CONSIDERAZIONI SULLE NORMATIVE DISCIPLINARI DELLA
PRODUZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEL LATTE
ALIMENTARE.
la normativa disciplinatrice della produzione e commercializzazione del latte alimentare ha
raggiunto livelli di complessità tale da richiedere uno sforzo interpretativo e applicativo delle
disposizioni sia nazionali che comunitarie.
L’intuizione scientifica di Appert che con il riscaldamento del latte a bagnomaria in contenitore
chiuso, aprì la strada all’applicazione industriale del suo metodo, che prese il nome di
appertizzazione e che mise a disposizione di grandi masse di popolazioni un alimento, il latte,
conosciuto dai primordi della civiltà, come un nutriente fondamentale nell’alimentazione umana.
Più tardi Pasteur, da cui prese nome il processo di “pastorizzazione”, rese esente il latte dai
microrganismi patogeni, quali gli agenti della tubercolosi e del tifo, e ne rallentò
l’alterazione ad opera della microflora saprofita acidificante, di conseguenza allungandone la
vita senza alterarne le caratteristiche organolettiche.
Col tempo lo studio dell’inattivazione termica degli enzimi e delle specie microbiche patogene
termoresistenti ha reso possibile lo sviluppo di adatte tecnologie di risanamento e conservazione
secondo la seguente tabella indicativa.
Trattamento termico del Latte: Tempo e Temperatura
Pastorizzazione bassa lenta (Pasteur , LTLT) 30′ 63°C
Pastorizzazione alta veloce (HTST) 15 – 20″ 72 – 76°C
Pastorizzazione a T° elevata (Ultra) 1 – 2″ 120 – 131°C
Sterilizzazione UHT (a flusso continuo UHTST) 2 – 4″ 131 – 150°C
Sterilizzazione a contenitore chiuso 20 – 30′ 115 – 120°C
In Italia, il primo decreto legge dedicato al latte alimentare, Regio Decreto n. 994 del 9 maggio
1929 “Approvazione del regolamento sulla vigilanza igienica del latte destinato al consumo
diretto”, rivedeva in modo organico i temi della produzione agricola, le definizioni, gli obblighi
di produttori e controllori, i parametri di igiene,
freschezza e genuinità, logistica e confezionamento, a salvaguardia della salute del consumatore,
fissando lungimiranti standard igienici.
Era specificata l’opera dell’ispettore veterinario, e del produttore agricolo responsabile della
salute degli animali da latte e del divieto di utilizzare mangimi insalubri.
Il confezionamento del latte alimentare in contenitori inviolabili (era ammessa la fornitura di
latte sfuso direttamente al consumatore soltanto presso la stalla purché proveniente da
animali indenni da tubercolosi) era affidato in esclusione alle “centrali del latte” gestite dal
Comune territorialmente competente, nelle cosidette “zone bianche”. Il privato poteva essere
autorizzato solo al di fuori delle “zone bianche” e solo alla condizione di “garantire una
produzione igienica”.
Ammessa la produzione e vendita di latte “parzialmente scremato” e “scremato”, con
l’indicazione delle date di produzione e scadenza. Il latte sterilizzato, quale conserva di latte,
poteva uscire dal circuito delle “zone bianche” ed essere venduto ovunque nei negozi al
dettaglio, libero da vincoli di spazio e di tempo.
Con la Direttiva 84/397/CEE relativa a scambi comunitari di latte trattato termicamente ed il
Reg. 222/88 (modifica di alcune latti nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari in
seguito all’instaurazione della nomenclatura combinata) la Comunità Europea cominciò a far
pesare in Italia i suoi orientamenti su produzione primaria, parametri microbiologici e chimicofisici di materia prima e prodotto finito, condizioni di trattamento termico e controlli negli
stabilimenti, requisiti di latte pastorizzato, UHT e sterilizzato, norme per il confezionamento e
attribuzione del numero CEE.
Con la caduta delle barriere doganali la Direttiva 84/397/CEE avrebbe assunto valenza di legge
sul territorio Italiano, se non fosse stata tempestivamente anticipata, in Italia, dalla Legge n.
169 del 3.05.1989 sulla “Disciplina del trattamento e della commercializzazione del latte
alimentare vaccino” che regolava la commercializzazione del latte destinato al consumo diretto e
prevedeva l’emanazione dei
D.M. applicativi, usciti nel 1991 sotto i numeri 184 e 185.
