caricato da Utente2496

TECNOLOGIA TERZA

annuncio pubblicitario
TERZA
SECONDA FASE
resistenze
laboratorio
i condensatori
laboratorio
bobine
diodi
laboratorio
classificazioni e scelta dei transistor
il transistor bjt
JFET/MOSFET
il plc linguaggi di programmazione comandi elementari il...
PARAMETRI
PROPRIETA’ ELEMENTARI DEI COMPONENTI
Il comportamento di un componente, o sistema, è normalmente descritto da più parametri.
I parametri elementari più importanti sono:
RESISTENZA: l’attitudine del componente, sottoposto a una differenza di potenziale, di opporsi al
passaggio della I (flusso di cariche)
CAPACITA’: l’attitudine di un componente ad accumulare cariche elettriche.
INDUTTANZA : l’attitudine di un componente di opporsi alle variazioni di cariche nel tempo «
flusso»
I RESISTORI
E' uno dei componenti più frequenti all'interno di un circuito elettronico e viene indicato con i
seguenti simboli:
Il principale parametro di un resistore è rappresentato dal valore della resistenza elettrica che il
componente introduce quando viene inserito in un circuito.
La resistenza viene espressa in  (OHM) e va calcolata con la legge di Ohm espressa dalla
relazione
Con
V=Tensione applicata ai capi del resistore espressa in Volt (V)
I= Corrente che percorre il resistore espressa in Ampere (A)
PARAMETRI DEI RESISTORI
I principali parametri di un resistore sono:
1.
Valore nominale = è il valore più probabile a cui fare riferimento nel progetto
2.
La tolleranza = indica il campo di valori entro cui si trova il vero valore della resistenza
Es. 220+ 5% indica un valore compreso tra 209 e 231, in quanto il 5% di220 è = (5*220)/100=11,
quindi
220-11=209
220+11=231
3. Potenza nominale= massima potenza che a 25°C il resistore è in grado di dissipare sotto forma di
calore senza che la sua costituzione interna venga alterata, senza, cioè, che venga danneggiato. La
potenza dissipabile diminuisce con l'aumentare della temperatura ambiente.
SERIE COMMERCIALI
•In commercio non esistono però tutti i valori, che sarebbero economicamente e praticamente
impossibili da gestire, ma solamente degli "stock" di valori normalizzati, o serie.
•La fabbricazione delle resistenze è regolata dalle norme C.E.I. (Commissione Elettrotecnica
Internazionale) che definiscono le diverse serie di valori reperibili nei punti di vendita
specializzati.
TIPI DI RESISTORI
TIPI DI RESISTORI
CODICE DEI COLORI
Viene utilizzato per definire il valore ohmico e la tolleranza delle
direttamente sul contenitore.
resistenze
Il più comune è il codice colori a 4 strisce colorate o anelli, ma esiste anche quello a
5 o a 6 bande per le resistenze della serie E96, E192.
Nel codice a 4 strisce , tre sono molto vicini tra di loro , mentre il quarto rimane
separato e indica la tolleranza della resistenza. Iniziando dal lato opposto alla
tolleranza, le tre strisce indicano il valore nominale. I primi due colori definiscono le
prime due cifre del valore, mentre il terzo fornisce il coefficiente di moltiplicazione
(o divisione) che bisogna applicare alle prime due cifre. Il terzo colore indica in
sostanza il numero di zeri da aggiungere alle prime due cifre secondo la seguente
tabella.
Codice dei colori
Se invece le bande sono cinque si considerano le prime tre come valori numerici, la quarta come fattore
moltiplicativo, e l'ultima come indice della tolleranza, sempre in accordo con la tabella.
CODICE DEI COLORI
CODICE DEI COLORI
LA POTENZA
La potenza dissipabile è la massima potenza che il resistore è in grado di dissipare sotto forma
di calore senza che il materiale venga danneggiato.
La potenza assorbita che viene trasformata in calore è: Pa=R*I2
La potenza dissipata è la quantità di calore che si propaga ogni secondo dal resistore verso
l'ambiente è:
Pd=(Ti-Ta)/
Con
Ti= Temperatura interna del componente
Ta=temperatura ambiente
= resistenza termica
Se :
Pd=Pa si ha equilibrio termico
Pd>Pa il resistore si raffredda
Pd<Pa il resistore si riscalda
LA POTENZA
• Si ipotizza che la temperatura interna non superi i 150°C e che la temperatura ambiente per definire la
potenza dissipabile sia di 40°C.
• E' possibile aumentare la potenza dissipabile riducendo la resistenza termica disponendo sull'involucro
un opportuno dissipatore.
• Ricordiamo che la resistenza elettrica di un pezzo di conduttore è data dalla relazione:
•
R= *(l/S) l=lunghezza del conduttore;
• S=area della superficie attraversata dalla corrente;
• =resistività del materiale
TIPI DI RESISTORI
La stabilità è un parametro che indica la variazione percentuale della resistenza dopo un tempo di
1000 ore in determinate condizioni di funzionamento.
In alta frequenza occorre tenere conto di:
fenomeni induttivi dovuti alla forma a spirale dell'elemento resistivo
fenomeni capacitivi dovuti alle spire adiacenti del solenoide.
Per questi motivi il circuito equivalente del resistore in alta frequenza non è più
rappresentato
soltanto da
una
semplice resistenza ma anche da una induttanza L in
serie ed entrambi in parallelo ad una capacità C come in figura.
.
C = capacità equivalente di tutte le spire
L = induttanza causata dal campo magnetico R = resistenza
Questi fenomeni si fanno sentire tanto di più quanto maggiore è la frequenza
EFFETTO PELLE
Quando la corrente è alternata la sua distribuzione nel conduttore non è uniforme e si avrà sempre il
valore massimo della densità di corrente sulla superficie del conduttore che diminuirà dalla superficie
esterna verso il centro. Questo fenomeno di distribuzione di corrente non uniforme all'interno della
sezione di un conduttore è chiamato effetto pelle e si verifica sempre in corrente alternata
Con l'aumentare della temperatura aumenta il rumore generato dall'agitazione termica degli elettroni
che causa ai capi del conduttore piccole fluttuazioni di tensione; ed è proprio questa tensione a
valore medio nullo ma di valore efficace diverso da zero e a densità spettrale costante, che viene
definita "rumore bianco".
TIPI DI RESISTORI
Da un punto di vista costruttivo , un resistore è formato dalle seguenti parti:
Elemento resistivo (quella parte che viene attraversata
dalla corrente e che ne determina il
comportamento elettrico
Supporto dell'elemento
resistivo
(quella parte di materiale isolante, in genere ceramica, su cui
poggia l'elemento resistivo)
Rivestimento di protezione (realizzato con resine sintetiche o vernici isolanti)
Terminali o reofori (realizzati in materiale conduttore per collegare il componente al circuito e saldati a due
cappellotti metallici a contatto diretto con l'elemento resistivo).
A seconda del tipo di elemento resistivo possiamo avere:
– Resistori ad impasto
– Resistori a strato o film (spesso e sottile)
– Resistori a filo
RESISTORI AD IMPASTO
L'elemento resistivo e' costituito da polvere di carbone o grafite e resine sintetiche mescolate
con materiali inerti quali il talco, in proporzioni diverse a seconda del valore della resistenza
che si vuol ottenere.
Al cilindro resistivo vengono poi applicati i terminali ed il tutto viene ricoperto da una
custodia isolante o da un tubetto di ceramica bloccato agli estremi con cemento.
I valori nominali di resistenza vanno da 1 a 100M e le tolleranze sono del 5%,10%,20%.
Data la limitata risposta in frequenza non sono molto usati perchè poco precisi e rumorosi .
La resistenza è ottenuta per mezzo di una
miscela di materiali isolanti e coduttori.
Per i resistori con impasto a grafite:
Caratteristiche:
• resistenza diminuisce con l’aumento della dissipazione
• scarsa stabilità della resistenza con l’invecchiamento
• resistenza da ~ centinaio di ohm a ~ centinaio di Mohm
• potenza dissipabile: 1/4, 1/2, 1, 2 W
• tolleranza dal 5% al 20%
• bassissima induttanza
• basso costo.
RESISTORI A STRATO O A FILM
L'elemento resistivo è costituito da uno strato o film di materiale conduttore depositato su un supporto di
materiale isolante quasi sempre ceramico e avente la forma cilindrica. A seconda dello spessore del film
possiamo avere:
–
resistori a film sottile
–
resistori a film spesso
RESISTORI A FILM SOTTILE
Hanno il film con spessore inferiore aio 5 cm ed i
metallici o carbone.
materiali usati sono: metalli ossidi,
RESISTORI A STRATO DI OSSIDO METALLICO
Si realizzano mediante deposizioni di ossidi metallici (attraverso reazioni chimiche) su supporti
ceramici o di vetro.Impiegano uno strato resistivo Invarox a base di ossido di rutenio depositato
su supporto cilindrico ceramico e sono forniti si terminali a vite per formare catene di resistori e
di una apposita guaina retrattile.
Sopportano tensioni max di lavoro da 350V a 900V con valori da 10 a 67K, ma se ne trovano
anche da 100K a 15G per tensioni max di lavoro da 25%50KV. Le tolleranze standard sono del
5%,2%,1%.
Hanno buona stabilita' elettrica e meccanica, resistono all'umidita', hanno bassa corerente di
rumore e non sono infiammabili.
RESISTORI A STRATO DI CARBONE
Vengono costruiti in modo simile a quello dei resistori a strato metallico.
Lo strato di carbone spiralizzato e' pero' piu' spesso di quello metallico .
Sono provvisti o meno di cappuccio agli estremi.Di basso costo sono più
precisi e affidabili di quelli ad impasto
Per spiralizzazione intendiamo l'incisione del film con un utensile in
modo da ottenere una spirale al fine di diminuire la sezione e aumentare
la lunghezza dell'elemento resistivo e ottenere una resistenza di valore
più alto.
RESISTORI A FILM SPESSO
Lo strato resistivo e' un centinaio di volte piu' spesso di quello dei resistori a film sottile rispetto ai quali sono
meno stabili.Permettono un ottimo smaltimento di calore ed un buon comportamento in frequenza.
Si dividono in :
- resistori a film spesso di carbone:
uno strato spesso di carbone (100 volte quello dei resistori a film sottile) viene depositato su un substrato
di vetro a 500 øC e protetto da un involucro resistente ad alte temperature.Consentono una
elevataissipazione di calore;
- resistori a film spesso metal glaze:
Sono fabbricati utilizzando miscele di polvere di vetro e metallo quali l'argento o il titanio dispersi in un
legante.Ad una temperatura di 900-1100°C la miscela e' applicata per immersione su un substrato cilindrico
di allumina con velocita' controllata allo scopo di regolare lo spessore del film. Il tutto viene poi rivestito da
un involucro stampato in resina o da vernice al silicone
- resistori tipo cermet (piu' recenti e utilizzati come resistori variabili):
Il composto resistivo viene qui' depositato su un supporto ceramico (da cui la parola Cermet). Si tratta di
composti a base di metalli nobili e di loro ossidi e di leganti ceramici e vetrosi dispersi in un veicolo
organico resinoso.La cottura avviene a 800%1000øC. Sopportano tensioni di lavoro max di 1500%3000 V,
permettono una forte dissipazione in dimensioni ridotte (hanno,cioe', un eccellente valore del rapporto
Potenza dissipabile/Superficie) ed un'ampia gamma di valori ohmici (da 10 a 3G).
RESISTORI A FILO.
L'elemento resistivo e' qui' un filo metallico avvolto su un
supporto isolante piatto (bachelite) o cilindrico (ceramico).
Il diametro del filo è legato al valore della corrente che il
resistore deve sopportare, per cui i resistori con potenza
maggiore avranno un diametro maggiore
I vari tipi di lega utilizzati per il filo sono:
* Nichel-Rame per resistori di grande precisione e stabilita';
* Nichel-Cromo per resistori di rilevante potenza;
* Nichel-Cromo-Alluminio per resistori con elevati valori di resistenza;
* Nichel-Cromo-Ferro per i resistori piu' economici;
Si utilizza una lega in quanto quest'ultima presenta una resistenza molto piu' elevata dei metalli
puri e le dimensioni a parita' di valore di resistenza desiderato diventano accettabili.
Sono,pero', piu' cari dei resistori a strato.
RESISTORI A FILO.
Mentre i resistori a strato raggiungono a 70°C potenze dissipabili fino 6W 7W, in base alle
caratteristiche costruttive, i resistori a filo si possono raggruppare in 3 categorie:
- Resistori a filo smaltati:
Per potenze medie ed alte (da 12W a 100W) sono protetti mediante smalti vetrosi non infiammabili per temperature max di
lavoro fino a 400°C e mediante laccatura per temperature sino a 150 C. Non si usa invece alcun rivestimento di protezione
per potenze sopra il centinaio di Watt al fine di permettere una piu' efficace dissipazione di calore.
- Resistori a filo cementati:
Per potenze da 2W a 20W, sono avvolti su supporto ceramico o di vetro, coperto da uno strato di cemento resistente
alle alte temperature .
- Resistori a filo di precisione:
Per potenze da 0,25W a 2W, utilizzati per apparecchiature professionali. Se provvisti di radiatore metallico sono in grado di
dissipare fino a 300W con dimensioni molto contenute.Trovano impiego in apparecchiature come alimentatori di potenza,
amplificatori, azionamenti etc.
La resistenza è ottenuta per mezzo dell’avvolgimento di un
filo metallico avvolto su un cilindro isolante (max 100 kohm):
• costantana (Ni-Cu), per resistori ad alta precisione
• cromel (Ni-Cr), per resistori di alta potenza ( > 5 W, fino
~ centinaio di W).
NB: cromel utilizzato come elemento riscaldante nei forni elettrici
(leghe Ni-Cr + Fe sono più economiche, ma anche più soggette a
corrosione).
Sono caratterizzati da una buona stabilità nel tempo.
Possono lavorare ad alte temperature: 250 – 300 °C.
Per ridurre l’effetto induttivo si realizza un avvolgimento bifilare (avvolgimento
Ayrton- Perry) in modo da annullare il flusso magnetico. Massima frequenza di
utilizzo 100 kHz.
Esempio: resistore di 2.2 k ± 5%, 5 W
L’informazione sulla tolleranza deriva
dal simbolo J, secondo la seguente
tabella:
Resistori a strato (a film)
La resistenza è ottenuta per mezzo di una sottile pellicola
resistiva avvolta su un supporto isolante. Sulla pellicola
viene praticato un solco a spirale lungo tutto il cilindro.
A strato di carbone:
resistenza da 1 ohm a 20 Mohm; tolleranza da
5% a 1%; potenza da 1/8 a 2 W; da non usare ad alta temperatura.
A strato metallico:
resistenza max 1 Mohm; tolleranza da 1% a
0.1% per resistori normali, da 0.1% a 0.001% per resistori ad alta
precisione; potenza da 1/8 a 2 W; maggiore stabilità della resistenza
all’aumentare della temperatura.
A strato ceramico (Cermet):
resistenza tra 10 kohme un 1 Tom;
tolleranza 1% ; potenza fino a 2 W.
Adatti per applicazioni in alta tensione.
Tecnica costruttiva dei componenti
PTH (Plated Through Hole): componenti i cui reofori sono inseriti nei fori praticati nel circuito stampato.
Vantaggi PTH:
facili cablaggi e saldature manuali su basette millefori
veloci cablaggi manuali di prototipi su basette breadboard.
Resistore
SMD (Surface Mounting Device): componenti montati sulla superficie del circuito stampato, senza che questi sia forato.
Vantaggi SMD:
• veloci automazioni per collocare e saldare i componenti sul circuito stampato
• maggiore miniaturizzazione dei componenti.
Resistore
CARATTERISTICHE
ESEMPI
LABORATORIO: Considerazioni pratiche sul codice colori
Per una corretta lettura dei valori di resistenza e tolleranza occorre individuare il verso della
sequenza delle bande colorate:
•se le bande non sono centrate rispetto al corpo del componente, si orienta questo in modo
da avere a sinistra il reoforo più vicino alle bande
• se le bande sono centrate, una delle due agli estremi deve essere più larga delle altre.
Orientare il resistore in modo da vedere a sinistra la fascia più stretta
Esempio di circuito
_
Tipi di terminali dei cavi
Spinotto
Banana
Pinza
Coccodrillo
Spinotto
BNC
Esercitazione 2
Dato il seguente circuito:
Misurare la caduta di tensione su
R3,
assumendo
il
terminale
connesso al nodo 1 come polo
positivo.
NB:
Fasi dell’esercitazione:
1. cablare su breadboard il circuito
2. collegare i terminali di R3 ad una linea analogica di ingresso della scheda
Esercitazione 2
Soluzione del circuito:
I CONDENSATORI
I condensatori sono componenti passivi molto importanti in tutti i campi dell'elettronica. Tra
le applicazioni possiamo subito citare ad esempio le seguenti:
•
•
•
•
•
Avviamento dei motori
Rifasamento delle linee elettriche
Soppressione dei disturbi (Filtri)
Blocco di correnti continue;
Formazione di circuiti oscillatori
Se ad un conduttore neutro ed isolato diamo una carica Q, esso assume un certo potenziale
V. L’esperienza dimostra che se diamo allo stesso conduttore una carica doppia, tripla,ecc.,
esso assume un potenziale doppio, triplo, ecc.
proporzionalità diretta tra carica
Quindi per uno stesso conduttore esiste una relazione di
elettrica Q e potenziale V, per cui possiamo scrivere:
Q/V= costante
I CONDENSATORI
Tale costante viene chiamata Capacità elettrica e si indica con la lettera C; vale cioè la
seguente relazione
C=Q/V
Per quanto concerne il significato
fisico, la Capacità di un conduttore
sua
attitudine a contenere cariche elettriche.
esprime la
Un
conduttore
ha
maggiore
capacità elettrica di un altro se
potenziale, contiene un numero maggiore di cariche
L’unità di
misura della
capacità
poiché Farad
è una unità
milliFarad
microfarad
nanofarad
picoFarad
troppo grande si usano i suoi sottomultipli:
•
•
•
•
a parità di
elettrica è il Farad F (1 sCoulomb/1Volt);
I CONDENSATORI
La Capacità elettrica di un conduttore dipende da alcuni fattori:
Dall’area della superficie:
Maggiore è la superficie del conduttore, maggiore è il numero di cariche elettriche che si possono
immagazzinare, e quindi maggiore è la Capacità elettrica del conduttore.
• Dalla forma
Un conduttore piano ha una capacità elettrica maggiore rispetto
ad un conduttore filiforme o a
punta in quanto ha una superficie maggiore;
• Dalla presenza nelle vicinanze di un altro conduttore:
