04/04/2019 I livelli di analisi della lingua Fonetica e fonologia (la fonetica si occupa dei suoni che produciamo quando utilizziamo una lingua; sono due perché uno si occupa dei suoni che produciamo come realtà concrete, mentre la fonologia si occupa dei suoni come entità astratte calate in un sistema (insieme in cui gli elementi si trovano in rapporto l’uno con l’altro, ha una struttura interna). Morfologia (al suo interno troveremo sempre unità concrete e astratte; le unità veicolano delle porzioni di significato o funzioni). Sintassi (livello di analisi che si occupa di come le unità si dispongono nella sequenza verbale). Lessico e semantica (il lessico è l’insieme di unità indipendenti, è un insieme strutturato e articolato ed è strettamente collegato alla semantica che, invece, si occupa del significato). Questi livelli dialogano fra di loro, ci sono situazioni in cui si individuano delle interfacce: morfo-sintassi, fono-morfologia. Alcuni fenomeni riguardano più livelli. Fonetica È il livello di analisi relativo alla sostanza dell’espressione Si distingue in: o Fonetica articolatoria: descrive il processo di produzioni di suoni linguistici. Descrive l’anatomia degli organi preposti alla produzione, il cui insieme viene detto apparato fonatorio. o Fonetica acustica: descrive la consistenza fisica dei suoni e la loro propagazione in un mezzo (aria) o Fonetica uditiva: descrive i processi di percezione dei suoni. Descrive l’anatomia dell’apparato uditivo, ne studia la fisiologia, in particolare il modo in cui un impulso meccanico (la vibrazione di molecole d’aria) viene analizzato dall’orecchio e trasformato in impulso neurale (cioè elettrico) che il sistema nervoso trasmette al cervello. Studia i processi di categorizzazione dei suoni percepiti. Le unità minime si chiamano foni (suoni che produciamo e percepiamo presi nella loro concretezza). Come si producono i suoni? Con il passaggio dell’aria; nel caso dell’italiano i suoni sono prodotti tramite l’emissione di aria nella cavità orale. Quando emettiamo dei suoni, a seconda delle nostre corde vocali, la qualità della voce sarà diversa: voce modale, voce mormorata, voce cricchiata (creaky voice), la quale ha un valore pragmatico, è una modalità espressiva che caratterizza le giovani donne grazie ad una serie di modelli di riferimento. Alfabeto IPA (International Phonetic Alphabet) È un sistema grafico utile per evitare le ridondanze; per indicare ogni suono che riusciamo a produrre abbiamo bisogno di un sistema che serva solo a questo: alfabeto IPA che permette di descrivere tutti i suoni che produciamo. È un sistema artificiale creato da un comitato ad HOC (creato appositamente). La soluzione che gli studiosi hanno proposto era funzionale all’ipotesi che si vuole portare avanti. Questo alfabeto è inutilizzabile per scrivere qualsiasi lingua, ma è utile per descrivere con precisione un certo tipo di suono: quando si tratta di un suono concreto (fono), si utilizza questo alfabeto mettendo un segno tra parentesi quadre; quando il suono è inteso come unità astratta, si utilizzano questi segni ma inseriti tra slash. I suoni sono prodotti dall’apparato fonatorio per mezzo di un flusso d’aria che lo attraversa (nella maggioranza dei casi). Ci sono però delle lingue che insieme ai suoni di questo tipo, ne hanno anche altri in cui non c’è passaggio d’aria attraverso l’apparato fonatorio; questi suoni sono caratteristici di alcune lingue dell’Africa sub-sahariana o namibiano. Si fa riferimento a questi suoni con il nome di click (suoni non polmonari). Questi suoni sono ad esempio lo scrocchio del bacio. Il nostro apparato fonatorio ci permette di produrre moltissimi suoni a cui corrisponde un simbolo diverso; tutti gli esseri umani (a meno di malformazioni patologiche) possono produrre questi suoni. Ciascuna lingua utilizza un set molto ristretto di questi suoni, nessuna lingua li utilizza tutti. Nell’arabo ci sono suoni prodotti con la faringe o con la laringe. Vocali Parametri fondamentali o Anteriorità/posteriorità (anteriori, centrali, posteriori) (posizione della lingua) o Altezza (alte, medio-alte, medio-basse, basse – nel caso dell’italiano) (a seconda della posizione della lingua) o Arrotondamento (arrotondate o non arrotondate) (a seconda della posizione delle labbra) o Nasalizzazione (orali e nasali) (a seconda della posizione del palato molle – se è aperto e lascia passare l’aria per la bocca o è chiuso e l’aria passa per il naso) In genere le vocali possono essere prodotte da sole attraverso il flusso d’aria, non c’è nessun impedimento; a seconda della sua struttura avremmo tanti tipi di vocali i parametri sono: posizione della lingua, posizione delle labbra e posizione del palato molle; al contrario, le consonanti consonano, suonano insieme a qualcos’altro, ossia le vocali. Non tutte le consonanti si comportano così, ce ne sono alcune per cui questo aspetto è obbligatorio perché individua l’unità fonologica fondamentale che è la sillaba. Le vocali non sono 5!!! Ma sono 7, considerate anche le vocali accentate nelle sillabe. In sillaba atona sono 5. Nelle vocali non si utilizzano due parametri che non sono fondamentali, l’arrotondamento e la nasalizzazione. L’arrotondamento è presente, ma è un tratto intimamente collegato all’anteriorità e alla posteriorità: tutte le vocali anteriori sono non arrotondate, mentre tutte le vocali posteriori sono arrotondate. In alcune lingue, invece, è fondamentale ad esempio nel tedesco. La nasalizzazione non c’è, ogni vocale in italiano è orale (l’aria passa per la bocca). 