TERZA SECONDA FASE resistenze laboratorio i condensatori laboratorio bobine diodi laboratorio classificazioni e scelta dei transistor il transistor bjt JFET/MOSFET il plc linguaggi di programmazione comandi elementari il... PARAMETRI PROPRIETA’ ELEMENTARI DEI COMPONENTI Il comportamento di un componente, o sistema, è normalmente descritto da più parametri. I parametri elementari più importanti sono: RESISTENZA: l’attitudine del componente, sottoposto a una differenza di potenziale, di opporsi al passaggio della I (flusso di cariche) CAPACITA’: l’attitudine di un componente ad accumulare cariche elettriche. INDUTTANZA : l’attitudine di un componente di opporsi alle variazioni di cariche nel tempo « flusso» I RESISTORI E' uno dei componenti più frequenti all'interno di un circuito elettronico e viene indicato con i seguenti simboli: Il principale parametro di un resistore è rappresentato dal valore della resistenza elettrica che il componente introduce quando viene inserito in un circuito. La resistenza viene espressa in (OHM) e va calcolata con la legge di Ohm espressa dalla relazione Con V=Tensione applicata ai capi del resistore espressa in Volt (V) I= Corrente che percorre il resistore espressa in Ampere (A) PARAMETRI DEI RESISTORI I principali parametri di un resistore sono: 1. Valore nominale = è il valore più probabile a cui fare riferimento nel progetto 2. La tolleranza = indica il campo di valori entro cui si trova il vero valore della resistenza Es. 220+ 5% indica un valore compreso tra 209 e 231, in quanto il 5% di220 è = (5*220)/100=11, quindi 220-11=209 220+11=231 3. Potenza nominale= massima potenza che a 25°C il resistore è in grado di dissipare sotto forma di calore senza che la sua costituzione interna venga alterata, senza, cioè, che venga danneggiato. La potenza dissipabile diminuisce con l'aumentare della temperatura ambiente. SERIE COMMERCIALI •In commercio non esistono però tutti i valori, che sarebbero economicamente e praticamente impossibili da gestire, ma solamente degli "stock" di valori normalizzati, o serie. •La fabbricazione delle resistenze è regolata dalle norme C.E.I. (Commissione Elettrotecnica Internazionale) che definiscono le diverse serie di valori reperibili nei punti di vendita specializzati. TIPI DI RESISTORI TIPI DI RESISTORI CODICE DEI COLORI Viene utilizzato per definire il valore ohmico e la tolleranza delle direttamente sul contenitore. resistenze Il più comune è il codice colori a 4 strisce colorate o anelli, ma esiste anche quello a 5 o a 6 bande per le resistenze della serie E96, E192. Nel codice a 4 strisce , tre sono molto vicini tra di loro , mentre il quarto rimane separato e indica la tolleranza della resistenza. Iniziando dal lato opposto alla tolleranza, le tre strisce indicano il valore nominale. I primi due colori definiscono le prime due cifre del valore, mentre il terzo fornisce il coefficiente di moltiplicazione (o divisione) che bisogna applicare alle prime due cifre. Il terzo colore indica in sostanza il numero di zeri da aggiungere alle prime due cifre secondo la seguente tabella. Codice dei colori Se invece le bande sono cinque si considerano le prime tre come valori numerici, la quarta come fattore moltiplicativo, e l'ultima come indice della tolleranza, sempre in accordo con la tabella. CODICE DEI COLORI CODICE DEI COLORI LA POTENZA La potenza dissipabile è la massima potenza che il resistore è in grado di dissipare sotto forma di calore senza che il materiale venga danneggiato. La potenza assorbita che viene trasformata in calore è: Pa=R*I2 La potenza dissipata è la quantità di calore che si propaga ogni secondo dal resistore verso l'ambiente è: Pd=(Ti-Ta)/ Con Ti= Temperatura interna del componente Ta=temperatura ambiente = resistenza termica Se : Pd=Pa si ha equilibrio termico Pd>Pa il resistore si raffredda Pd<Pa il resistore si riscalda LA POTENZA • Si ipotizza che la temperatura interna non superi i 150°C e che la temperatura ambiente per definire la potenza dissipabile sia di 40°C. • E' possibile aumentare la potenza dissipabile riducendo la resistenza termica disponendo sull'involucro un opportuno dissipatore. • Ricordiamo che la resistenza elettrica di un pezzo di conduttore è data dalla relazione: • R= *(l/S) l=lunghezza del conduttore; • S=area della superficie attraversata dalla corrente; • =resistività del materiale TIPI DI RESISTORI La stabilità è un parametro che indica la variazione percentuale della resistenza dopo un tempo di 1000 ore in determinate condizioni di funzionamento. In alta frequenza occorre tenere conto di: fenomeni induttivi dovuti alla forma a spirale dell'elemento resistivo fenomeni capacitivi dovuti alle spire adiacenti del solenoide. Per questi motivi il circuito equivalente del resistore in alta frequenza non è più rappresentato soltanto da una semplice resistenza ma anche da una induttanza L in serie ed entrambi in parallelo ad una capacità C come in figura. . C = capacità equivalente di tutte le spire L = induttanza causata dal campo magnetico R = resistenza Questi fenomeni si fanno sentire tanto di più quanto maggiore è la frequenza EFFETTO PELLE Quando la corrente è alternata la sua distribuzione nel conduttore non è uniforme e si avrà sempre il valore massimo della densità di corrente sulla superficie del conduttore che diminuirà dalla superficie esterna verso il centro. Questo fenomeno di distribuzione di corrente non uniforme all'interno della sezione di un conduttore è chiamato effetto pelle e si verifica sempre in corrente alternata Con l'aumentare della temperatura aumenta il rumore generato dall'agitazione termica degli elettroni che causa ai capi del conduttore piccole fluttuazioni di tensione; ed è proprio questa tensione a valore medio nullo ma di valore efficace diverso da zero e a densità spettrale costante, che viene definita "rumore bianco". TIPI DI RESISTORI Da un punto di vista costruttivo , un resistore è formato dalle seguenti parti: Elemento resistivo (quella parte che viene attraversata dalla corrente e che ne determina il comportamento elettrico Supporto dell'elemento resistivo (quella parte di materiale isolante, in genere ceramica, su cui poggia l'elemento resistivo) Rivestimento di protezione (realizzato con resine sintetiche o vernici isolanti) Terminali o reofori (realizzati in materiale conduttore per collegare il componente al circuito e saldati a due cappellotti metallici a contatto diretto con l'elemento resistivo). A seconda del tipo di elemento resistivo possiamo avere: – Resistori ad impasto – Resistori a strato o film (spesso e sottile) – Resistori a filo RESISTORI AD IMPASTO L'elemento resistivo e' costituito da polvere di carbone o grafite e resine sintetiche mescolate con materiali inerti quali il talco, in proporzioni diverse a seconda del valore della resistenza che si vuol ottenere. Al cilindro resistivo vengono poi applicati i terminali ed il tutto viene ricoperto da una custodia isolante o da un tubetto di ceramica bloccato agli estremi con cemento. I valori nominali di resistenza vanno da 1 a 100M e le tolleranze sono del 5%,10%,20%. Data la limitata risposta in frequenza non sono molto usati perchè poco precisi e rumorosi . La resistenza è ottenuta per mezzo di una miscela di materiali isolanti e coduttori. Per i resistori con impasto a grafite: Caratteristiche: • resistenza diminuisce con l’aumento della dissipazione • scarsa stabilità della resistenza con l’invecchiamento • resistenza da ~ centinaio di ohm a ~ centinaio di Mohm • potenza dissipabile: 1/4, 1/2, 1, 2 W • tolleranza dal 5% al 20% • bassissima induttanza • basso costo. RESISTORI A STRATO O A FILM L'elemento resistivo è costituito da uno strato o film di materiale conduttore depositato su un supporto di materiale isolante quasi sempre ceramico e avente la forma cilindrica. A seconda dello spessore del film possiamo avere: – resistori a film sottile – resistori a film spesso RESISTORI A FILM SOTTILE Hanno il film con spessore inferiore aio 5 cm ed i metallici o carbone. materiali usati sono: metalli ossidi, RESISTORI A STRATO DI OSSIDO METALLICO Si realizzano mediante deposizioni di ossidi metallici (attraverso reazioni chimiche) su supporti ceramici o di vetro.Impiegano uno strato resistivo Invarox a base di ossido di rutenio depositato su supporto cilindrico ceramico e sono forniti si terminali a vite per formare catene di resistori e di una apposita guaina retrattile. Sopportano tensioni max di lavoro da 350V a 900V con valori da 10 a 67K, ma se ne trovano anche da 100K a 15G per tensioni max di lavoro da 25%50KV. Le tolleranze standard sono del 5%,2%,1%. Hanno buona stabilita' elettrica e meccanica, resistono all'umidita', hanno bassa corerente di rumore e non sono infiammabili. RESISTORI A STRATO DI CARBONE Vengono costruiti in modo simile a quello dei resistori a strato metallico. Lo strato di carbone spiralizzato e' pero' piu' spesso di quello metallico . Sono provvisti o meno di cappuccio agli estremi.Di basso costo sono più precisi e affidabili di quelli ad impasto Per spiralizzazione intendiamo l'incisione del film con un utensile in modo da ottenere una spirale al fine di diminuire la sezione e aumentare la lunghezza dell'elemento resistivo e ottenere una resistenza di valore più alto. RESISTORI A FILM SPESSO Lo strato resistivo e' un centinaio di volte piu' spesso di quello dei resistori a film sottile rispetto ai quali sono meno stabili.Permettono un ottimo smaltimento di calore ed un buon comportamento in frequenza. Si dividono in : - resistori a film spesso di carbone: uno strato spesso di carbone (100 volte quello dei resistori a film sottile) viene depositato su un substrato di vetro a 500 øC e protetto da un involucro resistente ad alte temperature.Consentono una elevataissipazione di calore; - resistori a film spesso metal glaze: Sono fabbricati utilizzando miscele di polvere di vetro e metallo quali l'argento o il titanio dispersi in un legante.Ad una temperatura di 900-1100°C la miscela e' applicata per immersione su un substrato cilindrico di allumina con velocita' controllata allo scopo di regolare lo spessore del film. Il tutto viene poi rivestito da un involucro stampato in resina o da vernice al silicone - resistori tipo cermet (piu' recenti e utilizzati come resistori variabili): Il composto resistivo viene qui' depositato su un supporto ceramico (da cui la parola Cermet). Si tratta di composti a base di metalli nobili e di loro ossidi e di leganti ceramici e vetrosi dispersi in un veicolo organico resinoso.La cottura avviene a 800%1000øC. Sopportano tensioni di lavoro max di 1500%3000 V, permettono una forte dissipazione in dimensioni ridotte (hanno,cioe', un eccellente valore del rapporto Potenza dissipabile/Superficie) ed un'ampia gamma di valori ohmici (da 10 a 3G). RESISTORI A FILO. L'elemento resistivo e' qui' un filo metallico avvolto su un supporto isolante piatto (bachelite) o cilindrico (ceramico). Il diametro del filo è legato al valore della corrente che il resistore deve sopportare, per cui i resistori con potenza maggiore avranno un diametro maggiore I vari tipi di lega utilizzati per il filo sono: * Nichel-Rame per resistori di grande precisione e stabilita'; * Nichel-Cromo per resistori di rilevante potenza; * Nichel-Cromo-Alluminio per resistori con elevati valori di resistenza; * Nichel-Cromo-Ferro per i resistori piu' economici; Si utilizza una lega in quanto quest'ultima presenta una resistenza molto piu' elevata dei metalli puri e le dimensioni a parita' di valore di resistenza desiderato diventano accettabili. Sono,pero', piu' cari dei resistori a strato. RESISTORI A FILO. Mentre i resistori a strato raggiungono a 70°C potenze dissipabili fino 6W 7W, in base alle caratteristiche costruttive, i resistori a filo si possono raggruppare in 3 categorie: - Resistori a filo smaltati: Per potenze medie ed alte (da 12W a 100W) sono protetti mediante smalti vetrosi non infiammabili per temperature max di lavoro fino a 400°C e mediante laccatura per temperature sino a 150 C. Non si usa invece alcun rivestimento di protezione per potenze sopra il centinaio di Watt al fine di permettere una piu' efficace dissipazione di calore. - Resistori a filo cementati: Per potenze da 2W a 20W, sono avvolti su supporto ceramico o di vetro, coperto da uno strato di cemento resistente alle alte temperature . - Resistori a filo di precisione: Per potenze da 0,25W a 2W, utilizzati per apparecchiature professionali. Se provvisti di radiatore metallico sono in grado di dissipare fino a 300W con dimensioni molto contenute.Trovano impiego in apparecchiature come alimentatori di potenza, amplificatori, azionamenti etc. La resistenza è ottenuta per mezzo dell’avvolgimento di un filo metallico avvolto su un cilindro isolante (max 100 kohm): • costantana (Ni-Cu), per resistori ad alta precisione • cromel (Ni-Cr), per resistori di alta potenza ( > 5 W, fino ~ centinaio di W). NB: cromel utilizzato come elemento riscaldante nei forni elettrici (leghe Ni-Cr + Fe sono più economiche, ma anche più soggette a corrosione). Sono caratterizzati da una buona stabilità nel tempo. Possono lavorare ad alte temperature: 250 – 300 °C. Per ridurre l’effetto induttivo si realizza un avvolgimento bifilare (avvolgimento Ayrton- Perry) in modo da annullare il flusso magnetico. Massima frequenza di utilizzo 100 kHz. Esempio: resistore di 2.2 k ± 5%, 5 W L’informazione sulla tolleranza deriva dal simbolo J, secondo la seguente tabella: Resistori a strato (a film) La resistenza è ottenuta per mezzo di una sottile pellicola resistiva avvolta su un supporto isolante. Sulla pellicola viene praticato un solco a spirale lungo tutto il cilindro. A strato di carbone: resistenza da 1 ohm a 20 Mohm; tolleranza da 5% a 1%; potenza da 1/8 a 2 W; da non usare ad alta temperatura. A strato metallico: resistenza max 1 Mohm; tolleranza da 1% a 0.1% per resistori normali, da 0.1% a 0.001% per resistori ad alta precisione; potenza da 1/8 a 2 W; maggiore stabilità della resistenza all’aumentare della temperatura. A strato ceramico (Cermet): resistenza tra 10 kohme un 1 Tom; tolleranza 1% ; potenza fino a 2 W. Adatti per applicazioni in alta tensione. Tecnica costruttiva dei componenti PTH (Plated Through Hole): componenti i cui reofori sono inseriti nei fori praticati nel circuito stampato. Vantaggi PTH: facili cablaggi e saldature manuali su basette millefori veloci cablaggi manuali di prototipi su basette breadboard. Resistore SMD (Surface Mounting