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CAPITOLO 1 RIASSUNTO

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CAPITOLO 1: PRINCIPI DI MARKETING E SOCIETA’
1.2 - COS’È IL MARKETING
Ci sono numerose definizioni di «marketing», ma ne presentiamo tre:
1.2.1 - QUAL È LA DIFFERENZA TRA CLIENTI E CONSUMATORI?
La differenza è sottile, ma reale. Un cliente è un compratore, un acquirente, uno sponsor, e perciò
qualcuno che compra da un negozio, un sito Internet, un’azienda o, nella sharing economy, da un
altro cliente. Il consumatore è colui che usa il prodotto.
1.2.2 - ORIENTAMENTO AL MERCATO
Il concetto di orientamento al mercato è alla base del marketing. Sviluppare l’orientamento al
mercato rende le organizzazioni più redditizie sia nel lungo che nel breve periodo.
Ma sviluppare l’orientamento al mercato non è come sviluppare un orientamento al marketing.
Quindi qual è la differenza? Un’impresa orientata al marketing sarà un’impresa che riconosce
l’importanza del marketing all’interno dell’organizzazione, per esempio nominando una persona
del settore marketing come AD, presidente del consiglio d’amministrazione, o del team esecutivo.
Sviluppare l’orientamento al mercato si riferisce alla «creazione sul piano organizzativo
generale della market intelligence con l’obiettivo di analizzare i bisogni dei clienti presenti e futuri,
la diffusione delle informazioni tra i dipartimenti, e la reattività dell’organizzazione a quest i».
Dunque, l’orientamento al mercato non include soltanto il marketing, ma necessita anche di
concentrarsi su:
orientamento al cliente, per creare valore sviluppando e modificando costantemente i
prodotti per andare incontro ai bisogni del cliente;
orientamento al competitor, per sviluppare una conoscenza dei punti forti e deboli dei
suoi competitor, e delle proprie capacità e strategie sul lungo periodo
coordinamento interfunzionale, affinché tutte le attività di un’organizzazione lavorino
assieme per una crescita di profitto sul lungo periodo.
1.2.3 - UNA BREVE STORIA DEL MARKETING
Orientamento alla produzione, 1890-1920 – Questo periodo è stato caratterizzato negli
Stati Uniti, dove il marketing si è sviluppato, dalla focalizzazione delle aziende sulla produzione
fisica e sulle offerte: la domanda superava l’offerta, c’era poca competizione e la gamma di
prodotti era limitata. Questa fase arrivò dopo la Rivoluzione Industriale.
Orientamento alle vendite, 1920-anni Cinquanta – Periodo caratterizzato dalla
focalizzazione delle aziende sulla vendita supportata da ricerca di mercato e pubblicità.
Orientamento al marketing, anni Cinquanta-Ottanta – Nel terzo periodo aumenta la
focalizzazione delle imprese sui bisogni del cliente.
Orientamento al societal marketing, anni Ottanta-oggi – Il marketing a questo punto è
caratterizzato da una forte attenzione agli aspetti sociali ed etici all’interno delle imprese e dalla
consapevolezza che anche le organizzazioni no-profit possono impegnarsi nel marketing.
Il marketing è il risultato degli sviluppi di discipline correlate, incluse l’economia, la psicologia, la
sociologia, l’antropologia e del contributo delle grandi società di consulenza.
Influenze dell’economia – Le nostre conoscenze riguardo alla corrispondenza tra domanda
e offerta, all’interno delle industrie, devono molto allo sviluppo della microeconomia. Per
esempio, i concetti economici di «concorrenza perfetta» e «corrispondenza tra domanda e
offerta» stanno alla base del marketing, particolarmente in relazione alla concezione del prezzo
a cui vengono venduti i prodotti e delle quantità distribuite.
Influenze della psicologia – La nostra conoscenza del comportamento del consumatore
deriva principalmente dagli studi di psicologia, dalla ricerca motivazionale. In particolare, la
psicologia aiuta a comprendere il comportamento, le percezioni, la motivazione e
l’interpretazione delle informazioni da parte del consumatore, la sua personalità e
soddisfazione.