09/04/2019 Video di Simone a Torre Maura Dittonghi Discendenti: vocale + vocale (la vocale bassa, a, viene prima delle vocali alte, i e u) /ai/ sai, … Falsi dittonghi (“dittonghi ascendenti”): semivocale + vocale (le vocali alte anteriori e posteriori, i e u, possono essere considerate suoni che richiamano ad una consonante, non sono vocali vere e proprie). Tutte le combinazioni sono possibili. /ja/ fiasco, ... Trittonghi Tutte le combinazioni con la vocale alta anteriore sono possibili (miei, guai, suoi, ecc.) Consonanti Parametri fondamentali o o o Modo di articolazione (ostruenti: occlusive, affricate, fricative; sonoranti: nasali, vibranti, laterali, approssimanti): in che modo si produce il suono e la sua vicinanza o meno alle vocali; Luogo di articolazione (bilabiali, labiodentali, dentali o alveolari, retroflesse, postalveolari, palatali, velari, uvulari, laringali, faringali): in che punto dell’apparato fonatorio si produce quel suono; Sonorità o grado di articolazione (sonore o sorde): è legata alla vibrazione o meno delle corde vocali Questi 3 parametri ci permettono di descrivere tutte le consonanti. Non tutti i valori dei parametri sono riscontrabili in ogni lingua. Le consonanti ostruenti sono le vere e proprie consonanti, che possono essere sia sorde che sonore. Le sonoranti sono “meno consonanti” e sono sempre sonore, così come le vocali, cioè implicano sempre la vibrazione delle corde vocali. Ad esempio, con la parola “bollo” sono coinvolte le corde vocali che producono la vibrazione, quindi la “b” è una consonante sonora. Le ostruenti si distinguono in occlusive, affricate e fricative. Le consonanti possono essere parziali o totali quando l’occlusione è totale si ha a che fare con le occlusive, ossia quando a livello di labbra, denti e palato molle si crea un occlusione (“p”, “b”, “t”, “d”, “k”, “g”); in quelle fricative si crea un occlusione parziale che lascia passare un po’ di aria che fuoriesce dai polmoni, che produce una frizione (“s”, “f”, “z”, “v”, “sh”); le affricate sono una via di mezzo tra le altre due, sono suoni prodotti in due momenti diversi attraverso un’articolazione dell’apparato fonatorio che inizia come occlusiva e prosegue come fricativa, ossia con un occlusione parziale (“t+sh=c”, “d+j=g”, “t+s=z, d+…)” Le sonoranti nasali sono prodotte con la cavità nasale (“m”, “n”, “gn”), vibranti con la vibrazione della lingua (“r”), laterali con la fuoriuscita laterale del flusso d’aria (“l”, “ʎ”) e approssimanti hanno un piccolo accenno di articolazione, vicine alle vocali. I suoni possono essere brevi o lunghi, invece ce ne sono alcuni che in italiano sono strutturalmente lunghi, ad esempio “pesce”, “tigna”. 11/04/19 La sillaba Unità naturale, più del singolo suono (fono) Ha un nucleo, spesso vocalico, ma in alcune lingue anche consonantico Può avere un attacco (onset) consonantico Può avere una coda consonantica (sillaba aperta vs. sillaba chiusa) Fonologia È il livello della lingua relativo alla forma dell’espressione. Le unità individuate si chiamano fonemi: hanno proprietà distintiva. L’interfaccia tra fonetica e fonologia si basa su regole specifiche di ogni lingua. La fonetica studia l’espressione concreta dei suoni di una lingua; la fonologia ne studia la rappresentazione astratta, sulla base di opposizioni distintive che si configurano come un sistema, con delle regole di applicazione. Coppie minime ['kane], ['pane], ['tane] /k/ ~ /p/ ~ /t/ Tratti prosodici (o soprasegmentali) Lunghezza Accento Tono Intonazione Lunghezza I segmenti fonetici hanno una durata temporale, fortemente variabile, che dipende dalla velocità di eloquio scelta dal parlante. Alcune differenze di durata possono avere valore linguistico. Italiano: pala ['pala] vs. palla ['pal:a] Inglese: ship [ʃip] vs. sheep [ʃi:p] Latino: palus ['palus] vs. palus ['pa:lus]; canis ['kanis] vs. cannis ['kan:is] Accento È il tratto caratteristico di maggiore preminenza di una sillaba rispetto alle altre sillabe. Questa preminenza si può ottenere attraverso il volume, l’altezza, la durata. Lingue ad accento fisso: turco e francese (ultima sillaba), polacco (penultima sillaba), cèco (prima sillaba). Lingue ad accento libero: italiano: parole ossitone o tronche, cioè accentate sull’ultima sillaba (città); parole parossitone o piane, cioè accentate sulla penultima sillaba (casa); parole proparossitone o sdrucciole, cioè accentate sulla terzultima sillaba (piccolo); parole bisdrucciole (sono rare), cioè accentate sulla quartultima sillaba (scivolano); casi particolari: comunicamelo… Tono Il tono è dato da una variazione di altezza della voce. Ogni parlante varia sistematicamente il proprio tono in funzione di caratteristiche extralinguistiche; alcune lingue, tuttavia, danno al tono un valore linguistico: cinese: ma (tono alto), «madre» ma (tono alto discendente), «ingiuriare» ma (con tono alto ascendente), «lino» ma (con tono basso discendente), «cavallo» Intonazione Anche l’intonazione è caratterizzata da una variazione di altezza, ma nel dominio della frase; l’intonazione è una linea melodica, che può veicolare fattori extralinguistici ma anche elementi grammaticali, segnalando ad esempio la modalità della frase. Italiano: ['marjo do'mani 'εʃ:e 'prεsto] (affermazione) ['marjo do'mani 'εʃ:e 'prεsto] (domanda) L’alfabeto: vocali /i/ ‹i› picco e/ ‹e› pesca (attività) /ɛ/ ‹e› pesca (frutto) /a/ ‹a› fatto /ɔ/ ‹o› botte (colpi) /o/ ‹o› botte (contenitore) /u/ ‹u› cura 17/04/19 L’alfabeto: consonanti Nel nostro alfabeto per /ts/ e /dz/ utilizziamo lo stesso segno che è la z. Anche per /s/ e /z/ utilizziamo lo stesso segno che è la s. La stessa unità può essere scritta in modi diversi. Ci sono unità fonologiche che non hanno dei segni appositi, ma ne utilizziamo di già usati per altre unità, ad esempio le affricate (c e g). in altri casi si utilizzano delle combinazioni, come ad esempio gn, gl. Altri suoni, altre lettere Altre lettere introdotte successivamente che servono per scrivere parole straniere, prestate all’italiano. In genere, i suoni che vengono indicate attraverso queste lettere sono unità fonologiche già esistenti nell’italiano, come le approssimate, come la j in jacopo, la y per yoga. L’unico che non è presente nel sistema fonologico italiano è la “3”, che è stata introdotta con questi prestiti (abat jour, garage). Quando ci sono dei prestiti può capitare che alcuni segmenti fonologici… Dal latino all’italiano: il sistema vocalico Dal passaggio dal latino all’italiano ci sono stati dei mutamenti che hanno interessato il sistema fonologico, specialmente a livello di vocali. In latino le vocali sono 5, però ognuna può essere articolata in modo breve o lungo, quindi in tutto sono 10. Come si è arrivati all’italiano? Il primo mutamento è stata la perdita della lunghezza vocale che era un tratto distintivo. Non è un semplice insieme di elementi ma sono in relazione, se cambia un elemento viene ristrutturato tutto il sistemaè ciò che accade nel passaggio dal latino all’italiano. TABELLA Generalmente le parole italiane sono declinate dalla forma dell’accusativo (tranne alcune eccezioni, homo, dove l’accusativo è hominem, mentre il plurale hominum; latro, dove l’accusativo è latronem (ladro)). Il sistema consonantico è meno diversificato dell’italiano. TABELLA (in rosso innovazione dell’italiano, in verde suoni che passando dal latino all’italiano si sono perse). Da che cosa ha origine l’alfabeto? 