cap.iv trasformazione e conversione dell`energia

CAP.IV
TRASFORMAZIONE E CONVERSIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA
(I parte)
§IV.1 Richiami sul trasformatore ideale
Nel §II.19 si è introdotto il trasformatore ideale, doppio bipolo caratterizzato dalle
relazioni
v1 (t )  a v2 (t )  a e2 (t )
(IV.1.1)
1
i1 (t )   i2 (t )
a
(il coefficiente a - detto rapporto di trasformazione- è numero reale diverso da zero). Tale
doppio bipolo può essere letto quindi come trasformatore di tensione e/o di corrente.
1
i1
v1
1’
a
1
2
i1
i2
v2
2’
a
2
i2
e2
v1
1’
2’
Fig.IV.1.1 – Il trasformatore ideale
Nella definizione di trasformatore ideale, non interessa l’evoluzione temporale delle
tensioni e delle correnti. In particolare, esse possono essere costanti (regime stazionario)
oppure variabili in modo qualsiasi nel tempo (condizione quasi stazionaria); quindi, in
generale,
1
p1ass (t )  v1 (t )  i1 (t )  av2 (t )  ( )i2 (t )  v2 (t )  i2 (t )   p2 ass (t )  p 2er (t ) (IV.1.2)
a
Possiamo quindi affermare che il trasformatore ideale è trasparente alla potenza istantanea.
Il trasformatore ideale è convenzionalmente rappresentato come in fig.IV.1.1. Avuto
riguardo alla proprietà di trasparenza alle potenze, è diffuso l’uso di considerare la
convenzione dell’utilizzatore alla porta 1 e quella del generatore alla porta 2.
Il trasformatore ideale è anche un trasformatore di resistenze; infatti se si collega (fig.IV.1.2)
un resistore di resistenza R alla porta 2, la resistenza equivalente alla porta 1 vale:
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.1
Req1 
1
i1
v1
1’
a
v1
av2
v
e

 a 2 2  a 2 2  a 2 Ru (IV.1.3)
i1  i2 
i2
i2
 
 a
2
1
i2
i1
Ru
v2
2’
a
v1
2
i2
Ru
e2
2’
1’
Fig.IV.1.2 – Trasformazione di resistenze
Dalle (IV.1.3) si nota che, qualunque sia il valore ed il segno di a, la resistenza vista dal
primario si ottiene moltiplicando semplicemente il valore della resistenza collegata al
secondario per un numero positivo, pari al quadrato del rapporto di trasformazione.
In questo modo si può realizzare, con una scelta opportuna di a, la condizione di
adattamento per il massimo trasferimento di potenza sul carico. Considerata la resistenza
interna (equivalente) R* del generatore collegato al primario, dovrà essere
a
R*
(IV.1.4)
Ru
La costruzione di un componente con le caratteristiche del trasformatore ideale non è
semplice; si pongono tuttavia numerose soluzioni di interesse ingegneristico per la
realizzazione di trasformatori di tensione, trasformatori di corrente, adattatori che possono
avvicinarsi alle condizioni di funzionamento da trasformatore ideale nel caso di grandezze
variabili (in condizioni quasi-stazionarie).
La realizzazione di tali componenti per il funzionamento anche in regime stazionario
comporta l’uso di amplificatori operazionali (a loro volta realizzabili attraverso dispositivi
elettronici) (§II.22).
In condizioni dinamiche, in particolare in regime sinusoidale, possono essere utilizzati
circuiti magneticamente accoppiati per la realizzazione di trasformatori reali il cui
funzionamento è collegabile al modello del trasformatore ideale (vedi §IV.2). Come si
vedrà nei prossimi paragrafi, opportune condizioni ed ipotesi permettono di considerare
praticamente realizzato un trasformatore ideale.
In regime sinusoidale, le caratteristiche del trasformatore ideali si riscrivono
V1  aV2
1 (IV.1.5);
I1   I 2
a
oltre alla ”trasparenza” alla potenza istantanea, è verificata anche la trasparenza alla potenza
complessa:
~
~
 1~ 
P1ass  V1 I 1  aV2   I 2   V2 I 2  P2er
 a 
(IV.1.6);
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.2
e quindi la trasparenza alla potenza media ed alla potenza reattiva; ancora, un’impedenza
Ż=R+jX posta al secondario è vista al primario come
Z1eq  a 2 Z
(IV.1.7)(1);
la condizione di adattamento si ottiene considerando la (IV.1.4) e la condizione
complementare
X *  a 2 X ;
a
R*

R
X*
X
(IV.1.7) (2).
Il trasformatore ideale è un doppio bipolo adinamico.
IV.2 Doppi bipoli dinamici – Circuiti magneticamente accoppiati
Si è considerato al §II.20 il doppio bipolo caratterizzato dalle seguenti relazioni
di1
di
 M 12 2
dt
dt
di1
di
v 2  M 21
 L2 2
dt
dt
v1  L1
(IV.2.1)
Tale relazione è tipica del mutuo induttore ideale; si è visto che in tale componente possono
essere considerati i flussi di campo magnetico concatenati con due circuiti: il flusso
concatenato con un circuito avrà un contributo collegato alla intensità di corrente del
primo circuito (flusso di autoinduzione) ed un contributo legato alla intensità di corrente
dell’altro circuito (flusso di mutua induzione):
1  L1i1  M 12i2
 2  M 21i1  L2 i2
(IV.2.2)
Si può dimostrare che i due coefficienti di mutua sono uguali (3) e che
1
Nell’impedenza “vista” dal primario si deve tener conto quindi di una variazione del modulo, ma non dell’argomento
(quindi, ad esempio, una impedenza ohmico-induttiva sarà vista a monte del trasformatore ideale, ancora come una
impedenza ohmico-induttiva)
2 Per questa ragione si è usato spesso tale connessione per realizzare (in elettronica) un adattamento dell’impedenza.
Caso tipico è un altoparlante che per funzionare con la massima potenza deve essere adattato all’amplificatore (come ben
sanno gli appassionati di audio ad alta fedeltà).
3 Si consideri che il flusso Φ21 del campo di induzione magnetica B1 prodotto da una spira (o avvolgimento) γ1 interessata
da corrente di intensità i1 e concatenato con una linea chiusa (spira o avvolgimento) γ2, ossia attraverso una superficie
Sγ orlata dalla linea γ è, per il teorema di Stokes, pari alla circuitazione del potenziale vettore A (definito dalla relazione
  i t dl 
i
t t
 21  M 21i1   A1 t 2 dl2    0 1  1 1   t 2dl2  0 1   1 2 dl1 dl2 . Allo stesso modo può essere


4  1 r12 
4  2  1 r12
2
2 
calcolato   M i  A t dl . Si deduce che i due coefficienti di mutua sono uguali. Allo stesso risultato si
12
12 2
 2 1 1
B=rot A):
2
perviene considerando che l’energia magnetica associata ad una coppia di valori (i 1,i2) è funzione solo di questi valori e
quindi il differenziale dWM  M 12i1di2  M 21i2 di1 deve risultare esatto, ossia deve essere M 12  M 21 .
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.3
M 2  L1 L2
L’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di autoinduzione L 1, L2 e mutua
induzione M è pertanto valutato dal coefficiente di accoppiamento k=M/√ L1L2. Tale
coefficiente è in valore assoluto non superiore all’unità, dovendo essere non negativa
l’energia magnetica, funzione quadratica delle correnti, con parametri L1, L2,M .
Nel caso sia M 2  L1 L2 (condizione di accoppiamento perfetto, k=±1) l’energia magnetica
wm (i1 , i2 ) 
1 2 1 2
L1i1  L2 i2  Mi1i2
2
2
(IV.2.3)
diventa un quadrato perfetto di un binomio
 L
1
1
L 
Wm  L1i12  L2i22  Mi1i2   1 i1  k 2 i2 
2
2
2 
 2
2
(IV.2.4)
in tal caso, per infinite coppie di valori delle intensità di corrente non nulle


 i1  k L2 i2 

L1 

(IV.2.5)
l’energia magnetica totale risulta nulla, ossia il campo magnetico è nullo in tutto lo spazio;
tale condizione può essere praticamente realizzata con due solenoidi lunghi e sottili
addossati, separati da un sottile strato di isolante.
Si vedrà più avanti che il mutuo induttore ideale è un doppio bipolo dinamico del secondo
ordine, riducibile ad uno del primo ordine nel caso di accoppiamento perfetto.
Due circuiti accoppiati possono essere studiati in regime sinusoidale con il modello del
doppio bipolo, matrice Z
V1  jL1 I 1  jMI 2
(IV.2.6)
V2  jMI 1  jL2 I 2
jL1
Z 
jM
jM
jL2
Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è equivalente ad un trasformatore
ideale con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima [seconda] porta.
Infatti dalle (IV.2.6) si ricava
M
I2
V1
jL1 I1  jMI 2 L1 I1  MI 2 L1
L1