Influenze della sociologia – La comprensione dei comportamenti di gruppi di persone
deriva dalla sociologia, con degli approfondimenti in alcune aree per capire come si
comportano le persone facenti parte di un gruppo composto da individui di genere ed età simili
(demografia), come si comportano persone di differente status sociale (classe), perché
facciamo le cose nel modo in cui le fanno (motivazione), qual è l’influenza della cultura
Influenze antropologiche – Il debito degli studi di marketing verso l’antropologia
sociale aumenta con l’utilizzo degli approcci qualitativi, come l’etnografia,
la netnografia e l’osservazione nella ricerca del comportamento del consumatore, in
particolare i comportamenti dei sottogruppi e delle sottoculture
1.2.4 - COSA FANNO I MARKETER?
Il governo britannico ha lavorato assieme a importanti
stakeholder per definire come operano le funzioni del
marketing. Il marketing è distribuito all’interno di tutta
l’organizzazione e tutti i lavoratori possono essere
considerati come marketer part-time.
1.3 - I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL MARKETING
Il marketing richiede una serie di interazioni davvero complicate tra individui, organizzazioni,
società e governo. Di conseguenza, è difficile sviluppare dei principi applicabili a tutti i contesti.
Tuttavia, possiamo per lo meno fare alcune generalizzazioni piuttosto regolari.
La pubblicità ha un’influenza diretta e positiva sulle vendite generali del settore. Il selective
advertising ha un’influenza diretta e positiva sulle vendite delle singole imprese.
L’elasticità della pubblicità selettiva per le vendite di un’impresa (brand) è bassa (non elastica):
per quanto riguarda beni di consumo acquistati di frequente, la pubblicità ha un effetto molto
limitato nell’innalzamento delle vendite.
Aumentare lo spazio sugli scaffali ha un impatto positivo sulle vendite di prodotti
alimentari non basilari, comperati per impulso, meno sugli acquisti programmati (salse o i
sughi). Per gli acquisti d’impulso, più spazio espositivo i prodotti hanno, più saranno venduti.
Il numero di punti vendita ha influenza positiva sulle vendite dell’impresa (quota di mercato):
aprire nuovi negozi ha influenza positiva sulle vendite.
1.3.1 - MARKETING COME SCAMBIO (EXCHANGE)
Il marketing è un processo di scambio a doppio senso. Non si tratta, infatti, soltanto
dell’organizzazione di marketing che fa il suo lavoro, anche il cliente contribuisce, talvolta in
maniera consistente. I clienti specificano come potremmo soddisfare i loro bisogni, poiché i
marketer non possono leggere nel pensiero. I clienti, poi, dovranno pagare per ottenere i prodotti.
1.3.2 - LE 4P DEL MARKETING MIX
Neil Borden originariamente sviluppò il concetto di «marketing mix» quando insegnava
all’Università di Harvard negli anni Cinquanta. La sua idea era che i manager del settore marketing
fossero «miscelatori d’ingredienti» – ovvero, chef che inventano una ricetta di marketing unica
perché adatta ai bisogni dei clienti in ogni momento. Eugene McCarthy con le sue «4P» (1960):
Prodotto – il prodotto incontra i bisogni del cliente importanti il suo packaging e labelling.
Punto vendita/distribuzione – canale che trasferisce il prodotto al cliente
Prezzo – il costo per il cliente e il costo più il profitto per il venditore
Promozione – come il prodotto porta beneficio e come le sue caratteristiche vengono
comunicate al potenziale compratore.
La definizione del marketing mix aveva l’intenzione di creare una struttura più semplice
attorno a cui i manager potessero sviluppare i loro programmi. Nonostante ci fosse la
cognizione che tutti questi elementi potessero essere collegati , l’interazione tra questo mix di
componenti non era stata presa in considerazione nella struttura di McCarthy
1.4 - MARKETING MIX ESTESO
Due studiosi americani hanno proposto un’estensione del modello originale aggiungendo tre
ulteriori «P» al marketing mix:
Physical evidence – Per enfatizzare che le componenti tangibili dei servizi sono
strategicamente importanti: potenziali studenti universitari, ad esempio, potrebbero decidere
se iscriversi o meno a una data università e a un particolare corso richiedendo delle brochure
o visitando il campus per valutare loro stessi il servicescape.
Processo di erogazione del servizio – Quando i processi sono standardizzati, è più facile
gestire le aspettative dei clienti.
Persone – L’importanza del personale che si occupa del servizio clienti, a volte esperti e a
volte professionisti che interagiscono con il cliente. Come interagiscono con i clienti e quanto
questi ultimi rimangano soddisfatti della loro esperienza è d’importanza strategica.
