenza è potenzialmente uno spreco di energie preziose. Ogni nuova abitudine rappresenta assolutamente una minaccia: poco importa se si tratta di qualcosa che potrebbe farti sentire meglio. Il cervello rettile fa sempre di tutto per mantenerti all’interno della sua “comfort zone”: tradotto in parole povere, la tua parte inconscia cerca di tenersi ben strette le abitudini che conosce bene. Ecco perché è così difficile iniziare una nuova attività fisica, mettersi a dieta o applicare un sistema di pensiero diverso che ti permetterebbe di migliorare dal punto di vista professionale. E questo per noi è sicuramente un bel guaio, perché il miglioramento di un disturbo cervicale passa proprio attraverso la costruzione di nuove abitudini. Se vuoi muscoli cervicali più efficienti, li devi allenare, non c’è molto da dire a riguardo. Se ciò che cerchi è un migliore stato di forma generale, devi migliorare le tue abitudini. La maggior parte delle persone non riesce a superare lo “scoglio” del cervello rettile: ci prova, ma dopo pochissimo torna alle vecchie abitudini, senza aver mosso un passo in avanti. Ma tu devi fare in modo che questo non succeda: ecco allora 3 semplici strategie per vincere questa parte di noi così radicata, che vuole tenerci lì dove siamo. La prima strategia l’hai già applicata, ovvero: conoscere il problema. D’ora in poi saprai che i momenti di pigrizia, i vari “adesso non ho tempo” e scuse di questo tipo appartengono tutte al tuo cervello rettile, che non vuole farti muovere dalla posizione attuale. Abbiamo la tendenza naturale a non cambiare abitudini, sappilo. Molti studi dicono che lo “scoglio” da superare sia quello dei 90 giorni: se riesci a continuare una nuova abitudine per 90 giorni di fila, è molto probabile che diventerà parte integrante della tua routine, in modo assolutamente automatico. La seconda strategia è a mio avviso quella più potente, ovvero quella di non chiedere troppo. Il primo esempio che mi viene in mente riguarda coloro che non hanno mai messo piede in una palestra, ma che già dopo 15 giorni vogliono fare un programma avanzato e chiedono di essere “massacrati”. Il risultato? Abbandono totale dopo sole 3 o 4 sessioni. Chiedere cambiamenti troppo repentini è il miglior modo per mettere in allarme il cervello rettile, che quanto prima troverà un modo per tenerti lontano da lì: un giorno non c’era parcheggio, quello dopo eri malato, quello dopo ancora hai fatto tardi al lavoro. E poi… “Eh, ormai ho interrotto. Ricomincio a gennaio (o settembre)”: per il cervello rettile, missione compiuta e scampato pericolo. La stessa cosa non può dirsi del cervello razionale, che sognava un corpo più attraente: purtroppo è assodato che la parte inconscia è più potente di quella conscia. Il protocollo che troverai nelle prossime pagine è studiato per non chiederti troppo: in generale, il tutto non dovrebbe occuparti più di 15 minuti al giorno. Non cadere in tentazione e voler fare di più, perché hai fretta di star meglio: quando si parla di disturbi muscolo-scheletrici, la costanza nel tempo vince su tutto. 31 32 Il protocollo “Cervicale STOP!” E ti assicuro che è molto più facile rimanere costanti su un piccolo impegno piuttosto che su un piano troppo complesso. La terza strategia consiste nel cogliere anche i piccoli miglioramenti. Il cervello rettile è ostico nel cambiare, ma adora vedere quando le cose sembrano andare meglio ed essere gradevoli. È a causa sua se è così difficile resistere a quel cannolo alla ricotta o a qualsiasi altra tentazione alimentare ti venga in mente: la fatica per mangiarlo è zero, la sensazione gradevole è immediata, ed è ottimo per la sopravvivenza perché consente di accumulare riserve di grasso. Quando si ha un problema cervicale la nostra attenzione è posta prevalentemente sui sintomi: tipicamente facciamo il nostro “check” quotidiano, per capire se i sintomi sono ancora lì dov’erano il giorno prima. Il protocollo che troverai nelle prossime pagine ti potrà sicuramente aiutare a migliorare i sintomi, ma già prima potrai sicuramente iniziare a cogliere altri piccoli miglioramenti. Magari riesci a muoverti un po’ meglio, ti senti meno rigido in un determinato esercizio oppure hai più energie quando ti alzi al mattino. Tutti questi micro-miglioramenti sono segnali che le cose stanno andando per il verso giusto, anche se i sintomi principali ci sono ancora. Appunta tutte le sensazioni positive e concentrati su quelle: vedrai che i sintomi miglioreranno senza che tu te ne accorga. Tempistiche e risultati In quanto tempo devi aspettarti i risultati e per quanto dovrai proseguire? Quando le persone mi chiedono per quanto tempo devono andare avanti, sono sempre indeciso sulla risposta da dare. Questo perché c’è un grosso divario tra quello che è il nostro desiderio di migliorare – il prima possibile – e il tempo necessario a ottenere i miglioramenti veri, stabili nel tempo. In linea di massima, ecco alcune tempistiche realistiche: • dopo circa 2 settimane dovresti iniziare a sentire che qualcosa sta cambiando. Può essere un’attenuazione dei tuoi sintomi oppure qualcuno dei miglioramenti collaterali di cui accennavo prima; • dopo circa 1 mese, devi avere un’idea abbastanza ben definita di come sta andando il tuo percorso. A questo punto dovresti aver percepito dei miglioramenti sensibili: guardandoti indietro, dovresti vedere una situazione complessivamente peggiore rispetto a quella attuale; • 3 mesi sono un buon periodo per un ciclo di riabilitazione: in misura di quanto il problema sia migliorabile e risolvibile, applicandoti con continuità per 90 giorni, la maggior parte dei sintomi dovrebbe essere sensibilmente cambiata. 3 mesi è sicuramente un obiettivo importante al quale puntare. • 6 mesi sono un orizzonte temporale ancora migliore. In questo tempo i tessuti possono avere dei veri e propri cambiamenti fisiologici: se hai portato avanti il protocollo per 6 mesi, è poco probabile che i problemi ritornino nel caso lo dovessi abbandonare. In conclusione: un paio di settimane per capire che qualcosa si sta muovendo, un mesetto per capire cosa sta migliorando, 3 mesi per un miglioramento concreto. Queste sono le tempistiche che consiglio di tenere in considerazione: in fondo stiamo parlando di un disturbo cronico che si forma piano piano negli anni: non c’è modo di ottenere un cambiamento duraturo in pochi giorni. Inizia il percorso: istruzioni per l’uso È per questo che nel tempo sono diventato sempre meno appassionato di manipolazioni, e sempre più appassionato di rieducazioni. La manipolazione è qualcosa di temporaneo per definizione: non penserai che una seduta di un qualsivoglia massaggio possa incidere in modo significativo su qualcosa che ci ha messo anni a radicarsi, vero?! Se vuoi che il tuo corpo cambi, ti servono due cose: gli stimoli giusti, che ti coinvolgano in prima persona, e la capacità di portare avanti questi stimoli con continuità. Si tratta dello stesso esatto processo seguito dall’atleta che vuole migliorare le sue prestazioni: deve allenarsi in prima persona ed in modo costante. Nessun atleta corre più veloce perché ha fatto dei massaggi o delle manipolazioni. È per questo che ho coniato la definizione di “atleti del recupero” per i miei pazienti, utenti e lettori. Quanto tempo occorre durante la giornata? Sono cose da fare tutti i giorni? Come dicevo prima, se parti in quarta cercando di fare troppe cose, farai alzare le antenne al cervello rettile, che ben presto cercherà una scusa per fermarti. È molto più produttivo fare 10 minuti al giorno per 6 mesi, piuttosto che 1 ora al giorno per 2 settimane. Detto questo, il protocollo è studiato per “rubarti” non più di 15-20 minuti al giorno con gli esercizi: dovessi metterci di più e avessi difficoltà per questo, lascia 1 o 2 esercizi al giorno successivo. Le strategie su alimentazione e metabolismo non richiedono tempo extra, ovviamente: il tempo dedicato ai pasti è sempre quello. Per cercare di aiutare il tuo sistema nervoso a gestire meglio lo stress, potrebbero essere necessari 5-10 minuti qua e là durante la giornata: non dovendo però fare nulla di particolarmente “fisico”, questo non dovrebbe essere un problema. Come funziona il protocollo e come personalizzarlo Questa è la parte interessante, il punto forte. Come dicevo nei capitoli precedenti, il disturbo cervicale è vario e multiforme. Alla base ci sono diverse cause, e lo stesso disturbo può manifestarsi in vari modi. Un problema che si manifesta “solamente” girando il collo a destra, ad esempio, non è la stessa cosa rispetto a una sensazione di tensione costante ad alto coinvolgimento emotivo. In questo libro troverai consigli e strategie a 360 gradi, ovvero su tutti gli aspetti in cui può essere interessante lavorare: • gli esercizi specifici; • l’alimentazione; • lo stile di vita e il controllo dello stress nervoso; • l’attività fisica. All’interno degli “esercizi specifici”, ce ne sarebbero davvero tantissimi da poter fare. Ma non tutti devono fare tutto, naturalmente. E allora, come fare a capire cosa è veramente necessario al tuo caso? Semplice: puoi utilizzare la procedura di autovalutazione, uno stratagemma che ho inventato e che consente di personalizzare le strategie. Nel libro troverai un semplice “promemoria” da guardare una volta al mese e due procedure di autovalutazione: • il test delle cause; • il test di valutazione posturale e movimento. 33 34 La procedura di autovalutazione Siamo quasi pronti per iniziare il percorso pratico vero e proprio. Per poter capire quali sono gli esercizi e le strategie più adatte al tuo caso, svolgi prima le procedure di autovalutazione che trovi in queste pagine. Per una larga fetta di popolazione, risolvere completamente i sintomi è possibile. Sicuramente, ci sono situazioni molto particolari in cui si possono ottenere miglioramenti ma non risoluzioni complete: in questo caso, lotteremo per portare i sintomi al minimo possibile, e andrà sicuramente molto meglio di adesso. Per capire cosa fare, dovremo comprendere meglio le caratteristiche del tuo caso: il modo in cui il tuo corpo si muove, il tuo metabolismo, la tua reazione allo stress… Del resto, come abbiamo detto precedentemente, le cause che possono creare disturbi cervicali sono davvero tante! E come è possibile capire queste informazioni senza che un esperto ti veda di persona? Serve una visita specialistica per determinare le caratteristiche del tuo caso? Diciamo la vera verità: la maggior parte delle persone che ha in mano questo libro ha già fatto una visita specialistica, da un ortopedico, da un fisiatra o da chicchessia. Quante volte capita che un medico si metta a sviscerare minuziosamente la storia individuale e le caratteristiche della persona? Quante volte elabora un piano preciso anche a livello di stile di vita, alimentazione o esercizio fisico? Poche, pochissime. Quando va bene si alzano dalla sedia e visitano il paziente, alcuni si limitano a guardare gli esami radiologici. Molte volte danno indicazioni sommarie e spesso poco applicabili: fino a qualche anno fa, chiunque avesse il mal di schiena doveva fare nuoto, ad esempio. Chiariamoci: le visite e gli esami sono importanti e necessari. Un primo contatto con un medico specialista ortopedico – o un neurochirurgo, se se ne intravede la necessità – è assolutamente consigliabile. Tuttavia, se sei una delle tante persone che ha già fatto quello che poteva fare e sei già stato visto da chi di dovere… allora fermati qui! Un bravo medico, o comunque un bravo terapeuta, capisce il problema anche solo parlando con la persona. Agli esordi della mia carriera ero molto scettico riguardo a questa affermazione, ma oggi mi ci ritrovo più che mai. Parlando con la persona si scoprono le caratteristiche del suo disturbo, e sono quelle a determinare le azioni da intraprendere per migliorarlo! Non un esame, non l’imposizione delle mani, non la xyz-grafia: le caratteristiche della persona rappresentano la guida migliore. Le caratteristiche del disturbo cervicale possiamo facilmente capirle insieme, qui ed ora. Come dicevo, anche se ognuno sviluppa sintomi diversi per ragioni diverse, è possibile individuare delle caratteristiche tipiche, che permettono di capire quale sia il problema principale di una persona. La procedura di autovalutazione Faccio un esempio per capire meglio. Un uomo sano di 35 anni, che non ha mai avuto alcun tipo di problema scheletrico o di salute generale, viene tamponato e prende un considerevole colpo di frusta: da quel momento comincia a soffrire di disturbi di vario genere al collo. Il suo caso è evidentemente meccanico: stava bene e una “forza esterna” ha danneggiato le sue strutture. Tipicamente, una persona di questo tipo avrà dolore, rigidità, vertigini e nausea, ma non ci aspettiamo molto altro. Prendiamo invece una donna di 55 anni, in menopausa da 3, che non ha mai avuto incidenti o traumi significativi allo scheletro. Tuttavia la sua vita è stata caratterizzata da problemi nella gestione del peso, con tendenza a ingrassare, difficoltà all’apparato digerente e disturbi del tono dell’umore (ansia e depressione in alternanza). Ci aspettiamo che la lista dei sintomi di questa donna sia uguale a quella dell’esempio precedente? Certamente no: la lista dei sintomi dell’uomo si limiterà a 3-4 problemi direttamente imputabili alle vertebre o ai muscoli cervicali. La lista della donna sarà un vero e proprio elenco della spesa, che tipicamente conterrà: mal di schiena, mal di collo, gonfiori, bruciori di stomaco, disturbi del tono dell’umore, disturbi del sonno ecc. Questo perché nella donna in esame è il metabolismo a non funzionare bene: di conseguenza, ha sviluppato una serie di problemi, di cui il disturbo cervicale è soltanto uno dei tanti. Ho utilizzato questi esempi per farti capire la procedura che andremo a utilizzare. Grazie a una serie di elementi predittivi, capiremo se il tuo disturbo presenta una maggioranza di caratteristiche meccaniche, metaboliche o legate agli aspetti emotivi. La base di partenza: che voto dai ai tuoi sintomi? Questo test è un semplice promemoria, una base di partenza che ci serve per capire quanto stiamo migliorando. Incredibilmente, il cervello ci frega anche in questo: ci accorgiamo facilmente dei grandi miglioramenti immediati, ma se questi vengono “spalmati” nell’arco di qualche settimana, ci sembra di stare sempre come prima. Quello che ti chiedo è quindi di dare un “voto” da 0 a 10 a questi sintomi: dolore al collo ............................. vertigini ............................. dolore al braccio ............................. nausea ............................. mal di testa ............................. disturbi della vista ............................. emicrania ............................. 35 36 Il protocollo “Cervicale STOP!” Considera che, nella scala da 0 a 10, 0 significa che il sintomo non ti procura nessun fastidio; 10 significa invece che ti disturba tantissimo e in maniera preponderante. Scrivi i voti su un foglietto, che metterai da parte, anche tra le pagine di questo libro: nella ri-valutazione non dovrai essere condizionato dai voti precedenti. Ripeti il test dopo un mese di applicazione del protocollo, senza guardare prima il foglietto compilato all’inizio: se è andato tutto bene, il voto che hai dato stavolta sarà diverso da AL LAVORO CON SMARTPHONE E TABLET CAMMINANDO O CORRENDO quello precedente. Come ti dicevo, potrebbe capitare addirittura di stupirsi dei voti che si erano dati: se senti ancora dolore al collo, ti può sembrare di non essere migliorato più di tanto, ma guardando il foglietto potrai scoprire che quello che la volta precedente era un 9 adesso è invece un 4! Come interpreterà la cosa il tuo cervello rettile? Registrerà che quello che hai fatto è stato utile e non creerà scuse e ostacoli per abbandonarlo. La procedura di autovalutazione Il test delle cause Questo test ti sarà molto utile in un duplice senso: sia per conoscerti meglio sia per capire quanto le indicazioni che troverai più avanti siano importanti per te. Nei prossimi 3 capitoli troverai infatti 3 tipi di consigli diversi: • gli esercizi, per migliorare l’aspetto “meccanico”; • i consigli alimentari, per migliorare l’aspetto “metabolico”; • alcune tecniche per migliorare lo “stress nervoso”. Rispondendo a delle semplici domande, potrai capire quanto il tuo caso possa essere provocato da problemi “meccanici”, “metabolici” o “nervosi”. Come hai già visto, le caratteristiche e i sintomi del disturbo sono diversi a seconda della causa prevalente. Osservando quanti sintomi tipici dei vari “profili” manifesti, potrai capire quanto ti sono utili le diverse sezioni del libro. La parte degli esercizi è obbligatoria, mentre potrebbe essere che tu non abbia bisogno delle altre due categorie di consigli: lo scoprirai grazie al test. Se ad esempio non presenti alcun sintomo “nervoso”, probabilmente per te non vale la pena più di tanto di applicare i suggerimenti del capitolo sullo stress nervoso. Se invece manifesti tanti sintomi metabolici, ti conviene non saltare assolutamente il capitolo su alimentazione e metabolismo, anche se il tuo problema sembra a tutta prima di natura esclusivamente muscolare. La procedura che seguiamo funziona in modo molto semplice: qui di seguito troverai 3 tabelle, che contengono ciascuna una lista di “cause” . Queste “cause” sono, a seconda della tabella, di tipo meccanico (traumi, incidenti, problemi congeniti), di tipo metabolico (disordini alimentari, utilizzo cronico di farmaci) oppure nervoso (stress emotivi o familiari). Per ogni tabella, dovrai controllare quante caselle “sì” ti corrispondono. Nel box sotto a ogni tabella troverai le indicazioni su cosa fare a seconda del risultato. Attenzione: anche se questo test prende in considerazione molti elementi, ha qualche piccolo limite, in particolare non è in grado di “pesare” i singoli elementi. Esempio: ti viene chiesto se hai avuto traumi significativi alla zona cervicale. Potresti aver avuto un bel colpo di frusta, e quindi rispondere “sì”. Potresti però aver avuto un grave incidente con due fratture vertebrali e necessità di operazione chirurgica: la risposta sarebbe comunque “sì”, ma è evidente che il “peso” della questione è ben diverso. In ogni caso non preoccuparti, dal punto di vista del "cosa facciamo per stare meglio", non cambia nulla. Il test sulla postura e sui movimenti (lo troverai più avanti) ti aiuterà a scegliere quali esercizi fare in base alle caratteristiche che presenti in questo momento. Questo test serve solo per aiutarti ad avere un’idea generale sulla situazione: ci sono persone che sono convinte di avere un problema al 100% di tipo fisico, ma che in questo test hanno le caselle delle "cause meccaniche" vuota, e le caselle delle "cause nervose" tutte piene. Ovviamente, è molto più probabile che queste persone abbiano un problema più relativo alla tensione nervosa, diversamente da quanto immaginano. 37 38 Il protocollo “Cervicale STOP!” 1 Tabella delle cause meccaniche La tabella delle cause meccaniche serve a determinare quanto possano essere importanti per te i fattori legati alla postura e al movimento. Normalmente assegniamo a questa categoria l’intera colpa, ma non è così: come ho già detto in precedenza, molti studi dimostrano che questi fattori sono spesso sopravvalutati. Cerchiamo di capire quanto siano importanti nel tuo caso! Hai avuto significativi traumi alla zona cranica? SÌ NO Hai avuto significativi traumi cervicali? SÌ NO Ti capita abbastanza frequentemente di svegliarti con dolore al collo? SÌ NO Hai dolore in movimenti ben definiti? SÌ NO Hai avuto incidenti o traumi ad altre zone della colonna vertebrale? SÌ NO Hai avuto incidenti o traumi alle grandi articolazioni (spalla, gomito, polso, anca, ginocchio, caviglia)? SÌ NO Hai cicatrici evidenti, da intervento chirurgico o da lesione? SÌ NO Ti ritieni una persona dalla muscolatura nel complesso molto scarsa? SÌ NO Fai un lavoro pesante? SÌ NO Hai problemi congeniti, tipo scoliosi? SÌ NO Trascorri più di 5 ore davanti a un videoterminale? SÌ NO La procedura di autovalutazione Interpretazione Fino a 3 “sì” Se hai risposto meno di 3 “sì”, può darsi che nel tuo caso l’aspetto posturale, e in genere i problemi legati al movimento, non sia così determinante. È molto più probabile che il tuo disturbo sia legato ad altri fattori, come ad esempio l’accumulo di stress psicofisico. Dal punto di vista pratico, però, non cambia nulla: come già detto, la sezione degli esercizi è obbligatoria. È infatti assolutamente provato che, anche nei casi di accumulo di stress psicofisico, l’esercizio mirato aiuti a sciogliere le tensioni. L'esercizio mirato è infatti il rimedio più efficace per qualsiasi genere di disturbo cervicale. Anche se i tuoi muscoli si fossero irrigiditi solo e soltanto a causa di tensione emotiva, trarrai comunque beneficio dal ri-condizionarli tramite l'esercizio. E questo per un motivo molto semplice: a lungo andare di tensione costante, la rigidità dei muscoli si "cronicizza", e a quel punto diventa un vero e proprio problema fisico. Grazie agli esercizi potrai avere muscoli in migliori condizioni: a parità di tensioni emotive, ti assicuro che si irrigidiranno meno. 39 40 Il protocollo “Cervicale STOP!” 2 Tabella delle cause metaboliche La tabella delle cause metaboliche serve a determinare quanto gli aspetti legati al metabolismo possano essere importanti per te. In genere non pensiamo che quello che mangiamo, o il nostro metabolismo in generale, possa avere importanza nei dolori che avvertiamo. Non è così: dal metabolismo dipendono molti processi infiammatori e di controllo del dolore. Vediamo quanti sintomi di questo tipo hai! Ti senti un soggetto meteoropatico? SÌ NO Soffri di stanchezza o affaticamento persistente? SÌ NO Soffri di gonfiori allo stomaco ed eccessiva pienezza dopo i pasti, oppure di problemi intestinali? SÌ NO Il tuo sonno è di scarsa qualità? SÌ NO Ti capita di fare aperitivi, happy hour ecc. più di due volte a settimana? SÌ NO Utilizzi farmaci a uso cronico? SÌ NO Hai qualche forma di allergia o qualche malattia metabolica/autoimmune (diabete, ipo o ipertiroidismo ecc.) SÌ NO Bevi meno di 1,5 litri di acqua al giorno? SÌ NO Sei sovrappeso (girovita maggiore di 102 per l’uomo e di 88 per la donna) oppure sottopeso? SÌ NO Ti capita di eccedere a cena o di mangiare spesso dolci o frutta dopo cena? SÌ NO Fai una colazione con meno di 3 alimenti diversi? SÌ NO La procedura di autovalutazione Interpretazione Fino a 3 “sì” Se hai totalizzato un massimo di 3 “sì”, possiamo dire che il tuo metabolismo funzioni bene, e che stai seguendo uno stile di vita non eccessivamente stressante da quel punto di vista. Il capitolo riguardante il metabolismo non ti riguarda più di tanto, ma qualche raccomandazione per continuare così può comunque esserti utile: nel capitolo apposito, ti basterà seguire i consigli generali che troverai nello schema numero 1. Da 4 a 8 “sì” Se hai totalizzato più di 3 “sì”, ma meno di 9, rientri in quella larga fetta di persone – la maggioranza, possiamo dire – che si trova a dover fare i conti con gli effetti negativi del proprio stile di vita, o di alcune particolari predisposizioni genetiche. Il tuo metabolismo “perde qualche colpo”, o comunque potrebbe perderlo nel breve-medio periodo. Nel capitolo dedicato all’alimentazione troverai alcuni schemi alimentari: quello più adatto al tuo caso è il numero 2. Si tratta di uno schema che mira a ripristinare i fisiologici ritmi ormonali e metabolici. Non preoccuparti, non sarà difficile da seguire. Più di 8 “sì” Se hai totalizzato più di 8 “sì”, è probabile che i problemi metabolici siano un vero e proprio “cardine” del tuo disturbo. Quando il metabolismo non funziona bene, si hanno processi infiammatori diffusi, e di conseguenza dolori e malesseri di varo tipo. Nel capitolo dedicato all’alimentazione troverai alcuni schemi alimentari: quello più adatto al tuo caso è il numero 3. Si tratta di uno schema che mira a ripristinare la miglior funzionalità intestinale e metabolica possibile, fattori che per te sono assolutamente cruciali. Nel caso lo ritenessi troppo difficile da attuare, prova ad applicare lo schema numero 2. 