08/05/2019 Morfologia È lo studio della struttura interna delle parole. Non esiste una definizione onnicomprensiva del termine parola. È possibile individuare una parola fonologica (es. ciascuna sequenza fonologica caratterizzata da almeno un picco tonico, cioè un accento) e una parola morfosintattica, che ha invece due caratteristiche principali: Stabilità interna: le parole possono essere scomposte in unità minime che hanno un ordine prestabilito che non può essere modificato: es. cas-a ma non *a-cas, invece posso dire casa nuova e anche nuova casa (… e carro armato?). Non interrompibilità: tra le unità minime di una parola non può essere inserito ulteriore materiale linguistico: es. tra cas- e -a di casa non è possibile inserire niente; tra la e casa posso invece inserire mia, e ottenere la mia casa (… e carro armato?). La morfologia individua delle unità minime dotate di significato, i morfemi. italiano can-e, can-i, can-il-e, porc-il-e, fien-il-e, can-il-i inglese dog, dog-s Distinzioni morfemi legati (it. can-e, can-i) e morfemi liberi (ing. dog, dog-s). morfemi lessicali (it. can-, gatt-) e morfemi grammaticali (it. -o, -i, -e, -a) (ma anche morfemi derivazionali: -il- in can-il-e). i morfemi lessicali legati sono detti anche radici (can-), i morfemi grammaticali legati sono detti anche affissi (cioè prefissi, prima della radice, e suffissi, dopo). In morfologia i morfemi rappresentano, come i fonemi in fonologia, le unità astratte, inserite in un sistema basato su opposizioni di significato, e restituiscono la forma del contenuto. Il livello della sostanza del contenuto è rappresentato dai morfi che, come i foni in relazione ai fonemi, rappresentano la realizzazione concreta, in questo caso dei morfemi. Quando due o più morfi sono diverse realizzazioni concrete della stessa unità astratta, cioè dello stesso morfema, si parla di allomorfi. Parti del discorso (in italiano…) Classi aperte: nomi, verbi, aggettivi, avverbi Classi chiuse: articoli, pronomi Posizione intermedia di preposizioni e congiunzioni Possibili altre distinzioni: categorie lessicali vs. funzionali, variabili vs. invariabili ecc. I nomi Designano "oggetti" o "individui" (sono quindi nomi classificatori), o "processi" e "qualità" (nomi relazionali). Nomi propri e nomi comuni Boccaccio e un/il/quel/qualsiasi/quale poeta Nomi numerabili, nomi di massa e nomi collettivi Un libro/ due libri ecc. Un po’ di sale, del vino, tanta acqua ecc. Gregge, branco, folla, gente, stoviglie, posate ecc. Gli articoli Rientrano nella categoria dei determinanti. Hanno la funzione di trasformare un concetto generale nella designazione di un referente specifico. Tre tipi: determinativi: il, la, lo, i, gli, le, l’ indeterminativi: un, uno, una, un’ partitivi: del, dello, della, dei, delle, degli, dell’. Gli aggettivi Aggettivi qualificativi: esprimono le proprietà di un "oggetto" o di un "processo", restringendone il campo di designazione. Rosso, bello, vecchio ecc. La casa vecchia / La casa è vecchia La sonora sconfitta / *la sconfitta è sonora Aggettivi non qualificativi: aggettivi che non esprimono proprietà. aggettivi di relazione: esprimono una relazione tra "oggetti": squadra nazionale. Altri tipi: la canzone preferita, la parete principale, un’abitudine quotidiana, il presunto assassino. Il grado: proprietà tipica dei soli aggettivi qualificativi, in quanto esprimenti proprietà graduabili. Positivo: buono, alto, vecchio ecc. Comparativo: migliore, più alto, meno vecchio ecc. Superlativo: o assoluto: ottimo, altissimo, molto vecchio ecc. o relativo: il migliore, il più alto, il meno vecchio. Aggettivi determinativi: non esprimono proprietà, ma in genere determinano i nomi definendone il referente. Possessivi: mio, tua, nostri, vostre, proprio ecc. Dimostrativi: questo, quello, codesto, stesso ecc. Indefiniti o di quantità: poco, tanto, qualcuno, nessuno ecc. o di qualità: qualsiasi, qualunque ecc. Interrogativi: quanto, quale, che. Numerali o cardinali: uno, due, tre ecc. o ordinali: primo, secondo, terzo ecc. I pronomi Come i nomi, designano referenti: la referenza tuttavia non è fissa, ma è determinata dal contesto. Personali: io, tu, noi, voi ecc. Possessivi: il mio, il tuo ecc. Dimostrativi: questo, codesto, quello, ciò, costui ecc. Indefiniti o di quantità: poco, tanto, qualcuno, nessuno ecc. o di qualità: alcunché, chiunque ecc. Interrogativi: quale, chi, cosa, quanto ecc. Esclamativi: chi, quanto ecc. Relativi: che, cui, il quale, chi ecc. I verbi I verbi in genere costruiscono processi, cioè esprimono un valore predicativo, definendo i partecipanti al processo. Verbi non predicativi o Copulativi: diventare, ritenere ecc. o Ausiliari: essere, avere, venire. o Aspettuali: stare, cominciare, continuare ecc. o Modali: potere, dovere ecc. Le preposizioni Sono parti invariabili del discorso che mettono in relazione due elementi di una frase; la relazione può essere puramente grammaticale (conta su di me) o concettuale (metti il libro sul tavolo). Le relazioni individuate sono sempre di carattere subordinativo. Proprie: di, a, da, in, con, su, per, tra, fra (e le relative articolazioni). Improprie: sopra, sotto, dentro, prima, dopo, nonostante, vicino, attraverso ecc. Locuzioni preposizionali: vicino a, prima di, in base a, con il fine di ecc. Le congiunzioni Sono parti invariabili del discorso che collegano parole o sintagmi di una frase o frasi di un periodo; anche in questo caso la relazione può essere grammaticale (vedo che non è arrivato) o concettuale (quando lo vedi, salutamelo). Le relazioni individuate possono essere di carattere coordinativo o subordinativo. Coordinative: e, o, ma ecc. Subordinative o Completive: che. o Temporali: quando, mentre, finché ecc. o Causali: perché, poiché ecc. o Finali: affinché ecc. o Concessive: benché, sebbene ecc. o Condizionali: se, qualora ecc. Locuzioni congiuntive: prima che, dato che, dal momento che ecc Gli avverbi Non codificano relazioni: