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SINTESI E ANALISI TEMATICA CALANDRINO

SINTESI E ANALISI TEMATICA
CALANDRINO
Calandrino è un uomo semplice, pittore per professione; ha come grandi amici Bruno e
Buffalmacco, che si divertono a prenderlo in giro. Anche Maso del Saggio vuole deriderlo e,
raggiunto Calandrino in chiesa comincia a narrare, prima di Berlinzone che si trovava nella
contrada di Bengodi, terra dove il cibo abbonda, poi della Elitropia, una pietra che trova a
Mugnone, e avrebbe la particolare virtù di rendere invisibile la persona che la possiede. Udite
queste cose, Calandrino va a cercare Bruno e Buffalmacco e gli racconta tutto quello che ha udito.
Bruno e Buffalmacco decidono possa essere una buona occasione per sbeffeggiarlo. Si accordano
per partire domenica e andare a Mugnone. Una volta arrivati nel luogo indicato, passano tutta la
giornata a cercare invano la pietra. Verso ora di cena Bruno e Buffalmacco fanno finta di non
vedere Calandrino, per fargli credere che abbia trovato la pietra e gli elargiscono calci e lanciano
sassi. Poi tornano a Firenze. Calandrino ancora invisibile li segue. Tornato a casa, sua moglie,
Tessa, lo vede e lo rimprovera per il suo ritardo. Calandrino, credendo che la donna abbia rotto
l’incantesimo della elitropia, la malmena. Bruno e Buffalmacco entrano in casa di Calandrino e,
facendo finta di non sapere che cosa sia successo, chiedono dove fosse finito e perché picchiasse
Tessa. Raccontato tutto Bruno e Buffalmacco fanno riappacificare Calandrino e Tessa, raccontando
che le donne fanno decadere il potere della pietra. Calandrino, come al solito, crede a tutto quello
che gli viene raccontato.
Tema della Novella
Ottava giornata, retta da Lauretta, ha per tema le beffe fatte o da una donna a un uomo o da un
uomo a una donna o da un uomo a un altro uomo. Anche in questo caso l'ambientazione è quasi
sempre toscana. La novella (la terza della giornata) è scandita in tre sequenze distinte, che danno
vita a tre scene di grande vividezza drammatica:
1. i preliminari della beffa, di cui è architetto Maso del Saggio, e che si svolgono in San Giovanni;
in questa parte domina nettamente il dialogo;
2. La ricerca della pietra magica lungo il Mugnone; qui sul dialogo prevalgono fazione e il
movimento;
3. il ritorno a casa di Calandrino e lo svanire dell’illusione di possedere la pietra; torna a prendere il
predominio il dialogo.
La prima sequenza
Nella prima sequenza la beffa consiste nel far credere ad una persona semplice le realtà più
strampalate e inverosimili. Torna il gioco di far apparire prodigioso ciò che è comunissimo (i
macigni di Mentisci, con cui si fanno macine da farina, annoverati tra le pietre magiche); torna pure
la costruzione labirintica della parola, che sembra dire il contrario di ciò che afferma in realtà. Rie il
tema della parola illusionistica che sa costruire una realtà parallela a quella effettuale e farla
apparire più vera di questa. Si affaccia però un motivo nuovo, quello del paese di Bengodi. È un
motivo che ha radici profonde nelle credenze popolari e nel folklore: il sogno del paese
dell'abbondanza, dove è possibile mangiare a sazietà, è chiaramente la proiezione fantasticamente
rovesciata di un mondo, dove quotidianamente i ceti inferiori dovevano lottare con la fame.
La seconda sequenza
Nella seconda sequenza, la ricerca della pietra lungo il Mugnone, traduce in azione la beffa
semplicemente architettata nella prima. Quello della beffa è un motivo che ha un'importanza
centrale nel Decameron. Nella beffa trionfa al massimo grado la virtù dell'«industria,
dell'intelligenza attiva, che è il valore centrale della civiltà mercantile e urbana di cui Boccaccio è
l'interprete. La beffa può funzionare solo grazie al calcolo accorto, alla sapiente preparazione
pratica, all'abilità e prontezza nell'agire, alla capacità illusionistica della parola. A ben vedere, però,
l'intelligenza dispiegata nella beffa giocata a Calandrino è diversa da quella usata per superare un
ostacolo, fuggire una difficoltà, ottenere un vantaggio, che sono i casi di industria sin qui incontrati.