V2
jMI1  jL2 I 2 MI1  L2 I 2 M I  L2 I
1
2
M
I1 
(IV.2.7)
Se risulta M 2  L1 L2 (accoppiamento magnetico perfetto) dalle (IV.2.6)-(IV.2.7) si ha
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.4
V1 L1
v t 

 j 0  a  j 0  1  a    0
V2 M
v1 t 
V1
I
 I 0  I 1  2  I 1  I 1'
jL1
a
(IV.2.8)
Le tensioni alle porte sono in rapporto “reale” (ossia in fase od in opposizione a seconda
del segno di a) come nel trasformatore ideale; le intensità di corrente non rispettano la
corrispondente caratteristica del trasformatore ideale, ma si mette in evidenza un termine
dipendente dalla tensione alla porta 1 che può essere interpretato come “intensità di
corrente a vuoto” quando cioè la seconda porta è “aperta”. 4
i’1
1 i1
2
a
i2
L1
v1
v2
i0
2’
1’
Fig.IV.2.1 – Rete equivalente in caso di accoppiamento perfetto (a=L1/M)
La (IV.2.8) suggerisce l’adozione della rete equivalente di fig. IV.2.1.
Un doppio bipolo ad accoppiamento magnetico perfetto è quindi equivalente in regime
sinusoidale ad un trasformatore di tensione; esso non è trasparente alla potenza reattiva; per
quanto riguarda le correnti, rispetto ad un trasformatore ideale, è presente la corrente a
vuoto alla prima [seconda] porta. Tale corrente a vuoto è nulla se alla seconda [prima]
porta è collegato un bipolo cortocircuito: in tal caso il doppio bipolo si comporta come un
trasformatore (ideale) di corrente, ma ambedue le tensioni sono nulle.
Il diagramma vettoriale simbolico relativo al funzionamento di tale doppio bipolo a vuoto
è rappresentato in fig. IV.2.2, quello in condizioni di carico generico in fig. IV.2.3. Sarà
precisato nel seguito il significato del vettore simbolico associato al flusso d’induzione Φ.
1 i1
i’1=0
L1
v1
a
V1
2
i2=0
v2
i0=i1
1’
V2
I 0  I1

2’
Fig.IV.2.2 – Rete equivalente in caso di accoppiamento perfetto a vuoto (a>1)
4
Vale qui e nel seguito che le due porte sono del tutto interscambiabili (basta scambiare tutti i pedici).
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.5
1
V1
I1
I 1'
V1
2
a
I2
L1
 I2
V2
V2
u
Z u
I0
I1
I 1'
I0

I2
2’
1’
Fig.IV.2.3 – Rete equivalente in caso di accoppiamento perfetto sotto carico (a>1; carico ohmicoinduttivo: angolo di potenza  u compreso tra 0 e  )
2
L’intensità della corrente a vuoto è tanto più piccola (rispetto ad i1 ed i2 ) quanto più
grande è la reattanza ωL1 rispetto al modulo di Z1eq=a2Zu. Per realizzare valori elevati di L1
si possono realizzare avvolgimenti con elevato numero di spire e disponendoli intorno a
nuclei di materiale ferromagnetico (vedi §IV.3).
Se l’accoppiamento non è perfetto si può considerare la scomposizione (a valori non
negativi) L1=L1‘+L1” e L2= L2‘+L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di
accoppiamento perfetto. Una delle due induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad
esempio nulla, ma più spesso pari alla induttanza di dispersione di cui avanti in questo
paragrafo). Quindi la scomposizione ha un grado di libertà.
Le (IV.2.6) possono essere riscritte come
V1  jL'1 I 1  V1*  jL"1 I 1  jMI 2
V2  jL'2 I 2  V2*  jMI 1  jL"2 I 2
(IV.2.9)
La rete equivalente diventa quella di fig.IV.2.4.
1
L'1
I 1'
1* I 1
*
1
V1
V
"
1
L
I0
1’
1*’
a
2*
I2
V2*
L'2
2
V2
Z u
2*’
2’
Fig.IV.2.4 – Rete equivalente generica in caso di accoppiamento non perfetto ( a  L
"
1
M
)
Un doppio bipolo circuito accoppiato ad accoppiamento non perfetto è del secondo ordine
(5), ad accoppiamento perfetto del primo ordine (6).
5
Anche se in fig.IV.2.4 compaiono tre induttanze, esse non sono indipendenti tra loro e possono essere
ridotte a due indipendenti (ad es. ponendo L’1=0).
6
La grandezza di stato in questo caso è la intensità della corrente a vuoto, proporzionale al flusso “a vuoto” Φ0.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.6
Per valutare la condizione di accoppiamento magnetico nel caso ad esempio di
trasformatori reali, costituiti ad esempio da due avvolgimenti di N1 e N2 spire, si
definiscono i flussi medi di auto e mutua induzione
11 
 N1
 21m 
N1

i2  0
 21
N2
i2  0
L1i1
N1
 22 
M i1

N2
N 2
N2
12m 

i1  0
12
N1
i1  0
L2i2
N2
M i2

N1
(IV.2.10)
,
i coefficienti di dispersione magnetica
 1d 
11   21m
11
L1i1 M i1

M N1
N
N2
 1
 1
L1i1
L1 N 2
N1
L2i2
 2d

(IV.2.11)
M i2
M N2
 
N
N1
 22 12m  2
 1
L2i2
 22
L2 N1
N2
e le induttanza di dispersione
L1d   1d L1  L1 
L2 d
M N1
N2
(IV.2.12)
M N2
  2 d L2  L2 
N1
Si ricava anche che
1  1d 1   2d  
M2
 k2
L1L2
(IV.2.13)
La condizione di accoppiamento perfetto si realizza quando
i due coefficienti di
dispersione sono nulli, oppure quando sono di segno opposto e di valore opportuno (ad
esempio se il primo avvolgimento ha una spira, la seconda ha due spire di cui una copre la
metà della spira del primo avvolgimento: i coefficienti di dispersione valgono 0,5 e -1). Se
nello schema equivalente di fig. IV.2.4, relativo all’accoppiamento non perfetto, si sceglie
come L’ il valore dell’induttanza di dispersione, si ottiene lo schema ed il diagramma
vettoriale simbolico di fig. IV.2.5, in quanto, per la (IV.2.13)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.7
L1'  L1d   1d L1  L1 
M N1
N2
; L"1  L1 1   1d  
M N1
N2
;a
L"1 N 1 M

M N2 M
L L 1   1d 1   2 d 
M
M
L"2  " 
 1 2
 L2 1   2 d ; L'2  L2  L"2   2 d L2  L2 d
L1 1   1d 
L1 1   1d 
L1
2
1
L1d
(IV.2.14)
2
1* I 1
V1*
V1
I
L2 d
'
1
2*
a
I2
V2*
L1 1  1d 
 jL2 d I 2
2
V
V2
Z u
2*’
1*’
V1*
*
2
u
V2 I '
1
 I2
I0
I2
I0
1’
 jL1d I 1
V1
I1