Device): componenti montati sulla superficie del circuito stampato, senza che questi sia forato. Vantaggi SMD: • veloci automazioni per collocare e saldare i componenti sul circuito stampato • maggiore miniaturizzazione dei componenti. Resistore CARATTERISTICHE ESEMPI LABORATORIO: Considerazioni pratiche sul codice colori Per una corretta lettura dei valori di resistenza e tolleranza occorre individuare il verso della sequenza delle bande colorate: •se le bande non sono centrate rispetto al corpo del componente, si orienta questo in modo da avere a sinistra il reoforo più vicino alle bande • se le bande sono centrate, una delle due agli estremi deve essere più larga delle altre. Orientare il resistore in modo da vedere a sinistra la fascia più stretta Esempio di circuito _ Tipi di terminali dei cavi Spinotto Banana Pinza Coccodrillo Spinotto BNC Esercitazione 2 Dato il seguente circuito: Misurare la caduta di tensione su R3, assumendo il terminale connesso al nodo 1 come polo positivo. NB: Fasi dell’esercitazione: 1. cablare su breadboard il circuito 2. collegare i terminali di R3 ad una linea analogica di ingresso della scheda Esercitazione 2 Soluzione del circuito: I CONDENSATORI I condensatori sono componenti passivi molto importanti in tutti i campi dell'elettronica. Tra le applicazioni possiamo subito citare ad esempio le seguenti: • • • • • Avviamento dei motori Rifasamento delle linee elettriche Soppressione dei disturbi (Filtri) Blocco di correnti continue; Formazione di circuiti oscillatori Se ad un conduttore neutro ed isolato diamo una carica Q, esso assume un certo potenziale V. L’esperienza dimostra che se diamo allo stesso conduttore una carica doppia, tripla,ecc., esso assume un potenziale doppio, triplo, ecc. proporzionalità diretta tra carica Quindi per uno stesso conduttore esiste una relazione di elettrica Q e potenziale V, per cui possiamo scrivere: Q/V= costante I CONDENSATORI Tale costante viene chiamata Capacità elettrica e si indica con la lettera C; vale cioè la seguente relazione C=Q/V Per quanto concerne il significato fisico, la Capacità di un conduttore sua attitudine a contenere cariche elettriche. esprime la Un conduttore ha maggiore capacità elettrica di un altro se potenziale, contiene un numero maggiore di cariche L’unità di misura della capacità poiché Farad è una unità milliFarad microfarad nanofarad picoFarad troppo grande si usano i suoi sottomultipli: • • • • a parità di elettrica è il Farad F (1 sCoulomb/1Volt); I CONDENSATORI La Capacità elettrica di un conduttore dipende da alcuni fattori: Dall’area della superficie: Maggiore è la superficie del conduttore, maggiore è il numero di cariche elettriche che si possono immagazzinare, e quindi maggiore è la Capacità elettrica del conduttore. • Dalla forma Un conduttore piano ha una capacità elettrica maggiore rispetto ad un conduttore filiforme o a punta in quanto ha una superficie maggiore; • Dalla presenza nelle vicinanze di un altro conduttore: La presenza di un conduttore non elettrizzato nelle vicinanze fa diminuire il potenziale del conduttore elettrizzato, ma fa aumentare la Capacità elettrica del sistema dei due conduttori (C=Q/V) • Dal dielettrico nel quale è immerso. I CONDENSATORI definisce condensatore un sistema costituito da due superfici conduttrici, dette armature, separate da un isolante, detto dielettrico. Un sistema così definito è capace di immagazzinare energia elettrostatica in seno al dielettrico, quando viene applicata alle armature una differenza di potenziale (tensione elettrica) V; il valore di questa energia è dato dalla relazione: Si W=1/2 CV2 In cui C è una costante caratteristica del condensatore, chiamata capacità C=Q/V con Q che è la carica distribuita su una armatura del condensatore. Il condensatore presenta una impedenza infinita in corrente continua ed un valore di reattanza che varia in funzione della frequenza consentendo il passaggio della corrente alternata. I CONDENSATORI Quando si polarizza il condensatore applicando una tensione continua tra i suoi due terminali, viene generato un campi elettrico E in direzione delle frecce. L'effetto del campo sul dielettrico è di separare le cariche di segno opposto, orientandole nel senso del campo stesso. Dipolo elettrico I CONDENSATORI •Per effetto della tensione applicata ai capi delle armature del condensatore, si stabilisce tra di esse un campo elettrico E che determina la polarizzazione del dielettrico. •Per polarizzazione del dielettrico si intende l’induzione elettrostatica «ridistribuzione della carica elettrica» operata dal campo elettrico sulle molecole del materiale in maniera tale da formare tanti dipoli elettrici orientati lungo la direzione del campo elettrico E. I CONDENSATORI Il tipo di condensatore più semplice è quello piano ,in cui le armature sono due superfici metalliche piane e fra loro parallele di area S, poste ad una distanza d fra le quali è posto un dielettrico di costante dielettrica ε= εo εr Con εo la costante dielettrica assoluta di valore 8,85 10 -12 F/m. La sua capacità è : C= ε S/d Per condensatori di forma geometrica diversa da quella piana, risulta essere più complessa l’espressione della capacità IDENTIFICAZIONE DEL COMPONENTE Il segno grafico che caratterizza il componente non è unico, ma seconda dei materiali utilizzati: diverso a seconda della funzione e a Simbolo convenzionale Condensatore elettrolitico polarizzato Condensatore variabile La legge che descrive il comportamento di un condensatore è: Ic(t)= C ∆Vc(t)/∆t Dove Ic(t) è la corrente che passa nl condensatore al variare della tensione ∆ Vc(t) nel tempo. Tale legge esprime il fatto che il condensatore può essere attraversato da corrente solo se sottoposto a tensioni variabili; infatti se la tensione che eccita il condensatore è continua , la corrente è nulla. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE Tutti i condensatori sono costruiti in linea di principio da due armature di superficie più o meno grande, molto ravvicinate, con l’interposizione di materiale isolante ( dielettrico). Il valore capacitivo del condensatore è legato alla sua configurazione geometricaed al tipo di dielettrico usato. La forma geometrica pù usata è quella del condensatore piano per cui: C= ε S/d In questo caso, a parità di materiale dielettrico adoperato, il valore armature e al diminuire dello spessore del dielettrico. capacitivo aumenta al crescere delle CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE E’ vantaggioso che i condensatori, a parità di valore capacitivo, occupino un volume più ridotto; con l’espressione “ efficienza volumetrica” si indica il rapporto tra il valore capacitivo ed il volume occupato. Tenendo conto delle proprietà tecnologiche del dielettrico utilizzato per migliorare l’efficienza volumetrica si possono usare tecniche costruttive diverse: •Si realizza una struttura cilindrica avvolgendo più striscie di materiale isolante poste fra due nastri di materiale conduttore come schematizzato in ifgura . In questo modo utilizzando striscie molto lunghe , si ottengono valori capacitivi elevati; TECNICHE COSTRUTTIVE •Si costruiscono strutture particolari alternando n+1 armature di superficie S separate da n dielettrici chiamate strutture multi layer • Collegando insieme tutte le armature di posto pari e facendo altrettanto con quelle di posto dispari. Si ottiene un sistema equivalente ad n condensatori posti in parallelo che avranno un valore capacitivo complesso paro a C=n εS/d. PARAMETRI CARATTERISTICI DEL CONDENSATORE I principali parametri elettrici sono: • La capacità • La tolleranza di fabbricazione • La tensione nominale • La resistenza di isolamento • Il coefficiente di temperatura • Le perdite in continua espresse mediante la resistenza di isolamento (o la corrente di fuga) • Le perdite in alternata espresse dal fattore di perdita LA CAPACITA’DEL CONDENSATORE Il valore capacitivo nominale è determinato in sede di fabbricazione del componente ed impresso dal costruttore sul contenitore con un codice opportuno, che può essere un codice a colori. LA CAPACITA’ DEL CONDENSATORE Oppure da un codice numerico, dove è stampigliata la tensione nominale ed il valore di capacità inteso in pF e nel valore di riferimento l’ultima cifra indica il numero degli zeri; alle cifre può seguire una lettera: J,K,M, che indica la tolleranza e rispettivamente sarà ± 5%,± 10%, ±20%. Se il numero è preceduto da un puntino allora il valore capacitivo è da intendersi in µF e di seguito c’è l’indicazione della tolleranza e della tensione nominale. Se il numero è accompagnato da una “n” allora il valore capacitivo è espresso in nF. Nell’esempio di fig. il primo condensatore ha una capacità di 4700pF ed una tensione nominale di 63V, il secondo una capacità di 4,7 nF, una tolleranza del 5% ed una tensione nominale di 63V e il terzo condensatore una capacità di 0,001 µF, una tolleranza del 10% ed una tensione nominale di 630V. PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN CONDESATORE La tolleranza di fabbricazione esprime la deviazione massima del nominale ed è espressa in percentuale dello stesso. valore capacitvo dal valore La tensione nominale è il valore massimo che può essere applicata al condensatore per una durata prestabilita, all atemperatura ambiente, senza provocarne il danneggiamento. Se viene applicata iuna tensione superiore al doppio di quella nominale, si provoca sicuramente la perforazione del dielettrico e quindi la messa in corto circuito del condensatore o in circuito aperto se il dielettrico si è bruciato. Il coefficiente di temperatura Il valore capcitivo varia con la temperatura sia per le alterazioni delle proprietà del dielettrico che per i cambiamenti della struttura geometrica del componente. In generale la dipendenza del valore capacitivo dalla temperatura non è lineare pertanto il costruttore ne fornisce ilgrafico. PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN CONDESATORE Per alcuni tipi di condensatori questo andamento è lineare secondo la seguente legge: C=Co (1+ α∆T) Dove C è il valore capacitivo alla temperatura T Co è il valore capacitivo a =° C ∆T è il salto di temperatura da 0°C alla temperatura T: ∆T= T°- 0°; α è il coeff. Di temperatura che rappresenta la variazione del valore capacitivo per un aumento di temperatura di 1 grado; misurato in °C -1. Il coeff. Di temperatura α viene così calcolato: α=∆C/Co∆T Il coefficiente di temperatura, oltre che essere riferito a 0°C, può essere riferito a 25°C; in tal caso il costruttore lo indica con : TC PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN CONDESATORE Resistenza di isolamento Si definisce resistenza di isolamento la resistenza del dielettrico. Esiste pertanto durante il funzionamento una dissipazione di potenza nel dielettrico dovuta a conduzione ionica o anche al moto di elettroni liberi che possono essere presenti in misura non trascurabile. Pertanto un condesatore caricato con una tensione continua, se viene tolta l’alimentazione, tende a scaricarsi nel tempo attraverso tale resistenza di isolamento che vale generalmente alcune migliaia di MΩ. Il costruttore fornisce come resistenza di isolamento, la resistenza tra i terminali del componente, misurata in continua, per diversi valori di tensione di lavoro. CLASSIFICAZIONE DEI CONDENSATORI •I condensatori vengono definiti in generale sia dalla loro capacità che dal materiale che forma il dielettrico , oppure dalla tecnologia di fabbricazione. •I materiali più utilizzati come dielettrico sono: il film plastico metallizzato(poliestere, polistirolo ecc), la carta , la carta e l’olio, la ceramica, il vetro, la mica e i depositati elettrolitici di varia natura. • Per tipologia, essi possono essere così suddivisi: CONDENSATORI A FILM PLASTICO Il dielettrico è costituito da un sottile strato di materiale isolante (film), le armature sono realizzate con un foglio di materiale conduttore oppure con un sottile strato metallico fatto depositare direttamente sul film. Questi condensatori sono di tipo avvolto, con opportune tecniche di avvolgimento si possono ottrenere anche condensatori di forma rettangolare.I materiali utilizzati come dielettrico sono resine termoplastiche. Questi materiali hanno una costante dielettrica relativa εr piuttosto bassa , ma poiché si possono ottenere film sottili è possibile raggiunger comunque discreti rapporti capacità/volume. Questi condensatori presentano basse perdite e discreta stabilità del . valore capacitivo al variare della frequenza e della temperatura CONDENSATORI CERAMICI Il dielettrico è costituito da materiali ceramici aventi elevata costante dielettrica. I condensatori ceramici si dividono in tre classi in base al dielettrico utilizzato: Condensatori a disco Condensatori multistrato Classe I In questi condensatori i materiali ceramici utilizzati come dielettrico hanno una costante dielettrica relativa εr che va da 60 a 250. Il valore capacitivo hja una dipendenza quasi lineare dalla temperatura, risulta stabile al variare della frequenza e nel tempo. Questi condensatori presentano basse perdite anche in alta frequenza. Si ottengono valori da pochi pF a 10 nF e sono utilizzati per la loro precisione e stabilità in circuiti risonanti e filtri ad alta frequenza. CONDENSATORI CERAMICI •Classe II •Ad alta costante dielettrica relativa che è compresa tra 250 e 10000. I valori sono più elevati della classe I e si arriva sino al µF. Poco stabili e di basso prezzo. • Altri tipi di condensatori •A carta : •in cui come dielettrico usano un nastro di carta struttura simile ai condensatori plastici. impregnata con oli e presentano una • A mica: • Con elevata tensione di rottura e ottima risposta ad alta frequenza VHF e UHF. CONDENSATORI ELETTROLITICI I condensatori possono accumulare cariche positive e negative indifferentemente su ciascuna armatura. In quelli elettrolitici devono accumulare le cariche positive e negative su armature predeterminate. L’armatura che deve essere collegata al potenziale più alto viene indicata col segno + (anodo) e l’altra col segno – (catodo) e non devono essere scambiati tra loro. Presentano valori di capacità molto alti, dal µF al F. A stretto contatto dell’anodo viene formato un sottilissimo strato di ossido isolante, che funge da dielettrico, e fra questo e l’altra armatura viene posto l’elettrolita in cui durante il normale funzionamento si ha una debole corrente di fuga costituita da ioni di segno opposto. Perché può scoppiare? Gli ioni negativi vengono attratti dall’anodo