in alcuni casi hanno la mera funzione di modificare altre parti del discorso, come verbi (mangia lentamente), aggettivi (profondamente deluso), altri avverbi (molto tardi); in altri casi si comportano come dei complementi al processo descritto dalla frase, in particolare in relazione al luogo (vieni qui), al tempo (arriverà domani) ecc.; spesso codificano un uso deittico. In altri casi ancora hanno una funzione anaforica, cioè di collegamento testuale: perciò, quindi, tuttavia, cioè ecc. Molti avverbi, soprattutto quelli di modo (bene, male ecc.) e quantità (tanto, poco ecc.) ammettono una gradualità come gli aggettivi: meglio, peggio, più lentamente, meno, più, velocissimamente, benissimo, maggiormente ecc. Categorie grammaticali (e tratti (o valori) morfosintattici) Numero (singolare, plurale, duale, triale, paucale ecc…) Genere (maschile/femminile, animato/non animato, grande/piccolo ecc…) Caso (nominativo, genitivo, accusativo ecc...; ergativo, assolutivo ecc…) Persona (prima, seconda, terza) Tempo (presente, passato, futuro ecc…) Aspetto (imperfettivo/perfettivo, momentaneo/durativo ecc…) Modo (eventi reali / eventi non reali ecc…) Diatesi (attiva/passiva ecc…) Numero Due numeri: singolare e plurale. Singularia tantum: tutti i nomi-massa (latte, vino, pane, sale ecc.), gli astratti in genere (felicità, timidezza, bontà ecc.), i nomi collettivi in genere (folla, pubblico, bestiame ecc.). Pluralia tantum: redini, occhiali, pantaloni, precedenti, nozze, forbici, mutande, condoglianze ecc. Genere Nomi con generi diversi al singolare e al plurale sono antichi neutri: braccio – braccia… Animatezza In italiano distingue solo le forme pronominali della terza persona: egli/ella (animato) – esso (non animato) Cfr. inglese he/she/it Caso In italiano è assente; le funzioni morfosintattiche sono veicolate analicamente o per via esclusivamente sintattica: Lat. Mulier puero fructum dedit Ital. La donna ha dato il frutto al bambino Parziale eccezione: i pronomi Io chiamo te Tu chiami me Persona Tre persone: prima, seconda, terza (chi parla, chi ascolta e chi è assente) Categoria pertinente ai verbi finiti Noi inclusivo ed esclusivo Es. quechua Tempo È la categoria che permette di collocare un processo o un fatto in una relazione di anteriorità, contemporaneità o posteriorità con l’atto linguistico del parlante o con altri fattori interni all’atto linguistico. Tre tempi: passato, presente, futuro dal punto di vista semantico, dal punto di vista grammaticale c’è un sistema più complesso di tempi verbali. Io ho preso/presi l’autobus Io prendo l’autobus Io prenderò l’autobus Prendo il treno domani alle cinque (atto certo, rientra in una pianificazione) evento collocato dopo l’atto linguistico, anche se uso il presente. Aspetto È la categoria che esprime le caratteristiche specifiche con cui si svolge l’evento o il processo descritto dall’atto linguistico. In italiano non ha una codifica puntuale: si distingue tra perfettivo e imperfettivo (se l’azione è conclusa o meno), tra momentaneo e durativo (l’azione è momentanea o si protrae nel tempo); si distingue inoltre un aspetto resultativo, uno abituale, ecc. Io mangiai la mela/io mangiavo la mela (mangiai: colloco l’evento in un momento; mangiavo: l’evento non è collocato in un momento, ma è in relazione alla sua durata e al suo sviluppo) Io mangiai la mela/io stavo mangiando la mela Io mangiai la mela/io ho mangiato la mela (passato lontano/passato recente, azione iniziata nel passato ma che ha effetti nel presente) Io mangiai la mela/io ero solito mangiare la mela (la seconda è una forma verbale costruita con una perifrasi, indica la ritualità, la consuetudine) Modo È la categoria che esprime l’atteggiamento del parlante verso il processo o il fatto che è descritto dall’atto linguistico. In alcuni casi l’usi del modo è vincolato solo a particolari necessità morfosintattiche (subordinazione). Quattro modi finiti: Indicativo (l’evento è reale): mangio una mela Congiuntivo (l’evento è desiderato): che io mangi una mela Condizionale (l’evento è ipotetico): mangerei una mela se… Imperativo (l’evento è un ordine): mangia una mela! Tre modi indefiniti: Infinito (l’evento è presentato lessicalmente come un nome): mangiare una mela Participio (l’evento è presentato lessicalmente come un aggettivo): una mela mangiata Gerundio (l’evento è presentato lessicalmente come un avverbio): mangiando una mela In italiano, i modi verbali hanno un uso duplice, da una parte hanno un uso concettuale (modi finiti), dall’altra hanno un uso grammaticale: ciò si sta perdendo nell’italiano standard moderno (“se io avevo fame mangiavo una mela”: l’uso corretto del congiuntivo non è un evento desiderato, ma prettamente grammaticale: si sta perdendo la funzione semantica del congiuntivo). Diatesi Indica la modalità di coinvolgimento degli argomenti nella descrizione del processo. In italiano si distingue una diatesi attiva e una passiva, a seconda se il soggetto sia l’agente o il paziente dell’azione o evento descritto. La gatta lecca il cucciolo Il cucciolo è leccato dalla gatta In italiano si distingue anche una diatesi riflessiva (quando il soggetto è sia agente che paziente) e una diatesi reciproca (quando un soggetto plurale esprime al suo interno, alternativamente, agente e paziente dell’azione); sono codificate allo stesso modo, per mezzo del pronome si. La gatta si lecca La gatta e il cucciolo si leccano 09/05/2019 Il lessico Il lessico è l’insieme dei lessemi di una lingua. Il lessema è l’unità astratta alla quale si riconducono le diverse forme e le varie occorrenze di quelle forme: lessema: GATTO forme: gatto – gatti Lessico e Vocabolario Spesso sono considerati sinonimi: in genere, tuttavia, lessico individua l’insieme delle unità astratte, i lessemi, messi a disposizione da un sistema linguistico ai parlanti di quella lingua; il vocabolario, invece, è l’insieme delle unità (vocaboli) effettivamente usate nel discorso, che presuppongono l’esistenza di un lessico di cui rappresentano una realizzazione parziale. Il dizionario, infine, è una rappresentazione parziale e limitata del lessico di una lingua, di solito sotto forma di volume. Il vocabolario personale di ogni parlante è dinamico: si arricchisce continuamente di nuove entità (neologismi). Ciò, in condizioni particolari, può