41 42 Il protocollo “Cervicale STOP!” 3 Tabella delle cause nervose Insomma, è colpa dello stress o no? Anche lo stress emotivo è uno dei principali “imputati” come causa dei nostri disturbi. In alcuni casi questa supposizione è ben più che ragionevole, ma in altri meno. Scopri quanto sembra “pesare” lo stress emotivo nel tuo caso! Avverti la tensione come una sorta di “morsa” al collo? SÌ NO Hai ansia, tachicardia, dolori al petto? SÌ NO Hai sbalzi di umore o irritabilità? SÌ NO Hai dolori diffusi, molto vaganti e spesso non ben identificabili? SÌ NO Vivi uno stato di preoccupazione costante, o hai una visione sempre negativa? SÌ NO Hai spesso vertigini o mancanza di lucidità? SÌ NO Hai perdita della memoria a breve termine? SÌ NO Vivi negativamente le conseguenze di un trauma emotivo o di un lutto? SÌ NO Hai, per abitudine o necessità, orari molto diversi dai “canonici” (ad esempio sveglia dopo le 8.00, a letto dopo le 01.00)? SÌ NO Vivi un periodo particolarmente stressante al lavoro o in famiglia? SÌ NO Ritieni di avere significativa ansia o depressione, o ti devi curare per questo? SÌ NO La procedura di autovalutazione Interpretazione Fino a 3 “sì” Se hai totalizzato un massimo di 3 “sì”… è andata bene! I fattori relativi allo stress emotivo non sembrano essere estremamente importanti nel causarti disturbi cervicali o malessere in generale. Questo non significa che tu non accumuli stress emotivo: semplicemente, il tuo corpo al momento risponde bene. Visto che potrebbe non andare sempre così, prova a dare comunque un’occhiata al capitolo sullo stress emotivo: qualche tecnica descritta lì può esserti d’aiuto comunque. Al momento, non si tratta comunque di indicazioni indispensabili. Da 4 a 8 “sì” Se hai totalizzato più di 3 “sì”, ma meno di 9, i fattori relativi allo stress emotivo possono aver giocato un ruolo importante nel crearti disturbi cervicali, anche se probabilmente non decisivo. Come molti, il bilancio tra “stress accumulato” e “capacità di recupero” è in negativo, e il tuo corpo ne paga le conseguenze. Le indicazioni che troverai nel capitolo sullo stress nervoso ti saranno utili: cerca di implementarle nelle tue giornate! Più di 8 “sì” Se hai totalizzato più di 8 “sì”, gli aspetti relativi allo stress emotivo sono molto importanti nel causarti tensione muscolare e disturbi cervicali. Tieni presente che quando è il nostro sistema nervoso ad essere in sovraccarico, i sintomi che possono comparire sono i più disparati, e quasi mai hanno un riscontro “oggettivo”. Potresti avvertire, ad esempio, formicolii o bruciori in varie parti del corpo, ma se fai un’elettromiografia, i tuoi nervi risulteranno a posto. Nel capitolo dedicato allo stress emotivo e al sistema nervoso, troverai una serie di tecniche: dovrai cercare di applicarle il più possibile, al fine di mettere un po’ di “quiete” all’interno della tua scatola cranica. La tua è una tipologia di caso molto difficile da risolvere, perché ad essere fuori uso è proprio la “cabina di regia”. In questi casi chi ne soffre necessita di una dose extra di impegno e motivazione, che spesso invece non ha proprio perché il suo stress è alle stelle. Cerca di tenere duro e applicare tutto quanto leggerai per almeno 40 giorni: se resisterai, i benefici che avrai accumulato saranno tali da non permetterti più di abbandonare quello stile di vita. 43 44 Il protocollo “Cervicale STOP!” Il test di valutazione posturale e movimento Come ho già detto più volte, il disturbo cervicale è legato a tantissimi aspetti: in teoria, per migliorarlo possono essere necessari esercizi specifici di allungamento, di rinforzo, di miglioramento posturale, o addirittura esercizi per i muscoli degli occhi! Come orientarsi e capire cosa fare? Ovviamente con questa seconda procedura di autovalutazione. Dovrai eseguire una serie di test che servono a capire i tuoi punti deboli e le tue rigidità: a seconda di come andranno, troverai le istruzioni su come procedere. Ad ogni zona che “testeremo” corrisponde uno specifico blocco di esercizi: ciascun blocco contiene 2-4 esercizi diversi, ma che lavorano su un obiettivo comune. ESERCIZI PER SPALLE E COLLO Gli esercizi lavorano sugli stessi obiettivi che metterai alla prova nel test di autovalutazione: ad esempio, se “fallirai” il test sulla postura, ti verrà segnalato che per te sono importanti gli esercizi del “blocco postura”. I test servono quindi a capire quali gruppi di esercizi ti servono, e quali invece puoi saltare. Una volta che avrai capito su quali gruppi lavorare, quello che andrai a fare è semplice: ne eseguirai uno al giorno. In termini di tempo, gli esercizi non richiedono più di 10-15 minuti nella propria giornata. Occupare poco tempo è una delle regole fondamentali per “non chiedere troppo” e far drizzare le antenne al pericolosissimo cervello rettile di cui ho parlato nei capitoli precedenti. Nulla ti vieta di fare più blocchi al giorno, ma ti consiglio di tenere un profilo basso, almeno all’inizio. La procedura di autovalutazione Come interpretare i risultati dei test Vediamo ora come funziona il test e come impostare il tuo programma di esercizi. Ciascun test ha tre possibili risultati: ROSSO GIALLO VERDE Se il risultato del tuo test è VERDE , significa che le tue prestazioni in quel movimento sono buone, e di conseguenza non hai bisogno di quel blocco di esercizi. Se il risultato del tuo test è GIALLO , significa che ci sono margini di miglioramento, e che quindi hai bisogno di quel blocco di esercizi. Se il risultato è ROSSO , infine, significa che in quell’aspetto hai parecchie difficoltà, sulle quali insistere un po’ di più. Nel caso in cui uno dei test risultasse ROSSO , non fare i test successivi: dovrai concentrarti sul punto debole che hai trovato. Andrai quindi a fare tutti i giorni gli esercizi che corrispondono al blocco il cui test ti è risultato ROSSO . Dopo 15-20 giorni, ripeti il test: a questo punto ci dovrebbero essere stati dei miglioramenti, e il tuo test ROSSO potrebbe ora essere GIALLO . Se non lo fosse, prova a considerarlo GIALLO comunque, e a proseguire il test. Ricorda: nel dubbio, datti il voto peggiore. Un po’ di esercizio in più non guasterà in ogni caso. Facciamo un paio di esempi. Supponiamo che, effettuato il test, tu abbia ottenuto i seguenti risultati: Postura Equilibrio Respirazione Mobilità Forza GIALLO VERDE GIALLO VERDE GIALLO In questo caso dovrai osservare un programma così strutturato: il primo giorno gli esercizi di postura, il secondo quelli di respirazione e il terzo quelli di forza. Il quarto giorno riprenderai il giro dall’inizio. Consiglio sempre di lavorare poco ma tutti i giorni, perché aiuta a formare l’abitudine. Poniamo invece che tu abbia avuto i seguenti risultati: Postura Equilibrio Respirazione Mobilità Forza GIALLO VERDE ROSSO non fatto perché hai interrotto il test non fatto perché hai interrotto il test In questo caso dovrai fare tutti i giorni gli esercizi di respirazione. Se hai tempo, puoi abbinare anche gli esercizi di postura, dove il test è comunque risultato GIALLO . Dopo 15-20 giorni andrai a ripetere il test, considerando comunque GIALLO il test sulla respirazione. Bene, visti gli esempi, mettiamoci all’opera! 45 46 Il protocollo “Cervicale STOP!” PRE TEST fase acuta o collo estremamente delicato Potresti trovarti nel mezzo di una fase di dolore acuto, come ogni tanto può capitare. Oppure sei uno di quei casi nei quali il tratto cervicale è diventato facilmente “irritabile” e “infiammabile”, tanto che ogni movimento del collo oppure ogni sforzo sembra peggiorare la situazione. In questi casi, “aggredire” la muscolatura cervicale può non essere una grande idea: per quanto cercherai di eseguire gli esercizi delicatamente, per il tuo collo sarà comunque troppo. Risulta invece particolarmente utile il blocco relativo a “fasi acute o cervicali delicate”, dove troverai una serie di esercizi che coinvolgono principalmente le gambe e il tronco, e che hanno lo scopo di migliorare la coordinazione e i movimenti in quelle zone. Quando si ottengono miglioramenti in queste zone, è frequente che si noti una riduzione dello stato di irritazione del tratto cervicale. Questo avviene per una serie di reazioni neurologiche, tali per cui il miglioramento dello stato di forma generale provoca una riduzione degli stati infiammatori. Ecco che 15-30 giorni di lavoro su gambe e tronco possono aiutare a uscire da una fase acuta e a rendere il collo meno sensibile e delicato. Come capire se devi dedicarti per un po’ solo al blocco relativo alla “fase acuta”? Purtroppo non c’è un test preciso da fare, ma puoi sicuramente prenderlo in considerazione se: • sforzi anche lievi ti aumentano i sintomi; • hai il tratto cervicale molto sensibile e lo devi sempre coprire; • temi gli spifferi e l’aria condizionata; • ti senti in una fase di dolore acuto; • in generale, ogni sollecitazione anche lieve sembra aumentarti il problema. Insomma, se il tuo collo è abbastanza “intoccabile”, meglio iniziare girandoci alla larga. Di conseguenza, se noti di avere molti sintomi / caratteristiche tra quelle elencate sopra, vai direttamente al protocollo "fase acuta", dove farai esercizi prevalentemente per l'arto inferiore, ed eseguilo per circa un mese. Dopo un mese, prova a eseguire il test e a procedere come da protocollo. La procedura di autovalutazione TEST 1 postura generale Per questo test hai bisogno di uno sgabello, oppure di una sedia girata al contrario, da mettere contro a una parete. Siediti contro la parete, con il sedere il più indietro possibile – è importante, cerca di essere più vicino al muro che puoi. A questo punto dovrai cercare di appoggiare la testa, facendo aderire il più possibile la schiena alla parete dietro di te. Ecco i tre possibili scenari: Test ROSSO Tenendo il sedere bene indietro, ti risulta difficilissimo o quasi impossibile appoggiare la testa, a causa della rigidità della colonna e della “gobba dorsale”. Anche se riesci ad appoggiare la testa, la posizione ti sembra estremamente scomoda, e ti viene istintivo trattenere il fiato. Test GIALLO Riesci a metterti in posizione e ad appoggiare la testa (con lo sguardo dritto). Ti sembra di essere abbastanza in tensione sulla schiena o sul collo, ma è una tensione ben accettabile. A questo punto, porta le braccia ben dritte davanti a te: tenendo i gomiti assolutamente dritti, alzale come se volessi andare in posizione di “mani in alto”. Se sei veramente un test GIALLO, questa operazione ti sembrerà abbastanza faticosa, e magari le tue braccia non arriveranno ad essere perfettamente verticali. Test VERDE Non senti particolari tensioni nella prima parte del test, e riesci a portare le braccia in alto senza inarcare la schiena e praticamente senza alcuna difficoltà. Questo significa che non hai particolari rigidità nei principali muscoli posturali. 47 48 Il protocollo “Cervicale STOP!” TEST 2 equilibrio Per questo test, hai prima di tutto bisogno di una posizione sicura: andremo a mettere un po’ in difficoltà l’equilibrio, quindi ti consiglio di avere a portata di mano qualcosa a cui appoggiarti nel caso lo perdessi. Meglio non rischiare! Mettiti in piedi e chiudi gli occhi: devi capire se già il semplice chiudere gli occhi ti fa sentire molto instabile. Che l’instabilità aumenti con gli occhi chiusi è perfettamente normale, ma dobbiamo capire se la tua aumenta davvero tanto. Test ROSSO Se ad occhi chiusi ti senti estremamente instabile, il tuo test è ROSSO. Se stare in piedi ad occhi chiusi non ti perturba più di tanto, prova a sederti e a chiudere nuovamente gli occhi. Ora prova a girare abbastanza velocemente il collo a destra e a sinistra, per almeno una decina di volte. Se questa operazione ti crea una decisa sensazione di instabilità (o comunque una sensazione parecchio sgradevole), anche qui abbiamo un test ROSSO. Come ultimo scoglio da superare, proviamo a combinare le due cose: mettiti in piedi a occhi chiusi, e prova a ruotare abbastanza velocemente il collo per almeno una decina di volte. Se la cosa ti rende instabile in modo molto significativo, considera il test ROSSO. Test GIALLO Puoi considerare il tuo test GIALLO se le situazioni di prima non ti hanno creato una marcata instabilità, ma comunque hai sentito che qualcosa non andava. Ancora, puoi considerare GIALLO il tuo controllo dell’equilibrio se avverti sensazione di sbandamento in circostanze tipo come guardare gli oggetti in movimento, come le auto in strada; stare in spazi chiusi ma molto grandi e luminosi, come i centri commerciali. Test VERDE Se nessuna di queste situazioni ti mette in difficoltà dal punto di vista della stabilità, considera il test VERDE. Attenzione: anche con un test VERDE potresti avvertire comunque la sensazione di instabilità e sbandamento. Non è detto che la sensazione di sbandamento parta da un problema nel controllo dell’equilibrio, potrebbe anche trattarsi “solo” di tensione muscolare o nervosa. La procedura di autovalutazione TEST 3 respirazione I muscoli della respirazione sono assolutamente fondamentali nel disturbo cervicale: più i tuoi muscoli respiratori sono rigidi, più lo sono quelli cervicali. La respirazione “corretta” è quella diaframmatica – il diaframma si abbassa e si contrae durante l’inspirazione, così da permettere ai polmoni di riempirsi di aria, e si alza nell’espirazione – quella in cui si “gonfia la pancia”, per dirla in pratica. Con questo test andremo a vedere se la tua respirazione diaframmatica è buona, oppure se gli eventi della vita hanno modificato il modo in cui respiri, portandoti a una respirazione toracica, scorretta e molto meno profonda. Sdraiati a pancia in su, gambe e braccia distese e piedi appoggiati a terra. Metti una mano sull’addome e l’altra sulla parte alta del torace, 10 cm sotto alla gola: le mani ti serviranno a capire dove “metti l’aria”. Prova a inspirare con il naso, cercando di “gonfiare” la pancia e non il torace ed espira con la bocca. In pratica, devi sentire il movimento solo sotto la mano che sta sull’addome. Deve essere un movimento naturale e devi poterlo eseguire lentamente, vale a dire devi poter eseguire un respiro di almeno 6-8 secondi. Test ROSSO Se il movimento ti sembra estremamente innaturale (o addirittura impossibile) o se senti che quando lo fai è come se non tirassi dentro aria, consideralo un test ROSSO. Test GIALLO Considera il risultato GIALLO se esegui discretamente la respirazione diaframmatica, ma non riesci a portare a termine un respiro bello profondo con il torace. La respirazione toracica è l’inverso di quella diaframmatica: nell’inspirare non devi sentire che la pancia si gonfia, ma che è il petto a gonfiarsi, mentre lo sterno sale. Dunque avrai un test GIALLO quando riesci ad attivare il diaframma, ma ti sembra difficoltoso espandere e svuotare completamente il torace. Test VERDE Se la respirazione “di pancia” non ti costa alcuna difficoltà e puoi eseguirla lentamente, considera il test VERDE. 49 50 Il protocollo “Cervicale STOP!” TEST 4 mobilitˆ Questo test serve a determinare se le tue vertebre cervicali si muovono liberamente, oppure se hanno delle limitazioni. Se così fosse, recuperare la corretta mobilità sarà molto importante. Mettiti in posizione seduta, schiena ben dritta e spalle indietro: durante i movimenti NON dovrai muovere le spalle, ma solo il collo. Ruota la testa a destra per quanto ti è possibile, senza forzare eccessivamente. Ripeti l’operazione dall’altro lato. Inclina la testa a destra (orecchio verso la spalla), sempre a “fine corsa” ma sempre senza forzare troppo. Ripeti dall’altro lato. Piega la testa in avanti come per guardare in basso – ma attenzione a non muovere le spalle – e poi prova il movimento opposto, ovvero quello di guardare in alto. Anche qua, “fine corsa” ma senza forzare. Ciascun “fine corsa” dovrebbe essere senza alcun tipo di dolore, o con uno davvero minimo. Se hai un dolore ben percepibile, anche se non necessariamente forte, significa che in quel movimento le tue vertebre sono in difficoltà. In totale abbiamo visto 6 movimenti, quindi avrai: Test ROSSO Se sei in difficoltà con più di 2 movimenti, il test sarà ROSSO. Test GIALLO Se sei in difficoltà con 1 o 2 movimenti, puoi considerare il test GIALLO. Test VERDE Se non sei in difficoltà con alcun movimento, il tuo test è VERDE. La procedura di autovalutazione TEST 5 forza Avvertiamo distintamente quando i muscoli sono contratti, ma non riusciamo a renderci conto se sono così contratti perché in fondo sono anche deboli. La debolezza dei muscoli è in realtà molto frequente nei disturbi cervicali. Del resto, conoscerai tante persone che fanno gli addominali perché hanno mal di schiena, ma quante ne conosci che fanno rinforzo dei muscoli cervicali? Per capire se i tuoi muscoli cervicali sono troppo deboli, sdraiati a pancia in alto, con la testa appoggiata a terra o su un supporto rigido, come ad esempio un libro. Questo supporto deve essere della minima altezza necessaria a farti sentire con la testa in posizione comoda, ma non deve essere troppo alto. Tieni a portata di mano un orologio in cui tu possa vedere i secondi – non contare a mente, tendiamo sempre ad accelerare! A questo punto, solleva la testa “staccando” la nuca il minimo possibile, giusto un paio di centimetri. Mantieni questa posizione fino a che i tuoi muscoli non sono stanchi, e senti il bisogno di appoggiarti. Test ROSSO Se hai dovuto “abbandonare la nave” prima dei 15 secondi, o se addirittura non riesci a iniziare il movimento, il test sarà naturalmente ROSSO. Test GIALLO Se hai dovuto appoggiare la testa tra i 15 e i 30 secondi, considera il test GIALLO. Test VERDE Se riesci a mantenere la posizione per 30 secondi o più, il test è VERDE. 