La presenza di un conduttore non elettrizzato nelle vicinanze fa diminuire il potenziale del
conduttore elettrizzato, ma fa aumentare la Capacità elettrica del sistema dei due conduttori
(C=Q/V)
• Dal dielettrico nel quale è immerso.
I CONDENSATORI
definisce condensatore un sistema costituito da due
superfici conduttrici, dette
armature, separate da un isolante, detto dielettrico. Un sistema così definito è capace di
immagazzinare energia elettrostatica in seno al dielettrico, quando viene applicata alle
armature una differenza di potenziale (tensione elettrica) V; il valore di questa energia è
dato dalla relazione:
Si
W=1/2 CV2
In cui C è una costante caratteristica del condensatore, chiamata capacità C=Q/V con Q che
è la carica distribuita su una armatura del condensatore.
Il condensatore presenta una impedenza infinita in corrente continua ed un valore di
reattanza che varia in funzione della frequenza consentendo il passaggio della corrente
alternata.
I CONDENSATORI
Quando si polarizza il condensatore applicando una
tensione continua tra i suoi due terminali, viene
generato un campi elettrico E in direzione delle frecce.
L'effetto del campo sul dielettrico è di separare le
cariche di segno opposto, orientandole nel senso del
campo stesso.
Dipolo elettrico
I CONDENSATORI
•Per effetto della tensione applicata ai capi delle armature del condensatore, si stabilisce tra
di esse un campo elettrico E che determina la polarizzazione del dielettrico.
•Per polarizzazione del dielettrico si intende l’induzione elettrostatica «ridistribuzione della
carica elettrica» operata dal campo elettrico sulle molecole del materiale in maniera tale da
formare tanti dipoli elettrici orientati lungo la direzione del campo elettrico E.
I CONDENSATORI
Il tipo di condensatore più semplice è quello piano ,in cui le armature sono due superfici
metalliche piane e fra loro parallele di area S, poste ad una distanza d fra le quali è posto un
dielettrico di costante dielettrica
ε= εo εr
Con
εo la costante dielettrica assoluta di valore 8,85 10
-12 F/m.
La sua capacità è :
C= ε S/d
Per condensatori di forma geometrica diversa da quella piana,
risulta essere più complessa
l’espressione della capacità
IDENTIFICAZIONE DEL COMPONENTE
Il segno grafico che caratterizza il componente non è unico, ma
seconda dei materiali utilizzati:
diverso a seconda della funzione e a
Simbolo convenzionale Condensatore elettrolitico polarizzato
Condensatore variabile
La legge che descrive il comportamento di un condensatore è:
Ic(t)= C ∆Vc(t)/∆t
Dove Ic(t) è la corrente che passa nl condensatore al variare della tensione ∆ Vc(t)
nel
tempo.
Tale
legge
esprime il fatto che il condensatore
può
essere attraversato da corrente
solo
se sottoposto a tensioni variabili; infatti se la tensione che eccita il condensatore è continua ,
la corrente è nulla.
CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
Tutti i condensatori sono costruiti in linea di principio da due armature di superficie più o meno grande, molto
ravvicinate, con l’interposizione di materiale isolante ( dielettrico).
Il valore capacitivo del condensatore è legato alla sua configurazione geometricaed al tipo di dielettrico usato.
La forma geometrica pù usata è quella del condensatore piano per cui:
C= ε S/d
In questo caso, a parità di materiale dielettrico adoperato, il valore
armature e al diminuire dello spessore del dielettrico.
capacitivo aumenta al crescere delle
CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
E’ vantaggioso che i condensatori, a parità di valore capacitivo, occupino un volume più ridotto; con
l’espressione “ efficienza volumetrica” si indica il rapporto tra il valore capacitivo ed il volume occupato.
Tenendo conto delle proprietà tecnologiche del dielettrico utilizzato per migliorare l’efficienza volumetrica
si possono usare tecniche costruttive diverse:
•Si realizza una struttura cilindrica avvolgendo più striscie di materiale isolante poste fra due nastri di
materiale conduttore come schematizzato in ifgura . In questo modo utilizzando striscie molto lunghe , si
ottengono valori capacitivi elevati;
TECNICHE COSTRUTTIVE
•Si costruiscono strutture particolari alternando n+1 armature di superficie S separate da n dielettrici
chiamate strutture multi layer
• Collegando insieme tutte le armature di posto pari e facendo altrettanto con quelle di posto
dispari. Si ottiene un sistema equivalente ad n condensatori posti in parallelo che avranno un
valore capacitivo complesso paro a C=n εS/d.
PARAMETRI CARATTERISTICI DEL CONDENSATORE
I principali parametri elettrici sono:
• La capacità
• La tolleranza di fabbricazione
• La tensione nominale
• La resistenza di isolamento
• Il coefficiente di temperatura
• Le perdite in continua espresse mediante la resistenza di
isolamento (o la corrente di fuga)
• Le perdite in alternata espresse dal fattore di perdita
LA CAPACITA’DEL CONDENSATORE
Il valore capacitivo nominale è determinato in sede di fabbricazione del componente ed
impresso dal costruttore sul contenitore con un codice opportuno, che può essere un
codice a colori.
LA CAPACITA’ DEL CONDENSATORE
Oppure da un codice numerico, dove è stampigliata la tensione nominale ed il valore di capacità inteso in
pF e nel valore di riferimento l’ultima cifra indica il numero degli zeri; alle cifre può seguire una lettera:
J,K,M, che indica la tolleranza e rispettivamente sarà ± 5%,± 10%, ±20%.
Se il numero è preceduto da un puntino allora il valore capacitivo è da intendersi in µF e di seguito c’è
l’indicazione della tolleranza e della tensione nominale. Se il numero è accompagnato da una “n” allora il
valore capacitivo è espresso in nF.
Nell’esempio di fig. il primo condensatore ha una capacità di 4700pF ed una tensione nominale di 63V,
il secondo una capacità di 4,7 nF, una tolleranza del 5% ed una tensione nominale di 63V e
il terzo condensatore una capacità di 0,001 µF, una tolleranza del 10% ed una tensione nominale di 630V.
PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN CONDESATORE
La tolleranza di fabbricazione esprime la deviazione massima del
nominale ed è espressa in percentuale dello stesso.
valore capacitvo dal valore
La tensione nominale è il valore massimo che può essere applicata al condensatore per una
durata prestabilita, all atemperatura ambiente, senza provocarne il danneggiamento. Se viene
applicata iuna tensione superiore al doppio di quella nominale, si provoca sicuramente la
perforazione del dielettrico e quindi la messa in corto circuito del condensatore o in circuito
aperto se il dielettrico si è bruciato.
Il coefficiente di temperatura
Il valore capcitivo varia con la temperatura sia per le alterazioni delle proprietà del dielettrico che
per i cambiamenti della struttura geometrica del componente. In generale la dipendenza del
valore capacitivo dalla temperatura non è lineare pertanto il costruttore ne fornisce ilgrafico.
PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN CONDESATORE
Per alcuni tipi di condensatori questo andamento è lineare secondo la seguente legge:
C=Co (1+ α∆T)
Dove C è il valore capacitivo alla temperatura T Co è il valore capacitivo a =° C
∆T è il salto di temperatura da 0°C alla temperatura T: ∆T= T°- 0°;
α è il coeff. Di temperatura che rappresenta la variazione del
valore capacitivo per un aumento di
temperatura di 1 grado; misurato in °C -1.
Il coeff. Di temperatura α viene così calcolato:
α=∆C/Co∆T
Il coefficiente di temperatura, oltre che essere riferito a 0°C, può essere riferito a 25°C; in tal caso il
costruttore lo indica con : TC
PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN CONDESATORE
Resistenza di isolamento
Si definisce resistenza di isolamento la resistenza del dielettrico. Esiste pertanto durante il
funzionamento una dissipazione di potenza nel dielettrico dovuta a conduzione ionica o anche al
moto di elettroni liberi che possono essere presenti in misura non trascurabile.
Pertanto un condesatore caricato con una tensione continua, se viene tolta l’alimentazione, tende a
scaricarsi nel tempo attraverso tale resistenza di isolamento che vale generalmente alcune migliaia
di MΩ.
Il costruttore fornisce come resistenza di isolamento, la resistenza tra i terminali del componente,
misurata in continua, per diversi valori di tensione di lavoro.
CLASSIFICAZIONE DEI CONDENSATORI
•I condensatori vengono definiti in generale sia dalla loro capacità
che dal materiale che forma il
dielettrico , oppure dalla tecnologia di fabbricazione.
•I materiali più utilizzati come dielettrico sono: il film plastico metallizzato(poliestere, polistirolo ecc), la
carta , la carta e l’olio, la ceramica, il vetro, la mica e i depositati elettrolitici di varia natura.
• Per tipologia, essi possono essere così suddivisi:
CONDENSATORI A FILM PLASTICO
Il dielettrico è costituito da un sottile strato di materiale isolante
(film),
le armature sono realizzate con un foglio di materiale conduttore oppure
con un sottile strato metallico fatto depositare direttamente sul film.
Questi condensatori sono di tipo avvolto, con opportune tecniche di
avvolgimento si possono ottrenere anche condensatori di forma
rettangolare.I
materiali utilizzati come
dielettrico
sono resine
termoplastiche.
Questi materiali hanno una costante dielettrica relativa εr piuttosto bassa ,
ma poiché si possono ottenere film sottili è possibile raggiunger comunque
discreti rapporti capacità/volume.
Questi condensatori presentano basse perdite e discreta stabilità del
.
valore capacitivo al variare della frequenza e della temperatura
CONDENSATORI CERAMICI
Il dielettrico è costituito da materiali ceramici aventi elevata costante
dielettrica. I
condensatori ceramici si dividono in tre classi in base al dielettrico utilizzato:
Condensatori a disco
Condensatori multistrato
Classe I
In questi condensatori i materiali ceramici utilizzati come dielettrico hanno una costante
dielettrica relativa εr che va da 60 a 250. Il valore capacitivo hja una dipendenza quasi
lineare dalla temperatura, risulta stabile al variare della frequenza e nel tempo. Questi
condensatori presentano basse perdite anche in alta frequenza. Si ottengono valori da pochi
pF a 10 nF e sono utilizzati per la loro precisione e stabilità in circuiti risonanti e filtri ad alta
frequenza.
CONDENSATORI CERAMICI
•Classe II
•Ad alta costante dielettrica relativa che è compresa tra
250 e 10000. I valori sono più
elevati della classe I e si arriva sino al µF. Poco stabili e di basso prezzo.
• Altri tipi di condensatori
•A carta :
•in cui come dielettrico usano un nastro di carta
struttura simile ai condensatori plastici.
impregnata con oli e presentano una
• A mica:
• Con elevata tensione di rottura e ottima risposta ad alta frequenza VHF e UHF.
CONDENSATORI ELETTROLITICI
I condensatori possono accumulare cariche positive e negative indifferentemente su ciascuna
armatura. In quelli elettrolitici devono accumulare le cariche positive e negative su armature
predeterminate.
L’armatura che deve essere collegata al potenziale più alto viene indicata col segno +
(anodo) e l’altra col segno – (catodo) e non devono essere scambiati tra loro.
Presentano valori di capacità molto alti, dal µF al F.
A stretto contatto dell’anodo viene formato un sottilissimo strato di ossido isolante, che
funge da dielettrico, e fra questo e l’altra armatura viene posto l’elettrolita in cui durante il
normale funzionamento si ha una debole corrente di fuga costituita da ioni di segno opposto.
Perché può scoppiare?
Gli ioni negativi vengono attratti dall’anodo e quelli positivi dal catodo. Gli
ioni negati , essendo di natura ossidante, provvedono a rigenerare lo strato di
ossido là dove si è deteriorato mentre quelli positivi danno origine a piccole
quantità di idrogeno.
Se la polarità delle tensione viene invertita si distruggerebbe lo strato di
ossido e la produzione di gas provocherebbe l’esplosione dell’involucro del
condensatore.
CONDENSATORI ELETTROLITICI
L’elettolita può essere di tipo:
•Solido: viene usato il biossido di manganese
•Non solido: ( pasta gelatinosa con la quale vengono impregnati nastri di carta,
avvolti con fogli metallici che costituiscono le armature).
Esistono comunque in commericio condensatori elettrolitici non polarizzati che
possono essere usati in regime alternato in cui lo strato di ossido è presente su
Entrambe le armature
il suo spessore
cresce o
diminuisce
e
aseconda
della polarità
applicata ai terminali.
CONDENSATORI ELETTROLITICI
Condensatori in alluminio
In essi le armature sono costituite da due fogli di alluminio e sull’anodo viene
formato lo strato di ossido di alluminio isolante. La costante dielettrica non bassa
consente di ottenere valori di capacità per unità di volume molto elevati.
I condensatori in alluminio ad elettrolita non solido sono di forma cilindrica.
CONDENSATORI ELETTROLITICI
Condensatori al tantalio
• In essi le armature sono costituite da tantalio che presenta
quello
d’alluminio.
un ossido ancora migliore di
•Sono generalmente ad elettrolita solido ed
hanno la classica forma a goccia. Sono
affidabili, sicuri ed hanno una vita lunga ma presentano tensioni di lavoro inferiori a quelli di
alluminio. La capacità per unità di volume può raggiungere valori elevatissimi.
CONDENSATORI VARIABILI
I compensatori o trimmer capacitivi sono sempre condensatori variabili ma di dimensioni più piccole
e vengono usati per operazioni di taratura, apportando piccole variazioni ai valori dei condensatori
fissi, soprattutto nei circuiti di sintonia.
CONDENSATORI VARIABILI
Con essi è possibile ottenere valori di capacità variabili fra un minimo ed un massimo modificando la
posizione reciproca delle armature e di conseguenza l’area delle superfici affacciate.
La posizione dell’armatura mobile ( rotore ) può essere variata risèpetto all’armatura fissa (statore)
mediante la rotazione di un alberino.
Quando le due armature vengono a sovrapporsi completamente, la capacità assume il suo valore
massimo viceversasia fra il valore minimo,
Il dielettrico è
generalmente
l’aria, ma
può essere
la
mica o materiale ceramico
o plastico.
LABORATORIO: TECNOLOGIE COSTRUTTIVE
Esistono molti tipi di condensatori, in relazione al tipo di dielettrico.
NON POLARIZZATI: condensatori in
POLARIZZATI: condensatori in cui il
cui il dielettrico non è polarizzato,
dielettrico è polarizzato, per cui in
per cui in fase di montaggio non ci
fase di montaggio occorre
sono vincoli di polarità sui
rispettare le polarità dei terminali.
terminali.
NB: In un circuito in c. a. si devono usare condensatori non polarizzati.
CONDENSATORE POLARIZZATO
ELETTROLITICI
Capacità tra 0.1 uF e qualche decina di mF
BACK UP
Alta capacità: tra 0.1 – 10 F.
Utilizzati come batteria tampone in caso
di black-out.
Tensioni di lavoro  6 V.
CONDENSATORE NON POLARIZZATO
POLIESTERE:
• capacità al massimo di qualche μF
• adatti per basse frequenze (max ca. 1
MHz)
CERAMICI:
• capacità compresa tra ca. 1 pF e 100 nF
• piccoli, economici, ideali in alta
frequenza (centinaia di MHz)
Codici per condensatori ceramici
Il valore della capacità si trova scritto sul corpo del componente
attraverso tre cifre:
• le prime due indicano la capacità in pF
• la terza indica il numero di zeri da aggiungere
10 0000 pF = 100nF
ACCUMULO DI CARICA SULLE ARMATURE
Se un condensatore viene sottoposto a una tensione V applicata
esso accumula su ciascuna armatura una quantità di carica data da:
Q=CxV
sulle
sue armature,
dove Q è la quantità di carica (misurata in Coulomb, C), C è la capacità del condensatore e V è
la tensione applicata.
Il condensatore si carica perche gli elettroni si
accumulano sull’armatura
collegata col polo
negativo
della
batteria,
mentre sull'armatura
collegata col polo positivo rimangono protoni
(nuclei atomici carichi positivamente) che hanno
perduto i propri elettroni.
Ne
consegue
che
entrambe
le
armature
accumulano una carica uguale ma di segno opposto
Se il condensatore carico viene staccato dalla batteria, esso mantiene (per un certo tempo) la
carica accumulata e la tensione ai suoi capi.
CONDENSATORE
CON
TENSIONE
CONTINUA
E VARIABILE NEL TEMPO
In un circuito formato solo da un generatore di tensione costante (es. una batteria) e un
condensatore, non passa nessuna corrente. O meglio: passa corrente al momento del
collegamento della batteria col condensatore (o della chiusura del tasto) che si esaurisce in un
tempo molto breve
Le cose cambiano se si applica un segnale variabile nel tempo che genera un passaggio di
corrente dovuto al trasferimento di carica fra le armature del condensatore ma che non
attraversa il dielettrico essendo un isolante
La corrente non passa fra le armature ma attraverso il circuito
che connette fra di loro le armature stesse. Quando la
tensione Vc aumenta gli elettroni passano dalla armatura
positiva a quella negativa: ciò significa
che
nel
circuito
scorre una corrente dall’armatura negativa a quella positiva
. Se invece la tensione Vc diminuisce,
la
corrente
scorre dall’armatura positiva a quella negativa.
BOBINE
Per bobina si intende colloquialmente un nucleo solido su cui può essere avvolto del materiale filiforme o
nastriforme, come fibre tessili, pellicole, conduttori elettrici o altro. In fisica ed elettrotecnica genericamente,
la bobina è un insieme di spire, il cui numero può variare da una frazione di spira a molte migliaia, realizzate
con materiale conduttore. I campi di applicazione sono i più vari, dall'elettronica ed elettrotecnica alla
meccanica, ed anche in medicina (risonanza magnetica). Il suo parametro elettrico principale è definito
induttanza.