1.5 - CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT
Il CRM è una strategia di business che integra funzioni, processi interni e network esterni, con lo
scopo di generare valore per i clienti-obiettivo al fine di conseguire un profitto. È basata su dati di
alta qualità relativi ai clienti ed è attuabile grazie alle tecnologie informatiche. Il CRM, dunque, è
una strategia di business fondamentale, finalizzata a comprendere e anticipare bisogni e desideri
dei clienti acquisiti e potenziali dell’impresa mediante le nuove tecnologie. Si evince che il CRM
non è soltanto un sofisticato strumento tecnologico, bensì integra funzioni e processi interni,
permettendo alle diverse aree dell’azienda di abbattere i muri che le dividono.
Volendo sintetizzare le principali cause di fallimento di un progetto CRM possiamo evidenziare:
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definizione degli obiettivi sbagliata;
mancanza di una leadership del capo progetto con poco sostegno anche dal vertice;
inadeguata pianificazione del sistema che impatterà su numerosi processi aziendali;
mancanza di formazione e coinvolgimento degli utenti interessati;
piano esecutivo pre e post implementazione inadeguato.
1.5.1 - TIPOLOGIE E DECLINAZIONI DI CRM
Dati i molti punti di vista del contenuto del CRM, sono state individuate quattro tipologie:
Secondo questo modello rappresentato all’interno del CRM è possibile individuare cinque fasi
principali e quattro attività di supporto volte a ottenere maggiore redditività del cliente. Nel
Customer Relationship Management le relazioni ricoprono dunque un ruolo fondamentale. Una
relazione si basa su una serie di interazioni tra due soggetti nel tempo.
Analizzando il rapporto che intercorre tra un’azienda e un cliente è possibile individuare numerosi
episodi quali l’atto di acquisto, la richiesta di informazioni, la negoziazione dei termini di vendita,
la risoluzione dei problemi; ciascuno di questi è poi formato da una serie di interazioni (azione e
reazione) e un insieme di comportamenti comunicativi.
Il motivo principale per cui le aziende sviluppano relazioni con i propri clienti è economico. Se le
aziende gestiscono i clienti in modo da individuare e soddisfare quelli più redditizi, raggiungono
migliori risultati economici perché: si riducono i costi di marketing, grazie a un aumento
di customer retention; si comprende meglio la propria clientela, per poterla soddisfare e
generare valore con conseguente crescita dei profitti.
1.5.2 - CICLO DI VITA DELLA RELAZIONE CON IL CLIENTE
La relazione con il cliente non deve essere vista come un insieme di azioni indipendenti, piuttosto
come un flusso di reddito costante, per tutta la durata della vita del cliente.
Come detto in precedenza, il CRM si propone di migliorare le performance aziendali,
aumentando 20la fidelizzazione e la customer satisfaction. Alla base di questa strategia di
marketing vi è la logica della catena «soddisfazione-profitto», secondo la quale la soddisfazione
dei clienti aumenta poiché l’azienda, attraverso il CRM, conosce maggiormente i propri clienti,
comprende meglio le loro esigenze e offre value proposition migliori come evindenziato
nella Figura 1.7.
La customer satisfaction, quindi, è la percezione del cliente relativa al soddisfacimento delle sue
aspettative.
A partire da questo concetto ha origine la customer loyalty, cioè la misurazione della fedeltà di un
cliente prendendo in considerazione il suo comportamento e il suo atteggiamento, come mostrato
dal modello bidimensionale sulla fedeltà del cliente in Figura 1.8.
In questo caso le tipologie di clienti fedeli vengono misurate relativamente alle modalità di
acquisto, in particolare nella continuità dell’acquisto e nel coinvolgimento dell’acquirente in
quell’atto di acquisto. Chiaramente, per ognuno di questi segmenti sarà possibile attivare
campagne mirate per ottenere migliori risultati in termini sia di fatturato che di marginalità. Questi
aspetti condizionano la performance aziendale, che viene misurata attraverso indicatori di
performance chiave (KPI). Tra i KPI relativi al cliente possono figurare: tasso di retention, livello
di customer satisfaction, costi di acquisizione e numero di nuovi clienti acquisiti, permanenza
media del cliente e loyalty, vendite per cliente, andamento dei ricavi, quota di mercato.