e quelli positivi dal catodo. Gli ioni negati , essendo di natura ossidante, provvedono a rigenerare lo strato di ossido là dove si è deteriorato mentre quelli positivi danno origine a piccole quantità di idrogeno. Se la polarità delle tensione viene invertita si distruggerebbe lo strato di ossido e la produzione di gas provocherebbe l’esplosione dell’involucro del condensatore. CONDENSATORI ELETTROLITICI L’elettolita può essere di tipo: •Solido: viene usato il biossido di manganese •Non solido: ( pasta gelatinosa con la quale vengono impregnati nastri di carta, avvolti con fogli metallici che costituiscono le armature). Esistono comunque in commericio condensatori elettrolitici non polarizzati che possono essere usati in regime alternato in cui lo strato di ossido è presente su Entrambe le armature il suo spessore cresce o diminuisce e aseconda della polarità applicata ai terminali. CONDENSATORI ELETTROLITICI Condensatori in alluminio In essi le armature sono costituite da due fogli di alluminio e sull’anodo viene formato lo strato di ossido di alluminio isolante. La costante dielettrica non bassa consente di ottenere valori di capacità per unità di volume molto elevati. I condensatori in alluminio ad elettrolita non solido sono di forma cilindrica. CONDENSATORI ELETTROLITICI Condensatori al tantalio • In essi le armature sono costituite da tantalio che presenta quello d’alluminio. un ossido ancora migliore di •Sono generalmente ad elettrolita solido ed hanno la classica forma a goccia. Sono affidabili, sicuri ed hanno una vita lunga ma presentano tensioni di lavoro inferiori a quelli di alluminio. La capacità per unità di volume può raggiungere valori elevatissimi. CONDENSATORI VARIABILI I compensatori o trimmer capacitivi sono sempre condensatori variabili ma di dimensioni più piccole e vengono usati per operazioni di taratura, apportando piccole variazioni ai valori dei condensatori fissi, soprattutto nei circuiti di sintonia. CONDENSATORI VARIABILI Con essi è possibile ottenere valori di capacità variabili fra un minimo ed un massimo modificando la posizione reciproca delle armature e di conseguenza l’area delle superfici affacciate. La posizione dell’armatura mobile ( rotore ) può essere variata risèpetto all’armatura fissa (statore) mediante la rotazione di un alberino. Quando le due armature vengono a sovrapporsi completamente, la capacità assume il suo valore massimo viceversasia fra il valore minimo, Il dielettrico è generalmente l’aria, ma può essere la mica o materiale ceramico o plastico. LABORATORIO: TECNOLOGIE COSTRUTTIVE Esistono molti tipi di condensatori, in relazione al tipo di dielettrico. NON POLARIZZATI: condensatori in POLARIZZATI: condensatori in cui il cui il dielettrico non è polarizzato, dielettrico è polarizzato, per cui in per cui in fase di montaggio non ci fase di montaggio occorre sono vincoli di polarità sui rispettare le polarità dei terminali. terminali. NB: In un circuito in c. a. si devono usare condensatori non polarizzati. CONDENSATORE POLARIZZATO ELETTROLITICI Capacità tra 0.1 uF e qualche decina di mF BACK UP Alta capacità: tra 0.1 – 10 F. Utilizzati come batteria tampone in caso di black-out. Tensioni di lavoro 6 V. CONDENSATORE NON POLARIZZATO POLIESTERE: • capacità al massimo di qualche μF • adatti per basse frequenze (max ca. 1 MHz) CERAMICI: • capacità compresa tra ca. 1 pF e 100 nF • piccoli, economici, ideali in alta frequenza (centinaia di MHz) Codici per condensatori ceramici Il valore della capacità si trova scritto sul corpo del componente attraverso tre cifre: • le prime due indicano la capacità in pF • la terza indica il numero di zeri da aggiungere 10 0000 pF = 100nF ACCUMULO DI CARICA SULLE ARMATURE Se un condensatore viene sottoposto a una tensione V applicata esso accumula su ciascuna armatura una quantità di carica data da: Q=CxV sulle sue armature, dove Q è la quantità di carica (misurata in Coulomb, C), C è la capacità del condensatore e V è la tensione applicata. Il condensatore si carica perche gli elettroni si accumulano sull’armatura collegata col polo negativo della batteria, mentre sull'armatura collegata col polo positivo rimangono protoni (nuclei atomici carichi positivamente) che hanno perduto i propri elettroni. Ne consegue che entrambe le armature accumulano una carica uguale ma di segno opposto Se il condensatore carico viene staccato dalla batteria, esso mantiene (per un certo tempo) la carica accumulata e la tensione ai suoi capi. CONDENSATORE CON TENSIONE CONTINUA E VARIABILE NEL TEMPO In un circuito formato solo da un generatore di tensione costante (es. una batteria) e un condensatore, non passa nessuna corrente. O meglio: passa corrente al momento del collegamento della batteria col condensatore (o della chiusura del tasto) che si esaurisce in un tempo molto breve Le cose cambiano se si applica un segnale variabile nel tempo che genera un passaggio di corrente dovuto al trasferimento di carica fra le armature del condensatore ma che non attraversa il dielettrico essendo un isolante La corrente non passa fra le armature ma attraverso il circuito che connette fra di loro le armature stesse. Quando la tensione Vc aumenta gli elettroni passano dalla armatura positiva a quella negativa: ciò significa che nel circuito scorre una corrente dall’armatura negativa a quella positiva . Se invece la tensione Vc diminuisce, la corrente scorre dall’armatura positiva a quella negativa. BOBINE Per bobina si intende colloquialmente un nucleo solido su cui può essere avvolto del materiale filiforme o nastriforme, come fibre tessili, pellicole, conduttori elettrici o altro. In fisica ed elettrotecnica genericamente, la bobina è un insieme di spire, il cui numero può variare da una frazione di spira a molte migliaia, realizzate con materiale conduttore. I campi di applicazione sono i più vari, dall'elettronica ed elettrotecnica alla meccanica, ed anche in medicina (risonanza magnetica). Il suo parametro elettrico principale è definito induttanza. In elettronica ad esempio, può essere impiegata per trasformare la corrente alternata in onde radio In elettrotecnica prende il nome di matassa o induttore, avvolgendola attorno ad un nucleo ferroso otteniamo un'elettrocalamita, oppure, variando il numero e la sezione delle spire (o avvolgimenti), abbiamo il trasformatore, un dispositivo capace di trasformare i valori di tensione/corrente ad esso applicati. In meccanica prende il nome di bobina d'accensione, nell'impianto elettrico di un qualsiasi motore ad accensione comandata, la bobina serve ad elevare il valore di tensione utilizzato dalla parte dell'impianto precedente (a seconda del sistema da 6V a 400V), trasformandola nel valore adeguato a far scoccare la scintilla tra gli elettrodi delle candele (ordine di 20.000 volt), essendo il valore di corrente estremamente basso, l'eventuale scarica tra le dita di una persona, risulta innocua. Una bobina tradizionale ha una frequenza di risonanza definita dalla sua geometria e caratteristiche elettriche, e un'impedenza diversa da zero, per cui, se attraversata da una corrente elettrica, la bobina genera calore. Gli INDUTTORI “bobine” sono costruiti in decine di modi diversi, ed e' per questo motivo che c'è una certa difficoltà a riconoscerle per applicarle ai circuiti. Si deve fare attenzione perchè le induttanze non sono sempre ESPLICITAMENTE riconoscibili... e a volte si presentano sotto forma di comunissime.. RESISTENZE!! Di solito le induttanze "sospette" si riconoscono piu' perche' sono ABBOMBATE agli estremi rispetto alle resistenze e poi il colore di BASE e' quasi sempre verdino o celeste. Conoscendo il codice dei colori delle resistenze (es. marrone,rosso marrone), misurare col tester (scala in ohm) il valore del componente da controllare, se è una resistenza, con un tester, misurerai circa 120 Ohm, se invece è un induttore, con un tester, vedrai un cortocircuito (o quasi) e sarà L = 220uH (microHenry). Per la misura del suo valore dovresti usare un induttanzimentro. Ricordando che: se è una induttanza e si applica una tensione costante, l'induttore si comporta come un corto (si misurera' la sola resistenza del filo che la compone). CALCOLI E NOTE SULLE INDUTTANZE Come avviene per il condensatore, che rimane caratterizzato da un certo valore capacitivo, così accade per la bobina e, più in generale, per tutti gli avvolgimenti elettrici, che vantano una propria induttanza. E questa è tanto più grande quanto maggiore è il numero di spire che compongono la bobina. Inoltre essa aumenta coll'aumentare del diametro dell'avvolgimento, col diminuire della sezione del filo e con l'aumentare della permeabilità del nucleo, se questo esiste. Ma dipende pure dal rapporto tra diametro e lunghezza dell'avvolgimento, dal tipo di avvolgimento, da quello del conduttore, che può essere monofilare o multifilare e dalla spaziatura tra spira e spira. Anche l'induttanza, come ogni altra grandezza elettrica, vien definita tramite un'unità di misura, I'henry (abbrev. H) e i sottomultipli di questo. H = henry mH = millihenry (millesimo di H) uH = microhenry (milionesimo di H) L'induttanza ha per simbolo la lettera L, come si può osservare in figura 1, nella quale, in alto, è riprodotto il segno grafico di una bobina munita di nucleo, in basso quello di una bobina avvolta in aria. Fig. 1 - Simboli e sigle normalmente impiegati per segnalare le induttanze. Quella riportata più in alto si riferisce ad una bobina munita di nucleo ferromagnetico, quella disegnata in basso indica una bobina avvolta in aria. Negli apparecchi radio si possono trovare bobine, avvolte su nuclei di ferrite. con valore di induttanza elevato, per esempio di 10 H; ma se ne trovano altre, più piccole, montate nei circuiti di alta frequenza, il cui valore oscilla fra il centinaio di microhenry (uH), quando si tratta di bobine per onde medie, e di uno o due microhenrv ( uH), quando le bobine sono adibite alla ricezione delle onde corte: mentre quelle per le onde cortissime presentano un'induttanza molto bassa, di un decimo di microhenry (uH) circa. Quando una corrente elettrica variabile, per esempio quella alternata, attraversa il filo conduttore che compone una qualsiasi bobina, questa si avvolge spontaneamente di un campo elettromagnetico variabile, ovvero di una serie di linee di forza magnetiche, concatenate con la bobina stessa, le quali autoinducono una forza elettromotrice che va sotto il nome di "tensione autoindotta". E questa tensione assume un verso contrario a quello della tensione che l'ha generata, rivelandosi come una forza di inerzia o, meglio, di particolare resistenza al passaggio della corrente elettrica variabile. Tale resistenza, che nulla ha a che vedere con quella ohmica, assume il nome di "reattanza induttiva" e si esprime, analiticamente, tramite la seguente formula: XL = 2 x π x f x L nella quale "f" misura la frequenza della corrente variabile che attraversa l'avvolgimento, mentre "L« ne misura l'induttanza. Se la frequenza "f" viene espressa in hertz (Hz) e l'induttanza in henry (H), la reattanza induttiva è misurata in ohm, come avviene nelle resistenze elettriche, anche se con queste, lo ripetiamo, la reattanza induttiva non ha nulla a che fare. Analizzando la formula già citata della reattanza induttiva, si può affermare che questa aumenta quando aumentano la frequenza della corrente che percorre l'avvolgimento e l'induttanza di esso. La caduta di tensione avviene, almeno teoricamente, senza dissipare potenza elettrica Perché la bobina immagazzina energia elettromagnetica, quando la corrente aumenta di intensità, e la restituisce quando la corrente diminuisce o cessa di scorrere. Circuito equivalene circuito equivalente dell’induttore è formato da un resistore serie ed uno in parallelo che schematizzano le perdite di energia all’interno del nucleo ferromagnetico se presente. Un induttore così fatto, ha elevati valori di induttanza con ingombri ridotti, ma comporta un aumento delle perdite per isteresi e per correnti parassite C capacità equivalente dei condensatori che si vengono a formare fra le spire Circuito RL serie: chiusura Quando l’interruttore S chiude o (apre) il circuito: l’induttanza impedisce alla corrente di aumentare (o diminuire) istantaneamente, perché la variazione di i genera una f.e.m. indotta che si oppone alla variazione della corrente stessa. 