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PEDAGOGIA

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STORIA DELLA PEDAGOGIA1 – SINTESI
ANTICA GRECIA
Il mondo classico nasce in Grecia, che è un luogo di grandi porti, che vedono un via vai di persone, che importano ed
esportano la cultura. In questo periodo si sviluppa la filosofia, che vede i filosofi contemplare ciò che li circonda, ma
anche la pedagogia. La prima Grecia, quell’arcaica, era un territorio formato da tanti piccoli stati, che si univano e si
dividevano tra loro a seconda delle occasioni. E in questa prima Grecia, che noi troviamo anche i primi rudimenti di
educazione, grazie ai poemi omerici: l’Iliade si concentra, per lo più sulla figura dell’eroe/guerriero, che deve essere
educato non solo fisicamente, ma anche mentalmente con astuzia e intelligenza; l’Odissea figura centrale
dell’educazione è la famiglia, che insegnava come comportarsi e come raggiungere gli obiettivi. Tra gli stati dell’Antica
Grecia vanno ricordati i due più importanti, Sparta e Atene, che già politicamente sono opposti e tale opposizione la si
vede anche nella pedagogia. Infatti Sparta era uno stato totalitario e Atene una democrazia. A Sparta, i bambini appena
nati venivano giudicati da un consiglio di anziani, che se dava un giudizio negativo, potevano mettere a morte i bambini.
A 7 anni venivano sottratti alle famiglie e inserite nelle scuole e a 16 anni ricevevano un’educazione militare, per
prepararli ad essere guerrieri. Anche le donne ricevevano un’educazione fisica, per sviluppare il proprio corpo per una
procreazione perfetta. Ad Atene, era molto più forte la formazione culturale: infatti, anche come diceva Platone,
l’educazione fino ai 7 anni era prevista dalla famiglia; a 7 anni i bambini venivano seguiti da tre maestri: grammatica,
ginnastica e musica, quindi sviluppo mentale e fisico; a 18 anni facevano il servizio militare per 2 anni per poi tornare
ad essere liberi cittadini. Platone inoltre proponeva che a 30 venissero inseriti nell’insegnamento della scienza e a 35
anni i migliori venivano scelti per lo studio della filosofia, per poi poter diventare un governatore della città a 50 anni.
L’Antica Grecia è il luogo dove si è sviluppata la filosofia, che ha dato degli spunti anche a livello pedagogico. I Sofisti
concentrarono la loro filosofia sul dialogo, pertanto un’educazione basata sulla parola e sulla scrittura. Socrate attraverso
la maieutica e l’ironia cercava di portare nel dubbio il discente, affinché questi poi si mettesse alla ricerca della verità.
Platone segue in primo momento Socrate, poi individua tre classi sociali a cui dare un tipo di educazione: la classe dei
produttori, un’educazione basata sulla praticità e sui lavori manuali; la classe dei governati, un’educazione basata sulla
dialettica; la classe dei guerrieri, un’educazione basata sul coraggio. Aristotele fu precettore di Alessandro Magno e
fondatore del liceo. Secondo Aristotele, l’uomo deve sviluppare le proprie qualità razionali, affinché si possa inserire in
un contesto sociale e quindi in uno stato, che si deve occupare della sua educazione.
ANTICA ROMA
Roma viene influenza anche nella pedagogia dalla Grecia. I primi valori educativi era l’autorità del pater familias, il
rispetto delle leggi e delle divinità. Ma la prima educazione, fino ai 7, era affidata alla madre. Dopo i 7 anni i maschi
venivano educati dal padre, le femmine dalla madre, alle quali venivano insegnati i lavori domestici. Il figlio maschio
dai 7 agli 11 anni ricevevano l’istruzione primaria, dove veniva insegnata la lettura, scrittura e matematica; dai 12 ai 15
anni c’era l’educazione secondaria, che era basata sull’apprendimento della cultura; ai 16 anni si praticava un tirocinio
nel foro, senza prenderne parte attivamente; ai 18 anni si riceveva un’educazione superiore, con la quale ci si preparava
a partecipare nel foro. A Roma, le scuole ebbero grande risalto, infatti sono noti anche gli interventi portati da vari
regnanti, come la cittadinanza romana agli insegnanti o la concessione di borse di studio o la statalizzazione delle scuole.
Nacquero a Roma anche le prime scuole professionali, che tendevano ad insegnare un mestiere o pratiche di vari arti.
Tra gli autori che hanno lasciato uno spunto pedagogico, tre sono fondamentali: Cicerone, Seneca e Quintiliano.
Cicerone, grande oratore e politico, vedeva nell’educazione lo strumento ideale per ripristinare il rispetto per gli dei e
le leggi, educazione che spettava alla famiglia e alla politica. Seneca, precettore di Nerone, diceva che il vero sapiente
è colui che riesce a riconoscere i propri vizi e con l’aiuto delle virtù riesce a superarli e solo così il sapiente può insegnare,
perché rappresenta un modello di moralità. Quintiliano è stato il primo retore retribuito e nella sua opera, Institutio
Oratoria, dà delle indicazioni per la formazione: la prima formazione spetta alla famiglia, pertanto gli adulti devono
comportarsi in un modo moralmente buono, perché il bambino tende ad imitarli; intorno ai 7 anni viene seguito allo
studio sistematico e il maestro deve saper guidare il bambino, comprenderlo ed usare quanto meno possibile le punizioni
corporali; l’insegnamento prevedeva lo studio della retorica, che consentiva al cittadino di intervenire nella vita pubblica.
EDUCAZIONE CRISTIANA
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Cfr. F. CAMBI, Manuale di storia della pedagogia, Edizioni Laterza, Bari 2003.
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Storicamente, il Cristianesimo, inizialmente non ha vita facile, fino a quando nel 313 Costantino riconosce la libertà di
culto e nel 380 diventa religione di Stato dell’Impero Romano. Nel Cristianesimo, gli insegnamenti base sono quelli che
provengono dalle Sacre Scritture e in particolare dai Vangeli, dalle lettere di Paolo, dagli Atti degli Apostoli e
dall’Apocalisse. Centrale diventa in questo periodo la figura della Chiesa, che ha il compito di portare il credente quanto
più vicino alla figura del Maestro, Gesù. Nei Vangeli, centrale è proprio la figura di Gesù, visto come Profeta e Maestro,
che lascia come insegnamento l’amore verso Dio e verso gli altri. Le lettere di Paolo sono una risposta a chi gli faceva
quesiti ed egli affronta in particolare: il dualismo anima-corpo, dove la corporeità è vista come peccato, pertanto ci si
deve allontanare dagli istinti della carne. L’Apocalisse di San Giovanni tratta della fine dei tempi, pertanto l’uomo deve
prepararsi a quel momento, educando se stesso e gli altri. Gli Atti degli Apostoli raccontano l’esperienza delle prime
famiglie cristiane, diffondendo così il messaggio di Cristo, ossia quello dell’amore, della carità e della solidarietà.