portare all’incremento del lessico di una comunità di parlanti. L’inserimento di un nuovo lessema avviene in base a regole di formazione dei lessemi, specifiche per ogni dominio (o base), cioè per ogni classe di lessemi. Es. sfiducioso, sconfermare ecc… 14/05/2019 Regole di formazione dei lessemi Composizione due parametri: esocentrico/endocentrico, subordinativo/coordinativo Subordinativi Coordinativi Endocentrici Caposquadra, nave cisterna, pescespada, gentiluomo, treno merci Cassapanca, caffelatte, agrodolce Esocentrici Sottoscala, pellerossa, asciugacapelli, madrelingua, buttafuori Saliscendi, mangia e bevi Endocentrico: quando l’unità che è stata generata dalla composizione è un tipo particolare di una delle unità del composto. Esocentrici: il riferimento è esterno agli elementi della composizione (pellerossa, non è un tipo di pelle né di rosso) Subordinativi: quelli in cui i due elementi che partecipano alla composizione si trovano in una relazione asimmetrica, uno dipende dall’altro dal punto di vista logico e grammaticale (caposquadra, è come capo della squadra) Coordinativi: gli elementi che fanno parte del composto sono in una relazione simmetrica (cassapanca, è una cassa e una panca allo stesso tempo) Composizione neoclassica: cardiologia, frigorifero (portatore di freddo) (non esistevano nell’antichità, ci sono però elementi greci/latini) Polirematiche: ferro da stiro, ordine del giorno (espressioni composte apparentemente da più parole, in cui però la coesione tra queste è molto forte, in maniera simile ai composti. Sono espressioni a metà e lo capiamo quando applichiamo i test per capire se abbiamo a che fare o meno con una parola morfosintattica) Derivazione Ottenere nuove parole partendo da parole esistenti, aggiungendo materiale morfologico che veicola una porzione di significato. Suffissazione: fior-aio, organizza-zione, vendi-tore Prefissazione: stra-fare, co-pilota, post-operatorio, multi-etnico, ri-fare Prefissi e suffissi con uso molto circoscritto, sono in genere sviluppati da originari composti Prefissoidi: auto-mobile, auto-strada, bio-testamento, tele-lavoro Suffissoidi: partito-crazia, tangento-poli Raddoppiamento: maori pango “nero” /papango “nerastro” (in italiano, piano e pianpiano) (iconicità) Conversione: arrivo (da arrivare); inglese run “correre” /run “corsa” (in italiano è meno presente che in altre lingue; prendere una parola e trasferirla senza l’aggiunta di altro materiale, inserendola in un’altra classe lessicale) Parasintesi: abbottonare, abbellire (molto presente in italiano; è la derivazione, attraverso un suffisso e un prefisso, da un sostantivo, ad esempio abbottonare deriva da bottone). Retroformazione: compravendere (da compravendita); inglese edit “curare una pubblicazione” (da editore “editore”) Riduzione: auto (da automobile), frigo (da frigorifero); sigle; (si prende soltanto una porzione di una parola preesistente) Sottrazione: russo lirik “poeta lirico” (da lirika “poesia lirica”) Parole “macedonia”: zebrallo (da zebra e cavallo); inglese motel (da motor e hotel) (sembrano dei composti, partono da due unità lessicali preesistenti, ma non c’è la loro unione, piuttosto vengono presi dei pezzi senza regole, di una o di entrambe le parole, e viene creata una nuova parola; in inglese è più frequente [smog]) Altri meccanismi di arricchimento del lessico Prestito linguistico: patata (carib. batata), inglese tomato “pomodoro” (nahuatl tomatl), film, tunnel, bistecca (inglese beefsteak), software, backstage (vengono eliminati gli elementi che non sono riconosciuti tali nella lingua che riceve il prestito) (intervengono quando si nominano concetti nuovi, ad esempio in ambito scientifico/filosofico, riguardo concetti che non hanno traduzione). Possono esserci politiche linguistiche che limitano questo fenomeno, ad esempio nel periodo fascista, dove si vietava l’utilizzo di termini inglesi (ad esempio, per “film” si utilizzava “pellicola”). Calco strutturale: francese pomme de terre “patata” (lett. “mela di terra”, tedesco Erdapfel [earth+apple]), italiano fine settimana (inglese weekend) [l’inversione ricalca il modo in cui si relazionano testa e modificatore nella lingua italiana] (la nuova unità lessicale viene creata da materiale lessicale preesistente nella lingua di riferimento, ma seguendo una struttura di un’altra lingua) Calco semantico: francese souris “mouse”, lett. “topo” (inglese, mouse, id.) (ciò che viene preso dalla lingua straniera non è una struttura, ma una relazione semantica: in inglese, “topo” è “mouse”, è stata utilizzata anche per utilizzare un oggetto della modernità, ossia il controller del puntatore; in italiano, lo abbiamo preso così [prestito], mentre in francese hanno preso la relazione semantica che c’è stata tra il topo e “controller”, ossia souris. Metonimia: legno (per imbarcazione), bicchiere (per quantità contenuta in un bicchiere) (otteniamo significati nuovi da parole preesistenti con relazioni semantiche del tipo contenitore/contenuto, parte/tutto) Antonomasia: mecenate, aspirina (si usa nel parlato comune, una parola viene presa come riferimento per una categoria perché la rappresenta nella maniera più completa: ad esempio, il mecenate è colui che paga per produrre opere artistiche, ecc. Mecenate era un uomo di origini etrusche, famoso per impiegare molte delle sue ricchezze per dare sostegno ad artisti, poeti e scrittori per produrre le loro opere per antonomasia, il nome di Mecenate è diventato l’espressione, l’essema per indicare una persona che finanzia le arti. L’aspirina è, per antonomasia, l’espressione per indicare le medicine. “Cicerone”, è l’espressione per indicare le guide, perché Cicerone era conosciuto per le sue conoscenze. “Paparazzo”, deriva da un personaggio di un film che si chiamava “Paparazzi” e che faceva foto per gli scoop) Mozione La mozione è il procedimento utilizzato per la costruzione di nomi per designare esseri umani o animati di un certo sesso a partire da nomi già esistenti che designano esseri della stessa specie, o con la stessa funzione, ma di sesso opposto. In genere si parla di mozione del femminile (questione socioculturale) e si tratta di professioni: professore – professoressa ministro – ministra sindaco – sindaca Ma… mamma – mammo (papà che svolge funzioni che dal punto di vista