1) Consideriamo il caso in cui il circuito venga chiuso ossia: t= 0 i L circuito aperto --_ i= 0 t = infi-- L corto circuito = 0 --i= V/R L L / R t/T = - t/L/R = - t*R/L i R (1 e R*t/L Durante la fase transitoria si ha un altra corrente, detta extracorrente di chiusura Circuito RL serie: apertura Dove i0=R La resistenza passa da R ad R’(>> R) costante durante il transitorio t/T i R iL = - t/L/R = -t*R/L e R*t /L ) L i(t) R extracorrente di apertura, diversa da zero x un tempo molto bretve DIODI FUNZIONAMENTO ED APPLICAZIONI IL DIODO • Definizione: componente costituito da due terminali chiamati con anodo e catodo che, nel lato di circuito in • cui è inserito, permette il transito della corrente elettrica in un solo verso «unidirezionale» IL DIODO PUÒ ESSERE POLARIZZATO • direttamente, se il potenziale all’anodo è maggiore di quello al catodo (Vak>0); in questo caso il diodo può condurre OPPURE • Inversamente se il potenziale all’anodo è minore di quello al catodo (Vak<0); in questo caso il diodo non conduce LA CARATTERISTICA DEL DIODO MOSTRA CHE SE È POLARIZZATO • Inversamente (Vak<0), esso non conduce • Direttamente (Vak>0), esso entra in conduzione quando Vak supera un valore di soglia (0.5 – 0,7V nei diodi al silicio) INOLTRE LA CARATTERISTICA MOSTRA CHE • Quando Vak oltrepassa la soglia, il diodo entra bruscamente in conduzione; piccoli incrementi di Vak provocano grandi incrementi di corrente NOTIAMO ANCORA CHE • Quando il diodo è in piena conduzione, la tensione ai suoi capi si stabilizza, più o meno, intorno a 0.7V LA RESISTENZA DIFFERENZIALE DEL DIODO RD • è il rapporto tra la variazione di Vak e la corrispondente variazione subita da I. Il tratto di caratteristica in cui il diodo è in piena conduzione è molto ripido; perciò, piccole variazioni di Vak provocano grandi variazioni di I e la resistenza differenziale rd è molto piccola LA CARATTERISTICA DEL DIODO MOSTRA ANCORA • che il componente non è lineare; infatti la caratteristica corrente tensione non è lineare • ma esponenziale; anzi la corrente I che attraversa il diodo e la tensione ai suoi capi Vak : sono legati dalla relazione NELL’ EQUAZIONE DELLA CARATTERISTICA DEL DIODO • Io è una corrente di piccolo valore, tipica del diodo stesso, legata alla sua struttura e alla temperatura a cui si trova il dispositivo; Io è chiamata corrente inversa perché, come vedremo, essa è la piccola corrente che attraversa il diodo, quando è polarizzato inversamente • VT è una tensione determinata dalla temperatura a cui si trova il dispositivo; • a 25oC, VT vale 25mV COME È FATTO IL DIODO? • Per realizzare i diodi si usano i semiconduttori, così chiamati perché hanno proprietà elettriche, in qualche modo, intermedie tra i conduttori e gli isolanti • I semiconduttori più usati sono il Silicio, molto diffuso sul nostro pianeta, e il Germanio I SEMICONDUTTORI POSSONO ESSERE • puri, o intrinseci; in questo caso essi hanno un eguale numero di portatori di carica positivi, chiamate lacune, e di portatori negativi, gli elettroni +-+-+-+-+-+-++-+-+-+-+-+-++-+-+-+-+-+-+intrinseco OPPURE POSSONO ESSERE • drogati di tipo P; in questo caso la composizione chimica del semiconduttore è stata alterata in modo che le lacune (positive) siano maggioritarie rispetto agli elettroni ++-++++++-++ ++++++++++-+ ++++-+++++++ Tipo P OPPURE POSSONO ESSERE • drogati di tipo N; in questo caso la composizione chimica del semiconduttore è stata alterata in modo che gli elettroni siano maggioritari rispetto alle lacune --+------+- - - - - - - - - - +- - - - + - - - - - -+ Tipo N IL DIODO È UNA GIUNZIONE PN • Esso viene realizzato drogando una barretta di Silicio in modo che essa risulti da un lato di tipo P (con portatori maggioritari positivi) e dall’altro di tipo N (con portatori maggioritari negativi) Nella figura non sono indicati i portatori minoritari LA POLARIZZAZIONE DIRETTA • mette in moto le cariche maggioritarie, che sono molte, e perciò la corrente Idiretta cresce rapidamente all’aumentare di V; ciò è vero se V supera una barriera di potenziale, di circa 0.5V, che è all’interno della giunzione LA POLARIZZAZIONE INVERSA • mette in moto le cariche minoritarie, che sono poche; la corrente Io che scorre in un diodo polarizzato inversamente è, perciò, molto piccola e quasi sempre viene trascurata; essa cresce all’aumentare della temperatura. LIMITI DI FUNZIONAMENTO • La corrente che attraversa un diodo polarizzato direttamente non deve superare un certo valore, tipico del dispositivo; altrimenti la potenza che esso dissipa (Pd=IVak) diventa eccessiva ed esso si brucia per effetto Joule PER LIMITARE LA CORRENTE CHE ATTRAVERSA IL DIODO • si inserisce, in serie ad esso, una resistenza R che determina una corrente: I E Vak Imax R R + 10V E - 1N4001 LA POLARIZZAZIONE INVERSA NON DEVE • superare un certo valore tipico del diodo (la tensione di breakdown); oltrepassata questa tensione, il numero di cariche minoritarie cresce bruscamente e, con esse, la corrente inversa; questo fenomeno, nei diodi normali, è distruttivo IL PUNTO DI RIPOSO DEL DIODO • Può essere determinato analiticamente, 0PPURE PUÒ ESSERE DETERMINATO GRAFICAMENTE • Basta risolvere, per via grafica, il sistema E R I Vak Vak VT 1 I Io e I + R A E - K OSSERVIAMO CHE • la seconda equazione è quella caratteristica del diodo • la prima non è altro che il 2o principio di Kirchoff applicato alla maglia contenente il diodo; essa può essere riscritta nel modo seguente: I E Vak R NOTIAMO ANCORA CHE • Il luogo dei punti del piano I/Vak che soddisfano la seconda equazione è la caratteristica del diodo MENTRE IL LUOGO DEI PUNTI • del piano I/Vak l’equazione è una retta è chiamata con retta di carico; il suo coefficiente angolare (o pendenza) è: LA RETTA DI CARICO INTERSECA • l’asse I nel punto A; questo punto ha Vak=0 e perciò in questo punto I=E/R • l’asse Vak nel punto B; questo punto ha I=0; perciò, in questo punto Vak=E UNENDO A E B SI OTTIENE • La retta di carico nel piano I/Vak, dove troviamo anche la caratteristica del diodo IL PUNTO DI RIPOSO Q DEL DIODO DEVE STARE • ovviamente sulla caratteristica del dispositivo • e anche sulla retta di carico, perché il diodo è inserito in una maglia e il 20K deve essere soddisfatto Il punto di riposo è perciò l’intersezione tra la caratteristica e la retta di carico LABORATORIO: controllo Led Caratteristica del diodo Diodo LED Nel caso in cui un diodo LED sia già stato utilizzato, abbia cioè i terminali accorciati, così che non sia più possibile individuare quello più lungo, è possibile ugualmente individuare il catodo osservando l’involucro colorato. Alla base è presente una corona circolare sporgente che, in corrispondenza di un terminale, presenta un taglio TRANSISTORI BIPOLARI NPN PNP TRANSISTOR: SCELTA Per scegliere un transistor occorre considerare : •Il tipo di funzione che deve svolgere (amplificatore o interruttore); •La frequenza di lavoro (se deve lavorare per alte o basse frequenza •La tensione, la corrente , la potenza ( transistor per piccoli segnali o transistor di potenza a bassa o alta tensione). Vanno inoltre ricordati i transistor con caratteristiche medie per uso generale (general purpose) Nei data sheet troviamo i dati di un componente raggruppati in riferimento a: generalità sul componente (tecnologia usata, tipo di componente, applicazioni) valori massimi delle grandezze elettriche e termiche sopportabili dal dispositivo (Absolute maximum ratings ) Resistenza termica per vedere se è necessario ricorrere a dissipatori di calore comportamento elettrico in corrente continua (DC characteristics) comportamento in corrente alternata o impulsiva (AC characteristics) grafici di consultazione. CLASSIFICAZIONE TRANSISTOR La grande varietà dei campi applicativi , la continua evoluzione tecnologica e la concorenza commerciale hanno portato ad un numero impressionante di tipi di diodi e di transistor , ciascuno con sue specifiche caratteristiche riportate sui Data Sheet. Ogni tipo è contraddistinto da una sigla alfanumerica o codice di identificazione , stampata sul contenitore. Gli standard più seguiti sono: • • • EIA JEDEC l'europeo PRO ELECTRON il giapponese JIS l'americano LO STANDARD EIA JEDEC L' Electronic Industries Association con l'apposito comitato Joint Electron Device Engineering Council, ha stabilito le seguenti sigle: 1N seguito da 24 cifre contraddistingue un diodo (es: 1N4004) 2N seguito da 24 cifre contraddistingue un transistor (es. 2N1711) Il numero che precede la lettera N indica le giunzioni Le cifre dopo la lettera N identificano il componente. Una lettera (A o B) può seguire il numero ad indicare un componente rispetto al tipo base. (es. 2N2222A) miglioramento delle prestazioni del LO STANDARD PRO ELECTRON Nel codice europeo la sigla comincia con due o tre lettere e termina con un numero. Es BD135. La prima lettera indica il tipo di semiconduttore adoperato : La seconda lettera indica IL tipo di applicazione a cui il componente è destinato LO STANDARD PRO ELECTRON Possiamo avere anche una terza lettera (X,Y,Z..) contraddistingue i dispositivi di tipo professionale che La parte numerica indica il numero di serie A due cifre (tra 10 e 99) per applicazioni professionali o industriali A tre cifre (tra 100 e 999) per applicazioni commerciali LO STANDARD PRO ELECTRON Esempi BD 135 = transistor al silicio di potenza per basse frequenza della serie commerciale 135 BC107 = transistor di bassa frequenza per usi generici BD439 = transistor di potenza al silicio per basse frequenze; BUX85 = transistor al silicio di potenza per commutazioni veloci e alte tensioni. Oltre alla sigla può seguire un suffisso aggiuntivo preceduto da un trattino che fornisce altre informazioni specifiche sul componente Es. BZY96-C7V5 = diodo al silicio (B) zener (Z) per applicazioni professionali (Y96) con tensione zener di 7,5V (7V5). La lettera V indica la virgola decimale. LO STANDARD STANDARD JIS Le sigle dei transistor iniziano sempre con 2S seguito dalle lettere A o B o C o D e da una parte numerica. Le lettere hanno il seguente significato A = transistor pnp per alta frequenza B= transistor pnp per bassa frequenza C= transistor npn per alta frequenza D= transistor npn per bassa frequenza. Per alcuni componenti le case costruttrici utilizzano codici interni che non corrispondono ad alcuna normalizzazione. Esempi: TIPxxxx= Texas Instruments MJxxxx,MJExxx= Motorola RCAxxx= RCA Nella sezione Cross Reference dei manuali possiamo trovare gli eventuali componenti equivalenti a un dato transistor o diodo o integrato TRANSISTORI BIPOLARI NPN PNP IL TRANSISTOR BJT Il transistor inventato nel 1947, è rapidamente diventato parte essenziale di qualsiasi progetto elettronico. Transistor : fusione dei due termini inglesi Transfer + Resistor (cioè componente a resistenza variabile). Bipolare: definisce quei transistor in cui la conduzione elettrica avviene tramite due portatori di carica (elettroni e lacune) a differenza dei transistori unipolari o ad effetto di campo in cui la conduzione avviene tramite solo elettroni o solo lacune. BJT: Bipolar Junction Transistor. JFET: Junction Field Effect Transistor MOSFET: Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor TRANSISTORI BIPOLARI Ic hFE = guadagno di corrente in continua IB •I BJT usati come amplificatori lavorano nella zona attiva dove per Ib costante , la Ic cresce, in maniera lieve, con la tensione VCE. In questo caso Vbe=0,60,7 V •I transistori usati in commutazione (Switching transistors) implicano nel funzionamento il passaggio dalla zona di saturazione a quella di interdizione e viceversa. TRANSISTORI BIPOLARI •In saturazione Ic raggiunge il suo valore massimo consentito dal carico e all'aumentare di Ib. cessa di crescere •In questa situazione •Vbe=0,7- 0,8V Vce=0,2V e il transistore si comporta come un interruttore chiuso (ON) •In interdizione invece si comporterà come un interruttore aperto( nel ramo collettore-emettitore) OFF, anche se in realtà esiste sempre una corrente di fuga, che in alcuni casi non può essere considerata trascurabile. Parametri: VCEO=Massima tensione di rottura collettore-emettitore lavorare il BJT con Ic precisata e base aperta (Ib=0) ovvero la massima tensione alla quale può VCBO=Massima tensione di rottura collettore-base con una Ic precisata e l'emettitore aperto (Ie=0) VEBO=Massima tensione di rottura base-emettitore con una Ic precisata e collettore aperto (Ic=0) Ic= massima corrente di collettore ammessa TRANSISTORI BIPOLARI Pd max= Massima potenza dissipabile alla temperatura ambiente 25°C Tj = Massima temperatura che può sopportare il chip senza subire danneggiamenti Rth =resistenza termica Hfe = guadagno di corrente in continua. (valore minimo e massimo per Ic diverse) Vce (sat), Vbe (sat) = tensioni alla saturazione Parametri ibridi = hie,hre,hfe,hoe NF = figura di rumore che fornisce una indicazione della capacità di amplificare segnali molto deboli. Capacità di uscita e di ingresso nella configurazione a base comune. Tempo di ritardo e di salita , la cui somma dà il tempo di commutazione in conduzione Tempo di immagazzinamento e di discesa la cui somma dà il tempo di commutazione all'interdizione. FUNZIONAMENTO DI UN BJT La formazione di un transistor bipolare compenetrazione di due giunzioni P-N. può essere rappresentata mediante la La giunzione P-N: a. se polarizzata direttamente, si comporta come una resistenza di basso valore permettendo il passaggio di una corrente elettrica (vedi diodo); b. se polarizzata inversamente, si comporta come un isolante, permettendo esclusivamente il passaggio di una piccola corrente di perdita. La giunzione P-N è caratterizzata, pertanto, da una tensione e da una corrente vale a dire da una potenza V*I che dipende dalla polarizzazione applicata Se troviamo un modo per far passare la corrente da questa prima giunzione alla zona N della seconda, alla quale è applicata una tensione maggiore, la potenza disponibile all’uscita sarà molto più grande di quella applicata all’ingresso, pur riproducendo esattamente le variazioni del segnale. In altre parole : mediante piccole variazioni della tensione applicata alla giunzione centrale, possiamo controllare una corrente relativamente forte che attraversa la seconda giunzione, alla quale è applicata una tensione maggiore. L’effetto è quello di abbassare la resistenza della seconda giunzione, inizialmente molto elevata perché la giunzione è polarizzata inversamente. FUNZIONAMENTO DI UN BJT Vi sono transistor NPN e PNP ; i 3 terminali prendono il nome di emettitore, base e collettore Considerando un NPN : • In condizionidi equilibrio, in ognuna delle zone di contatto, si formano le cosiddette zone di carica spaziale (dovute al fenomeno della ricombinazione). • Se consideriamo le due giunzioni polarizzate: • la prima (base- emettitore) direttamente, sarà in grado di condurre corrente elettrica; • la seconda (base collettore) inversamente (positivo al collettore), non permetterà il passaggio di corrente. • Polarizzando l’insieme dei tre blocchi (+ al collettore e – all’emettitore), gli elettroni liberi dell’emettitori vengono respinti dal polo negativo verso il collettore, mentre quelli del collettore vengono attratti dal polo positivo provocando uno spostamento di cariche negative dall’emettitore al collettore. Se poi polarizziamo direttamente la giunzione base–emettitore, mantenendo costante la tensione di collettore, il passaggio di corrente attraverso la prima barriera verrà più o meno facilitato. Solo una parte minima degli elettroni si riesce a combinarsi con le lacune presenti in base, a causa del basso drogaggio della base stessa, dando luogo alla corrente Ib. FUNZIONAMENTO DI UN BJT Gli elettroni che non si ricombinano, vengono attratti dal potenziale positivo del collettore ,malgrado la forte opposizione esercitata dalla giunzione base-collettore polarizzata inversamente, ed attraversandola danno luogo alla corrente Ic. La piccola frazione che si presenta al terminale della base e' in grado di comandare o modulare la corrente principale che sarà sempre un multiplo di quella di (da 10 a 200). L'azione amplificatrice dei transistor ' dovuta al fatto che una piccola variazione nella corrente di base e genera una grande variazione nella corrente di collettore. Il fattore di amplificazione hfe può essere ottimizzato riducendo il più Il possibile lo spessore della base , in modo che quando l’elettrone supera la barriera baseemettitore possa venire attratto più facilmente dal collettore di maggiori dimensioni e quindi più ricco di cariche positive. In fase di produzione si fa in modo che la superficie di contatto tra base e collettore risulti maggiore di quella