51 52 Il protocollo “Cervicale STOP!” L’organizzazione del piano di lavoro individuale Ora che hai fatto i test, hai il tuo piano di esercizi. Ma quanto devi andare avanti? E come dovrai comportarti, poi? Dovrai continuare tutta la vita oppure sospendere e procedere “a cicli”? Vediamo insieme quale sia il modo corretto di comportarsi per non rischiare di cadere nelle trappole del cervello rettile “a scoppio ritardato”, ovvero: inizi bene ma abbandoni dopo poco tempo. Gli esercizi emersi da questo test vanno portati avanti per 30 giorni, passati i quali andrai a ripetere il primo test, quello dove hai dato un voto ai sintomi cervicali. A meno di imprevisti o casi molto particolari, i sintomi saranno migliorati: per avere un risultato affidabile, dovresti ripetere il test senza guardare i risultati che avevi raggiunto in precedenza. Dopo aver ripetuto il test sui sintomi cervicali, ripeti quello dei movimenti: andrai quindi a vedere se le caselle rosse sono diventate gialle, e se queste ultime sono diventate verdi. A questo punto, ripeti la procedura di prima, aggiornando il tuo programma. Ora vediamo come dovrebbe essere il tuo percorso in teoria, ma ti illustrerò anche come affrontarlo dal lato pratico, evitando di mandare a monte tutto dopo 30 giorni. Come dovrebbe andare in teoria Fai il test e poi inizi gli esercizi per 30 giorni. Ripeti il test, controlli i nuovi risultati e lavori per altri 30 giorni. Ripeti la procedura fino a quando tutti i test non sono verdi, o al massimo uno o due gialli. A quel punto, tieni l’ultimo protocollo che hai utilizzato come mantenimento, un paio di volte a settimana. Questo è un andamento assolutamente corretto, da seguire se hai una volontà ferrea. Come comportarsi all’atto pratico Sono tutti bravi a scrivere quello che in teoria si deve fare: se non ci riesci, la colpa sarà solo tua, non del metodo che non funziona! Non mi piace questo approccio: so benissimo che impegnarsi in un lavoro come questo costa fatica, soprattutto mentale. Andiamo quindi a individuare un percorso con il quale tu possa costruire un buono stato di salute che duri nel tempo, non solo qualche risultato temporaneo. Per i primi 30 giorni, comportati “da manuale”: esegui tutti i giorni gli esercizi emersi dal test sui movimenti, e applica le indicazioni sul metabolismo e sul sistema nervoso, se necessario. Dopo i primi 30 giorni prova a rifare il primo test, quello sull’intensità dei sintomi cervicali: se ti senti molto meglio, continua comunque gli esercizi che hai fatto fino adesso per altri 45 giorni. Al termine di questi 45 giorni – quindi a 75-80 giorni dall’inizio – puoi pensare di sospendere e stare a vedere come evolve la situazione, senza fare alcun esercizio particolare: in caso riprendessero i sintomi, riprenderai il protocollo e lo porterai avanti per un periodo più lungo, 4-5 mesi. Se invece dopo i primi 30 giorni ti senti solo leggermente meglio – lo avrai capito dal primo test, quello sull’intensità dei sintomi – ripeti il test sui punti deboli e prosegui per altri 30 giorni. Potrai pensare di sospendere gli esercizi solo quando avrai non più di 3 test GIALLI per almeno 2 mesi. Può essere un percorso lungo, è vero, ma c’è da dire che ti impegna ben poco. E poi, non dimenticare che il tuo collo ci ha messo anni, se non decenni, ad arrivare nella condizione in cui è ora. 53 Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Gli esercizi pratici rappresentano di gran lunga la migliore terapia nel caso di disturbo cervicale. Provare per credere! Anche se manipolazioni e massaggi sembrano a tutta prima avere effetti benefici immediati, si tratta di miglioramenti temporanei. Per ottenere risultati duraturi il corpo stesso deve essere rieducato, deve imparare a cambiare le proprie abitudini. Gli esercizi terapeutici non danno spesso il riscontro immediato di una manipolazione ben fatta – anche se non è detto – ma la loro efficacia nel medio-termine è del tutto superiore. Il motivo è semplice: facendo esercizio il tuo corpo impara, facendoti manipolare no. Se avrai la costanza di proseguire per un tempo adeguato – da 3 a 12 settimane, “aggiornando” man mano gli esercizi – potrai sicuramente dire di aver creato miglioramenti stabili e non solo temporanei benefici, tipici di tutte le terapie. Ti sembra un tempo molto lungo? A me sembra brevissimo. lazioni dei vari professionisti – fisioterapisti, chiropratici, osteopati ecc. Quando un professionista “manipolatore” ti racconta il suo metodo di lavoro, potresti pensare che questa persona sia in grado fisicamente di modificare i tessuti, sciogliendo le contratture e sistemando le vertebre. Non è assolutamente così! Le manipolazioni non sono altro che uno “stimolo” al sistema nervoso, che deciderà se accoglierlo favorevolmente (rilassando i muscoli) o meno (infiammandosi, cosa che capita non di rado). Quello che andrai a fare non sarà quindi un percorso di “serie B”, piuttosto il contrario. La maggior parte delle persone che incontro soffre di questo disturbo da 20 anni o più: è del tutto ragionevole che per cambiare un assetto tenuto 20 anni occorra un tempo che misuri… per lo meno in mesi! In questo capitolo troverai descritti gli esercizi, con la suddivisione a blocchi di cui ho parlato precedentemente. Ovviamente, questi blocchi di esercizi riprendono i movimenti che hai messo alla prova durante il test di autovalutazione. Attenzione: non sto dicendo che occorrano mesi per ottenere beneficio. Nella maggior parte dei casi, i benefici che si ottengono dagli esercizi arrivano entro 1-2 settimane. Sto dicendo che hai tutto l’interesse a vedere il tuo percorso come qualcosa da portare avanti con costanza almeno per qualche mese, allo scopo di rendere stabile il risultato ottenuto. Gli esercizi terapeutici, inoltre, agiscono sugli stessi meccanismi su cui lavorano le manipo- C’è una sezione di esercizi “bonus”, quelli per l’articolazione temporo-mandibolare. Fino a ora non ho parlato della mandibola, per due motivi ben precisi: • l’influenza della mandibola sulla colonna vertebrale è stata (ed è tuttora) ampiamente sopravvalutata. Molti collegamenti non sono altro che supposizioni, e decisamente non tutte le persone hanno le stesse risposte; 54 Il protocollo “Cervicale STOP!” • un buon lavoro sulla postura e sul tratto cervicale garantisce una riduzione dei sintomi anche se la situazione mandibolare rimane identica. In ultima analisi, stiamo cercando di risolvere un problema cervicale, non uno di tipo mandibolare. Il problema mandibolare puro è caratterizzato da dolore alla mandibola e alle tempie. Di conseguenza, la cosa più importante è più che altro l’approccio cauto. UNA PREMESSA: QUALI SENSAZIONI AVVERTIRE DURANTE E DOPO GLI ESERCIZI Stiamo cercando di ri-assestare muscoli che molto probabilmente sono in difficoltà. Per farlo, andremo a stimolarli con esercizi mirati, ma dobbiamo innanzitutto essere cauti. Anche un esercizio eseguito perfettamente può irritare i muscoli, se effettuato troppo a lungo o in modo troppo intenso. Durante gli esercizi di allungamento (stretching) cerca di creare delle tensioni lievi: in una scala da 0 a 10, la tensione che devi avvertire è circa 6. Qualora stessi facendo un esercizio di rinforzo, ovvero che richiede ai muscoli un lavoro attivo, cerca di non arrivare a un livello di stanchezza estremo, altrimenti i muscoli potrebbero non gradire. Infine, gli esercizi che troverai non hanno controindicazioni e non c’è la possibilità di “fare danni”, nel senso vero e proprio del termine. Certo, esagerando con l’intensità o con la durata, si possono irritare strutture che già sono infiammate; tenendo invece un approccio “soft”, non avrai nessun tipo di problema. Non importa che l’esecuzione degli esercizi sia perfetta: ti posso assicurare che tutti i giorni vedo persone che hanno completamente travisato e reinterpretato gli esercizi, ma che comunque stanno meglio. Questo è un fenomeno molto comune, dato che a fare la differenza non è la precisione millimetrica, ma il fatto di “svegliare” determinati muscoli e movimenti. Le prime volte potresti sentire una lieve accentuazione di alcuni sintomi dopo gli esercizi: se questo fenomeno è minimo, nessun problema, hai solo chiesto “leggermente troppo”. In genere, dopo le prime 4-5 volte questi fenomeni spariscono. Se così non fosse, significa che stai decisamente esagerando. Cerca quindi di abbassare l’intensità dell’esercizio. ESERCIZI DI RINFORZO DELLE BRACCIA 55 ESERCIZI DI POSTURA Questi esercizi servono a stimolare i principali muscoli responsabili del mantenimento di una buona postura. L’assetto posturale delle spalle e della colonna è molto importante negli equilibri e nelle dinamiche del tratto cervicale. I motivi sono molto semplici: più le tue spalle sono in avanti, maggiore è la tensione dei muscoli del collo; più la tua testa è in avanti, maggiore è lo sforzo che i muscoli dovranno fare per sostenerla. Un avanzamento di soli 3 cm della posizione della testa ne raddoppia praticamente il peso. Ecco perché è necessario prendersi cura dei muscoli posturali. Informazioni e consigli La tua postura non deve essere “dritta” o “corretta”, perché non esiste una postura "normale": il tuo obiettivo deve essere riuscire a migliorarla, anche se di poco. Non devi sforzarti volontariamente di correggere la postura: migliorerà in automatico se i tuoi muscoli saranno meno rigidi. La postura è infatti uno specchio della rigidità dei muscoli: più sono rigidi, più limitano i movimenti obbligandoti a posture forzate. A chi servono Questi esercizi ti aiuteranno a migliorare se il tuo test sulla postura è risultato GIALLO oppure ROSSO. 56 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 1: mobilitˆ delle spalle Si tratta di un esercizio molto potente, ed è uno di quelli che utilizzo di più in assoluto. Per farlo, dovrai metterti nella stessa posizione che abbiamo utilizzato per il test, ovvero seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con il sedere ben appoggiato al muro. Se questa posizione per te è impossibile, non preoccuparti: puoi eseguire l’esercizio da sdraiato a terra, mettendo un libro sotto la testa affinché lo sguardo rimanga orizzontale. In questo modo la tensione muscolare diminuisce e la forza di gravità ti viene in aiuto, rendendo l’esecuzione dell’esercizio sicuramente più semplice. 1. Impugna con le braccia ben dritte un bastone o un manico di scopa, alla stessa larghezza delle spalle. 2. Porta lentamente in alto le braccia, fino a quando non raggiungi il “fine corsa”, ovvero le braccia non vanno più in alto di così. Se a un certo punto tendi a inarcare la schiena, considera quel punto come “fine corsa”; • mantieni la posizione per 1-2 secondi, poi torna giù. Ripeti 10-12 volte per 3-4 serie, con una pausa di 30-60 secondi tra le serie. Se esegui l’esercizio da sdraiato, dopo 15-20 giorni riprova a farlo da seduto: le tue performance potrebbero essere migliorate! Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 2: allungamento della catena posteriore Questo esercizio serve ad allungare tutti i muscoli della parte posteriore della colonna e delle gambe, muscoli molto importanti dal punto di vista posturale. Posizione di partenza: seduto a terra con le gambe distese. Per fare l’esercizio ti serve una cintura o un asciugamano, da far passare dietro ai piedi. 1. Fai passare la cintura o l’asciugamano dietro ai piedi, impugnandolo con le braccia ben dritte. 2. Raddrizza il più possibile la schiena, fino a quando non senti una tensione nella parte posteriore delle cosce; • più tieni l’asciugamano o la cintura vicino ai piedi, più raddrizzare la schiena diventa difficile e genera una forte tensione. Usa una distanza dai piedi che ti permetta di raggiungere una tensione modesta. Mantieni la posizione 30-45 secondi, riposa per altri 15-20 e ripeti di nuovo 3-4 volte. 57 58 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 3: allungamento dello psoas Anche questo è un esercizio che utilizzo davvero tanto. Lo psoas è un muscolo cruciale negli equilibri posturali, e questo esercizio è in grado di aiutare molti tipi di situazioni completamente diverse, dal dolore dorsale ai problemi delle ginocchia. Posizione di partenza: “a cavalier servente”, ovvero un ginocchio a terra e l’altra gamba appoggiata. Attenzione: metti un supporto morbido, ad esempio un cuscino, sotto al ginocchio che rimane a terra, altrimenti rischi di irritarlo. 1. Mantieni la schiena ben dritta, quasi inarcata all’indietro. 2. “Affonda” in avanti, tenendo il peso sulla gamba che sta dietro; • dovresti avvertire la tensione nella parte anteriore della coscia, oppure leggermente in zona colonna lombare. Mantieni la posizione 30-45 secondi e ripeti 3-4 volte per ciascun lato. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 4: allungamento del pettorale Si tratta di un altro esercizio chiave: l’eccessivo accorciamento dei muscoli pettorali è uno dei principali responsabili della postura “a spalle chiuse” che il collo odia così tanto. Posizione di partenza (modalità standard): sdraiato a pancia in giù. 1. Apri il braccio lateralmente, appoggiando a terra la mano, la faccia anteriore del gomito e la spalla. 2. Puntandoti con l’altra mano, ruota il busto tenendo il braccio sempre ben appoggiato a terra; • ruota fino a quando non senti una tensione nella parte anteriore del braccio (zona bicipite) o nella parte anteriore della spalla. Mantieni la posizione 30-45 secondi e ripeti 3-4 volte per lato. 59 60 Il protocollo “Cervicale STOP!” Se questa variante ti sembra troppo difficile, ad esempio perché non riesci a sdraiarti a pancia in giù, puoi provare a fare la stessa cosa appoggiandoti a una parete. Sarai quindi faccia al muro, con il braccio aperto lateralmente: mano, gomito e spalla saranno appoggiati al muro. Effettuerai la stessa rotazione, che però dovrebbe essere considerevolmente più semplice. Le tempistiche sono ovviamente le stesse. 61 ESERCIZI DI EQUILIBRIO Le problematiche dell’equilibrio in chi soffre di disturbi cervicali non sono da attribuire sempre e soltanto alle strutture cervicali stesse. Molto spesso c’è un insieme di situazioni davvero difficile da spiegare, nel quale gli organi dell’equilibrio – orecchio, occhio, articolazioni cervicali – iniziano a non “dialogare” più correttamente, come succede per esempio in presenza di una situazione di stress psicofisico importante. Gli esercizi mirati e la costanza nell’effettuarli possono davvero aiutarti a cambiare la situazione in modo duraturo, migliorando lo stato dei muscoli e riducendo lo stato infiammatorio. Obiettivi e consigli Contrariamente a quanto si possa pensare, per la maggior parte delle persone trovare la causa originaria dei disturbi dell'equilibrio non è indispensabile. Quindi non scoraggiarti: nella stragrande maggioranza dei casi il problema si risolve mettendo in atto una serie di interventi positivi che, portati avanti con costanza, ripristinano una situazione di “equilibrio” a livello del sistema nervoso centrale. Non parliamo né di medicine né di manipolazioni, bensì di riabilitazione in senso ampio. Il tuo obiettivo è migliorare, attraverso una serie di esercizi mirati, le condizioni generali di muscoli e vertebre cervicali. A chi servono Se il test dell’equilibrio è risultato GIALLO o ROSSO, gli esercizi che troverai potranno aiutarti a migliorare la situazione. Se anche il tuo test dell’equilibrio era VERDE, i sintomi potranno comunque attenuarsi grazie agli esercizi e alle strategie consigliate. 62 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 1: mobilizzazioni ad occhi chiusi Questo esercizio riprende fondamentalmente il test che abbiamo usato per mettere alla prova l’equilibrio. Di conseguenza, ti raccomando di metterti in una posizione di sicurezza, e di avere un appiglio nel caso dovessi perdere leggermente l’equilibrio. Posizione di partenza: seduto, schiena appoggiata sullo schienale o al muro dietro. 1. Ruota la testa a destra e a sinistra abbastanza velocemente, tenendo prima gli occhi aperti. Come prima cosa vogliamo far capire al cervello che tipo di movimento stiamo chiedendo; • prosegui per 10-15 secondi. 2. Chiudi gli occhi e continua a ruotare la testa abbastanza velocemente; • prosegui per 30 secondi e al termine riapri gli occhi. Prenditi una pausa, poi ripeti altre 2 serie da 30 secondi. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Se questa posizione non ti mette minimamente in difficoltà, è il momento di “complicarsi la vita”. Vogliamo infatti che l’esercizio sia assolutamente fattibile, ma che ti metta un minimo in difficoltà. Andrai quindi a eseguire l’esercizio in piedi, con le gambe larghe quanto le spalle. Fai in modo di essere vicino a una parete o comunque a qualcosa che ti possa fornire un appiglio nel caso perdessi l’equilibrio. Se anche in piedi a gambe leggermente divaricate non hai problemi, potrai provare a “sfidarti” tenendo i piedi uniti, o addirittura i piedi “a tandem”, uno davanti all’altro. Naturalmente queste rappresentano progressioni dell’esercizio, da provare man mano che ci prendi confidenza. 63 64 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 2: sguardo che segue Questo esercizio è molto utile e potente: coinvolge infatti la muscolatura oculare, uno dei principali “motori” del sistema dell’equilibrio. Posizione di partenza: seduto, impugnando una penna e con il braccio dritto davanti a te. 1. Tieni un dito della mano libera sul mento. Per tutta la durata dell’esercizio NON dovrai ruotare la testa, e il dito ti aiuterà a sentire se lo stai facendo; fissa lo sguardo sulla punta della penna. testa; prosegui lentamente, arrivando fino al limite del tuo campo visivo; • potresti avere una sensazione di leggero disagio. Se compare, considera quello come il limite del tuo campo visivo. 2. Apri lentamente il braccio, sempre lo sguardo fisso sulla penna, senza ruotare la 3. Ritorna lentamente al centro, continuando a seguire la penna; quindi scambia le mani. Ripeti il movimento sull’altro lato. Eseguirai 2-3 giri completi, dopo di che cambierai la direzione dell’esercizio. Adesso hai fatto “destra-sinistra”; successivamente proverai in alto e in basso e le due diagonali, sempre facendo 2-3 giri per ogni movimento. Man mano che prendi confidenza con l’esercizio, puoi provare ad eseguirlo in piedi a gambe larghe, a piedi uniti oppure in posizione “a tandem”. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 3: fissazione dello sguardo È il momento di “sfidare” un’altra abilità del sistema dell’equilibrio: quella di fissare lo sguardo. Posizione di partenza: seduto, impugnando una penna e con il braccio dritto davanti a te. 1. Fissa la punta della penna; ruota velocemente la testa a destra, tenendo lo sguardo fisso sulla punta della penna. 2. Ruota velocemente a sinistra, sempre tenendo lo sguardo fisso; • ripeti l’esercizio al massimo della velocità con la quale riesci a tenere lo sguardo fisso sulla punta della penna; • prosegui per 30 secondi e riposa quanto necessario. Esegui 3 serie in tutto. Per ogni sessione, prova a variare la distanza alla quale tieni la penna. Noterai che ci sono differenze di difficoltà nell’esercizio. Man mano che prendi confidenza con l’esercizio, puoi provare ad eseguirlo in piedi a gambe larghe, a piedi uniti oppure in posizione “a tandem”. 65 66 ESERCIZI DI RESPIRAZIONE La respirazione è molto, molto importante quando si parla di disturbi cervicali e di postura. Non c’è disciplina “posturale” che non faccia della respirazione un punto cardine assolutamente cruciale. In fondo, stiamo parlando di un disturbo che potenzialmente è molto legato a stati di ansia e stress. Qual è secondo te una delle vittime preferite di questi stati emotivi? Assolutamente la respirazione, che nel tempo diventa sempre più superficiale e affannosa; questo induce i muscoli cervicali a contrarsi maggiormente, perché più la respirazione è “alta” e più si usano anche per respirare – che non è ciò per cui sono pensati. Ecco perché gli esercizi respiratori sono così importanti. Obiettivi e consigli L’obiettivo degli esercizi di respirazione è quello di farti prendere confidenza con i meccanismi naturali di questo semplicissimo e vitale movimento, che spesso tendiamo a perdere. Più la tua respirazione diventa efficiente, più diminuisce la tensione muscolare sul tuo tratto cervicale. Esegui gli esercizi dolcemente, prendendoti qualche pausa se lo ritieni necessario. A chi servono Se il risultato del tuo test sulla respirazione è GIALLO oppure ROSSO, ecco gli esercizi che ti servono per migliorare. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 1: respirazione diaframmatica Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe distese, braccia lungo i fianchi; in alternativa, con una mano sulla pancia e una sul torace (poco sotto la gola). 1. Inspira profondamente con il naso, prestando attenzione e “muovere” solo la pancia (non il torace). L’addome si deve “gonfiare” quando inspiri. 2. Espira lasciando uscire l’aria dalla bocca, “sgonfiando” la pancia. Lascia andare l’aria liberamente, come in un sospiro di sollievo. Ripeti l’esercizio circa 30 volte facendo una piccola pausa ogni 10. Può succedere che questo tipo di respirazione ti sembri difficile e innaturale, e questo è perfettamente normale. Per facilitarti l’apprendimento, puoi mettere tutte e due le mani sul torace, e sulla pancia mettere un libro abbastanza pesante. Il peso del libro ti consentirà di sentire meglio il movimento: quando inspiri, la pancia si gonfia e il libro va verso l’alto, quando espiri la pancia si sgonfia e il libro scende. 67 68 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 2: respirazione toracica La respirazione toracica è quella che spesso utilizziamo “troppo”, perché è quella tipica dei momenti di ansia e stress. Potrebbe quindi sembrare poco intuitivo doverla esercitare, ma in realtà spesso utilizziamo in modo “rigido” anche quella, quindi esercitarla è assolutamente utile. Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe distese, braccia lungo i fianchi; in alternativa, una mano sulla pancia e una sul torace (poco sotto la gola). 1. Inspira profondamente con il naso, prestando attenzione a “muovere” solo il torace (non la pancia). In pratica, ti deve sembrare di portare l’aria nel petto. 2. Espira lasciando uscire l’aria dalla bocca, “sgonfiando” il torace. L’espirazione deve essere tipo un sospiro di sollievo, e deve essere il più ampia possibile. Ripeti l’esercizio circa 30 volte facendo una piccola pausa ogni 10. Quelli appena presentati sono due esercizi di base. Se dopo alcune sessioni questi esercizi iniziano a sembrarti semplicissimi, puoi “complicarti la vita” sostituendoli con i prossimi 3. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 3: respirazione diaframmatica “a fine corsa” Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe distese. 1. Inspira al massimo della tua capacità con il naso, utilizzando una respirazione diaframmatica; quando sei alla fine dell’inspirazione, fermati e mantieni l’apnea. 2. Quando non riesci più a tenere l’apnea, espira lasciando uscire l’aria liberamente dalla bocca, sgonfiando completamente la pancia. 3. A quel punto bloccati e mantieni l’apnea. Ripeti l’esercizio circa 10 volte. All’inizio probabilmente dovrai fare un respiro di “intermezzo” dopo 2-3 respirazioni, poi man mano l’esercizio ti sembrerà semplice. 69 70 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 4: side bend Posizione di partenza: in piedi, gambe larghe come le spalle. 1. Spingi le spalle indietro. 2. Inclina la schiena da un lato fino a quando non avverti una leggera tensione (tipicamente sul fianco opposto). 3. Porta il braccio in alto, come se volessi raggiungere un oggetto sopra la tua testa; inspira ed espira profondamente; • insisti sull’espirazione, buttando fuori tutta l’aria. Ripeti 5 volte per lato, 2 serie. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 5: respirazione diaframmatica e allungamento dorsali Posizione di partenza: sdraiato a pancia in su, gambe piegate. 1. Porta entrambe le braccia in alto e all’indietro, allugandole sull pavimento. 2. Espira profondamente al massimo della tua possibilità, fino a quando tutta l’aria non sarà uscita; • quando sei alla fine della espirazione, dovresti sentire le braccia che si alzano leggermente; • inspira come preferisci. Ripeti l’esercizio 10 volte. 