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Appunti GUERRA modelli di progettazione educativa e didattica

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PROGRAMMAZIONE, PROGETTAZIONE E CURRICOLO
25-09-17
Programmazione = in Italia si parla di programmazione didattica solo dagli anni '70. Essa è la trasformazione
di un'azione in programma ed implica la pre-esistenza di un programma. Si parlava di programmazione
quando esisteva un programma nazionale che veniva trasformato in qualcosa di concreto da attuare nelle
classi. Era un'attività richiesta dal legislatore, che chiedeva al docente di prendere le distanze da 2 tipi di
atteggiamento:
•
•
improvvizazione --> che è un nemico della programmazione in quanto non deve un atteggiamento
critico dell'insegnante pensato progressivamento;
automatico/metodico --> supportato da strumenti e manuali uguali per tutti, che non tengono
conto della specificità dei vari studenti, quindi un metodo rigido.
La programmazione fa invece valere l'idea di un docente che mettesse a punto un modo di realizzare il
programma rispettoso del programma stesso e delle specificità degli interlocutori ai cui l'attività è rivolt
Progettazione = dal '97 in poi si parla di progettazione. Essa nasce quando si mettono da parte i programmi
e si danno solo linee guida generali, lasciando alle scuole e agli insegnanti la possibilità di fare un progetto
nella sua specificità, seguendo comunque una linea guida.
Così l'insegnante non è più solo un programmatore/attuatore di programmi pensati da altri, ma diventa
anche un progettista di programmi adatti alla specificità della classe che ha di fronte.
Spesso però alcuni insegnanti copiano il progetto, non si assumono la responsabilità di elaborarlo da loro,
oppure adottano sempre lo stesso ogni anno, anche con classi molto diverse tra loro.
Il percorso di progettazione avviene in funzione dell'elaborazione di un curricolo, che è l'esito del lavoro di
progettazione di un insegnante sulla base delle linee guida fornite dallo Stato. Una volta il sinonimo di
curricolo era 'programma', ma ora, avendo tolto i programmi, i curricoli non sono più uguali a livello
nazionale, ma solo a livello locale, nonostante seguano le guide generali nazionali.
Nella scuola dell'infanzia, invece, non vi erano programmi neanche negli anni '70, ma vi erano
'orientamenti', c'era quindi molta più autonomia in quanto questi orientamenti non erano prescrittivi: non
c'erano programmi perchè non si poneva abbastanza attenzione sulla gigantesca capacità di apprendimento
dei bambini in quella fascia d'età. Il termine 'asilo' la dice tutta sulla concezione dell'infanzia di quegli anni:
vi era un'idea del tutto custodialistica dei bambini, non si fornivano loro curiosità, stimoli ad apprendere,
ecc. Alcune tra le 9 materie che c'erano negli orientamenti del '69 erano ad esempio gioco, igiene e
socializzazione, non ci si occupava di insegnamenti culturali.
L'attività di progettazione e programmazione è requisito fondamentale di un insegnante di questo secolo.
Progettazione: elaborazione di programmi che si attengano alle linee guida nazionali e che si adattino alle
specificità della classe; programmazione: attuazione concreta di questi programmi.
Curricolo = funzione complessa che vede l'insegnante come mediatore tra:
• ragione dei saperi --> esigenza dei saperi; è correlata alla capacità che un bambino di una certa età deve
avere raggiunto (es. contare fino ad un certo numero);
• ragione degli allievi --> esigenza degli allievi; consiste nel guardare agli interessi, alle curiosità e agli
stimoli dei diversi bambini.
Passato: mediazione dai saperi verso gli allievi, considerando solo i saperi che ogni bambino doveva
raggiungere e non le differenze soggettive. Oggi: serve anche la mediazione dagli allievi verso i saperi.
Quest'ultima consiste anche nell'osservare i bambini, nel capire cosa si dicono tra loro; per fare ciò occorre
conoscere il loro linguaggio (interessi, passioni, giochi, personaggi preferiti,..), partendo quindi dalla parte
dei bambini per poi procedere verso i saperi.
1
Occorre usare entrambe le mediazioni perchè ognuna ha rischi e pregi:
◦ mediazione che parte dai saperi:
▪ rischio: omologazione, imporre a tutti gli stessi interessi, non tener conto della differenza;
▪ pregio: risponde al diritto all'uguaglianza.
◦ mediazione che parte dai bambini:
▪ rischio: puerocentrismo, spontaneismo, insegnare solo quello che sanno già o che gli interessa;
▪ pregio: risponde al diritto alla diversità.
La scuola deve risponde ad entrambi i diritti: al diritto all'uguaglianza si risponde garantendo a tutti i
bambini un insegnamento uguale per tutti, al diritto alla diversità si risponde invece guardando al singolo
bambino (tenendo conto della provenienza, della lingua, degli interessi dei vari bambini,..).
Dal punto di vista della didattica, se fai concidere il progetto con il programma, allora il curricolo lo hai già
(quello nazionale), se invece non li fai coincidere e adatti il progetto alla classe, allora il curricolo completo
lo avrai solo alla fine dell'anno scolastico, perchè molte cose nasceranno dalle esigenze dei bambini durante
l'anno scolastico e non saranno programmabili fin dall'inizio. Il curricolo va quindi continuamente
aggiornato, modificato e adattato dall'insegnante durante l'anno.
Didattica discendente = didattica dai saperi verso gli allievi.
Didattica ascendente = didattica dagli allievi verso i saperi.
Ci sono molti modi di fare entrambe. Il modo migliore di fare:
1.
didattica discendente --> individualizzazione = in base alla competenza che devo raggiungere, adotto
didattiche, linguaggi e strumenti diversi affinchè tutti raggiungano l'obiettivo. Quindi l'obiettivo è uno,
mentre gli itinerari sono tanti quanti sono gli studenti: abbiamo una strada principale con tante
traverse; in questo caso l'individualizzazione è rappresentata dalla strada principale.
Come facciamo a garantire che tutti i bambini (se non hanno dis cognitive) raggiungano questi obiettivi?
I bambini sono diversi per svariati motivi (es. differenze socio-culturali), di conseguenza hanno anche
caratteristiche di apprendimento diverse: qualcuno ha tempi lenti di memorizzazione, altri tempi lunghi,
altri ancora hanno migliore memorizzazione visiva,.. Tutti i bambini, però, hanno il diritto di raggiungere
gli stessi obiettivi e per fare ciò noi dobbiamo lavorare due due variabili:
◦ tempo --> i bambini hanno tempi di apprendimento diversi;
◦ metodologie didattiche --> i bambini hanno bisogno di essere sostenuti con metodologie didattiche
differenti, perciò devo conoscere bene tutti i miei bambini, così da poter variare il più possibile le
mie metodologie didattiche e farle arrivare a tutti.
Bloom afferma che è possibile raggiungere le stesse competenze all'interno delle discipline, purchè
l'insegnante dia ai bambini i tempi e i mezzi adatti a loro. Questo sta alla base di una scuola
democratica.
es. sto insegnando qualcosa sulla savana: offro dei libretti sulla savana e, alla fine, voglio che tutti
conoscano il funzionamento dell'apparato digerente del leone. Ciò è possibile rispettando i loro tempi e
metodi.
es. in una 4° primaria, stiamo lavorando su come fare i riassunti. Questo accade già da un po' di tempo,
perciò un giorno decido di fare una prova di verifica: alcuni andranno bene, altri no, altri ancora un po' e
un po'. In questo caso richiediamo a tutti i costi individualizzazione perchè saper fare i riassunti è una
competenza talmente fondamentale per proseguire gli studi successivi che non possiamo consentire
che i bambini non facciano ci riescano bene; non è sufficiente nemmeno che li facciano così così:
devono farli tutti bene.