tra base ed emettitore in quanto la potenza dissipata dalla giunzione b-e è parecchio inferiore a quella dissipata dalla giunzione base collettore. FUNZIONAMENTO DI UN BJT La tensione Vbe è dell’ordine di alcuni decimi di Volt, mentre quella Vce è qualche decina di Volt. dell’ordine di In un PNP sono le lacune i portatori di carica maggioritaria che attraversando la giunzione emettitore-base sono attratte in gran maggioranza dalla maggiore alimentazione negativa del collettore e solo una piccola parte vanno nella base negativa. FUNZIONAMENTO DI UN BJT 1. Funzionamento normale o in zona attiva: giunzione base-emettitorpolarizzata direttamente; giunzione base collettore polarizzata inversamente; E’ caratterizzata da proprietà lineari e il transistor funziona da amplificatore. Il collettore si comporta da generatore di corrente comandato dalla Ib, nel senso che una piccola variazione della Ib genera una grande variazione nella Ic. E’ necessario che sia Vce>Vbe 2. Funzionamento inverso o in zona attiva inversa: giunzione base-emettitore polarizzata inversamente; giunzione base collettore polarizzata direttamente; Il transistore non viene mai utilizzato in questo modo, non ha alcuna utilità pratica 3. Funzionamento in zona di saturazione: giunzione base-emettitore polarizzata direttamente; giunzione base collettore polarizzata direttamente; La Ib perde il controllo sulla Ie ed è la Vce che controlla la corrente di collettore Ic. (La Vce è bassa (0,2V) e il collettore e l’emettitore equivagono ad un interruttore chiuso). Per imporre le condizioni di saturazione si usa la relazione: Ib> Icmax/ hfemin FUNZIONAMENTO DI UN BJT Possiamo distinguere 4 modi di funzionamento giunzioni: a seconda delle polarizzazioni applicate alle 4. Funzionamento in zona di interdizione: giunzione base-emettitore polarizzata inversamente; giunzione base collettore polarizzata inversamente; Se la Vbe non supera la tensione di soglia, la Ic viene annullata e il BJT si comporta come un interruttore aperto. Per avere l’interdizione del BJT si impone Vbe<0 Il transistor viene fatto funzionare in interdizione e in saturazione quando viene nelle elaborazioni dei segnali digitali (vedi Transistor Switching. utilizzato come commutatore Nel transistor in zona attiva si ha Ic=αIE +Icb0 Con Icb0 corrente inversa di saturazione della giunzione base-collettore che, se trascurata, si avrà: da cui (Con β= guadagno di corrente statico (convalori compresi tra 40 e 400) FUNZIONAMENTO DI UN BJT Spesso al posto di β si usa hfe. COMPORTAMENTO DEL BJT Sul comportamento del transistor influiscono tutti i componenti esterni ad esso collegati i quali lo forzano a lavorare in determinate condizioni e che, soprattutto ne stabiliscono il “punto di lavoro” dal quale dipende appunto il modo di funzionamento del componente. Per analizzare il funzionamento del transistor in continua ed in alternata, è necessario applicare una serie di tensioni continue tra i suoi terminali, cioè, è necessario polarizzarlo adeguatamente in zona attiva. Si passa, pertanto, allo studio del suo comportamento in continua: Considerando un NPN occorrerà fornire: • Una prima tensione tra base e massa (che coincide in questo caso con l’emettitore): Vbe • Una seconda tensione tra collettore ed emettitore: Vce . Tra la prima alimentazione Vbe e la base del transistor inseriamo un resistore per limitare la corrente Ib e proteggere la giunzione base-emettitore. Lo stesso discorso vale per il collettore. COMPORTAMENTO DEL BJT Fornendo alimentazione, pertanto, nascono, attorno al transistor,delle tensioni e delle correnti, che sono quelle che utilizzeremo per studiarne il comportamento: Vbe, Vce, Vcb, Ib, Ic, Ie. Tra tutte le relazioni possibili con queste variabili ci interessa soprattutto quella che stabilisce la variazione della Ic in funzione della Vce, mantenendo costante la Ib (caratteristica d’uscita). Per determinati valori di Ib, si possono tracciare curve di risposta parallele, il che rivela che l’amplificazione in corrente si mantiene pressoché lineare. Il gomito delle varie curve, le ricongiunge tutte nel punto di origine, e corrisponde alla zona di saturazione, vale a dire quando il collettore si trova in condizioni di ricevere tutti (o quasi) gli elettroni inviati dall’emettitore. In questa zona si ha Vce= 0,2V. Ricordiamo che hfe=Ic/Ib COMPORTAMENTO DEL BJT Il transistor come qualsiasi altro componente al quale si applica una tensione e attraverso il quale passa una certa corrente, consuma o meglio dissipa una certa potenza, data da Vce*Ic. La corrente che circola nel transistor è anche funzione della resistenza di collettore Rc. In figura notiamo la retta di carico in funzione di una Rc e ricavata per una determinata tensione di alimentazione (9V), che risulta tangente alla curva di potenza massima. E poiché quest’ ultima curva ci delimita la zona di lavoro del transistor, quella sottostante se vogliamo evitare la sua distruzione, la retta di carico mi fornisce la resistenza minima di collettore che possiamo montare per non portare il transistore a lavorare nella zona di sovraccarico. Volendo impiegare il transistor come amplificatore di segnale, la zona di saturazione non viene presa in considerazione perché introduce distorsioni. Risulta indispensabile se viene usato come circuito di commutazione. COMPORTAMENTO DEL BJT Uno degli inconvenienti che si presentano quando si lavora con i transistor è dato dal fatto che Il transistor risulta sensibile alle variazioni di temperatura le quali possono spostare il punto di lavoro portando il transistor a lavorare in zone proibite e spesso alla su distruzione. Per evitare questo sono stati studiati vari circuiti di compensazione a base di termistori (resistori il cui valore varia in funzione della temperatura), diodi ed altri componenti. Quando il transistor è chiamato adoperare con segnali alternati, dobbiamo tenere conto che la zona di funzionamento non è più un unico punto di lavoro, in quanto questo si sposta attorno al punto di riposo in base al segnale applicato esternamente. Pertanto , nel progettare il circuito , dovremo fare in modo che il transistor si trovi a funzionare all’interno della sua zona sicura anche nelle condizioni più sfavorevoli ed in presenza della tensione istantanea più critica. Se ciò avverrà , il segnale di uscita risulterà la copia ingrandita di quello all’ingresso, viceversa sarà affetto da un certo tasso di distorsione. applicato A seconda di come vengono collegati i suoi terminali rispetto a quelli di ingresso e di uscita del circuito stesso, il transistor viene usato in 3 tipi di configurazioni: CONFIGURAZIONI DEL BJT La configurazione ad emettitore comune prevede la base come terminale di ingresso e il collettore come uscita. . La configurazione a collettore comune prevede la base come ingresso e il emettitore come uscita. La configurazione a base comune prevede l’emettitore come ingresso e il collettore come uscita Ognuna di queste configurazioni presenta particolari caratteristiche, favorevoli o sfavorevoli a seconda dell’uso a cui sono destinati e quindi utilizzeremo quella richiesta dalle necessità specifiche di progettazione. CONFIGURAZIONI DEL BJT Ogni circuito è caratterizzati dai seguenti parametri fondamentali: 1. L’impedenza d’ingresso data dal rapporto tra tensione e corrented’ingresso Zi; 2. L’impedenza d’uscita data dal rapporto tra tensione e corrente di uscita, Zu; 3. Guadagno in tensione dato dal rapporto tra tensione di uscita e tensione d’ingresso Av= Vo/Vi 4. Guadagno in corrente dato dal rapporto tra tensione di uscita e tensione d’ingresso Ai=Io/Ii 5. Guadagno in potenza I primi due sono molto importanti al momento di interfacciare i vari stadi di un circuito, in quanto il trasferimento del segnale da uno stadio all’altro risulta massimo quando la Zu dello stadio precedente è uguale alla Zi dello stadio successivo. Più la differenza tra le due impedenze aumenta, più si perde segnale nel trasferimento da uno stadio al successivo. CONFIGURAZIONI DEL BJT Il circuito ad emettitore comune è quello più utilizzato , in quanto presenta alti valori di guadagno in tensione e in corrente, e il più alto valore diguadagno in potenza. La differenza tra le impedenze d’ingresso e di uscita non è troppo elevata il che facilita l’interconnessione di più stadi in cascata, senza ricorrere a reti adattatrici di impedenze, semplificando non di poco il circuito. Un esempio sono i circuiti di amplificazione in cui ogni stadio si prende carico di amplificare solo di un certo tasso il livello del segnale di ingresso fino ad ottenerela potenza d’uscita desiderata. Configurazione ad emettitore comune. E’ quella che assicura un maggior guadagno. CONFIGURAZIONI DEL BJT Configurazíone a base comune. L'amplifícazíone non è notevole. Presenta una bassa Zi e un’alta Zu. E’ dotato di un alto guadagno in tensione mentre quelllo in corrente è inferiore all’unità, ne consegue che anche il guadagno in potenzarisulta piuttosto basso. Viene utilizzato ad alte frequenze dove le capacità parassite interne ad ogni transistor giocano un ruolo importante. L’influenza della temperaturaè minima in quanto così montato sopporta alte temperature. CONFIGURAZIONI DEL BJT Configurazíone a collettore comune. L'amplifícazíone non è notevole. Possiede un’alta Zi e una bassa Zu, il che lo fa preferire come sotto il nome di emitter follower. adattatore di impedenza, passando Tali circuiti si trovano negli stadi finali audio onde permettere l’accoppiamento del resto dell’amplificatore all’altoparlante la cui impedenzaè notoriamente bassa. (Così facendo l’impedenza d’uscita e d’ingresso grossomodo si equivalgono). La configurazione presenta un certo guadagno in corrente mentre quello in tensione è inferiore all’unità, per cui anche il guadagno in potenza risulta essere piuttosto basso. CONFIGURAZIONI DEL BJT Circuito di compensazione in temperatura. La resistenza di emettitore, rende più stabile il funzionamento del transistor in presenza di variazioni di temperatura. Circuito di compensazione di temperatura autopolarizzato e suo circuito equivalente. FET/MOSFET I transistor ad effetto di campo I transistor ad effetto di campo (field effect transistor) sono chiamati così perché sono comandati in tensione (invece che in corrente come i BJT). Sviluppati successivamente ai BJT erano inizialmente componenti meno veloci e affidabili; oggi sono usati moltissimo: negliintegrati digitali, dove l'impiego dei MOSFET permette di ottenere soluzioni economiche ad elevata integrazione e basso consumo negli stadi di ingresso degli operazionali, dove i JFET permettono di ottenere una resistenza di ingresso molto elevata in forma discreta nell'elettronica di potenza, sia come amplificatori che come dispositivi ONOFF, per il basso consumo Le due famiglie principali di transistor FET sono: i JFET (junction FET) a giunzione i MOSFET o MOS (metal-oxide-semiconductor FET) a metallo-ossido-semiconduttore, che possono essere di tipo enhancement e depletion Come avviene per i BJT anche i FET sono disponibili in due varianti con portatori di carica di tipo diverso: quelli a canale N e quelli a canale P. Di seguito, per semplicità, faremo sempre riferimento ai FET a canale N. I tre terminali dei transistor ad effetto di campo sono chiamati: source, drain e gate. Nei FET la corrente scorre in un canale fra i terminali di source e drain e il suo flusso è controllato dalla tensione applicata al terminale di gate. La figura seguente mostra i simboli dei JFET, dei MOS enhancement e dei MOS depletion nelle due varianti a canale n e p1). In tutti i casi vale sempre: ID=ISID=IS I JFET I JFET sono meno usati rispetto ai MOSFET, con cui si realizzano granparte dei dispositivi digitali, ma hanno delle caratteristiche che li rendono adatti per le applicazioni analogiche. Struttura e funzionamento La figura seguente mostra la struttura di un JFET a canale n. Il transistor è composto da: una barra di semiconduttore di tipo n ai cui estremi sono posti gli elettrodi di source e drain due zone di tipo p collegate al gate Fra gate è source è dunque presente una giunzione pn che, nel normale funzionamento del JFET, deve essere polarizzata inversamente (VGS ≤ 0). Per comprendere il funzionamento del JFET supponiamo inizialmente che VGS sia zero. Se applichiamo una tensione VDS tra drain e source circolerà una corrente ID nel canale. Aumentando la VDS la corrente ID aumenta e il comportamento del JFET è resistivo. Tuttavia si verifica un altro fenomeno: nel canale si forma una zona di svuotamento (grigia in figura) dovuta alla polarizzazione inversa della giunzione, più pronunciata dal lato del drain e con un estensione crescente al crescere di VDS. La zona di svuotamento restringe il canale attraverso cui circola la ID e oltre una certa soglia di VDS si verifica lo strozzamento del canale (pinch-off) che impedisce alla corrente di aumentare; il JFET è in saturazione. Quando è presente una VGS (negativa) la zona di svuotamento si forma anche con conseguenza che il JFET offre maggiore resistenza ed entra in saturazione prima. Caratteristiche VDS = 0 con la Osservando la caratteristica di uscita, che mostra la relazione tra la corrente ID e la tensione VDS per diversi valori di VGS, osserviamo che: è presente un'intera famiglia di caratteristiche dipendenti dal valore di VGS la saturazione del JFET, indicata dalla linea tratteggiata, avviene per valori via via minori di VDS all'aumentare (in modulo) di VGS a sinistra del tratteggio è presente una zona resistiva dove il JFET si comporta da resistenza variabile il cui valore dipende dalla tensione VGS (si veda la figura sotto che rappresenta un ingrandimento della caratteristica nell'origine) a destra di VP si trova la zona di saturazione a corrente costante dove il valore di ID dipende da VGS e non da VDS (NB nei BJT la saturazione è tutt'altra cosa!3) ) per valori sufficientemente elevati di VGS lo strozzamento avviene già a VDS = 0 e non può circolare corrente; il JFET è interdetto La relazione che permette di calcolare il valore della Vds alla quale avviene lo strozzamento è: VDSP=VP−VGSVDSP=VP-VGS Dove VP è la tensione di pinch-off quando VGS vale zero riportata nei data sheet. A questo punto è possibile osservare la caratteristica di trasferimento (figura sopra), valida per il funzionamento in saturazione, e osservare che: il JFET è interdetto se VGS è maggiore o uguale a VGS(off) = Vp il massimo valore di corrente in condizione di saturazione si ha quando VGS vale zero