In elettronica ad esempio, può essere impiegata per trasformare la corrente alternata in onde radio
In elettrotecnica prende il nome di matassa o induttore, avvolgendola attorno ad un nucleo ferroso
otteniamo un'elettrocalamita, oppure, variando il numero e la sezione delle spire (o avvolgimenti),
abbiamo il trasformatore, un dispositivo capace di trasformare i valori di tensione/corrente ad esso
applicati.
In meccanica prende il nome di bobina d'accensione, nell'impianto elettrico di un qualsiasi motore ad
accensione comandata, la bobina serve ad elevare il valore di tensione utilizzato dalla parte dell'impianto
precedente (a seconda del sistema da 6V a 400V), trasformandola nel valore adeguato a far scoccare la
scintilla tra gli elettrodi delle candele (ordine di 20.000 volt), essendo il valore di corrente estremamente
basso, l'eventuale scarica tra le dita di una persona, risulta innocua.
Una bobina tradizionale ha una frequenza di risonanza definita dalla sua geometria e caratteristiche
elettriche, e un'impedenza diversa da zero, per cui, se attraversata da una corrente elettrica, la bobina
genera calore.
Gli INDUTTORI “bobine” sono costruiti in decine di modi diversi, ed e' per questo motivo che c'è una
certa difficoltà a riconoscerle per applicarle ai circuiti.
Si deve fare attenzione perchè le induttanze non sono sempre ESPLICITAMENTE riconoscibili...
e a volte si presentano sotto forma di comunissime.. RESISTENZE!!
Di solito le induttanze "sospette" si
riconoscono
piu'
perche'
sono
ABBOMBATE agli
estremi rispetto alle
resistenze e poi il colore di BASE e' quasi
sempre verdino o celeste.
Conoscendo il codice dei colori delle
resistenze (es. marrone,rosso marrone),
misurare col tester (scala in ohm) il
valore del componente da controllare, se è
una resistenza, con un tester, misurerai
circa 120 Ohm, se invece è un induttore,
con un tester, vedrai un cortocircuito (o
quasi) e sarà L = 220uH (microHenry).
Per la misura del suo valore dovresti usare
un induttanzimentro.
Ricordando che: se è una induttanza e si
applica una tensione costante, l'induttore
si comporta come un corto (si misurera'
la sola resistenza del filo che la compone).
CALCOLI E NOTE SULLE INDUTTANZE
Come avviene per il condensatore, che rimane caratterizzato da un certo valore capacitivo, così accade per
la bobina e, più in generale, per tutti gli avvolgimenti elettrici, che vantano una propria induttanza. E
questa è tanto più grande quanto maggiore è il numero di spire che compongono la bobina. Inoltre essa
aumenta coll'aumentare del diametro dell'avvolgimento, col diminuire della sezione del filo e con
l'aumentare della permeabilità del nucleo, se questo esiste. Ma dipende pure dal rapporto tra diametro e
lunghezza dell'avvolgimento, dal tipo di avvolgimento, da quello del conduttore, che può essere monofilare
o multifilare e dalla spaziatura tra spira e spira. Anche l'induttanza, come ogni altra grandezza elettrica,
vien definita tramite un'unità di misura, I'henry (abbrev. H) e i sottomultipli di questo.
H = henry
mH = millihenry (millesimo di H)
uH = microhenry (milionesimo di H)
L'induttanza ha per simbolo la lettera L, come si può osservare in figura 1, nella quale, in alto, è riprodotto
il segno grafico di una bobina munita di nucleo, in basso quello di una bobina avvolta in aria.
Fig. 1 - Simboli e sigle normalmente impiegati per segnalare le induttanze. Quella
riportata più in alto si riferisce ad una bobina munita di nucleo ferromagnetico,
quella disegnata in basso indica una bobina avvolta in aria.
Negli apparecchi radio si possono trovare bobine, avvolte su nuclei di ferrite. con valore di
induttanza elevato, per esempio di 10 H; ma se ne trovano altre, più piccole, montate nei
circuiti di alta frequenza, il cui valore oscilla fra il centinaio di microhenry (uH), quando si
tratta di bobine per onde medie, e di uno o due microhenrv ( uH), quando le bobine sono
adibite alla ricezione delle onde corte: mentre quelle per le onde cortissime presentano
un'induttanza molto bassa, di un decimo di microhenry (uH) circa.
Quando una corrente elettrica variabile, per esempio quella alternata, attraversa il filo
conduttore che compone una qualsiasi bobina, questa si avvolge spontaneamente di un
campo elettromagnetico variabile, ovvero di una serie di linee di forza magnetiche,
concatenate con la bobina stessa, le quali autoinducono una forza elettromotrice che va
sotto il nome di "tensione autoindotta".
E questa tensione assume un verso contrario a quello della tensione che l'ha generata,
rivelandosi come una forza di inerzia o, meglio, di particolare resistenza al passaggio della
corrente elettrica variabile. Tale resistenza, che nulla ha a che vedere con quella ohmica,
assume il nome di "reattanza induttiva" e si esprime, analiticamente, tramite la seguente
formula:
XL = 2 x π x f x L
nella quale "f" misura la frequenza della corrente variabile che attraversa l'avvolgimento, mentre "L«
ne misura l'induttanza.
Se la frequenza "f" viene espressa in hertz (Hz) e l'induttanza in henry (H), la reattanza
induttiva è misurata in ohm, come avviene nelle resistenze elettriche, anche se con queste, lo
ripetiamo, la reattanza induttiva non ha nulla a che fare.
Analizzando la formula già citata della reattanza induttiva, si può affermare che questa
aumenta quando aumentano la frequenza della corrente che percorre l'avvolgimento e
l'induttanza di esso.
La caduta di tensione avviene, almeno teoricamente, senza dissipare potenza elettrica Perché
la bobina immagazzina energia elettromagnetica, quando la corrente aumenta di intensità, e
la restituisce quando la corrente diminuisce o cessa di scorrere.
Circuito equivalene
circuito equivalente dell’induttore è formato da un resistore serie ed uno in
parallelo che schematizzano le perdite di energia all’interno del nucleo
ferromagnetico se presente.
Un induttore così fatto, ha elevati valori di induttanza con ingombri ridotti, ma comporta
un aumento delle perdite per isteresi e per correnti parassite
C capacità equivalente dei condensatori che si vengono a formare fra le spire
Circuito RL serie: chiusura
Quando l’interruttore S chiude o (apre) il circuito:
l’induttanza impedisce alla corrente di aumentare (o
diminuire) istantaneamente, perché la variazione di i genera
una f.e.m. indotta che si oppone alla variazione della
corrente stessa.
1) Consideriamo il caso in cui il circuito venga chiuso ossia:
t= 0 i  L circuito aperto --_ i= 0
t = infi-- L corto circuito = 0 --i= V/R
L  L / R
 t/T
= - t/L/R = - t*R/L
i

R
(1 e
 R*t/L
Durante la fase transitoria si ha un altra
corrente, detta extracorrente di chiusura
Circuito RL serie: apertura
Dove i0=R La resistenza passa da R ad R’(>> R) costante durante il transitorio
 t/T
i