2’
Fig.IV.2.5 – Rete equivalente con induttanze di dispersione
L’introduzione delle induttanze di dispersione è molto diffusa in quanto, come si può
notare, il rapporto di trasformazione del trasformatore ideale introdotto nello schema di
fig. IV.2.5 è, in valore assoluto, pari al rapporto spire.
§IV.3 I circuiti magnetici – Il trasformatore reale
La soluzione del problema generale della magnetostatica, in presenza di correnti
libere e materiali ferromagnetici, risulta particolarmente complessa. Fortunatamente, in
molti casi di interesse applicativo, si ottengono ottime soluzioni, attraverso un'analisi
simile a quella sviluppata per i circuiti elettrici in condizioni stazionarie e quasi
stazionarie. E' possibile, cioè, condurre lo studio facendo riferimento a parametri globali,
analoghi a quelli che, nel caso del campo di corrente stazionario (tensioni, correnti,
resistenze, ecc.), consentono una notevole semplificazione del modello e una valutazione
più immediata delle grandezze di interesse. I principi sui quali tale analogia si basa e le
limitazioni del modello saranno illustrati nel seguito.
Si ricorda che la circuitazione del campo d’induzione magnetica B vale

 B  t dl     J  
o
S
o
E 
  n dS  (legge di Ampère-Maxwell)
t 
(IV.3.1)
Si considerino condizioni quasi-stazionarie magnetiche (modello QSM), in cui si
trascura la densità di corrente di spostamento, la (IV.3.1) diventa
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.8
 B  t dl    J  n dS
(IV.3.2)
o
S
E’ opportuno separare i contributi al campo d’induzione magnetica B delle correnti
nei conduttori o delle correnti di convezione ( densità di corrente “libera” JL ) dalle correnti
equivalenti al moto degli elettroni negli atomi e nelle molecole (densità di
corrente”vincolata” Jv) e quindi introdurre l’intensità del campo magnetico H (collegabile
alle sole correnti libere) e la intensità di magnetizzazione M (collegabile alle sole correnti
vincolate). M risulta essere il momento risultante di dipolo magnetico per unità di volume.
 B  t dl    J
o
L
 J v   n dS  o  H  M   t dl

S
 H  t dl   J
L
 n dS
(IV.3.3)
S
 M  t dl   J
v
 n dS
S
§IV.3.1 Legge di Hopkinson per i circuiti magnetici
Consideriamo un avvolgimento di N spire “compatte e serrate” distribuite uniformemente su
un supporto a forma di anello (toro) (fig. IV.3.1.1)
Applicando la seconda delle (IV.3.3) si verifica subito (vedi anche in appendice §A9.4) che il
campo H ha struttura circolare ed è nullo all’esterno dell’anello, mentre all’interno vale
H ( r ) r rr 
1
2
NI
2r
(IV.3.1.1)
se il toro è sottile, possiamo considerare il campo praticamente uniforme all’interno e pari al
campo sull’asse di lunghezza l0
H ( r ) r r r 
1
2
NI
NI

(IV.3.1.2)
2r0  0
r1
r0
r2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.9
I
B
Fig. IV.3.1.1 – Avvolgimento toroidale di N spire
Si supponga che il supporto non sia di materiale ferromagnetico (ossia si considerino
trascurabili gli effetti delle correnti vincolate).
Il toro costituisce chiaramente un tubo di flusso del vettore B; il flusso di questo tubo di
flusso può essere considerato pari al flusso Φ concatenato con la singola spira. Il flusso di B
concatenato con le N spire ed il coefficiente di autoinduzione valgono
N 2 I  S
 N  N  0
2r0
N 2 S
 L  0
(IV.3.1.3)
2r0
Se in un avvolgimento toroidale si volesse tener conto della variazione del campo con il
raggio di una spira quadrata di altezza b, il coefficiente di autoinduzione potrebbe essere
calcolato nel modo seguente (fig.IV.3.1.2):
b
Fig. IV.3.1.2 – Sezione trasversale rettangolare del toro
N1 0 N
L

I
I
0 N bNI
0bN 2 r2
S HdS  I r 2r dr  2 ln r1 (IV.3.1.4)
r2
1
Dalla (IV.3.3) si ricava
B S
dl
 t dl   
 
0 S
  0 S
 H  t dl  NI   
(IV.3.1.5)
Un tubo di flusso del vettore B viene anche definito come circuito magnetico; la (IV.3.1.5)
prende il nome di legge (di Hopkinson) per i circuiti magnetici semplici: la circuitazione del
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.10
campo H (forza magnetomotrice) è pari al flusso di B per la riluttanza del tubo di flusso (7).
L’analogia con un circuito elettrico semplice è immediata
 H  t dl  NI   
  E  t dl  e  R I

(IV.3.1.6)
Analogamente cioè a quanto avviene per il campo densità di corrente J in un conduttore
immerso in un mezzo isolante in condizioni stazionarie (per cui definiamo circuiti elettrici
elementari interessati da un’intensità di corrente i pari al flusso di J attraverso una sezione
e, più in generale, reti elettriche), si possono considerare i tubi di flusso del campo
magnetico B interessati dal flusso , come circuiti magnetici elementari, ovvero se
riconosciamo una più ampia distribuzione di B, come reti magnetiche.
La riluttanza magnetica va quindi attribuita al circuito magnetico o ad un tratto (ramo) di
circuito magnetico; il suo reciproco viene denominato permeanza. Si comprende a questo
punto, come nelle situazioni del tipo descritto, le due leggi fondamentali della
magnetostatica possono essere presentate in forma "circuitale", in cui le forze magnetomotrici
Ni prendono il posto delle f.e.m., i flussi  prendono il posto delle intensità di corrente e le
riluttanze R prendono il posto delle resistenze. Alla luce di questa analogia la (IV.3.1.6)
viene spesso indicata come legge di Ohm per i circuiti magnetici.
Ai circuiti magnetici possono essere estese per analogia gli elementi delle reti elettriche (nodi,
maglie, ….) e le proprietà “circuitali” (scomposizione, equivalenza, …).
Per chiarire meglio tale analogia si può far riferimento allo schema mostrato in fig.
IV.3.1.3, dove compaiono due tratti in aria (traferri) di spessore δ1 e δ2. Il circuito magnetico
può essere studiato, in prima approssimazione, trascurando le riluttanze dei tratti in ferro,
considerando il circuito elettrico associato (corrispondenze in tab. IV.1):
Tab. IV.1
E
Ni
R1
1 =1/µ0S1
R2
2 =2/µ0S2
I
7

La riluttanza dell’anello toroidale in materiale amagnetico vale


2r0
dl

.
 0 S  0 S
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.11
i1 
1
i2
2
avendo indicato rispettivamente con  il flusso che interessa la colonna sulla quale sono
avvolte le N spire e 1 2 i flussi nelle due colonne verticali.
i
 
N
S
µ
0

S1
1
a)
µ -> •
i
i
E
i
2
1
R1
R2
b)
fig. IV.3.1.3 – Analogia tra circuiti magnetici e circuiti elettrici
Le considerazioni sviluppate in precedenza consentono in prima approssimazione di
affrontare l'analisi dei circuiti magnetici tipici di alcune macchine elettriche quali i
trasformatori.
Dalla legge di Hopkinson si ricava anche che considerando i flussi medi di due circuiti
accoppiati, si può stabilire una relazione tra coefficienti di auto e mutua induzione e
riluttanze “equivalenti”
L1 
 N1
i1

i2 0
 N2
N11 N1 N1i1 N12


; L2 
i1
i11
1
i2

i1 0
 N2
N 22
; M 
2
i1

i2 0
N 2 21m N 2 N1i1 N 2 N1


i1
i11
1 (IV.3.1.7)
Il flusso medio di mutua induzione viene anche chiamato flusso principale. La differenza tra
il flusso medio di autoinduzione e del flusso principale viene classificato come flusso
disperso e, come si è visto, ad esso è associata l’ induttanza di dispersione.
§IV.3.2 Comportamento dei materiali ferromagnetici
Nel caso dei materiali ferromagnetici (tra i più comuni: ferro, nickel, cobalto, loro leghe e
composti) assumono rilevanza il comportamento collettivo (allineamento magnetico) degli
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.12
atomi di materiali in regioni significative (detti domini di Weiss, delle dimensioni anche
superiori al decimo di millimetro).
Si consideri nuovamente un anello di materiale ferromagnetico su cui è predisposto un
avvolgimento di N spire (fig. IV.3.1.1). Il campo H all’interno dell’anello vale ancora
H ( r ) r rr 
1
2
NI
NI