ed è indicato con IDSS nelle due caratteristiche5) in corrispondenza di VGS = 0 e IDSS si ha la piena conduzione; in queste condizioni, se si opera nella zona resistiva, l'inverso della pendenza della caratteristica di uscita rappresenta la resistenza rDS(on) esibita dal JFET nello stato ON quando è usato in commutazione Funzionamento in commutazione Nell'impiego da amplificatori i JFET lavorano nella zona di saturazione, dove il comportamento è lineare; in quello in commutazione invece si lavora nella zona resistiva e in interdizione. Il circuito in figura impone una retta di carico che dipende dall'alimentazione VDD e dalla resistenza RD collegate al drain. Il JFET lavorerà: in interdizione se VGS è negativa e maggiore di VGS(off) in piena conduzione (nella zona resistiva) se VGS è uguale a zero I due puntidi funzionamento si individuano incrociando la retta di carico con le caratteristiche di uscita del JFET corrispondenti ai due valori di VGS. Funzionamento da amplificatore I JFET possono essere impiegati anche come amplificatori. Come per i BJT occorre polarizzare correttamente il transistor, applicare un segnale e studiare la risposta dell'amplificatore con un circuito equivalente ai piccoli segnali. La figura sopra mostra il circuito di polarizzazione più semplice possibile dove: la resistenza RS tra source è massa è percorsa dalla corrente ID la resistenza RG collega a massa il gate ma non è percorsa da corrente la tensione VGS coincide in modulo con la caduta su RS Studiando il circuito e conoscendo la relazione tra ID, RS e VGS è possibile imporre il punto di funzionamento a riposo. La figura seguente mostra il circuito equivalente ai piccoli segnali del JFET (si tratta di un circuito in centro banda a source comune simile a quello a emettitore comune dei BJT). Osserviamo che: il gate è isolato il parametro principale è la transconduttanza il parametro rd è una resistenza differenziale che, in prima approssimazione, può essere considerata infinita (generatore di corrente ideale) I MOSFET I MOS sono i transistor più utilizzati nell'elettronica digitale perché permettono di realizzare integrati economici e a basso consumo. Sono impiegati anche nell'elettronica di potenza. Per semplicità ci soffermeremo solo sui MOS ad arricchimento (enhancement), più semplici da capire e utilizzati nella tecnologia CMOS con cui si realizzano gli integrati digitali. Struttura e funzionamento La figura seguente mostra la struttura brevemente chiamato NMOS di un MOSFET enhancement a canale n, più Il transistor è composto da: un substrato di tipo p collegato al source due zone di tipo n collegate ai terminali di source e drain uno strato di ossido di silicio (grigio scuro nel disegno) che isola il gate In questo tipo di FET il gate è isolato e gli strati di materiali - metallo del terminale di gate, ossido e semiconduttore - danno il nome al componente. Per comprendere il funzionamento del MOS supponiamo inizialmente che VGS valga zero. Applicando una tensione tra drain e source le due giunzioni substrato-source e substrato- drain non conducono e la ID è nulla (il substrato è collegato al source). Se ora applichiamo una tensione VGS positiva al gate il MOS si comporterà come un condensatore richiamando elettroni dalle tre zone e creando, oltre una soglia indicata con VGS(th), un canale di tipo n tra drain e source (grigio chiaro nel disegno). A questo punto, applicando una tensione VDS potrà circolare una corrente ID tra drain e source. Come per il JFET, per bassi valori di VDS il canale avrà un comportamento resistivo; per valori più elevati si avrà uno strozzamento dovuto al potenziale via via maggiore del terminale di drain che non permette alla corrente di aumentare. Aumentando il valore di VGS si ha un allargamento del canale e lo strozzamento avviene per valori di VDS più elevati. Caratteristiche In figura è rappresentata la caratteristica di uscita di un NMOS. La famiglia di curve che esprimono il legame tra ID e VDS è analoga a quella dei JFET ma la VGS è positiva e corrente e pendenza crescono al crescere di VGS. Anche in questo caso abbiamo una zona resistiva, a sinistra del tratteggio, e una di saturazione (attiva) a destra. La figura sopra rappresenta la caratteristica di trasferimento, questa volta posta nel primo quadrante, dove compaiono: la tensione di soglia VGS(th) (indicata anche come VT) oltre la quale il MOS passa dall'interdizione alla conduzione la corrente IDSS, di valore trascurabile, che circola quando VGS vale zero Nei data sheet conduzione è indicata anche una ID(on) circola in corrispondenza di un determinato valore di VGS. in Diversamente dai JFET il transistor NMOS funziona con valori di VGS positivi; il circuito di polarizzazione sarà allora il seguente: Questo piena Nel funzionamento in commutazione si avrà: NMOS interdetto se VGS < VT NMOS in piena conduzione per valori sufficientemente alti di VGS Il circuito per il funzionamento ON-OFF dell'NMOS è analogo a quello del JFET e per entrambi il comportamento del transistor può essere assimilato a quello di un interruttore con in serie una resistenza rDS(on) ricavabile dai data sheet SECONDA FASE: INDICE • DIODI • applicazioni • bjt • JFET/MOSFET DIODI DIODO RADDRIZZATORE • Il diodo raddrizzatore a giunzione (o semplicemente diodo) è un componente elettronico a due terminali (bipolo), la cui funzione è quella di permettere il flusso di corrente elettrica in un verso e di bloccarla nell'altro. Il simbolo circuitale del diodo esprime chiaramente questa funzione: il triangolo indica la freccia di direzione in cui il flusso di corrente è possibile. I due terminali del diodo vengono detti anodo (A) e catodo (K). • La figura qui sotto mette a confronto il simbolo circuitale del diodo con l'aspetto tipico di un diodo reale. Si noti che il catodo viene di solito marcato sul componente per mezzo di una fascia di differente colore: Si osservi attentamente quanto segue: v2 = 0 V v1 = E = 9 V i2 = 0 A i1 = E/R1 = 9/300 = 30 mA i3 = i1 = 30 mA i1=i2= E / (R1+R2) = 9/900 = 10 mA v1 = i1 * R1 = 10 mA * 300 Ω = 3 V v2 = vd = i2 * R2 = 600 Ω * 10 mA = 6 V in polarizzazione diretta è nota la tensione ai capi del diodo (vale zero), mentre la corrente nel diodo dipende dal circuito in cui il diodo è inserito; in polarizzazione inversa è nota la corrente nel diodo (vale zero), mentre la tensione ai capi del diodo dipende dal circuito in cui il diodo è inserito. TENSIONE DI SOGLIA Affinche il diodo conduca soglia. occorre che la tensione applicata superi un valore non nullo, detto tensione di Il valore della tensione di soglia è diverso a seconda del materiale a semiconduttore con cui è stato realizzato il diodo. Per i diodi al silicio il valore è tipicamente compreso fra 0,6 e 0,8 V. I diodi al germanio hanno invece una tensione di soglia più bassa, intorno agli 0,2-0,4 V. Quando E supera la tensione di soglia, il diodo entra in zona di polarizzazione diretta e comincia a condurre corrente, in questa zona la tensione rimane pressoché costante e sempre uguale alla tensione di soglia Vs Possiamo sostituire il diodo con un generatore di tensione equivalente di valore pari alla tensione di soglia sul diodo. Supponendo Vs = 0,7 V per il nostro diodo, abbiamo: V2 = Vs = 0,7 V i2 = V2/R2 = 0,7 V/ 600 Ω = 1,16 mA i1 = v1/R1 = 8,3/300 = 27,6 mA v1 = E - V2 = 9 - 0,7 = 8,3 V MISURA DELLA CARATTERISTICA INGRESSO- USCITA DEL (TRANSCARATTERISTICA) resistenza di protezione Rp fra il diodo e il generatore. Tale resistenza ha il compito di assorbire la tensione in eccesso, limitando l’assorbimento di corrente del diodo DIODO In corrispondenza di una certa V la corrente inversa nel diodo aumenta molto rapidamente; tale valore limite viene detto tensione di breakdown o di rottura, in quanto porta generalmente alla distruzione del componente (intorno a – 100 V) Si evidenzia il comportamento non lineare del diodo RADDRIZZATORE A SINGOLA SEMIONDA Durante la semionda positiva di Vin, il diodo conduce (è in polarizzazione diretta). Ipotizzando per semplicità che il diodo si comporti idealmente come un cortocircuito in polarizzazione diretta, durante la semionda positiva la tensione su R identica dunque alla tensione Vin. Viceversa, durante la semionda negativa di Vin, il diodo è in polarizzazione inversa e si comporta perciò come un tasto aperto. Di conseguenza nel circuito non passa corrente e la tensione su R è zero. Il diodo reale inizia a condurre solo quando l'onda sinusoidale di ingresso supera la sua tensione di soglia: RADDRIZZATORE DOPPIA SEMIONDA raddrizzatore a doppia semionda in quanto trasforma un'onda alternata in un'onda sempre positiva, "capovolgendo" la semionda negativa. Si noti che, mentre l'onda di ingresso ha valor medio nullo, l'onda di uscita ha un valore medio positivo. Tale valore medio si può dimostrare essere uguale a RADDRIZZATORE A SINGOLA SEMIONDA CON FILTRO CAPACITIVO il condensatore inizialmente scarico si carica durante la semionda positiva , la tensione ai suoi capi raggiunge il valore massimo; durante la semionda negativa il condensatore si scarica sulla resistenza In pratica il diodo si trova a essere polarizzato con una tensione sul catodo maggiore di quella presente sull'anodo: entra dunque in polarizzazione inversa e questo impedisce alla corrente di ritornare verso il generatore ancora "continua", L'effetto finale è quello di produrre una tensione che, pur non essendo ha oscillazioni molto minori dell'onda raddrizzata di partenza. In generale le ondulazione residue (dette ripple) sono tanto minori quanto maggiore è il valore della costante di tempo τ = RC del gruppo RC. RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA CON FILTRO CAPACITIVO Un livellamento ancora maggiore dell'onda raddrizzata si ottiene usando il condensatore raddrizzatore a doppia semionda a ponte di diodi: in un IL DIODO LED IL LED = light-emitting diode, diodo a emissione di luce) è un tipo di diodo che, se polarizzato direttamente e percorso da una corrente sufficiente, emette luce di colori diversi in base a un fenomeno fisico detto elettroluminescenza. Il simbolo elettrico del LED è il seguente: In genere l'anodo (il terminale positivo) è quello più lungo, mentre il catodo, più breve, è segnalato anche da un intaglio nella capsula del componente Osservando l'interno del led l’anodo appare a forma di lancia il catodo a forma di bandiera; Il valore della tensione di soglia dipende dal colore della luce emessa del led POLARIZZAZIONE DEL LED ERESISTENZA DI PROTEZIONE Il LED si illumina se viene polarizzato direttamente e se viene percorso da una corrente di intensità sufficiente. Abbiamo visto come la tensione di soglia varia da un LED all'altro in funzione principalmente del colore della luce emessa. Non è però possibile in pratica far funzionare un LED collegandolo direttamente con un generatore di tensione pari allla sua tensione di soglia. Questo perché piccole variazioni nella tensione applicata al LED potrebbero facilmente provocare la sua distruzione, in quanto la corrente nel diodo aumenta molto rapidamente appena superata la tensione di soglia. Bisogna usare serie al LED una resistenza di protezione collegata in POLARIZZAZIONE DIRETTA E INVERSA E TENSIONE DI ZENER Il diodo zener è un particolare tipo di diodo utilizzato come stabilizzatore di tensione. Il suo simbolo elettrico e il suo tipico aspetto sono mostrati in figura. Quando viene polarizzato direttamente lo zener si comporta come un diodo normale, cioè inizia a condurre corrente quando viene superata la sua tensione di soglia (tipicamente 0.3-0.7 V a seconda del diodo). In polarizzazione inversa lo zener non conduce fino a quando non si raggiunge la tensione di Zener che nei diodi normali corrisponde alla tensione di breakdown A differenza però di quanto accade con gli altri diodi, il diodo zener non si danneggia quando raggiunge la tensione di breakdown. Anzi, gli zener sono progettati apposta per lavorare in polarizzazione inversa tensione di VBK o di VZ alla Il valore della tensione di zener varia da un diodo all'altro ed è specificata in modo estremamente preciso. STUDIO DEL CIRCUITO SENZA CARICO Studiamo il circuito che segue supponendo che: lo zener abbia una tensione di zener di 3.0 V e che la tensione Vin possa variare da un minimo di 4 V a un massimo di 5V (la condizione importante è che Vin non scenda mai al di sotto della tensione di zener, altrimenti il diodo zener non potrebbe funzionare Se il diodo zener è correttamente polarizzato, la tensione ai suoi capi si mantiene costante (nel nostro caso a 3.0 V) nonostante le variazioni della tensione di alimentazione Vin. Per il corretto funzionamento dello zener è inoltre importante che la corrente che attraversa il diodo superi un valore minimo, ricavabile dai dati tecnici del componente. Supponiamo che nel nostro caso tale valore sia Izmin = 5 mA Tale valore dela Izmin è importante perché ci permette di fissare u il valore della R che consenta il passaggio Bisogna tener conto anche di un'altra condizione importante, ovvero il massimo valore della corrente che può attraversare lo zener senza che questo si danneggi (per eccessivo riscaldamento). occorre scegliere per R un valore 40 Ohm < R < 200 Ohm STUDIO DEL CIRCUITO CON CARICO In questo caso occorre sapere qual è il valore massimo della corrente assorbita dal carico. Se per esempio si tratta di un carico di tipo resistivo, tale valore può essere calcolato semplicemente conoscendo la resistenza Rcarico nel seguente modo: Icarico = Vz/Rcarico In presenza di un carico, la corrente che attraversa lo zener è Iz = Itot – Icarico; questo fatto provoca una riduzione della corrente che passa nel diodo che potrebbe pregiudicare il funzionamento dello zener in quanto la corrente nello zener potrebbe non essere più sufficiente. Supponendo che il carico assorba una corrente massima Icarico = 1 mA. E di essere nella situazione peggiore (che si verifica quando la tensione Vin raggiunge il suo valore minimo)si ha Che è maggiore della minima corrente necessaria per far funzionare lo zener (5 mA) e dunque l'inserimento del carico non pregiudica il funzionamento del zener: in caso contrario si deve ridurre la resistenza APPLICAZIONI • Clipper: LIMITATORI • Clamper FISSATORI • ALIMENTATORI • MODULATORI • RIVELATORI CLIPPER: LIMITATORI ● V’ – VB - V = 0 If Vi > V’ If Vi < V’, V’ = VB + V diode on Vo = V’ diode off, Vo = Vi CLAMPERS: FISSATORE Clampers STEP 1: diodo polarizzato direttamente VC + VB – VS = 0 VC = VM – VB STEP 2: diodo polarizzato