71 72 ESERCIZI DI MOBILITÀ CERVICALE Questi esercizi sono i più noti in assoluto quando si parla di riabilitazione del tratto cervicale. Purtroppo spesso sono anche gli unici proposti: abbiamo però visto che il problema cervicale è molto più “ampio”, ed è per questo motivo che nel libro trovi esercizi che toccano diversi aspetti. Quello della mobilità e dell’allungamento muscolare rimane comunque un aspetto chiave, dal momento che il senso di rigidità e tensione muscolare è una caratteristica che accomuna buona parte delle persone che soffrono di disturbo cervicale. Obiettivi e consigli Questi esercizi servono per “lubrificare” le articolazioni del tratto cervicale. Qualsiasi articolazione del corpo umano aumenta la produzione di liquido lubrificante quando viene sottoposta al movimento dolce. Ecco quindi che noi andremo a creare movimento dolce nelle articolazioni delle vertebre cervicali, muovendole su tutti i piani. Inoltre, con appositi esercizi di allungamento cercheremo di ridurre la tensione dei muscoli che più spesso si trovano a essere eccessivamente contratti. A chi servono Se il tuo test di mobilità cervicale è risultato GIALLO oppure ROSSO, questi sono gli esercizi che ti servono per migliorare. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 1: mobilizzazione Ricorda di eseguire questo esercizio solo nelle direzioni che nel test sembravano più critiche, ovvero dove presentavi qualche fastidio o dolore. Non arrivare a un vero e proprio dolore durante l’esercizio: eseguilo dolcemente e mantieniti all’interno del range di “fastidio lieve”. Parte 1: mobilizzazione in rotazione Posizione di partenza: seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con la schiena ben appoggiata al muro e le mani sulle ginocchia. 1. Ruota la testa da un lato, fino a raggiungere il tuo fine corsa. Ricorda che non devi provare dolore, ma al limite un minimo fastidio. 3. Ruota la testa dall’altro lato, fino al limite massimo. 2. Ritorna nella posizione di partenza. Ripeti l’esercizio per 2 minuti, cronometrandoli. 73 74 Il protocollo “Cervicale STOP!” Parte 2: mobilizzazione in inclinazione laterale Posizione di partenza: seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con la schiena ben appoggiata al muro, le mani lungo i fianchi. 1. Inclina la testa da un lato, portando l’orecchio verso la spalla, fino a raggiungere il tuo “fine corsa”. Ricorda che non devi provare dolore, ma al limite un minimo fastidio. 3. Inclina la testa dall’altro lato, fino al limite massimo, cioè fino a raggiungere il tuo “fine corsa”. 2. Ritorna nella posizione di partenza. Ripeti l’esercizio per 2 minuti, cronometrandoli. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Parte 3: mobilizzazione in flesso-estensione Posizione di partenza: seduto su uno sgabello (o su una sedia girata al contrario), con la schiena ben appoggiata al muro, le mani lungo i fianchi. 1. Fletti la testa in avanti, come per guardare verso il basso, fino a raggiungere il tuo “fine corsa”. Ricorda che non devi provare dolore, ma al limite un minimo fastidio. 3. Estendi la testa guardando verso l’alto, fino a raggiungere il tuo “fine corsa”. 2. Ritorna nella posizione di partenza. Ripeti l’esercizio per 2 minuti, cronometrandoli. 75 76 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 2: stretching del trapezio Il grado di tensione muscolare che raggiungi con questo esercizio deve essere lieve, soprattutto le prime volte. Posizione di partenza: seduto su uno sgabello, con la schiena ben appoggiata al muro, le mani lungo i fianchi. 1. Inclina la testa da un lato, come per portare l’orecchio verso la spalla, fino ad avvertire una leggera tensione. Attenzione a tenere le spalle ben ferme e a non ruotare la testa quando la inclini – le prime volte può essere utile aiutarsi con uno specchio. 2. A questo punto, porta la mano dello stesso lato verso il quale sei inclinato sulla testa, più o meno all’altezza dell’orecchio. In questo modo amplificherai leggermente la tensione, che deve comunque essere lieve; • mantieni la posizione per 20-30 secondi, poi ripeti dall’altro lato. Esegui 3 “giri” completi. Se ti sembra che durante l’esercizio si generi molta tensione, ci sono due opzioni per ridurla: effettuare serie più brevi, ad esempio da 15 secondi, ripetute più volte (4-5); oppure eseguire l’esercizio sdraiati a terra, poiché senza forza di gravità la tensione si riduce. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Variante dell’esercizio: stretching degli scaleni e dello sterno-cleido-mastoideo Questa variante dell’esercizio precedente è particolarmente utile in 2 casi: • se in passato hai subito un colpo di frusta; • se avverti sintomi non ben identificati alle orecchie (ovattamento, pseudo-acufeni). In pratica, l’esercizio è del tutto analogo al precedente, ma cambia la posizione finale. Infatti, dopo aver inclinato la testa lateralmente, quello che farai è aggiungere un po’ di estensione all’indietro, come se dovessi guardare in alto. Questo sposterà la tensione anteriormente, nella zona degli importantissimi muscoli scaleni e sterno-cleido-mastoideo. 77 78 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 3: decompressione occipitale Anche per questo esercizio ti raccomando di creare delle tensioni lievi: andiamo a sollecitare strutture molto delicate, e l’ultima cosa che vogliamo fare è infastidirle. Posizione di partenza: seduto su uno sgabello, con la schiena ben appoggiata al muro, le mani lungo i fianchi. 1. Fletti la testa in avanti, come per guardare verso il basso, fino ad avvertire una leggera tensione posteriore. 2. Incrocia le mani e portale entrambe dietro la testa, poco sopra la nuca. In modo molto delicato, spingi verso il basso per aumentare leggermente la tensione posteriore; • mantieni la posizione per 10 secondi, poi ritorna nella posizione di partenza. Ripeti l’esercizio 10 volte in tutto, con un pausa minima tra l’uno e l’altro. 79 ESERCIZI DI FORZA Rinforzare i muscoli cervicali può essere utile per migliorare una serie di problemi legati a questo delicato tratto della colonna. La tensione e l’irrigidimento dei muscoli, infatti, provocano infiammazione e, di conseguenza, indebolimento muscolare. Una muscolatura più forte, quindi, è un incredibile aiuto nei confronti delle vertebre: muscoli più forti significano una minore sollecitazione delle vertebre. Il che equivale a minore infiammazione cervicale, e a una riduzione dei sintomi come dolore e rigidità, mal di testa, vertigini e sbandamenti, pesantezza e nausea. Gli esercizi di rinforzo dei muscoli cervicali sono poco comuni, perché a volte si pensa che aumentino la tensione e quindi il dolore. Obiettivi e consigli Lo scopo di questi esercizi è quello di migliorare la forza e la “tenuta” dei principali muscoli cervicali. Uno dei motivi per cui questi esercizi vengono utilizzati poco è l’impressione di “irrigidimento” che si può avere durante la loro esecuzione. Durante l’esecuzione di un esercizio di rinforzo si può infatti provare questa sensazione, assai sgradevole per una persona che ha i muscoli già molto rigidi. Tuttavia, regolando a dovere gli esercizi e il grado di intensità, non avvertirai la sgradevole sensazione di irrigidimento progressivo, e potrai godere appieno dei benefici. A chi servono Se il tuo test sulla postura è risultato GIALLO oppure ROSSO, questi sono gli esercizi che ti servono per migliorare. 80 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 1: isometrica anteriore Posizione di partenza: supino, gambe distese, testa in posizione neutra – se necessario, metti un piccolo rialzo sotto la testa – e sguardo rivolto al soffitto. 1. Solleva appena la testa dal pavimento o dal libro. Il sollevamento necessario è minimo: sotto la testa non dovrebbe passare neanche un dito; • a questo punto sentirai i muscoli entrare in contrazione e, se sei molto debole, la testa ti sembrerà pesantissima. Inizia a contare lentamente i secondi. 2. Appena i muscoli ti sembrano stanchi, appoggia la testa; • a ricordati di appoggiarla al primo segno di stanchezza, anche se sei rimasto in posizione solo 5-6 secondi. Ripeti più volte, per il tempo che resisti, fino ad arrivare a 90 secondi in tutto. Se hai tenuto 20-30 secondi la posizione prima di stancarti, allora eseguirai 3-4 serie, con una pausa di circa 30 secondi tra una serie e l’altra. Se hai tenuto 10 secondi, ripeterai 8-9 serie, con una pausa di 10-15 secondi circa tra una serie e l’altra. Se hai tenuto 5 secondi o giù di lì, non andremo certo a fare 18 serie da 5 secondi: se la tua tenuta è bassa, significa che i tuoi muscoli sono molto deboli, e non vanno sollecitati eccessivamente. In questo caso, inizia con 5 serie da 5 secondi. Di volta in volta potrai aggiungere una serie, e ti accorgerai anche che la tua autonomia va aumentando. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 2: isometrica posteriore Posizione di partenza: seduto, schiena ben dritta. 1. Prendi una cintura, un asciugamano o qualsiasi cosa di non elastico. Fallo passare dietro la testa, appena sopra le orecchie. 2. Con le mani afferra le estremità della cintura o dell’oggetto scelto, e porta le braccia in avanti; crea una leggera tensione tirando la cintura in avanti, come se volessi “tirare la testa in avanti”. 3. Cerca di impedire il movimento, utilizzando i muscoli cervicali. Le braccia tirano in avanti, la testa rimane ferma: il risultato è che non c’è movimento, ma i muscoli cervicali sono in azione; • mantieni questa posizione per 10 secondi. Ripeti l’esercizio 10 volte, facendo una pausa quando lo ritieni necessario. 81 82 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 3: candeliere Posizione di partenza: seduto su uno sgabello, schiena ben appoggiata al muro. Se non riesci a mantenere la posizione, esegui l’esercizio da sdraiato, a pancia in su. 1. Apri entrambe le braccia mantenendo il gomito a 90 gradi, in posizione “a candeliere”, appunto; • mantieni la schiena più appoggiata possibile al muro, e i gomiti ben appoggiati. 2. Porta in alto le braccia facendo strisciare i gomiti lungo il muro; • i gomiti cercheranno di staccarsi dal muro, ma tu non permetterlo. Quando si staccano, significa che hai raggiunto il “fine corsa”, e che puoi ritornare verso il basso. 3. Torna nella posizione di partenza, sempre con i gomiti che scivolano sul muro. Ripeti 10 volte per 3-4 serie. Questo esercizio può sembrarti estremamente difficile, e potrai avere l’impressione che quasi le braccia non vadano in alto: questo è perfettamente normale, ed è dovuto alla tensione del trapezio. Se noti molte difficoltà, inizia eseguendo l’esercizio da sdraiato, a pancia in su. 83 ESERCIZI FASE ACUTA CI possono essere casi e situazioni nei quali qualunque sforzo o perturbazione sembra influire negativamente sui tuoi sintomi. Un approccio saggio al recupero dell’efficienza funzionale è quello di seguire un protocollo che preveda soprattutto un lavoro sugli arti inferiori: lo scopo è quello di migliorare la coordinazione e i movimenti in generale senza irritare il tratto cervicale. Quando la coordinazione e il movimento migliorano, si ha spesso una riduzione generale dello stato di contrattura e irritabilità: questo dovrebbe ridurre lo stato di forte sensibilità del tratto cervicale e rendere possibile il lavoro specifico. Obiettivi e consigli Questi esercizi prevedono soprattutto l’utilizzo degli arti inferiori, per tenere “al sicuro” il tratto cervicale. Il tuo obiettivo è quello di migliorare il più possibile la tua agilità e la tua confidenza con questi esercizi: nel giro di 30 giorni dovranno apparirti più semplici. Se così sarà, significa che avrai migliorato le tue abilità motorie, almeno dalla vita in giù, e questo avrà riflessi positivi sul tratto cervicale. A chi servono Questi esercizi ti possono servire nel caso ti fossi rivisto fortemente nel quadro “fase acuta o collo molto sensibile”. 84 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 1: wall squat braccia alzate Posizione di partenza: gambe divaricate, piedi poco più larghi dei fianchi, braccia in alto. 1. Inizia ben lontano dal muro: questo è il livello di difficoltà minimo. 2. Con le braccia bene in alto, esegui uno squat: immagina semplicemente di avere uno sgabello o una sedia dietro di te, e di dovertici sedere tenendo le braccia in alto; • per aiutarti, puoi mettere davvero una sedia; • idealmente, dovresti piegarti fino a quando i glutei non arrivano all’altezza delle ginocchia, ma va bene anche leggermente sopra. 3. Spingi sui glutei e ritorna nella posizione di partenza. Ripeti l’esercizio 12-15 volte, per 3-4 serie. A questo punto, devi solo trovare il tuo livello di difficoltà ideale: più sei vicino al muro, più l’esercizio è difficile. Ovviamente, come al solito, il livello di difficoltà ideale è quello della “sfida non eccessiva”. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 2: affondo “aperto” Posizione di partenza: in piedi gambe ben divaricate, una davanti all’altra. 1. Tieni la schiena ben dritta e mantienila così per l’intera esecuzione dell’esercizio. • ritorna in posizione di partenza e ripeti il movimento 10-12 volte; 2. Piegati verso il basso: l’idea è che il ginocchio della gamba che sta dietro sfiori il terreno; 3. Cambia gamba e ripeti l’esercizio. Esegui 3 giri completi, facendo una breve pausa a ogni giro. Questo è un esercizio di rinforzo, ma soprattutto un esercizio di mobilità, nel quale è possibile stabilire il livello di difficoltà e stretching a seconda della capacità di divaricare le gambe una davanti all’altra. Più i piedi sono lontani, più sarà un esercizio di stretching per la gamba che sta dietro: l’idea è che tu avverta contemporaneamente un lavoro di rinforzo muscolare della gamba davanti e un allungamento della gamba dietro. 85 86 Il protocollo “Cervicale STOP!” Esercizio 3: sumo squat Posizione di partenza: in piedi, gambe divaricate, punte rivolte verso l’esterno. Più le gambe sono divaricate, più avvertirai tensione nella zona dell’inguine durante l’esercizio. Come al solito, cerca di creare tensioni mai eccessive. 1. Tenendo la schiena ben dritta, piega le ginocchia fino a che non avverti tensione nella parte interna della coscia. 2. Torna nella posizione di partenza. Ripeti l’esercizio 30 volte, facendo una pausa ogni 10. L’apertura ideale delle gambe è quella nella quale riesci ad arrivare con i glutei più o meno in linea con le ginocchia. Come dicevo, più le gambe sono aperte, prima sentirai tensione all’inguine, e i glutei non riusciranno ad arrivare al livello delle ginocchia. In questo caso dovrai naturalmente ridurre l’apertura. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 4: mobilizzazione a gamba dritta Posizione di partenza: sdraiato su un fianco. 1. Alza la gamba il più possibile, tenendo il ginocchio ben dritto. 2. A questo punto disegna un semicerchio con la gamba, sempre tenendo il ginocchio dritto; • nel disegnare un semicerchio da avanti all’indietro, il comando è uno solo: tieniti sempre sulla maggiore escursione possibile. L’idea è quella di disegnare con la gamba un “arcobaleno” il più ampio possibile; • se avverti dei crampi è perfettamente normale: riduci leggermente l’ampiezza del movimento per limitare il fenomeno3. Disegna 5 “arcobaleni” avanti e indietro, poi voltati dal lato opposto. Ripeti 3 volte per lato. 87 88 ESERCIZI “BONUS”: ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE Ecco una serie di esercizi che possono aiutarti a migliorare le cose a livello dell’articolazione temporo-mandibolare. Come già detto, considero questi esercizi una sorta di “extra”, perché il capitolo della mandibola è complesso, multiforme e offre ben poche certezze. Un buon lavoro sul tratto cervicale garantisce ottimi risultati nella maggior parte dei casi, senza passare dalla mandibola. In alcuni casi, però, soprattutto quando il quadro è caratterizzato anche da dolore mandibolare e alle tempie, può essere utile dare un “input” alla mandibola, che è un’articolazione dalle mille risorse. Obiettivi e consigli Lo scopo di questi esercizi è quello di rilassare la muscolatura mandibolare e favorire un miglior controllo dell’articolazione. Eseguili con molta dolcezza: l’articolazione della mandibola è spesso delicata e irritabile. L’ultima cosa che vogliamo è farla “arrabbiare”. Gli esercizi più efficaci per il disturbo cervicale Esercizio 1: scivolamento laterale controllato Posizione di partenza: in piedi, davanti a uno specchio, che è di aiuto per osservarsi nei movimenti. 1. Metti le mani davanti alle orecchie, poi apri e chiudi la bocca per localizzare la mandibola; • cerca di sentire bene il movimento sotto alle tue dita. 2. Mettiti davanti a uno specchio e apri la bocca. Osservandoti allo specchio, devia lateralmente la mandibola da un lato, mantenendola in massima apertura. Ricorda di non forzare mai troppo. Scivola lentamente da un lato all’altro, controllando bene il movimento. Esegui 5-6 movimenti completi, poi prova la stessa cosa con la bocca un po’ più chiusa. Esercizio 2: Òcontatto caninoÓ Posizione di partenza: in piedi, anche qui di fronte a uno specchio per aiutarti. 1. Porta i due canini di destra a contatto. 2. Scivola lentamente in avanti con la mandibola, mantenendo il contatto con tutti i denti. In pratica, è come se volessi far scivolare la dentatura inferiore su quella superiore. Attenzione: non è assolutamente semplice, e verrà spontaneo “saltare” qualche dente. Per questo è importante essere di fronte a uno specchio. Esegui 5-6 movimenti completi, poi prova la stessa cosa con la bocca un po’ più aperta, simulando il movimento di prima. 89 90 Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo Quale rapporto intercorre fra dolore cervicale e problemi del metabolismo? I muscoli, in particolare quelli cervicali, sono influenzati dal livello generale di energia, che è fornita dal metabolismo. Ecco perché una dieta sbagliata o non equilibrata può provocare una sintomatologia complessa. Prima di leggere questo capitolo, prova ad eseguire il test che trovi alle pagine 40-41. Se hai risposto “sì” a più di 3 domande, allora i consigli che troverai a seguire potranno esserti molto utili. Voglio fare una piccola premessa: quello che stai leggendo non è un libro specificamente sulla nutrizione. Per questa parte ho chiesto la collaborazione di una mia collega, la nutrizionista Annalisa Caravaggi, ma le informazioni e i suggerimenti in questo capitolo sono da intendersi come generali, non volti e neppure adatti alla risoluzione di problematiche cliniche. Lo scopo di questo capitolo è infatti quello di contribuire al miglioramento dell’alimentazione e del metabolismo per arrivare a incidere sull’attività muscolare, ma in caso di esigenze specifiche è meglio rivolgersi a uno specialista. Il nervo vago: un “ponte” fra metabolismo e disturbo cervicale In questo capitolo parliamo di metabolismo, cioè della serie di processi con i quali il corpo trasforma il cibo in energia. E cosa ha a che vedere tutto questo con i problemi cervicali? C’entra eccome: per alcune persone questo collegamento è incredibile e porta alla risoluzione di tutti i dolori, men- tre per altre è meno marcato ma comunque presente. Come abbiamo già visto, il metabolismo influenza il collo a causa del nervo vago. Oggetto di accese discussioni in ambito scientifico, il nervo vago è ormai ampiamente noto al pubblico, tanto che almeno una volta al giorno qualcuno mi chiama dicendo che ha “problemi al nervo vago”, salvo poi scoprire che non ha idea di cosa stia dicendo. Riassumendo le sue caratteristiche, il nervo vago parte dalla parte più bassa del cervello, il tronco dell’encefalo, e finisce praticamente in tutti gli organi addominali. Le sue funzioni sono: informare il cervello di quello che succede a livello degli organi (80% del suo compito); svolgere le funzioni tipiche dei momenti di “relax” (digestione, rallentamento del battito cardiaco, recupero in generale). Perché è così noto? Perché sembra avere molti collegamenti con muscoli e vertebre cervicali. Qualche studio ha azzardato che un mal posizionamento delle prime vertebre cervicali possa creare disturbi al nervo vago: questa ipotesi ignora totalmente il modo in cui i nervi funzionano. Le vertebre possono essere “mal posizionate” al massimo di pochi gradi, esercitando perciò solo lievi pressioni sui nervi vicini, che sono Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo fatti per resistere a pressioni ben superiori di quelle di norma esercitate da un piccolo mal posizionamento vertebrale. Basta pensare a questo: una vertebra può essere ruotata di 4-6 gradi, mentre quando si gira la testa, l’insieme delle vertebre arriva a una rotazione di 90 gradi. Questo per dimostrare che la pressione sul nervo vago quando la testa è ruotata è ben superiore a quella che può esercitare una piccola rotazione vertebrale. Accantonata l’idea che le vertebre mal posizionate possano compromettere il nervo vago, resta comunque evidente che alcuni problemi cervicali hanno riflessi sulla digestione – ad esempio si può provare nausea dopo un colpo di frusta – così come resta evidente che alcune persone hanno risolto i dolori al collo cambiando alimentazione. L’ipotesi più accreditata è questa: lo stato di costante tensione e infiammazione a livello cervicale può “trasmettersi” – in realtà il termine non è corretto, ma è per rendere l’idea. Il termine giusto sarebbe “sensibilizzare” – alle strutture nervose contenute all’interno delle vertebre, ovvero il midollo spinale. All’altezza della prima vertebra cervicale il midollo spinale comincia a diventare la struttura dalla quale parte il nervo vago, cioè il tronco dell’encefalo. Ecco perché, in alcune persone, prolungati stati infiammatori del tratto cervicale possono “infiammare” – anche qui, il termine non è corretto anche se molto utilizzato – il nervo vago creando problemi digestivi, nausea in primis. E poiché nel corpo umano i collegamenti si attivano sempre nei due sensi, non solo i problemi del collo si riflettono sulla digestione, ma è vero anche il contrario, ossia che le difficoltà nella digestione si riflettono sul collo! Se è vero che un prolungato stato infiammatorio delle vertebre cervicali può irritare il nervo vago e causare problemi digestivi, uno stato prolungato di infiammazione a livello degli organi digestivi può irritare il nervo vago e influire di riflesso sulle vertebre cervicali. Questo è ciò che devi sapere sul nervo vago, che è il principale collegamento tra metabolismo e disturbo cervicale. Dato che potresti sentir parlare di nervo vago completamente a sproposito, i seguenti concetti riassuntivi ti salveranno da possibili informazioni non corrette: • il nervo vago entra in gioco in momenti di relax. Chi ha stati di ansia cronica ha logicamente il nervo vago sempre “spento”, e quindi le funzioni digestive compromesse. Ma il problema è l’ansia cronica, non il nervo vago! • di fatto non esistono i “problemi del nervo vago”: esistono invece problemi cervicali e/o metabolici che creano sofferenze al nervo vago; • non esiste un modo affidabile al 100% per misurare le funzionalità del nervo vago. Si utilizza un parametro chiamato variabilità cardiaca, e tutti i sotto-parametri che ne derivano. Lo utilizzo anch’io, ma è un esame capace di rivelare tutti i segreti delle funzionalità vagali: capita frequentemente di vedere casi con sintomi completamente diversi, ma con esami di variabilità identici; • dato che non esiste un esame strumentale per determinare con certezza la funzionalità del nervo vago, va da sé che non si possa determinarne lo stato tramite la palpazione. Quanto vedremo in questo capitolo ha lo scopo di migliorare le funzionalità del metabolismo e quindi del nervo vago, così da ridurre il riflesso che questo può avere sulle vertebre cervicali. Prima, però, scopriamo in quali altri modi il metabolismo può “fregare” i muscoli, e non solo quelli del collo. 