(IV.3.2.1)
2r0
l
mentre all’esterno è nullo. Alimentando l’avvolgimento con intensità di corrente I
(proporzionale ad H), ad una variazione di corrente in un certo intervallo di tempo
corrisponderà una variazione del flusso di B e quindi una tensione valutabile ai morsetti A-B;
integrando nel tempo per valori di I crescenti fino ad un valore I max si può ricavare una
relazione tra B ed H del tipo in fig. IV.3.2.1 (8).
B
saturazione
Hmax
H=NI/l
Fig.IV. 3.2.1 Caratteristica B-H di un materiale ferromagnetico
Il modulo del campo di induzione può essere letto come
B  o ( H  M )  o (
NI
M)
l
(IV.3.2.2)
con M (intensità di magnetizzazione) crescente fino al valore Ms di saturazione corrispondente
al miglior allineamento degli atomi nei domini di Weiss (il valore di B al “ginocchio” della
saturazione è nell’intervallo 1.5-2 T, vedi tab.IV.2).
La circuitazione del campo lungo l’asse del toro (nel ferro) del campo d’induzione
magnetica risulta
8
In realtà la curva (B,H) non è continua, ma frammentata dal meccanismo “a scatto” dell’allineamento,
corrispondente al rumore acustico noto come “effetto Barkhausen”( Barkhausen ,1919).
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.13
B
 
Il termine
Ml
 t dl  NI  Ml
(IV.3.2.3)
o
assume il significato di totale corrente molecolare equivalente concatenata
con la linea  . Con tale linea saranno concatenate le correnti elementari determinate dalle
particelle (di raggio medio r0) poste a distanza non superiore ad r0 dalla linea  . Se la
densità di particelle è n, il numero totale di particelle coinvolte è (n r02l); detta im
l’intensità di corrente elementare, per la totale corrente molecolare equivalente vale la
relazione
J
0
l  nr02l  im  n m l  Ml
(IV.3.2.4)
dove m è il momento elementare; pertanto M è il momento magnetico risultante per unità
di volume (detto anche intensità di magnetizzazione).
I valori di saturazione per alcuni materiali sono riportati nella tab.IV.2
TAB.IV.2 – Saturazione di materiali ferromagnetici
Materiale
Intensità di Magnetizzazione Ms [A/m]
μ 0Ms [T]
Ferro
1.7 106
2.1
Ferro-cobalto
1.9 106
2.4
Acciaio temprato
1.4 106
1.7
Cobalto
1.4 106
1.7
Nickel
0.48 106
0.6
Magnetite
0.50 106
0.6
Se vi fosse linearità tra M e B , si potrebbe scrivere
B  μo H  βB  B 
μo
H  μ rμ 0 H  μ H (IV.3.2.5)
1β
con  permeabilità magnetica assoluta e r permeabilità relativa potrebbe.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.14
In realtà il meccanismo di allineamento degli atomi nei domini è tutt’altro che “lineare” e
presenta una saturazione. Per questo motivo è necessario ricavare sulla caratteristica B-H la
permeabilità differenziale
 d H  
dB
  rd 0 (IV.3.2.6)
dH
La permeabilità differenziale relativa varia da circa 250 per bassi valori di H (permeabilità
iniziale) ad un massimo di diverse migliaia (tab. IV.3) (può raggiungere anche le centinaia
di magliaia per materiali speciali anisotropi a grani orientati) per poi tornare a valori
unitari in saturazione.
.
TAB. IV.III – Permeabilità relativa differenziale massima
Materiale
Ferro elettrolitico
μr
H [A/m]
B [T]
100000
Permalloy (21.8% Fe- 90000
4,8
0,54
78,2% Ni)
Acciaio (1%C)
350
1600
0,7
Acciaio temprato
98
8000
1
Mu-metal
30000
Oltre a questa marcata non linearità, l’allineamento del magneti per azione del campo non
ha natura elastica, per cui si ha il fenomeno dell’ isteresi magnetica: al diminuire delle
intensità di corrente cioè di H fino ad annullarsi, il campo B descrive un’altra traiettoria ed
il materiale esibisce una induzione residua Br (se Br risulta superiore a 0,4T il materiale
viene classificato come magnete permanente o “duro”). Per un ciclo completo di H, non si ha
un ciclo di isteresi chiuso (fig. IV.3.2.2); il ciclo di isteresi si assesta dopo numerosi cicli di
H (fig. IV.3.2.3). L’area del ciclo di isteresi assestato rappresenta la perdita (in calore) per
unità di volume del materiale ferromagnetico.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.15
La potenza dissipata per isteresi per unità di volume può essere valutata con la
espressione semi-empirica (di Steinmetz)
p[ W / m 3 ]    BM1,6
(IV.3.2.7)
Nelle forniture di materiale ferromagnetico viene usualmente fornita la cifra di perdita,
intendendosi con questa indicare la perdita per isteresi per unità di peso (per lamierini di
macchine rotanti tale cifra è circa 4 W/kg per l’induzione massima di 1 T a 50 Hz)
Per i materiali a bassa induzione residua (“dolci”) si definisce una curva di
magnetizzazione “normale” (convenzionale) rappresentata dal luogo dei vertici dei cicli di
isteresi assestati decrescenti. Su tale curva si definisce una permeabilità differenziale
“normale”.
B
saturazione
Hmax
H=NI/l
Fig.IV. 3.2.2 Ciclo di isteresi non assestato
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.16
B
saturazione
Hmax
H=NI/l
Fig. IV. 3.2.3 Ciclo di isteresi assestato
Nella fig. IV.3.2.4 è riportata, in scala semilogaritmica, la curva di magnetizzazione
normale di una lega industriale al ferro silicio a grani orientati.
Fig.IV. 3.2.4 Caratteristica di magnetizzazione normale
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.17
In campo elettronico, considerando un punto di lavoro base tra quelli rappresentati nella
curva “normale” di fig. IV.3.2.4, ha interesse considerare un comportamento prevedibile
analiticamente da parte del ferro rispetto a piccole variazioni di H e di B (piccoli segnali);
ha interesse cioè considerare variazioni così piccole dei campi che il ciclo si chiude
“subito” cioè il ferro ha un comportamento reversibile (fig.IV.3.2.5). Si definisce quindi la
permeabilità reversibile come
 rev H  
B
H
B
Curva
“normale”
rev
Ciclo
reversibile
ΔB
ΔH
H=NI/l
Fig.IV. 3.2.5 Permeabilità reversibile
§IV.3.3 Elettromagneti
Se si pratica nell’anello un taglio sottile di spessore δ (fig. IV.3.9) si crea un “traferro”
accessibile, in cui il campo magnetico può essere di valore notevole.
δ
r1
r0
I
A
r2
B
Fig.IV. 3.9 Anello ferromagnetico con traferro
Infatti, in presenza di taglio la struttura rappresenta ancora ragionevolmente un tubo di
flusso; le linee di B sono praticamente normali e continue alla superficie di separazione
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.18
ferro-aria al traferro . Ne consegue che il campo H è trascurabile nel ferro e quindi
discontinuo al traferro. Per rendersene conto basta considerare la legge di Hopkinson
 H  t dl  NI   H  t dl  
Fe
 Hdl H   
H  t dl 
traferro
0
traferro
traferro
 Btraferro   0
NI