R
iL 
= - t/L/R = -t*R/L
e
 R*t
/L
)
L
 i(t)
R
extracorrente di apertura, diversa da zero x un tempo molto bretve
DIODI
FUNZIONAMENTO ED APPLICAZIONI
IL DIODO
• Definizione: componente costituito da due terminali chiamati con anodo e catodo che, nel lato di circuito in
• cui è inserito, permette il transito della corrente elettrica in un solo verso «unidirezionale»
IL DIODO PUÒ ESSERE POLARIZZATO
• direttamente, se il potenziale all’anodo è maggiore di quello al catodo (Vak>0); in questo caso il diodo
può condurre
OPPURE
• Inversamente se il potenziale all’anodo è minore di quello al catodo (Vak<0); in questo
caso il diodo non conduce
LA CARATTERISTICA DEL DIODO MOSTRA CHE SE È POLARIZZATO
• Inversamente (Vak<0), esso non conduce
• Direttamente (Vak>0), esso entra in conduzione quando
Vak supera un valore di soglia (0.5 – 0,7V nei diodi al
silicio)
INOLTRE LA CARATTERISTICA MOSTRA CHE
• Quando Vak oltrepassa la soglia, il diodo entra bruscamente in
conduzione; piccoli incrementi di Vak provocano grandi
incrementi di corrente
NOTIAMO ANCORA CHE
• Quando il diodo è in piena conduzione, la tensione ai
suoi capi si stabilizza, più o meno, intorno a 0.7V
LA RESISTENZA DIFFERENZIALE DEL DIODO RD
• è il rapporto tra la variazione di Vak e la corrispondente
variazione subita da I. Il tratto di caratteristica in cui il
diodo è in piena conduzione è molto ripido; perciò, piccole
variazioni di Vak provocano grandi variazioni di I e la
resistenza differenziale rd è molto piccola
LA CARATTERISTICA DEL DIODO MOSTRA ANCORA
• che il componente non è lineare; infatti la caratteristica corrente tensione non è lineare
• ma esponenziale; anzi la corrente I che attraversa il diodo e la tensione ai suoi capi Vak
:
sono legati dalla relazione
NELL’ EQUAZIONE DELLA CARATTERISTICA DEL DIODO
• Io è una corrente di piccolo valore, tipica del diodo stesso, legata alla sua struttura e alla
temperatura a cui si trova il dispositivo; Io è chiamata corrente inversa perché, come
vedremo, essa è la piccola corrente che attraversa il diodo, quando è polarizzato
inversamente
• VT è una tensione determinata dalla temperatura a cui si trova il dispositivo;
• a 25oC, VT vale 25mV
COME È FATTO IL DIODO?
• Per realizzare i diodi si usano i semiconduttori, così chiamati perché hanno proprietà elettriche, in
qualche modo, intermedie tra i conduttori e gli isolanti
• I semiconduttori più usati sono il Silicio, molto diffuso sul nostro pianeta, e il Germanio
I SEMICONDUTTORI POSSONO ESSERE
• puri, o intrinseci; in questo caso essi hanno un eguale numero di portatori di carica
positivi, chiamate lacune, e di portatori negativi, gli elettroni
+-+-+-+-+-+-++-+-+-+-+-+-++-+-+-+-+-+-+intrinseco
OPPURE POSSONO ESSERE
• drogati di tipo P; in questo caso la composizione chimica del semiconduttore è stata alterata
in modo che le lacune (positive) siano maggioritarie rispetto agli elettroni
++-++++++-++
++++++++++-+
++++-+++++++
Tipo P
OPPURE POSSONO ESSERE
• drogati di tipo N; in questo caso la composizione chimica del semiconduttore è stata alterata
in modo che gli elettroni siano maggioritari rispetto alle lacune
--+------+- - - - - - - - - - +- - - - + - - - - - -+
Tipo N
IL DIODO È UNA GIUNZIONE PN
• Esso viene realizzato drogando una barretta di Silicio in modo che essa risulti da un lato di tipo P
(con portatori maggioritari positivi) e dall’altro di tipo N (con portatori maggioritari negativi)
Nella figura non sono indicati i portatori minoritari
LA POLARIZZAZIONE DIRETTA
• mette in moto le cariche maggioritarie, che sono molte, e perciò la corrente Idiretta
cresce rapidamente all’aumentare di V; ciò è vero se V supera una barriera di
potenziale, di circa 0.5V, che è all’interno della giunzione
LA POLARIZZAZIONE INVERSA
• mette in moto le cariche minoritarie, che sono poche; la corrente Io che scorre in un diodo
polarizzato inversamente è, perciò, molto piccola e quasi sempre viene trascurata; essa
cresce all’aumentare della temperatura.
LIMITI DI FUNZIONAMENTO
• La corrente che attraversa un diodo polarizzato direttamente non deve superare un
certo valore, tipico del dispositivo; altrimenti la potenza che esso dissipa (Pd=IVak)
diventa eccessiva ed esso si brucia per effetto Joule
PER LIMITARE LA CORRENTE CHE ATTRAVERSA IL DIODO
• si inserisce, in serie ad esso, una resistenza R che determina una corrente:
I
E Vak
 Imax
R
R
+
10V
E
-
1N4001
LA POLARIZZAZIONE INVERSA NON DEVE
• superare un certo valore tipico del diodo (la
tensione di breakdown); oltrepassata questa
tensione, il numero di cariche minoritarie
cresce bruscamente e, con esse, la corrente
inversa; questo fenomeno, nei diodi normali,
è distruttivo
IL PUNTO DI RIPOSO DEL DIODO
• Può essere determinato analiticamente,
0PPURE PUÒ ESSERE DETERMINATO GRAFICAMENTE
• Basta risolvere, per via grafica, il sistema
E  R  I Vak

 Vak


 VT


1
 I  Io   e





I
+
R
A
E
-
K
OSSERVIAMO CHE
• la seconda equazione è quella caratteristica del diodo
• la prima non è altro che il 2o principio di Kirchoff applicato alla maglia contenente il
diodo; essa può essere riscritta nel modo seguente:
I
E Vak
R
NOTIAMO ANCORA CHE
• Il luogo dei punti del piano I/Vak
che
soddisfano
la
seconda
equazione è la caratteristica del
diodo
MENTRE IL LUOGO DEI PUNTI
• del piano I/Vak
l’equazione
è una retta è chiamata con retta di carico; il suo coefficiente angolare (o
pendenza) è:
LA RETTA DI CARICO INTERSECA
• l’asse I nel punto A; questo
punto ha Vak=0 e perciò in
questo punto I=E/R
• l’asse Vak nel punto B;
questo punto ha I=0; perciò,
in questo punto Vak=E
UNENDO A E B SI OTTIENE
• La retta di carico nel piano
I/Vak, dove troviamo anche la
caratteristica del diodo
IL PUNTO DI RIPOSO Q DEL DIODO DEVE STARE
• ovviamente sulla caratteristica del
dispositivo
• e anche sulla retta di carico, perché
il diodo è inserito in una maglia e il
20K deve essere soddisfatto
Il punto di riposo è perciò
l’intersezione tra la caratteristica e
la retta di carico
LABORATORIO: controllo Led
Caratteristica del diodo
Diodo LED
Nel caso in cui un diodo LED sia già stato utilizzato, abbia cioè
i terminali accorciati, così che non sia più possibile
individuare quello più lungo, è possibile ugualmente
individuare il catodo osservando l’involucro colorato.
Alla base è presente una corona
circolare sporgente che, in
corrispondenza di un terminale,
presenta un taglio
TRANSISTORI BIPOLARI
NPN
PNP
TRANSISTOR: SCELTA
Per scegliere un transistor occorre considerare :
•Il tipo di funzione che deve svolgere (amplificatore o interruttore);
•La frequenza di lavoro (se deve lavorare per alte o basse frequenza
•La tensione, la corrente , la potenza ( transistor per piccoli segnali o transistor di potenza a bassa
o alta tensione).
Vanno inoltre ricordati i transistor con caratteristiche medie per uso generale (general purpose)
Nei data sheet troviamo i dati di un componente raggruppati in riferimento a:
generalità sul componente (tecnologia usata, tipo di componente, applicazioni)
valori massimi delle grandezze elettriche e termiche sopportabili dal dispositivo (Absolute maximum
ratings )
Resistenza termica per vedere se è necessario ricorrere a dissipatori di calore comportamento
elettrico in corrente continua (DC characteristics)
comportamento in corrente alternata o impulsiva (AC characteristics) grafici di consultazione.
CLASSIFICAZIONE TRANSISTOR
La grande varietà dei campi applicativi , la continua evoluzione tecnologica e la
concorenza commerciale hanno portato ad un numero impressionante di tipi di diodi e
di transistor , ciascuno con sue specifiche caratteristiche riportate sui Data Sheet.
Ogni tipo è contraddistinto da una sigla alfanumerica o codice di identificazione ,
stampata sul contenitore.
Gli standard più seguiti sono:
•
•
•
EIA JEDEC
l'europeo PRO ELECTRON
il giapponese JIS
l'americano
LO STANDARD EIA JEDEC
L' Electronic Industries Association con l'apposito comitato Joint Electron Device Engineering
Council, ha stabilito le seguenti sigle:
1N seguito da 24 cifre contraddistingue un diodo (es: 1N4004)
2N seguito da 24 cifre contraddistingue un transistor (es. 2N1711)
Il numero che precede la lettera N indica le giunzioni
Le cifre dopo la lettera N identificano il componente.
Una lettera (A o B) può seguire il numero ad indicare un
componente rispetto al tipo base. (es. 2N2222A)
miglioramento delle prestazioni del
LO STANDARD PRO ELECTRON
Nel codice europeo la sigla comincia con due o tre lettere e
termina con un numero. Es BD135.
La prima lettera indica il tipo di semiconduttore adoperato :
La seconda lettera indica IL tipo di applicazione a cui il componente è destinato
LO STANDARD PRO ELECTRON
Possiamo avere anche una terza lettera (X,Y,Z..)
contraddistingue i dispositivi di tipo professionale
che
La parte numerica indica il numero di serie
A due cifre (tra 10 e 99) per applicazioni professionali o industriali
A tre cifre (tra 100 e 999) per applicazioni commerciali
LO STANDARD PRO ELECTRON
Esempi
BD 135 = transistor al silicio di potenza per basse frequenza della serie
commerciale 135
BC107 = transistor di bassa frequenza per usi generici
BD439 = transistor di potenza al silicio per basse frequenze;
BUX85 = transistor al silicio di potenza per commutazioni veloci e alte tensioni.
Oltre alla sigla può seguire un suffisso aggiuntivo preceduto da un trattino che fornisce altre
informazioni specifiche sul componente Es.
BZY96-C7V5 = diodo al silicio (B) zener (Z) per applicazioni professionali (Y96) con tensione zener
di 7,5V (7V5). La lettera V indica la virgola decimale.
LO STANDARD STANDARD JIS
Le sigle dei transistor iniziano sempre con 2S seguito dalle lettere A o B o C o D e da una parte
numerica.
Le lettere hanno il seguente significato
A = transistor pnp per alta frequenza
B= transistor pnp per bassa frequenza
C= transistor npn per alta frequenza
D= transistor npn per bassa frequenza.
Per alcuni componenti le case costruttrici utilizzano codici interni che non corrispondono ad alcuna
normalizzazione.
Esempi:
TIPxxxx= Texas Instruments
MJxxxx,MJExxx= Motorola
RCAxxx= RCA
Nella sezione Cross Reference dei manuali possiamo trovare gli eventuali componenti equivalenti a un dato
transistor o diodo o integrato
TRANSISTORI BIPOLARI
NPN
PNP
IL TRANSISTOR BJT
Il transistor inventato nel 1947, è rapidamente diventato parte essenziale di qualsiasi progetto
elettronico.
Transistor : fusione dei due termini inglesi Transfer + Resistor (cioè componente a
resistenza variabile).
Bipolare: definisce quei transistor in cui la conduzione elettrica avviene tramite due portatori di
carica (elettroni e lacune) a differenza dei transistori unipolari o ad effetto di campo in cui la
conduzione avviene tramite solo elettroni o solo lacune.
BJT: Bipolar Junction Transistor.
JFET: Junction Field Effect Transistor
MOSFET: Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor
TRANSISTORI BIPOLARI
Ic
hFE =
guadagno di corrente in continua
IB
•I BJT usati come amplificatori lavorano nella zona attiva dove per Ib costante , la Ic cresce, in maniera lieve, con
la tensione VCE. In questo caso Vbe=0,60,7 V
•I transistori usati in commutazione (Switching transistors) implicano nel funzionamento il passaggio dalla zona
di saturazione a quella di interdizione e viceversa.
TRANSISTORI BIPOLARI
•In saturazione Ic raggiunge il suo valore massimo consentito dal carico e
all'aumentare di Ib.
cessa di crescere
•In questa situazione
•Vbe=0,7- 0,8V
Vce=0,2V
e il transistore si comporta come un interruttore chiuso (ON)
•In interdizione invece si comporterà come un interruttore aperto( nel ramo collettore-emettitore)
OFF, anche se in realtà esiste sempre una corrente di fuga, che in alcuni casi non può essere
considerata trascurabile.
Parametri:
VCEO=Massima tensione di rottura collettore-emettitore
lavorare il BJT con Ic precisata e base aperta (Ib=0)
ovvero la massima tensione alla quale può
VCBO=Massima tensione di rottura collettore-base con una Ic precisata e l'emettitore aperto (Ie=0)
VEBO=Massima tensione di rottura base-emettitore con una Ic precisata e collettore aperto (Ic=0)
Ic= massima corrente di collettore ammessa
TRANSISTORI BIPOLARI
Pd max= Massima potenza dissipabile alla temperatura ambiente 25°C
Tj = Massima temperatura che può sopportare il chip senza subire danneggiamenti
Rth =resistenza termica
Hfe = guadagno di corrente in continua. (valore minimo e massimo per Ic diverse)
Vce (sat), Vbe (sat) = tensioni alla saturazione
Parametri ibridi = hie,hre,hfe,hoe
NF = figura di rumore che fornisce una indicazione della capacità di amplificare segnali molto deboli.
Capacità di uscita e di ingresso nella configurazione a base comune.
Tempo di ritardo e di salita , la cui somma dà il tempo di commutazione in conduzione
Tempo di immagazzinamento e di discesa la cui somma dà il tempo di commutazione all'interdizione.
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
La
formazione di un transistor bipolare
compenetrazione di due giunzioni P-N.
può
essere
rappresentata
mediante
la
La giunzione P-N:
a. se polarizzata direttamente, si comporta come una resistenza di basso valore
permettendo il
passaggio di una corrente elettrica (vedi diodo);
b. se polarizzata inversamente, si comporta come un isolante, permettendo esclusivamente il
passaggio di una piccola corrente di perdita.
La giunzione P-N è caratterizzata, pertanto, da una tensione e da una corrente vale a dire da una
potenza V*I che dipende dalla polarizzazione applicata
Se troviamo un modo per far passare la corrente da questa prima giunzione alla zona N della
seconda, alla quale è applicata una tensione maggiore, la potenza disponibile all’uscita sarà
molto più grande di quella applicata all’ingresso, pur riproducendo esattamente le variazioni del
segnale.
In altre parole : mediante piccole variazioni della tensione applicata alla giunzione centrale,
possiamo controllare una corrente relativamente forte che attraversa la seconda giunzione, alla
quale è applicata una tensione maggiore.
L’effetto è quello di abbassare la resistenza della seconda giunzione, inizialmente
molto elevata
perché la giunzione è polarizzata inversamente.
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
Vi sono transistor NPN e PNP ; i 3 terminali prendono il nome di emettitore, base e collettore
Considerando un NPN :
• In condizionidi equilibrio, in ognuna delle zone di contatto, si formano le
cosiddette zone di carica
spaziale (dovute al fenomeno della ricombinazione).
• Se consideriamo le due giunzioni polarizzate:
• la prima (base- emettitore) direttamente, sarà in grado di condurre corrente elettrica;
• la seconda (base collettore) inversamente (positivo al collettore), non permetterà il passaggio di
corrente.
• Polarizzando l’insieme dei tre blocchi (+ al collettore e – all’emettitore), gli elettroni liberi dell’emettitori
vengono respinti dal polo negativo verso il collettore, mentre quelli del collettore vengono attratti dal polo
positivo provocando uno spostamento di cariche negative dall’emettitore al collettore. Se poi polarizziamo
direttamente la giunzione base–emettitore, mantenendo costante la tensione di collettore, il passaggio di
corrente attraverso la prima barriera verrà più o meno facilitato. Solo una parte minima degli elettroni si
riesce a combinarsi con le lacune presenti in base, a causa del basso drogaggio della base stessa, dando luogo alla
corrente Ib.
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
Gli elettroni che non si ricombinano, vengono attratti dal potenziale positivo del collettore
,malgrado la forte opposizione esercitata dalla giunzione
base-collettore polarizzata
inversamente, ed attraversandola danno luogo alla corrente Ic.
La piccola frazione che si presenta al terminale della base e' in grado di comandare o
modulare la corrente principale che sarà sempre un multiplo di quella di (da 10 a 200).
L'azione amplificatrice dei transistor '
dovuta al
fatto
che
una
piccola
variazione nella corrente di base e genera una
grande variazione nella
corrente di
collettore.
Il fattore
di
amplificazione hfe
può essere ottimizzato riducendo il più
Il possibile lo spessore della base , in modo che quando l’elettrone supera la barriera baseemettitore possa venire attratto più facilmente dal collettore di maggiori dimensioni e quindi
più ricco di cariche positive.
In fase di produzione si fa in modo che la superficie di contatto tra base e collettore risulti
maggiore di quella tra base ed emettitore in quanto la potenza dissipata dalla giunzione b-e
è parecchio inferiore a quella dissipata dalla giunzione base collettore.
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
La tensione Vbe è dell’ordine di alcuni decimi di Volt, mentre quella Vce è
qualche decina di Volt.
dell’ordine di
In un PNP sono le lacune i portatori di carica maggioritaria che attraversando la giunzione
emettitore-base sono attratte in gran maggioranza dalla maggiore alimentazione negativa del
collettore e solo una piccola parte vanno nella base negativa.
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
1. Funzionamento normale o in zona attiva: giunzione base-emettitorpolarizzata
direttamente; giunzione base collettore polarizzata inversamente;
E’ caratterizzata da proprietà lineari e il transistor funziona da amplificatore.
Il collettore si comporta da generatore di corrente comandato dalla Ib, nel
senso che una piccola
variazione della Ib genera una grande variazione nella Ic. E’ necessario che sia Vce>Vbe
2. Funzionamento inverso o in zona attiva inversa: giunzione base-emettitore
polarizzata inversamente; giunzione base collettore polarizzata direttamente;
Il transistore non viene mai utilizzato in questo modo, non ha alcuna utilità pratica
3. Funzionamento in zona di saturazione: giunzione base-emettitore polarizzata
direttamente; giunzione base collettore polarizzata direttamente;
La Ib perde il controllo sulla Ie ed è la Vce che controlla la corrente di collettore Ic. (La Vce è bassa
(0,2V) e il collettore
e l’emettitore equivagono ad un interruttore chiuso).
Per imporre le condizioni di saturazione si usa
la relazione: Ib> Icmax/ hfemin
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
Possiamo distinguere 4 modi di funzionamento
giunzioni:
a seconda
delle polarizzazioni applicate alle
4. Funzionamento in zona di interdizione:
giunzione base-emettitore polarizzata inversamente; giunzione base collettore
polarizzata inversamente;
Se la Vbe non supera la tensione di soglia, la Ic viene annullata e il BJT si comporta come un
interruttore aperto. Per avere l’interdizione del BJT si impone Vbe<0
Il transistor viene fatto funzionare in interdizione e in saturazione quando viene
nelle elaborazioni dei segnali digitali (vedi Transistor Switching.
utilizzato come commutatore
Nel transistor
in zona attiva si ha Ic=αIE +Icb0
Con Icb0 corrente inversa di saturazione della giunzione base-collettore che, se trascurata, si avrà:
da cui
(Con β= guadagno di corrente statico (convalori compresi tra 40 e 400)
FUNZIONAMENTO DI UN BJT
Spesso al posto di β si usa hfe.
COMPORTAMENTO DEL BJT
Sul comportamento del transistor influiscono tutti i componenti esterni ad esso collegati i quali
lo forzano a lavorare in determinate condizioni e che, soprattutto ne stabiliscono il “punto di
lavoro” dal quale dipende appunto il modo di funzionamento del componente.
Per analizzare il funzionamento del transistor in continua ed in alternata, è necessario applicare
una serie di tensioni continue tra i suoi terminali, cioè, è necessario polarizzarlo
adeguatamente in zona attiva. Si passa, pertanto, allo studio del suo comportamento in
continua:
Considerando un NPN occorrerà
fornire:
• Una prima tensione tra base e massa (che coincide in questo caso con l’emettitore): Vbe
• Una seconda tensione tra collettore ed emettitore: Vce .
Tra la prima alimentazione Vbe e la base del transistor
inseriamo un resistore per limitare la corrente Ib e
proteggere la giunzione base-emettitore.
Lo stesso discorso vale per il collettore.
COMPORTAMENTO DEL BJT
Fornendo alimentazione, pertanto, nascono, attorno al transistor,delle tensioni e delle correnti, che sono quelle
che utilizzeremo per studiarne il comportamento: Vbe, Vce, Vcb, Ib, Ic, Ie.
Tra tutte le relazioni possibili con queste variabili ci interessa soprattutto quella che stabilisce la variazione della
Ic in funzione della Vce, mantenendo costante la Ib (caratteristica d’uscita).
Per determinati valori di Ib, si possono tracciare curve di risposta parallele, il
che rivela che l’amplificazione in corrente si mantiene pressoché lineare. Il
gomito delle varie curve, le ricongiunge tutte nel punto di origine, e
corrisponde alla zona di saturazione, vale a dire quando il collettore si trova in
condizioni di ricevere tutti (o quasi) gli elettroni inviati dall’emettitore.
In questa zona si ha Vce= 0,2V.
Ricordiamo che hfe=Ic/Ib
COMPORTAMENTO DEL BJT
Il transistor come qualsiasi altro componente al quale si applica una tensione e attraverso il quale passa una
certa corrente, consuma o meglio dissipa una certa potenza, data da Vce*Ic.
La corrente che circola nel transistor è anche funzione della resistenza di collettore Rc.
In figura notiamo la retta di carico in funzione di una Rc e ricavata per una determinata tensione di
alimentazione (9V), che risulta tangente alla curva di potenza massima.
E poiché quest’ ultima curva ci delimita la zona di lavoro del transistor, quella sottostante se vogliamo evitare la
sua distruzione, la retta di carico
mi fornisce la resistenza minima di collettore che possiamo montare per
non portare il transistore a lavorare nella zona di sovraccarico.
Volendo impiegare il transistor come amplificatore di segnale, la zona di
saturazione non viene presa in considerazione perché introduce
distorsioni.
Risulta indispensabile se viene usato come circuito di commutazione.
COMPORTAMENTO DEL BJT
Uno degli inconvenienti che si presentano quando si lavora con i transistor è dato dal fatto
che Il transistor risulta sensibile alle variazioni di temperatura le quali possono spostare il
punto di lavoro portando il transistor a lavorare in zone proibite e spesso alla su
distruzione.
Per evitare questo sono stati studiati vari circuiti di compensazione a base di termistori
(resistori il cui valore varia in funzione della temperatura), diodi ed altri componenti.
Quando il transistor è chiamato adoperare con segnali alternati, dobbiamo tenere conto che
la zona di funzionamento non è più un unico punto di lavoro, in quanto questo si sposta
attorno al punto di riposo in base al segnale applicato esternamente.
Pertanto , nel progettare il circuito , dovremo fare in modo che il transistor si trovi a
funzionare all’interno della sua zona sicura anche nelle condizioni più sfavorevoli ed in
presenza della tensione istantanea più critica.
Se ciò avverrà , il segnale di uscita risulterà la copia ingrandita di quello
all’ingresso, viceversa sarà affetto da un certo tasso di distorsione.
applicato
A seconda di come vengono collegati i suoi terminali rispetto a quelli di ingresso e di uscita
del circuito stesso, il transistor viene usato in 3 tipi di configurazioni:
CONFIGURAZIONI DEL BJT
La configurazione ad emettitore comune prevede la base come terminale di ingresso e il
collettore come uscita.
.
La configurazione a collettore comune prevede la base come ingresso e il emettitore
come uscita.
La configurazione a base comune prevede l’emettitore come ingresso e il collettore come
uscita
Ognuna di queste configurazioni presenta particolari caratteristiche, favorevoli o
sfavorevoli a seconda dell’uso a cui sono destinati e quindi utilizzeremo quella richiesta
dalle necessità specifiche di progettazione.
CONFIGURAZIONI DEL BJT
Ogni circuito è caratterizzati dai seguenti parametri fondamentali:
1. L’impedenza d’ingresso data dal rapporto tra tensione e corrented’ingresso Zi;
2. L’impedenza d’uscita data dal rapporto tra tensione e corrente di uscita, Zu;
3. Guadagno in tensione dato dal rapporto tra tensione di uscita e tensione d’ingresso
Av= Vo/Vi
4. Guadagno in corrente dato dal rapporto tra tensione di uscita e tensione d’ingresso
Ai=Io/Ii
5. Guadagno in potenza
I primi due sono molto importanti al momento di interfacciare i vari stadi di un circuito,
in quanto il trasferimento del segnale da uno stadio all’altro risulta massimo quando
la Zu dello stadio precedente è uguale alla Zi dello stadio successivo.
Più la differenza tra le due impedenze aumenta, più si perde segnale nel trasferimento
da uno stadio al successivo.
CONFIGURAZIONI DEL BJT
Il circuito ad emettitore comune è quello più utilizzato , in quanto presenta alti valori di
guadagno in tensione e in corrente, e il più alto valore diguadagno in potenza.
La differenza tra le impedenze d’ingresso e di uscita non è troppo elevata il che facilita
l’interconnessione di più stadi in cascata, senza ricorrere a reti adattatrici di impedenze,
semplificando non di poco il circuito.
Un esempio sono i circuiti di amplificazione in cui
ogni stadio si prende carico di
amplificare solo di un certo tasso il livello del segnale di ingresso fino ad ottenerela potenza
d’uscita desiderata.
Configurazione ad emettitore comune. E’ quella che assicura un maggior guadagno.
CONFIGURAZIONI DEL BJT
Configurazíone a base comune. L'amplifícazíone non è notevole.
Presenta una bassa Zi e un’alta Zu. E’ dotato di un alto guadagno in tensione mentre quelllo in
corrente è inferiore all’unità, ne consegue che anche il guadagno in potenzarisulta piuttosto
basso.
Viene utilizzato ad alte frequenze dove le capacità parassite interne ad ogni transistor giocano
un ruolo importante.
L’influenza della temperaturaè minima in quanto così montato sopporta alte temperature.
CONFIGURAZIONI DEL BJT
Configurazíone a collettore comune.
L'amplifícazíone non è notevole.
Possiede un’alta Zi e una bassa Zu, il che lo fa preferire come
sotto il nome di emitter follower.
adattatore di impedenza, passando
Tali circuiti si trovano negli stadi finali audio onde permettere
l’accoppiamento del resto
dell’amplificatore all’altoparlante la cui
impedenzaè notoriamente bassa. (Così facendo
l’impedenza d’uscita e d’ingresso grossomodo si equivalgono).
La configurazione presenta un certo guadagno in corrente mentre quello in tensione è inferiore
all’unità, per cui anche il guadagno in potenza risulta essere piuttosto basso.
CONFIGURAZIONI DEL BJT
Circuito di compensazione in temperatura. La
resistenza di emettitore, rende più stabile il
funzionamento del transistor in presenza di
variazioni di temperatura.
Circuito di compensazione di temperatura
autopolarizzato e suo circuito equivalente.
FET/MOSFET
I transistor ad effetto di campo
I transistor ad effetto di campo (field effect transistor) sono chiamati così perché sono
comandati in tensione (invece che in corrente come i BJT). Sviluppati successivamente ai BJT
erano inizialmente componenti meno veloci e affidabili; oggi sono usati moltissimo:
negliintegrati
digitali,
dove
l'impiego dei
MOSFET
permette
di
ottenere
soluzioni economiche ad elevata integrazione e basso consumo
 negli stadi di ingresso degli operazionali, dove i JFET permettono di ottenere una resistenza di
ingresso molto elevata
 in forma discreta nell'elettronica di potenza, sia come amplificatori che come dispositivi ONOFF, per il basso consumo
Le due famiglie principali di transistor FET sono:



i JFET (junction FET) a giunzione
i MOSFET o MOS (metal-oxide-semiconductor FET) a metallo-ossido-semiconduttore, che
possono essere di tipo enhancement e depletion
Come avviene per i BJT anche i FET sono disponibili in due varianti con portatori di carica di tipo
diverso: quelli a canale N e quelli a canale P.
Di seguito, per semplicità, faremo sempre riferimento ai FET a canale N.
I tre terminali dei transistor ad effetto di campo sono chiamati: source, drain e gate. Nei FET la
corrente scorre in un canale fra i terminali di source e drain e il suo flusso è controllato dalla
tensione applicata al terminale di gate.
La figura seguente mostra i simboli dei JFET, dei MOS enhancement e dei MOS depletion nelle due
varianti a canale n e p1).
In tutti i casi vale sempre:
ID=ISID=IS
I JFET
I JFET sono meno usati rispetto ai MOSFET, con cui si realizzano granparte dei dispositivi digitali, ma hanno
delle caratteristiche che li rendono adatti per le applicazioni analogiche.
Struttura e funzionamento
La figura seguente mostra la struttura di un JFET a canale n.
Il transistor è composto da:
una barra di semiconduttore di tipo n ai cui estremi sono posti gli elettrodi di source e drain
 due zone di tipo p collegate al gate
Fra gate è source è dunque presente una giunzione pn che, nel normale funzionamento del JFET,
deve essere polarizzata inversamente (VGS ≤ 0).

Per comprendere il funzionamento del JFET supponiamo inizialmente che VGS sia zero.
Se applichiamo una tensione VDS tra drain e source circolerà una corrente ID nel canale.
Aumentando la VDS la corrente ID aumenta e il comportamento del JFET è resistivo.
Tuttavia si verifica un altro fenomeno: nel canale si forma una zona di svuotamento (grigia in figura)
dovuta alla polarizzazione inversa della giunzione, più pronunciata dal lato del drain e con un
estensione crescente al crescere di VDS.
La zona di svuotamento restringe il canale attraverso cui circola la ID e oltre una certa soglia di VDS si
verifica lo strozzamento del canale (pinch-off) che impedisce alla corrente di aumentare; il JFET è in
saturazione.
Quando è presente una VGS (negativa) la zona di svuotamento si forma anche con
conseguenza che il JFET offre maggiore resistenza ed entra in saturazione prima.
Caratteristiche
VDS = 0 con la
Osservando la caratteristica di uscita, che mostra la relazione tra la corrente ID e la tensione VDS per
diversi valori di VGS, osserviamo che:





è presente un'intera famiglia di caratteristiche dipendenti dal valore di VGS
la saturazione del JFET, indicata dalla linea tratteggiata, avviene per valori via via minori di VDS
all'aumentare (in modulo) di VGS
a sinistra del tratteggio è presente una zona resistiva dove il JFET si comporta da resistenza
variabile il cui valore dipende dalla tensione VGS (si veda la figura sotto che rappresenta un
ingrandimento della caratteristica nell'origine)
a destra di VP si trova la zona di saturazione a corrente costante dove il valore di ID dipende da VGS
e non da VDS (NB nei BJT la saturazione è tutt'altra cosa!3) )
per valori sufficientemente elevati di VGS lo strozzamento avviene già a VDS = 0 e non può circolare
corrente; il JFET è interdetto
La relazione
che permette di calcolare il valore della Vds alla quale avviene lo
strozzamento è:
VDSP=VP−VGSVDSP=VP-VGS
Dove VP è la tensione di pinch-off quando VGS vale zero riportata nei data sheet.
A questo punto è possibile osservare la caratteristica di trasferimento (figura sopra), valida per il
funzionamento in saturazione, e osservare che:


il JFET è interdetto se VGS è maggiore o uguale a VGS(off) = Vp
il massimo valore di corrente in condizione di saturazione si ha quando VGS vale zero
ed è indicato con IDSS nelle due caratteristiche5)

in corrispondenza di VGS = 0 e IDSS si ha la piena conduzione; in queste condizioni, se si opera nella
zona resistiva, l'inverso della pendenza della caratteristica di uscita rappresenta la resistenza
rDS(on) esibita dal JFET nello stato ON quando è usato in commutazione

Funzionamento in commutazione
Nell'impiego da amplificatori i JFET lavorano nella zona di saturazione, dove il comportamento è
lineare; in quello in commutazione invece si lavora nella zona resistiva e in interdizione.
Il circuito in figura impone una retta di carico che dipende dall'alimentazione VDD e dalla
resistenza RD collegate al drain. Il JFET lavorerà:
in interdizione se VGS è negativa e maggiore di VGS(off)
 in piena conduzione (nella zona resistiva) se VGS è uguale a zero
I due puntidi funzionamento si individuano incrociando la retta di carico con le caratteristiche di
uscita del JFET corrispondenti ai due valori di VGS.