1.5.3 - IMPLEMENTAZIONE DI UN PROGETTO CRM
L’implementazione del CRM si sviluppa su cinque fasi principali
1. Nello step di sviluppo della strategia, si elabora un piano d’azione volto ad allineare tutte le
risorse aziendali per l’ottenimento di risultati orientati al cliente. All’interno di questa fase
troviamo: analisi della situazione attuale; clienti o segmenti target; elaborazione delle
offerte di mercato; selezione dei canali di distribuzione; definizione di priorità e obiettivi;
individuazione di persone, processi e tecnologia; sviluppo di business case.
2. Nella seconda fase si gettano le basi per implementare il progetto di CRM. Si ha:
individuazione degli stakeholder;
individuazione della struttura di governance;
individuazione delle esigenze per la gestione del cambiamento e del progetto;
sviluppo della cultura aziendale;
individuazione dei fattori critici di successo;
sviluppo di un piano per la gestione del rischio.
3. Nella terza fase si stabiliscono le principali necessità e si selezionano i partner adatti. Si
procede dunque con una mappatura dei processi di business. Si procede in questo modo:
 messa a punto del progetto;
 revisione dei dati e analisi del divario;
 specifiche tecnologiche iniziali e ricerca di soluzioni alternative;
 individuazione delle necessità specifiche;
 presentazione delle proposte;
 valutazione e selezione dei partner.
4. A questo punto è giunto il momento di implementare il progetto, cooperando con i partner
selezionati per perfezionare il piano progettuale attraverso:
 individuazione delle esigenze di personalizzazione della tecnologia;
 progettazione, sperimentazione e lancio del prototipo.
5. Infine, è necessario valutare la performance di progetto e di business. I risultati di progetto
ci diranno se è stato realizzato nei tempi e con i costi previsti; mentre i risultati di business
verranno basati sulla valutazione degli obiettivi di progetto e del business case.
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Se inizialmente il CRM si diffonde in aree aziendali distinte (in particolare commerciale e post
vendita), oggi, dove l’implementazione è davvero efficace grazie all’utilizzo delle tecnologie
disponibili, si può dire di aver raggiunto un CRM multicanale che dà vita a una visione univoca del
cliente attraverso tutti i canali di contatto con esso.
1.6 - MARKETING RELAZIONALE, SERVICE-DOMINANT LOGIC, CO-CREAZIONE
Le imprese che utilizzano l’approccio del marketing relazionale danno più importanza
alla customer retention (conservazione del cliente) che all’acquisizione di clienti nuovi.
La customer retention è un’attività importante del marketing: la ricerca dimostra che, quando
un’impresa mantiene i suoi clienti fedeli:
- aumenteranno i loro acquisti nel tempo;
- sono un target più economico per le promozioni;
- sono felici della loro relazione con l’impresa e sono felici di parlarne ad altri;
- spesso sono disposti a pagare dei (piccoli) premium price (Reichheld e Sasser, 1994).
Secondo Prahalad e Ramaswamy (2004a, 2004b), le organizzazioni dovrebbero usare la cocreazione per differenziare la propria offerta, dato che il valore è legato all’esperienza del cliente
con l’organizzazione. L’esperienza di co-creazione riguarda una creazione comune di valore, nella
quale i clienti prendono parte a un dialogo attivo e costruiscono delle esperienze personalizzate.
1.7 - IMPATTO POSITIVO DEL MARKETING SULLA SOCIETÀ
Il marketing ha sia impatto positivo che negativo sulla società. Alcune delle invenzioni mondiali
più importanti sono arrivate a noi grazie all’aggregate marketing system. Il sistema di
marketing aggregato, inoltre, blocca i prodotti che non incontrano i bisogni dei clienti e fornisce
una serie di benefici alla società, inclusi i seguenti:
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la promozione e la consegna di prodotti desiderati;
la disposizione di un forum per studiare il mercato
lo stimolo della domanda di mercato;
la disposizione di un’ampia gamma di scelte tra le offerte
la facilitazione degli acquisti
il risparmio di tempo e la promozione dell’efficienza nell’andare incontro al cliente
le nuove offerte, e i miglioramenti, per accontentare bisogni latenti o insoddisfatti;
la ricerca della soddisfazione del cliente per acquisti reiterati.