Successivamente, si diffonde la Patristica, ossia coloro che scrissero in difesa della Chiesa e il più noto dei Padri della
Chiesa è Agostino di Ippona, che ebbe una formazione di grammatica e retorica e insegnò a Milano. Anche Agostino
lascia degli spunti in pedagogia attraverso le sue opere. Nel De Magistro e nel Soliloquia, Agostino dice che il maestro
deve stimolare l’alunno a ricercare la verità dentro di sé, dove risiede il vero Maestro, ossia Dio. Nella Dottrina Cristiana,
afferma che l’oratore sacro deve fondare il proprio studio sulla filosofia e sulla conoscenza delle Sacre Scritture. Nella
Prima Catechesi, ammette che ogni cosa che si apprende deve essere sentita come vera e l’educazione deve fondarsi
sull’amore reciproco tra maestro e discepolo, riflesso dell’amore di Dio.
EDUCAZIONE NEL MEDIOEVO
Il Medioevo nasce nel 476, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, e finisce nel 1492 con la scoperta
dell’America. È il periodo in cui si risalta maggiormente il ruolo centrale della Chiesa e a livello pedagogico nascono
le scuole e le università vicino ai monasteri, alle parrocchie e ai vescovati. Il Medioevo può essere diviso in due fasi.
Nell’Alto Medioevo, abbiamo un’educazione cavalleresca ed ecclesiastica. Si formano i primi monasteri, dove il
monaco deve avere una formazione colta ed è destinato ad insegnare. L’esempio di questo periodo è Benedetto da
Norcia, che fonda a Montecassino il monastero, dove tutto era centrato sulla regola di Benedetto, Ora et labora, perché
i monaci oltre che pregare devono anche lavorare e avere una vita sociale. Grazie ai monaci, ci sono rimasti tanti testi
antichi, perché essi avevano il compito della copiatura dei testi. Inoltre tutto l’ambiente ecclesiastico, influenza
l’educazione, che doveva essere seguita dai chierici. In tale periodo, fondamentale fu la figura di Carlo Magno, che
diffuse la dottrina cattolica, sapendo che avrebbe avuto salva la vita. Carlo Magno portò delle riforme: istituì le scuole
vicino alle parrocchie e ai vescovati, fece di tutto per creare un clero colto, i programmi di insegnamento si basava su
tre livelli: primario, nel quale si imparava a leggere, scrivere e comprendere la Bibbia; secondario, dove si imparavano
le arti liberali (trivium – retorica, dialettica e grammatica – e quadrivium – aritmetica, geometria, musica e astronomia);
terzo livello, nel quale si conoscevano le Sacre Scritture. Furono inoltre emanati i capitolari, con lo scopo di governare
e regolare molte questioni del popolo, dalla vita pubblica e politica alle scuole. I capitolari portarono nelle scuole anche
persone che non poteva permetterselo, purché godessero della protezione di un mecenate. L’educazione cavalleresca era
per chi non entrava in monastero ed era basata sullo sviluppo della fisicità, astuzia, quindi una vera formazione militare.
L’educazione del Basso Medioevo si concentra soprattutto nella disputa fede-ragione. Le risposte più importanti, nonché
spunti pedagogici, furono date dai Domenicani, nella figura di San Tommaso d’Aquino, e dai Francescani, nella figura
di San Bonaventura. Per Tommaso fede e ragione non erano in contrapposizione, ma se succedeva qualcosa la fede era
superiore, ma la ragione deve chiarire e combattere in favore della fede. Dal punto di vista educativo era importante che
il maestro risvegliasse la mente dello scolaro e dargli così la possibilità di conoscere i primi principi di ogni scienza e
di insegnali ad altri. Per Bonaventura era tuto basato sulla fede e quindi sulla formazione cristiana, contestando la
posizione razionalistica di Aristotele.
RIFORMA PROTESTANTE
Agli inizi del 500, scoppia la Riforma Protestante ad opera di Lutero, che appende le 95 tesi sulla Cattedrale di
Wittenberg, nella quali denuncia gli abusi e i poteri ecclesiastici della chiesa ed esalta la libera interpretazione della
Sacra Scrittura e la salvezza che spetta a tutti. Per Lutero l’istruzione è obbligatoria e deve essere basata sullo studio
delle lingue classiche e nazionale, che sono il mezzo per arrivare a comprendere la verità del Vangelo. La frequenza
nelle scuole deve essere limitata a una o due ore e il resto della giornata deve essere dedicato a imparare un mestiere.
Al centro della vita scolastica c’è il maestro, che deve essere severo ma anche amorevole, senza quindi punizioni
eccessive. Anche Calvino ammetteva che la salvezza si raggiunge attraverso le Sacre Scritture e i rappresentanti della
Chiesa dovevano necessariamente frequentare la scuola. Per Comenio la formazione inizia nella tenera età, quando le
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menti non sono ancora inquinate da ciò che circonda il bambini, ed ha tre fasi: l’alfabetizzazione di base,
approfondimento del curricolo precedente, studio della teologia, filosofia e scienze.
CONTRORIFORMA O RIFORMA CATTOLICA
La Chiesa risponde a Lutero con la Riforma Cattolica, necessaria per attuare dei cambiamenti. Il primo passo fu il
Concilio di Trento, nel quale si cercò di affermare la verità della fede e della dottrina cattolica. Dopo il Concilio,
nacquero parecchie congregazioni, come i Barnabiti, le Orsoline e i Somaschi, ma la più importante furono i Gesuiti,
fondati da Ignazio di Loyola, che voleva ripristinare il controllo su tutti gli aspetti della vita individuale e sociale della
Chiesa e di diffondere il messaggio cattolico a tutti i paesi extraeuropei. Il fine etico religioso dell’ordine era quello di
formare una coscienza cristiana colta e moderna e orientare tramite la scuola ad un’obbedienza assoluta all’autorità
religiosa e civile.
IL 700 E L’ILLUMINISMO
Nel 700 si sviluppa la corrente sociale, politica e culturale dell’Illuminismo, durante la quale si esalta la ragione, che,
aiutata dalle scienze, si contrappone a tutto ciò che la Chiesa aveva portato avanti fino a quel momento. Anche dal punto
di vista pedagogico, si hanno dei cambiamenti: l’istruzione non è più legata alla Chiesa, ma si statalizza, nonostante,
però, restano in vita ancora alcuni monasteri, ma con un tipo di insegnamento vecchio rispetto all’Illuminismo. Questa
corrente nasce in Inghilterra, ma trova la sua madre patria di sviluppo in Francia, dove troviamo Diderot e D’Alembert,
che scriveranno insieme la famosa Enciclopedia, con lo scopo di esaltare lo studio di lingue sociali, scienze e storia,
degradando, così, la lingua antica e il periodo precedente. Successivamente, l’Illuminismo si diffonde in tutta Europa.