2
2.
didattica ascendente --> personalizzazione = prevede che sia possibile che i bambini arrivino a
competenze diverse e propone didattiche differenti a seconda degli specifici interessi dei bambini.
Si basa sull'idea che ciascun bambino ha delle attitudini particolari, alcune forme di intelligenza nelle
quali spicca in maniera particolare, e la scuola deve saper incentivare questa sua attitudine personale.
Quindi, complementariamente al raggiungimento degli stessi obiettivi, la scuola deve promuovere lo
sviluppo dei talenti personali.
es. se sto insegnando qualcosa sulla savana, offro dei libretti ai bambini sulla savana tutti uguali, e
ognuno sceglie ciò che gli è piaciuto di più da esporre.
es. ho deciso di fare un laboratorio di poesia con i miei bambini di 4° primaria e allora mi dedico ad
un'attività di tipo personalizzato: usciamo in giardino, osserviamo i fiori che stanno nascendo, gli alberi,
poi torniamo in classe e faccio ascoltare brani che suscitano emozioni particolari. Poi un giorno faccio
scrivere ai bambini una poesia: è probabile che qualche bambino scriva un brano poetico davvero
buono, ma è anche probabile che altri scrivano testi poetici terribili. In entrambi i casi va benissimo
perchè l'obiettivo è che i bambini si mettano in gioco, provando ad esprimersi attraverso un testo di
carattere poetico.
Queste due dimensioni (individualizzazione e personalizzazione) sono entrambe fondamentali, tanto che la
cosa migliore da fare mettere in atto una complementarietà dialettica di queste due dimensioni.
All'inizio degli anni 2000 alcune scuole hanno proposto di lavorare solo in modo personalizzato, ma
fortunatamente questa idea non è andata in porto perchè una didattica unicamente personalizzata fa
parecchi danni, soprattutto perchè deresponsabilizza l'insegnante dal portare tutti al traguardo e gli
consente di dire che quel determinato bambino non lo raggiunge perchè non è portato.
es. se mi rendo conto che un bambino non sa fare i riassunti, in un'ottica personalizzata arrivo a dire che
non è portato, quando invece abbiamo detto che l'abilità di saper fare riassunti è fondamentale.
Nel caso dell'individualizzazione il docente è quello che ha maggiore responsabilità: responsabilità di
portarci tutti in fondo a quella strada principale.
Nella personalizzazione c'è meno responsabilità sulle spalle degli insegnanti: l'insegnante sarà meno
direttivo nell'organizzare la didattica; sarà invece quello che cercherà di creare una didattica motivante e
stimolante, in modo che i bambini potranno muoversi in autonomia all'interno di questo ambiente per
apprendere in modo autonomo.
3
TEORIE DELL'APPRENDIMENTO
26-09-17
02-10-17
Le teorie dell'apprendimento sono tantissime (si parla di centinaia, se non addirittura migliaia), ma se le si
vuole ricondurre a poche si può parlare di tre grandi teorie dell'apprendimento; si tratta però si una grossa
riduzione (con questi 3 modelli si può insegnare tutto).
Quindi si hanno 3 grandi classi:
Teorie dell'
apprendimento:
Parole chiave
Strumenti
Per esecuzione
•
(appr. monocognitivo)
riproduzione
culturale
Per costruzione
•
(appr. metacognitivo) •
•
Progetto
esperienza
didattico del
riflessione
riflessione sociale tipo ricerca
sull'esperienza
Per scoperta
•
(appr. fantacognitivo) •
intuizione
invenzione
Risultati attesi
Unità didattica, Riproduzione di
libro di testo,
cultura
Progetto
didattico del
tipo gioco
Ottiche di valutazione
Qualità nella
riproduzione
immediata o differita
Costruzione di
cultura
Costruzione di
segmenti di cultura
Illuminazione e
ipotesi
Persistenza o
generatività
Transfer, capacità di
trasferire un certo
procedimento da un
sapere ad un altro
Teorie dell'apprendimeno:
Per esecuzione (o apprendimento monocognitivo) = apprendimento della scuola tradizionale e della
famiglia tradizionale. Modello interpretativo che pensa che si apprenda riproducendo cose che vengono
fornite da qualcuno che le sa. L'allievo è come un foglio bianco, un vaso da riempire.
L'apprendimento per esecuzione ha una sua fondazione nel comportamentismo.
2. Per costruzione (o apprendimento metacognitivo) = in questo tipo di apprendimento il bambino diventa
protagonista dell'esperienza, deve provare a capirla e procedere anche per prove ed errori,
discutendone con altri.
L'apprendimento per costruzione ha una sua fondazione nel costruttivismo,e dietro a questo
apprendimento ci sono autori come Piaget, Vigotskj, Bruner, Dewey.
3. Per scoperta = L'apprendimento per scoperta ha alla base da un lato Gestalt (ha studiato quanto conta
la percezione sensoriale nel controllare un oggetto) ...?
1.
Parole-chiave:
- riproduzione culturale
- esperienza
- riflessione: l'esperienza sola porta spesso a false conoscenze
- riflessione sociale sull'esperienza: riflettere da soli sull'esperienza non dà informazioni ricche quanto
lll'osservazione sociale (di gruppo); bisogna sempre tenere presenti i diversi punti di vista; il nostro non
llè l'unico
3. - intuizione: immediata, violenta
- invenzione: lenta, controllata, graduale
In entrambi i casi si è di fronte ad un fenomeno interno all'individuo.
1.
2.
4
Strumenti:
Unità didattica --> ci sono tanti modi di fare unità didattica, ma in generale l'unità didattica è un
percorso caratterizzato da un processo che parte dalla determinazione degli obiettivi, si passa attraverso
uno svolgimento per poi arrivare ad una valutazione.
Il primo modello è discendente e parte dall'oggetto, il secondo mette in evidenza il rapporto che si
costruisce tra il soggetto e il contesto, mentre il terzo mette in evidenza le caratteristiche culturali e
fisiche del soggetto.
'Conoscere' e 'saper conoscere' sono due cose diverse. L'obiettivo 'conoscere' posso non raggiungerlo,
ma posso raggiungere l'obiettivo 'saper conoscere' perchè ho gli strumenti adeguati per farlo ad
esempio. Se mi viene spiegato l'argomento in questione poi posso raggiungere anche l'obiettivo
conoscere quell'argomento.
2. Progetto didattico del tipo ricerca --> esistono tanti modi di fare ricerca. Il prof continua a riproporre il
modello del tipo: osservazione, ipotesi, sperimentazione e verifica.
Si può impostare una ricerca in vari modi: a gruppi che fanno lo stesso tipo di ricerca (modo in
parallelo), a gruppi che usano diversi modelli di ricerca.
3. Progetto didattico del tipo gioco --> gioco come scatenamento di sensorialità, come gioco puro, come
invenzione e intuizione.
Spesso gli insegnanti faticano maggiormente a mettere in atto questo terzo modello perchè
considerano il gioco come unità didattica invece che come gioco puro.
1.
Risultati attesi:
Riproduzione di cultura = elementi e sequenze della cultura consolidata (occorre avere la certezza che
ciò che stiamo insegnando sia tutt'ora vero, fondato e valido).
es. con questo metodo insegno la storia di cappuccetto rosso.