socioculturale sono svolte dalla mamma) inglese widow “vedova” – widower “vedovo” (la donna che perdeva il marito, manteneva una posizione sociale in relazione al marito morto, mentre il marito era indipendente). Ci sono classi lessicali dove la mozione è molto difficile, ad esempio i nomi degli animali, anche se ci sono delle situazioni poco formali in cui è possibile allargare questi limiti, con soluzioni creative: “un giraffo e un’ippopotama” in relazione al film Madagascar. Semantica lessicale La semantica lessicale studia l’analisi dei rapporti semantici tra lessemi. Il lessico non è un insieme caotico, ma un sistema, una struttura organizzata in base a relazioni semantiche di diverso tipo. Rapporti: o Sintagmatici (rapporti tra unità compresenti, orizzontali all’interno della sintassi) rapporti in praesentia, limitati, regolati dalla struttura della lingua, dai vincoli dell’ordine e dalla dinamica combinatoria delle parole. o Paradigmatici (o associativi) (rapporti tra unità di assenza, un’unità sostituisce l’altra) rapporti in absentia, virtualmente illimitati, indipendenti dal messaggio, soggettivi (benché esistano delle associazioni di pensiero proprie di una comunità e condivise, i “percorsi semantici”). Lo studente segue l’insegnamento di Linguistica Cambiamento collegamento allenamento ecc. Insegnante insegnare ecc. insegnamento Educazione istruzione ecc. insegna 15/05/2019 Rapporti semantici paradigmatici Sinonimia (nella realtà è molto rara, perché nonostante molte abbiano lo stesso significato, non si usano nello stesso contesto): iniziare/cominciare, mettere/porre, dono/regalo o Sinonimia completa: tra/fra (casi molto rari) o Sinonimia parziale: cefalea/mal di testa, padre/papà o Geosinonimia: babbo/papà Relazioni di opposizione: o Antonimia: caldo/freddo, buono/cattivo (due poli nella scala graduata, con possibili posizioni intermedie, o forme di gradazione dei termini) o Complementarità: vivo/morto, maschio/femmina, vero/falso (non ci sono posizioni intermedie, non c’è una scala graduata) o Inversione: marito/moglie, dare/ricevere, comprare/vendere, sopra/sotto (punti di vista diversi sulla stessa realtà: marito e moglie sono individui diversi, ma nella stessa realtà del matrimonio) Iperonimia/Iponimia: animale/gatto, fiore/tulipano (parole che si applicano ad un insieme di realtà che sono già comprese, insieme ad altre, nell’insieme di riferimento di un’altra parola; in una coppia di termini il termine che comprende l’altro è iperonico, quello che viene compreso è iponico) Meronimia: dito/mano, braccio/corpo, tastiera/pianoforte Rapporti semantici sintagmatici Collocazioni Solidarietà semantiche o lessicali: gatto/miagolare, biondo/capelli, isoscele/triangolo Lessemi con distribuzione limitata: madornale/errore, lasso/tempo Restrizioni di collocazione: avanzare un’ipotesi, prendere provvedimenti Espressioni fisse, formule convenzionali, espressioni idiomatiche: macchina da scrivere, sali e tabacchi, distinti saluti, tirare le cuoia ecc. Restrizioni di selezione: la felicità entra nel negozio Rapporti semantici sintagmatici • Restrizioni di selezione 22/05/2019 Sintassi La sintassi è il livello di analisi che si occupa di come le parole si combinano tra loro, e in quale ordine, per formare le frasi. L’unità sintattica di livello superiore è la frase: è costituita da un numero variabile di elementi nominali (o fungenti tali) organizzati attorno un operatore, il predicato, che fa da perno e struttura a tutto l’insieme. Mario incontra Carlo La sorella di Anna incontra un ragazzo con la bicicletta Maria incontra lui Lo incontra La sintassi si basa primariamente su due concetti, quello di ordine e quello di dipendenza dalla struttura. L’ordine dei costituenti La dipendenza dalla struttura Anna chiama Paolo S V O La ragazza bionda ha chiamato un amico di Genova Criterio di sostituzione *Francesca chiamato un amico di Genova *Francesca bionda ha chiamato un amico di Genova Francesca ha chiamato un amico di Genova Testa e modificatore Testa e modificatore: italiano e inglese Marcato e non marcato Struttura argomentale della frase Le frasi si strutturano generalmente attraverso un predicato (di solito un verbo), che funge da perno, e da una serie più o meno numerosa di argomenti, cioè elementi nominali necessari per la correttezza grammaticale e l’accettabilità della frase stessa; gli argomenti sono generalmente il soggetto, l’oggetto (diretto) e l’oggetto indiretto, e quando presenti formano insieme al predicato il nucleo della frase. La frase è poi completata da altri elementi, detti aggiunti (o espansioni, o circostanziali), che invece, se omessi, non pregiudicano la correttezza della frase. strutture monoargomentali Fabio parte / il cane corre / Giovanni dorme strutture biargomentali Giovanni ha chiamato Marta / l’avvocato conta sul testimone strutture triargomentali mio fratello ha dato il regalo alla sua ragazza / Francesco dice un segreto a Lisa strutture tetrargomentali Fiat ha trasferito la produzione della Panda dallo stabilimento di Mirafiori a quello di Cassino strutture non argomentali piove / nevica / grandina (ma ing. it rains / ted. es regnet) aggiunti Piove da giorni / Domani Fabio parte / Giovanni ha chiamato Marta a scuola / Dentro casa Francesco dice un segreto a Lisa Tipi di struttura Strutture esocentriche: il gatto è un sintagma nominale, cioè una struttura nuova e diversa rispetto agli elementi che la compongono (determinante, il, e sostantivo, gatto), che sono tutti indispensabili. Strutture endocentriche: il gatto di Francesca è un sintagma nominale, che dipende dall’unione di un sintagma nominale preesistente e di un sintagma preposizionale, che non è indispensabile per la struttura (il gatto è un sintagma strutturalmente valido). Tipo subordinativo: struttura asimmetrica, con una testa (nucleo) e un modificatore (periferia): il gatto di Francesca. Tipo coordinativo: struttura simmetrica, con due o più nuclei: il gatto e il cane. Tipi di espansioni (dominio della frase) Spazio: Francesca gioca con il gatto in giardino. Tempo: o determinato: Antonio è stato in America due mesi fa. o continuato: Antonio ha vissuto in America per sei mesi. Causa: La gara di slalom non avrà luogo a causa della poca neve. Concessione: Nonostante la stanchezza sono riuscito a seguire