Funzionamento da amplificatore
I JFET possono essere impiegati anche come amplificatori. Come per i BJT occorre polarizzare
correttamente il transistor, applicare un segnale e studiare la risposta dell'amplificatore con un
circuito equivalente ai piccoli segnali.
La figura sopra mostra il circuito di polarizzazione più semplice possibile dove:
la resistenza RS tra source è massa è percorsa dalla corrente ID
 la resistenza RG collega a massa il gate ma non è percorsa da corrente
 la tensione VGS coincide in modulo con la caduta su RS
Studiando il circuito e conoscendo la relazione tra ID, RS e VGS è possibile imporre il punto di
funzionamento a riposo.

La figura seguente mostra il circuito equivalente ai piccoli segnali del JFET (si tratta di un circuito
in centro banda a source comune simile a quello a emettitore comune dei BJT).
Osserviamo che:



il gate è isolato
il parametro principale è la transconduttanza

il parametro rd è una resistenza differenziale che, in prima approssimazione, può essere
considerata infinita (generatore di corrente ideale)
I MOSFET
I MOS sono i transistor più utilizzati nell'elettronica digitale perché permettono di realizzare
integrati economici e a basso consumo. Sono impiegati anche nell'elettronica di potenza.
Per semplicità ci soffermeremo solo sui MOS ad arricchimento (enhancement), più semplici da
capire e utilizzati nella tecnologia CMOS con cui si realizzano gli integrati digitali.
Struttura e funzionamento
La figura seguente mostra la struttura
brevemente chiamato NMOS
di un MOSFET enhancement a
canale n, più
Il transistor è composto da:



un substrato di tipo p collegato al source
due zone di tipo n collegate ai terminali di source e drain
uno strato di ossido di silicio (grigio scuro nel disegno) che isola il gate
In questo tipo di FET il gate è isolato e gli strati di materiali - metallo del terminale di gate, ossido
e semiconduttore - danno il nome al componente.
Per comprendere il funzionamento del MOS supponiamo inizialmente che VGS valga zero.
Applicando una tensione tra drain e source le due giunzioni substrato-source e substrato- drain
non conducono e la ID è nulla (il substrato è collegato al source). Se ora applichiamo una tensione
VGS positiva al gate il MOS si comporterà come un condensatore richiamando elettroni dalle tre
zone e creando, oltre una soglia indicata con VGS(th), un canale di tipo n tra drain e source (grigio
chiaro nel disegno).
A questo punto, applicando una tensione VDS potrà circolare una corrente ID tra drain e source.
Come per il JFET, per bassi valori di VDS il canale avrà un comportamento resistivo; per valori più
elevati si avrà uno strozzamento dovuto al potenziale via via maggiore del terminale di drain che
non permette alla corrente di aumentare. Aumentando il valore di VGS si ha un allargamento del
canale e lo strozzamento avviene per valori di VDS più elevati.
Caratteristiche
In figura è rappresentata la caratteristica di uscita di un NMOS. La famiglia di curve che
esprimono il legame tra ID e VDS è analoga a quella dei JFET ma la VGS è positiva e corrente e
pendenza crescono al crescere di VGS. Anche in questo caso abbiamo una zona resistiva, a sinistra
del tratteggio, e una di saturazione (attiva) a destra.
La figura sopra rappresenta la caratteristica di trasferimento, questa volta posta nel primo
quadrante, dove compaiono:


la tensione di soglia VGS(th) (indicata anche come VT) oltre la quale il MOS passa
dall'interdizione alla conduzione
la corrente IDSS, di valore trascurabile, che circola quando VGS vale zero
Nei
data
sheet
conduzione
è indicata
anche una ID(on)
circola
in corrispondenza di un determinato valore di VGS.
in
Diversamente dai JFET il transistor NMOS funziona con valori di VGS positivi; il circuito di
polarizzazione sarà allora il seguente:
 Questo
piena
Nel funzionamento in commutazione si avrà:


NMOS interdetto se VGS < VT
NMOS in piena conduzione per valori sufficientemente alti di VGS
Il circuito per il funzionamento ON-OFF dell'NMOS è analogo a quello del JFET e per entrambi il
comportamento del transistor può essere assimilato a quello di un interruttore con in serie una
resistenza rDS(on) ricavabile dai data sheet
SECONDA FASE:
INDICE
• DIODI
• applicazioni
• bjt
• JFET/MOSFET
DIODI
DIODO RADDRIZZATORE
• Il diodo raddrizzatore a giunzione (o semplicemente diodo) è un
componente elettronico a due terminali (bipolo), la cui funzione è quella di
permettere il flusso di corrente elettrica in un verso e di bloccarla nell'altro.
Il simbolo circuitale del diodo esprime chiaramente questa funzione: il
triangolo indica la freccia di direzione in cui il flusso di corrente è possibile. I
due terminali del diodo vengono detti anodo
(A) e catodo (K).
• La figura qui sotto mette a confronto il simbolo circuitale del diodo con
l'aspetto tipico di un diodo reale. Si noti che il catodo viene di solito marcato
sul componente per mezzo di una fascia di differente colore:
Si osservi attentamente quanto segue:
v2 = 0 V
v1 = E = 9 V i2 = 0 A
i1 = E/R1 = 9/300 = 30 mA i3 = i1 = 30 mA


i1=i2= E / (R1+R2) = 9/900 = 10 mA
v1 = i1 * R1 = 10 mA * 300 Ω = 3 V
v2 = vd = i2 * R2 = 600 Ω * 10 mA = 6 V
in polarizzazione diretta è nota la tensione ai capi del
diodo (vale zero), mentre la corrente nel diodo dipende
dal circuito in cui il diodo è inserito;
in polarizzazione inversa è nota la corrente nel
diodo (vale zero), mentre la tensione ai capi del
diodo dipende dal circuito in cui il diodo è inserito.
TENSIONE DI SOGLIA
Affinche il diodo conduca
soglia.
occorre che la tensione applicata superi un valore non nullo, detto tensione di
Il valore della tensione di soglia è diverso a seconda del materiale a semiconduttore con cui è stato realizzato
il diodo. Per i diodi al silicio il valore è tipicamente compreso fra 0,6 e 0,8 V. I diodi al germanio hanno invece
una tensione di soglia più bassa, intorno agli 0,2-0,4 V.
Quando E supera la tensione di soglia, il diodo entra in zona di polarizzazione diretta e comincia a condurre
corrente, in questa zona la tensione rimane pressoché costante e sempre uguale alla tensione di soglia Vs
Possiamo sostituire il diodo con un generatore di tensione equivalente di valore pari alla tensione di soglia sul
diodo. Supponendo Vs = 0,7 V per il nostro diodo, abbiamo:
V2 = Vs = 0,7 V
i2 = V2/R2 = 0,7 V/ 600 Ω = 1,16 mA
i1 = v1/R1 = 8,3/300 = 27,6 mA
v1 = E - V2 = 9 - 0,7 = 8,3 V
MISURA DELLA CARATTERISTICA INGRESSO- USCITA DEL
(TRANSCARATTERISTICA)
resistenza di protezione Rp fra
il
diodo e il generatore.
Tale resistenza ha il compito di
assorbire
la tensione in eccesso,
limitando
l’assorbimento di corrente
del diodo
DIODO
In corrispondenza di una certa V la corrente
inversa nel diodo aumenta molto rapidamente;
tale valore limite viene detto tensione di
breakdown o di rottura,
in quanto porta
generalmente alla distruzione del componente
(intorno a – 100 V)
Si evidenzia il comportamento non lineare del diodo
RADDRIZZATORE A SINGOLA SEMIONDA
Durante la semionda positiva di Vin, il diodo
conduce
(è
in
polarizzazione diretta). Ipotizzando per semplicità che il diodo si
comporti idealmente come un cortocircuito in polarizzazione diretta,
durante la semionda positiva la tensione su R identica dunque alla
tensione Vin.
Viceversa, durante la semionda negativa di Vin, il
diodo è in polarizzazione inversa e si comporta
perciò come un tasto aperto. Di conseguenza nel
circuito non passa corrente e la tensione su R è
zero.
Il diodo reale inizia a condurre solo quando l'onda sinusoidale di ingresso supera la sua
tensione di soglia:
RADDRIZZATORE DOPPIA SEMIONDA
raddrizzatore a doppia semionda in quanto
trasforma un'onda alternata in un'onda sempre
positiva, "capovolgendo" la semionda negativa. Si
noti che, mentre l'onda di ingresso ha valor
medio nullo, l'onda di uscita ha un valore medio
positivo. Tale valore medio si può dimostrare
essere uguale a
RADDRIZZATORE
A SINGOLA SEMIONDA CON FILTRO CAPACITIVO
il condensatore inizialmente scarico si carica durante la semionda
positiva , la tensione ai suoi capi raggiunge il valore massimo;
durante la semionda negativa il condensatore si scarica sulla
resistenza
In pratica il diodo si trova a essere polarizzato con una tensione
sul catodo maggiore di quella presente sull'anodo: entra dunque in
polarizzazione inversa e questo impedisce alla corrente di ritornare
verso il generatore
ancora "continua",
L'effetto finale è quello di produrre una tensione che, pur non essendo
ha oscillazioni molto minori dell'onda raddrizzata di partenza. In generale le ondulazione residue
(dette ripple) sono tanto minori quanto maggiore è il valore della costante di tempo τ = RC del
gruppo RC.
RADDRIZZATORE
A
DOPPIA
SEMIONDA CON FILTRO CAPACITIVO
Un
livellamento
ancora
maggiore dell'onda raddrizzata si ottiene usando il condensatore
raddrizzatore a doppia semionda a ponte di diodi:
in
un
IL DIODO LED
IL LED = light-emitting diode, diodo a emissione di luce) è un tipo di diodo che,
se polarizzato direttamente e percorso da una corrente sufficiente, emette luce di colori
diversi in base a un fenomeno fisico detto elettroluminescenza.
Il simbolo elettrico del LED è il seguente:
In genere l'anodo (il terminale positivo) è quello più lungo, mentre il catodo, più breve,
è segnalato anche da un intaglio nella
capsula
del
componente
Osservando
l'interno del led l’anodo appare a forma di lancia il catodo a forma
di bandiera; Il valore della tensione di soglia dipende dal colore della luce emessa del led
POLARIZZAZIONE DEL LED ERESISTENZA DI PROTEZIONE
Il LED si illumina se viene polarizzato direttamente e se viene percorso da una corrente di intensità
sufficiente. Abbiamo visto come la tensione di soglia varia da un LED all'altro in funzione principalmente
del colore della luce emessa. Non è però possibile in pratica far funzionare un LED collegandolo
direttamente con un generatore di tensione pari allla sua tensione di soglia. Questo perché piccole
variazioni nella tensione applicata al LED potrebbero facilmente provocare la sua distruzione, in quanto la
corrente nel diodo aumenta molto rapidamente appena superata la tensione di soglia.
Bisogna
usare
serie al LED
una
resistenza
di protezione collegata in
POLARIZZAZIONE
DIRETTA E INVERSA E TENSIONE DI ZENER
Il diodo zener è un particolare tipo di diodo utilizzato come stabilizzatore di
tensione. Il suo simbolo elettrico e il suo tipico aspetto sono mostrati in figura.
Quando viene polarizzato direttamente lo zener si comporta come un diodo normale, cioè inizia a
condurre corrente quando viene superata la sua tensione di soglia (tipicamente 0.3-0.7 V a seconda del
diodo).
In polarizzazione inversa lo zener non conduce fino a quando non si raggiunge la tensione di Zener che
nei diodi normali corrisponde alla tensione di breakdown
A differenza però di quanto accade
con gli altri diodi, il diodo zener non si
danneggia quando raggiunge la tensione di breakdown.
Anzi, gli zener sono progettati apposta per lavorare in polarizzazione inversa
tensione di VBK o di VZ
alla
Il valore della tensione di zener varia da un diodo all'altro ed è specificata in modo
estremamente
preciso.
STUDIO DEL CIRCUITO SENZA CARICO
Studiamo il
circuito che segue supponendo che: lo zener
abbia
una tensione
di
zener
di 3.0 V e che la tensione Vin possa variare da un minimo di 4 V a un massimo di 5V (la
condizione importante è che Vin non scenda mai al di sotto della tensione di zener, altrimenti il diodo zener
non potrebbe funzionare
Se il diodo zener è correttamente polarizzato, la tensione ai suoi capi si
mantiene costante (nel nostro caso a 3.0 V) nonostante le variazioni della
tensione di alimentazione Vin.
Per il corretto funzionamento dello zener è inoltre importante che la corrente che attraversa il diodo superi
un valore minimo, ricavabile dai dati tecnici del componente. Supponiamo che nel nostro caso tale valore sia
Izmin = 5 mA
Tale valore
dela Izmin
è
importante
perché
ci permette di fissare u il valore della R che consenta
il passaggio
Bisogna tener conto anche di un'altra condizione importante, ovvero il massimo valore della
corrente che può attraversare lo zener senza che questo si danneggi (per eccessivo riscaldamento).
occorre scegliere per R un
valore 40 Ohm < R < 200 Ohm
STUDIO DEL CIRCUITO CON CARICO
In questo caso occorre sapere qual è il valore massimo della corrente
assorbita dal carico. Se per esempio si tratta di un carico di tipo resistivo,
tale valore può essere
calcolato
semplicemente
conoscendo la resistenza Rcarico nel seguente modo: Icarico = Vz/Rcarico
In presenza di un carico, la corrente che attraversa lo zener è
Iz = Itot – Icarico; questo
fatto provoca una riduzione della corrente che passa nel diodo che potrebbe pregiudicare il
funzionamento dello zener in
quanto
la
corrente
nello
zener potrebbe non essere più
sufficiente.
Supponendo che il carico
assorba
una
corrente
massima Icarico = 1 mA. E di essere nella
situazione peggiore (che si verifica quando la tensione Vin raggiunge il suo valore minimo)si ha
Che è maggiore
della
minima corrente necessaria per far funzionare lo zener (5 mA) e dunque
l'inserimento del
carico
non
pregiudica il funzionamento del zener: in caso contrario si deve
ridurre la resistenza
APPLICAZIONI
• Clipper: LIMITATORI
• Clamper FISSATORI
• ALIMENTATORI
• MODULATORI
• RIVELATORI
CLIPPER: LIMITATORI
● V’ – VB - V = 0 
 If Vi > V’

 If Vi < V’, 
V’ = VB + V
diode on
Vo = V’
diode off,
Vo = Vi
CLAMPERS: FISSATORE
Clampers