(IV.3.17)
Si può ottenere quindi (in prima approssimazione) il valore desiderato di B al traferro
alimentando l’avvolgimento su ferro (9).
In realtà gli elettromagneti si realizzano con strutture componibili quale quella mostrata in
fig. IV.3.10. In prima approssimazione, se il ferro lavora ad elevata permeabilità
differenziale (lontano dalla saturazione) e se trascuriamo gli effetti degli spigoli, trattasi
ancora di un tubo di flusso di B, per cui tali strutture vengono nella pratica chiamati
“circuiti magnetici” .
i
N

fig. IV.3.10 – Struttura di un elettromagnete
La mappa del campo magnetico dimostra la consistenza di tale approssimazione (fig.
IV.3.11)

x
x
x
Ni

1

L
fig. IV.3.11 – Elettromagnete reale
9
La distribuzione di campo magnetico nel ferro (lontano dalla saturazione) non varia quasi per niente se le N spire
sono concentrato in un tratto limitato della periferia dell’anello.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.19
Si può comunque osservare che, se il traferro ha dimensioni trascurabili rispetto alla
lunghezza della colonna (e, quindi, rispetto allo sviluppo complessivo della struttura in
ferro), il campo nell'aria, al di fuori del traferro, è trascurabile rispetto al valore che esso
assume nel traferro. Questa considerazione induce, allora, a trattare i sistemi del tipo in
esame, introducendo un'ulteriore approssimazione che consiste nel trascurare del tutto il
campo in aria (al di fuori del traferro). Ci si riconduce, cioè, ad una situazione nella quale
il campo B è “incanalato” nel ferro e prolungato nel traferro, il quale costituisce,
sostanzialmente un tubo di flusso (circuito magnetico). Si osservi, in particolare, che mentre
H è quasi nullo nel ferro, B si mantiene ivi limitato.
Una analisi più approfondita dei campi in presenza materiale ferromagnetico, con
particolare riguardo alle interfacce, è presentata nel paragrafo successivo.
§IV.3.3.1 Comportamento del campo magnetico alla superficie di separazione fra un
mezzo a permeabilità molto elevata e l'aria (*)
Sia  la superficie di separazione fra un materiale (1) caratterizzato da una
permeabilità µ1 ed un mezzo (2) di permeabilità µ2 come schematicamente indicato in fig.
IV.3.3.1.1. Supponiamo che le due permeabilità siano legate da una relazione del tipo µ1>>
µ2 , come avviene, ad esempio, quando il materiale 1 è costituito da un materiale
ferromagnetico e il mezzo 2 è l'aria (µ2=µ0) L’approssimazione consiste nel considerare
µ1/µ2 -> ∞: tale ipotesi evidentemente non corrisponde ad alcuna situazione fisicamente
realizzabile, ma può costituire una prima approssimazione per sistemi fisici di notevole
interesse applicativo che comprendano materiali ferromagnetici. Si noterà inoltre che tale
ipotesi di consentirà di separare con successo lo studio del problema della soluzione del
campo all'interno e all'esterno del materiale ferromagnetico.

n
1
2
1
2
fig. IV.3.3.1.1
Per studiare il comportamento del campo nel passaggio dal mezzo 1 al mezzo 2,
cominciamo ad esaminare le due configurazioni di principio rappresentate in fig.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.20
IV.3.3.1.2a e fig. IV.3.3.1.2b: in esse, O è la traccia di un conduttore filiforme rettilineo
perpendicolare al piano del foglio, percorso da una corrente i. Nel caso (a), il mezzo a
permeabilità infinita (che nel seguito per brevità sarà denominato "ferro") è costituito da
una struttura toroidale interrotta in corrispondenza di un traferro di spessore ; nel caso
(b), invece, si ha un toro che si concatena con il conduttore interessato dalla corrente i.
Prima di esaminare il comportamento dei campi H e B in corrispondenza della superficie
di separazione  fra ferro e aria, si ricorda che, per due mezzi a permeabilità diversa, in
generale risulta:
n . [B(2)-B(1)] = Bn2- Bn1 = 0
n x [H(2)-H(1)] = Ht2-Ht1 = K
Si suppone, inoltre, che in questo caso sulla superficie di separazione non sia localizzata
alcuna corrente superficiale libera K, ovvero K=0.
Le relazioni suddette possono essere riscritte nella forma seguente:
µ1Hn1 - µ2Hn2 = 0
(Bt1/µ1) - (Bt2/µ2) = 0
Per studiare le due situazioni sopra schematizzate imponiamo, inoltre, la condizione di
regolarità all'infinito.
µ ->•
1
µ ->•
1
O
µ
1
O

0
2
µ0
1
2
µ0
2
b)
a)
fig. IV.3.3.1.2
Caso (a)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.21
Nell'aria il campo di induzione B sarà senz'altro limitato; ne consegue che la
componente normale di B, Bn2, risulta limitata (e quindi anche Hn2); per la (1), anche la
Bn1 risulterà limitata e, data la caratteristica B-H del ferro, ne consegue che Hn1=0. In
questa situazione osserviamo dunque che nel ferro il problema può essere studiato sulla
base del seguente modello:
rot H = 0 ; divH = 0
D'altra parte il ferro costituisce un dominio semplicemente connesso nel quale l'ipotesi di
irrotazionalità di H consente di introdurre un potenziale scalare, dal quale far discendere
tale campo. Avremo cioé H = grad e all'interno del ferro il problema risulta descritto da:

 = 0
Hn1= ∂/∂n=0
Si tratta dunque di risolvere un problema di Neumann la cui soluzione risulta peraltro
banale. Infatti, su  risulta  = cost che implica  = costante all'interno e, di conseguenza,
H= grad= 0 nel ferro. L'ipotesi µ -> ∞ dà, dunque, origine ad un problema che risulta
formalmente simile a quello relativo alla determinazione del campo elettrico E all'interno
di un conduttore perfetto ( ->∞).
La soluzione di questo problema consente inoltre di affrontare anche il problema esterno.
Infatti, per la (2), Ht1=Ht2=0 e poichè Bt2=µ0Ht2 anche la componente tangente di B
nell'aria risulterà nulla. Ciò implica che il campo B emerge perpendicolarmente da 
nell'aria, dove le equazioni risultano:
divB = 0 ;
rot B = µ0Jlib
con la condizione al contorno del tipo Bt2=0.
Resta a questo punto da determinare l'andamento di B all'interno del ferro. Tale ultimo
problema può essere affrontato sulla base della conoscenza di B ottenuto dalla soluzione
di del problema esterno:
divB = 0 ; rot B = 0
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.22
con la condizione al contorno del tipo Bn1=G(P), con G(P) funzione di punto, ricavabile
dalla soluzione del problema esterno. Bt1 risulterà indeterminata (in ogni caso limitata o
nulla) dovendo essere nulla la Ht1.
Una tabella riassuntiva servirà a chiarire gli andamenti delle componenti tangenti e
normali di H e B per la configurazione in esame (Tabella I).
Un disegno qualitativo delle linee di B all'interfaccia è quello rappresentato in fig.
IV.3.3.1.3.
Tabella I
Ferro (1)
Aria (2)
Ht
0
0
Hn
0
limitata
Bt
indeterminata
0
Bn
limitata
limitata
1 Ferro
B

