L’Unione Sovietica di Stalin, un regime totalitario Stalin assume il controllo dell’Unione Sovietica All’indomani della vittoria della rivoluzione, la nuova Russia sovietica doveva costruire il socialismo, ma aveva soprattutto il problema di sfamare i suoi cittadini. Al comunismo di guerra, che aveva creato tanto malcontento durante la guerra civile, il governo sostituì un nuovo sistema economico: la Nep, “Nuova politica economica”. Era una forma di economia mista che confermava il controllo dello stato, ma manteneva la proprietà privata per le piccole aziende. Nel 1924, alla morte di Lenin, si scatenò una lotta di potere tra Trotskij e Stalin. Quest’ultimo, eliminato il suo avversario, governò per quasi trent’anni instaurando una dittatura personale. La costruzione di un paese industriale Stalin abbandonò l’economia della Nep e promosse un nuovo sistema economico alternativo all’economia capitalistica. Nel 1929 varò il primo piano quinquennale, cioè un programma di sviluppo economico che puntava a una rapida crescita industriale. Cercò le risorse per attuare questo piano nell’economia delle campagne, che fu riorganizzata abolendo la proprietà privata e creando aziende agricole cooperative (kolchoz) e aziende agricole statali (sovchoz). I proprietari terrieri che si opposero furono uccisi o deportati in massa nei campi di lavoro. La produzione industriale nell’Urss decollò e alla fine del secondo piano quinquennale, nel 1937, era seconda al mondo, dopo gli Stati Uniti. Non si ebbero gli stessi strepitosi risultati nell’agricoltura, nell’edilizia, nell’industria dei beni di consumo. Il salario dei cittadini sovietici restava basso, ma erano garantiti loro alcuni diritti: al lavoro, a un’abitazione, all’assistenza sanitaria, alla pensione, all’istruzione. Il terrore staliniano Lo sviluppo economico nell’era di Stalin andò di pari passo con la costruzione di un regime poliziesco e di un sistema repressivo. Venne rafforzata la polizia politica, la Ceka, e il sistema giudiziario fu controllato dal partito; molti oppositori politici finirono nei campi di lavoro. A partire dal 1934 Stalin scatenò un’ondata di processi contro membri del partito. In questi anni le “grandi purghe” servirono a Stalin per eliminare tutti i dirigenti bolscevichi della prima ora che potessero pensare a un socialismo diverso da quello staliniano. Stalin approvò un articolo di legge che legalizzava l’arresto e la condanna senza processo dei cittadini. Bastava poco per finire nei campi di lavoro forzato, che vennero chiamati gulag, dal nome dell’organismo che li gestiva. Non erano campi di sterminio, ma si viveva in condizioni disumane e la morte era un evento frequente. La grande crisi del 1929 Fra ripresa economica e squilibri: gli Usa e l’Europa negli anni venti A metà degli anni venti del Novecento, nei maggiori stati europei era in atto una decisa ripresa economica, condizionata soprattutto dagli Stati Uniti. Gli Usa, infatti, avevano aiutato la Germania con consistenti prestiti; avevano introdotto in Europa nuove tecnologie e soprattutto una nuova organizzazione del lavoro che, con la catena di montaggio e la parcellizzazione delle mansioni, aveva consentito l’aumento della produzione. Ma proprio la dipendenza dell’economia europea da quella statunitense era indice di uno squilibrio. In Europa, inoltre, le famiglie non erano in grado di acquistare tutto quello che l’industria produceva. Un altro fattore di squilibrio di questo periodo era rappresentato dal fatto che, soprattutto in America, molti risparmi venivano investiti in azioni senza controllo e con forti rischi. La sovrapproduzione delle industrie e la spregiudicatezza delle Borse provocarono il crollo improvviso della Borsa di Wall Street, a New York, il 24 ottobre del 1929: le azioni persero valore, molte industrie fallirono, l’economia americana entrò in una fase di depressione. Le ripercussioni in Europa e la risposta degli Usa alla crisi Le conseguenze furono immediate: i prestiti americani vennero ridotti, con conseguenze soprattutto in Germania e nei paesi il cui sistema industriale era più integrato nell’economia mondiale (Gran Bretagna, Francia, Belgio, Svizzera, Canada); in Europa si acuirono i contrasti sociali e riprese vigore il nazionalismo. Nel 1932, in piena crisi economica, venne eletto presidente degli Stati Uniti Roosevelt. Egli impostò una politica economica chiamata New Deal, che prevedeva un forte intervento dello stato nell’economia e maggiore tutela dei lavoratori: il governo federale commissionò molti lavori pubblici, intervenne nelle scelte in agricoltura, introdusse misure di controllo del sistema bancario. Questi provvedimenti per-misero la ripresa dell’economia americana.