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Riassunto Diritto del lavoro - parte 5

LA DISCIPLINA SOSTANZIALE DEI CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Nell'intento di offrire elementi di certezza alle parti in merito alla natura del contratto di lavoro stipulato, il
legislatore delegato richiede che la clausola relativa al termine risulti, direttamente o indirettamente, da atto
scritto, necessario ad substantiam. A maggiore garanzia del lavoratore, si precisa che il datore di lavoro deve
consegnare al lavoratore una copia del contratto entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione.
La consegna di tale documento consente al datore di lavoro di adempiere all'obbligo che impone al datore di
lavoro di informare il lavoratore della durata del rapporto precisando che si tratta di lavoro a tempo
determinato. Questo obbligo si aggiunge a quello per cui all'atto dell'assunzione e comunque prima dell'inizio
dell’attività di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad inviare al Centro per l'impiego competente per territorio
la comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro. L'indicazione del termine di cinque
giorni per la consegna del contratto al lavoratore non può essere invocata a giustificazione dell'apposizione
del termine al contratto in un momento posteriore al concreto inizio della prestazione lavorativa. Il principio
per cui la formazione dell'atto scritto contenente il termine deve avvenire in un momento anteriore o
contestuale all'avvio dell'attività di lavoro e ritento tuttora applicabile. In mancanza dell'atto scritto il
rapporto di lavoro si intende convertito in contratto a tempo indeterminato. La scadenza può essere indicata
con una data precisa, oppure può essere collegata all'esaurirsi delle condizioni che hanno dato vita al
rapporto a tempo determinato. Elemento cardine della disciplina del lavoro a tempo determinato è la
parificazione completa del lavoratore a tempo determinato con i lavoratori con contratto a tempo
indeterminato da parte del medesimo datore. Il D.LGS. N.81/2015 dispone che al lavoratore a tempo
determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto
a tempo indeterminato comparabili ed in proporzione al periodo lavorativo prestato. Il lavoratore assunto a
tempo determinato ha dunque diritto alle ferie, alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità, al
trattamento di fine rapporto e ad ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori a tempo
indeterminato. Si discosta in parte la disciplina relativa alle prestazioni economiche in caso di malattia: i
lavoratori assunti con contratto a tempo determinato possono beneficiare delle indennità a carico della
pubblica amministrazione e dei trattamenti integrativi a carico dei datori di lavoro privati per un periodo non
superiore a quello di attività lavorativa svolta nei dodici mesi immediatamente precedenti l'evento morboso.
La malattia o l'infortunio non provocano lo spostamento della scadenza del contratto di lavoro. In caso di
inosservanza del divieto di discriminazione il datore di lavoro è punito anche con una sanzione
amministrativa. Al fine di contrastare l'infinita reiterazione di contratti a termine, il legislatore ha introdotto
un limite massimo di durata alla successione di contratti a tempo determinato tra lo stesso lavoratore e lo
stesso datore di lavoro, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale; tale limite è stato
individuato in un periodo non superiore a “36 mesi, indipendentemente dai periodi di interruzione che
intercorrono tra un contratto e l'altro”. Fanno eccezione le attività stagionali da individuarsi con decreto
ministeriale ed i contratti aventi ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica. Il
legislatore ha previsto che si debba tener conto anche dei “periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di
pari livello e categoria legale, svolti fra i medesimi soggetti”, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a
tempo determinato. Superato il limite di 36 mesi il contratto si “trasforma” a tempo indeterminato dalla data
di tale superamento. Il legislatore ha tuttavia ritenuto opportuno introdurre elementi di flessibilità in questa
normativa. Consente, prima di tutto, alle parti di stipulare un ulteriore contratto a tempo determinato della
durata massima di 12 mesi, purché la stipulazione avvenga presso la Direzione territoriale del lavoro
competente per territorio. In caso di mancato rispetto della procedura lo stesso si “trasforma in un contratto
a tempo indeterminato dalla data della stipulazione. Inoltre, la normativa che prevede la durata massima di
36 mesi deve essere considerata “semi imperativa” (derogabile dalla contrattazione collettiva), in quanto il
legislatore ha consentito, ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazione
sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali
stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria, di introdurre
disposizioni diverse. I contratti collettivi sottoscritti da soggetti “selezionati” possono abbreviare o
prolungare la durata massima indicata dalla legge per la successione dei contratti a termine. Il contratto di
lavoro a tempo determinato si estingue di solito alla scadenza naturale. Possono verificarsi, però, fatti che
inducono a variazioni spesso problematiche. Va inquadrata anche la normativa che fissa un limite massimo
di durata (36 mesi) ai rapporti a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per
lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria. La fissazione di questo limite tende a scoraggiare la
reiterazione senza fine di contratti a termine. Il D.LGS. N.81/2015 prevede un lasso di tempo entro il quale il
rapporto può continuare di fatto oltre la scadenza del termine originariamente fissato (o successivamente
prorogato) senza incorrere nella trasformazione a tempo indeterminato.
È fissato in trenta giorni, nel caso di contratto a tempo determinato di durata inferiore a sei mesi ed in
cinquanta giorni per contratti di durata pari o superiore a sei mesi. Il contratto di lavoro si “trasforma” in
contratto a tempo indeterminato solo nell'ipotesi di superamento del “margine di tolleranza” sopra indicato.