ROUSSEAU
Uno dei protagonisti dell’Illuminismo è Rousseau, che non ha avuto studi regolari, ma frequentando i salotti d’Europa,
ha accresciuto il suo bagaglio culturale. A livello pedagogico con Rousseau, si deve parlare di educazione naturale,
svalutando le classiche lezioni frontali e di tipo libresca, per adottare una metodologia diversa e naturale, dove bisogna
soddisfare e rispettare i bisogni e le caratteristiche del bambino, che attraverso la sua esperienza di guardare,
sperimentare e toccare, riesce ad apprendere. L’educazione per Rousseau avviene in campagna, dove il bambino impara
dalla propria esperienza e dalla sua curiosità innata di esplorare. Le fasi di sviluppo per Rousseau sono quattro: dai 0 ai
2 anni, il bambino apprende attraverso i sensi; dai 2 ai 12 anni, fa le cose secondo l’istinto, senza l’uso della ragione;
dai 12 ai 15 anni, sviluppa la facoltà mentale e quindi l’immaginazione, dai 15 ai 25 anni, riesce a comprendere ciò che
è bene o male, ciò che è giusto o sbagliato. Le due opere più importanti di Rousseau sono l’Emilio e il Contratto sociale.
Nel Contratto sociale lui ammette che i conflitti tra gli uomini possono sparire, se essi riescono a stipulare un contratto
sociale e a riconoscere la loro uguaglianza, per riuscire a raggiungere la felicità. La società attuando i principi di
uguaglianza, riesce a generare un uomo nuovo, naturale ed equilibrato, come Emilio, che tratta della storia di un ragazzo,
che deve essere educato per diventare un buono cittadino nello stato degli eguali. Emilio viene educato da un precettore,
ma allo stesso momento apprende dall’ambiente e dalle persone che gli stanno intorno. L’Emilio si divide in cinque
libri: nel I libro, tratta l’età infantile, che termina quando Emilio ha la capacità di fare discorsi organici; nel II libro,
tratta la fanciullezza, caratterizzata da debolezza, dipendenza, curiosità e libertà, pertanto è fondamentale la figura del
maestro che deve far apprendere ad Emilio le nozioni essenziali; nel III libro tratta della preadolescenza, durante la quale
Emilio apprende attraverso l’esperienza le regole da rispettare e come stare in contatto con gli altri; nel IV libro tratta
dell’adolescenza, che è la fase delle passioni e delle prime amicizie con gli altri uomini, tanto da portarlo ad innamorarsi
di Sofia; il V libro tratta della storia a lieto fine di Emilio e Sofia, che si concretizza nel matrimonio, ed Emilio crescerà
viaggiando e conoscendo vari popoli e abiterà in campagna per fuggire dalle città corrotte. Possiamo dire, che Rousseau
mette per la prima volta nella storia della pedagogia il bambino al centro, del quale bisogna aver rispetto delle sue
caratteristiche e dei suoi tempi di apprendimento. Pertanto cambia anche la figura del maestro, che non deve fungere da
modello, ma deve limitarsi a creare condizioni per un’esperienza diretta.
PERIODO CONTEMPORANEO
L’età contemporanea inizia nel 1789 con la Rivoluzione Francese ed è un periodo di grandi cambiamenti. Forte in questo
periodo è la Rivoluzione industriale, che vedeva un grande spostamento di persone dalle campagne alle città, che si
sovrappopolavano e creava quartieri in condizioni misere. Per le strade di queste città, crescevano i bambini, che già
all’età di 8 anni erano costretti a lavorare in fabbrica, pertanto il tasso di analfabetismo era molto alto. Successivamente,
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nascono anche i primi asili nelle fabbriche, in quanto anche le donne venivano occupate per il lavoro e quindi non c’era
nessuno che provvedesse all’educazione dei bambini. La pedagogia ha avuto bisogno, in questo periodo, di cambiare e
diventare una vera e propria scienza, in quanto si capisce che c’è l’evoluzione del bambino, che percorre le tappe e che
deve essere stimolato in base alla crescita. La pedagogia diventa quindi scienza dell’educazione, in quanto riflette sul
fenomeno educativo, quindi sul suo soggetto, sui fini, metodi e mezzi dell’oggetto. Ma per arrivare a ciò, è importante
la “collaborazione” con le altre discipline (psicologia, sociologia, filosofia), che possono aiutare la pedagogia a fare una
riflessione più corretta sui metodi da utilizzare per poter affrontare un programma educativo.
LEGGI IN ITALIA NELL’800
In Italia, ci furono varie leggi nell’800 che cercarono di eliminare l’analfabetismo. La Leggi Casati prevedeva la scuola
elementare, dai 6 anni, divisa in inferiore e superiore. L’istruzione inferiore, obbligatoria, era la prima e seconda
elementare e prevedeva lo studio della lingua italiana, lettura, scrittura e aritmetica; l’istruzione superiore, facoltativa,
era di due anni e prevedeva materie come geografia, disegno, calligrafia e regole di composizione. Lo stato si faceva
carico dell’istruzione dei bambini, pertanto la scuola era gratuita. L’istruzione classica prevedeva il ginnasio inferiore,
ossia la scuola media (3 anni), e il ginnasio superiore (2 anni), ossia i primi due anni di scuola superiore. Infine ci sono
i tre anni di liceo. Successivamente, con altre leggi furono introdotte: l’educazione fisica, il disegno facoltativo nel
ginnasio inferiore, la lingua francese come materia facoltativa. Con la legge Coppino, ci furono ulteriori cambiamenti:
la scuola era obbligatoria fino ai 9 anni, lo stipendio dei maestri è aumentato del 10%, multe per chi non portava i figli
a scuola, distinzione tra scuole di campagna e di città, l’insegnamento religioso era facoltativo a scelta delle famiglie.
PENSIERO PEDAGOGICO DELL’800
Nell’800 vengono risaltate nuove figure: bambino, donna, handicappato ed etnia diversa. Il bambino viene messo al
centro della pedagogia e bisogna pertanto educarlo nelle varie fasi di sviluppo. La donna in questo periodo conquista
sempre più posizioni e le viene insegnato più cose pratiche, come i lavori domestici. Con il disabile, la pedagogia cerca
di recuperare le sue facoltà e quindi di educarlo, affinché riuscisse anche lui ad avere un apprendimento. I viaggi e la
scoperta di nuovi luoghi, fa sì che viene importata nuova cultura e quindi si ha un’apertura mentale verso lo “straniero”.
FROEBEL
Froebel ha una visione religiosa e panteistica della natura, ossia in tutto ciò che ci circonda c’è Dio. Pertanto è possibile
trovare i modi migliori per educare nella natura e il maestro deve far capire che Dio si trova all’interno del bambino, in
quanto anche lui è parte della Creazione di Dio e quindi bisogna portare il bambino a conoscere se stesso, ad
armonizzarsi con la natura ed ad unirsi con Dio. Tre passaggi fondamentali della crescita del bambino sono il gioco,
lavoro e creatività. Secondo Froebel, il bambino apprende attraverso il gioco, che influisce sulla crescita e quindi sul
formare l’uomo adulto: infatti se gioca tranquillamente e attivamente, da grande può diventare un uomo bravo e
tranquillo. Le tre figure dell’educazione per Froebel sono: la famiglia e la madre, il giardino e la maestra giardiniera, la
scuola e l’insegnante. Proprio nel giardino, avviene la crescita del bambino in modo libero e spontaneo in un ambiente
sereno di gioco e a contatto con la natura. Qui conosce vari tipi di giochi, da quelli collettivi a quelli che sono un facsimile dei lavori produttivi, ma i più importanti sono i doni, i quali servono al bambino per comprendere i diversi caratteri
della realtà, come la molteplicità, la forma, il colore, l’uguaglianza, la diversità, ecc. Rompendo i doni, il bambino può
anche apprendere principi come scomposizione e ricomposizione, costruzione e demolizione. La pedagogia di Froebel
arriva anche in Italia, dove le sorelle Agazzi fondarono la prima scola materna legata al metodo di Froebel.