la lezione. (dominio del predicato) Strumento: Ha aperto la porta con la chiave. Collaboratore dell’agente: Francesco ha costruito la casetta con Giovanni. Beneficiario: Ho preso questo fiore per Francesca. Fine: Il tecnico è venuto per la caldaia. Modo: Mi parla sempre con sufficienza. (dominio del sintagma nominale) Specificazione: Il cane di Marco è scappato. Sintassi del periodo Il periodo è un’unità intermedia tra la frase e il testo. Sintatticamente è identico ad una frase (si chiama anche frase complessa), dove tuttavia alcuni degli argomenti o alcune delle espansioni non sono espressi da sintagmi ma da frasi. Marco ha detto che non verrà Quando hai cinque minuti prendiamo un caffè Mi sembra strano che Giovanni non sia ancora arrivato Frasi come argomenti: le completive Oggettive: svolgono la funzione di oggetto; dipendono da verbi specifici, in genere pertinenti all’area semantica del percepire, del dire, del sapere, del giudicare, del volere ecc. Oggettive esplicite: Sento che stasera ci divertiremo Dimmi cosa ne pensi So che sei stato tu Credo che ce la possiamo fare Voglio che tu te ne vada Temo che non riuscirò a finire il compito in tempo Mi meraviglio che non te ne sia accorto Frasi come argomenti: le completive Oggettive implicite: Spero di prendere un bel voto Ti consiglio di andartene Prometto di andare subito a letto Ti ordino di fermarti Le frasi oggettive implicite possono essere impiegate solo nel caso in cui il soggetto della completiva è un argomento della frase principale. Frasi come argomenti: le completive Soggettive: svolgono la funzione di soggetto; dipendono in genere da verbi di constatazione, di giudizio, o che esprimono stati d’animo. Soggettive esplicite: È noto che lui sia il migliore nel suo campo Mi spiace che tu non sia venuto a cena È bello che tu te ne sia ricordato Soggettive implicite: Si consiglia di consumare il prodotto preferibilmente entro… Mi piace andare in bicicletta Frasi come modificatori del nome: le relative Relative restrittive: restringono l’ambito di designazione del referente. La ragazza che ho conosciuto ieri studia Scienze della Formazione Primaria Relative non restrittive (o appositive): attribuiscono una caratteristica o una qualità ad un referente già identificato. Fabio, che è mio fratello, è laureato in Economia Frasi come modificatori del nome (e dell’aggettivo): le completive Il fatto che tu non sia venuto mi dispiace molto L’idea che Gianni rimanga a casa non mi va proprio giù Cose da fare Matto da legare Le relazioni transfrastiche Sono relazioni concettuali che uniscono due frasi o periodi semanticamente indipendenti e completi. La relazione può essere strutturata come una coordinazione o una subordinazione, con l’ausilio di congiunzioni o per semplice giustapposizione, con verbi finiti o con verbi indefiniti. Causa (Il contatore è saltato perché c’è stato un cortocircuito) Fine (Marco studia per superare l’esame) Motivo (Marco ha preso un bel voto perché ha studiato) Condizione (Se Marco studierà, avrà buone possibilità di superare l’esame) Concessione (Benché Marco abbia studiato, non è riuscito a superare l’esame) Consecuzione (Marco ha studiato così tanto che è riuscito a superare l’esame) Relazione avversativa (Francesco vuole andare al cinema ma Luca non è d’accordo) Rettifica (Francesco non vuole andare al cinema ma a teatro) Relazioni temporali (Quando sono arrivato a casa ho visto che Anna non c’era) Ruoli semantici e tematici Io mangio la frutta A me piace la frutta Io amo la frutta Ing. I like fruit Agente: chi compie l’azione Paziente: chi subisce l’azione Tema: l’entità cui è riferito il processo descritto dal predicato verbale Esperiente: l’entità che sperimenta lo stato espresso dal predicato Beneficiario: l’entità che beneficia dell’azione o del processo descritto Destinatario/Meta: l’entità verso cui è diretta l’azione Provenienza: l’entità da cui proviene l’azione Locativo: l’entità dove si svolge l’azione o il processo Comitativo: l’entità che si associa all’agente nell’azione Strumentale: l’entità adoperata per svolgere l’azione Triplice organizzazione dell’enunciato Ogni enunciato presuppone tre livelli di organizzazione delle informazioni: un livello grammaticale: la funzione dei vari componenti dell’enunciato è identificata attraverso le relazioni morfosintattiche che essi intrattengono tra di loro e con l’enunciato stesso: Silvia mangia la mela un livello semantico (o logico): indica la struttura dell’evento o del processo descritto attraverso i suoi attori reali: Il guardiano aprì la porta con la chiave; La chiave aprì la porta; La porta si aprì un livello tematico: porta all’individuazione dell’argomento dell’enunciato (il tema, o topic) e ciò che si vuol dire del tema (il rema, o focus/comment): Paolo ha chiamato Anna; Anna ha chiamato Stefano? No, PAOLO ha chiamato Anna Transitività Definizione tradizionale: un verbo è transitivo quando l’azione espressa da un predicato “transita” da un soggetto (“A”, o “S.Tra”) a un oggetto (“P”, “O” o “Ogg”), cioè i due partecipanti all’azione descritta dal predicato; altrimenti, se il partecipante è uno solo, si parla di un verbo intransitivo. Transitivo e intransitivo Carlo dorme Carlo mangia la mela Carlo schiaccia una zanzara (Carlo è un agente, induce ad un mutamento subito dal paziente) Carlo subisce un processo (Carlo non è più agente, subisce l’azione ma non da un agente, perché “processo” è una cosa astratta) Carlo schiaccia una zanzara La folla schiaccia quelli delle prime file (l’agente non è ben individuato, non si sa precisamente chi è che compie l’azione. C’è una volontarietà diversa, nella seconda non c’è) Carl ammazza una mosca (c’è un’azione e un agente che trasferisce l’azione al paziente che viene modificato) Carlo ammazza il tempo (non c’è un’azione, è metaforico) proprietà frasale proprietà determinata da vari fattori proprietà scalare La transitività è una caratteristica che ha a che fare con l’impianto generale della frase, ha quindi una proprietà frasale; è una proprietà determinata da vari fattori (azione, controllo e volontà di farlo); ha una proprietà scalare (si ragiona per frasi transitive o intransitive, è una proprietà graduale, la frase è più transitiva o meno intransitiva e viceversa). I fattori per determinare la transitività di una