Venivano posti agli allevatori obiettivi di prassi igienica, già raggiunti da diversi paesi e tradotti
nei requisiti richiesti dalle Direttive CEE, con evidente scopo di recuperare il gap nei confronti di
situazioni già consolidate in Europa.
La legge ed i D.M. integravano la legge del 1929, dalla stalla alla vendita, definendo i trattamenti
ammessi per il latte alimentare confezionato, compresi il “latte UHT” e “sterilizzato” ed
anticipando i parametri europei già in via di codificazione con la Dir. 92/46/CEE e stabiliva
vincoli nazionali di denominazione, compositivi ed analitici, per la qualificazione oggettiva
dei tipi di latte alimentare pastorizzato definiti sul territorio italiano: latte pastorizzato, latte
fresco pastorizzato, ed un tipo particolare di latte fresco, denominato latte fresco pastorizzato di
alta qualità.
Il termine “fresco” entrava dunque nella legislazione italiana.
Ambedue le definizioni non erano presenti nelle legislazioni dei paesi CEE.
L’obiettivo, oltre che di promuovere la qualità del latte crudo nazionale, era favorirne l’utilizzo
per il latte pastorizzato “fresco”, di prevalente consumo, contrastando il latte
importato dalla CE e, a quel tempo, in prevalenza prepastorizzato all’origine per preservarlo in
lunghi trasporti.
La legge n. 169/89 vietava allora l’immissione al consumo di latte crudo, salvo se venduto
direttamente alla stalla in osservanza del Reg. (CEE) n. 1411/1971.
Essa godette di un periodo di convivenza con la Dir. 92/46/CEE (recepita con il DPR n. 54/97
poi abrogati entrambi dalla Dir. 2004/41, recepita a sua volta con D.L.vo 6.11.07 n. 193, che
demandò l’applicazione in materia di igiene degli alimenti ai Regg. 852, 853, 854, 882 tutti del
2004.
Di conseguenza la Legge n. 169/89 ha subito integrazioni e tagli, anche dovuti al progresso
tecnologico, per tener conto di nuovi tipi di latte, revisione del concetto di durabilità,
lasciata invece dalla CEE alla responsabilità e discrezione del produttore, e infine a difesa
strenua della aggettivazione “fresco”, sempre più legata alla provenienza territoriale,
origine tracciata della materia prima (DM 27.5.2004), con divieto di utilizzo del termine “fresco”
al di fuori di quanto previsto dall’art. 4. Ne rimangono tuttora operativi gli articoli 3, 4 e 5
relativi al solo latte sottoposto a pastorizzazione, e la data limite del “fresco” è ora stabilita in 6
giorni successivi a quello del trattamento termico.
La denominazione “latte pastorizzato a temperatura elevata“(circa 120°C per 2-3″), introdotta
con il D.P.R. 56/97, venne abolita con l’abrogazione
dello stesso.
Con il D.M. 24.07.03 trovò legittimazione il “latte microfiltrato pastorizzato“, inizialmente
autorizzato come latte fresco, con scadenza di 10 giorni che non fu più considerata tassativa con
la Legge n. 204 del 3.8.2004.
Il “latte microfiltrato pastorizzato” ha rappresentato l’unica vera originale innovazione degli
ultimi 50 anni nel settore del latte fresco, resa possibile dalle nuove tecniche “mild” di
filtrazione su membrane ceramiche della gran parte dei microbi inquinanti provenienti
dall’ambiente di mungitura, ed applicazione del minimo trattamento termico necessario ad una
sanificazione per conservazione prolungata in regime di freddo. Le vere innovazioni hanno il
carattere di fornire un reale valore aggiunto, quale la freschezza protratta nel tempo, nonché della
riconoscibilità da parte del pubblico dei consumatori. Lo dimostra l’ancora continua crescente
quota di mercato sotto numerosi marchi, nonostante le feroci, falsamente denigrative,
polemiche e diatribe legali inizialmente opposte a “frescoblu”, che ha fatto storia, evidenziando
invece la validità del progetto.
Il “latte sterilizzato UHT a lunga conservazione” conservabile per mesi a temperatura ambiente,
ottenuto per sterilizzazione continua e veloce a temperature intorno a 140°C per 2-4 secondi
(min. 135°C per 1″, Dir. 92/46/CEE), con caratteristiche chimico-fisicheorganolettiche e
nutrizionali comparabili, ed anche molto simili al latte pastorizzato, sopratutto nei tipi “ad
iniezione o infusione diretta di vapore”, si è imposto con l’avvento del confezionamento asettico
che ha consentito produzioni di grande capacità in unità produttive di dimensioni contenute,
entro contenitori a perdere leggerissimi, maneggevoli e poco ingombranti.