PEDAGOGIE DEL 900
Alla fine dell’800, la pedagogia, pur non separandosi dalla filosofia, tende verso la praticità e le scienze positive. Infatti
si sviluppa il Positivismo, che nasce in Francia con Comte e in Inghilterra con Spencer e Mill ed è una corrente filosofica,
che pone al centro la scienza e il metodo scientifico, pertanto qualsiasi cosa nella scuola e nella società può essere
osservata attraverso il metodo, per poi sviluppare una serie di metodologia che devono essere applicati ai vari campi.
Grandi svolte ci saranno in questo secolo: tutto ciò che era considerato trascendente viene abbandonato e sostituito dalla
scienza e la pedagogia, aiutata anche dalle altre discipline, si afferma sempre di più come scienza, perché tende non solo
alla teoria ma anche alla pratica, come la formazione di associazioni che reclutavano ragazzi per impegnarli in una serie
di attività educative. In questo periodo nasce l’Attivismo con Dewey, un movimento che sarà uno dei modelli per la
Montessori.
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ATTIVISMO
L’Attivismo nasce con Dewey e porta delle novità in pedagogia: la scuola non viene vista più come luogo dove il
bambino deve apprendere, ma è una scuola attiva, con la valorizzazione dell’insegnamento pratico, come l’attività
manuale, i laboratori e tutto ciò che si può conoscere attraverso l’esperienza; è una scuola che si apre a ogni ceto sociale
e tutti devono obbligatoriamente andare a scuola. Al centro dell’Attivismo si trova il bambino, del quale si deve
conoscere gli interessi e i suoi bisogni. Fondamentale è anche la valorizzazione dell’ambiente, perché tramite esso il
bambino riceve gli stimoli dell’apprendimento, e della socializzazione, tramite la quale il bambino entra in contatto con
gli altri bambini.
DEWEY
Dewey è il principale teorico dell’Attivismo. Il suo pensiero si articola intorno alla Teoria dell’esperienza, secondo la
quale l’individuo è in continuo contatto con il suo ambiente, reagendo e agendo su di esso, pertanto la sua educazione
deve partire dalla quotidianità nella quale il soggetto vive. La scuola, per Dewey, è una sorta di società in miniatura,
dove il bambino deve essere educato, affinché si prepari ad entrare nella grande società quando sarà adulto.
Fondamentali nella scuola è la realizzazione dei laboratori e l’introduzione dei lavori manuali, che rendono sveglio e
attivo il bambino. In questo contesto, l’insegnante non è più una figura autoritaria, ma guida e organizza i processi di
ricerca della classe, come una sorta di animatore delle diverse attività. Infine, proprio riflettendo la grande società, la
scuola deve tendere a sviluppare tutte quelle attività che mettono in relazione il bambino con gli altri, quindi, come una
democrazia, deve dare la capacità di dialogare, partecipare e collaborare.
MARIA MONTESSORI E IL METODO MONTESSORI
L’Attivismo viene ripreso da Maria Montessori, che fonda il suo pensiero sul principio di libertà, secondo il quale il
bambino deve essere lasciato libero di agire, perché attraverso il gioco egli apprende anche i lavori di casa; e il principio
dell’aiuto, secondo il quale lo scopo biologico dell’educazione è aiutare lo sviluppo naturale psicofisico del bambino,
sempre nel rispetto della sua personalità. Il metodo Montessori tende ad avere due tipi di educazione: l’educazione
sensoriale e l’educazione dei movimenti. Secondo la Montessori, il movimento è un qualcosa di essenziale per il
bambino, che ha il bisogno irresistibile di muoversi, infatti lei aveva provato che l’attenzione di un bambino tende ad
arrivare fino a un certo punto, dopodiché ha bisogno di staccare e muoversi, perché non più interessato alla maestra.
Dopo aver dato un tempo di pausa, il bambino riprende l’attenzione su cose che andavano fatte. Con educazione
sensoriale, si intende la capacità di comprendere cosa fare, dopo che si è avuto accesso ai sensi. Il metodo si fonda su
alcuni strumenti e principi: i registri, dove vengono archiviati i dati dei bambini, perché non tutti potevano fare la stessa
cosa; l’ambiente era su misura del bambino ed è un ambiente chiuso, che serve per far concentrare di più il bambino
sulle cose da fare, inoltre le classi, che devono essere numerose per poter mettere insieme varie esperienze, hanno mezze
pareti, cosicché il bambino più piccolo nella sua passeggiata intellettuale possa apprendere dal bambino più grande; la
capacità di controllo di sé, rispettando quindi anche la libertà dell’altro, costruendo con l’altro una comunità lavoratrice,
con la quale si possa collaborare per un unico fine; nel controllo di sé, il bambino deve rendersi conto anche degli errori,
per conoscere meglio se stessi e i propri limiti per potersi relazionarsi sempre più con gli altri; il bambino può apprendere
da ciò che lo circonda attraverso l’esperienza, sempre seguendo le sue esigenze e i suoi bisogni; al bambino viene
insegnato come gestire la vita domestica. La maestra montessoriana non deve essere protagonista della classe, ma deve
lasciare liberi i bambini, dopo aver loro fatto comprendere l’uso del materiale e le regole della scuola. Attraverso il
metodo Montessori, i bambini sviluppano la pazienza, perché c’era un solo gioco che doveva girare, pertanto il singolo
bambino doveva aspettare il suo turno. L’insegnante ha il compito di assistere senza intervenire e di osservare, senza
che il bambino si accorga della sua presenza.
PEDAGOGIA CRISTIANA
La prima volta che la Chiesa si espresse in maniera sistematica sulla pedagogia è stato con Leone XIII, che si espresse,
nella Rerum Novarum, sull’ordine sociale della Rivoluzione industriale, come le condizioni degli operai, le ore
lavorative, il lavoro minorile. Ma maggiori spunti dal punto di vista pedagogico, sono stati dati da Pio X, che pubblicò
il famoso Catechismo per fanciulli, una sintesi della dottrina della Chiesa e del Cristianesimo. Secondo Pio X, la famiglia
e la Chiesa erano importanti per l’educazione e la formazione dell’individuo. Sono nate varie correnti ispirati al
Cristianesimo. La posizione tradizionalista è quella di Don Bosco, che ha dato una serie di linee guida per portare i
bambini all’educazione cristiana, attraverso le scuole e gli oratori. Nasce anche l’Attivismo Cristiano con Manjon e
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Devaud, che ha le stesse caratteristiche dell’Attivismo di Dewey, ma con ispirazioni cristiane. Nasce con Meunier anche
il Personalismo, una corrente che pone al centro la persona e tutti gli aspetti della persona. Infine c’è l’esistenzialismo,
che tende a riflettere sul senso della vita, sulla propria esistenza, legata al proprio ambito sociale.