Nella beffa di Maso, Bruno e Buffalmacco si ha un esercizio puro dell'intelligenza, assolutamente
gratuito e fine a se stesso. Attraverso la beffa l'intelligenza, come si è avuto modo di osservare, crea
una sorta di realtà parallela a quella effettuale. È una realtà prodotta interamente dall'uomo, di cui
egli ha pieno dominio, che può manipolare a piacere. L'uomo, in questo mondo fittizio che egli
stesso crea, ha una sorta di onnipotenza divina. La beffa, insomma, diviene metafora della capacità
dell'uomo di costruire e dominare il reale, attraverso l'intelligenza, la parola e l'azione. Si vede qui
in embrione un motivo che sarà centrale nel Rinascimento, l'esaltazione della qualità demiurgica
dell'uomo, creatore del suo mondo.
La terza sequenza
Nella terza sequenza viene alla luce un aspetto nuovo di Calandrino. Non è solo lo sciocco
credulone, facile preda dell'intelligenza dei benfattori: nell'accanimento con cui batte la moglie
emerge un suo fondo violento e maligno. È un lato del suo carattere che si poteva già sospettare
nella sua insofferenza per il lavoro e nel progetto di usare la pietra magica per derubare i cambia
moneta. Non solo, ma a ben vedere Calandrino è pronto a comportarsi in modo disonesto verso
Bruno e Buffa1macco, quando, convinto di possedere la pietra, si guarda bene dal rivelarlo agli
amici: evidentemente intenderebbe tenerla tutta per sé. Nella violenza contro la moglie si manifesta
poi il pregiudizio misogino, la convinzione superstiziosa che le donne facciano perdere la virtù alle
cose. E, se si tiene presente che il Decameron è un libro dedicato alle «carissime donne., che alle
donne leva sovente le più alte lodi, esaltandone le qualità eroiche, questo comportamento di
Calandrino si offre nella prospettiva di un'implicita quanto dura condanna. L'emergere di tutti questi
lati negativi fa si che la figura di Calandrino assuma maggior spessore, e che egli si offra quale
'antieroe' per eccellenza nel mondo decameroniano.
Calandrino
Protagonista di quattro novelle del Decamerone giornata VIII, novelle 3a e 6a; giornata IX, novelle
3a e 5a). Pittore fiorentino dei primi decenni del sec. XIV (Nozzo di Perino detto C.), a cui forse si
attribuivano tradizionalmente ingenuità e sciocchezze, Calandrino è divenuto nelle pagine del
Boccaccio il prototipo della sciocchezza umana, la più completa antitesi di quello spirito di
accortezza e di intelligenza mondana, che si incarna in tanti personaggi del Decamerone. Non è
però la sua una sciocchezza inerte, una stupidità rassegnata e tranquilla, perché è sempre pieno di
vita e ricco di iniziative. Dalle sue trovate perciò nascono quasi tutti i suoi guai: i due burloni non
hanno che da attendere che egli caschi nelle loro braccia. Alla fine Calandrino, beffato, deve ancora
ricorrere a loro per evitare guai peggiori e, senza mai sospettare dell'inganno patito, ringraziarli di
quanto essi fanno per lui o pregarli per riavere la loro amicizia. Eppure, nonostante tutto,
Calandrino ritiene di essere furbo, nessuna lezione può servire a farlo ricredere o a distoglierlo dai
suoi propositi; nemmeno gli giovano i rimproveri della moglie, che ben lo conosce e di cui egli ha
una .paura reverenziale, pur vagheggiando di tempo in tempo qualche strappo ai suoi doveri di
marito! Si intrecciano in tal modo i casi paradossali e pur logici dell'avventura dell''elitropia', la
pietra che avrebbe la virtù di rendere invisibili, il grande sogno è anche la più grande delusione di
Calandrino. Non si può non ridere, e pure, nel riso stesso, non provar:e un certo senso di pietà di
fronte a tanta ingenuità e a tante disavventure: ne riesce più compiuta la figura di questo
personaggio, che nelle situazioni paradossali in cui viene a trovarsi serba una sua nota di umanità.
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