2
Aria
B
fig. IV.3.3.1.3
Caso b)
Si osserva che in questa configurazione, essendo il dominio non semplicemente
connesso, non è possibile introdurre un potenziale scalare per il campo magnetico.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.23
Notiamo, peraltro, che in applicazioni di notevole rilievo, come ad esempio nel caso del
trasformatore, il dominio toroidale concatena una corrente quasi nulla. Ciò consente di
ritornare ad una situazione simile a quella descritta nel caso a). Una valutazione delle
componenti dei campi B ed H può peraltro essere ottenuta sulla base delle seguenti
considerazioni.
La componente tangente di H nell'aria, Ht2, si mantiene limitata su dovendo soddisfare
la legge di Ampère; si avrà, quindi che anche Ht1, per la (2), si manterrà limitata. Poichè
µ1 -> ∞, essendo Ht1 limitata, ne consegue che Bt1 risulterà illimitata. La componente
tangente di B nell'aria, Bt2, risulterà, invece, limitata (Bt2=µ0Ht2). Essendo B limitato
nell'aria si mantiene limitata la sua componente normale Bn2 che è continua all'interfaccia
(Bn2=Bn1): per la (3), risulta, dunque, nulla la componente normale Hn1 nel ferro. Da
queste posizioni discende, inoltre, che Hn2 deve risultare limitata (Hn2=Bn2/µ0). Le
singole componenti dei campi H e B possono pertanto essere valutate secondo lo schema
sintetico riportato nella Tabella II.
Tabella II
Ferro (1)
Aria (2)
Ht
limitata
limitata
Hn
0
limitata
Bt
illimitata
limitata
Bn
limitata
limitata
Un disegnoo qualitativo delle linee di H all'interfaccia è quello rappresentato in fig.
IV.3.3.1.4.
1
Ferro

H
H
2
Aria
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.24
fig. IV.3.3.1.4
La configurazione di fig. 2a) è tipica delle applicazioni nelle quali è necessario poter
disporre di un assegnato valore di campo di induzione magnetica nella regione del
traferro (ad esempio negli elettromagneti).
La configurazione in cui il ferro ha struttura toroidale (del tipo di fig. 2b) risulta, come già
accennato, di notevole interesse nei casi in cui esso è concatenato con correnti uguali e
opposte. In tali casi (si pensi ad esempio al caso del trasformatore in cortocircuito), pur
essendo il ferro completamente chiuso, in esso, il campo magnetico si mantiene nullo,
dovendo rispettare la legge di Ampère.
§IV.3.4 Le correnti parassite nel ferro
Si consideri un cilindro di materiale conduttore di lunghezza Δz, di raggio r* e di
resistività η, immerso in un campo uniforme
B(t)=B sen ωt diretto lungo l’asse del
conduttore (fig. IV.3.4.1). Considerata una generica circonferenza coassiale γ di raggio r, il
flusso concatenato con tale linea ed il valore efficace della relativa f.e.m. indotta valgono
r*
r
γ
dr
fig. IV.3.4.1 – Cilindro metallico (correnti indotte)
   r   B M r 2 sin t
et   
d
dt
 B M r 2 cos t  E 
EM
2

B M r 2
2
Ad ogni linea γ si può associare un conduttore elementare di spessore infinitesimo dr, la
cui conduttanza equivalente (per conduzione “azimutale”) vale
dr  
1 z  dr
 2r
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.25
cui si può associare una dissipazione elementare
2
1  B M r 2  z  dr  2BM2 z 3

dP  E  dr   

r dr

4
2  2r
2
La potenza dissipata totale vale
2
1  B M r 2  z  dr  2BM2 z r * 4

P   dP   


2

r
16
2


0
0
r*
r*
quella per unità di volume
 2 BM2 r * 2
P
p 2 
R z
16
Le correnti indotte vengono dette correnti di Foucault (se non volute, come nel ferro dei
trasformatori, vengono dette parassite) producono quindi delle perdite proporzionali al
quadrato della frequenza, al quadrato dell’induzione massima, al quadrato del raggio (o,
in generale, di una larghezza equivalente) ed inversamente proporzionale alla resistività
del materiale.
Per ridurre quindi tali perdite si procede quindi a costruire il nucleo di ferro attraverso
lamierini isolati tra di loro, in modo da presentare una larghezza d (collegabile ad r*)
molto limitata. Per l’impiego ad alta frequenza (es antenne) si preferisce usare ferro ad
elevata resistività quali ossidi di ferro sinterizzati (ferriti) che presentano tuttavia bassa
induzione limite e elevata perdita per isteresi.
Si è visto quindi che le perdite nel ferro per isteresi (formula di Steinmetz) sono
proporzionali ad una potenza dell’induzione massima nel ferro pari a 1.6, mentre le
perdite per correnti parassite sono proporzionali al quadrato dell’induzione massima nel
ferro. In una struttura ferromagnetica semplice possiamo far riferimento al flusso di
induzione principale e quindi possiamo schematizzare con accettabile approssimazione le
perdite nel ferro con un resistore RFe sottoposto alla tensione V*1, dando luogo allo schema
di fig. IV.3.4.2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.26
1
L1d
I1
I
V1 L1 1  1d
I 1'
I Fe
*
 V1
L2 d
a
I2
V2*
RFe
2
V2
Z u
I0
1’
2’
Fig. IV.3.4.2 – Schematizzazione delle perdite nel ferro
In tale schema individuiamo la “corrente di magnetizzazione” Iμ (collegata al flusso
principale) e la corrente IFe (collegata alle perdite nel ferro).
E’ chiaramente da sottolineare che, oltre all’approssimazione introdotta, vi sarebbe anche
da tener conto della consistente non-linearità della caratteristica magnetica, che porta a
tensioni e correnti distorte, di cui gli schemi “lineari” proposti non possono tener conto; si
dovrà quindi procedere ad una opportuna analisi armonica nel dominio del tempo
(scomposizione in serie di Fourier) delle grandezze in esame, che esula dai limiti di questo
corso.
§IV.3.5 Le perdite nel rame
Nel trasformatore reale gli avvolgimenti in rame danno luogo a perdite, schematizzabili
come in fig. IV.3.5.1, PCu  R1 I 1  R2 I 2
2
V1
 R1 I 1
V1*
 jL1d I1  jL2d I 2
V2*
1
 I2
I2
L1d
I1
V1*
V1
I1
V2
 u I 1'
2
a
L1 1  1d 
L2 d
I2
V2*
2
V2
Z u
I0
1’
I0
I 1'
R1
R2

2’
Fig. IV.3.5.1 Schematizzazione perdite nel rame
A vuoto le perdite nel rame valgono
2
PCu0  R1 I 10
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.27
L’intensità di corrente a vuoto è molto minore di quella nominale o di funzionamento
ordinario del trasformatore (eccetto i TV o trasformatori voltmetrici, che funzionano
praticamente a vuoto) per cui si può parlare di una resistenza equivalente
PCu  R1e I 12  R2 e I 22
R1e  R1  a 2 R2
R2 e  R2 
R1
a2
La resistività dei materiali impiegati negli avvolgimenti (in genere, rame) dipende dalla
temperatura di lavoro. Questa dipende sia dalle condizioni ambientali che dalle condizioni
di funzionamento; inoltre non è uniforme. Può essere assunta una temperatura di
riferimento o fattori correttivi (vedi Norme CEI-CENELEC) per la valutazione dei
parametri equivalenti in prove mirate (vedi prova di corto circuito).
Considerando che i coefficienti di dispersione sono in genere molto inferiori all’unità, si
usano frequentemente gli schemi equivalente semplificati di fig. IV.3.5.2, in cui vengono
riportati anche i parametri corrispondenti alle perdite nel ferro.
1
I 1'
I1
L2 d 
a
L1d
a2
I2
"
V1
L1
V1
V2
Z u
L"2
R1
R2+R1/a
2
*
2
L1d
a2
2
I2
V2
V
I 02
I0
1’
L2 d 
1
2
1’
2’
a)
R2+R1/a2
b)
Fig. IV.3.5.2 – Schemi semplificati: a) parametri longitudinali da un lato, parametri trasversali
dall’altro; b) tutti i parametri da un lato
§ IV.3.6 Le perdite addizionali - L’effetto pelle
Oltre alle perdite nel ferro e nel rame, occorre spesso valutare che nel trasformatore
possono venire richieste oppure possono verificarsi ulteriori perdite che vengono appunto
chiamate genericamente addizionali. Ad esempio nei trasformatori di notevole potenza
può essere richiesto di mantenere le temperature massime al disotto di certi limiti (es. 6080 °C); potrebbe quindi occorrere l’impiego di ventilatori per i trasformatori a secco e/o di
pompe per trasformatori con isolamento in olio.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.28
2’
Un’altra perdita addizionale deriva da correnti indotte in cassoni od altri involucri
metallici.
Tra le perdite addizionali si suole riportare anche l’effetto pelle o skin effect, consistente
nell’aumento della resistenza dei conduttori per effetto della non uniformità del campo di
corrente sulla sezione dei conduttori degli avvolgimento; tale effetto viene marcatamente
sentito ad alta frequenza, ma anche nelle reti di potenza a 50 Hz in caso di conduttori di
sezione notevole.
Per una breve presentazione dell’effetto pelle, consideriamo la sezione (cilindrica) di un
conduttore interessato da una intensità di corrente I.
.
Il campo B è azimutale, a simmetria di rotazione; considerato il raggio esterno r del
conduttore ed un raggio generico z, si ottiene
Jr 2
J
I
Jz 2
J
  r ; Bz   z  
 z
2r
2r
2
2z
2z
2
Bz z
z