COGNITIVISMO
Il Cognitivismo nasce nella metà degli 50 negli Stati Uniti. Sposta l’attenzione dal concetto di assimilazione, ossia
stimolo risposta, a quello di soggetto attivo nell’elaborazione della realtà circostante, studia i processi mentali, attraverso
i quali le informazioni vengono elaborate, memorizzate e recuperate. Il maggior esponente del Cognitivismo è Bruner,
che studiò il modo di rendere più semplice l’apprendimento attraverso nuovi programmi in una società tecnologicamente
avanzata, dove i fattori socio culturali, ossia tutti quei valori che appartengono al nostro vivere comune, influenzano il
modo di riconoscere gli oggetti. L’individuo, quando apprende, tende ad associare l’oggetto dell’apprendimento a una
serie di ambiti che già conosce, e quindi rende quell’oggetto facile da ricordare. Inoltre un aiuto alla memoria lo dà il
linguaggio, che dà un significato e un senso alla realtà: infatti nella parola, si è già incamerato ed elaborato e si dà
all’oggetto che si vede il riconoscimento attraverso la parola. Secondo Bruner lo sviluppo cognitivo, nelle prime fasi è
più semplice e attraversa tre momenti nella rappresentazione del mondo da parte del bambino: operativo, ossia si
identifica l’oggetto nell’uso che si fa, iconico, ossia si colloca l’oggetto in uno schema di riferimento, e simbolico. Per
Bruner centrale non è solo il bambino, che partecipa attivamente al processo di apprendimento e si deve tener conto dei
livelli raggiunti, ma anche l’insegnante che si avvale di metodologie e materie di studio. Nelle fasi del curricolo bisogna
tener conto della motivazione e degli interessi dei bambini; si può insegnare a tutti, basta trovare il modo giusto; tutto
quello che viene spiegato, deve essere legato a qualcosa che i bambini già sanno; la valutazione serve a capire se
l’apprendimento è avvenuto. Pertanto si può dire che Bruner afferma che il bambino deve conoscere la realtà e le varie
nozioni, mettendole in relazioni tra loro per non cadere in confusione o in amnesia.
TEORICI COGNITIVISTI
Tra i teorici cognitivisti, rientrano Piaget e Vygotskij. Piaget ammetteva che la conoscenza avveniva per assimilazione
e accomodamento: l’assimilazione si ha quando si è a contatto di una nuova informazione, che viene incorporata in
schemi preesistenti; l’accomodamento si ha quando le strutture della conoscenza si adeguano alla nuova informazione,
ampliandosi o modificandosi leggermente. Secondo Piaget, il bambino durante la sua età evolutiva, vive e percorre
quattro stadi di sviluppo cognitivo. Lo stadio senso motorio è quello degli 0-2 anni: In questo periodo il bambino esplora
e si relaziona con l’ambiente attraverso i sensi e le capacità motorie che pian piano si perfezionano. Nella sua mente
quindi esistono solo concetti pratici come sapere cosa fare per attirare l’attenzione della madre. Inoltre si sviluppa una
sorte di egocentrismo infantile, come l’incapacità di percepire tra la propria visuale e quella degli altri. Lo stadio preoperatorio va dai 2 ai 6 anni: il bambino inizia una fase di riconoscimento del sé, identifica i familiari e le persone che
vede spesso, comprende la propria immagine nello specchio, sviluppa bene la parola. Prevale ancora l’egocentrismo.
Lo stadio operatorio concreto va dai 6 ai 12 anni: in questo periodo il bambino sviluppa comprensione e logica. Riesce
a compiere operazioni mentali come sommare, sottrarre, dividere, moltiplicare, classificare, tutto su basi concrete e dati
tangibili. Acquisisce il concetto di reversibilità: l’effetto di un’operazione può essere annullata da un’operazione
opposta. Lo stadio operatorio formale va dai 12 anni in poi: il bambino riesce a creare dei pensieri astratti e crearsi un
pensiero immaginario, ipotetico e deduttivo anche senza una reale esperienza. Vygostkij affermava che non è lo sviluppo
che consente l’apprendimento, ma è l’apprendimento che produce lo sviluppo e fondamentale per lo sviluppo è il
linguaggio.
IL COSTRUTTIVISMO PEDAGOGICO NELL’I.R.C.
Il Costruttivismo evidenza l’importanza dell’adattamento dell’individuo all’ambiente come forma di conoscenza e pone
il soggetto che apprende al centro del processo formativo, evidenziando che la conoscenza è il prodotto di una
costruzione attiva da parte del soggetto, è collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento, nasce dalla
collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale. Nella didattica, gli alunni sono responsabili del proprio
apprendimento e protagonisti di una scuola dove raccontare le proprie esperienze ed emozioni, quindi di valori che
costituiscono la base autentica dell’imparare. Questo tipo di didattica, che spinge a riflettere sui propri comportamenti,
porta nelle scuole l’Insegnamento della Religione cattolica, che è diversa da altre disciplina ed è facoltativa, pertanto
può essere sostituito da un progetto che si tiene all’interno della scuola da un docente, che può essere anche esterno
della scuola.
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DON LORENZO MILANI
Negli anni ’60 di grande spicco è la figura di Don Lorenzo Milani, che con la Lettera ad una professoressa, accusò la
scuola pubblica, classista e discriminatoria, si fece promotore di un’istruzione alternativa, aperta a tutti. Secondo Don
Milani la scuola aveva un solo problema: i ragazzi, che perdeva quando li bocciava, in quanto era una scuola selettiva
solo per i Pierini (ossia i ricchi) e non per i Gianni (ossia i poveri). Don Milani, con i ragazzi di Barbiana, dove era
parroco, diede alcune proposte radicali, come il non bocciare, o dare scuola a tempo pieno a chi non riusciva (i cretini),
o dare uno scopo agli svogliati. Ma per la realizzazione di questo tipo di scuola, secondo don Milani, c’era bisogno
dell’impegno dello Stato e dei sindacava ed era fondamentale che la scuola stessa si aprisse all’altro, in modo che
nascesse uno stato di solidarietà sociale fondata sulla giustizia. I contenuti da insegnare in questo tipo di scuola dovevano
legarsi al politico e al sociali ed essere impartiti non con una tradizione aulica e letteraria, pur dando alla possibilità agli
studenti di possederla e giudicarla. L’educazione linguistica, fondamentale nella pedagogia di Don Milani, deve dare
chiarezza al pensiero ed efficacia logica e comunicativa all’esposizione verbale e scritta.