inversamente VO – VS + VC = 0 VO = VS – VC. BJT TRANSISTOR BJT NPN E PNP Iltransistor a giunzione bipolare è un componente a tre morsetti denominati con base (B), collettore (C) ed emettitore (E) . Ci sono due tipi di BJT: il BJT npn e il BJT pnp. Essi differiscono per il simbolo elettrico e per il versi dei parametri elettrici Per trovare l’mettitore conviene fare riferimento ai fogli tecnici del componente (datasheet) oppure usare un multimetro. La figura un multimetro in configurazione seguente mostra l'uso di ohm-metro per determinare qual è il collettore e qual è l'emettitore di un BJT npn: La misura si basa sul principio che ha la resistenza misurata fra il collettore e la base e fra l’emettitore e base in un NPN e molto elevata; Viceversa la resitenza misurata con i terminali al contrario e molto bassa LE TRE ZONE DI FUNZIONAMENTO DI UN BJT di funzionamento principali (regions of operation), dette Il BJT può lavorare in tre zone rispettivamente: zona di interdizione (cutoff region) o amplificazione, forward active region) zona attiva (o lineare zona di saturazione (saturation region) Nel seguito esamineremo dettagliatamente il comportamento del BJT nelle tre zone e i metodi di calcolo da usare per determinare in quale zona sta funzionando il BJT. In zona di interdizione non BJT non conduce correnti n zona attiva il BJT si comporta come un amplificatore di corrente: la corrente di collettore Ic è legata alla corrente di base Ib e aumenta al crescere di quest'ultima; conduttore In zona di saturazione i lBJT si comporta come un quasi ideale (un filo) collegato fra collettore ed emettitore: in queste condizioni la tensione Vce è molto bassa (idealmente zero) e non vale più la relazione di proporzionalità fra Ib e Ic. BJT IN ZONA DI INTERDIZIONE Consideriamo un BJT npn. Il comportamento fra base ed emettitore è perfettamente assimilabile a quello di un normale diodo. In effetti il BJT è internamente realizzato come un diodo fra base ed emettitore (nel caso del BJT pnp il collegamento del "diodo" è l'opposto): Se la giunzione BE viene polarizzata inversamente con una tensione Vbe negativa o minore della tensione di soglia (circa 0,6-0,7 V), non c'è passaggio di corrente Si noti che la zona di interdizione dipende solo dalla tensione Vbe: è questa che comanda l'accensione o lo spegnimento dell'intero transistor. La base del transistor e polarizzata inversamente dalla batteria E di conseguenza il BJT si trova in interdizione (IB, Ic, Ie = 0) BJT IN ZONA ATTIVA OPPURE IN ZONA DI SATURAZIONE Si consideri il circuito in figura in cui la resistenza RB serve per la protezione del BJT, la Ib è uguale alla Ie mentre la Ic =O non essendoci alcun carico : Si dice che il BJT è polarizzato in zona attiva (o in zona lineare o forward active region) verificano due condizioni: la giunzione fra base ed emettitore è polarizzata direttamente la tensione fra collettore ed emettitore è maggiore di circa 0,3 V. con quando si una tensione di circa 0,6-0,7 V; se la. tensione fra collettore ed emettitore scende al di sotto di circa 0,3-0,4 V, il BJT non lavora più in zona attiva, ma passa in zona di saturazione CORRENTI IN ZONA ATTIVA E BETA DEL TRANSISTOR IN ZONA ATTIVA ABBIAMO IN GENERALE CHE La IB è moltto minore di Ic e Ie la corrente di collettore Ic è direttamente proporzionale alla corrente di base secondo la formula: Ic = ß Ib IL BJT in zona attiva ai comporta in sostanza come un ampli calore di corrente dove ß è un parametro fondamentale del BJT detto guadagno di corrente in continua current gain o semplicemente "beta" - spesso indicato anche come hfe sui manuali tecnici); (DC la corrente di emettore Ie è uguale alla somma delle altre due correnti (in base alla legge di Kirchhoff alle correnti): Ie = Ib + Ic Dal momento che Ib è molto più piccola trascurarla e scrivere Ie ~ Ic delle altre correnti (in zona attiva), possiamo in generale VARIABILITÀ DEL PARAMETRO BETA Il parametro ß (o hfe come viene spesso indicato) è estremamente variabile. Si osservi la seguente tabella di valori del foglio tecnico di un BJT 2N222" della Fairchild: come si può notare il ß dipende dai valori di tensione e soprattutto di corrente nel BJT e non è affatto costante Infine il valore di ß è influenzato anche dalla temperatura di funzionamento del BJT. 1 Circuito BJT e lampadina: zona di interdizione Rb è una resistenza da 1500 Ohm V è un voltmetro . lampadina da 12 V, 6 W di potenza e 24 Ohm di resistenza Con E = 0 anche la corrente Ic è zero (essendo Ic = ß Ib) e pure Ie vale zero (infatti Ie = Ic + Ib). Nel collettore non passa corrente e sulla lampadina si viene ad avere una tensione di 12 V 2 CIRCUITO BJT E LAMPADINA: ZONA ATTIVA Aumentiamo ora la tensione E portandola per esempio a 4 V. In questo modo la giunzione base ed emettitore risulta polarizzata direttamente e si comporta praticamente come un diodo. Pertanto la corrente di base Ib può essere calcolata con Ic = 100 x 2,27m = 227 mA Ie = Ib + Ic = 229,27 mA La tensione sulla lampadina sarà data dal prodotto fra la Req (24 ohm) e la corrente che la attraversa: Vlamp = 24 x 227m = 5,45 V Come si vede la tensione è circa la metà della tensione nominale di funzionamento della lampadina (12 V) e dunque la lampadina si illuminerà ma solo parzialmente. Possiamo ricavare la tensione Vce fra collettore ed emettitore nel alle tensioni: Vce = Vcc - Vlamp = 12 - 5,45 = 6,55 V BJT in base alla legge di Kirchhoff 3 CIRCUITO BJT E LAMPADINA: ZONA SATURAZIONE Aumentiamo ulteriormente la tensione della batteria E. La corrente in base Ib aumenterà di conseguenza, in base alla formula: All'aumentare di Ic aumenta anche la tensione sulla lampadina e, conseguentemente, si riduce la tensione Vce fra collettore ed emettitore. La corrente Ic massima si avrà quando la tensione Vce si annulla. Quando Vce si annulla (in realtà quando scende sotto circa 0,4 V), ogni ulteriore aumento della corrente di base non fa più aumentare la corrente di collettore. Il BJT entra nella cosiddetta zona di saturazione. Calcolando la Ic = ß Ib = 100 x 6,27mA = 627 si nota che questo valore di corrente è impossibile perché produrrebbe sulla lampadina una caduta di tensione pari a: Vlamp = 24 x 627m = 15 V che implica una Vce negativa. Ne consegue che in saturazione all’aumentare della IB la IC rimane massima e invariabile 4 REGOLAZIONE CON TRIMMER Lampadina resistenza equivalente di 24 Ohm. BJT con il solito valore ß = 100. Rp è un resistore variabile da 0 a 150 ohm Caso a: resistenza variabile regolata sul valore minimo BJT in interdizione: lampadina spenta Caso b: resistenza variabile regolata sul valore massimo Ic = ß Ib = 100 x 5,2 m = 520 mA In base al valore precedente, la tensione ai capi della lampadina è: Vlamp = 24 x 520m = 12,48 V La tensione sulla lampadina risulta superiore alla tensione di alimentazione. saturazione. Questo significa il BJT è in CASO C: RESISTENZA VARIABILE REGOLATA SU UN VALORE INTERMEDIO In questo caso i valori di IB e IC dipenderanno dal valore di Rp. Se per esempio Rp viene regolato sulla metà (75 Ohm), la lampadina si illuminerà con una tensione circa uguale alla metà del valore massimo. In altre parole maggiore è il valore di Rp, maggiore è la tensione sulla lampadina (in modo proporzionale) e maggiore è dunque la luminosità della lampadina stessa. Caso d : BJT usato come interruttore (switch) collegamento a +5V attraverso la resistenza Rpu up: detta resistenza di pullvalori tipicamente usati da 1kOhm a 10kOhm) e il dunque l'uscita è bassa: LED è spento; R resistenza di protezione il LED non si accende quando l'interruttore di ingresso è chiuso. La ragione sta nella corrente erogata dalla porta NOT in uscita. Infatti, secondo le specifiche fornite dai fogli tecnici, le porte logiche TTL standard sono in grado di fornire in uscita una corrente massima pari a 0,4 mA che non è in grado di accendere il Led Bisogna progettare il circuito in modo che l'uscita della porta logica è a livello alto. Supponendo in saturazione il BJT vada in saturazione quando Vce circa uguale a 0 V, il valore di R sara IL valore della corrente di base Ib necessaria per mandare in saturazione il BJT con Ic = 20 mA. Supponendo come al solito ß=100 abbiamo: Ib > Ic/ß = 0,2 mA Dato che l'uscita del NOT a livello alto è 5 V, la resistenza di base Rb è data da: In pratica conviene usare un valore un po' più piccolo di Rb (esempio 18 kOhm) in mododa garantire una corrente sufficiente per la saturazione del BJT. Caso e : BJT con segnale di regolazione ad onda quadra in ingresso Vcc=12V, L1 con resistenza equivalente di 24 Ohm e ß = 100. Supponiamo che l'onda quadra di ingresso abbia livelli 0V e 5V. Per fare in modo che il BJT saturi quando Vin = 5V, basta imporre la condizione saturazione Vce ≈ 0 da cui VL1 = 12 V ; IC = 12/24 = 0,5 A La corrispondente corrente limite di base sarà IB = IC/ß = 0,5/100 = 5 mA. Per far sufficiente imporre una corrente IB di valore superiore a quello calcolato saturare il BJT è AMPLIFICATORI A BJT COSA SONO GLI AMPLIFICATORI Un sistema amplificatore ha in generale la funzione di amplificare i segnali di modesta ampiezza (provenienti ad esempio da sorgenti quali un microfono o una antenna) per renderli adatti a pilotare dispositivi che richiedono una potenza maggiore per il loro funzionamento. L'elemento base degli amplificatori è il transistor. Gli amplificatori si dividono in due categorie: amplificatori per piccoli segnali e amplificatori di potenza. Amplificatori per piccoli segnali Hanno in ingresso segnali molto piccoli, dell'ordine delle centinaia di mV. Generalmente il segnale amplificato non supera mai i 12V e i 100mA. Il segnale amplificato non deve essere distorto ⇒ transistor in zona lineare. Esempio di piccolo segnale: segnale da una antenna, circa 1-2mV. Amplificatori di potenza Hanno il compito di fornire al carico la potenza richiesta e il segnale viene amplificato sia in tensione che in corrente. Si considerano di potenzagli amplificatori in grado di erogare al carico potenze superiori al centinaio di mW. POLARIZZAZIONE IN ZONA LINEARE Perché sia polarizzato in zona lineare, per il BJT devono verificarsi due condizioni: La prima condizione è necessaria per garantire il funzionamento in zona lineare (quella centrale alle caratteristiche di collettore, IC-VCE) mentre la seconda serve a mantenere il transistor lontano sia dalla saturazione sia dall'interdizione, in modo da non avere distorsioni. STABILITA DEL PUNTO DI LAVORO: RETE DI POLARIZZAZIONE A PARTITORE Il transistor, a causa di inevitabili di/etti dei processi costruttivi, presenta una dispersione dei parametri: tipica è la variazione dell'hFE fra transistor dello stesso tipo. Ad esempio, per un comune transistor 2N2222, il costruttore fornisce il valore minimo (100) e il valore massimo (300) dell'hFE. Se si assume per definire il punto di lavoro il valore medio (200) e una corrente IC=20mA, la IB risulta pari a 0.1mA. Ma se il transistor che si usa ha un hFE differente, ad esempio 100, la corrente IB risulta diversa, cioè 0.2mA (ben 2 volte il valore trovato con il valore medio), con conseguente spostamento del punto di lavoro. Inoltre, a queste difficoltà si aggiunge il fatto che le caratteristiche più comuni deitransistor risentono di variazioni per effetto della temperatura: la tensione Vbe di un normale transistor BJT varia di circa -2.5mV per ogni aumento di un grado centigrado, provocando anche in questo caso una variazione del punto di lavoro. La determinazione a priori del punto di lavoro non è possibile. E' NECESSARIO stabilizzare il punto di lavoro per evitare le distorsioni. È sufficiente una resistenza in più, RE, detta di stabilizzazione. Osservando il circuito, fissate le resistenze R1 e R2, e assumendo Ip>>IB, resta fissa la tensione di base VB= VccR1/(R1+R2) e quindi anche la IB. Se l'hFE risulta più alto di quello considerato per la definizione del punto di lavoro, la corrente IC risulta maggiore e anche la corrente IE aumenta, provocando una maggiore caduta di tensione su RE. Essendo fissa la tensione di alimentazione, e quindi la tensione tra base ed emettitore (tensione su R1, fissata dalla regola del partitore), aumentando VRE diminuisce la VBE, che provoca una diminuzione di IB e quindi di IC. Il valore di IC si aggiusta automaticamente intorno al valore prefissato. Dimensionamento Si fissa IC tramite la resistenza RC. Fissata la IC, il criterio pratico di progetto è di imporre una VRE ≅(l/lO)VCC e di considerare Ip=(lO÷lOO)IB. Quindi: AMPLIFICATORE AD EMETTITORE COMUNE Si chiama così perché l'emettitore è il morsetto comune di riferimento per il segnale da amplificare (ingresso) e per il segnale amplificato (uscita). Per evitare che il segnale da amplificare (vS) modifichi il punto di lavoro statico, definito dalla rete a partitore, è necessario inserire tra il segnale stesso e la base un condensatore Cl: in continua i condensatori sono dei circuiti aperti e di conseguenza il punto di riposo rimane quello fissato con le resistenze R1, R2, RC, RE. Stesso discorso vale per il carico RL, che generalmente è resistivo. Se il transistor lavora in zona lineare, quando il segnale vS aumenta, aumenta anche la corrente di base e conseguentemente aumenta proporzionalmente la corrente sul collettore. ln uscita avremo quindi la stessa forma d'onda d'ingresso ma amplificata. lL condensatore di accoppiamento CE serve a cortocircuitare la resistenza RE varia, in modo da non diminuire il guadagno di tensione. quando il segnale Il circuito dinamico Il funzionamento del transistor in zona lineare (regime di piccoli segnali), può essere ricondotto a un modello lineare, costituito da una resistenza d'ingresso hie, tra base ed emettitore e da un generatore ideale di corrente iC, controllato dalla corrente d'ingresso iB. Infatti Ic= h feiB , dove hfe è il guadagno dinamico di corrente Lo studio del circuito completo dell'amplificatore si riconduce al seguente (VCC, che è un segnale costante, è stato spento, cioè cortocircuitato a massa). PARAMETRI FONDAMENTALI DI UN AMPLIFICATORE Guadagno di tensione Av È definita come rapporto tra la tensione di uscita vo e la tensione d'ingresso vi (consideriamo i valori efficaci o quelli di picco, essendo in regime sinusoidale). Guadagno di corrente Ai È definita come rapporto tra la corrente di uscita io (sul carico RL) e la corrente d'ingresso ii (che esce dal generatore). dove Ri=R1//R2//hie è la resistenza d'ingresso dell'amplificatore . Guadagno di tensione totale Avt È il rapporto tra la tensione di uscita vo e la