 Bz  Br
Br r
r
Br  
I

Il conduttore può essere suddiviso in conduttori elementari coassiali di spessore dx. Il
generico conduttore elementare può essere visto come anima di un cavo coassiale il cui
schermo è costituito dal conduttore elementare più esterno (x=r); a tale conduttore si può
associare il flusso concatenato
r
B
B  x2 
B
 cz   Bx  n dx   r x dx  r    r ( r 2  z 2 )
r
r  2  z 2r
z
z
r
r
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.29
Il flusso concatenato con ogni singolo conduttore elementare varia quindi con la distanza
dall'asse del conduttore stesso; esso è massimo per il conduttore centrale e minimo per i
conduttori più esterni. Dalla definizione di flusso
di autoinduzione (interno) si ha:
 cz Br ( r 2  z 2 )
Lz 

I z
2rI z
dove Iz è la corrente nel conduttore elementare di raggio z e sezione infinitesima: per z =r,
Lr = 0
e
per z = 0 si ha L0 = Lmax
L'induttanza diminuisce passando dai conduttori elementari situati vicino all'asse ai
conduttori elementari situati alla periferia del conduttore cilindrico; i conduttori
elementari sono tutti elettricamente in parallelo. Se l’alimentazione è sinusoidale,
la
densità di corrente J non può essere costante all’interno del conduttore, come accadeva in
condizioni stazionarie ma minima nella zona centrale. Per frequenze elevate il campo
densità di corrente è significativo solo in periferia (“pelle”).
Tutto ciò è equivalente ad un aumento della resistenza equivalente del conduttore rispetto
alle condizioni stazionarie.
L’effetto pelle dipende dai seguenti fattori:
 dalla frequenza f; infatti al crescere di f aumenta il peso della reattanza induttiva X
rispetto alla resistenza RDC e quindi cresce la disuniformità di J.
 dalla resistività ; Infatti con il crescere di  aumenta il peso di RDC rispetto ad X, e
quindi l'effetto pelle diminuisce.
 dalla permeabilità magnetica μ; al crescere di μ cresce il flusso concatenato, quindi
cresce l'induttanza L e pertanto aumenta l'effetto pelle, che sarà particolarmente
elevato nel caso di conduttori ferromagnetici o inseriti in materiali ferromagnetici.
A frequenza molto alta, per cui il campo di
corrente è significativo in uno strato
superficiale sottile, la resistenza di un conduttore è uguale a quella che si può calcolare
pensando che la corrente sia distribuita uniformemente (J=cost) in una corona circolare di
spessore δ che parte dalla superficie esterna del conduttore.

2 
μ
2
2fμ
Il coefficiente δ è detto di penetrazione .
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.30
Per il rame si ha μ = μo e quindi a 50 Hz δ = 9,33 mm; per frequenze diverse si hanno i
valori in tabella
f (Hz)
δ (mm)
R A C /R D C
50
9,33
1,0016
100
6,6
1,0045
250
4,17
1,028
500
2,95
1,032
1.000
2,08
1,045
2.500
1,32
3,81
5.000
0,93
12,4
10.000
0,66
46
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.31
§ IV.3.7 Prova a vuoto sui trasformatori
Nella prova a vuoto di un trasformatore T (in fig. IV.3.7.1 è riportata la rete equivalente [a] e
una rappresentazione semplificata con l’indicazione degli strumenti di misura [b]), una
delle due porte (es. ai morsetti 1-1’) viene alimentata con la tensione nominale (è il valore
cautelativo previsto di funzionamento a lungo termine di un trasformatore) controllata
attraverso un voltmetro a valore efficace (V1 =V1n); si misura la tensione sull’altra porta
V
(V2) e si valuta così se il rapporto a0  1 di trasformazione è pari (in valore assoluto) a
V2
quello nominale che in tale forma (rapporto di tensioni
V1n
) è riportato sulla targa del
V2 n
trasformatore.
1
V1
L1d
I1
R0
L1 1  1d 
L2 d
I1'  0
a
V1*
I2  0
V2*
*1
*W
A1
2
V2
V1
[a]
T
V2
f
I0
1’
R1
2
R2
2’
1’
2’
[b]
Fig. IV.3.7.1 – Prova a vuoto di un trasformatore
Nella prova a vuoto, oltre ai due voltmetri, si dispone, sulla porta alimentata, un
amperometro per misurare il valore efficace della corrente a vuoto (I1 =I0); sulla stessa
porta si inserisce un wattmetro elettrodinamico (10) per la misura della potenza a vuoto P0.
Per quanto si vedrà appresso, tale potenza corrisponde significativamente alle perdite nel
ferro (11). Conoscendo il valore efficace della tensione di alimentazione (nominale) ed il
valore efficace della corrente a vuoto, si valuta quindi il fattore di potenza a vuoto, la
potenza reattiva a vuoto ed il valore ben approssimato della induttanza primaria L1. Se si
dispone di un generatore a frequenza variabile (es. 50-150 Hz) e di un frequenzimetro di
controllo, si può ripetere la prova a frequenza diversa e separare le perdite per isteresi
10
Un wattmetro elettrodinamico è uno strumento analogico a due coppie ordinate di morsetti, due per la misura della
tensione (morsetti voltmetrici) e due per la misura dell’intensità di corrente (morsetti amperometrici); l’indicazione
dello strumento è proporzionale al valore medio del prodotto tensione-corrente e quindi, nel caso di figura, alla potenza
media assorbita dalla porta 1-1’ del trasformatore. Vedi §V.
11
Occorre considerare infatti che le perdite nel rame dell’avvolgimento alimentato sono legate alla corrente a vuoto nel
primo avvolgimento, di intensità molto piccola rispetto a quella nominale.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.32
(proporzionali alla frequenza) dalle perdite per correnti parassite (proporzionali al
quadrato della frequenza).
§ IV.3.8 Prova in cortocircuito sui trasformatori
Nella prova in cortocircuito di un trasformatore T (in fig. IV.3.7.2 è riportata la rete
equivalente [a] e una rappresentazione semplificata con l’indicazione degli strumenti di
misura [b]), una delle due porte (es. la porta 2-2’) viene connessa ad un bipolo
cortocircuito (12), mentre l’altra porta (1-1’) viene alimentata con tensione ridotta via via
crescente fino a quando una delle due correnti non raggiunge il valore nominale (13) controllata
attraverso gli amperometri a valore efficace; si misura il rapporto tra le correnti e si
I
valuta così se il rapporto acc  2 di trasformazione è pari (in valore assoluto) a quello
I1
(a 
nominale
V1n
)
V2 n
riportato sulla targa del trasformatore. La tensione applicata
corrispondente viene denominata tensione di cortocircuito e riportata sulla targa del
trasformatore in genere come percentuale della tensione nominale.
1
V1cc
L1d
I1
R0
L1 1  1d 
L2 d
I1'
a
V1*
A1
2
I2
V2*
*1
*W
[a]
T
A2
V1
I0
1’
R1
2
R2
2’
1’
2’
[b]
Fig. IV.3.7.2 – Prova in cortocircuito di un trasformatore
Nella prova a vuoto, oltre ai due voltmetri, si dispone, sulla porta alimentata,
un
wattmetro elettrodinamico per la misura della potenza di cortocircuito Pcc. Per quanto si
vedrà appresso, tale potenza corrisponde significativamente alle perdite nel rame (14), ossia
12
Tale bipolo viene realizzato in pratica con un cavo di rame di notevole sezione.
Il valore nominale delle correnti si ottiene dividendo la potenza nominale del trasformatore (indicata sulla targa) per il
valore delle tensioni nominali (che, come si è detto, compaiono sulla targa).
14
Occorre considerare infatti che la tensione è ridotta e quindi le perdite nel ferro sono ridotte rispetto alla prova a
vuoto.
13
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.33
il valore della resistenza equivalente riportata al primario. Conoscendo il valore efficace
della tensione di cortocircuito ed il valore efficace della corrente nominale, si valuta quindi
il fattore di potenza di cortocircuito (15), la potenza reattiva in cortocircuito ed il valore ben
approssimato della reattanza di dispersione equivalente al primario.
Si rimarca specificamente l’importanza della tensione di cortocircuito: se accidentalmente
o per avaria i morsetti del secondario si trovano in contatto, le correnti tendono a
raggiungere intensità di valore notevole, pari al valore nominale per il rapporto tra la
tensione nominale e la tensione di cortocircuito. Se per esempio la tensione di cortocircuito
è il 5%, le correnti di guasto potrebbero raggiungere una intensità pari a venti volte il
valore nominale. Tale situazione è di grave pericolo, perché le sollecitazioni meccaniche
sulla macchina (e subito dopo l’eccessivo riscaldamento) potrebbero avere conseguenze
disastrose; occorre disporre di un interruttore automatico validamente proporzionato (di
opportuno potere di interruzione), ma anche con questo dispositivo si possono avere danni
irreparabili.
Per tali ragioni le tensioni di cortocircuito dei trasformatori di distribuzione dell’energia
elettrica ricadono nell’intervallo 4-12 %.
§ IV.3.9 Rendimento dei trasformatori
Il rendimento di un trasformatore si potrebbe definire, come per una qualsiasi macchina,
pari al rapporto tra la potenza in uscita (es. valutata alla porta 2-2’) rispetto alla potenza in
entrata (alla porta 1-1’). Poiché il trasformatore ha un rendimento elevatissimo (superiore a
0,95) tale definizione è inapplicabile per i possibili errori di misura.
Conviene quindi considerare a parte le perdite PJ per effetto Joule nel rame e PFe nel ferro);
si avrà quindi