2. Costruzione di cultura = attraverso l'esperienza diretta. Occorre analizzare il processo che ci porta alla
scoperta di qualcosa: è fondamentale sapere come si fa a sapere una certa cosa.
es. con questo metodo insegno cos'è una fiaba, gli elementi comuni alle fiabe.
3. Ci interessa un'illuminazione, una lampada, un'ipotesi formulata dal bambino.
Questo modello non può andare disgiunto dagli altri due perchè una volta che il bambino ha una
intuizione occorre verificare se è giusta (mod. 1), e se è giunsta occorre farci una ricerca sopra (mod. 2).
Persistenza o generatività:
• persistenza --> non è così facile perchè anche se si ripropone la stessa situazione, non si verifica lo
stesso. È importante provare a capire come è stata costruita quell'illuminazione, non provare a
riproporre quella situazione;
• generatività --> capacità di generare. Una lampadina non sempre illumina allo stesso modo.
1.
Ottiche di valutazione:
Occorre prestare attenzione qualità nella riproduzione (al modo in cui il bambino esprime con parole
proprie i concetti appresi). Può essere immediata o in differita:
• risonanza immediata = quando hai insegnato una cosa in modo riproduttivo e la chiedi al fine
dell'esperienza.
• risonanza differita = quando chiedi una cosa dopo un certo periodo di tempo.
2. Si propone la costruzione dei segmenti di cultura. Occorre valutare non se è stato appreso il risultato
della ricerca, ma come è stata svolta la ricerca. Questa, però, non è la domanda per eccellenza da fare;
infatti, occorre soprattutto fare una domanda che non c'entra con la ricerca svolta, ma alla quale si può
rispondere solo facendo una ricerca simile. Solo in questo modo potremmo davvero capire se il
bambino ha assimilato il modo di fare ricerca e se lo sa mettere in pratica in contesti diversi.
3. Transfer: capacità di trasferire un certo procedimento da un sapere ad un altro.
1.
5
PROGETTAZIONE EDUCATIVA
03-10-17
(educativa = in ambito scolastico)
Cosa vuol dire attività progettuale all’interno della scuola?
Ipotizziamo di avere una scuola con all'interno due grandi livelli di progettazione:
➢ Progettazione educativa = ha come caratteristica generale quella di delineare le finalità e le
metodologie che riguardano l’intero istituto scolastico. Vengono delineati i fini anche in termini di valori
pedagogici che riguardano tutti i bambini dell’istituto, i familiari, i docenti,.. definisce gli scopi educativi
generali dell’intero istituto scolastico.
➢ Progettazione didattica = dentro la scuola ci sono tanti gruppi di bambini divisi in classi (solitamente); la
progettazione didattica è la progettazione che riguarda specifici gruppi e che riguarda dei processi di
apprendimento. È una progettazione che definisce obiettivi di apprendimento a breve o medio termine.
L’utilizzo della modalità del lavoro di gruppo è tipico della progettazione didattica. Per promuovere le
finalità la scuola svolge progetti con il contesto territoriale; è una metodologia legata alla progettazione.
Legge n. 517/1977 = legge particolarmente rivoluzionaria per la nostra scuola perché apre le porte della
scuola a tutti i bambini, compresi i bambini con disabilità. Prospetta una scuola italiana che probabilmente
non siamo ancora riusciti a raggiungere. È una legge che guarda molto avanti, abolisce le classi speciali e
istituisce l’integrazione scolastica. Riguarda la scuola di base in particolare. Istituisce in maniera definitiva 2
funzioni fondamentali per la professione docente:
•
non è solo colui che sta con i bambini in classe, ma per prima cosa è colui che progetta e valuta, che da
intenzionalità alla sua azione educativa e didattica; valuta continuamente;
•
è colui che deve svolgere 4 livelli di progettazione:
◦ progettazione educativa = dà lo sfondo in termini di valori e finalità all’istituto scolastico, è la più
importante. Se ne occupa il collegio dei docenti (tutti i docenti della scuola + dirigente scolastico);
◦ progettazione didattica = per specifici gruppi di bambini. Sono tante perché ogni docente deve
rivedere continuamente la propria progettazione didattica. È l’organo collegiale che la realizza:
consiglio di classe/interclasse o consiglio di sezione;
◦ progettazione di attività che riguardano i bambini con disabilità;
◦ progettazione di attività formative rivolte agli insegnati.
"Decreti delegati" = questa normativa uscì nel 1974 ed istituì nella scuola italiana gli organi collegiali.
◦ Organo collegiale = scuola democratica dove gli insegnanti partecipano alla costruzione e realizzazione
di tutti i progetti scolastici.
Collegio dei docenti, collegio di classe/sezione = 2 organi che gestiscono politicamente la scuola, la
governano in senso positivo.
Collegialità --> la progettazione è un attività prettamente collegiale, che chiama in causa l’insegnate
professionista all’interno della comunità di insegnati. Uno dei più grandi problemi della scuola italiana è che
il problema della collegialità della scuola non è ancora stato risolto. Ancora permane troppo spesso un
lavoro solitario degli insegnanti.
6
La fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 è caratterizzata da grande innovazione in ambito scolastico:
✔ "Approvazione dei nuovi programmi per la scuola elementare" --> varati nel 1885 e disegnano una
nuova scuola primaria e cominciano a far pensare che dentro la scuola primaria non ci debba più essere
l’insegnante unico. Questi programmi porteranno alla normativa seguente.
✔ "Riforma dell'ordinamento della scuola elementare" --> varata nel 1990 e istituisce una scuola basata su
un'organizzazione curricolare "per moduli". Disegnano una scuola dove la collegialità è la prima
funzione del docente: egli non progetta mai in solitaria, ma lavora sempre in team.
✔ "Orientamenti dell'attività educativa nelle scuola materne statali" --> varati nel 1991 e costituiscono il
testo programmatico della scuola dell’infanzia.
Negli anni '90 si assiste a un dibattito sulla progettazione educativa: si inizia a riflettere sulla necessità di
poter diventare, in campo nazionale, enti autonomi rispetto al ministero, di poter assumerne maggiore
autonomia locale. Ad esempio, se un insegnante (anni '70/'80) voleva fare un progetto in classe non era
sufficiente fare il progetto, portarlo al collegio docenti e discuterne, ma bisognava chiedere l’approvazione
al ministero. Si chiede più autonomia nella gestione degli orari scolastici, dei raggruppamenti; sono richieste
molto importanti che portano a un forte dibattito in parlamento, che durerà dal 1991-92 al 1997.
Una questione fortemente dibattuta è quella legata alla preoccupazione di renderle autonome in un paese
come l'Italia con spaccature drammatiche tra nord e sud ad esempio. Quindi si pensava di lasciare così
alcune scuole in difficoltà rispetto ad altre. La soluzione che è stata trovata nel 1997 con la legge Bassanini,
in cui viene detto che le scuole (come le regioni, le province) diventano enti autonomi rispetto al ministero.
Non riguarda solo la scuola. Ha bisogno di un decreto attuativo che possa servire a regolamentare
l’autonomia scolastica all’interno della scuola:
➔ DM n. 275/1999 – Regolamento sull'autonomia delle istituzioni scolastiche --> le scuole acquisiscono:
• autonomia didattica: per autoregolarsi rispetto alle proposte di attività didattica;
• autonomia organizzativa: è possibile lavorare con l'orario e il calendario scolastico sencondo delle
•
scelte fatte autonomamente all'interno del collegio docenti, acquistare risorse con i fondi scolastici;
autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo: non è solo un ente che fa educazione didattica
ma può fare anche ricerca.