tensione del segnale vS. v i dove αi è l'attenuazione d'ingresso, dovuta alla resistenza non infinita dell'amplificatore (la tensione del segnale vS si ripartisce sulla RS e sulla Ri e non cade tutta sulla Ri) è data da: La resistenza d'ingresso Ri dell'amplificatore non è molto elevata (in genere dell'ordine dei KΩ) e provoca questa attenuazione del segnale d'ingresso dell'amplificatore rispetto al segnale del generatore Amplificazione o guadagno di potenza Ap È il rapporto tra la potenza di uscita po e la potenza d'ingresso pi. JFET/MOSFET FET I transistor ad effetto di campo I transistor ad effetto di campo (field effect transistor) sono chiamati così perché sono comandati in tensione (invece che in corrente come i BJT). Sviluppati successivamente ai BJT erano inizialmente componenti meno veloci e affidabili; oggi sono usati moltissimo: negli integrati digitali, dove l'impiego dei MOSFET permette di ottenere soluzioni economiche ad elevata integrazione e basso consumo negli stadi di ingresso degli operazionali, dove i JFET permettono di ottenere una resistenza di ingresso molto elevata in forma discreta nell'elettronica di potenza, sia comeamplificatori che come dispositivi ON-OFF, per il basso consumo Le due famiglie principali di transistor FET sono: i JFET (junction FET) a giunzione i MOSFET o MOS (metal-oxide-semiconductor FET) a metallo-ossido-semiconduttore, che possono essere di tipo enhancement e depletion Come avviene per i BJT anche i FET sono disponibili in due varianti con portatori di carica di tipo diverso: quelli a canale N e quelli a canale P. Di seguito, per semplicità, faremo sempre riferimento ai FET a canale N. I tre terminali dei transistor ad effetto di campo sono chiamati: source, drain e gate. Nei FET la corrente scorre in un canale fra i terminali di source e drain e il suo flusso è controllato dalla tensione applicata al terminale di gate. La figura seguente mostra i simboli dei JFET, dei MOS enhancement e dei MOS depletion nelle due varianti a canale n e p1). In tutti i casi vale sempre: ID=ISID=IS I JFET I JFET sono meno usati rispetto ai MOSFET, con cui si realizzano gran parte dei dispositivi digitali, ma hanno delle caratteristiche che li rendono adatti per le applicazioni analogiche. Struttura e funzionamento La figura seguente mostra la struttura di un JFET a canale n2). Il transistor è composto da: una barra di semiconduttore di tipo n ai cui estremi sono posti gli elettrodi di source e drain due zone di tipo p collegate al gate Fra gate è source è dunque presente una giunzione pn che, nel normale funzionamento del JFET, deve essere polarizzata inversamente (VGS ≤ 0). Per comprendere il funzionamento del JFET supponiamo inizialmente che VGS sia zero. Se applichiamo una tensione VDS tra drain e source circolerà una corrente ID nel canale. Aumentando la VDS la corrente ID aumenta e il comportamento del JFET è resistivo. Tuttavia si verifica un altro fenomeno: nel canale si forma una zona di svuotamento figura) dovuta alla polarizzazione inversa della giunzione, più pronunciata dal con un estensione crescente al crescere di VDS. (grigia in lato del drain e La zona di svuotamento restringe il canale attraverso cui circola la ID e oltre una certa soglia di VDS si verifica lo strozzamento del canale (pinch-off) che impedisce alla corrente di aumentare; il JFET è in saturazione. Quando è presente una VGS (negativa) la zona di svuotamento si forma anche con VDS = 0 con la conseguenza che il JFET offre maggiore resistenza ed entra in saturazione prima. Caratteristiche Osservando la caratteristica di uscita, che mostra la relazione tra la corrente ID e la tensione VDS per diversi valori di VGS, osserviamo che: è presente un'intera famiglia di caratteristiche dipendenti dal valore di VGS la saturazione del JFET, indicata dalla linea tratteggiata, avviene per valori via via minori di VDS all'aumentare (in modulo) di VGS a sinistra del tratteggio è presente una zona resistiva dove il JFET si comporta da resistenza variabile il cui valore dipende dalla tensione VGS (si veda la figura sotto che rappresenta un ingrandimento della caratteristica nell'origine) a destra di VP si trova la zona di saturazione a corrente costante dove il valore di ID dipende da VGS e non da VDS (NB nei BJT la saturazione è tutt'altra cosa!3) ) per valori sufficientemente elevati di VGS lo strozzamento avviene già a VDS = 0 e non può circolare corrente; il JFET è interdetto La relazione che CHE PERMETTE DI CALCOLARE il valore della Vds alla quale avviene lo strozzamento è: VDSP=VP−VGSVDSP=VP-VGS Dove VP è la tensione di pinch-off quando VGS vale zero riportata nei data sheet. A questo punto è possibile osservare la caratteristica di trasferimento (figura sopra), valida per il funzionamento in saturazione, e osservare che: il JFET è interdetto se VGS è maggiore o uguale a VGS(off) = Vp il massimo valore di corrente in condizione di saturazione si ha quando VGS vale zero ed è indicato con IDSS nelle due caratteristiche5 in corrispondenza di VGS = 0 e IDSS si ha la piena conduzione; in queste condizioni, se si opera nella zona resistiva, l'inverso della pendenza della caratteristica di uscita rappresenta la resistenza rDS(on) esibita dal JFET nello stato ON quando è usato in commutazione Funzionamento in commutazione Nell'impiego da amplificatori i JFET lavorano nella zona di saturazione, dove il comportamento è lineare; in quello in commutazione invece si lavora nella zona resistiva e in interdizione. Il circuito in figura impone una retta di carico che dipende dall'alimentazione VDD e dalla resistenza RD collegate al drain. Il JFET lavorerà: in interdizione se VGS è negativa e maggiore di VGS(off) in piena conduzione (nella zona resistiva) se VGS è uguale a zero I due puntidi funzionamento si individuano incrociando la retta le caratteristiche di uscita del JFET corrispondenti ai due valori di VGS. di carico con Funzionamento da amplificatore I JFET possono essere impiegati anche come amplificatori. Come per i correttamente il transistor, applicare un segnale e studiare la risposta circuito equivalente ai piccoli segnali. BJT occorre polarizzare dell'amplificatore con un La figura sopra mostra il circuito di polarizzazione più semplice possibile dove: la resistenza RS tra source è massa è percorsa dalla corrente ID la resistenza RG collega a massa il gate ma non è percorsa da corrente la tensione VGS coincide in modulo con la caduta su RS Studiando il circuito e conoscendo la relazione tra ID, RS e VGS è possibile imporre il punto di funzionamento a riposo. La figura seguente mostra il circuito equivalente ai piccoli segnali del JFET (si tratta di un circuito in centro banda a source comune simile a quello a emettitore comune dei BJT). Osserviamo che: il gate è isolato il parametro principale è la transconduttanza il parametro rd è una resistenza differenziale che, in prima approssimazione, può essere considerata infinita (generatore di corrente ideale) I MOSFET I MOS sono i transistor più utilizzati nell'elettronica digitale perché permettono di realizzare integrati economici e a basso consumo. Sono impiegati anche nell'elettronica di potenza. Per semplicità ci soffermeremo solo sui MOS ad arricchimento (enhancement), più semplici da capire e utilizzati nella tecnologia CMOS con cui si realizzano gli integrati digitali. Struttura e funzionamento La figura seguente mostra la struttura di un MOSFET enhancement a brevemente chiamato NMOS canale n, più Il transistor è composto da: un substrato di tipo p collegato al source due zone di tipo n collegate ai terminali di source e drain uno strato di ossido di silicio (grigio scuro nel disegno) che isola il gate In questo tipo di FET il gate è isolato e gli strati di materiali - metallo del terminale di gate, ossido e semiconduttore - danno il nome al componente. Per comprendere il funzionamento del MOS supponiamo inizialmente che VGS valga zero. Applicando una tensione tra drain e source le due giunzioni substrato-source e substrato- drain non conducono e la ID è nulla (il substrato è collegato al source). Se ora applichiamo una tensione VGS positiva al gate il MOS si comporterà come un condensatore richiamando elettroni dalle tre zone e creando, oltre una soglia indicata con VGS(th), un canale di tipo n tra drain e source (grigio chiaro nel disegno). A questo source. punto, applicando una tensione VDS potrà circolare una corrente ID tra drain e Come per il JFET, per bassi valori di VDS il canale avrà un comportamento resistivo; per valori più elevati si avrà uno strozzamento dovuto al potenziale via via maggiore del terminale di drain che non permette alla corrente di aumentare. Aumentando il valore di VGS si ha un allargamento del canale e lo strozzamento avviene per valori di VDS più elevati. Caratteristiche In figura è rappresentata la caratteristica di uscita di un NMOS. La famiglia di curve che esprimono il legame tra ID e VDS è analoga a quella dei JFET ma la VGS è positiva e corrente e pendenza crescono al crescere di VGS. Anche in questo caso abbiamo una zona resistiva, a sinistra del tratteggio, e una di saturazione (attiva) a destra. La figura sopra rappresenta la caratteristica di trasferimento, questa volta posta nel primo quadrante, dove compaiono: la tensione di soglia VGS(th) (indicata anche come VT) oltre la quale il MOS passa dall'interdizione alla conduzione la corrente IDSS, di valore trascurabile, che circola quando VGS vale zero Nei data sheet è indicata anche una Ion che corrispondenza di un determinato valore di VGS. circola in pienaconduzione Diversamente dai JFET il transistor NMOS funziona con valori di VGS positivi; il circuito di polarizzazione sarà allora il seguente: in Nel funzionamento in commutazione si avrà: NMOS interdetto se VGS < VT NMOS in piena conduzione per valori sufficientemente alti di VGS Il circuito per il funzionamento ON-OFF dell'NMOS è analogo a quello del JFET e per entrambi il comportamento del transistor può essere assimilato a quello di un interruttore con in serie una resistenza rDS(on) ricavabile dai data sheet8 AMPLIFICATORE A MOSFET ANALISI CON RETTA DI CARICO DI AMPLIFICATORE A SOURCE COMUNE Applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni alla maglia di ingresso, dato che IG=0 (sempre), posso direttamente ricavare vGS vGS (t) = vin (t) + VGG Nella maglia di uscita: VDD = RDiD (t) +vDS (t) Per vin(t)=0, l’equazione (1) fornisce: vGS=4 V. La (2) è l’equazione della retta di carico nel piano delle caratteristiche di uscita. Il punto di riposo del MOSFET è il punto di intersezione della retta di carico con la caratteristica a vGS=4 V. L’ampiezza picco-picco della tensione di uscita (vDS) è 12 V, di contro a quella della tensione di ingresso (vin) che è 2 V. Inoltre vDS è invertita rispetto a vin. vDS non è una sinusoide simmetrica: tale distorsione è dovuta al fatto che le caratteristiche iDvDS non sono uniformemente spaziate al variare di vGS. • Analisi degli circuiti amplificatori a MOSFET. • Circuito di polarizzazione a 4 resistenze. • Esempio numerico. circuito di polarizzazione a 4 resistenze è adatto per polarizzare i circuiti amplificatori discreti. La tensione e la resistenza equivalente Thevenin del circuiti di ingresso sono dati da: A differenza del caso del BJT, in questo caso R1 e R2 costituiscono un vero partitore resistivo, dato che Ig =0 L’equazione della maglia di ingresso è (IG=0): VG = VGSQ + R SIDQ Supponendo che il MOSFET operi in regione di saturazione: IDQ = K(VGSQ − VT 0 ) La soluzione simultanea delle due equazioni fornisce il punto di riposo. Il sistema (disecondo grado) ha due soluzioni in VGSQ delle quali una è minore di VT0 e come tale è da scartare. Determinati VGSQ e IDQ, l’equazione della maglia di uscita consente di calcolare VDSQ e verificare se l’ipotesi di funzionamento in saturazione è corretta (vDS> vGS-VT0): VDSQ = VDD − (RD + R S )IDQ Se si vuole tenere conto nel circuito equivalente dell’effetto di modulazione della lunghezza di canale (λ≠0) bisogna inserire tra drain e source una resistenza rd. In questo caso la id è data da STADIO AMPLIFICATORE A SOURCE COMUNE • Schema elettrico. • Circuito equivalente per piccoli segnali. • Guadagno di tensione. • Impedenza di ingresso • Impedenza di uscita. SCHEMA ELETTRICO Il segnale di ingresso è applicato al gate del MOSFET attraverso il condensatore di accoppiamento C1. L’uscita è presa sul drain e connessa al carico attraverso C2. C1, C2 e CS sono i condensatori di accoppiamento, e quindi si possono considerare corto-circuiti alle frequenze del segnale (centrobanda). Il source è pertanto a massa per i segnali. R1, R2, RD e RS formano una rete di polarizzazione a 4 resistenze. CIRCUITO EQUIV. AI PICCOLI SEGNALI Per costruire il circuito equivalente ai piccoli segnali dell’amplificatore a source comune si deve sostituire: 1) ai condensatori dei corto- circuiti; 2) al MOSFET il suo circuito equivalente per piccoli segnali; 3) ai generatori indipendenti di tensione DC dei corticircuiti (dal momento che su di essi la variazione di tensione, ossia il segnale, è sempre nullo per qualsiasi variazione di corrente). Per semplificare lo schema equivalente così ottenuto, possiamo definire RG= R1||R2 ed RL’= RC||RL (NB: noi trascuriamo rd, che è analogo al considerare rd infinita) GUADAGNO DI TENSIONE La tensione di ingresso vin coincide con vgs: La tensione di uscita è data dalla caduta di tensione su RL’ : vo = −gm vgsR′L Dividendo membro a membro si ottiene il guadagno di tensione: Av è negativo e in modulo può essere molto maggiore di uno: ciò significa che l’amplificatore a source comune è un amplificatore di tensione invertente. IMPEDENZA DI INGRESSO L’impedenza di ingresso è facile da calcolare e risulta: Zin = R G = R1 || R 2 Zin dello stadio dipende solo da resistenze di polarizzazione (e non dai parametri del MOSFET). Ciò si traduce in un vantaggio rispetto agli stadi amplificatori a BJT. SOURCE FOLLOWER • Il segnale di uscita è prelevato dal source del MOSFET e trasferito in uscita tramite C2. • La resistenza di drain non serve in questo circuito. Circuito equivalente a piccolo segnale a centro banda (ciò significa che ZC1 e ZC2 sono corto-circuiti): • RG= R1||R2 e RL’= RS||RL ||rd; vo = gm vgsR′L vin = vgs + vo = vgs + gm vgsR′L IMPEDENZA DI USCITA Per il calcolo dell’impedenza di uscita il generatore di segnale deve essere sostituito da un cortocircuito. In queste condizioni vgs=0 e pertanto anche gmvgs =0, da cui (NB noi non consideriamo rd): Zo = RD