STEP 1: diodo polarizzato direttamente


VC + VB – VS = 0 
VC = VM – VB
STEP 2: diodo polarizzato inversamente

VO – VS + VC = 0  VO = VS – VC.
BJT
TRANSISTOR BJT NPN E PNP
Iltransistor
a giunzione bipolare è un componente a tre morsetti denominati con base
(B),
collettore (C) ed emettitore (E) . Ci sono due tipi di BJT: il BJT npn e il BJT pnp. Essi differiscono per il
simbolo elettrico e per il versi dei parametri elettrici
Per trovare l’mettitore conviene fare riferimento ai fogli tecnici del
componente
(datasheet)
oppure usare un multimetro. La figura
un
multimetro
in configurazione
seguente mostra
l'uso
di
ohm-metro
per determinare qual è il collettore e qual è l'emettitore
di un BJT npn:
La
misura
si
basa
sul principio che ha la resistenza misurata fra il collettore e la base e fra
l’emettitore e base in un NPN e molto
elevata; Viceversa la resitenza misurata con i terminali al contrario e
molto bassa
LE TRE ZONE DI FUNZIONAMENTO DI UN BJT
di funzionamento
principali (regions of operation), dette
Il BJT può lavorare in tre zone
rispettivamente:
 zona di interdizione (cutoff region)
o amplificazione, forward active region)
 zona attiva
(o
lineare
 zona di saturazione (saturation region)
Nel
seguito
esamineremo dettagliatamente il comportamento del BJT nelle tre zone e i metodi
di calcolo da usare per determinare in quale zona sta funzionando il BJT.
In zona di interdizione non BJT non conduce correnti
n zona attiva il BJT si comporta come un amplificatore di corrente: la corrente di collettore Ic è legata
alla corrente di base Ib e aumenta al crescere di quest'ultima;
conduttore
In zona di saturazione i lBJT si comporta come
un
quasi ideale (un filo) collegato fra collettore ed emettitore: in queste condizioni la tensione Vce è molto
bassa (idealmente zero) e non vale più la relazione di proporzionalità fra Ib e Ic.
BJT IN ZONA DI INTERDIZIONE
Consideriamo
un
BJT
npn.
Il comportamento fra base ed emettitore è
perfettamente assimilabile a quello di un normale
diodo.
In
effetti
il
BJT
è
internamente realizzato come un diodo fra base ed emettitore (nel caso del BJT pnp
il
collegamento del "diodo" è l'opposto):
Se la giunzione BE viene polarizzata inversamente con una tensione Vbe negativa o
minore della tensione di soglia (circa 0,6-0,7 V), non c'è passaggio di corrente Si
noti che la zona di interdizione dipende solo dalla tensione Vbe: è questa che
comanda l'accensione o lo spegnimento dell'intero transistor.
La base del transistor e polarizzata inversamente dalla batteria E di conseguenza il BJT si trova
in interdizione (IB, Ic, Ie = 0)
BJT IN ZONA ATTIVA OPPURE IN ZONA DI SATURAZIONE
Si consideri il circuito in figura in cui la
resistenza RB serve per la protezione del BJT, la Ib è uguale alla
Ie mentre la Ic =O non essendoci alcun carico
:
Si dice che il BJT è polarizzato in zona attiva (o in zona lineare o forward active region)
verificano
due condizioni:



la giunzione fra base ed emettitore è polarizzata
direttamente
la tensione fra collettore ed emettitore è maggiore di circa 0,3 V.
con
quando
si
una tensione di circa 0,6-0,7 V;
se la. tensione fra collettore ed emettitore scende al di sotto di circa 0,3-0,4 V, il BJT non lavora più in zona
attiva, ma passa in zona di saturazione
CORRENTI IN ZONA ATTIVA E BETA DEL TRANSISTOR
IN ZONA ATTIVA ABBIAMO IN GENERALE CHE

La IB è moltto minore di Ic e Ie

la corrente di collettore Ic è direttamente proporzionale
alla
corrente
di
base secondo la formula:
Ic = ß Ib
IL BJT in zona attiva ai comporta in sostanza come un ampli calore di corrente
dove ß è un parametro fondamentale del BJT detto guadagno di corrente in continua
current
gain
o semplicemente "beta" - spesso indicato anche come hfe sui manuali tecnici);

(DC
la corrente di emettore Ie è uguale alla somma delle altre due correnti (in base alla legge di
Kirchhoff alle correnti):
Ie = Ib + Ic
Dal momento che Ib è molto più piccola
trascurarla e scrivere Ie ~ Ic
delle
altre
correnti
(in
zona attiva), possiamo in generale
VARIABILITÀ DEL PARAMETRO BETA
Il parametro ß (o hfe come viene spesso
indicato)
è estremamente variabile. Si osservi la seguente tabella di
valori del foglio tecnico di un BJT 2N222" della Fairchild:
come si può notare il ß dipende dai valori di tensione e
soprattutto di corrente nel BJT e non è affatto costante
Infine il valore di ß è influenzato anche dalla temperatura di
funzionamento del BJT.
1 Circuito BJT e lampadina: zona di interdizione


Rb è una resistenza da 1500 Ohm
V è un voltmetro
. lampadina da 12 V, 6 W di potenza e 24 Ohm di resistenza
Con E = 0 anche la corrente Ic è zero (essendo Ic = ß Ib) e pure Ie vale zero (infatti Ie = Ic + Ib).
Nel collettore non passa corrente e sulla lampadina si viene ad avere una tensione di 12 V
2 CIRCUITO BJT E LAMPADINA: ZONA ATTIVA
Aumentiamo ora la tensione E portandola per esempio a 4 V. In questo modo la giunzione base ed
emettitore
risulta polarizzata direttamente e si comporta praticamente come un diodo. Pertanto la
corrente di base Ib può essere calcolata con
Ic = 100 x 2,27m = 227 mA
Ie = Ib + Ic = 229,27 mA
La tensione sulla lampadina sarà data dal prodotto fra la Req (24 ohm) e la corrente che la
attraversa:
Vlamp = 24 x 227m = 5,45 V
Come si vede la tensione è circa la metà della tensione nominale di funzionamento della
lampadina (12 V) e dunque la lampadina si illuminerà ma solo parzialmente.
Possiamo ricavare la tensione Vce fra collettore ed emettitore nel
alle tensioni: Vce = Vcc - Vlamp = 12 - 5,45 = 6,55 V
BJT
in base alla legge di Kirchhoff
3 CIRCUITO BJT E LAMPADINA: ZONA SATURAZIONE
Aumentiamo ulteriormente la tensione della batteria E. La corrente in base Ib aumenterà di conseguenza,
in base alla formula:
All'aumentare di Ic aumenta anche la tensione sulla
lampadina e, conseguentemente, si riduce la tensione Vce fra
collettore ed emettitore. La corrente Ic massima si avrà
quando la tensione Vce si annulla.
Quando Vce si annulla (in realtà quando scende sotto circa
0,4 V), ogni ulteriore aumento della corrente di base non fa
più aumentare la corrente di collettore. Il BJT entra nella
cosiddetta zona di saturazione.
Calcolando la Ic = ß Ib = 100 x 6,27mA = 627 si nota che questo valore di corrente è impossibile perché
produrrebbe sulla lampadina una caduta di tensione pari a: Vlamp = 24 x 627m = 15 V che implica una Vce
negativa.
Ne consegue che in saturazione all’aumentare della IB la IC rimane massima e invariabile
4 REGOLAZIONE CON TRIMMER
Lampadina resistenza
equivalente
di
24
Ohm. BJT con il solito valore ß = 100.
Rp è un resistore variabile da 0 a 150 ohm
Caso a: resistenza variabile regolata sul valore minimo
BJT in interdizione: lampadina spenta
Caso b: resistenza variabile regolata sul valore massimo
Ic = ß Ib = 100 x 5,2 m = 520 mA
In base al valore precedente, la tensione ai capi della lampadina è:
Vlamp = 24 x 520m = 12,48 V
La tensione sulla lampadina risulta superiore alla tensione di alimentazione.
saturazione.
Questo
significa
il BJT è in
CASO C: RESISTENZA VARIABILE REGOLATA SU UN VALORE INTERMEDIO
In questo caso i valori di IB e IC dipenderanno dal valore di Rp. Se per esempio Rp viene regolato sulla
metà (75 Ohm), la lampadina si illuminerà con una tensione circa uguale alla metà del valore massimo. In
altre parole maggiore è il valore di Rp, maggiore è la tensione sulla lampadina (in modo proporzionale) e
maggiore è dunque la luminosità della lampadina stessa.
Caso d : BJT usato come interruttore (switch)


collegamento a +5V attraverso la resistenza Rpu up: detta resistenza di pullvalori tipicamente usati da 1kOhm a 10kOhm) e il dunque l'uscita è bassa:
LED è spento;
R resistenza di protezione
il LED non si accende quando l'interruttore di ingresso è chiuso. La ragione sta nella corrente erogata dalla
porta NOT in uscita. Infatti, secondo le specifiche fornite dai fogli tecnici, le porte logiche TTL standard sono
in grado di fornire in uscita una corrente massima pari a 0,4 mA che non è in grado di accendere il Led
Bisogna progettare il circuito in modo che
l'uscita della porta logica è a livello alto.
Supponendo
in saturazione
il BJT vada in saturazione quando
Vce circa uguale a 0 V, il valore di R sara
IL valore
della
corrente
di
base
Ib necessaria per mandare in saturazione il BJT con Ic = 20 mA.
Supponendo come al solito ß=100 abbiamo: Ib > Ic/ß = 0,2 mA
Dato che l'uscita del NOT a livello alto è 5 V, la resistenza di base Rb è data da:
In pratica conviene usare un valore un po' più piccolo di Rb (esempio 18 kOhm) in mododa garantire una
corrente sufficiente per la saturazione del BJT.
Caso e : BJT con segnale di regolazione ad onda quadra in ingresso
Vcc=12V,
L1 con resistenza equivalente di 24 Ohm e ß = 100.
Supponiamo che l'onda quadra di ingresso abbia livelli 0V e 5V. Per fare in
modo che il BJT saturi quando Vin = 5V, basta
imporre la condizione saturazione
Vce ≈ 0 da cui VL1 = 12 V ; IC = 12/24 = 0,5 A
La corrispondente corrente limite di base sarà IB = IC/ß = 0,5/100 = 5 mA. Per far
sufficiente imporre una corrente IB di valore superiore a quello calcolato
saturare il BJT è
AMPLIFICATORI A BJT
COSA SONO GLI AMPLIFICATORI
Un sistema amplificatore ha in generale la funzione di amplificare i segnali di modesta ampiezza
(provenienti ad esempio da sorgenti quali un microfono o una antenna) per renderli adatti a pilotare
dispositivi che richiedono una potenza maggiore per il loro funzionamento.
L'elemento base degli amplificatori è il transistor.
Gli amplificatori si dividono in due categorie: amplificatori per piccoli segnali e amplificatori di
potenza.
Amplificatori per piccoli segnali
Hanno in ingresso segnali molto piccoli, dell'ordine delle centinaia di mV.
Generalmente il segnale amplificato non supera mai i 12V e i 100mA.
Il segnale amplificato non deve essere distorto ⇒ transistor in zona lineare.
Esempio di piccolo segnale: segnale da una antenna, circa 1-2mV.
Amplificatori di potenza
Hanno il compito di fornire al carico la potenza richiesta e il segnale viene amplificato sia in
tensione che
in
corrente.
Si considerano
di
potenzagli amplificatori in grado di erogare al carico potenze superiori
al centinaio di mW.
POLARIZZAZIONE IN ZONA LINEARE
Perché sia polarizzato in zona lineare, per il BJT devono verificarsi due condizioni:
La prima condizione è necessaria per garantire il funzionamento in zona lineare (quella centrale
alle caratteristiche di collettore, IC-VCE) mentre la seconda serve a mantenere il transistor lontano
sia dalla saturazione sia dall'interdizione, in modo da non avere distorsioni.
STABILITA DEL PUNTO DI LAVORO: RETE DI POLARIZZAZIONE A PARTITORE
Il transistor, a causa di inevitabili di/etti dei processi costruttivi, presenta una dispersione dei
parametri: tipica è la variazione dell'hFE fra transistor dello stesso tipo.
Ad esempio, per un comune transistor 2N2222, il costruttore fornisce il valore minimo
(100) e il valore massimo (300) dell'hFE. Se si assume per definire il punto di lavoro il valore
medio (200) e una corrente IC=20mA, la IB risulta pari a 0.1mA. Ma se il transistor che si usa ha
un hFE differente, ad esempio 100, la corrente IB risulta diversa, cioè 0.2mA (ben 2 volte il valore
trovato con il valore medio), con conseguente spostamento del punto di lavoro.
Inoltre, a queste difficoltà si aggiunge il fatto che le caratteristiche più comuni deitransistor
risentono di variazioni per effetto della temperatura: la tensione Vbe di un normale
transistor
BJT varia di circa -2.5mV per ogni aumento di un grado centigrado, provocando anche in questo
caso una variazione del punto di lavoro.
La determinazione a priori del punto di lavoro non è possibile.
E' NECESSARIO stabilizzare il punto di lavoro per evitare le distorsioni.
È sufficiente una resistenza in più, RE, detta di stabilizzazione.
Osservando il circuito, fissate le resistenze R1 e R2, e assumendo Ip>>IB, resta fissa la
tensione di base VB= VccR1/(R1+R2) e quindi anche la IB. Se l'hFE risulta più alto di quello
considerato per la definizione del punto di lavoro, la corrente IC risulta maggiore e anche la
corrente IE aumenta, provocando una maggiore caduta di tensione su RE. Essendo fissa la
tensione di alimentazione, e quindi la tensione tra base ed emettitore (tensione su R1,
fissata dalla regola del partitore), aumentando VRE diminuisce la VBE, che provoca una
diminuzione di IB e quindi di IC.
Il valore di IC si aggiusta automaticamente intorno al valore prefissato.
Dimensionamento
Si fissa IC tramite la resistenza RC.
Fissata la IC, il criterio pratico di progetto è di imporre una VRE ≅(l/lO)VCC e di considerare
Ip=(lO÷lOO)IB. Quindi:
AMPLIFICATORE AD EMETTITORE COMUNE
Si chiama così perché l'emettitore è il morsetto comune di riferimento per il segnale da amplificare
(ingresso) e per il segnale amplificato (uscita).
Per evitare che il segnale da amplificare (vS) modifichi il punto di lavoro statico, definito dalla rete
a partitore, è necessario inserire tra il segnale stesso e la base un condensatore Cl: in continua i
condensatori sono dei circuiti aperti e di conseguenza il punto di riposo rimane quello fissato con
le resistenze R1, R2, RC, RE. Stesso discorso vale per il carico RL, che generalmente è resistivo.
Se il transistor lavora in zona lineare, quando il segnale vS aumenta, aumenta anche la corrente di
base e conseguentemente aumenta proporzionalmente la corrente sul collettore.
ln uscita avremo quindi la stessa forma d'onda d'ingresso ma amplificata.
lL condensatore di accoppiamento CE serve a cortocircuitare la resistenza RE
varia, in modo da non diminuire il guadagno di tensione.
quando il
segnale
Il circuito dinamico
Il funzionamento del transistor in zona lineare (regime di piccoli segnali), può essere ricondotto a un
modello lineare, costituito da una resistenza d'ingresso hie, tra base ed emettitore e da un generatore
ideale di corrente iC, controllato dalla corrente d'ingresso iB.
Infatti Ic= h
feiB
, dove hfe è il guadagno dinamico di corrente
Lo studio del circuito completo dell'amplificatore si riconduce al seguente (VCC, che è un
segnale costante, è stato spento, cioè cortocircuitato a massa).
PARAMETRI FONDAMENTALI DI UN AMPLIFICATORE
Guadagno di tensione Av
È definita come rapporto tra la tensione di uscita vo e la tensione d'ingresso vi (consideriamo i
valori efficaci o quelli di picco, essendo in regime sinusoidale).
Guadagno di corrente Ai
È definita come rapporto tra la corrente di uscita io (sul carico RL) e la corrente d'ingresso ii (che
esce dal generatore).
dove Ri=R1//R2//hie è la resistenza d'ingresso dell'amplificatore
.
Guadagno di tensione totale Avt
È il rapporto tra la tensione di uscita vo e la tensione del segnale vS.
v i
dove αi è l'attenuazione d'ingresso, dovuta alla resistenza non infinita dell'amplificatore
(la tensione del segnale vS si ripartisce sulla RS e sulla Ri e non cade tutta sulla Ri) è data
da:
La resistenza d'ingresso Ri dell'amplificatore non è molto elevata (in genere dell'ordine dei KΩ) e
provoca questa attenuazione del segnale d'ingresso dell'amplificatore rispetto al segnale del
generatore
Amplificazione o guadagno di potenza Ap
È il rapporto tra la potenza di uscita po e la potenza d'ingresso pi.
JFET/MOSFET
FET
I transistor ad effetto di campo
I transistor ad effetto di campo (field effect transistor) sono chiamati così perché sono
comandati in tensione (invece che in corrente come i BJT). Sviluppati successivamente ai BJT
erano inizialmente componenti meno veloci e affidabili; oggi sono usati moltissimo:



negli integrati digitali,
dove l'impiego dei MOSFET permette di ottenere
soluzioni
economiche ad elevata integrazione e basso consumo
negli stadi di ingresso degli operazionali, dove i JFET permettono di ottenere una
resistenza di ingresso molto elevata
in forma discreta nell'elettronica di potenza, sia comeamplificatori che come dispositivi
ON-OFF, per il basso consumo
Le due famiglie principali di transistor FET sono:
i JFET (junction FET) a giunzione
 i MOSFET o MOS (metal-oxide-semiconductor FET) a metallo-ossido-semiconduttore, che
possono essere di tipo enhancement e depletion
Come avviene per i BJT anche i FET sono disponibili in due varianti con portatori di carica di
tipo diverso: quelli a canale N e quelli a canale P.