1.8 - MARKETING NON-SOSTENIBILE: LA «SVOLTA» CRITICA
Il marketing non sempre è al servizio del bene comune, anzi, viene spesso accusato di fare
esattamente l’opposto: di compromettere l’ambiente, di essere manipolatorio e di creare desideri
e necessità che prima non esistevano. Un approccio critico al marketing suggerisce di considerare:
-
il bisogno di (ri-)esaminare le attività, categorie e strutture di marketing
la misura in cui le conoscenze di marketing si sviluppano sulla società di oggi;
come le condizioni storiche e culturali in cui operiamo, in quanto consumatori e
studiosi di marketing, abbiano impatto su come percepiamo la disciplina del marketing;
come il marketing possa trarre benefici da altre discipline
Alcuni punti fondamentali del marketing critico includono: marketing come manipolazione,
feticismo delle merci e la natura del bisogno contro la natura della possibilità di scelta.
1.8.1 - MARKETING COME MANIPOLAZIONE
Packard (1960) criticò il marketing spiegando che ammalia il suo pubblico, spesso segretamente,
e spesso senza nemmeno che le persone capiscano che stanno venendo manipolate. I marketer e
gli addetti alle public relation certamente formulano le loro comunicazioni per renderle più
accattivanti. Il framing consiste nel proporre messaggi persuasivi e nell’azione del pubblico di
interpretare tali comunicazioni per integrarle con le proprie conoscenze preesistenti. Il problema
sorge quando il framing diventa «spin», ossia propaganda manipolativa, perché la «promozione
di marketing» diventa propaganda aziendale.
1.8.2 - FETICISMO DELLE MERCI
Il «feticismo delle merci» è una prospettiva critica derivata dalla teoria economica marxista , che
suggerisce che la società è eccessivamente dominata dal consumo fino a farlo diventare un feticcio
di enorme importanza. Marx sostenne che, prima dell’industrializzazione, i beni fossero prodotti
per il loro valore d’uso: un produttore fabbricava un prodotto per un utente e lo scambiava con il
cliente. Dopo l’industrializzazione, la relazione sociale tra produttore e utente è cambiata.
1.8.3 - BISOGNO E SCELTA
Si crede che il marketing serva ad andare incontro ai bisogni di clienti e consumatori. Tuttavia,
Alvesson (1994), esterno alla disciplina del marketing, rifiuta questa nozione. Sostiene che le
persone nelle società benestanti vogliano di più senza ottenere alcuna ulteriore soddisfazione a
lungo termine da tale consumo, perché molto del consumo è comunque superficiale, e perché fare
leva sulle fantasie delle persone e sottolineare le loro carenze porta a tendenze narcisistiche.
1.9 - MARKETING SOSTENIBILE
Studiosi e operatori di un approccio sostenibile di marketing concordano con le limitazioni della
filosofia di marketing e riconoscono la necessità di imporre dei vincoli all’utilizzo del marketing
quando utilizzato senza alcuna considerazione per la tutela dell’ambiente. Gli esperti di marketing
sostenibile cercano di espandere lo sviluppo sostenibile alle pratiche di marketing, spingendo le
imprese a definire le loro politiche tenendo conto dei tre pilastri della sostenibilità, ovvero:
- sostenibilità ambientale delle politiche di marketing
- sostenibilità economica delle politiche di marketing
- sostenibilità sociale delle politiche di marketing
La «terza età» del marketing sostenibile (epoca attuale) impegna esperti di marketing e operatori
a concentrare la loro attenzione su posizionamento (positioning) e sull’utilizzo della
comunicazione come stimolo della domanda per prodotti riciclati/rielaborati e per quelli fatti su
ordinazione. Altrettanto auspicabile è che il marketing sostenibile si faccia carico della gestione
della catena di distribuzione, ad esempio agevolando il recupero di materiali dai consumatori
finali, di progetti di reverse logistic che mirano al riciclo e alla rimanifattura dei prodotti. Nella
terza fase, le imprese devono anche prolungare l’orizzonte temporale entro cui ottengono un
ritorno per il loro investimento, concentrandosi sui costi totali dell’acquisto e non solo sul prezzo
pagato.
1.10 - RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA
Le iniziative di responsabilità sociale d’impresa sono sempre più diffuse. Molte imprese
pubblicano report annuali sulla responsabilità sociale e sulla sostenibilità. A prescindere da
qualsiasi ritorno, gli imprenditori e le imprese fanno donazioni agli enti di beneficienza da secoli.
La ragione fondamentale per lo sviluppo di iniziative di CSR, a prescindere dai loro contributi
finanziari, si basa sulle seguenti idee:
 le imprese hanno responsabilità che vanno oltre la produzione di profitto;
 queste responsabilità includono il concorso a risolvere importanti problemi sociali,
specialmente quelli che loro hanno contribuito a creare;
 le imprese portano avanti una gamma più vasta di valori umani, non
concentrandosi soltanto sui valori economici.