Questo regolamento modifica profondamente il modo in cui le scuole fanno la progettazione educativa.
Fino a quel tempo l'unica norma era la 517, a cui ora si aggiunge il regolamento 275.
L'istituto scolastico deve autonormarsi. Si chiede alle scuole di stendere una progettazione educativa che
abbia il valore di una norma per lo stesso istituto come un patto che ha già con se stesso, con gli “attori” le
famiglie e il territorio --> Piano dell'Offerta Formativa (POF).
➔ Piano dell'Offerta Formativa (POF) = documento che racchiude la progettazione educativa e crea una
cornice. Da qualche anno è diventato PTOF.
➔ Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF) = si chiede alle scuole autonome di realizzare una
progettazione educativa a lungo termine ogni tre anni perché si chiede loro di autovalutarsi rispetto ai
dati invalsi: raccogliere i dati, analizzarli e autovalutarsi rispetto ai punti di forza e criticità, creare un
PdM sulla base del quale vengono dati i fondi dal ministero che valuta il piano formativo e creare un
PTOF. Esso è triennale, ma ogni anno viene chiesto alle scuole di autovalutarsi per eventuali modifiche.
Il PTOF, come qualsiasi progettazione educativa, dovrebbe essere strutturato su alcuni punti chiave:
1. partire dal analisi del contesto (conoscerne i bisogni);
2. azione creativa: decidere come trasformare ciò che esiste --> definire le finalità (è impo spiegare il
perché si vuole fare qualcosa) e i mezzi, ovvero quali azioni intraprendere per raggiungere tali
finalità (es. usare la strategia del cooperative learning, aumentare la collaboraz. scuola-famiglia,..);
3. valutazione come strumento regolatore della progettazione didattica, è un momento chiave. Cosa
ha funzionato e cosa no e come migliorare. È quindi per migliorare una nuova analisi del contesto..
7
OBIETTIVI
09-10-17
Obiettivo = indica il livello di competenza che impegno su un certo contenuto. Un obiettivo corretto è sempr
formato sempre da due parti: operazione e contenuto --> obiettivo = operazione + contenuto
es. platano = contenuto
descrivere = operazione
descrivere un platano = obiettivo
Dato un contenuto, l'obettivo indica che tipo di prestazione ci faccio sopra.
Occorre fare chiarezza nella formulazione, per evitare la formulazione ambigua.
È necessario ragionare sull'obiettivo, capendo cosa voglio che si raggiunga, e ciò dipende anche dal tipo di
didattica che si intraprende (esecuzione, costruzione, scoperta).
Favorire la curiosità dei bambini nei confronti della natura NON è un obiettivo, ma una finalità. Occorre
utilizzare un giusto linguaggio nella stesura degli obiettivi.
es. "stimolare i bambini all'apprenimento del tedesco" --> non è un obiettivo.
"riconoscere in un testo una parola tedesca" --> è un obiettivo.
Non è vero che occorre procedere dal semplice al complesso, spesso è meglio favorire un approccio e un
metodo globale perchè le persone non apprendono sempre meglio dal semplice al complesso, ma forse più
spesso dal complesso al semplice.
es. probabilmente non si comprende meglio il concetto di casa partendo dal mattone e arrivando alla casa
ma viceversa.
Tassonomia di Bloom: legge della classificazione degli obiett. cognitivi che si compone dei seguenti capitoli:
•
•
•
•
•
•
conoscenza --> elencare i tre colori fondamentali, determinare tre tipi di piante del bosco,..
comprensione
applicazione --> fare un riassunto, individuare sulla carta una zona boscosa, disegnare un faggio
verosimile,..
analisi
sintesi --> confrontare due testi,..
valutazione
Tavola delle specificazioni
8
DIBATTITO TEORICO
10-10-17
24-10-17
Nel dibattito alcune delle parole chiave sono:
•
•
•
•
progettazione
programmazione
innovazione
valutazione
Sono funzioni specifiche della professionalità docente, di un docente che concepisce il proprio lavoro come
un pensiero riflessivo sull'azione educativa e didattica che lo porta a progettare, e rinviare continuamente e
a valutare e autovalutare la propria azione per migliorarla.
Nel lavoro di insegnante la pratica è fondamentale, ma se questa non è collegata alla teoria diventa una
pratica ripetitiva, monotona, che invecchia facilmente e non risponde alle esigenze degli alunni che ci
troviamo di fronte volta per volta.
Si tratta di una normativa che parla soprattutto agli insegnanti della scuola pubblica, che assumono il ruolo
di funzionari pubblici che svolgono un servizio pubblico fondamentale, una figura professionale che educa e
forma le giovani generazioni. La funzione dell'insegnante è quindi prettamente pubblica. Lo è anche
l'insegnante che lavora nelle scuole paritarie. Esse sono scuole che, pur private, cercano di uniformarsi alla
scuola pubblica. Dal nome 'paritaria', infatti, si capisce che, nonostante sia privata, ha un legame con quella
pubblica, che consiste appunto nella ricerca di uniformità e struttura con quella pubblica.
➢ Programmazione = possibilità di pianificare in modo molto dettagliato e tendenzalmente a breve-medio
termine obiettivi da raggiungere. Si parla più frequentemete di una programmazione didattica.
➢ Progettazione = deriva da proiacere, ovvero atto del gettare avanti, aprire nuovi scenari e nuovi
orizzonti. Ci da l'idea di un'azione progettuale degli insegnanti a medio-lungo termine, dove si
individuano delle finalità, degli obiettivi ampi.
Si parla tendenzialmente di progettazione del PTOF.
Curricolo = all'interno del dibattito pedagogico esso è inteso come un percorso che è stato programmato e
pensato, ad esempio in termini di obiettivi da raggiungere, ma anche sotto altri aspetti.
es. Il curricolo di scienze della formazione primaria potrebbe contenere tutti gli esami che ci sono, oppure
qual è il profilo di uscita di questo curricolo, ovvero le competenze che ci si aspetta che noi raggiungiamo
alla fine di questo curricolo; è strutturato su tutte le tempistiche che riguardano scienze della formazione
primaria. Potrebbe anche contenere le esperienze di tirocinio, che tipo di rapporto stiamo instaurando
con i docenti. Tutto questo fa parte dell'esperienza reale e concreta di questo curricolo. Alcune cose
sono state progettate con più precisione, altre con meno.
In Italia il dibattito sul curricolo inizia a partire dagli anni '70.
Maragliano e Vertecchi nel 1978 in Italia affermano che il curricolo è un sistema complesso di tanti
elementi collegati l'uno con l'altro. I due ci dicono tutti i fattori che entrano all'interno del complesso del
curricolo formativo all'interno della scuola. Ogni elemento fa la differenza di un curricolo.
Eugenia Lodini definisce il curricolo partendo al contrario. Per lei il curricolo lo fa chi lo progetta, ma gli
insegnanti non dovrebbero progettarlo in maniera solitaria, lo dovrebbero fare nella loro collegialità. Gli
insegnanti pensano ad organizzare l'attività educativa e didattica e quindi mettere in atto quelle esperienze
di apprendimento che andranno a costruire il curricolo effettivamente seguito dagli studenti.
9
I teorici del curricolo cominciano ad interrogarsi già a partire dalla metà '900: c'è un modo per fare curricoli
scolastici giusti?
Ci sono però alcune premesse all'inizio del '900.
Una prima definizione di curricolo viene data con l'Illuminismo, grazie a cui andrà via via assumendo il
significato attuale di percorso formativo intenzionalmente progettato.