Di seguito, per semplicità, faremo sempre riferimento ai FET a canale N.
I tre terminali dei transistor ad effetto di campo sono chiamati: source, drain e gate. Nei FET
la corrente scorre in un canale fra i terminali di source e drain e il suo flusso è controllato
dalla tensione applicata al terminale di gate.
La figura seguente mostra i simboli dei JFET, dei MOS enhancement e dei MOS depletion
nelle due varianti a canale n e p1).
In tutti i casi vale sempre:
ID=ISID=IS
I JFET
I JFET sono meno usati rispetto ai MOSFET, con cui si realizzano gran parte dei dispositivi
digitali, ma hanno delle caratteristiche che li rendono adatti per le applicazioni analogiche.
Struttura e funzionamento
La figura seguente mostra la struttura di un JFET a canale n2).
Il transistor è composto da:
una barra di semiconduttore di tipo n ai cui estremi sono posti gli elettrodi di source e drain
 due zone di tipo p collegate al gate
Fra gate è source è dunque presente una giunzione pn che, nel normale funzionamento del JFET,
deve essere polarizzata inversamente (VGS ≤ 0).

Per comprendere il funzionamento del JFET supponiamo inizialmente che VGS sia zero.
Se applichiamo una tensione VDS tra drain e source circolerà una corrente ID nel canale.
Aumentando la VDS la corrente ID aumenta e il comportamento del JFET è resistivo.
Tuttavia si verifica un altro fenomeno: nel canale si forma una zona di svuotamento
figura) dovuta alla polarizzazione inversa della giunzione, più pronunciata dal
con un estensione crescente al crescere di VDS.
(grigia in
lato del drain e
La zona di svuotamento restringe il canale attraverso cui circola la ID e oltre una certa soglia di
VDS si verifica lo strozzamento del canale (pinch-off) che impedisce alla corrente di aumentare; il
JFET è in saturazione.
Quando è presente una VGS (negativa) la zona di svuotamento si forma anche con VDS = 0 con la
conseguenza che il JFET offre maggiore resistenza ed entra in saturazione prima.
Caratteristiche
Osservando la caratteristica di uscita, che mostra la relazione tra la corrente ID e la tensione VDS per
diversi valori di VGS, osserviamo che:





è presente un'intera famiglia di caratteristiche dipendenti dal valore di VGS
la saturazione del JFET, indicata dalla linea tratteggiata, avviene per valori via via
minori di VDS
all'aumentare (in modulo) di VGS
a sinistra del tratteggio è presente una zona resistiva dove il JFET si comporta da resistenza
variabile il cui valore dipende dalla tensione VGS (si veda la figura sotto che rappresenta un
ingrandimento della caratteristica nell'origine)
a destra di VP si trova la zona di saturazione a corrente costante dove il valore di ID dipende da VGS
e non da VDS (NB nei BJT la saturazione è tutt'altra cosa!3) )
per valori sufficientemente elevati di VGS lo strozzamento avviene già a VDS = 0 e non può circolare
corrente; il JFET è interdetto
La relazione
che CHE PERMETTE DI CALCOLARE il valore della Vds alla quale avviene lo
strozzamento è:
VDSP=VP−VGSVDSP=VP-VGS
Dove VP è la tensione di pinch-off quando VGS vale zero riportata nei data sheet.
A questo punto è possibile osservare la caratteristica di trasferimento (figura sopra), valida per
il funzionamento in saturazione, e osservare che:


il JFET è interdetto se VGS è maggiore o uguale a VGS(off) = Vp
il massimo valore di corrente in condizione di saturazione si ha quando VGS vale zero ed
è indicato con IDSS nelle due caratteristiche5

in corrispondenza di VGS = 0 e IDSS si ha la piena conduzione; in queste condizioni, se si
opera nella zona resistiva, l'inverso della pendenza della caratteristica di uscita
rappresenta la resistenza rDS(on) esibita dal JFET nello stato ON quando è usato in
commutazione
Funzionamento in commutazione
Nell'impiego da amplificatori i JFET lavorano nella zona di saturazione, dove il
comportamento è lineare; in quello in commutazione invece si lavora nella zona resistiva e
in interdizione.
Il circuito in figura impone una retta di carico che dipende dall'alimentazione VDD e dalla
resistenza RD collegate al drain. Il JFET lavorerà:
in interdizione se VGS è negativa e maggiore di VGS(off)
 in piena conduzione (nella zona resistiva) se VGS è uguale a zero
I due puntidi funzionamento si
individuano incrociando la retta
le caratteristiche di uscita del JFET corrispondenti ai due valori di VGS.

di
carico
con
Funzionamento da amplificatore
I JFET possono essere impiegati anche come amplificatori. Come per i
correttamente il transistor, applicare un segnale e studiare la risposta
circuito equivalente ai piccoli segnali.
BJT occorre polarizzare
dell'amplificatore con un
La figura sopra mostra il circuito di polarizzazione più semplice possibile dove:



la resistenza RS tra source è massa è percorsa dalla corrente ID
la resistenza RG collega a massa il gate ma non è percorsa da corrente
la tensione VGS coincide in modulo con la caduta su RS
Studiando il circuito e conoscendo la relazione tra ID, RS e VGS è possibile imporre il punto di
funzionamento a riposo.
La figura seguente mostra il circuito equivalente ai piccoli segnali del JFET (si tratta di un circuito
in centro banda a source comune simile a quello a emettitore comune dei BJT).
Osserviamo che:


il gate è isolato
il parametro principale è la transconduttanza

il parametro rd è una resistenza differenziale che, in prima approssimazione, può essere
considerata infinita (generatore di corrente ideale)
I MOSFET
I MOS sono i transistor più utilizzati nell'elettronica digitale perché permettono di realizzare
integrati economici e a basso consumo. Sono impiegati anche nell'elettronica di potenza.
Per semplicità ci soffermeremo solo sui MOS ad arricchimento (enhancement), più semplici da
capire e utilizzati nella tecnologia CMOS con cui si realizzano gli integrati digitali.
Struttura e funzionamento
La figura
seguente mostra la struttura di un MOSFET enhancement a
brevemente chiamato NMOS
canale n, più
Il transistor è composto da:



un substrato di tipo p collegato al source
due zone di tipo n collegate ai terminali di source e drain
uno strato di ossido di silicio (grigio scuro nel disegno) che isola il gate
In questo tipo di FET il gate è isolato e gli strati di materiali - metallo del terminale di gate,
ossido e semiconduttore - danno il nome al componente.
Per comprendere il funzionamento del MOS supponiamo inizialmente che VGS valga zero.
Applicando una tensione tra drain e source le due giunzioni substrato-source e substrato- drain
non conducono e la ID è nulla (il substrato è collegato al source). Se ora applichiamo una tensione
VGS positiva al gate il MOS si comporterà come un condensatore richiamando elettroni dalle tre
zone e creando, oltre una soglia indicata con VGS(th), un canale di tipo n tra drain e source (grigio
chiaro nel disegno).
A questo
source.
punto, applicando una tensione VDS potrà circolare una corrente ID tra drain e
Come per il JFET, per bassi valori di VDS il canale avrà un comportamento resistivo; per valori più
elevati si avrà uno strozzamento dovuto al potenziale via via maggiore del terminale di drain che
non permette alla corrente di aumentare. Aumentando il valore di VGS si ha un allargamento del
canale e lo strozzamento avviene per valori di VDS più elevati.
Caratteristiche
In figura è rappresentata la caratteristica di uscita di un NMOS. La famiglia di curve che
esprimono il legame tra ID e VDS è analoga a quella dei JFET ma la VGS è positiva e corrente e
pendenza crescono al crescere di VGS. Anche in questo caso abbiamo una zona resistiva, a sinistra
del tratteggio, e una di saturazione (attiva) a destra.
La figura sopra rappresenta la caratteristica di trasferimento, questa volta posta nel primo quadrante,
dove compaiono:


la tensione di soglia VGS(th) (indicata anche come VT) oltre la quale il MOS passa
dall'interdizione alla conduzione
la corrente IDSS, di valore trascurabile, che circola quando VGS vale zero
Nei data sheet è indicata anche
una Ion che
corrispondenza di un determinato valore di VGS.
circola in pienaconduzione
Diversamente dai JFET il transistor NMOS funziona con valori di VGS positivi; il circuito di
polarizzazione sarà allora il seguente:
in
Nel funzionamento in commutazione si avrà:


NMOS interdetto se VGS < VT
NMOS in piena conduzione per valori sufficientemente alti di VGS
Il circuito per il funzionamento ON-OFF dell'NMOS è analogo a quello del JFET e per
entrambi il comportamento del transistor può essere assimilato a quello di un interruttore
con in serie una resistenza rDS(on) ricavabile dai data sheet8
AMPLIFICATORE A MOSFET
ANALISI CON RETTA DI CARICO DI AMPLIFICATORE A SOURCE COMUNE
Applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni alla maglia di ingresso, dato che IG=0 (sempre), posso
direttamente ricavare vGS
vGS (t) = vin (t) + VGG
Nella maglia di uscita:
VDD = RDiD (t) +vDS (t)
Per vin(t)=0, l’equazione (1) fornisce: vGS=4 V.
La (2) è l’equazione della retta di carico nel piano delle caratteristiche di uscita. Il punto di
riposo del MOSFET è il punto di intersezione della retta di carico con la caratteristica a vGS=4 V.
L’ampiezza picco-picco della tensione di uscita (vDS) è 12 V, di contro a quella della tensione di
ingresso (vin) che è 2 V. Inoltre vDS è invertita rispetto a vin.
vDS non è una sinusoide simmetrica: tale distorsione è dovuta al fatto che le caratteristiche iDvDS non sono uniformemente spaziate al variare di vGS.
• Analisi degli circuiti amplificatori a MOSFET.
• Circuito di polarizzazione a 4 resistenze.
• Esempio numerico.
circuito di polarizzazione a 4 resistenze è adatto per
polarizzare i circuiti amplificatori discreti.
La tensione e la resistenza equivalente Thevenin del
circuiti di ingresso sono dati da:
A differenza del caso del BJT, in questo caso R1 e R2
costituiscono un vero partitore resistivo, dato che Ig =0
L’equazione della maglia di ingresso è (IG=0):
VG = VGSQ + R SIDQ
Supponendo che
il MOSFET operi in regione di
saturazione: IDQ = K(VGSQ − VT 0 )
La soluzione simultanea delle due equazioni fornisce il punto di riposo.
Il sistema (disecondo grado) ha due soluzioni in VGSQ delle quali una è
minore di VT0 e come tale è da scartare.
Determinati VGSQ e IDQ, l’equazione della maglia di uscita consente di
calcolare VDSQ e verificare se l’ipotesi di funzionamento in saturazione
è corretta (vDS> vGS-VT0):
VDSQ = VDD − (RD + R S )IDQ
Se si vuole tenere conto nel circuito equivalente dell’effetto di modulazione della lunghezza di canale
(λ≠0) bisogna inserire tra drain e source una resistenza rd.
In questo caso la id è data da
STADIO AMPLIFICATORE A SOURCE COMUNE
• Schema elettrico.
• Circuito equivalente per piccoli segnali.
• Guadagno di tensione.
• Impedenza di ingresso
• Impedenza di uscita.
SCHEMA ELETTRICO
Il segnale di ingresso è applicato al gate del MOSFET attraverso il condensatore di accoppiamento
C1. L’uscita è presa sul drain e connessa al carico attraverso C2. C1, C2 e CS sono i condensatori di
accoppiamento, e quindi si possono considerare corto-circuiti alle frequenze del segnale (centrobanda). Il source è pertanto a massa per i segnali. R1, R2, RD e RS formano una rete di
polarizzazione a 4 resistenze.
CIRCUITO EQUIV. AI PICCOLI SEGNALI
Per costruire il circuito equivalente ai piccoli segnali dell’amplificatore a source comune si deve sostituire: 1)
ai condensatori dei corto- circuiti; 2) al MOSFET il suo circuito equivalente per piccoli segnali; 3)
ai generatori indipendenti di tensione DC dei corticircuiti (dal momento che su di essi la variazione di
tensione, ossia il segnale, è sempre nullo per qualsiasi variazione di corrente).
Per semplificare lo schema equivalente così ottenuto, possiamo definire RG= R1||R2 ed RL’= RC||RL (NB: noi
trascuriamo rd, che è analogo al considerare rd infinita)
GUADAGNO DI TENSIONE
La tensione di ingresso vin coincide con vgs:
La tensione di uscita è data dalla caduta di tensione su RL’ :
vo = −gm vgsR′L
Dividendo membro a membro si ottiene il guadagno di tensione:
Av è negativo e in modulo può essere molto maggiore di uno: ciò significa che l’amplificatore
a source comune è un amplificatore di tensione invertente.
IMPEDENZA DI INGRESSO
L’impedenza di ingresso è facile da calcolare e risulta:
Zin = R
G
= R1 || R 2
Zin dello stadio dipende solo da resistenze di polarizzazione (e non dai parametri del MOSFET). Ciò si
traduce in un vantaggio rispetto agli stadi amplificatori a BJT.
SOURCE FOLLOWER
• Il segnale di uscita è prelevato dal source del MOSFET e trasferito in uscita tramite C2.
• La resistenza di drain non serve in questo circuito.
Circuito equivalente a piccolo segnale a centro banda (ciò significa che ZC1 e ZC2 sono corto-circuiti):
• RG= R1||R2 e RL’= RS||RL ||rd;
vo = gm vgsR′L
vin = vgs + vo = vgs + gm vgsR′L
IMPEDENZA DI USCITA
Per il calcolo dell’impedenza di uscita il generatore di segnale deve essere sostituito da un
cortocircuito. In queste condizioni vgs=0 e pertanto anche gmvgs =0, da cui (NB noi non
consideriamo rd):
Zo = RD
Scarica