1.11 - ETICA E MARKETING
L’etica può essere definita come una «parte della filosofia che studia i problemi e i valori connessi
all’agire umano» e l’«insieme delle norme di condotta pubblica e privata seguite da una persona o
da un gruppo di persone». Il marketing, come ogni altra area del business, è influenzato dalle
norme etiche che si collegano a come noi dovremmo comportarci. Per esempio, l’AMA (American
Marketing Association) richiede ai suoi membri quanto segue (AMA, 2014):
1. non nuocere, ovvero evitare consapevolmente azioni dannose,
2. promuovere la fiducia nel sistema di marketing, ovvero lottare per la buona
fede e la correttezza in modo da contribuire all’efficacia del processo di scambio ed
evitare raggiri nel design del prodotto, nell’attribuzione del prezzo,
3. adottare valori etici, ovvero costruire relazioni e incrementare la fiducia del
consumatore nell’integrità del marketing perseguendo i valori di base
1.12 - DIGITAL MARKETING
La pervasività della rete web e dell’uso delle ICT è discussa e supportata da molti indicatori quali
la crescita esponenziale del numero degli utenti Internet e la loro diffusione a livello globale, la
progressiva diminuzione del digital divide tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, il veloce
aumento del cloud traffic. Altro tema aperto riguarda il ruolo che occuperanno i robot . Il risultato
è che la metà delle visite ai siti web di tutto il mondo viene effettuata da robot, i robot sono i
destinatari della metà di tutta la pubblicità sul web e inviano un quarto dei tweet e dei messaggi
via chat. Alla luce di tutto questo, non ha più molto senso opporre l’umano e il robot .
1.13- IL PIANO DI MARKETING
Il piano di marketing è un documento che formalizza la strategia di marketing da seguire,
ne spiega i presupposti e la traduce in programmi operativi che dovranno essere successivamente
monitorati. Solitamente ha un orizzonte temporale pluriennale che consente di lavorare per
ottenere la fidelizzazione del cliente. Il processo di pianificazione di marketing è rappresentabile
attraverso alcuni step raggruppabili in tre fasi specifiche: analisi, strategia e definizione del
piano operativo per arrivare a ottenere, attraverso la gestione di un servizio
eccellente, una customer experience in grado di generare vantaggio competitivo. Il digital
marketing possiamo considerarlo come quell’insieme di attività che, lungo il processo di
pianificazione di marketing, utilizzano i canali web per migliorare i risultati ottenibili in ognuno
degli step che andremo ad analizzare di seguito.
- MACRO AMBIENTE
All’interno della fase di analisi, il primo step considera la valutazione del macro ambiente. Questo
è rappresentato da sette cluster di variabili (politica, economia, società, tecnologia, ambiente e
normative) che non sempre agiscono direttamente sull’attività dell’impresa, ma ne influenzano il
quadro di lungo periodo in cui essa opera. Questa analisi fa parte della valutazione del contesto
esterno e risulta utile per cercare di identificare i legami esistenti tra tali variabili e il business
dell’impresa.
- CLIENTI
Il terzo step della fase di analisi, al fine di convergere verso una corretta strategia di marketing,
prevede di sviluppare un’appropriata conoscenza del mercato di riferimento e del comportamento
d’acquisto dei potenziali clienti. È fondamentale circoscrivere il proprio mercato di sbocco e
individuare le porzioni di mercato di maggior interesse per l’azienda attraverso il processo di
segmentazione. Segmentare il mercato significa suddividerlo in un numero limitato di
sottoinsiemi o cluster, costituiti da clienti che assumono comportamenti d’acquisto, di utilizzo e di
reazione alle attività di marketing simili. Tali segmenti devono essere caratterizzati da un alto
grado di omogeneità al loro interno, da un alto grado di eterogeneità al loro esterno e da una
significatività «economica». Esistono diverse variabili di segmentazione differenziate a seconda
che si tratti di Business to Consumer (il target di mercato è il consumatore finale) o di Business to
Business (il target di mercato è un’azienda).
- SISTEMA DI MERCATO
Analizzato il macro ambiente, diventa importante prendere in considerazione i rapporti di forza
di tutti gli attori che fanno parte del sistema di mercato all’interno del quale si trova inserita
l’azienda. Il cliente ha un forte potere contrattuale quando acquista un’elevata percentuale del
fatturato del venditore, oppure quando il costo relativo all’acquisto effettuato rappresenta una
frazione significativa dei suoi acquisti complessivi.