Pout
Pout
V2 I 2u cos u


Pin Pout  PFe  PJ V2 I 2u cos  u  PFe  R2 e I 22u
dove si è fatto riferimento ad un carico secondario con fattore di potenza ϕu.
Tale rendimento è nullo se il trasformatore funziona a vuoto o in cortocircuito; presenta un
massimo al variare del carico
15
Anche il fattore di potenza di cortocircuito viene riportato sulla targa del trasformatore.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.34

V cos  u V2 I 2 u cos  u  PFe  R2 e I 22u   V2 I 2 u cos  u V2 cos  u  2 R2 e I 2 u 
0 2
0
I 2 u
V2 I 2u cos u  PFe  R2e I 22u 2
V I
2 2u
cos  u  PFe  R2 e I 22u   I 2 u V2 cos  u  2 R2 e I 2 u   0
PFe  R2 e I 22u  0  max 
I 2u 

max
V2 cos  u
V2 cos  u  2 PFe
PFe
R2 e
Si ha quindi che in un trasformatore (fissata per semplicità la tensione al valore nominale)
il rendimento è massimo quando l’intensità di corrente è tale che le perdite nel rame
uguagliano le perdite nel ferro. Quindi un trasformatore per servizio continuativo viene
progettato in modo che tale condizione sia significativamente soddisfatta. Un tale
trasformatore presenterà quindi nella prova a vuoto perdite nel rame trascurabili rispetto
alle perdite nel ferro; il contrario nella prova di cortocircuito.
Tuttavia un trasformatore può funzionare per destinazione a vuoto in permanenza, ad
esempio i trasformatori per la misura di elevate tensioni (trasformatori voltmetrici TV)
oppure per intervalli di tempo considerevoli (es. trasformatori per carico di punta, di
emergenza o a carico intermittente). In tal caso andranno limitate le perdite nel ferro con
opportuna scelta dei materiali e disegno dei magneti.
Analogamente un trasformatore può funzionare per destinazione in cortocircuito
in
permanenza, ad esempio i trasformatori per la misura di correnti di elevate intensità
(trasformatori amperometrici o TA) oppure per applicazioni specifiche quali saldature. In
tal caso andranno limitate le perdite nel rame con spire di notevole sezione.
§ IV.3.10 Caduta di tensione nei trasformatori
Nella fornitura di energia elettrica viene indicata una tensione nominale di fornitura, con
un possibile limitato scostamento (es. nelle abitazioni civili la tensione nominale è di 230V,
con una tolleranza del 5%).
Nel caso di stabilimento industriale, la fornitura è tipicamente in media tensione (MT,
20kV) e lo stabilimento è proprietario di cabina con trasformatore. Possono esserci carichi
fortemente variabili e quindi il soggetto proprietario dello stabilimento, prima di
acquistare il trasformatore, deve anche tener conto delle diverse condizioni di lavoro.
Si definisce caduta (relativa o percentuale ) di tensione in un trasformatore la variazione del
valore efficace della tensione disponibile al secondario da vuoto a carico
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.35
V % 
V20  V2u
%
V20
Per una valutazione approssimata della caduta di tensione si può far riferimento allo
schema semplificato di fig. IV.3.10.1, da cui si ricava
L2 de
1
V1
2
L"2
*
2
I2
V2 u
V
I 02
1’
R2e
V2*
2’
ϕu
I2
ϕu
B  jL2de I 2
ϕu C
 R2 e I 2
A
V2 u
u
u
u
Fig. IV. 3.10.1
V 
V20  V2u V2*  V2u AB  BC I 2 R2 e cos  u  L2 desen u 



V20
V2*
V2*
V2*
La caduta di tensione quindi dipende sia dalle caratteristiche del carico che dai parametri
equivalenti del trasformatore. In particolare, la caduta di tensione risulta nulla per un
angolo di potenza del carico (ohmico-capacitivo) pari a
u  
R2 e
L2 ed
negativo per  u  
R2 e
L2 ed
ossia inserendo carichi capacitivi la tensione può aumentare (questa non è una novità,
basta considerare i casi di risonanza). Attenzione quindi all’inserimento di carichi
capacitivi.
§ IV.3.11 Autotrasformatori (cenni-bozza)
Gli autotrasformatori sono trasformatori con un solo avvolgimento (morsetti 1-1’); un
morsetto (2’) del secondario è collegato con il corrispondente del primario (1’), mentre il
morsetto 2 è quello di un contatto strisciante sull’avvolgimento; in tal modo si ottiene un
rapporto di trasformazione variabile (l’autotrasformatore viene spesso usato come
regolatore o compensatore sulla tensione, con rapporto molto prossimo all’unità).
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.36
E’ evidente il risparmio sul rame ed anche sulle perdite in rame nell’unico avvolgimento.
Tuttavia il morsetto comune può comportare gravi problemi di sicurezza per gli operatori.
(per ulteriori dettagli vedasi §2.12 della dispensa “il trasformatore” disponibile tra il
materiale didattico degli anni scorsi)
§ IV.3.12 Trasformatori trifase (facoltativo)
………………………
§ IV.3.13 Parallelo trasformatori
……………………….
§ IV.3.14 Impiego dei trasformatori
(§2.14 della dispensa “il trasformatore” disponibile tra il materiale didattico degli anni
scorsi)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.37