91 92 Il protocollo “Cervicale STOP!” Metabolismo e disturbo cervicale: altri collegamenti 1) Il metabolismo e l’alimentazione influenzano il nutrimento dei muscoli. Sembra il concetto più ovvio di questo mondo, ma spesso lo dimentichiamo: i muscoli funzionano grazie al carburante che ci inserisci. Perciò possono verificarsi diverse situazioni problematiche se il carburante: • è di bassa qualità; • è troppo poco; • viene inserito nei momenti sbagliati; • non viene utilizzato correttamente dal metabolismo, perché “si è guastato”. I muscoli sono la vittima ideale di tutte queste situazioni. Considerando poi che i muscoli cervicali sono comunque quelli più sollecitati in termini posturali, si può ben capire come sia facile metterli in difficoltà. 2) Il tipo di alimentazione influenza la quantità di molecole infiammatorie in circolo nel corpo. Alcuni alimenti contengono sostanze potenzialmente dannose per il nostro organismo, il quale tenta dunque di neutralizzarle il più possibile durante la digestione. Per fare questo si innesca un processo infiammatorio vero e proprio con conseguente aumento delle molecole infiammatorie in circolo. Purtroppo molti di questi alimenti sono spesso alla base della nostra alimentazione quotidiana: parliamo infatti di farine raffinate, carni trasformate, formaggi, cibi processati e industrializzati. Al di là del loro valore nutrizionale, la “carica infiammatoria” di questi cibi dovrebbe essere bilanciata da un’abbondante assunzione di alimenti antinfiammatori, che sono rappresentati principalmente da frutta e verdura. Un’alimentazione troppo sbilanciata verso gli alimenti infiammatori produrrà un lento ma inesorabile aumento delle sostanze infiammatorie in circolo, situazione sempre accompagnata da un aumento dei problemi muscolari e articolari. Un buon parametro per capire l’impatto infiammatorio di un cibo è il carico acido potenziale (PRAL): più è alto, più l’alimento è infiammatorio. Se il valore è basso (oppure un numero negativo), l’alimento è antinfiammatorio. Negli allegati a questa sezione troverai una tabella del PRAL dei cibi più comuni (vedi pagine 94-97). 3) Un’idratazione insufficiente provoca disequilibrio e alterazioni a livello metabolico e muscolare. Anche qui, il concetto è semplice: in condizioni normali, il corpo mantiene un determinato equilibrio tra apporto e cessione di liquidi corporei, tale per cui ogni 24 ore vengono sostituiti da 2 a 2,4 litri di liquidi, che equivalgono a circa il 3% del peso corporeo. Questo significa che un individuo che pesa 60 kg deve bere almeno 1,8 litri di acqua al giorno, altrimenti il corpo sarà costretto a prelevare dalle riserve oppure a rallentare il metabolismo. Il muscolo è composto per circa il 75% da acqua, quindi rappresenta un’importante riserva idrica. A fronte di tutto ciò, quale tessuto fa maggiormente le spese di un’idratazione scorretta? Ovviamente il tessuto muscolare, che diventerà di conseguenza meno idratato e, quindi, dolente! 4) L’alterazione della flora microbica intestinale provoca conseguenze a livello muscolare. Per quanto possa far senso l’idea, i batteri che abitano l’intestino pesano in tutto circa 1,5 kg, e svolgono un’incredibile quantità di funzioni. Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo Tra queste c’è anche la produzione di neurotrasmettitori, principalmente la serotonina. I neurotrasmettitori sono le sostanze con le quali le cellule nervose comunicano tra loro e con le cellule muscolari: un loro sbilanciamento ha un effetto tremendo sul dolore percepito, sulla capacità di produrre energia e su tutta una serie di altre funzioni. Ci sono molti modi tramite i quali compromettere l’equilibrio della flora microbica, tra cui l’uso frequente di antibiotici (anche in passato), l’essere nati con parto cesareo, il mancato allattamento al seno. Si possono però mettere in atto una serie di accorgimenti per riequilibrarla. Tra poco li vedremo. Schemi alimentari Di seguito troverai tre schemi alimentari, pensati per aiutarti a migliorare le funzionalità del metabolismo. Il principio che abbiamo seguito nel prepararli è basato sui sintomi elencati al capitolo 4: più “sintomi metabolici” presenti, più il tuo schema alimentare dovrà essere rigido e preciso. Se non manifesti una grande quantità di sintomi del metabolismo, pensare questo può significare due cose: che il tuo stile di vita e la tua alimentazione sono piuttosto corretti oppure che finora il tuo corpo ti ha “graziato”. Se non hai molti sintomi o se non ne hai proprio, basteranno alcune regole di massima: se invece l’apparato gastroenterico rappresenta un problema, assieme al disturbo cervicale, ci sarà sicuramente da impegnarsi un po’ di più. Approccio metabolico di livello 1: regolazione glicemica e abbassamento del grado infiammatorio Se con il test di autovalutazione hai rilevato poca necessità di occuparti del metabolismo, questi piccoli accorgimenti dovrebbero essere assolutamente sufficienti per te. 1) Regola meglio il carico glicemico (GL) L’andamento glicemico ottimale prevede che la colazione sia molto più abbondante della cena, in quanto al mattino l’organismo è molto più predisposto all’assunzione di cibo. Fai attenzione quindi a introdurre nella colazione almeno una forma di carboidrati complessi (fette biscottate, pane integrale, cereali integrali) e 1-2 frutti di stagione. A cena cerca di limitare al minimo i carboidrati come pasta, pane, riso, frutta e dolci, o addirittura di eliminarli del tutto. Un esempio di cena potrebbe essere costituito da un secondo e un contorno di verdure in cui non siano presenti né patate né legumi. Ricordati sempre di introdurre un quantità di acqua giornaliera pari ad almeno il 3% del peso corporeo. 2) Abbassa il carico infiammatorio Prendi la tabella allegata, ti illustrerà il PRAL di vari alimenti (in ordine decrescente nell’ultima colonna): più il PRAL – calcolato in base ai minerali contenuti nell’alimento– è alto, più l’alimento è infiammatorio. Ora scrivi su un foglio cosa hai mangiato ieri oppure cosa mangi in una giornata-tipo; scrivi il PRAL di fianco a ogni alimento e poi fai la somma. Un buon valore, alla fine, dovrebbe essere zero: se addirittura fosse un numero negativo, meglio ancora! Tutto ciò che dovrai fare è cercare di ridurre il PRAL della tua alimentazione, togliendo gli alimenti a PRAL più alto e sostituendoli con altri a PRAL basso o negativo. Con il tuo profilo metabolico, non è necessario che il PRAL vada a zero o sotto zero, è sufficiente che resti il più basso possibile. Queste semplici raccomandazioni dovrebbero assolutamente bastare. 93 94 Il protocollo “Cervicale STOP!” NOME PORZIONE MEDIA (g) GL PRAL Aceto 5 0 0 Agrumi 150 6 -4,6 Albicocche 150 5,5 -9 Ananas 150 5,6 -4,5 Anguria 150 2,1 -4,6 Arachidi 30 0,2 1 Asparagi 200 0 -1,9 Banana 150 8,8 -6,4 Barbabietole rosse 200 4,2 -9,6 Bibite analcoliche 200 13 0 Bieta 200 0 -7 Biscotti 35 16,6 0,8 Brioches e torte 60 23 1,2 Broccoli 200 0 -4,2 Burro 10 0 0 Caffè non zuccherato 30 0 -1,3 Caffè zuccherato 30 3,4 -1,3 Carciofi 200 0 -4,3 Carni bianche 100 0 10,1 Carni rosse 100 0 9,5 Carote 200 2,3 -6,8 Cavolfiore 200 0 -6 Cavolini di Bruxelles 200 0 -8,1 Cavolo cappuccio rosso e verza 200 0 -10,7 Cavolo cappuccio verde 200 0 -8,3 Ceci 150 8,8 1,3 Cereali in fiocchi, cornflakes ecc. 30 24,4 0,6 Cereali, frutta secca ed essiccata, fiocchi integrali, muesli ecc. 30 14,3 0,9 Cetrioli 200 0 -3,8 Cicoria 200 0 -7,8 Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo NOME PORZIONE MEDIA (g) GL PRAL Ciliegia 150 2,6 -5,7 Cioccolato al latte 30 6,4 -0,6 Cioccolato fondente 30 3,9 -1,2 Cipolle 200 0 -2,9 Crackers 30 13,7 1,2 Crema di cacao e nocciole 30 4,3 -0,5 Datteri 40 23,4 -5,1 Dolcificante 4 0,3 0 Fagioli 150 9,2 -6,7 Fagiolini 200 0,7 -7,8 Fichi 150 6,9 -6 Fichi secchi 50 17,7 -9,8 Finocchi 200 0 -8,5 Formaggi misti 75 0 12 Fragola 150 3 -3,8 Frutta mista 150 5,8 -5,1 Fruttosio 4 0,8 0 Gelato alla frutta 100 7,4 -0,2 Grissini 30 13,9 2,5 Indivia 80 0 -4,4 Insaccati o affettati 50 0 5,4 Insalata mista (senza carote, mais o patate) 80 0,2 -2,6 Kiwi 150 6,8 -7,6 Latte con cioccolato 125 4,9 -2 Latte di soia 125 0,4 0,1 Latte intero 125 1,7 0,1 Latte scremato 125 2,1 0,4 Lattuga 80 0 -2,5 Legumi misti 150 7,3 0,2 Lenticchie 150 7,3 3,1 Mais 80 9,4 -0,6 95 96 Il protocollo “Cervicale STOP!” NOME PORZIONE MEDIA (g) GL PRAL Mandorle 30 0 0,3 Marmellata 20 6 -0,4 Mela 150 6,8 -3,1 Melanzane 200 0 -4,2 Melone 150 3,4 -4,7 Miele 20 8,8 -0,1 Minestra di legumi (senza pasta) 250 12,1 -1,3 Minestra di verdura (senza legumi o pasta) 250 2,5 -5,6 Mozzarella 100 0 14,3 Nocciola 30 0,3 0,4 Noci 30 0,1 1 Olio vegetale (oliva, soia, mais ecc.) 10 0 0 Orzo 80 24,3 5,9 Orzo non zuccherato 30 0 -0,2 Orzo zuccherato 30 3,4 -0,2 Pane bianco 50 23 1,4 Pane di farro 50 21,8 5,9 Pane di kamut 50 15,9 4,2 Pane integrale di frumento 50 13,7 1,8 Pane integrale di segale 50 9,4 2 Panini 100 23 8,2 Parmigiano 50 0 11,6 Pasta 80 28,5 5,4 Pasta integrale 80 22,2 7,1 Patate al forno 200 43,7 -18,4 Patate bollite 200 16,9 -9 Patate fritte (senza sale) 200 44,9 -20,8 Patatine 75 20,7 -13,5 Peperoni 200 0 -5,6 Pera 150 5,4 -3,3 Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo NOME PORZIONE MEDIA (g) GL PRAL Pesca 150 4,7 -6,3 Pesce 150 0 14,1 Piselli 150 3,8 3 Pistacchi 30 0,2 0,2 Pizza margherita 350 148,1 -8,8 Polenta 150 41,6 2,5 Polenta integrale 150 37,8 2,7 Pomodori 200 2,1 -10 Pompelmo 150 1,6 -4,6 Pop corn 35 19,3 3,3 Prugna 150 7,5 -4,9 Ricotta 100 0 6,3 Riso bianco 80 57,2 3,2 Riso integrale 80 34,1 1,9 Riso soffiato 30 19,6 1,3 Sgombro (in scatola, sott'olio) 50 0 8,9 Soia 150 2,2 4,3 Succo di frutta 200 12,2 -2,3 Succo di limone 10 0 -0,3 Tè non zuccherato 200 0 -1,6 Tè zuccherato 200 5,4 -1,6 Tonno (in scatola, sotto'olio) 50 0 6,3 Trancio o spicchio di pizza margherita 120 50,8 -3 Uova 50 0 4,4 Uva 150 10,8 -5,9 Verdure bollite miste (cavolfiore, carote, patate) 200 6,9 -7,2 Verdure cotte miste (bieta, melanzane, spinaci, zucchine ecc.) 200 0 -12,3 Yogurt 125 2,1 0,6 Zucchero 5 3,4 0 Zucchine 200 0 -5,7 97 98 Il protocollo “Cervicale STOP!” Approccio metabolico livello 2: stretto controllo glicemico e PRAL negativo Se hai bisogno di questo approccio, significa che il tuo metabolismo non se la passa benissimo, e per questo è necessario un “reset”. Segui questo piano nel modo più preciso possibile per un minimo di 12-15 giorni di fila, il tempo minimo necessario a impostare un cambiamento. Intenzionalmente non sono state indicate le quantità: non si tratta infatti di un piano per dimagrire, anche se potresti notare questo piacevole effetto collaterale, ma di far funzionare al meglio il metabolismo. Trascorso questo primo periodo, potrai introdurre una maggiore varietà di alimenti. Una raccomandazione fondamentale è sicuramente quella di rispettare gli orari indicati, perché sono importanti per (ri)assettare i livelli ormonali. Fai i turni o lavori di notte? Non importa, molti studi dimostrano che anche chi fa i turni ha interesse a mangiare con gli stessi orari di chi non li fa, quindi cerca di avvicinarti il più possibile. Sei invece i tuoi orari sono generalmente molto diversi… questo potrebbe essere parte del problema! Ma veniamo al protocollo alimentare di una giornata-tipo. Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo Pasti di una giornata-tipo per lÕapproccio metabolico di tipo 2 COLAZIONE (H 5.30-8:30) carboidrati complessi (fette biscottate integrali o pane integrale) con marmellata 1-2 alimenti a scelta tra fichi secchi, datteri, albicocche, albicocche secche, uva passa 1-2 frutti freschi e una manciata di noci o mandorle. 1 yogurt (anche vegetale) METÀ MATTINA se non ti piace lo yogurt, puoi mangiare 2 frutti oppure 1 frutto e 1 succo di frutta oppure della frutta disidratata come fichi secchi, albicocche secche, uva passa. un alimento a scelta tra: legumi, riso integrale o pasta integrale in bianco con olio con un sugo di verdure; PRANZO a seguire, verdure miste di stagione condite con olio d’oliva (H 12.00 -13.30) e un alimento a scelta tra: salmone fresco, sgombro, uova, pesce fresco in generale, latticini magri, carne bianca ai ferri o al vapore. METÀ POMERIGGIO una manciata di frutta secca a guscio (mandorle, anacardi, nocciole, noci) e 1 frutto di stagione. una porzione di verdure miste di stagione (escludendo patate e legumi) condita con olio d’oliva a seguire, un alimento a scelta tra: carne bianca non troppo condita, CENA carne rossa non troppo condita (non più di 2 volte a settimana (H 19.00-20:30) e preferendo sempre tagli magri), uova, pesce fresco, latticini magri ricorda di bere acqua in quantità pari ad almeno il 3% del tuo peso corporeo. 99 100 Il protocollo “Cervicale STOP!” Ti sarai accorto che in questo schema non sono presenti né pasta né pane tradizionali, ma come fonte di carboidrati sono utilizzati cereali integrali e legumi. Si tratta di una scelta abbastanza indispensabile, dato che pasta (tradizionale) e pane bianco sono ad alto potenziale infiammatorio. Se alcuni degli alimenti consigliati non ti piacciono, prendi la tabella allegata e scegline uno con indice glicemico e PRAL più simili possibili. L’indice glicemico, per semplificare, indica quanto un alimento fa salire la glicemia: il piano è impostato in modo che la glicemia vada scendendo durante la giornata, quindi attenzione a non scegliere alimenti con valori troppo diversi. Trascorsi 12-15 giorni della dieta descritta sopra, le cose dovrebbero andare meglio in termini di energia generale e di sintomatologia. A questo punto potrai introdurre una maggiore varietà di alimenti. Fai attenzione, però: se torni a mangiare esattamente come prima, verosimilmente ogni conquista sarà vana. Calcolatrice alla mano, calcola PRAL e indice glicemico di ciascun pasto, così come li hai impostati nei primi 15 giorni. Tabella alla mano, guarda l’alimento che vorresti mangiare e non scostarti dai valori più del 20%, questo per almeno 5 giorni a settimana. Come schema di lungo termine, così dovresti andare alla grande. Approccio metabolico livello 3: ripristino della flora intestinale Se hai bisogno di questo tipo di approccio è probabile che la tua flora microbica intestinale non lavori più a dovere: potrebbe anche non farlo da tempo immemore, dato che alcuni fattori predisponenti a questa situazione appartengono all’epoca immediatamente post-natale. Ricorda, come ho già detto a inizio capitolo, che in questa sezione l’argomento è trattato in modo generalista: in ogni caso, se non hai mai tentato un approccio nutrizionale volto a migliorare il tuo metabolismo, questa può essere un’ottima base di partenza, poi potrai eventualmente consultare uno specialista. Piuttosto che utilizzare integratori probiotici, la cui efficacia non è ancora ben chiara, devi inserire nella dieta alimenti ricchi, possibilmente ricchissimi, di varie specie batteriche, che favoriscano lo sviluppo di una corretta flora microbica. Al contrario, dovrai tenere al minimo quelli che favoriscono il proliferare di specie batteriche dannose o poco utili. Quali sono gli alimenti che agevolano lo sviluppo della flora microbica? Genericamente parlando, si tratta degli alimenti sottoposti a processo di fermentazione. Noi conosciamo soltanto lo yogurt, ma in realtà la fermentazione è uno dei più antichi metodi di conservazione dei cibi. In questa sezione ti parlerò di due alimenti: il kefir e le verdure fermentate. Se vorrai approfondire l’argomento, ti rimando all’ottimo libro di Fabio Piccini Alla scoperta del microbioma umano (2015), dal quale peraltro ho tratto alcuni spunti. Kefir: è una sorta di yogurt, che si prepara per lo più artigianalmente, a partire dai granuli. Esiste un gruppo dedicato sui social, che si occupa di mettere in contatto tutte le persone ormai molto pratiche della preparazione, che hanno granuli in più e che li possono donare: sembra che la pratica della donazione dei granuli sia una specie di “rito” piuttosto diffuso. Io ho provato ad acquistare sia i granuli sia il prodotto direttamente (esiste sia in versione “di acqua” che in versione “di latte”) su un sito e ci sono riuscito bene. Come sentirsi meglio lavorando sul metabolismo Verdure fermentate: il consumo di una buona quantità di verdure fermentate è il miglior probiotico che possiamo immaginare, e sono anche buone, non appena hai fatto un po’ di esperienza. La preparazione di verdure fermentate può essere un po’ laboriosa soprattutto i primi tempi, ma non è difficile prendere dimestichezza e farla entrare nella nostra routine quotidiana1. Altri alimenti consigliati: topinambur (in qualche modo simile al carciofo) e cicoria contengono inulina, un naturale nutrimento del nostro microbiota. L’aceto di mele si è dimostrato un potente coadiuvante della flora microbica grazie all’azione dell’acetobacter. Integratori consigliati: come dicevo, la questione probiotici è controversa. Sicuramente l’utilizzo di alimenti fermentati è sufficiente a coprire le nostre esigenze di ripristino della flora batterica. Vale però la pena fare un piccolo accenno alla questione alfa-lattoalbumina: questa sostanza è una componente fondamentale del latte materno, ed è quella che dà lo “start” alla colonizzazione dell’inte- stino da parte della flora microbica. Sembra che il suo utilizzo nell’adulto abbia un effetto coadiuvante nel favorire la proliferazione di specie batteriche “buone”: io l’ho provata, e devo dire che sinceramente è l’unico integratore che utilizzo con una certa regolarità, cioè che mi fa percepire una differenza quando lo uso. Il nome commerciale è Serplus complex®, e se ne usa da mezza a una bustina mezz’ora prima di colazione. Adesso possiamo vedere insieme il protocollo alimentare della prima fase. Nel suo libro già citato, Fabio Piccini, uno dei maggiori ricercatori italiani sul microbiota, suggerisce un “reset” metabolico di 3 giorni, nei quali si devono mangiare soltanto alimenti vegetali. In pratica, 3 giorni di dieta vegana. Se sei tra coloro che non hanno una minima idea di come possano essere strutturati in modo corretto e sano, nella tabella sotto ne trovi una possibile declinazione, dalla quale puoi prendere spunto. Per gli amanti delle proteine si tratta indiscutibilmente un bel trauma, ma in fondo sono solo 3 giorni. Reset metabolico (fase 1) frutta mista fresca COLAZIONE frutta essiccata (albicocche, fichi secchi, datteri) frutta secca (mandorle o noci). PRANZO E CENA patate o legumi (a fare da carboidrato “sostanzioso”) verdure fermentate, verdure fresche (carciofi, asparagi, finocchi, broccoli, cavolo, zucchine ecc.). 1. In rete una buona guida su come fermentare le verdure si trova sul sito wikiHow. 