Dal punto di vista del mercato della fornitura, se abbiamo pochi attori è probabile che abbiano un
grosso potere contrattuale. È bene comunque monitorare l’evoluzione dei propri fornitori perché,
nel caso in cui ci sia una forte espansione del fatturato, si potrebbe intravedere una minaccia
futura: qualora il fornitore diventi uno dei pochi nel proprio settore, l’impresa è destinata a subire
costi d’acquisto superiori; allo stesso modo, un fornitore in declino può comunque rappresentare
un pericolo, in particolare se il suo prodotto è unico e importante.
- CONCORRENTI
Il livello di intensità della concorrenza tra imprese esistenti dipende dalla dimensione delle
stesse, dal tasso di sviluppo del settore di riferimento, dalla possibilità di gestire la capacità
produttiva e dalla diversità intrinseca dei concorrenti in termini di origini, costi, obiettivi e
strategie. In un contesto competitivo sempre più dinamico diventa difficile individuare i
competitor attuali e quelli potenziali, ma conoscere quello che viene offerto dagli alt ri è oramai di
fondamentale importanza per cercare di differenziarsi.
- ANALISI SWOT
La SWOTè un modello che conclude la fase di analisi, si basa sui concetti fondamentali
delle competenze distintive e dei fattori critici di successo e sintetizza l’analisi sviluppata
nei quattro precedenti step. Attraverso la valutazione dei punti di forza e debolezza, l’impresa
individua all’interno della sua organizzazione le sue competenze distintive, ovvero quello che sa
fare meglio degli altri, e le attività che la rendono «unica» sul mercato. L’azienda, poi, deve
evidenziare quali minacce e opportunità possano derivare dall’ambiente esterno al fine di cogliere
gli aspetti di cui potrebbe approfittare per migliorare la propria posizione competitiva. La SWOT
getta le basi per l’elaborazione della strategia di marketing, è una sorta di «fotografia» dello stato
di partenza del percorso che dovrà raggiungere determinati obiettivi.
- OBIETTIVI
Il primo passo nella definizione della strategia è quello di formulare obiettivi di marketing
coerenti con gli obiettivi aziendali di medio-lungo periodo (tre-cinque anni). Nella loro
determinazione occorre tenere in considerazione fattori di natura sia quantitativa che qualitativa.
I fattori quantitativi non sono altro che numeri ricavati da dati oggettivi rilevati in passato, quali
l’andamento delle vendite, le dimensioni e il tasso d’acquisto del mercato obiettivo, i livelli di
redditività eventuali e gli aumenti/riduzioni programmati dei prezzi. I fattori qualitativi hanno
carattere più soggettivo.
- STRATEGIA COMPETITIVA
Bisogna individuare quali azioni e strategie porre in essere per colmare i gap esistenti tra gli
obiettivi preposti e la situazione inerziale . Volendo semplificare, è possibile utilizzare una
matrice che pren45de il nome dal suo estensore, Igor Ansoff, che incrociando due variabili,
«Prodotti» e «Mercati»/«Attuali» e «Nuovi», va a individuare quattro diverse situazioni a cui sono
collegate diverse strategie:
- penetrazione del mercato – aumentando quando possibile il tasso medio di
impiego del prodotto sui clienti attuali (frequenza, quantità media, nuove applicazioni)
e incrementando, a discapito dei competitor, la «quota di cliente»
- sviluppo del prodotto – offrendo ai clienti attuali nuovi prodotti derivanti
dall’attività della ricerca & sviluppo che vanno ad ampliare la gamma;
- sviluppo del mercato – ampliando la dimensione geografica dei mercati serviti
oppure entrando su nuovi segmenti non serviti attualmente dall’azienda, magari
attraverso nuovi canali distributivi;
- diversificazione – aggiungendo nuovi prodotti appartenenti a una diversa filiera, ma
comunque sinergici rispetto agli attuali per servire nuovi mercati (in questo caso si
tratta di diversificazione concentrica), oppure entrando in business non correlati a
quello di origine, facendo prevalere una logica prettamente finanziaria
- TARGET
Lo step successivo relativo alla strategia è quello di identificare il target su cui puntare, ovvero
quel/i gruppo/i di clienti meritevole/i di interesse su cui possa valere la pena investire.