Questa forma di flessibilità è compensata con una maggiorazione retributiva: per il lavoratore è prevista per
tutto il periodo di continuazione del rapporto di lavoro oltre il termine prestabilito, un incremento della
retribuzione pari al 20% fino al decimo giorno successivo alla scadenza iniziale, e al 40% per ciascun giorno
ulteriore. Se la durata iniziale del contratto a tempo determinato è inferiore a tre anni, alla scadenza il
termine previsto può essere prorogato. Le proroghe sono ammesse fino ad un massimo di 5 volte nell'arco
dei 36 mesi. Se il numero delle proroghe è superiore, il contratto si “trasforma” in contratto a tempo
indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga. Per quanto riguarda la disciplina della
riassunzione con contratti a tempo determinato la legge impone al datore di lavoro una “pausa” tra un
contratto e l'altro con lo stesso lavoratore. La durata di tali intervalli di tempo è fissata in dieci o venti giorni,
a seconda che il precedente contratto a tempo determinato abbia avuto una durata fino a sei mesi oppure
superiore a sei mesi.
La disposizione non si applica:
● ai contratti per attività stagionali;
● alle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Il legislatore riconosce un diritto di precedenza nelle
assunzioni in favore del lavoratore che nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la
stessa azienda abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi; tale diritto può essere
fatto valere solo se richiamato nell'atto scritto. Il lavoratore deve manifestare per iscritto la volontà di fruire
del diritto di precedenza entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Si noti che il periodo
di maternità intervenuto nel corso dell'esecuzione di un contratto a tempo determinato, concorre a
determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza presso lo stesso datore
di lavoro sia per le assunzioni a tempo indeterminato, sia per quelle a tempo determinato. Un analogo diritto
è riconosciuto al lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali. I diritti di
precedenza si estinguono entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. L'ART. 2119 C.C.
stabilisce che le parti possano legittimamente recedere dal contratto a tempo determinato prima della
scadenza del termine solo in presenza di una giusta causa, cioè di una causa che non consenta la
prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro. Ne consegue che il datore di lavoro che proceda ad
una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale motivazione per risolvere in
anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato. Il lavoratore illegittimamente licenziato prima della
scadenza del termine ha diritto al risarcimento dei danni in misura pari all'importo delle retribuzioni che
avrebbe percepito se il rapporto fosse proseguito fino alla scadenza prevista. L'impugnazione del contratto a
tempo determinato deve seguire la procedura per l'impugnazione dei licenziamenti e deve essere effettuata,
a pena di decadenza, nel termine di 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto con qualsiasi atto scritto
idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale.
L'impugnazione deve essere seguita, a pena di inefficacia, dal deposito del ricorso avanti al giudice del lavoro
entro il successivo termine di 180 giorni, o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo
di conciliazione o arbitrato.
Qualora il giudice riconosca l'illegittimità della clausola relativa al termine, si verifica la trasformazione in
contratto a tempo indeterminato con conseguente diritto del lavoratore al ripristino del rapporto ed al
risarcimento del danno.
Il legislatore ha disciplinato, riprendendo la L. N.183/2010, le conseguenze della “trasformazione”, stabilendo
che “nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il
giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità
onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto”. L'indennità ristora per intero il
danno subito dal lavoratore per il periodo intercorrente tra la cessazione del contratto con termine illegittimo
e la ricostituzione del rapporto di lavoro. La Corte costituzionale ha dichiarato la legittimità costituzionale di
tale disposizione, poiché essa assicura la garanzia di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
realizzando un “equilibrato componimento dei contrapposti interessi”. Il legislatore delegato disciplina con
regole particolari l'indennità dovuta in tale eventualità: in presenza di contratti collettivi che prevedono
l'assunzione anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di
specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità è ridotto alla metà rispetto a quanto indicato in
precedenza. I lavoratori assunti con contratto a tempo determinato hanno diritto di ricevere una formazione
non solo diretta a prevenire rischi specifici connessi all'esecuzione del lavoro, ma anche ad aumentare la loro
qualificazione, a promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale. I contratti collettivi sono
chiamati inoltre a definire sia le modalità per le informazioni da rendere ai lavoratori a tempo determinato
circa i posti cavanti disponibili nell'impresa, sia le modalità ed i contenuti delle informazioni da rendere alle
rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria dei lavoratori in merito all'utilizzo
del lavoro a tempo determinato. L'ART. 27 del D.LGS. N.81/2015 indica i criteri che devono normalmente
essere utilizzati per il computo dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ai fini
dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale. Il computo deve avvenire tenendo conto
del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi di dirigenti, impiegati negli ultimi
due anni, sulla base della effettiva durata dei loro rapporti. Il contratto a tempo determinato è sottoposto ad
una un'aliquota contributiva aggiuntiva pari all'1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, per il
finanziamento della Nuova assicurazione sociale per l'impiego-NASPI. Il contributo addizionale non si applica
ai lavoratori assunti a tempo determinato in sostituzione di lavoratori assenti o per lo svolgimento delle
attività stagionali o con contratto di apprendistato. Nell'intento di incentivare la stabilizzazione dei lavoratori
occupati con il contratto in esame, è previsto che il contributo aggiuntivo possa essere restituito al datore di
lavoro in caso di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. La restituzione
del contributo addizionale sarà effettuata anche nel caso in cui il datore di lavoro assuma il lavoratore con
contratto a tempo indeterminato entro i sei mesi successivi alla cessazione del precedente rapporto di lavoro
a tempo determinato.