101 102 Il protocollo “Cervicale STOP!” Trascorsi questi primi 3 giorni, si può passare alla seconda fase reintroducendo gli alimenti proteici e passando a un’alimentazione più simile a quella “normale”. Sempre strizzando l’occhio al microbiota e al tenore antinfiammatorio. Quindi la dieta diventerebbe come indicato nella tabella sotto. Ricorda di inserire gli alimenti consigliati (topinambur, cicoria e aceto di mele) e anche che il pesce fresco ha proprietà decisamente più antinfiammatorie rispetto alla carne. Ricorda inoltre di bere acqua in quantità pari ad almeno il 3% del peso corporeo. Continua così fino a quando non ti senti meglio, idealmente 20-30 giorni in cui cerchi di “sgarrare” il meno possibile, anche perché generalmente persone con queste caratteristiche metaboliche non possono permettersi pranzi o feste luculliane senza pagarle care. A questo punto, potrai seguire, come schema di lungo termine, quello illustrato nel livello precedente, dedicato a chi presenta un numero inferiore di sintomi metabolici e gastrointestinali. Quando si parla di alimentazione, l’ingrediente fondamentale è la sostenibilità: il piano alimentare non deve essere troppo difficile da seguire, altrimenti lo abbandonerai presto. reinserimento proteico (fase 2) COLAZIONE 2 o 3 frutti freschi. Se la frutta fresca ti sembra troppa, va bene anche quella essiccata, ma almeno 1 frutto deve essere fresco kefir gallette di riso integrale con marmellata più possibile “naturale”. METÀ MATTINA yogurt intero 1 frutto fresco. patate, legumi o riso integrale PRANZO (H 12.00 -13.30) verdura fermentata, verdura fresca METÀ POMERIGGIO: 1 frutto fresco a seguire, un alimento a scelta tra: pesce fresco, ricotta fresca, petto di pollo o di tacchino, uova. una manciata di mandorle o noci. verdura fermentata CENA verdura fresca un alimento a scelta tra: pesce fresco, ricotta fresca, petto di pollo o tacchino, uova. 103 L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo Reiterati stati di ansia e stress possono rappresentare la causa principale del disturbo cervicale. In questi casi è molto urgente comprendere l'origine del disturbo, perché le sue manifestazioni possono essere estremamente variegate, improvvise e violente. Prima di diventare “anche” un autore, comunicatore e responsabile web, ero “solo” un fisioterapista. E come tutti i fisioterapisti che si rispettino, la mia giornata si svolgeva più o meno così: apertura dello studio di buon mattino, un paziente dietro l’altro spesso senza pausa, chiusura dello studio all’ora di cena – mi ponevo dei limiti, ma qualche collega si spinge anche oltre. D’inverno inoltrato poteva benissimo capitare che non vedessi la luce del sole per tutto il giorno. Moltissimi colleghi si trovano in una situazione analoga, e molti ne sono anche felici: in fondo, avere molti pazienti significa che il lavoro sta andando bene. Ma per quanto amassi il mio lavoro, questa modalità è sempre stata piuttosto pesante per me: nelle giornate molto dense capitava regolarmente anche a me quello che è l’argomento principale di questo capitolo. Cosa mi succedeva? A un certo punto della giornata la stanchezza iniziava a farsi sentire, e andava a sommarsi a tutte le varie cose che possono succedere: ritardi, imprevisti ecc. Come conseguenza, la tensione dei muscoli cervicali iniziava ad aumentare, e io cercavo di attenuarla con una sorta di auto-manipolazione rapida, con assai scarso successo. Tutto ciò per dire: la tensione nervosa, e quindi il grande capitolo dello stress, ha un forte peso sul disturbo cervicale. Si tratta di argomenti piuttosto impegnativi, quindi facciamo subito due premesse: non sono uno psicologo né uno psichiatra, ma dedico buona parte del mio lavoro e delle mie ricerche a ridurre l’impatto dello stress sui muscoli; in caso di situazioni cliniche di ansia e depressione, che magari richiedono l’utilizzo di farmaci, i consigli di questo capitolo possono sicuramente risultare utili, ma sicuramente non sono da considerare risolutivi. Detto questo, quello che cercherò di spiegare in questo capitolo è: • come capire quanto il disturbo cervicale è legato a stati di ansia e stress; • perché lo stress emotivo e la tensione nervosa si riflettono sul collo, e cosa provocano; • i collegamenti “nelle due direzioni” tra ansia e disturbo cervicale; • le migliori tecniche per ridurre l’impatto dello stress sui muscoli cervicali. Come capire quanto il disturbo cervicale è legato a stati di ansia Probabilmente ti sei già sentito dire da qualcuno che “il tuo disturbo è causato soprattutto dallo stress”. 104 Il protocollo “Cervicale STOP!” A questo punto, la tua reazione può essere stata di due tipi: di rifiuto, perché senti che non è così; oppure di tacito consenso, dato che lo stress è un tuo fidato “compagno di vita”. La cosa più strana, che mi è capitato spessissimo di vedere, è che chi rifiutava l’idea aveva in realtà un disturbo da stress, e chi era convinto che il suo problema fosse la tensione nervosa aveva invece un disturbo puramente “meccanico”. D’altronde, la nostra tendenza è quella di nascondere i punti deboli: incredibilmente, lo facciamo anche nei confronti di chi ci vuole aiutare, senza accorgercene. Per capire quanto il tuo disturbo possa essere legato a un eccessivo accumulo di stress psicofisico, possiamo sfruttare un semplicissimo principio: l’accumulo di stress psicofisico provoca tanti altri sintomi, al di là della tensione al collo. Esegui poi il test di autovalutazione che trovi a partire da pagina 34. Se presenti un numero di sintomi superiore a 2-3, allora puoi prendere in considerazione i consigli di questo capitolo. Tanto più se ti riconosci in stati simili a questi: • frequente agitazione; • tachicardia ed extrasistole; • abitudini nervose come mangiarsi le unghie; • fame nervosa o comportamenti alimentari “compensatori”; • sonno disturbato o non riposante; • ritrovarsi in apnea o con le spalle rigide senza motivo; • tendenza a procrastinare e a schivare le responsabilità; • ricerca frequente di momenti di svago (smartphone, social); • difficoltà di concentrazione; • mancanza di lucidità; • perdita della memoria a breve termine. Ecco, più ti riconosci nei sintomi appena elencati, più è probabile che tu sia in uno stato di accumulo di stress psicofisico. Se il disturbo cervicale si accompagna a tutti questi elementi, è difficile pensare che si tratti di un problema totalmente a parte, che prescinde dall’accumulo di stress. Di conseguenza, le indicazioni che troverai ti potranno essere molto utili. Prima di affrontare un nemico così complesso, però, cerchiamo di capire come lo stress può drasticamente peggiorare lo stato dei muscoli cervicali, e come si manifesta il disturbo in questi casi. Quando il problema cervicale è causato principalmente dallo stress psicofisico, avvengono infatti una serie di fenomeni che potrebbero anche farti preoccupare, o comunque non capire bene la situazione. È successo così a Fabrizio, una delle storie che ha riscosso maggior “successo” sul mio sito web. La storia di Fabrizio è sicuramente particolare, perché non sempre – aggiungerei per fortuna – capita di manifestare sintomi così improvvisi e così intensi da dover tornare a casa dal lavoro in taxi perché non si è in grado di guidare l’auto. Eppure a lui è successo: Fabrizio avvertiva da qualche tempo un certo aumento di tensione muscolare al collo, ma lo aveva imputato a un momento veramente molto stressante dal punto di vista lavorativo. Gli erano già capitati periodi di questo tipo, e ne era sempre uscito indenne: questa volta avvertiva qualche sintomo in più, ma pensava che fosse dovuto al passare degli anni. Invece quel giorno è successo qualcosa che non poteva certo immaginare: nel giro di poche ore la tensione muscolare è aumentata in modo esponenziale, diventando dolorosissima. In più si sentiva decisamente instabile, come se L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo stesse “camminando sulle nuvole”: la vista era affaticata e in generale si sentiva pesante e dolorante al punto di non riuscire a guidare. È arrivato da me mesi dopo, quando la situazione era già in parziale miglioramento, grazie anche a dei miei esercizi che aveva trovato in rete. Potendo analizzare la situazione dopo che aveva già fatto una marea di accertamenti, è stato facile capire come il suo problema principale fosse stato l’eccessivo accumulo di stress. Infatti, gli esami radiologici non mostravano nulla di particolarmente interessante; le analisi che gli avevano fatto per escludere patologie importanti erano negative e i sintomi si erano già attenuati. Anche se Fabrizio aveva “solo” un problema di stress, si è trovato ko dalla sera alla mattina, e da lì ha impiegato mesi a recuperare. Un altro mio caro amico, il classico “topo da biblioteca” in versione informatica, è finito in pronto soccorso con il sospetto di gravi malattie neurologiche, ma in realtà presentava la stessa identica situazione di Fabrizio. Tutto questo per dire: quando si parla di stress, si parla di qualcosa che può essere davvero molto potente e dare grandi problemi. Non è assolutamente un problema di “serie B” o qualcosa da non prendere troppo in considerazione. Capire in concreto cosa succede in questi casi è molto importante, e il motivo è il seguente: quando il disturbo cervicale è causato principalmente da problemi di accumulo di stress, le sue manifestazioni possono essere molto forti, e soprattutto molto “variegate”. 105 106 Il protocollo “Cervicale STOP!” Per manifestazioni “variegate” intendo sintomi poco spiegabili solo con l’anatomia: parlo di formicolii vari, sensazione di stanchezza, difficoltà a mettere a fuoco senza che ci siano problemi visivi, pesantezza ecc. Questi sintomi spesso preoccupano molto la persona che ne soffre, che vaga da una parte all’altra alla ricerca di una diagnosi, che di fatto non arriva mai. Più questa persona cerca di capire l’origine dei suoi sintomi, meno agisce in direzione delle uniche cose che le sarebbero davvero di aiuto, ovvero: • iniziare a fare un buon lavoro sui muscoli; • cercare di ridurre il carico di stress; • attuare delle migliori abitudini posturali e un diverso stile di vita. I complessi rapporti fra tratto cervicale e stress, acuto e cronico Per comprendere la mole di danni che lo stress può causare al tratto cervicale e all’organismo in generale, non c’è niente di meglio che utilizzare l’esempio dello stress acuto. Lo stress acuto è un momento particolare in cui la tensione è al massimo, ad esempio mentre stai aspettando informazioni vitali che riguardano la salute di una persona a te molto cara, magari nella sala di attesa di un pronto soccorso. Una situazione di quel tipo è un classico esempio di stress acuto, una condizione di tensione massima, ma che prima o poi si esaurisce. Lo stress cronico è invece tutto ciò che accumuliamo nella vita quotidiana: non una situazione acuta come quella descritta sopra, ma una serie di tensioni, spesso legate al lavoro o alla famiglia, che si accumulano e si portano avanti per giorni, settimane, mesi e anni. Durante la fase di stress acuto, nel nostro corpo avvengono molte reazioni, che ci fanno avvertire altrettanti sintomi: capendo cosa succede in questi casi, è facile anche comprendere cosa succede nello stress cronico, che dobbiamo affrontare quotidianamente. In pratica, si tratta delle stesse reazioni e degli stessi sintomi, abbassati di intensità ma spalmati più a lungo nel tempo: purtroppo, per il corpo umano lo stress cronico è molto più “logorante” rispetto che a quello acuto. Ma veniamo ai muscoli: cosa succede ai muscoli in una fase di stress acuto, come nel caso dell’attesa di informazioni vitali di cui ho parlato prima? Semplice da intuire: tutti i muscoli si irrigidiscono e diventano tesi, ma fortuna vuole che questo avvenga soprattutto a livello dei muscoli cervicali, che sono in assoluto quelli più sensibili alla tensione nervosa. E cosa accade se durante una fase di stress acuto qualcuno ti propone di fare uno spuntino? Beh, probabilmente rifiuterai perché in quel momento lo stomaco e l’intestino sono completamente chiusi: non è certo il momento di mangiare! Ecco perché anche chi soffre di stress cronico ha spesso problemi e gonfiori digestivi, che guarda caso spesso si accompagnano ai disturbi cervicali. In più, durante uno stress acuto il cuore batte più forte del dovuto, la capacità di concentrazione cala a picco e si possono provare una serie di sensazioni “sparse” non ben definibili: esattamente come accade quando l’accumulo di stress diventa cronico. Lo stress cronico può quindi avere un fortissimo impatto sulla cervicale, e creare in abbinamento tutta un’altra serie di sintomi. Ormai per me è facile riconoscere se una persona ha disturbi prevalentemente legati alla postura e al movimento, o se sono anche legati all’accumulo di stress. L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo La persona con disturbi legati al movimento ha tipicamente solo dolore, spesso ben localizzato e molto legato ai movimenti che compie. Chi invece ha un accumulo di stress che si riversa sul collo ha un quadro molto diverso: • non sente un vero e proprio dolore, ma una situazione di tensione costante, come una morsa; • la tensione e il dolore non cambiano più di tanto a seconda dei movimenti che fa; • presenta tutta un’altra serie di sintomi, quelli di cui parlavo un attimo fa. A questo punto dovresti avere ben chiaro l’importante ruolo dello stress nel disturbo cervicale, e dovresti ormai aver capito quanto le tecniche di questo capitolo possano essere importanti per te. Ora passiamo all’azione, cioè alle tecniche che possiamo mettere in campo per ridurre l’impatto dello stress sulla cervicale: spesso le situazioni che ci stressano non sono così facilmente risolvibili – parlo di cose come cambiare lavoro o risolvere problemi familiari – ma possiamo fare molto affinché queste non “scarichino” eccessivamente sui muscoli. C’è però un’ultima cosa cui volevo accennare. Molte persone avvertono il problema opposto: sentono che non sono la tensione nervosa e l’ansia a provocare loro problemi cervicali, ma piuttosto il contrario. È veramente possibile che sia un problema cervicale a generare stati d’ansia? Semplificando un po’ quanto detto nei paragrafi precedenti, possiamo dire che il disturbo d’ansia non è altro che una versione “potenziata” di stress e tensione nervosa. Di conseguenza, chi soffre di ansia vera e propria ha molta più predisposizione ad avere disturbi cervicali, per tutti i motivi prima descritti. Ma è possibile anche il contrario? È possibile, cioè, che un problema al collo generi stati d’ansia? Ci sono tantissime persone pronte a giurarlo. Effettivamente la cosa può succedere, anche se non è molto diffusa: capita soprattutto in quei casi caratterizzati da disturbi dell’equilibrio e sbandamenti. La mancanza di equilibrio mette in totale allarme il sistema nervoso, e questo può tradursi in un vero e proprio stato d’ansia. Ecco perché chi soffre di vertigini e sbandamenti nota spesso che l’ansia non è la causa, ma un effetto del disturbo cervicale. C’è però da dire che questo succede per lo più in persone con una certa predisposizione agli stati ansiosi, che facilmente si caricano di agitazione e tensione. Le tecniche per ridurre l’impatto dello stress sul sistema nervoso Come abbiamo visto, non si possono rimuovere più di tanto le principali fonti di stress, o meglio è davvero molto difficile farlo. Cambiare lavoro, risolvere una situazione familiare importante, trasferirsi in un’altra città… Non sono certo cose alla portata di tutti, e non si possono fare dall’oggi al domani. Possiamo però fare molto per ridurre quello che io chiamo l’impatto dello stress sull’organismo, e tutto sommato dovresti aver già trovato molte cose a riguardo, all’interno del libro. Prova a pensare: • lo stress aumenta la tensione dei muscoli, in particolare di quelli cervicali. Nella sezione apposita, hai trovato una serie di esercizi di rieducazione che ti aiuteranno ad avere muscoli meno contratti; • lo stress si ripercuote negativamente sulla digestione e sul metabolismo. Nella sezione 107 108 Il protocollo “Cervicale STOP!” sull’alimentazione, hai visto una serie di consigli per migliorare il tuo piano alimentare. A questo punto manca una parte importante, quella che cerca di tamponare gli effetti dello stress sul cervello, che subisce una sorta di “corto circuito”. 1) Le tecniche che si basano sull’attività fisica sfruttano il noto potere di “scarico nervoso” che hanno il movimento e lo sport in generale. Più o meno tutti sanno che l’attività fisica aiuta a scaricare lo stress, e molte persone sfruttano questa proprietà a loro vantaggio. Il limite di queste tecniche è che l’effetto tende a diminuire man mano che ci si allontana dall’allenamento. 2) Le tecniche che si basano sull’attività mentale sono quelle che in genere vengono raccolte sotto il nome di “meditazione”. Attenzione: quando parlo di meditazione non parlo di qualcosa di particolarmente esoterico o cosiddetto New Age. Molte forme di meditazione hanno alla base solidissimi studi scientifici e sono utilizzate ampiamente da manager e atleti di successo. Le endorfine sono sostanze molto potenti, che agiscono anche sulla nostra capacità decisionale. È molto utile e fruttuoso fare ricorso a questo meccanismo, soprattutto quando si devono prendere decisioni importanti. In questi casi, conta molto lo stato in cui ti trovi in quel momento: se sei stanco e stressato, probabilmente prenderai la decisione meno “coraggiosa”. A seguito di un bell’allenamento intenso, come ad esempio un’oretta di corsa, le endorfine possono portarti in uno stato di euforia tale da farti cambiare completamente la decisione che avresti preso soltanto un’ora prima! È per questo che io stesso, quando mi trovo di fronte a un bivio, spesso decido che prima ci devo “correre su”. L’attività fisica ha dunque un impatto molto potente sul sistema nervoso, e possiamo usarlo a nostro vantaggio. Perché l’attività fisica abbia un impatto positivo sullo stress, ci sono una serie di regole che sarebbe bene seguire: più riesci a seguirne, meglio è. Vediamole insieme. Regola 1: l’attività deve durare almeno 30 minuti Naturalmente, l’ideale è riuscire a combinare questi due tipi di tecniche, per massimizzarne l’effetto: vediamo come metterle in pratica. Le attività più “interessanti” per cercare di tenere sotto controllo lo stress sono quelle di tipo aerobico, vale a dire: corsa o camminata molto veloce, bicicletta, nuoto, attività fitness di gruppo. L’attività fisica per ridurre lo stress Regola 2: l’attività deve generare un buon livello di fatica Come dicevo prima, l’attività fisica ha delle note proprietà anti-stress. Quando facciamo movimento, fatichiamo e sudiamo, il nostro corpo produce le famose “endorfine”, che sono quelle sostanze responsabili della sensazione di rilassamento che abbiamo dopo un intenso allenamento. Perché si attivino i meccanismi delle endorfine, è necessario provare un buon senso di fatica alla fine dell’allenamento. Come regola generale, alla fine dell’allenamento devi aver dato alla tua fatica un voto pari a 7, dove 10 rappresenta la massima fatica che sei in grado di sopportare. L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo Regola 3: non fare sempre la stessa cosa La maggior parte degli sportivi amatoriali, soprattutto dei corridori, è abituata a fare sempre lo stesso percorso, alla stessa ora, mettendoci lo stesso tempo. Il sistema delle endorfine si attiva di più quando siamo di fronte alle novità, perché queste ci fanno consumare più energia: evita quindi di fare sempre le stesse cose. Regola 4: tieni traccia dei progressi Questo è veramente importante: devi far arrivare al cervello il messaggio preciso che il tuo stato di forma sta migliorando. Per riuscirci, hai bisogno di progredire nei tuoi allenamenti: e intendo di fare progressi anche piccoli, ma continui. Per esempio, potresti darti l’obiettivo di effettuare lo stesso percorso in un tempo minor eoppure di portare a termine un percorso più lungo nello stesso tempo; o ancora, potresti raggiungere una maggiore intensità di allenamento in un tempo minore. Qualsiasi modo tu scelga di misurare i tuoi progressi va bene: l’importante è non rimanere sempre allo stesso livello. Regola 5: se puoi, sfrutta la mattina Dopo l’attività fisica, il corpo e il cervello rimangono positivamente condizionati per alcune ore. Di conseguenza è molto vantaggioso riuscire a farla all’inizio della giornata: affronterai gli impegni con un un’energia completamente diversa. Fare attività in fascia serale aiuta sicuramente a scaricare la tensione accumulata, ma farla al mattino aiuta a non accumularla proprio: un affare decisamente più vantaggioso. Grazie a queste cinque semplici regole puoi trasformare l’attività sportiva amatoriale in una potentissima arma anti-stress: 2-4 allena- menti settimanali possono davvero cambiarti la vita, in questo senso. L’importanza dell’attività mentale: alcune semplici tecniche Le tecniche che sfruttano l’attività mentale, come dicevo prima, appartengono al grande campo della meditazione. Non pensare a queste tecniche come qualcosa di adatto solo a persone con la testa tra le nuvole, o a qualcosa di poco pratico. Tim Ferris, noto personaggio pubblico statunitense, ha intervistato negli ultimi anni centinaia e centinaia di persone di successo tra atleti, politici e uomini d’affari. Ebbene, l’80% di loro pratica nella propria routine una tecnica di meditazione! Anche se non hai mai fatto nulla di questo genere, direi che è arrivato il momento di provare. Le tecniche meditative sfruttano più o meno tutte lo stesso semplicissimo principio: canalizzare il focus e l’attenzione. Portando l’attenzione su qualcosa – una frase che ripeti, un suono, il respiro – si fa una sorta di “pulizia” di tutta la moltitudine di pensieri che normalmente si affolla all’interno della nostra scatola cranica. All’inizio è molto difficile mantenere l’attenzione, soprattutto per le persone molto stressate: la mente tende a “viaggiare” continuamente, ed è proprio questo l’aspetto che cercheremo di migliorare. Ora descriverò tre semplici tecniche meditative, che si possono fare in 10-15 minuti. Provale tutte e tre e scegli quella che preferisci, o quella che ti risulta più semplice. Puoi farle in qualsiasi momento della giornata: ci sono vantaggi sia nel farle al mattino che 109 110 Il protocollo “Cervicale STOP!” alla sera, ma anche nel bel mezzo della giornata lavorativa. L’impegno che richiedono è davvero minimo, e i vantaggi possono essere tanti: il principale vantaggio che noterai è un maggiore stato di relax, che ti porterà a concentrarti meglio sulle cose che stai facendo. Le tecniche di meditazione incidono tantissimo, poi, sulla tensione muscolare e questo ci interessa decisamente. Tecnica 1: lo scanner della pesantezza Sdraiati su una superficie dura a pancia in su, se possibile a terra con un materassino o un tappeto: se hai bisogno di un cuscino per la testa, fai in modo che sia duro, per esempio usa un libro o qualcosa di simile. Ora ti descriverò le fasi dell’esercizio: nelle prime sedute potresti riuscire a farne solo 1 o 2, non ha importanza che tu le esegua tutte, l’importante è che tu le faccia bene. Da sdraiato a pancia in su, cerca innanzitutto di rilassare tutti i muscoli e di avere la massima aderenza al pavimento. A questo punto, respira con il diaframma, più lentamente che puoi: concentrati sulle sensazioni che avverti e cerca di mantenere i muscoli rilassati. Il respiro deve essere molto lento e molto profondo, almeno 3 secondi in inspirazione e 4 in espirazione, ma più lento è, meglio è. Ora concentrati sul piede e sulla caviglia destra. Cerca di rilassarli il più possibile, come se volessi sentirli pesantissimi sul