frase sono: Il numero dei partecipanti: [+transitivo] vs. [-transitivo] due uno Cinèsi: [+transitivo] vs. [-transitivo] azione non-azione Aspetto: [+transitivo] vs. [-transitivo] telico atelico telico=ha una fine, l’azione si è trasferita completamente sul paziente, atelico=non ha una fine, l’azione non si è trasferita completamente sul paziente Il massimo grado di transitività avviene quando ho due partecipanti, ho un’azione, un agente vuole compiere l’azione, mentre l’altra entità, il paziente, subisce completamente l’azione, la sua volontà non è presa in considerazione. Puntualità: [+transitivo] vs. [-transitivo] puntuale non puntuale Volontarietà: [+transitivo] vs. [-transitivo] volontario involontario Polarità: [+transitivo] vs. [-transitivo] affermativo negativo Modo: [+transitivo] vs. [-transitivo] reale irreale Agentività: [+transitivo] vs. [-transitivo] “A” con agentività alta “A” con agentività bassa Agente prototipico Non è un vero e proprio agente Interessamento di “O”: [+transitivo] vs. [-transitivo] “O” totalmente interessato “O” non interessato Individuazione di “O”: [+transitivo] vs. [-transitivo] “O” pienamente individuato “O” non individuato Transitività e narrazione Primo piano (foreground): ciò che, nella narrazione, è immediatamente utile al parlante per il raggiungimento del proprio scopo comunicativo Sfondo (background): ciò che, nella narrazione, non è immediatamente utile al parlante per il raggiungimento del proprio scopo comunicativo, ma funge da corollario informativo alla narrazione stessa. Il testo Un testo, in linguistica, è un’unità fondamentale: può essere composto da una sola parola (Va’) o da una serie di frasi complesse e interconnesse tra di loro: un testo è dotato dei «caratteri di unità, completezza e autonomia per rispondere a una precisa volontà comunicativa» (Piotti), e assume un senso «solo se collocato in una situazione comunicativa». Il testo non dipende dal canale: può essere scritto e parlato; tuttavia, alcuni distinguono tra testo propriamente detto, quando è scritto, e discorso, quando è parlato. Le proprietà fondamentali per la buona strutturazione di un testo sono due: la coesione: è la proprietà delle parti che risultano integrate tra di loro a formare un tutto dal punto di vista formale; la coerenza: è la proprietà delle parti che risultano integrate tra di loro a formare un tutto dal punto di vista logico e del contenuto. I principi costitutivi di un testo: la coesione Coesione morfosintattica: Domani Giovanni porterà suo figlio alla partita di calcio **porterà figlio Giovanni suo domani alla calcio partita di **Domani Giovanni porteranno sua figlio al partita di calcio Gli elementi coesivi le forme sostituenti: anafora e catafora, iperonimi, sinonimi, ellissi ecc. i segnali discorsivi: connettivi testuali e pragmatici I principi costitutivi di un testo: la coerenza La coerenza di un testo consiste nel collegamento logico di tutti i suoi contenuti e nella sua continuità semantica. Strumenti: struttura lineare, retroattiva (flashback) Coerenza tematica Coerenza logica Coerenza semantica Concetti fondamentali: il tema (o topic), cioè quello di cui si sta parlando nel testo (o nella porzione di testo presa in considerazione); il rema (o comment), quello che si dice del tema (progressione lineare: il rema di un enunciato diventa il tema dell’enunciato successivo); (progressione a tema costante: in una sequenza di enunciati, il tema del primo rimane invariato nei successivi); (progressione a temi derivati da un ipertema o da un iperrema (cioè da un tema o da un rema più ampi); (progressione con sviluppo di un tema o di un rema dissociato); (progressione tematica a salti). Coerenza logica L’uomo entrò nella stanza. Si diresse verso le finestre. Le aprì. **L’uomo aprì le finestre. Entrò nella stanza. Si diresse verso le finestre. Domani Guglielmo non andrà a scuola. C’è uno sciopero dei professori. **Domani Guglielmo andrà a scuola. C’è uno sciopero dei professori. Luisa ha preso il treno delle quattro. Per le sei deve essere a Milano. **Luisa ha preso il treno delle sei. Per le quattro deve essere a Milano. Coerenza semantica **Morse con gli occhi l’acqua per soffocare le catene delle canzoni. I principi pragmatici di un testo: l’intenzionalità: riguarda l’atteggiamento dell’emittente per rendere più o meno coeso e coerente il testo prodotto in funzione delle sue necessità comunicative; l’accettabilità: riguarda la volontà, o la capacità, del destinatario di riconoscere e comprendere l’atto linguistico dell’emittente; l’informatività: riguarda il grado di informazione veicolata dal testo, che può essere atteso o inatteso, conosciuto o sconosciuto ecc.; la situazionalità: è la dipendenza del testo dalla situazione in cui è prodotto; l’intertestualità: è il rapporto tra il testo prodotto e altri testi già noti. I principi regolativi di un testo (non servono a determinare e produrre i testi, ma esprimono il controllo circa il loro uso): l’efficienza: è il grado di impegno che un testo richiede nell’essere prodotto e correttamente inteso; l’efficacia (o effettività): è la capacità di un testo di fissarsi nella memoria del destinatario e di creare le condizioni favorevoli al raggiungimento del fine per cui è stato prodotto; l’appropriatezza: è l’accordo tra i contenuti e l’impostazione testuale. Deissi Deittici di persona: io, tu, lui, lei, Lei, noi, voi, Voi, loro. Deittici spaziali: possono essere prossimali, questo, qui, qua, e distali, quello, lì, là (e il toscano codesto, costì, costà). Deittici temporali: ora, adesso, domani, l’anno scorso, subito ecc. Deittici testuali: l’anafora, ieri ho visto Francesca e le ho detto che la cercavi, e la catafora, ci parlo io con Francesca. Deittici sociali: tu/Lei, tu/Voi, Spettabile ditta, Egregio professore ecc. Tempi verbali e valenza testuale Imperfetto ludico; imperfetto di cortesia Facciamo che io ero il pilota delle auto da corsa e tu il meccanico? Volevo sapere a che ora arriva il dottore Futuro epistemico A quest’ora Giacomo sarà a scuola Tonalità discorsiva e tonalità narrativa Tonalità discorsiva Tempo base: presente Anteriorità: passato prossimo o imperfetto Posteriorità: futuro Tonalità narrativa Tempo base: passato remoto o imperfetto Anteriorità: trapassato remoto Posteriorità: condizionale composto