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Lezione 1

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LABORATORIO PROGETTOFOTOTERAPIA - Per una educazione ai media e alle emozioni.
PRIMA LEZIONE
BREVE PRESENTAZIONE DEL LABORATORIO. PREMESSA: LA FOTOGRAFIA È UN MEDIUM
1. Ciao e benvenuto al Laboratorio telematico di ProgettoFotoTerpia. Io mi chiamo Silvia
Contorno, ho 31 anni e sono un’insegnante. Sono laureata in Scienze dello Spettacolo e
Produzione Multimediale e mi occupo di Discipline audiovisive e Semiotica dei Media. Da poco
ho intrapreso un secondo percorso di formazione e mi sono iscritta al corso di laurea in Cyberpsicologia. Insegno ormai da parecchi anni e l’idea del Laboratorio nasce proprio dalla mia
esperienza sul campo nelle scuole: mi sono infatti resa conto che, dai ragazzini delle medie, a
quelli di quinta superiore, il fil rouge era sostanzialmente uno: il bisogno di una guida che
parlasse la loro stessa lingua. Devi sapere, infatti, che in Italia abbiamo i docenti più vecchi
d’Europa. Questo è un triste primato poiché nell’era tecnologica ciò si traduce, a livello
pratico, in un handicap comunicativo. Moltissimi ragazzini di 11 anni hanno dichiarato di non
ricevere alcun limite da parte dei genitori sull’uso dello smartphone e di internet. Se l’adulto,
docente, genitore o formatore che sia, non è in grado (anche solo per una questione
generazionale) di fungere da ponte tra il mondo virtuale e quello in 3D, allora abbiamo un
problema, poiché lo strumento di cui il ragazzo viene dotato può trasformarsi in qualcosa di
molto pericoloso, per sé e per gli altri. Ecco allora che questo mio corso nasce dalla volontà di
aiutare adulti, formatori e ragazzi a saper decodificare un linguaggio. Si tratta
“semplicemente” di questo. I media, come le parole, usano un determinato linguaggio ed è
nostro dovere saperlo leggere. Ciò va di pari passo con un’altra cosa importantissima: saper
decodificare le nostre emozioni, in modo tale da utilizzarle con consapevolezza. Saper
“leggere” le nostre emozioni e saper “leggere” i media è fondamentale per usare entrambi in
modo consapevole, per non vivere più come “animali grezzi” , come li chiamo io, cioè come
bestie in balìa dei propri ciechi istinti, e per sviluppare la nostra empatia.
Come fare tutto ciò? Utilizzando la Fotografia, che, come capiremo meglio fra poco, è
anch’essa un medium. Ed è un medium che utilizziamo ormai molto frequentemente nella
nostra quotidianità. Facciamo foto e le pubblichiamo sui social… Perché lo facciamo? Come
rendere questo rituale un gesto che compiamo con consapevolezza e che può addirittura
esserci utile per la crescita personale?
P.S. Piccola precisazione: alcuni argomenti trattati, specialmente se li affronti per la prima
volta, potranno risultare complicati o comunque farti dire: ma che c’entra sta cosa? Ci tengo a
tranquillizzarti dicendoti che sicuramente sono argomenti complessi e che quando si affronta
argomenti di un certo calibro è quasi impossibile non entrare troppo nello specifico. Ma ti
prego comunque di attendere la fine del corso, quando verranno “tirate un po’ le fila del
discorso” e si tenterà di unire i vari tasselli! Alla fine potrai esprimere il tuo indice di
gradimento ed eventuali consigli tramite un piccolo questionario che ti invierò via mail.
COSA SONO I MEDIA E IN COSA CONSISTE IL LORO LINGUAGGIO
2.Gli uomini che popolavano il nostro pianeta 100.000 anni fa comunicavano attraverso gesti
che gradualmente hanno ceduto il posto alla lingua parlata. Man mano che la società diventava
più complessa, la memoria collettiva del gruppo non bastava più per tramandare oralmente tutte
le cose importanti. Era necessario avere una memoria al di fuori dell’oralità. "In questo modo la
crescita della ‘comunicazione’ portò alle ‘comunicazioni’, allo sviluppo di mezzi, quindi di
media, per conservare e riutilizzare il crescente volume di informazioni.