pavimento. Questa parte è fondamentale: devi cercare di azzerare la tensione muscolare intorno all’area della caviglia destra, continuando a respirare lentamente, in modo che il piede sembri pesante sul pavimento. Una volta che la caviglia e il piede destro sono perfettamente rilassati, passa dall’altra parte e rilassa piede e caviglia sinistra. Riporta quindi l’attenzione sulla destra, perché nel frattempo questa parte si sarà un po’ irrigidita. A questo punto andremo a fare la stessa operazione risalendo gradualmente su tutte le strutture, come uno scanner. A ogni tappa, andremo a controllare quella precedente, sempre mantenendo l’attenzione sulla corretta respirazione. La sequenza diventerà quindi: • piedi e caviglie; • ginocchia; • anche; • bacino; • colonna vertebrale lombare (parte bassa); • colonna vertebrale dorsale (parte media) e torace; • collo e cranio; • spalle; • gomiti; • mani e polsi. È verosimile che le prime volte ti sia richiesto un po’ di tempo, circa 30 minuti: questo perché la tua attenzione tenderà a “scappare” e ti verrà in mente un problema, poi un altro, poi un altro ancora… poi arriveranno pensieri casuali, e così via. Cercherai man mano di recuperare l’attenzione e di completare il tuo “scanner”: con il tempo riuscirai a farlo benissimo anche in 10-15 minuti. Ovviamente, se hai più tempo a disposizione, nessuno ti impedisce di continuare! Non pensare di metterti in un ambiente confortevole e di usare il telefono come “sveglia” dopo il tempo che hai deciso di dedicare all’esercizio. Non si entra in particolari stati dai quali è pericolosissimo uscire all’improvviso, e oltretutto se hai il pensiero che da un momento all’altro possa suonare il telefono o entrare qualcuno, converrai con me che il gioco non funziona. L’impatto muscolare dello stress emotivo: come valutarlo e ridurlo Grazie a questo esercizio, ti renderai conto facilmente di quanta tensione muscolare non necessaria mantieni. Tecnica 2: il focus sul respiro Questa tecnica è davvero molto semplice, ma anche estremamente efficace. Nella sezione degli esercizi hai imparato ad attivare i muscoli respiratori, ovvero a fare la respirazione diaframmatica e/o la respirazione toracica. Se non hai fatto gli esercizi, è perché dal test risultava che hai già una buona confidenza con i muscoli respiratori, e quindi non avrai nessun problema adesso: quello che dovrai fare è semplicemente portare l’attenzione sui muscoli respiratori e sul modo in cui respiri. Pronto? Siediti in una posizione comoda, con la schiena sostenuta, e chiudi gli occhi. Respira lentamente ma in modo naturale, senza pensare a respirare con il diaframma e/o con il torace. Quello che dovrai fare è portare l’attenzione su ciò che succede all’interno del corpo mentre respiri, passo dopo passo. Quali muscoli si attivano, come cambia il loro movimento tra inspirazione ed espirazione, quali sensazioni avverti. In pratica, dovrai visualizzare i muscoli respiratori che si muovono, e tenere l’attenzione fissa su questo per 5-10 minuti. Dopo poco l’attenzione tenderà a scappare, perché arriveranno pensieri sparsi: nessun problema, riporta l’attenzione al respiro e prosegui. Se a un certo punto ti diventa impossibile mantenere l’attenzione, sospendi l’esercizio e riprova il giorno dopo: hai semplicemente affaticato il tuo “muscolo dell’attenzione”. Tecnica 3: il focus sui suoni Questa tecnica è assolutamente analoga alla precedente: stavolta non porteremo l’attenzione sul respiro, quanto sui suoni dell’ambiente che ti circonda. La procedura è la stessa: mettiti seduto in posizione comoda, con la schiena ben sostenuta da uno schienale. Gli occhi possono essere chiusi o aperti, con lo sguardo fisso in un punto. Tutto ciò che devi fare è portare l’attenzione su ogni singolo suono che avverti nell’ambiente che ti circonda: passali in rassegna, da quello più evidente fino ai piccoli suoni in lontananza. Cerca di cogliere ogni singola sfumatura. Anche qui l’attenzione tenderà a scappare, e tu cercherai di riportarla ai suoni. Prosegui l’esercizio per 5-10 minuti. Conclusione Abbiamo visto quanto possa essere forte l’impatto dello stress nervoso sul fisico, e in particolare sul tratto cervicale. Quando il disturbo cervicale è causato principalmente da problemi di stress psicofisico, le manifestazioni tendono a essere molto più aggressive, e soprattutto molto “variegate”. Abbiamo poi visto come sia difficile pensare di ridurre lo stress “a monte”, e come sia più produttivo cercare di limitarne gli effetti che ha sui muscoli e sull’organismo in generale. Infine abbiamo visto come sfruttare l’attività fisica e anche quella mentale proprio a questo scopo. Naturalmente ci sono mille altre possibilità, ma quanto hai trovato in questo capitolo è un buon riassunto dell’essenza. Se impari a padroneggiare bene le tecniche di questo capitolo, sarai già a buon punto nella tua “battaglia” contro lo stress. 111 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare 114 Qualche suggerimento per utilizzare al meglio il protocollo Ora che abbiamo visto quali possono essere gli strumenti più utili per migliorare il nostro stato generale, facciamo in modo di non essere vinti dalla fatica e dalla mancanza di motivazione: i benefici che otterremo sono di gran lunga superiori all’impegno richiesto! Cerchiamo di ripassare velocemente quanto visto fin qui, perché con tutte le informazioni ricevute, potresti pensare di non riuscire a far tutto. In realtà, i “compiti” sono semplici e non richiedono troppo tempo durante la giornata. La prima parte del protocollo è dedicata agli esercizi, ovvero a tutti quei movimenti che hanno lo scopo di migliorare lo stato muscolare. Ho diviso gli esercizi in gruppi, che ho chiamato “blocchi”, e il compito è quello di farne uno al giorno: questo non ti porterà via più di 15 minuti. Niente vieta di fare anche due blocchi al giorno, tra quelli che ti sono risultati necessari con il test, ma personalmente ti consiglio di procedere con calma, soprattutto all’inizio. Quella contro il disturbo cervicale è molto più simile a una maratona che a uno sprint: risparmia le energie! Abbiamo poi visto come anche l’alimentazione e il metabolismo possano in qualche modo incidere sul problema, soprattutto se manifesti determinati sintomi. Modificare e migliorare il tuo piano alimentare è qualcosa che dal punto di vista dell’organizzazione non è assolutamente impegnativo, perché il tempo dedicato al mangiare lo hai già ricavato nelle tue giornate. Mangiare diversamente può costarti magari un po’ di fatica, ma sicuramente non costa tempo: tra l’altro, la fatica diventa presto un piacere, quando inizi a sentirti meglio. C’è poi l’importante lavoro sul sistema nervoso e sullo stress emotivo: anche qui, nel capitolo dedicato hai trovato una serie di segni e sintomi per capire quanto l’aspetto “stress” sia importante nel tuo caso. Per migliorare l’impatto dello stress sui muscoli, abbiamo visto due tipi di tecniche: quelle basate sull’attività fisica e quelle basate sull’attività mentale. L’attività fisica porta via 30-60 minuti 3-4 volte a settimana. C’è da dire, però, che la maggior parte delle persone non considera l’attività fisica un impegno, ma un piacere: poiché non esiste “l’attività fisica per la cervicale”, ma puoi scegliere ciò che preferisci, non lo considererei un grande impegno. L’unico impegno è quello di seguire le regole per rendere l’attività fisica efficace dal punto di vista della riduzione dello stress. Come ultimo aspetto, ho citato le tecniche basate sull’attività mentale, ovvero di meditazione: anche in questo caso, il tempo necessario da dedicare a questi esercizi è compreso nei 15 minuti quotiodiani. Qualche suggerimento per utilizzare al meglio il protocollo La meditazione poi scoprirai che rappresenta un attimo di pausa, un momento in cui cerchi di riordinare le idee e dare respiro alla mente. Direi che non è qualcosa da vedere come un impegno ma come un piacere, un momento dedicato a te stesso. Tirando le somme, abbiamo: • circa 15 minuti al giorno per gli esercizi; • 0 tempo extra richiesto per l’alimentazione; • circa 15 minuti per le tecniche di rilassamento, che tra l’altro potrebbero non essere indispensabili, se non hai i sintomi da stress. Si tratta di 30 minuti circa al giorno, a cui aggiungere eventualmente il tempo necessario per l’attività fisica. Tra l’altro, questi 30 minuti non devono neanche essere consecutivi: si possono benissimo “spezzare” i compiti distribuendoli durante la giornata. Come vedi, il tempo necessario non è poi tanto: il 99,9% delle persone ha tranquillamente a disposizione 30 minuti da dedicare al proprio benessere. Se credi di rientrare nello 0,01% che davvero mezz’ora non può ricavarla… siamo un po’ nei guai, è davvero difficile pensare di aiutarti. Se davvero non trovi questo tempo, significa che la tua giornata è costellata da impegni, che molto probabilmente non sono sotto il tuo controllo, dei quali faresti volentieri a meno. Una situazione come questa è naturalmente molto stressante e riduce al minimo le capacità di recupero e rilassamento che ha il corpo: è ovvio che un disturbo da tensione muscolare è il minimo che possa capitare, in circostanze come queste. Naturalmente, fino a che ti è completamente impossibile dedicarti a te stesso, migliorare è davvero difficile, se non impossibile. Ti invito però a ragionare sul fatto che molto probabilmente NON appartieni a questa categoria, per fortuna. Puoi avere l’impressione di non aver tempo perché nei tuoi momenti liberi ti piace rilassarti o dedicarti ad altre cose: questo è perfettamente normale e comprensibile, ma non significa non avere nessuna possibilità di organizzarsi. I nostri problemi sono più spesso la costanza e la motivazione. Prima di iniziare a spiegare le varie tecniche, ho parlato del “baco” del cervello, quello che cerca di proteggerci dal creare nuove abitudini. Si tratta di uno dei principali motivi per cui potrebbero mancarti costanza e motivazione, ovvero il cadere in uno dei tranelli che il cervello ti tende. Voglio perciò darti altri suggerimenti utili, che ti aiuteranno ad essere costante: peraltro, questi suggerimenti valgono in qualsiasi ambito, non solo nella cura del disturbo cervicale. 1) La tecnica del “contesto” Ti è mai capitato di vedere una coppia di persone storicamente fuori forma, ma nella quale all’improvviso una delle due “rifiorisce” perdendo peso e recuperando vitalità? Perché questa persona può riuscire all’improvviso a raggiungere un obiettivo che magari ha cercato di ottenere senza successo per tutta una vita? La risposta è spesso semplice, anche se eticamente discutibile: si è fatta l’amante. L’arrivo di una nuova persona nella sua vita ha riacceso una serie di sentimenti ed emozioni che hanno stravolto la sua quotidianità: è mutato il suo contesto. Cambiando abitudini, ha raggiunto anche un miglior stato di forma, praticamente senza accorgersene: in questo caso avrà mangiato 115 116 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare meno perché non aveva bisogno di riempire dei “vuoti” emozionali con il cibo. Il contesto nel quale vivi è uno dei principali ostacoli al cambiamento che puoi trovare: è l’elemento in assoluto più potente nel toglierti costanza e motivazione nel portare avanti qualcosa. Pensaci bene: quello che vorresti è migliorare una serie di sintomi, problemi o malesseri fisici; nello specifico parliamo del disturbo cervicale. Per migliorare questo disturbo cronico, hai capito che bisogna lavorare su una serie di aspetti: l’esercizio muscolare, le tecniche di rilassamento ecc. Insomma, è necessario fare qualche cambiamento. Ma ti assicuro che non è così semplice fare un cambiamento se abiti sempre nello stesso posto, vedi sempre le stesse persone, frequenti sempre gli stessi ambienti e hai sempre gli stessi orari. Se tutto intorno a te rimane uguale, fare un cambiamento è difficile. È ovvio che alcuni elementi della vita non si possono modificare più di tanto. Ti invito però a cercare di fare anche qualche altro piccolo “cambiamento collaterale”, oltre al percorso che ti sto proponendo per migliorare i problemi cervicali. Questo cambiamento “extra” deve permetterti di modificare un po’ il tuo contesto generale. Hai mai pensato a... frequentare un nuovo corso di ballo o di fitness? modificare un po’ i tuoi orari, alzandoti mezz’ora prima? cercare di frequentare persone nuove, possibilmente positive e motivanti? liberarti di impegni di cui dentro di te sai di volerti sbarazzare? Qualche suggerimento per utilizzare al meglio il protocollo Qualche esempio? Potresti deciderti finalmente a: • frequentare un nuovo corso di ballo o di fitness; • modificare i tuoi orari, per esempio alzandoti mezz’ora prima; • cercare di frequentare persone nuove; • liberarti di impegni per te ormai pesanti. Mettere uno o più elementi di novità nel tuo contesto generale è la spinta maggiore che puoi darti verso il cambiamento che vuoi raggiungere. 2) La tecnica dei “voti” Anche la tecnica dei “voti” è davvero potente, ed è strettamente legata alla tecnica precedente. Molte persone cercano di intraprendere una nuova abitudine, spesso a inizio anno o dopo l’estate, ma poi si dimenticano di votare a favore di quell’abitudine. Ti spiego cosa intendo con un semplice esempio: mettiamo che la persona tendenzialmente sedentaria decida di andare in palestra ad allenarsi 3 volte alla settimana. Cosa succede tipicamente? Si iscrive in palestra e inizia a frequentarla. Le statistiche dicono che al 90% non arriverà al terzo mese. Perché? Uno dei motivi per cui abbandoniamo le attività che intraprendiamo è che non racco- gliamo “voti” a favore di quell’attività. Quando pensi di iscriverti in palestra, è come se attivassi una sorta di campagna elettorale tra la versione pigra e quella più sportiva di te stesso. Nel momento in cui ti iscrivi, hai votato per la versione sportiva. Ma se appena esci dalla palestra vai al supermercato e acquisti cibo non di qualità, hai votato per la versione pigra. Se per salire in ufficio usi l’ascensore al posto delle scale, hai votato ancora una volta per la versione pigra. Se tardi ad andare a letto per vedere una o più puntate del tuo telefilm preferito, hai ancora una volta votato per la versione pigra. Capisci cosa intendo? Nel momento in cui decidi di intraprendere una nuova attività, devi anche accumulare una serie di “voti” coerenti con la versione di te stesso che stai cercando di raggiungere. In questo caso parliamo di un miglioramento fisico, ovvero del risolvere il disturbo cervicale. Per migliorarlo, hai bisogno di una serie di attività, quindi di una versione migliore di te stesso. Di conseguenza, dovrai cercare di accumulare “voti” nei confronti di una versione di te più attenta alla salute, e in un certo senso più sportiva. Ogni volta che prendi una decisione, per qualsiasi attività durante la giornata, sappi che questa è un potenziale “voto”. Attenzione a far vincere il candidato giusto! 117 118 Attività fisica: cosa fare in caso di disturbi cervicali Nonostante lo abbiamo sentito ripetere molte volte, non esiste un'attività fisica sconsigliata o addirittura vietata in assoluto in caso di disturbo cervicale. Ogni individuo rappresenta un caso a sé e deve "testare" il proprio corpo per capirne limiti e potenzialità. Sono diversi i motivi per cui tengo moltissimo a questo capitolo: • sono un appassionato sportivo amatoriale; • mi trovo costantemente di fronte a persone che ripetono “Non posso farlo a causa della mia cervicale”, senza un reale fondamento; • l’attività sportiva può essere un valido aiuto per migliorare la situazione; • ogni giorno le mie caselle di posta sono bombardate di messaggi del tipo: “Con una protrusione posso fare questo esercizio?” Insomma, se potessi, farei leggere questo capitolo a tutti prima di farmi una qualsiasi domanda sull’attività sportiva. E di questo abbiamo già parlato: abbiamo già visto come l’attività fisica possa essere un validissimo aiuto nei confronti dello stress nervoso. Nel farlo non ho però tenuto minimamente conto di un aspetto importante: le attività sportive sono tutte compatibili con i disturbi cervicali? Ce ne sono alcune che peggiorano la situazione e che andrebbero evitate? Nelle prossime righe cercheremo di rispondere a queste domande, e ti illustrerò una strategia semplice per approcciare qualsiasi tipo di attività fisica in tutta sicurezza. Partiamo dall’unica certezza che abbiamo, ovvero che… non ci sono certezze! Proprio così: ci sono talmente tante variabili che potresti non avere nessun disturbo nel caricarti 100 kg sulle spalle, e avere più problemi con una semplice corsetta al parco. La prima cosa che possiamo dire è quindi che nessuna attività è vietata a priori: non è mai stato dimostrato che un’attività “faccia male” al tratto cervicale e che qualcun’altra “faccia bene”. E non importa quante discopatie o quanta artrosi ti abbiano trovato: non c’è un’attività che non meriti almeno un tentativo. Detto questo, la prima cosa che deve interessarti è: che reazione ha il tuo tratto cervicale quando fai una certa attività? Mettiamo il caso che ti piaccia nuotare, o che tu abbia scelto di dedicarti al nuoto come attività anti-stress. Di conseguenza, decidi per un allenamento di mezz’ora in piscina, durante la quale ti ciomenti in stili vari. Come conseguenza dell’allenamento, puoi notare vari tipi di reazione del tratto cervicale, e questo può accadere durante l’allenamento, subito dopo, nelle ore successive o il giorno successivo. Queste reazioni sono molto importanti per capire come la tua cervicale reagisce all’attività. Attività fisica: cosa fare in caso di disturbi cervicali Mettiamo il caso che tu abbia completato senza problemi il tuo allenamento, e che non ti abbia dato nessun risentimento negativo nelle ore/giorni successivi. In questo caso possiamo tranquillamente ritenere che il tipo e la quantità di allenamento che hai scelto di fare non provocano alcuna conseguenza al tuo tratto cervicale. Questo significa che puoi proseguire senza problemi l’attività, cercando di aumentare man mano l’intensità degli allenamenti. Incrementare l’intensità in modo molto graduale è l’arma di salvezza anche per le cervicali più disastrate. Poniamo invece il caso che tu abbia notato un aumento del dolore dei sintomi, durante l’attività o nelle ore successive. Cosa significa? Un aumento dei sintomi significa semplicemente che hai chiesto troppo alle tue strutture cervicali, e a questo punto devi correre ai ripari. Dovrai rendere le tue strutture cervicali più forti, in modo che sopportino meglio i carichi, e ridurre il carico di allenamento. Riprendendo l’esempio del nuoto, puoi pensare di ridurre il tempo in vasca, o di dedicarti solo al dorso, stile nel quale non ci sono rotazioni della testa. In più, potrai usare un trucco che funziona benissimo, ovvero quello di eseguire gli esercizi di rinforzo cervicale subito prima dell’allenamento – non più di 30 minuti prima. Eseguendo gli esercizi di rinforzo prima dell’allenamento, andrai a fare attività con i muscoli cervicali già “caldi” e pronti a resistere alle sollecitazioni: questo ti darà una notevole mano. Gli esercizi di rinforzo cervicale sono naturalmente quelli che trovi nel capitolo 7. Alla fine, posso assicurarti che tutto gira intorno a queste due semplici variabili: quanto forti e resistenti sono i tuoi muscoli e quanto gradualmente affronti l’attività alla quale hai deciso di dedicarti. Se parli con un medico generico, che di solito non ha competenze in termini di attività fisica, potrebbe dirti che, se hai disturbi cervicali, devi assolutamente evitare di fare pesi in palestra. In realtà, tutti gli studi effettuati in tal senso dicono che il rinforzo muscolare tramite sovraccarichi sia di per sé positivo per i disturbi vertebrali, non negativo. Certo, se hai i muscoli molto deboli e provi a sollevare da subito carichi “standard”, il risultato sarà molto probabilmente un’irritazione generale delle strutture. Ma se porterai avanti un buon programma di rinforzo muscolare cervicale e solleverai carichi adatti a te, non avrai problemi e le tue strutture saranno sempre più forti. Più saranno forti, meno saranno soggette a problemi. Discopatie, ernie o artrosi variem non rappresentano quindi una limitazione assoluta, anche se sicuramente la presenza di problemi vertebrali importanti riduce la tolleranza al carico. 119 120 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare Detto in parole povere: più i tuoi problemi vertebrali sono significativi, maggiore sarà la gradualità con la quale dovrai affrontare l’attività, perché molto probabilmente le tue strutture andranno in sofferenza al minimo carico di troppo. Questo però non significa però che tu non le debba caricare per nulla, o che tu debba categoricamente evitare certi tipi di sollecitazioni. Ripeto: il sovraccarico irrita le strutture, ma il carico ben dosato le rinforza. Riassumiamo allora i punti fondamentali per fare attività fisica in tutta sicurezza, anche in presenza di disturbi cervicali: • non c’è nessuna attività da evitare a prescindere. La presenza di discopatie o altri problemi vertebrali non costituisce un limite a priori all’attività sportiva; • l’unico modo per capire quanto un’attività solleciti la cervicale è quella di provare, e comprendere i messaggi inviati dal corpo; • se i sintomi non aumentano durante o dopo l’allenamento, significa che le strutture non sono state sovraccaricate, e che l’attività può essere effettuata senza problemi; • se i sintomi aumentano, significa che si è chiesto troppo alle strutture cervicali. In questo caso è necessario cercare di rinforzarle e contemporaneamente affrontare gli allenamenti con maggiore gradualità. Un approccio come questo consente a quasi tutte le persone di portare avanti la maggior parte delle attività, a patto che siano disposte a metterci una buona dose di pazienza. Ovviamente può capitare che, nonostante tutti gli accorgimenti e i rinforzi specifici, una determinata attività sportiva crei problemi e un aumento dei sintomi. Se dopo un periodo di almeno 3 mesi di rinforzo e di allenamenti graduali continui ad avere problemi in una qualche attività sportiva, allora puoi ufficialmente decretare che non fa per te. L’importante è farlo dopo un periodo di rieducazione e riadattamento come quello appena descritto. 