PEDAGOGIA SPECIALE
La pedagogia speciale si occupa di alcuni individui ritenuti speciali per via del loro comportamento o se sono affetti da
qualche patologia. Tutto nasce dagli studi di Itard, che ritrovò, con il suo maestro Pinel, nella foresta dell’Aveyron, un
bambino selvaggio, che secondo gli stessi studi sarebbe vissuto così in solitudine per circa 9-10 anni. Quando viene
catturato egli non ha nessun tipo di conoscenza e secondo Itard si comporta così, perché non è stato in contatto con
nessuno e pertanto non è riuscito a sviluppare il linguaggio e la conoscenza sensoriale. Itard, insieme alla sua donna di
servizio, crescerà questo bambino, con la speranza di insegnargli tutto, ma si accorgerà che il bambino non riuscirà mai
a svilupparsi socialmente e a livello linguistico: pertanto Itard lo considererà il più grande fallimento, in quanto non
riuscirà mai parlare, se non a mettere qualche suono, anche se capisce di cosa si sta parlando. Nella scuola, quando si
parla di pedagogia speciale, si fa riferimento ai BES e ai DSA.
BES
Nei BES rientrano tutti i disturbi di apprendimento, comportamento e altre problematicità riconducibili a ragioni
psicologiche e ambientali, che non permettono allo studente di apprendere. Tali deficit devono essere certificati, in
quanto tali bambini devono seguire una programmazione personalizzata, caratterizzata anche da misure dispensative e
strumenti compensativi. È importante che famiglia e scuola siano sempre in relazione tra loro: infatti la famiglia deve
informare di un eventuale BES e la scuola, dopo un’attenta osservazione, deve offrire risposte idonee e personalizzate.
Questo percorso individualizzato deve essere acconsentito e firmato dalla famiglia stessa.
DSA
I DSA sono disturbi specifici che riguardano l’abilità di lettura, di scrittura e di fare calcoli. Sono disturbi che si
presentano già nelle prime fasi di sviluppo e non dipendono da una mancanza di apprendimento o da una malattia
cerebrale. Tali disturbi si notano dopo che al bambino viene post un test e il risultato è al di sotto di quanto previsto in
base all’età, all’istruzione e al livello di intelligenza. A questo tipo di studenti, la scuola mette a disposizione una
didattica personalizzata, strumenti compensativi, come le tecnologie informatiche, e appositi strumenti dispensativi. Un
ruolo importante lo svolge la famiglia, che dovrebbe informare la scuola, sollecitandola ad un periodo di osservazione.
Dopo tale periodo, se si sono verificati disturbi, la scuola provvede ad informare la famiglia e ad individuare un
programma personalizzato.
MONOGRAFIA DI PEDAGOGIA
INSEGNARE RELIGIONE IN UN MONDO SECOLARIZZATO
UN ITINERARIO PEDAGOGICO-DIDATTICO
COME INSEGNARE RELIGIONE (CATTOLICA) AGLI ADOLESCENTI 2
Cfr. A. VALENTINETTI, «Come insegnare religione (cattolica) agli adolescenti in un mondo “scristianizzato” o post-cristiano»
Insegnare religione in un mondo secolarizzato. Un itinerario pedagogico-didattico, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno 2018, 113190.
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La pedagogia odierna non ha bisogno di fornire all’uomo solo conoscenze tecniche, ma lo deve accompagnare ad
individuare strade percorribili affinché esso diventi uomo del suo tempo, quindi custode della tradizione. Questo succede
perché già a monte c’è la scuola che non motiva i giovani con proposte significative, in particolare si vede con l’IRC,
dove i giovani ormai sono meno partecipi alle attività di religione, anche a causa della famiglia che tende a non dare più
un’educazione cattolica. Pertanto l’Idr ha il “compito” non tanto di seguire un programma didattico, ma di aprire la
mente dei ragazzi, quindi innestarsi nel loro vissuto per poi riproporre contenuti antichi.
L’IRC è una disciplina a stampo cattolico e ha come compito di trasmettere i principi fondamenti della fede cristiana
cattolica, che per uno studente italiano, che vuole conoscere la propria cultura, è di fondamentale importanza, alla pari
di nozioni storiche, filosofiche, scientifiche e artistiche. Ma insegnare tali fondamenti non ha tanto senso, in quanto oggi
gli studenti non sono coinvolti in tali argomenti e tendono a scappare dall’ora di religione, in quanto essi non hanno
bisogno di sentirsi ripetere contenuti morali o dogmatici che non sente più suoi, ma hanno bisogno di trovare qualcuno
che ascolti i loro problemi esistenziali e cerca di aiutarli. A livello funzionalistico, quindi, l’IRC sembra di non servire
a niente rispetto ad altre materie, che tendono ad insegnare delle conoscenze e/o addirittura un mestiere: infatti non è
difficile sentirsi dire dallo studente a cosa serve l’ora di religione e tutto quello che vi è insegnato. L’IRC, pertanto, deve
protendersi ad ascoltare il grido di aiuto dell’alunno, che nasce da esperienze di vita vissuta e dalle problematiche della
vita, quindi aiutarlo a conoscere se stesso e a offrigli strumenti e risposte credibili per un inserimento responsabile nella
vita civile e sociale. Quindi non si tratta più di seguire un percorso formativo già programmato, ma il mettere al centro
di questo percorso lo studente con i suoi bisogni fondamentali e i suoi modi personali di conoscenza che parte
dall’esperienza del ragazzo e si arriva al dato storico/culturale, per poi tornare all’esperienza: quindi è fondamentale che
l’alunno venga incoraggiato gradualmente ad esprimere le proprie idee e riflessioni, in modo che le nuove conoscenze
acquisite dall’insegnamento del docente, possano lasciargli un segno, che lui stesso poi può rielaborare in un processo
di apprendimento personale e critico. Con questo atteggiamento si arriva ad essere religiosi, ossia aprirsi alle domande
dell’esistenza umana e della vita in generale, ma anche essere disposti ad accogliere qualsiasi parola che sia in grado di
dare fiducia e speranza e solo così ogni individuo si sente benvoluto, amato, accolto, ascoltato e compreso per quello
che è realmente, sintesi di aver avuto una buona relazione con l’altro, che spinge di conseguenza ad avere fiducia in
Dio. L’Italia, oggi, è diventato un paese multiculturale, a causa di tanti popoli vivono nella penisola; pertanto l’IRC e
l’Idr hanno una sfida importante da affrontare, ossia quella di accogliere e rispettare la cultura e la fede di ogni ragazzo
e offrigli un’opportunità di crescita personale, che dia la possibilità al ragazzo di riconoscere e apprezzare nelle sue
radici il ricco patrimonio storico, artistico e valoriale del paese in cui si ritrova a vivere e quindi anche un confronto
aperto con le altre religioni, in modo possa crescere un dialogo tra culture differenti e maturare una prospettiva di libertà,
giustizia e pace.