Dewey nel 1902 menziona il termine curricolo per la prima volta sottollineando come, attraverso questo, il
sapere e il fare dell'allievo possono essere tra loro collegati (inizio del dibattito sul curricolo).
Bobbit nel 1918 fornisce una prima definizione del curricolo, sottolineandone due significati:
1. "arco di esperienze" che caratterizzano lo sviluppo delle conoscenze e delle capacità degli allievi;
2. successione intenzionalmente strutturata delle esperienze formative che la scuola adotta
esplicitamente per completare e perfezionare tale sviluppo.
Successivamente si ha un approccio razionale e tecnologico, legato al Positivismo o al Neopositivismo. Si
pensa che l'educazione sia un oggetto alla pari di altri oggetti tipici di studio alla pari di altre scienze esatte
(chimica, astronomia, fisica), quindi il curricolo può essere studiato come un fenomeno di tipo elettrico,
fisico,.. --> razionalità umana nell'idea di poter controllare tutte le variabili (noi poi sappiamo che nei
decenni successivi verrà disconfermata e si capirà che questo è un ambito di studi dove tutte le variabili
possono essere controllabili perchè strettamente connesse al genere umano).
Ralph Tyler è il primo teorico del curricolo (che ha origine negli Stati Uniti) ed è un pensatore positivista
legato al razionalismo. Nel 1949 scrive "I principi di base per il curricolo e l'istruzione". Lui dice che i curricoli
scolastici possono essere progettati secondo un 'modello neutro', che può andare bene per tutti, per tutte le
occasioni, per tutti i contesti e per tutti gli stati. Perciò, per lui, esiste una progettazione curricolare neutrale
a cui si deve rifare chi vuole progettare un curricolo scolastico, rispondendo alle 4 domande che
caratterizzano questo modello curricolare:
1.
2.
3.
4.
Quali sono le finalità che si propone di raggiungere la scuola?
Quali sono le esperienze utili a raggiungere tali finalità?
Come organizzare tali esperienze?
Come verificare che le finalità siano state raggiunte?
che si sintetizzano in:
1.
2.
3.
4.
dove voglio andare --------> obiettivi e finalità
cosa ci devo mettere ------> contenuti
come --------------------------> mezzi
come verifico ----------------> valutazione, verifica
Questo modo di pensare di Tyler viene considerato di una razionalità assoluta: esiste sempre una soluzione
ottimale per ottenere qualcosa, devo riuscire a controllare tutto. Il modello tyleriano viene concepito da lui
stesso come un modello che può essere applicato in modo neutrale per tutto. Per lui per costruire un
curricolo è necessario avere una grande capacità di definire le finalità da raggiungere.
Per tyler un obiettivo è come una meta da raggingere espressa in termini molto chiari (es. cosa mi aspetto
che il bambino sappia fare alla fine del percorso?)
"Indicazioni nazionali per il curricolo": contengono in gran parte gli obiettivi che l'insegnante deve riuscire a
far raggiungere al bambino al termine del percorso.
Tutti questi aspetti di grande importanza data agli obiettivi cominciano in questo periodo.
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Hilda Taba, una studiosa svedese, nel 1962 mette in crisi i modelli del maestro Tyler (egli ha molti allievi
negli USA, ma anche dal mondo occidentale, che vanno negli USA per studiare con lui le teorie del
curricolo.) Taba rivede la schematizzazione tyleriana e la modifica --> fasi di progettazione curricolare: si
tratta di uno schema curricolare definito su 7 fasi, in cui introduce degli elementi a cui Tyler non aveva o
non aveva voluto pensare, dicendo che la teoria tyleriana non sta in piedi perchè manca qualcosa di
sotanziale (l'aspetto contestuale).
La progettazione di un curricolo non può andare bene per tutte le situazioni, ma bisogna entrare dentro il
contesto, conoscere i soggetti di quel contesto, capire quali sono i loro bisogni educativi e formativi e da li
partire per costruire un curricolo. Taba rivoluziona la teoria tyleriana dicendo che non esiste una
progettazione curricolare neutrale ma che invece c'è bisogno di una progettazione curricolare contestuale.
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Diagnosi dei bisogni
formulazione degli obiettivi
selezione dei contenuti
organizzazione dei contenuti
selezione delle esperienze di apprendimento
organizzazione delle esperienze di apprendimento
scelta degli strumenti di verifica e valutazione
Mentre prima di Taba il dibattito sul curricolo era ormai diventato molto tecnicistico (un po' meccanico), con
lei il dibattito si va ampliando molto. Questo avviene soprattutto perchè Taba è europea e in quel periodo
l'Europa apriva a idee nuove e più ampie.
Come rappresentare un curricolo??
I fratelli Nicholls evidenziano gli aspetti chiave del curricolo attraverso una rappresentazione circolare
perchè ogni volta che io realizzo un'esperienza di insegnamento-apprendimento ho sempre la possibilità,
soprattutto grazie alla valutazione, di andare a rivedere e ripensare il percorso, cambiarlo, migliorarlo e poi
riprenderlo nuovamente.
Non è esattamente un cerchio, ma potremmo pensarlo piuttosto come un moviemento a spirale aperta: è
circolare, procede su se stessa, ma va avanti.
Se vogliamo cominciare da un lato si comincia dall'analisi della situaizone di partenza, del contesto,
dall'analisi dei bisogni; poi c'è la scelta degli obiettivi; poi la scelta e l'organizzazione dei contenuti e poi
valuto per creare quel circuito dinamico per cui l'esperienza curricolare ha l'opportunità di ricrearsi. (p. 28)
analisi della
situazione
scelta obiettivi
scelta e
organizzazione
dei contenuti
valutazione
scelta e
organizzazione
dei metodi
Dopo i primi studi tyleriani e di Taba, nel mondo occidentale (USA ed Europa) si andranno a creare diverse
teorie del curricolo che lo affrontano da punti di vista differenti e che quindi mettono in evidenza aspetti
diversi del curricolo stesso.
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Frey prova a fare una schemattizzazione delle teorie del curricolo. Lui ci dice subito che bisognerebbe
mettere le virgolette a "teorie del curricolo" (approcci curricolari per l'esattezza perchè parlare di teorie o
modelli di curricoli è un po' troppo) perchè una teoria su come progettare un curricolo non esiste. Perciò lui
parla di "teorie parziali del curricolo", ovvero tante teorie parziali che possono essere messe in discussione
(non ce n'è una più giusta di un'altra) e che possono essere raggruppare fondamentalmente in tre ambiti:
•
Teorie del curricolo ad orientamento contenutistico:
vedono il curricolo o la progettazione del curricolo come un processo in cui gli insegnanti devono
ordinare in modo sequenziale i contenuti da proporre ai discenti. Queste teorie del curricolo si fissano
soprattutto sulla struttura epistemologica della materia. Quindi quelli ad orientamento contenutistico
sono approcci per cui il processo di insegnamento è un insieme sequenziale di contenuti legati
all'ambito discipliare.
es. se pensiamo alla letteratura italiana, però, non è vero che io debba per forza parlare di letteratura
contemporanea se non ho parlato di letteratura medievale. Potrei ad esempio decidere di accostare
Boudleire con un testo poetico di Petrarca e potrei trovare che i bambini colgano aspetti che gli
permettono di cogliere emozioni nonostante io salti da un punto all'altro della storia. Quindi questo
tipo di approccio non deve per forza rispettare delle rigide sequenzialità ad esempio storiche.