Dunque per “media” si intende generalmente un mezzo, cioè uno strumento che funga da
veicolo per la comunicazione. Letteralmente la parola media deriva dal latino medium, che sta
ad indicare una posizione mezzana, cioè nel mezzo, tra colui che trasmette un messaggio e colui
che lo riceve. Tecnicamente la pittura rupestre è un media tanto quanto lo è il libro di Harry
Potter o l’ultimo modello di iphone. Solo alcune tipologie di media però possiedono una
caratteristica chiamata multimedialità. I media multimediali sono basati su un tipo di
comunicazione caratterizzata dalla compresenza di più linguaggi (testi scritti, immagini,
suoni) in uno stesso supporto (anche un libro che contiene delle figure, oltre al testo scritto, è
un medium multimediale). Ma la caratteristica principale di ogni tipo di media è – e qui
giungiamo al nocciolo della questione – quella di avere a che fare sempre con un testo e
quindi con un sistema di segni. Se ci pensate ogni cosa è un sistema di segni: non solo la
lingua che parliamo, ma anche usi e costumi di un popolo, il cinguettìo di un uccello, il
semaforo rosso, arancione o verde (che ci dice se fermarci o proseguire la corsa). Il testo
quindi è da intendersi come una qualsiasi porzione di realtà che è indagabile, è testo qualsiasi
materia del mondo che sia portatrice di contenuti culturali (e qui per cultura si intende
quell’insieme di conoscenze proprie di una determinata società in un determinato periodo
storico). Più specificamente nei media studies (lo studio dei media, appunto) un testo
potrebbe essere un programma tv, un film, un videogioco, un sito web un articolo di giornale o
una app, che sono veicoli di comunicazione e portatori di significato. I media studies cercano
di determinare cosa un testo significhi e come significhi (cioè quali tecniche sono utilizzate
per convogliare un significato e quali temi e messaggi impliciti esso miri a toccare). E per
farlo parte da un concetto base fondamentale: anche se sono trattati come una unità discreta
di senso (cioè circoscritta), i testi non sono mai davvero discreti, perché il senso è sempre
contestuale, cioè relativo ad un particolare spazio e tempo. La sfida di lavorare con i testi
mediali sta nel definire come il contesto operi e capire quindi come essi si connettano non solo
l’uno con l’altro, ma con il mondo al di fuori, con il pubblico. A questo proposito vale la pena di
ricordare il modello Encoding/Decoding che teorizzò Stuart Hall, sociologo americano che
negli anni Settanta si è occupato in particolar modo di televisione, del suo linguaggio e di come
esso veniva recepito dalle persone. Secondo Hall la produzione mediatica si divide in due
momenti principali: la codifica del messaggio (encoding), cioè il momento in cui esso viene
prodotto, e la successiva decodifica (decoding) ad opera dei consumatori. Alla base di tale
modello vi è la presa di consapevolezza della non-neutralità della comunicazione di massa:
infatti essa sarà sempre, inevitabilmente, una tipologia di comunicazione distorta
dalle ideologie, le quali permeano la realtà quotidiana e il modo di agire e pensare dei
cittadini. Scriveva Hall:
“[…in società come la nostra, la comunicazione tra le élite di produzione nelle trasmissioni e il
loro pubblico è necessariamente una forma di "comunicazione sistematicamente distorta"]”.
Infatti ogni genere televisivo è accuratamente codificato secondo regole determinate a priori
dalle strutture di produzione e pertanto, ogni elemento viene registrato al fine di produrre uno
specifico paradigma narrativo, ben riconoscibile agli occhi dello spettatore.
A volte ci vuole poco per identificare il significato dominante di un testo, ma altre volte il
significato non si annuncia con altrettanta chiarezza, è più sottile, sottinteso. Per esempio:
cosa potrebbe voler suggerire un regista se gira un film con una tavolozza ristretta di colori?
Spesso è necessario saper leggere fra le righe per cogliere un messaggio. I testi possono
significare una cosa in un preciso luogo e tempo e un’altra in un altro luogo e un altro tempo.