Gli elementi che condizionano la scelta della strategia sono:
 obiettivi e risorse dell’impresa – in dipendenza di questi si potrà decidere di
scegliere uno o più segmenti target su cui impostare la proposta di valore
 caratteristiche/omogeneità del prodotto – se il prodotto risulta complesso
da customizzare sarà difficile riuscire a predisporre offerte specifiche
 ciclo di vita del prodotto – tipicamente, nelle prime fasi si punta su un solo
segmento predisposto ad accettare le innovazioni, nelle fasi centrali, invece, si
tenderà a colpire più segmenti possibili per ampliare le quote di mercato;
 omogeneità del mercato – quanto più è omogeneo il mercato, tanto più la
proposta potrà diventare di tipo «indifferenziato». Se invece i segmenti dovessero
essere molto diversi fra loro, si potrebbe pensare a un approccio di tipo
«differenziato» con proposte mirate e differenziate per gruppo di clienti;
 strategie di marketing della concorrenza – sul mercato non si è mai soli e
quello che fa la concorrenza non può non influenzare l’atteggiamento e l’approccio
al mercato; se i competitor diretti sono presenti su più segmenti di mercato,
l’azienda dovrà seguirli per non perdere opportunità di sviluppo.
- POSIZIONAMENTO
L’ultimo step della strategia deve far sì che la proposta di valore «raggiunga» il segmento
cliente target e si differenzi. Il posizionamento risponde a una semplice domanda: perché il cliente
potenziale dovrebbe acquistare proprio noi?
- PRODOTTO
Prefissati gli obiettivi e le strategie, l’azienda deve stabilire le azioni da intraprendere all’interno
del piano operativo, utilizzando alcuni strumenti definiti leve del marketing mix, ovvero la
combinazione delle variabili controllabili di marketing che un’impresa impiega per rendere
«tangibile» la propria value proposition. Il prodotto rappresenta l’offerta di valore a un
mercato in vista di un’attenzione, un acquisto, un utilizzo al fine di soddisfare un desiderio, una
necessità o un bisogno.
- PREZZO
La definizione delle politiche di prezzo necessita di una coerenza sia a livello interno (devono
essere determinate considerando i vincoli di costo e di redditività) che a livello esterno (non
possono non tenere conto della disponibilità di spesa da parte del cliente e del prezzo dei prodotti
concorrenti/sostitutivi). Il marketing mix dice:
 individuazione del metodo di determinazione del prezzo
 determinazione del prezzo di posizionamento rispetto alle offerte concorrenti
 definizione delle politiche
 scelta dei prezzi sui mercati internazionali
 quando si ragiona sul prezzo è necessario focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti
che impattano sul risultato economico e finanziario dell’azienda:
 margine di contribuzione necessario per la copertura dei costi fissi di gestione;
 livelli di scontistica
 condizioni commerciali
- COMUNICAZIONE
Lo step successivo del piano operativo prende in considerazione la comunicazione d’impresa,
ovvero l’insieme di tutte quelle attività svolte dall’azienda al fine di creare e mantenere nel
tempo un’approfondita conoscenza diretta e un alto grado di riconoscibilità presso i
pubblici di riferimento, sia interni che esterni. Due sono le esigenze fondamentali alle quali l’azione
di comunicazione deve rispondere: sviluppare un’immagine ben definita dell’azienda (aspetto
strategico) e sostenere nel breve-medio periodo tale azione nei confronti della clientela (aspetto
tattico). Bisogna:
 definire gli obiettivi della comunicazione;
 determinare il target della comunicazione
 organizzare delle campagne di comunicazione e scegliere gli strumenti di
comunicazione più adatti a raggiungere il target;
 definire il budget di comunicazione
- DISTRIBUZIONE
L’ultimo step relativo al piano operativo prende in considerazione la gestione del canale
distributivo, formato dagli attori indipendenti coinvolti nel processo che rende un prodotto
o un servizio disponibile per essere utilizzato da un cliente. La scelta delle strategie
distributive da parte delle imprese industriali si traduce nell’individuazione delle soluzioni ottimali
rispetto alla tipologia di canali di vendita, al livello di intensità/selettività del processo distributivo
e al grado di integrazione dei canali stessi. Bisogna determinare:
 la scelta dei canali distributivi e la definizione dell’intensità della distribuzione
 l’organizzazione della rete di vendita e la relativa definizione della politica di
retribuzione degli intermediari
 la definizione della tempistica di consegna e la relativa gestione logistica.
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