Ci sono libri di testo che sono strutturati con logiche mal pensate dal punto di vista pedagogico (es.
ordinati in modo storico, se siamo in letteratura) e che mettono l'insegnante nella condizione di
dover rispettare per forza quella sequenza: bisogna invece seguire in modo critico il libro, occorre
anche smontare e ricalibrare l'ordine proposto dal libro. La progettazione curricolare non deve
essere affidata ai libri di testo, ma deve essere dentro la testa dell'insegnante (infatti sono gli
insegnanti che progettano).
•
Teorie del curricolo ad orientamento tassonomico:
prendono come riferimento i processi cognitivi che i discenti mettono in atto per apprendere una
disciplina, in particolare i processi cognitivi che venogno messi in atto che vanno dal semplice al
complesso. Gli studiosi di questa teoria hanno pensato ai curricoli come percorsi sequenziali che dal
semplice al complesso strutturano l'apprendimento dei bambini mettendo in evidenza i processi
cognitivi che vengono messi in atto prima, quelli che devono arrivare un po' dopo e via dicendo. Il punto
di partenza è la struttura cognitiva con la quale apprende il discente e occorre adattare il curricolo a
questo modo di comprendere dei bambini che va dal semplice al complesso.
Tassonomia = classificazione gerarchica di livelli cognitivi o affettivi legati all'apprendim. dell'individuo.
Di fatto la tassonomia di Bloom è l'unica che continua ad essere un punto di riferimento ed è legata ai
livelli di apprendimento. Egli era un allievo di Tyler. Bloom, nel lavorare con gli studenti in situazioni di
apprendimento, si rende conto che loro costruiscono empiricamente (per esperienza) una specie di
scala gerarchica di livelli cognitivi di apprendimento, basandola su un livello di apprendimento di tipo
prevalentemente comportamentista. Il comportamentismo è una scuola di pensiero su come apprende
la mente umana e che pensa che l'apprendimento proceda sempre dal semplice al complesso; non si
può acquisire qualcosa di più complesso se non si è creata la base più semplice sottostante.
Tassonomia di Bloom (ogni livello prevede una serie di sottolivelli):
▪ giudizio critico
▪ sintesi
▪ analisi
▪ applicazione
▪ comprensione
▪ conoscenza
Bloom e i collaboratori arrivano a definire questa scala tassonomica perchè per Tyler la cosa
fondamentale in un currioclo è definire gli obiettivi di apprendimento. Allora Bloom si chiede come fare
a definirli e per lui è necessario capire cosa la mente umana può apprendere prima e cosa dopo,
rispettando le sue esigenze: dato che si rifà al comportamentismo, per lui la mente umana procede
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apprendendo dal semplice al complesso, perciò l'allievo non deve mai essere messo in situazioni troppo
difficili per lui perchè. Queste teorie ci restituiscono un'idea di curricolo attenta alle esigenze dell'allievo
a cui non bisogna mai far fare salti che possano provocargli frustrazione. Bisogna smontare le discipline
così da portergliele porgere in modo sequenziale e tassonomico (semplice --> complesso).
Il comportamentismo per molti versi è stato superato: oggi noi sappiamo, grazie a nuove scoperte, che
non è sempre vero che l'essere umano apprende in questo modo, ma che a volte è necessario porlo
dentro a compiti più complessi senza prima avergli fornito la conoscenza precedente, le fondamenta,
perchè questo gli permette di sperimentare e provare a risolvere da solo.
Gli studi costruttivisti arrivano soprattuto negli USA solo negli anni '70 e in particolare provengono
dall'ex Unione Sovietica. Vigotskji è uno studioso sovietico i cui studi però sono rimasti blindati
nell'Unione Sovietica fino a quando, con lo scongelamento della guerra fredda, si sono iniziati a
conoscere nel mondo occidentale. Gli studi costruttivisti ci dicono che è necessario che l'essere umano
sia "buttato" all'interno di situazioni di apprendimento reali e concrete e sia motivato da un adulto per
poter affrontare situazioni complesse anche in modo autonomo, attraverso la sua curiosità e le sue
motivazioni, che non è detto che procedano dal semplice al complesso.
•
Teorie del curricolo ad orientamento processuale e sistemico:
sono quelli più evoluti dove il curricolo viene visto come un insieme di elementi che comprendono gli
obiettivi, i processi cognitivi, i contenuti, i metodi didattici, la valutazione, le relazioni sociali. Questi
elementi, insieme e in modo sistemico, sono interdipendenti e si realizzano. Quindi il curricolo è visto
da questi studiosi come una specie di organismo fatto di tanti elementi correlati fra loro e di cui non ve
ne sono alcuni più o meno importanti di altri.
Arrivano più tardi, verso la fine del secolo scorso (anni '80/'90). Per progettare un curricolo devo tenere
conto degli elementi degli approcci precedenti, ma c'è un terzo elemento, quello del contesto e dei
processi che si mettono in atto all'interno del contesto. Quindi devo anche preoccuparmi del luogo nel
quale si realizza l'apprendimento e quali sono le metodologie che posso utilizzare, quali sono le risorse
materiali e umane disponibili all'interno di quel contesto, devo tener conto anche del tempo che ho a
disposizione.
Se non ho una visione sistemica dell'allievo, dei contenuti, del tempo, dei mezzi, dei contesti e delle
risorse il mio curricolo rimane teorico ed etereo; mentre dato che si deve realizzare all'interno di un
contesto reale e concreto, devo tener conto di tanti aspetti che creano fra loro un sistema complesso.
➢ Curricolo e cultura di una società (quali significati degli "attori" della scuola?)
Clotilde Pontecorvo è una studiosa italiana che negli anni '90 evidenzia un ultieriore aspetto della
progettazione curricolare che riguarda la cultura degli insegnanti all'interno della scuola: la
progettazione curricolare dipende anche in gran parte da qual è la cultura docente all'interno della
scuola nella quale il curricolo di andrà realizzando. Cultura nel senso di valori, esperienza,.. che gli
insegnanti hanno all'interno della scuola in cui insegnano.
es. può succedere che il docente si senta in forte competizione con gli altri insegnanti e pensi che la
progettazione curricolare sia da svolgere in autonomia, competitivamente, in una situazione in cui gli
altri insegnanti sono visti come nemici. Se quindi la cultura dei professionisti è una cultura che rema
contro un'idea di curricolo condiviso, questo andrà a discapito dei bambini; oppure, se ci sono degli
insegnanti all'interno della scuola che sono convinti, pur avendo una progettazione curricolare, che
ci sono dei bambini che non sono portati per studiare, è ovvio che il curricolo può essere ottimo, ma
nel momento in cui vado a realizzarlo all'interno delle classe, gli insegnanti andranno ad agire sui
bambini selettivamente.
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Il dibattito statunitense dopo Tyler.
30-10-17
Il curricolo si può progettare a diversi livelli: macrosistema a livello di scuola ad esempio (es. PTOF);
microsistema quando si fa progettazione didattica (progettazione di classe).
I primi studiosi che si occupano di curricolo continuano ad essere all'interno del contesto statunitense. Tyler
è il riferimento principale, il quale parla soprattutto di progettazione curricolare all'interno del
microsistema. Siamo all'interno di correnti di pensiero di tipo funzionalista. Per loro ciò che conta è una
forte intenzionalità della progettazione. Diventa un punto fondamentale quello di andare a trovare il modo
giusto per definire gli obiettivi.
Tra questi i principali sono:
Schwab, allievo di Tayler, mette in evidenza un aspetto importante della corrente tyleriana: il pragmatismo.
Con lui si pensa ad una progettazione curricolare molto pratica: si definiscono gli obiettivi e, in modo
pragmatico, si identificano le metodologie più adatte. È necessario trovare coerenza tra obiettivi e metodi.