Per questo una rigorosa analisi testuale dovrebbe sempre essere sensibile alla geografia e alla
collocazione temporale del testo. Un esempio preso dal cinema è il famoso esperimento di Lev
Kulesov che collocò la medesima immagine fissa della faccia di un attore in punti diversi di
sequenze di altre immagini. Gli spettatori affermavano di vedere differenze, lievi variazioni
nella recitazione di quell’attore. Il che portò Sergej Ejsenstein a comprendere che il significato
di una sequenza è in parte costruito sulla base di ciò che segue a qualcos’altro e a formulare e
sperimentare la famosa teoria del montaggio delle attrazioni, secondo la quale il montaggio
dovrebbe appunto svincolarsi dal mero naturalismo, quindi non seguire necessariamente un
flusso temporale logico, e mostrare le cose basandosi piuttosto su collegamenti emotivi e
intellettuali delle le immagini. Pensiamo oggi alle pubblicità inserite durante le pause di
programmi o di film trasmessi in televisione: esse si inseriscono nel flusso di significato,
cambiando la nostra esperienza del testo (rispetto a quando guardiamo lo stesso film, per
esempio, in DVD o in streaming, senza interruzione pubblicitaria). I testi e gli elementi che
costituiscono il flusso entrano continuamente in collisione l’uno con l’altro, producendo
significati che solo a volte erano previsti.
LA SEMIOTICA DEI MEDIA: SAPER DECODIFICARE LA REALTÀ
3.I testi possono anche immettere altri elementi nella loro orbita, chiedendoci quindi di
ridefinire i loro confini. Questi ulteriori elementi sono detti paratesti, che diventano parte
attiva nella creazione di significato. Questo è interessante soprattutto in un’epoca come la
nostra in cui i budget destinati alla promozione superano regolarmente i budget impiegati per
la realizzazione del prodotto in sé. Nel momento in cui facciamo esperienza del prodotto in sé,
abbiamo già visto pubblicità, merchandising, letto recensioni che inquadrano le nostre
aspettative e costruiscono un’impressione sensata di ciò di cui parlerà il testo. Ci vengono dati
continuamente degli assaggi di testi tramite i loro paratesti e con ogni assaggio viene proposta
la costruzione di un significato, ovvero di un testo. Nessun testo è un luogo chiuso e finito. I
testi non sono cose che esistono, sono cose che diventano; così, paratesti di interviste possono
essere la sede in cui un regista spiega cosa avrebbe voluto comunicare in un suo dato film.
Dunque i paratesti sono il luogo in cui si verifica, di norma, la battaglia per i significati e i testi
sono un’unità di senso, ma i confini di questa unità fluttuano e la vera essenza del testo è
fondata sul contesto, l’intertesto (il testo dentro al testo) e il paratesto (ciò che vi è intorno).
Possiamo a questo punto dire che quando i media studies si occupano così specificatamente
del segno, del testo, del linguaggio dei media, ci troviamo dinnanzi a quella che viene
chiamata Semiotica dei media, ambito in cui gli studi sui media varcano la soglia della
linguistica e la superano, approdando nella dimensione della Semiotica, appunto. Diceva F.De
Saussure durante i corsi che teneva all’università di Ginevra:
«Bisogna quindi che esista una scienza dei segni più ampia della linguistica (sistema di segni:
marittimi, dei ciechi, dei sordomuti). Il mondo sensibile diventa nella sua totalità l’oggetto della
ricerca della significazione, l’oggetto di una semiotica generale. Se si parla di mondo naturale è
solo per indicare la sua anteriorità rispetto all’individuo, il quale vi si trova iscritto fin dalla
nascita. Proprio perché formato culturalmente, il mondo naturale va pensato come un insieme
di enunciati costruiti dal soggetto umano e decifrabili da lui».
L’analisi semiotica è un’operazione di smontaggio e di scomposizione di un testo in elementi
più piccoli, (ma anche più generali), che sono ricorrenti nel testo stesso. Si produce
aumentando piano il grado di generalità e astrazione dei suoi concetti. Dobbiamo pensare alla
struttura soggiacente ai testi come ad un sistema semantico organizzato per livelli di
profondità, con un meccanismo di generatività che permette agli elementi più profondi e più
semplici di generare elementi più superficiali e complessi.
Come abbiamo visto lo statuto dei media è ambiguo, poiché ambigua è la loro definizione. Ma
l’ analisi semiotica interviene proprio per sciogliere questa ambiguità, definendo il più
precisamente possibile, somiglianze, differenze e confini.
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