L’IRC ha il compito di contribuire alla formazione globale della persona, facendo in modo che lo studente sviluppi ogni
aspetto e dimensione del suo essere, maturando così la capacità di risolvere i problemi che si presentano nella vita,
superando così la concezione statica dei saperi e imparando invece a confrontare ciò che si apprende a scuola con il
proprio vissuto quotidiano. L’Idr, soprattutto nelle scuole superiori, sa di dover affrontare molteplici difficoltà per far sì
che questo insegnamento si realizzi, ma esso deve comunque affrontare queste difficolta, impegnandosi a promuovere
un itinerario formativo che porta alla trasformazione dell’essere umano, attraverso un percorso educativo che mette
insieme in armonia corpo, mente, cuore e spirito, in modo che gli studenti riescano ad accettare se stessi con i loro pregi
e difetti e riconoscere le proprie origini culturali. Per realizzare una sensibilizzazione alla dimensione cattolica, l’Idr
deve in primis mettersi in ascolto attivo degli studenti, per instaurare con loro un rapporto fatto di sincerità, stima, fiducia
ed apertura: solo facendo questo primo passaggio, il docente è capace di “accattivarsi” lo studente, per poi fargli fare un
viaggio nella umana esistenza in tutte le sue dimensioni, andando alla scoperta così di esperienze, emozioni,
comportamenti, opinioni ed infine anche la dimensione religiosa, a cui loro sono chiamati a farsi delle domande
metafisico-religiose sul senso dell’esistere e dell’agire. E proprio dal riconoscimento di se stessi, che gli studenti possono
aprirsi a un dialogo con le altre professioni religiose, diventando così costruttori di ponti, messaggeri di pace e promotori
di giustizia in vista del bene comune. Solo così riescono a valorizzare le proprie radici religiose, innestate nel loro mondo
culturale, e a riconoscersi come membri di una tradizione che li lega alle persone che sono vissute prima di loro, andando
così ad interrogare anche il passato, per costruire un futuro diverso e migliore.
Dalla seconda metà degli anni 90 ci si è orientati verso l’idea di avere un modello pedagogico che privilegia le
competenze, ossia una somma conoscenze e abilità disciplinari, che consentono agli alunni di rispondere in maniera
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veloce e adeguata ai problemi che essi possono incontrare nelle diverse situazioni della vita e quindi interagire in modo
efficace con la realtà.
Secondo i documenti ufficiali europei e italiani, le competenze dell’IRC non sono di stampo religioso, ma funzionali e
strumentali, e alla pari di altre materie curricolari, anche la religione deve dare conoscenze e abilità da sviluppare tramite
l’apprendimento. Tali competenze sono collegate agli assi culturali (area linguistica e comunicativa, area metodologica,
area logico-argomentativa, area storico-umanistica, area matematica e scientifica), alle otto competenze chiave
(comunicazione della madre lingua, comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica, competenza digitale,
imparare ad imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed
espressione culturale e alle otto competenze-chiave di cittadinanza (imparare ad imparare, progettare, comunicare,
collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere i problemi, individuare collegamenti e
relazioni, acquisire e interpretare informazione). Precisamente l’IRC viene collocato nell’area linguistica e
comunicativa, per il valore del linguaggio religioso nell’interpretazione della realtà; tra le competenze chiave nella
dimensione sociale e civica, che riguardano comportamenti favorevoli e impegno per il bene comune, e nella dimensione
della consapevolezza ed espressione culturale, quindi l’essere consapevoli che la religione faccia parte della propria
identità culturale. Le competenze chiavi di cittadinanza danno una formazione globale della persona, che muovendosi
dalla propria interiorità, si diventa coscienti di sé, del proprio vissuto esistenziale, dei propri stati emotivi e delle
dimensioni più profonde, che spingono poi ad avere anche un buon rapporto con l’altro. Al centro delle competenze
IRC c’è lo studente e l’importanza ad apprendere e quindi a crescere se stesso interiormente, piuttosto che il vedere
l’efficienza nel mondo lavorativo. Il ruolo del docente in questo caso è quello di imparare a formulare le competenze
come un cammino formativo da percorrere insieme ai propri alunni, in vista di una loro efficace, concreta e piena
maturazione.
L’IRC deve offrire allo studente, tramite le competenze, la possibilità di rispondere alle domande esistenziali, in modo
che, in quell’ora di religione, egli impara a crescere personalmente e a vivere: quindi l’Idr darà a lui l’abilità all’ascolto,
al dialogo, agli affetti in generale, ma anche alla capacità di riuscire ad organizzare la propria vita, anche difronte a
situazioni difficili che portavano a una considerazione negativa della vita stessa. Tutto questo avviene solo se il docente
di religione riesce ad instaurare un buon rapporto con gli studenti, in modo da insegnare loro anche come comportarsi
nei confronti della Terra e a prendersi cura di essa. Inoltre l’IRC diventa anche un’occasione per approfondire tematiche
di altre discipline, come letteratura, filosofia e storia, e guardarle in un’ottica diversa, capace di offrire spunti di
riflessione, di interpretazione e di ricerca differenti, avvicinandole quindi quanto più vicino alle azioni concrete della
vita presente.
In un mondo ormai multimediale, dove i vari social e mass media prendono sempre più spazio, anche il docente di
religione deve “adattarsi” a questo mondo, per riuscire a trovare la strategia giusta per entrare in sintonia con i propri
alunni e quindi migliorare l’apprendimento. Per tanto anche l’attività didattica si trova difronte a delle difficoltà, che
deve superare attraverso nuove strategie e metodi per poter far partecipare l’intera persona al processo di apprendimento,
andando anche ad esplorare la sua parte interiore. Infatti il processo di apprendimento coinvolge l’intera persona dello
studente, quindi non solo a livello cognitivo e comportamentale, ma anche a livello relazionale ed emotivo, ossia tutte
quelle dinamiche interiori che orientano il conoscere, il fare e il modo di essere della persona e permettono, quindi,
l’acquisizione delle relative competenze.
Creare un programma didattico-pedagogico per competenze non è semplice, in quanto il processo di apprendimento è
vario da studente a studente, pertanto tale programma deve essere spesso adattato alle esigenze degli studenti, tenendo
conto delle varie esperienze dei ragazzi e offrendo loro risposte a seconda delle diverse esigenze esistenziali,
trasmettendo in essi passione e coinvolgimento. Partire quindi dal vissuto dei ragazzi, significa tener conto di tutta una
serie di problemi che essi sono chiamati ad affrontare nel contesto storico-culturale in cui vivono e cercare poi di dare
delle risposte alle domande fondamentali dell’uomo, specialmente quelle che riguardano l’esistenza. La risposta dell’Idr
a queste domande non è certo universale, in quanto nel corso della storia si sono susseguite una serie di risposte sul
bisogno metafisico dell’uomo. L’insegnante deve rispondere alle curiosità e alle domande dello studente una volta che
si è creato sintonia con lui, agendo in mondo indiretto, quindi aprendosi al dialogo, adottando il suo linguaggio,
ascoltandolo attentamente senza interromperlo, e poi successivamente mettere in discussione tramite contro-domande
le sue affermazioni, dando così anche risposte che sono lontane da ciò che si pensa nel quotidiano, risposte che sono
della tradizione cristiana e che emergono in primis dalle Sacre Scritture, che poi possono servire nel vissuto quotidiano.
Questo tipo di apprendimento, fondato sulla relazione esperienza-sapere, è utile soprattutto per gli studenti delle scuole
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superiori di II grado, che affrontano il “problema del vivere”. Grazie a tale apprendimento, lo studente impara ad
affrontare situazioni di dubbio e incertezza, attraverso l’apprendimento di comportamenti adattivi, ossia insieme di
concetti, pratiche e abilità che lo aiutano a gestire autonomamente la vita quotidiana e a rispondere alle richieste che
provengono dal contesto storico-sociale in cui vive.