Bloom, Mager, Briggs, Gagné,.. delineano la pedagogia per obiettivi, secondo cui gli obiettivi devono essere
operativizzati/operazionalizzati: per avere obiettivi sufficientemente operativi non basta che nella
progettazione curricolare inserire obiettivi troppo generalizzati (es. saper leggere), ma bisogna che siano
specifici (es. saper leggere con una buona pronuncia, oppure saper identificare nel testo i personaggi
principale, cosa viene prima e cosa viene dopo,..). L'obiettivo deve rimandare ad azioni concrete del
bambino che io posso osservare in termini di prestazioni.
Procedimento di operazionalizzazione: un obiettivo per essere utile alla progettazione didattica deve essere
espresso in termini operativi, ovvero deve identificare delle azioni concrete che il bambino deve poter
mettere in atto al termine dell'attività didattica e l'insegnante deve poter osservare in termini di prestazioni.
Da un lato tutto questo diventerà quasi una cosa eccessiva: la pedagogia per obiettivi, per esempio, arriva in
Italia negli anni '70. Secondo l'idea tyleriana del curricolo, io so che esso è buono quando, definiti certi
obiettivi, posso andare a verificare che siano stati effettivamente raggiunti. Come faccio per verificarlo? Non
posso entrare nella testa del bambino. La psicologia dello sviluppo ci dice che la mente umana è un po' la
scatola nera: non posso entrare nella testa dei bambini, posso però vedere i risultati nei comportamenti del
bambino. Quindi da qui l'importanza degli obiettivi intesi in senso operativo o comportamentale. Il
comportamento è tutto ciò che di una persona è visibile e dal comportamento posso dedurre (da non
confondere con atteggiamento). Per riuscire a dare intenzionalità ai curricoli, a progettarli senza lasciarli al
caso, noi dobbiamo definire chiaramente quali sono gli obiettivi del curricolo, che riguardano sempre gli
apprendimenti delle persone. Perciò devo definire quali cose queste persone sanno fare al termine di un
percorso didattico perchè al termine di questo posso dedurre che cosa abbiano appreso e sulla base delle
considerazioni finali posso dedurre se il curricolo è stato efficace oppure no.
es. primaria: vorrei che i bambini comprendessero il senso dell'addizione. "Comprendere il senso
dell'addizione" per Bloom non è un obiettivo espresso in termini adeguati. Per lui dovrei esprimerlo in
termini comportamentali e potrei farlo scrivendo ad es. "dati due numeri con una cifra, il bambino,
scrivendoli in colonna, sa sommarli e trovare il risultato corretto". Questo per lui è un obiettivo operativo
es. infanzia: vorrei lavorare affinchè il bambino sviluppi una motricità grossolana. "Lavorare affinchè un
bambino sviluppi una motricità grossolana" per Bloom non è un obiettivo operativo, dovremmo invece
scrivere ad es. "il bambino, all'interno del parco dove ci sono scivoli, castelli,.. il bambino sa arrampicarsi
sullo scivolo".
Questa eccessiva attenzione per ridurre il curricolo ad un insieme di obiettivi negli anni è stata superata.
Ovvio che, nel momento in cui gli studi procedono, non dobbiamo eliminare la teoria comportamentista.
Essa costituisce un modo della progettazione curricolare, che ci da una sua visione pariziale. Che cosa c'è di
importante da salvare? L'importanza, nel momento in cui si fa progettazione, di aver ben chiaro dove si
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vogliono portare i bambini, quali sono gli obiettivi. Questo toglie l'attività didattica dell'estermporaneità
(cioè dal caso) e porta gli insegnanti ad assumersi l'onere di decidere quali sono gli apprendimenti ai quali
vogliamo portali. È importante sapere verso quali obiettivi vogliamo portarli, ma anche dirlo a loro.
es. "entro la fine del mese riusciremo a fare questo, questo e questo".
Il dibattito in Europa.
Il dibattito arriva in Europa negli anni '60 (in Italia alla fine degli anni '70) e qui quasi tutti criticano la
corrente tyleriana perchè vista troppo meccanicistica e sulla microprogettaizone dettagliata degli obiettivi.
Vengono perciò messi in crisi i modelli statunitensi, opponendovi una maggior attenzione verso i valori
educativi del progetto curricolare.

Germania
Uno dei primi studiosi di questo dibattito è Robinsohn (1977) che evidenzia 3 variabili del curricolo:
1. le situaizoni di vita che devono essere dominate;
2. le qualificazioni coerenti con tali situaizoni, in termini anche di obiettivi da raggiungere;
3. gli elementi costitutivi del curricolo per il raggiungimento delle qualificazioni.
Per lui devo partire dalla domanda "di che cosa ha bisogno la società?". Sulla base di questa domanda
posso identificare quali sono le competenze che sono necessarie alla società; dopodichè posso creare
una gerarchia di queste competenze in base a quelle più necessarie e quelle meno e, di conseguenza,
capire su quali è importante che l'insengnante si concentri di più o di meno. Quindi per Robinshon c'è
una prospettiva della scuola in funzione della società: come la scuola può diventare funzionale alla
società in temirini di competenze.

Gran Bretagna
La Gran Bretagna in quegli anni ha una scuola costituita da tanti sistemi autonomi in cui sono le singole
scuole che prendono decisioni: grande potere di autonomia delle singole istituzioni scolastiche rispetto
al ministero. Quindi decentramento decisionale e autonomia delle istituzioni fino al 1988.
Per Kerr il curricolo è "l'insieme degli apprendimenti pianificati e guidati dalla scuola, condotti a gruppi
o individualmente, all'interno o all'esterno della scuola". Lui si pone alcune problematiche, in
particolare la differenza tra:
• curricolo ufficiale o formale: curricolo esplicito, apprendimento che tutti devono acquisire;
• curricolo "nascosto" o informale: curricolo implicito, che non è effettivamente progettato e rimane
imbrigliato soprattutto nelle relazione tra insegnanti e insegnanti-allievi, ed è quel curricolo che fa sì
che gli insegnamenti tramsettano apprendimenti agli allievi senza che siano effettivamente
progettati. È quindi più una trasmissione di valori, e questi apprendimenti passano per lo più
attraverso la routine (spazi e tempi) e le relazioni.
Kerr sostiene l'importanza di spostare i curricoli da impliciti a espliciti: occore esplicitare anche quegli
apprendimenti perchè più rendo esplicite le mie intenzionalità educative e formative verso i miei allievi,
più queste sono controllabili.
31-10-17
Per Stenhouse (1977) il curricolo è concepito come una programmazione educativa contraddistinta dai
caratteri della pubblicità e della controllabilità nel cercare una via di uscita dalla contrapposizione che
schiera irriducibilmente gli uni contro gli altri i sostenitori della teoria comportamentale e quelli della
teoria esistenzialistica. Egli appare orientato a scorgere lo specifico dell’idea del curricolo non tanto
nella prevedibilità degli esiti (comportamentismi) nè quella indiscutibile formatività dei contenuti
(essenzialismi), quanto, piuttosto, nella razionalità e democraticità (che vuol dire collegialità e
negoziazione decisionale degli insegnanti) del processo di ideazione, elaborazione, applicazione, verifica
e revisione; del modo in cui gli insegnanti gestiscono il processo di progettazione curricolare. Inoltre il
curricolo deve essere abbastanza trasparente e pubblico (visibile). Stenhouse sottolinea due concetti
importanti sul curricolo: la differenza tra curricolo teorico e curricolo pratico (o anche curricolo
progettato e curricolo realizzato). C'è differenza perchè ciò che si progetta non è sempre ciò che si
realizza: spesso vi sono vincoli e resistenze a quello che viene scritto e quindi non viene realmente
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realizzato. Quindi ci sono due chiavi per tenere insieme questi due tipi di curricolo che esistono:
1. consapevolezza della differenza tra curricolo teorico e pratico (non ignorare questo aspetto);
2. capacità degli insegnanti di valutare e autovalutarsi in questa differenza: solo confrontando
curricolo teorico e curricolo pratico si ha la possibilità di migliorare il curricolo. Il PTOF è triennale,
ma il collegio docenti è tenuto annualmente a fare un autovalutazione del curricolo e quindi a
modificare delle cose, perciò è modificabile.