Il suo grande sviluppo per le produzioni di massa, in larga parte di latte parzialmente scremato,
ha caratterizzato gli anni ’80- ’90 .
La tipologia UHT è tuttora identificata come base di sviluppo di una serie di latti “funzionali”,
interessanti per il maggior valore aggiunto, mirati a particolari fasce di popolazione o
di necessità nutrizionali, che caratterizzerà sempre più il mercato del latte.
L’evoluzione del packaging alimentare per il latte.
Dopo le originali bottiglie di vetro a rendere, l’avvento dei contenitori a perdere, in carta
riciclabile ha costituito una delle maggiori ragioni di sviluppo del latte alimentare. La forma
della confezione si è evoluta significativamente secondo le esigenze del consumo con dispositivi
richiudibili. Particolarmente graditi ai consumatori sono i contenitori leggeri in plastica
alimentare riciclabile forniti di tappo richiudibile.
Il Regolamento CE n. 2597/97, implementato dal Reg. (CE) n. 1153/2007, codifica di bel nuovo
i contenuti del Reg. (CEE) n.1411/71 ora abrogato, alla luce delle numerose modifiche
intervenute sul testo originario e delle successive normative inter-reagenti, fissa disposizioni per
l’armonizzazione dei mercati nel settore del latte alimentare nell’ambito della comunità allargata,
e stabilisce:
Le definizioni di latte, latte alimentare, tenore in materia grassa, tenore in materia proteica
(finalmente espressa in g/kg, con un fattore di conversione
N/P=6,38)
I prodotti da considerarsi come latte alimentare e loro caratteristiche.
Latte crudo, latte sottoposto a trattamento termico:
intero (normalizzato e non ), parzialmente scremato, scremato, … con “….% di materia grassa
(nuova categoria non definibile tra le precedenti)
Le modifiche autorizzate e modalità permesse
materia grassa, arricchimento in proteine del latte (con tenore>=3,8%), riduzione del lattosio (per
scissione in zuccheri semplici)
I punti salienti sono costituiti da:
1) espressione unificata dei componenti proteici in peso/peso come per il grasso
2) la previsione di cessione del latte crudo alimentare al consumatore finale anche fuori dalla
stalla (ripresa con dettagli dal Reg. (CE) n. 852/2004)
3) latti vitaminizzati, arricchiti in proteine, e a lattosio idrolizzato, compresi fra i latti alimentari
4) eliminazione, ad opera del Reg.(CE) n.1602/99 del limite del 8,5% in sostanza secca
5) la nuova categoria di latte a titolo di grasso liberamente scelto dal produttore, “diverso” dalle
gamme precedenti di cui non può utilizzare il nome, con tenori in materia grassa
intermedi, rappresenta la nuova vera incognita reale dell’immediato futuro, con gravi dubbi che
si possa scatenare un’ “isteria nutrizionale”, con moltiplicazione eccessiva degli items e grande
confusione nel mercato nazionale e comunitario.
Con l’abrogazione del Reg. (CEE) n. 1411/71 ad opera del Reg. (CE) n. 2597/97 (abrogato a sua
volta dal Reg. (CE) n. 1234/2007), e l’uscita del Reg. (CE) n. 852/2004 la vendita del latte crudo
al
consumatore finale presso l’azienda Agricola, (già prevista dall’abrogato D.P.R. n. 54/97) e dal
R.D. n. 994/1929 è allargata ad altre sedi nel rispetto dei criteri di igiene previsti da leggi e
regolamenti con “rispetto della valutazione del rischio sanitario”.
NORMATIVE PER LA PRODUZIONE
Produzione latte crudo alimentare:
La produzione di latte crudo alimentare è regolata dal Reg. CE 852/2004 e dal Reg. CE
853/2004.
Produzione di latte Alta Qualità:
La produzione di latte crudo di Alta Qualità è regolamentata dal D.M. n. 185 del 1991.
Produzione di latte biologico:
La produzione di latte biologico è regolata dal Reg. CE 834 del 2007 integrato dal successivo
Reg. CE n. 889 del 2008.