Stalinismo
Il termine stalinismo fa riferimento alla politica del russo Iosif Vissarionovič
Zugašvili, detto Stalin (=Acciaio), nel periodo della sua dittatura totalitaria
(1928-1953).
Nel marzo del 1921 si era appena conclusa in Russia la Guerra Civile, durata tre
anni, tra le Armate rosse dei bolscevichi fedeli a Lenin e le Armate bianche, antibolsceviche e fedeli allo zar (Nicola II Romanov, ultimo zar della Russia, assassinato
insieme alla sua famiglia per ordine di Lenin, lo stesso anno dell’inizio della Guerra
civile, a luglio del 1918). Lenin, vincitore, aveva già cominciato a riformare la
Russia: abolì i potenziali oppositori (Consigli di fabbrica, sindacati, tutti i partiti, i
Comitati di quartiere, le Guardie rosse), ad eccezione dei soviet (consigli, e simbolo
del potere democratico, in cui si riunivano i rappresentanti dei lavoratori eletti a
suffragio universale), i quali, però, furono privati di qualsiasi potere; rafforzò
l’influenza del Comitato centrale, molto ristretto e da lui guidato; fondò un corpo di
polizia, la Ceka, il cui dovere era quello di reprimere eventuali tentativi di ribellione
prima ancora che si fossero manifestati e che fu incaricata di giustiziare la famiglia
dello zar. Il periodo di Lenin era stato anche dominato da persecuzioni alla Chiesa
ortodossa, pericolosa per la Rivoluzione bolscevica: nasceva un nuovo partito, il
Partito comunista sovietico. Attraverso la Nep (Nuova politica economica), però,
Lenin ritornò parzialmente alla proprietà privata, offrendo la possibilità ai cittadini di
vendere i propri beni o di mettere su un’impresa e far quindi circolare il denaro, pur
nei limiti del mantenimento di industrie come quelle elettriche, produttrici di energia,
o siderurgiche nelle mani dello Stato. Durante il suo governo, nel 1922, si era creata,
inoltre, anche l’Urss (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, una federazione
formata dalla Russia, dall’Ucraina, dalla Georgia, dalla Bielorussia e da altre 25
repubbliche circa).
Alla morte di Lenin, nel 1924, prese avvio un lungo conflitto tra Lev Trotzki,
fedele collaboratore di Lenin e delle Guardie rosse, e Stalin, durato ben quattro anni e
concluso con la vittoria di Stalin e l’esilio in Messico (seguito dall’assassinio da parte
di sicari inviati da Stalin) di Trotzki.
Dal 1928, quindi, fino alla sua morte, Stalin tramuta totalmente il volto della
Russia: da una dittatura del proletariato, o meglio, del Partito comunista, essa
degenera in una dittatura personale, totalitaria, una dittatura che è volta, quindi,
all’annientamento più totale della coscienza individuale e al totale assoggettamento
dell’individuo.
Nella sua politica, il primo e più urgente miglioramento necessario era il
passaggio da un’economia incentrata sull’agricoltura a una industrializzata, seguendo
due direttive: innanzitutto, le masse di contadini avrebbero dovuto migrare nelle città
per diventare masse operaie, mentre l’agricoltura non sarebbe stata sfruttata se non
per offrire il sostentamento alle città. Per conseguire ciò, nel 1928 abolì la Nep e
costrinse i contadini a iscriversi nei kolkhoz, (250.000) aziende agricole immense, in
cui tutti i beni erano di proprietà pubblica. Coloro che si sarebbero rifiutati, sarebbero
stati immediatamente spediti in Siberia, come accadde ai kulaki, agricoltori benestanti
che pur di non rinunciare ai propri beni distrussero raccolti e uccisero il bestiame. I
kulaki vennero deportati nei gulag, campi di lavoro forzato in Siberia. La produttività
agricola rimase bassa e ci fu un incremento di carestie, mentre l’industria, quella
pesante (impianti siderurgici, industrie elettriche, fabbriche di armi) ricevette una
forte spinta, aiutata dall’elaborazione di un Piano di produzione quinquennale. E,
nonostante la propaganda rivestisse di incredibile, all’interno e all’esterno dell’Urss, i
passi avanti compiuti dalla Russia, l’agricoltura e l’industria leggera furono
sacrificate dai progetti di Stalin, a costo di ridurre i beni di consumo durevoli, come
le automobili, i telefoni..., ma anche vestiti o scarpe, che avrebbero consentito una
vita decente anche agli operai. Sebbene, poi, la società russa fosse diventata la più
povera del XX secolo, ebbe la possibilità di alfabetizzarsi e di avere accesso al
sistema sanitario.
I suoi successi connotarono Stalin come il massimo interprete del pensiero
marxista. Per contrastare i malcontenti di membri del Partito che si lamentavano a
causa dei costi sopraelevati che la Russia aveva dovuto pagare per raggiungere i suoi
traguardi, Stalin istituì un nuovo corpo di polizia: a differenza della Ceka era segreta,
prese il nome di Kgb (acronimo del Comitato per la sicurezza dello stato), sarebbe
diventata nota per la sua ferocia e, inoltre, anche il modello di ispirazione per la
OVRA italiana fascista voluta da Benito Mussolini.