121 Piccoli accorgimenti (non risolutivi) e leggende metropolitane Sul disturbo cervicale circolano da sempre una serie di informazioni non vere o che rischiano di distrarci dal nostro obiettivo prioritario: risolvere il nostro problema una volta per tutte. Vediamoli insieme e cerchiamo di sfatare qualche mito. Se il capitolo sul sistema nervoso era quello più difficile da “digerire”, data la complessità dell’argomento, questo è forse quello semplice. Tuttavia, fa emergere tutta la debolezza del nostro carattere. Vediamo perché. Parliamo di dettagli: quali posizione tenere, che tipo di cuscino utilizzare, quali movimenti evitare, quale attività fisica sia la migliore. Quanto “pesano” questi fattori sul nostro disturbo? Se dovessi darti una risposta istintiva, ti direi “zero virgola qualcosa”. Se ci ragiono, il punteggio aumenta un po’, ma non molto. A dispetto di quanto pensiamo, questi fattori non incidono poi tanto per un semplice motivo: un collo in buone condizioni non ha problemi al caldo, al freddo, con l’aria condizionata, con il cuscino vecchio/nuovo/ortopedico, con la posizione al computer ecc. Viceversa, se il nostro collo versa in uno stato di rigidità e infiammazione: • può dormire solo in determinate posizioni e solo con determinati cuscini; • soffre il freddo e le correnti d’aria; • non può fare determinate attività fisiche o determinati sforzi; • non può permettersi di uscire con i capelli bagnati. Perché questo capitolo fa emergere la debolezza del nostro carattere? Semplice: perché siamo tutti concentrati su questi dettagli, tralasciando il problema principale. E lo facciamo perché sistemare i dettagli è relativamente facile, anche se a volte economicamente costoso: cambi cuscino, cambi materasso, ti copri il collo, e così via. Ben più difficile è dedicare 10-15 minuti al giorno agli esercizi, seguire una buona alimentazione e organizzare la propria giornata in modo da ridurre al minimo lo stress emotivo. Se una persona viene da me con il collo in pessime condizioni e io gli dico che è colpa della postura che tiene al computer, questa istintivamente annuirà, proprio perché siamo portati a concentrarci molto su questi dettagli. La realtà però è più “cruda” e molte volte più scomoda. La stessa persona non annuirebbe allo stesso modo se le dicessi che il suo disturbo cervicale è la risultante di una serie di fattori in parte genetici, in parte legati ai movimenti, ma anche al metabolismo e al sistema nervoso. E che per risolverlo dovrà rimboccarsi le maniche e lavorare bene su esercizi, alimentazione e controllo dello stress emotivo. Incolpare il cuscino o il materasso è più comodo: poco importa se ormai hai in casa una collezione di supporti ortopedici! Parliamo allora di questi dettagli e di alcune “leggende metropolitane”, tenendo bene a mente una cosa: cosa devi fare per risolvere i tuoi problemi lo trovi nei capitoli precedenti. 122 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare Ergonomia in ufficio Se fai un lavoro di ufficio, è possibile che tu passi buona parte delle tue giornate nella stessa posizione, fermo davanti a un computer. Al di là del “non fissarsi sui dettagli”, è buona cosa che questa posizione sia la migliore possibile. La regola d’oro è: semplicità. Una volta sistemati gli accorgimenti che vedremo tra poco, avrai tutto ciò di cui hai bisogno. Il monitor del computer deve essere sistemato in modo che il tuo sguardo sia orizzontale: una sorta di raggio laser che, a partire dal tuo naso mentre lavori al computer, dovrebbe correre parallelo al pavimento. Se passi molte ore al computer, è meglio se i gomiti restano appoggiati: tenerli in sospensione aumenterà notevolmente la tensione sui trapezi, e la dovrai sopportare per 8 ore al giorno. La sedia non deve essere necessariamente l’ultimo modello super-tecnologico, è sufficiente che garantisca una seduta comoda, e un buon appoggio dei gomiti. Tutto qui? Ma certo, tutto qui. Se lavorerai bene con il metodo illustrato nel resto del libro, il tuo collo reggerà bene l’impatto delle ore in ufficio. Cuscino e materasso Non voglio certo infierire troppo, ma… dopo il terzo cuscino acquistato, potevi pensarci che forse il problema non era quello? Ti spiego in due parole come è nata la questione del cuscino, e come ancora questa caratteristica del corpo umano mantenga fiorente l’industria dei cuscini ortopedici. Le nostre articolazioni si autolubrificano grazie al movimento. Di notte, la quantità di lubrificante che produciamo è minore, perché ci muoviamo meno. Le articolazioni rigide, come facilmente sono quelle tra le vertebre cervicali, hanno già di loro una bassa quantità di lubrificante. Dopo 8 ore in posizione ferma, la loro quantità di lubrificante può essere scesa a livello “critico”. Se questo succede, ti svegli con il collo indolenzito, e può volerci del tempo – minuti o ore – prima che si riprenda. Se ti svegli con il collo indolenzito, qual è la prima cosa che fai? Naturalmente, incolpare la superficie sulla quale hai dormito! La vera questione è: se le articolazioni vertebrali sono rigide, difficilmente troverai beneficio cambiando cuscino, dato che non esiste il cuscino ideale. Viceversa, se le articolazioni vertebrali fossero ben lubrificate, non avresti problemi a dormire con qualsiasi cuscino normale. La soluzione al problema è: fai gli esercizi di mobilizzazione, magari prima di andare a letto, cioè in un momento vicino a quello “critico”. Se seguirai il percorso proposto in questo libro per almeno 6 mesi, noterai un aumento della mobilità complessiva, non solo cervicale, e questo si tradurrà in notevoli benefici nella qualità del sonno. Va detto, però, che ci sono persone che non possono recuperare una buona articolarità, ad esempio quelle con gravi artrosi; ci sono poi persone che viceversa hanno già troppa mobilità, come chi presenta instabilità vertebrali a seguito di un trauma importante. In questi casi la ricerca della miglior superficie sulla quale dormire è importante, perché il problema a monte non si può risolvere. Purtroppo però, non esiste una ricetta già pronta: occorre procedere per tentativi. La stessa cosa può dirsi per quanto riguarda il materasso, che normalmente viene associato al dolore lombare mattutino: anche qui, la Piccoli accorgimenti (non risolutivi) e leggende metropolitane stragrande maggioranza dei casi può risolvere il problema lavorando sulla propria schiena, più che adottando un materasso ultra moderno in materiale ultra costoso. Posizione nel sonno Strettamente legata alla questione cuscino, la posizione in cui dormire rappresenta un aspetto problematico per molte persone. Un dubbio giustificato solo in parte, visto che di notte andiamo incontro a una serie di movimenti del tutto fuori dalla nostra volontà: abbiamo il controllo solo della posizione in cui ci addormentiamo, che probabilmente teniamo per pochi minuti. In linea generale, valgono le stesse raccomandazioni fatte per il cuscino: se riesci a rendere il collo più mobile, puoi tenere la posizione che preferisci. Se ci hai provato in tutti i modi ma il tuo collo ha delle limitazioni importanti, non preoccuparti: il tuo corpo sa in automatico qual è la miglior posizione per lui, e ti farà sentire scomode tutte le altre. Insomma, il problema della posizione sbagliata nel dormire è assai remoto: certo, se hai l’abitudine di addormentarti davanti alla televisione, con il collo curvo in avanti, potresti mettere questa abitudine nell’elenco di quelle da cambiare! Ci tengo però a sottolineare una cosa: questo tipo di posizione ci disturba perché sottopone il collo a un forzato e prolungato stretching. Se i tuoi muscoli cervicali fossero adeguatamente elastici, non soffrirebbero più di tanto. Freddo, “colpi d’aria”, condizionatore Una volta ho letto un bellissimo articolo, che mi ha aperto gli occhi su una cosa che non conoscevo, e cioè che la storia del “colpo d’aria” esiste solamente in Italia. L’autrice, una gior- nalista inglese, aveva intitolato il suo pezzo Come evitare di essere colpiti dall’aria in Italia, e raccontava stupita di come molti italiani abbiano la fobia che un “colpo d’aria” possa provocare danni alla loro salute, soprattutto a livello di quella che noi chiamiamo “cervicale” – altro termine che è tutto nostro. Curiosità a parte, cosa c’è di vero in questa storia? Qualcosa ci dovrà pur essere: là fuori è pieno di persone che portano sciarpe o foulard anche in piena estate, pena ritrovarsi con il collo indolenzito o con un bel mal di testa. C’è anche chi evita l’aria condizionata come la peste, generando discussioni infinite con i colleghi d’ufficio. Queste convinzioni sono solo frutto della fantasia? Potrebbero scoprirsi e tenere l’aria condizionata a 16 gradi e non succederebbe niente? Come sempre, la verità sta nel mezzo: da un lato noi italiani tendiamo un po’ ad esagerare questa cosa, dall’altro ci sono dei meccanismi fisiologici ben precisi, piuttosto semplici da capire. Il freddo, che provenga dal vento, dall’aria condizionata o dall’atmosfera, aumenta lo stato di contrazione muscolare. Questo succede perché il muscolo deve lavorare a una determinata temperatura, e se all’esterno la temperatura diminuisce, il muscolo deve aumentare la sua attività per produrre calore. Perciò, quando una corrente d’aria raffredda i nostri muscoli, questi sono costretti a contrarsi maggiormente per mantenere la temperatura ideale. Il problema è che i nostri muscoli cervicali sono spesso già troppo contratti, per i problemi che abbiamo visto finora. Se a subire il “colpo di freddo” sono muscoli già in difficoltà, la somma tra “contrattura di base + contrattura da freddo” può dare vita a un mix esplosivo. Ancora, il nostro primo pensiero istintivo è quello di coprirci, non quello di lavorare sul- 123 124 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare la contrattura “di base”: si tratta del solito meccanismo di protezione del cervello, che trova più “economico” un foulard rispetto a un piano di riabilitazione. Ovviamente la soluzione può essere la stessa proposta per il cuscino e la posizione di addormentamento, ovvero quella di seguire le indicazioni e gli esercizi per un tempo sufficiente, dai 3 ai 6 mesi. Se riuscirai a migliorare lo stato dei tuoi muscoli, noterai che questi saranno meno sensibili al freddo, ai “colpi d’aria”, ai condizionatori, agli sbalzi termici ecc. Movimenti o attività da evitare Se mi hai seguito con attenzione fino a qui, o anche solo se hai letto attentamente questo capitolo, la risposta alla questione dovresti averla già in tasca. La mia risposta è semplice: ma perché mai ci dovrebbero essere dei movimenti assolutamente da evitare? La natura vuole che ci muoviamo liberamente e che compiamo le azioni che desideriamo compiere: perché ce ne dovrebbero essere alcune “dannose”? E in effetti non ci sono: in condizioni di normalità la nostra colonna cervicale è in grado di resistere a sovraccarichi anche molto importanti. Il problema è che, se stai leggendo questo libro, molto probabilmente la tua colonna cervicale non è al top della sua forma. Una colonna un po’ “arrugginita” può manifestarsi in diversi modi: • attività prolungate guardando in alto creano problemi; • movimentare dei carichi irrigidisce e crea dolore; • stare molto tempo con la testa in avanti è problematico; • alcune attività sportive non possono essere svolte e alcuni esercizi devono essere evitati. Ancora una volta, il problema è sempre la pigrizia del nostro cervello, che non vuole imbarcarsi in un programma di riabilitazione che prevedrebbe un consumo extra di energie. Ecco perché la soluzione che reputa più comoda è semplicemente quella di evitare il movimento! Vediamo come si crea l’errata convinzione di non poter fare qualcosa. In realtà, evitare movimenti o attività – soprattutto se è fatto “a prescindere”, senza aver neppure provato – è uno dei peggiori affari che tu possa fare: meno ti muovi, più le articolazioni e i muscoli si “addormentano”. Mi spiace scrivere la stessa cosa a ogni paragrafo, ma giriamo sempre intorno allo stesso concetto: migliorando lo stato dei tuoi muscoli grazie al programma riabilitativo dei capitoli precedenti, dovrai preoccuparti sempre meno dei movimenti o delle attività che fai. Potrai decretare che un esercizio o un’attività sono “troppo” per il tuo collo solo se dopo 6 mesi di riabilitazione ben fatta noti ancora problemi significativi. Per la mia esperienza, la maggior parte delle persone torna a fare tranquillamente qualsiasi tipo di attività. Uscire con i capelli bagnati La leggenda metropolitana numero uno sul disturbo cervicale è quella che sia provocato dall’uscire con i capelli bagnati. Nota di costume: anche questa è una convinzione che esiste solo in Italia e che all’estero viene legata solo al raffreddore. È vero che il disturbo cervicale è provocato dall’uscire con i capelli bagnati? Assolutamente no. È vero che uscendo con i capelli bagnati ti si possono irrigidire i muscoli del collo e ti può venire mal di testa? Assolutamente sì. Una bella contraddizione, non è vero? Piccoli accorgimenti (non risolutivi) e leggende metropolitane In realtà no, e il motivo è noiosamente lo stesso: se non hai problemi ai muscoli del collo, non succede niente. Se invece lo stato abituale dei tuoi muscoli è quello di “contrattura perenne”, uscire con i capelli bagnati potrebbe far scattare la soglia critica. La soluzione? Ancora la stessa: mettere i muscoli in migliori condizioni grazie al piano di riabilitazione dei capitoli precedenti. Farmaci, cerotti e impacchi Se volessimo fare un elenco dei potenziali “rimedi della nonna”, ci vorrebbe un libro dedicato solo a quello: noccioli di ciliegio, sale caldo, impacchi caldo-umidi… la lista è lunghissima. Lo stesso vale per quanto riguarda i cosiddetti “antinfiammatori naturali”: artiglio del diavolo, biancospino, ribes nero e chi più ne ha più ne metta. Anche in farmacia non scherzano: se chiedi “qualcosa per la cervicale”, ti proporranno antinfiammatori da banco, cerotti, magneti ecc. Di tutti questi rimedi, qual è allora il migliore? Ti darò la mia risposta più sincera: non ne ho idea! Se parliamo di dati oggettivi, con un fondamento scientifico, allora devi attenerti alle prescrizioni del medico: antinfiammatori o antidolorifici sono infatti gli unici rimedi, tra quelli citati, che abbiano un po’ di studi alla base. Questo significa che i rimedi naturali o i cerotti riscaldanti non funzionano? Assolutamente no. Purtroppo però, il corpo umano ha una variabilità tale che ciò che è un “toccasana” per una persona, può rivelarsi acqua fresca per un altra. L’unica soluzione, quindi, è provare e vedere gli effetti. Ti faccio però riflettere su un aspetto. Sempre lo stesso. Qualsiasi “rimedio” tra quelli citati, a cosa serve? Né più né meno che a calmare gli effetti di una crisi infiammatoria, o di una fase acuta. Se il tuo collo stesse bene, andrebbe incontro a questi eventi? Naturalmente no. Quindi: trova temporaneamente il rimedio che più ti fa bene nell’unico modo possibile, cioè quello di testare e vedere come va. Successivamente segui le indicazioni di questo libro, per fare in modo di avercene bisogno il meno possibile. Integratori Riponiamo troppa fiducia sugli integratori. La maggior parte delle persone ha molto più potenziale beneficio nel regolarizzare l’alimentazione e lo stile di vita. Ovviamente è più comodo sperare in un aiuto da parte di un integratore piuttosto che mettere mano a quetsi due aspetti. Dati alla mano, ben poche cose valgono la spesa che comportano. Posso citarti il magnesio supremo, che ha un buon effetto rilassante nei confronti dei muscoli, e gli acidi grassi Omega 3, i quali hanno notevoli proprietà antinfiammatorie. Ti raccomando però di non prendere alcun integratore prima di aver seguito le indicazioni alimentari che trovi in questo libro. Osteopatia, chiropratica, fisioterapia, agopuntura A livello professionale, qual è la figura giusta a cui rivolgersi, in caso di disturbo cervicale? C’è chi trova sollievo da un osteopata bravissimo, chi da un chiropratico che lo ha “rimesso in piedi”, chi da un “fisioterapista che segue la nazionale di freccette”, e chi da un agopuntore che “ha lo studio sempre pieno”. Da chi andare? Come è possibile che non ci sia una figura di riferimento? Qui davvero ci 125 126 Raccomandazioni conclusive e miti da sfatare si potrebbe scrivere un altro libro, quindi cercherò di essere il più sintetico e utile possibile. Non esiste una sola figura di riferimento, e potenzialmente ognuno può dire la sua, proponendoti una soluzione diversa. Fai attenzione però a scegliere il tuo “risolutore”: se hai letto questo libro, hai già competenze di base sufficienti per valutare la soluzione o la cura che ti sarà proposta. Le uniche cose che devi sapere sono: • nessuna terapia è indispensabile: tecarterapia, manipolazioni, laser ecc. non sono l’equivalente dell’insulina per i diabetici; • nessuna terapia può cambiare lo stato delle ossa: se hai una discopatia prima di una manipolazione, ce l’hai anche dopo, anche se non avvertissi più dolore; • nessuna manipolazione può effettivamente modificare il modo in cui il tuo corpo lavora, né lo stato dei tuoi tessuti. Le manipolazioni sono soltanto uno “stimolo” al sistema nervoso centrale, il quale può decidere se ha gradito o meno. Non posso nemmeno dirti che affidarsi a un professionista sia la scelta migliore. Ogni giorno arriva da me qualcuno a cui sono state proposte teorie fantasiose sulla causa dei suoi disturbi, con l’unico risultato di creare una tremenda confusione in testa alla persona. Il mio consiglio, allora? • Vai prima di tutto dal tuo medico. Anche se non ti dà molta fiducia, è giusto rivolgersi a lui in prima istanza. Del resto, conosce la tua situazione clinica e può anche consigliarti a riguardo. Potresti avere una situazione acuta, o qualcosa che meriti un approfondimento diverso… insomma, non si sa mai. • Leggi e applica le indicazioni che hai trovato in queste pagine per almeno 6 mesi. Il 90% delle persone che leggono questo libro ha lo stesso disturbo da più di 1 anno, in molti casi da più di 10. Se hai deciso di affrontare un piano di riabilitazione, lo devi fare per un tempo coerente. I benefici li avvertirai anche dopo soli 7-10 giorni, ma non abbassare la guardia prima di 6 mesi. Sono pronto a scommettere che a questo punto il tuo disturbo sarà migliorato molto e non sentirai il bisogno di ulteriore aiuto. Se invece così dovesse essere, rivolgiti a un professionista di fiducia; non posso dirti quale, perché potenzialmente possono andare bene tutti. Di sicuro ti presenterai con buona parte del lavoro già fatto, e il professionista non avrà difficoltà ad aggiungere quello che manca. 127 Conclusione Siamo arrivati alla fine di questo viaggio all’interno del disturbo cervicale, e delle migliori strategie per risolverlo. C’è davvero tutto ciò che ti serve per intraprendere un percorso di miglioramento efficace e duraturo nel tempo? Assolutamente sì, c’è tutto. Se ci pensi, in questo libro hai trovato: un piano di esercizi mirati, e il modo per renderli personalizzati sul tuo caso; spunti e tecniche per migliorare la tua alimentazione (se necessario); tecniche per ridurre l’impatto dello stress emotivo (se necessario). Ma soprattutto hai scoperto una serie di informazioni per conoscere meglio il disturbo, e soprattutto il tuo corpo. Le informazioni corrette sono quello che fa davvero la differenza rispetto ai consigli “da bar”. Nei video in cui tratto un determinato problema e propongo alcune soluzioni, circa 5 minuti sono dedicati alla sua spiegazione. Eppure c’è sempre qualcuno che commenta che è troppo e che dovrei andare subito al sodo! Non funziona così, sarebbe troppo facile. Ovviamente non devi diventare un esperto di anatomia e fisiologia per riuscire a migliorare il tuo problema cervicale, ma è giusto che tu abbia inquadrato almeno a grandi linee di cosa si sta parlando. In fondo, si parla del tuo corpo, e del cercare di migliorare te stesso. Se mi hai seguito fino a qui, hai tutto ciò che ti serve per migliorare. Come ho detto lungo tutto il libro, il disturbo cervicale è strettamente legato a: • caratteristiche genetiche; • abitudini; • carattere; • lavoro svolto durante la giornata; • storia individuale. Tutte cose non esattamente semplici da modificare. Ed è per questo che il percorso di miglioramento del disturbo cervicale è anche un cammino di crescita personale. Migliorare il proprio fisico, la propria alimentazione, imparare a gestire lo stress… il valore di queste cose va ben oltre i sintomi cervicali, puoi facilmente rendertene conto. Ti auguro quindi che questa sia l’occasione per promuovere una migliore versione di te stesso; e che questo fastidioso problema si trasformi nel “motore” che ti spinge verso un importante cambiamento di vita. Molte persone che ho conosciuto hanno cambiato radicalmente vita proprio a partire dalla cura di uno specifico disturbo. Trovandosi con una serie di disturbi, hanno dovuto modificare alcune abitudini. Poi si sono così tanto innamorate del loro stato di benessere, che sono diventate persone completamente nuove, molto più attive e vitali. Pensa a quanto può essere mutato anche il loro modo di pensare e vedere le cose: da un lato vedi una persona fuori forma e sofferente, dall’altro la stessa persona, ma molto più sana e in forma. Quali saranno i pensieri che le girano nella sua testa e la sua visione del futuro? Sicuramente non gli stessi: quando si gode di buona salute, cambia radicalmente anche il modo di pensare, perché purtroppo il dolore e il malessere incidono tantissimo sul nostro umore. Ecco, mi auguro davvero che anche per te il protocollo di "Cervicale STOP!" sia solo l’inizio di un percorso che ti permetterà di andare ben oltre la cura del disturbo cervicale. Da parte mia, i migliori auguri di un buon viaggio.