Paesi francofoni
De Landsheere (scuola di Liegi) è morto da poco e ha lavorato a livello nazionale e internazionale. La
Francia ha una tradizione molto diversa da quella della Gran Bretagna: il sistema scolastico è fortemente
centralizzato. Arrivano in Francia le influenze della scuola tyleriana e l'importanza di definire obiettivi. Il
programma nazionale in Francia è molto importante, essendo il sistema così centralizzato. Egli appoggia
la pedagogia per obiettivi, ma con differenze rispetto alla scuola tyleriana: è vero che occorre lavorare
sul definire gli obiettivi di apprendimento, ma prima occorre fare un discorso più ampio di cornice o di
supporto agli obiettivi che verte sulle finalità valoriali della scuola (finalità educative che la scuola deve
perseguire). È inutile il tecnicismo sugli obiettivi se non sono inseriti in un progetto valoriale più ampio. I
punti fondamentali sono:
◦ vocazione fortemente democratica della scuola pubblica (scegliere di esplicitare);
◦ interrogarsi sui valori universali su cui poggia l’educazione;
◦ da qui discendono le procedure tecniche per la def. degli obiettivi di appr. nei vari ordini di scuola;
◦ scuola per una progettualità democratica: collegialità, trasparenza, competenza, atteg sperimentale
degli insegnanti. Questi devono sentirsi come dei ricercatori che progettano e che sono consapevoli
del fatto che la loro progettazione andrà verificata e se serve rielaborata. Questo atteggiamento
sperimentale (scientifico) chiama in causa altri due atteggiamenti: coraggio e umiltà (coraggio nello
sperimentare e umiltà nel sapere che la progettazione potrebbe non funzionare).
IL DIBATTITO ITALIANO
In Italia si esprimono sul curricolo principalmente Pontecorvo, Scurati (corrente cattolica- Milano),
Maragliano e Vertecchi (corrente laica-Roma) e Frabboni (Bologna). I teorici del curricolo in Italia
cominciano a lavorare intorno agli anni '70.
In Italia quando si parla di curricolo, si comincia a parlare anche di valutazione, affrontando problematiche
che sono strettamente connesse a una visione di insegnamento che non era tipica dell’Italia (è una novità).
La scuola italiana ha avuto una storia molto diversa: arriviamo un ventennio fascista che ha oppresso la
razionalità e la scientificità in ambito educativo e la pedagogia in Italia era quella di Gentile, l’idealismo
gentiliano, che rifiuta l'idea della mediazione didattica. Nell’idealismo gentiliano non esiste la didattica
perchè tutto si risolve in una relazione unica e inscindibile tra insegnante (visto unico detentore del sapere)
e allievo; la mediazione didattica è qualcosa che sfugge a questo pensiero filosofico, che vede la pedagogia
come una branca della filosofia e che non può avere nulla di scientifico. Per Gentile non si può studiare la
relazione educativa. La scuola ita esce da questo periodo con un retaggio culturale molto pesante.
Nel 1971 in Italia nasce il tempo pieno alla scuola primaria per tutelare l’importanza del lavoro femminile,
ma anche per cercare di colmare il gap socio-culturale, dando di più a quei bambini che hanno di meno da
un punto di vista culturale. Quando nascce il tempo pieno succede anche che inizia a diffondersi la presenza
di due insegnanti per ogni classe, e così iniziano a comunicare tra loro per accordarsi sul da farsi (questa è la
base embrionale della progettazione).
Pontecorvo è ancora viva: crede che sia fondamentale che gli insegnanti si rendano conto della necessità di
un loro diretto coinvolgimento nel problema, e cioè si sentano pienamente responsabili della scelta
dell’organizzazione dei contenuti dell’insegnamento, dell’elaborazione dei programmi e non solo della
didattica in senso riduttivo. Da questo punto di vista acquista significato la proposta di uno sviluppo del
curricolo school based, cioè basato sulle esigenze e sulle condizioni di una specifica scuola, perchè questa
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dimensione di intervento permette più di ogni altra la partecipazione diretta degli insegnanti. L'elemento
centrale è che occorre lavorare su una pedagogia basata sul singolo contesto scolastico, in modo da
promuovere la partecipazione degli insegnanti alla progettazione curricolare come protagonisti. In questi
anni i teorici del curricolo cercano di promuovere una cultura negli insegnanti di apertura. L'insegnante
infatti era visto come il singolo detentore di sapere che andava trasmesso in modo frontale (senza
mediazioni didattiche). È fondamentale la continua formazione e aggiornamento secondo Pontecorvo.
Per Maragliano e Vertecchi occorre dare maggiore responsabilità agli insegnanti e alle forze sociali
interessati alla crescita di una scuola democratica (vedi pag. 165). Occorre un impegno critico e una
responsabilità nelle decisioni secondo loro. La programmazione curricolare, inoltre, richiede un effettivo
tempo pieno: evidenziano un aspetto mai risolto nella normativa scolastica italiana, il problema del tempo
pieno degli insegnanti. Per fare progettazione e valutazione occorre tempo, infatti il lavoro del docente non
avviene solo nelle classi, ma anche fuori. L'idea del tempo parziale degli insegnanti arriva da una concezione
pre-gentiliana della scuola, che vede gli insegnanti come liberi professionisti che hanno il solo compito di
tenere la lezione in classe. Maragliano e Vertecchi nel 1978 parlano di un 'tempo pieno' di insegnanti che
restano a scuola per tutto il tempo necessario alla progettazione e valutazione. Questa questione è ancora
aperta, da dibattere, non risolta.
Bisogna fare attenzione a non confondere i due termini progettare e programmare (progettazione e
programmazione (non è grave scambiare un termine con l'altro nel parlare con colleghi o anche durante
l'esame; l'importante è conoscere la differenza tra i due termini).
➔ Progettare = deriva da 'pro iacere', che si configura nel "gettare avanti", quindi è più adatto in una
progettazione a medio-lungo termine (es. progettazione del PTOF, perchè la prospettiva è triennale,
o al massimo annuale, ma comunque non a breve termine).
➔ Programmare = deriva da 'pro graphein' che si traduce come "atto dello scrivere prima", quindi è
più adatto in una progettazione a breve-medio termine. (es. progettazione della didattica di classe).
L'idea della programmazione è strettamente collegata alla corrente della programmazione per obiettivi, che
deriva da Tyler e che poi scende in Europa con altri studiosi. Fine anni '80 - anni '90, la corrente legata al
comportamentismo è stata molto discussa e criticata e, in modo non buono, in pedagogia succede spesso
che si agisce per mode concettuali. "Si tende a buttare via il bambino con l'acqua sporca" --> bisogna fare
attenzione a non cancellare una prospettiva perchè ne è comparsa un'altra; bisogna considerarle entrambe.
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