A partire dal 1934, incominciarono gli anni delle ‘purghe’ contro tutti i rivali e i
potenziali rivali di Stalin (dirigenti politici sovietici, e poi, andando avanti negli anni,
in particolare tra il 1936 e il 1939, gli ufficiali superiori dell’esercito e gli
intellettuali). I loro processi erano un capro espiatorio: i condannati venivano spinti
sotto tortura a confessare crimini mai commessi, spostando la colpa per le sofferenze
russe dalle decisioni politiche di Stalin alle macchinazioni dei traditori della patria.
Stalin sfruttò molto la propaganda, inserendo anche un forte sistema di censura, e le
parate nella Piazza Rossa, che gli permise di confermare il mito sulla sua potente
figura politica tra il popolo russo, e non solo.
Alle grandi purghe seguì il Terrore staliniano, che si rifaceva al sistema di
repressione cieca e indiscriminata di Robespierre durante la Rivoluzione francese:
Stalin introdusse la pena di morte per traditori e per coloro che omettevano di
denunciare un sospetto traditore. Stalin però non indicò i parametri da seguire per
smascherare o per capire se una persona fosse o meno un traditore. Fu così che molti,
per paura di essere denunciati a propria volta, arrivavano a denunciare amici e parenti
anche per i gesti più innocenti. Le irruzioni della Kgb portavano con loro morte,
torture o deportazione per gli abitanti delle case denunciate. Se un uomo sposato era
accusato, la moglie faceva di tutto per ottenere immediatamente il divorzio, per
salvare almeno se stessa e i figli; molti furono i casi di segnalazioni di genitori
traditori da parte dei figli. Circa 1 milione di persone venne giustiziato per motivi
politici. 15 milioni di persone, di cui 1.800.000 kulaki vennero deportati nei gulag
dove ne morì un altro milione e mezzo. 11 milioni e mezzo furono le vittime della
carestia e interi gruppi etnici (minoranze residenti nell’Urss come Finlandesi,
Polacchi, Tedeschi, Coreani, cittadini provenienti dalle repubbliche del Caucaso)
furono perseguitati, spostati dai luoghi di origine o condannati a morire nelle taighe
siberiane.
Il processo di trasformare lo Stato socialista in uno totalitario era ormai
compiuto. Il popolo era diviso, gli individui erano immersi nella solitudine, non si
identificavano più in religioni, gruppi sociali, nella stessa famiglia; la nazione nel suo
complesso non aveva più alcuna importanza, l’unica figura in cui il popolo si doveva
identificare era il capo. Concetto che sarebbe stato ripreso anche da Mussolini, nella
famosa frase “Credere, obbedire, combattere”.
Le mosse politiche di Stalin furono strategiche e miravano a questo risultato.
Egli, infatti, affidò il controllo di tutte le attività dello Stato al Partito; proibì pratiche
religiose, feste locali e umiliò l’orgoglio nazionale dei popoli dell’Urss, riavviando un
processo di russificazione tipico del periodo zarista. Stalin colpì anche la solidarietà
degli operai, creando soltanto frustrazioni e rivalità attraverso l’esaltazione degli
stachanovisti, squadre di operai che riuscivano a produrre il doppio degli altri con
turni e fatiche inumane, e attraverso la fondazione di una nuova classe privilegiata, la
nomenklatùra, che veniva pagata più degli altri e aveva la possibilità di possedere
automobili, case grandi, villette in campagna... Gli appartenenti a questa classe erano
membri della Kgb (alti ufficiali dell’esercito, burocrati mediocri,...); anche loro, però,
rischiavano in ogni momento di cadere nelle grinfie del Terrore: nessuno era escluso.
E nonostante le sofferenze e le uccisioni di massa, Stalin continuò a essere
idolatrato e divinizzato in vita e dopo la morte, perché per un Sovietico, ciò che
comandava il padre della patria meritava tutti gli sacrifici.
Isabella Tokos 3A
Fonti:
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Vittoria Calvani, STORYBOARD - Il Novecento, Mondadori Scuola, ISBN 9788824731942
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Stalinismo
https://www.skuola.net/storia-contemporanea/stalinismo-dittatura.html
http://www.treccani.it/enciclopedia/stalinismo/
http://www.treccani.it/enciclopedia/stalinismo_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/
https://www.lsgalilei.org/lavori/waller/sette/stalinismo.htm
https://www.assaltoalcielo.it/2018/07/15/le-origini-e-il-significato-dello-stalinismo/
https://doc.studenti.it/riassunto/storia/regime-stalin.htmlr
http://www.testisemplificati.com/lo-stalinismo.html
https://www.lasinistraquotidiana.it/lo-stalinismo/