Nella programmazione di competenze, il docente fa una selezione degli argomenti da affrontare in maniera più
approfondita. La presentazione di un argomento può avvenire in più riprese, quindi essere trattato da prima in maniera
generale, per poi tornarvi sopra con maggior ricchezza di dati e con la più grande profondità possibile. Ma affinché il
tema possa essere affrontato, è necessario che dall’altra parte ci sia interesse, motivazione e ascolto; pertanto c’è bisogno
che l’Idr usa il linguaggio comunicativo quanto più vicino allo studente.
L’IRC fa uso del linguaggio educativo-formativo, che non comunica semplici nozioni, ma deve essere capace di dar vita
a un viaggio interiore trasformativo, che attraverso varie tappe, porta alla maturazione piena della persona. L’IRC, grazie
anche all’aiuto biblico, deve essere capace di aprire i ragazzi a una comprensione mistica della realtà, in virtù della quale
situazioni e vissuti in generale diventano segno di qualcos’altro, tenendo sempre conto sia dell’identità e dello sviluppo
degli studenti, sia del modo di pensare, sentire e vivere proprio delle nuove generazioni.
LA QUALITÀ DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE 3
Nel corso del tempo si è passato da un’Idr che si limitava a svolgere il programma ad un Idr che si apre al proprio alunno
e lo accompagna nello sviluppo di specifiche competenze personali, aprendosi anche lui stesso alle novità e alle nuove
procedure di insegnamento. Ma il docente modello, ossia quello che da subito fa breccia nel cuore degli alunni, è quello
autentico e coerente, capace di accompagnare, attraverso anche le sue parole di testimonianza e la sua coerenza di vita,
nelle tappe della loro crescita mettendosi al loro fianco. Diventare Idr, significa andare in una sorta di missione, dove la
riuscita del suo insegnamento, oltre al credere in determinati valori ed ad essere un buon esempio, dipende dal saper
instaurare con gli studenti un buon rapporto. L’Idr è colui che sa accogliere e condividere i vissuti e i rapporti personali
degli studenti, facendoli aprire alla propria coscienza di sé; li deve sollecitare a pensare in grande e con la propria testa,
educandoli al coraggio di osare, cosicché possano aprirsi speranzosamente al futuro.
I profondi cambiamenti che hanno interessato la scuola italiano riguardano la professionalità dell’Idr, che oggi ha
bisogno di determinate competenze.
Competenza disciplinare: riguarda la capacita di saper insegnare. Per raggiungere questa capacità l’insegnate parte dalla
propria esperienza per poi poter capire quale sia la strategia e tecnica giusta da usare. Fondamentale è restare sempre
aggiornati in una sorta di formazione permanente, in quanto determinati strumenti o abilità possono risultare obsolete e
quindi non coinvolgenti.
Competenza didattica orientata per competenze: è la capacità dall’insegnante di non sottovalutare i tempi e i modi dello
sviluppo dello studente. Pertanto il suo insegnamento non deve essere subito efficace, ma deve essere indirizzato per
una vita futura dello studente, aiutandolo quindi anche a colmare le eventuali carenze e mancanze.
Competenza psicologica-pedagogica: è la capacità dell’insegnante di adattarsi alle capacità recettive degli alunni,
rispettando il loro processo di crescita e suscitando in loro desiderio di conoscenza e spirito critico. Pertanto l’insegnante
deve sempre mirare a cogliere l’interesse dello studente, tenendosi aggiornato sul contesto storico in cui vive e adottando
metodologie nuove e diverse.
Competenza comunicativo-personale: è la capacità di coinvolgere e motivare lo studente, dialogando con lui e creando
così un rapporto autentico di fiducia, in modo da aiutarlo e incoraggiarlo per vivere la propria vita in prima persona.
Quindi l’Idr deve entrare in piena sintonia con i propri alunni, deve mostrare un’attenzione sincera per ciò che avviene
in classe, deve saperli incoraggiare, deve mostrarsi comprensivo, attendibile e garbato, in modo che lo studente sia
portato ad aprirsi, a raccontarsi, a esprimere le proprie emozioni senza il timore di essere giudicato.
Cfr. A. VALENTINETTI, «La “qualità” degli insegnanti di religione (Idr): si insegna religione cattolica per passione e/o per
professione» Insegnare religione in un mondo secolarizzato. Un itinerario pedagogico-didattico, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno
2018, 207-225
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Competenze sociali: è la capacità di conoscere e usare un’ampia varietà di strumenti digitali di comunicazione, in modo
da fornire agli studenti una migliore opportunità di apprendimento, supportata dalle nuove tecnologie.
Competenza umana, etica e valoriale: è la capacità dell’insegnante di religione di vivere un comportamento adeguato al
ruolo che svolge e agire in modo coerente con ciò che insegna, cercando di assomigliare un po’ alle sue idee. Modello
del docente di religione deve essere Gesù come maestro di vita. Infatti, Gesù era il primo a dare l’esempio e incarnare
il proprio insegnamento; infatti il docente deve essere il primo a mettere in pratica ciò che esige dagli altri. Gesù
interveniva concretamente in aiuto di chi aveva bisogno, così il docente deve curarsi di accompagnare lo studente alla
scoperta della propria personalità, salvaguardandolo dalla deriva e dalla disperazione. Gesù nei suoi insegnamenti
incoraggiava le persone, così il docente deve incoraggiare con parole positive lo studente per fargli superare eventuali
difficoltà. Gesù lasciava piena libertà di decisione, così il docente non deve imporre le sue idee, ma deve limitarsi ad
offrire possibilità esistenziali su cui riflettere. Gesù, parlando al popolo, usa un linguaggio semplice e concreto, così il
docente deve sviluppare una lezione in forma essenziale e con un linguaggio accessibile a tutti gli studenti, evitando
così lezioni frontali lunghe e noiose. Gesù usava il dialogo, così tra studente e docente deve esserci colloquio continuo,
sempre aperto, sereno e costruttivo. Gesù non temeva di opporsi alle gerarchie valoriali del tempo, così il docente deve
mostrare ciò che ha veramente valore, anche al costo di entrare in collisione con le convinzioni sociali prevalenti. Gesù
non esitava a correggere chi stava in errore, così il docente, da vero educatore, non deve rinunciare a correggere i suoi
studenti, sempre, però, in modo calmo e autorevole. Gesù guardava con amore l’altro e riusciva a scrutare ciò che l’altro
portava nel cuore, così il docente deve guardare lo studente con uno sguardo amorevole e compartecipe, in grado di
ascoltare e comprendere l’altro. Gesù con la sua vita ha testimonato l’amore misericordioso di Dio verso gli uomini,
così il docente deve stabilire un rapporto profondo con i propri studenti.
Pertanto si può dire che insegnare religione cattolica nelle scuole, significa avere una sorta di vocazione, cioè il docente
deve essere motivato e appassionato per insegnare questa disciplina, avendo anche un senso di responsabilità, in quanto
egli deve comprendere e interagire con persone, che, con il suo insegnamento, può trasformare loro la vita.
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