Principali tecniche e metodologie utilizzate in chimica clinica
Diagnostica biochimico-clinica
Lezione 3
Tecniche spettroscopiche
Una parte molto importante della Chimica clinica è basata sullo studio dello scambio di
energia (interazioni) tra la radiazione elettromagnetica e la materia.
Le radiazioni elettromagnetiche vengono rappresentate sia come un'onda elettromagnetica
(natura ondulatoria) che come una serie di pacchetti discreti di energia, i fotoni (natura
corpuscolare).
La radiazione elettromagnetica è, dal punto di vista dell'elettromagnetismo classico, un
fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di perturbazioni
periodiche di un campo elettrico e di un campo magnetico, oscillanti in piani tra di loro
ortogonali.
Ogni radiazione, o onda elettromagnetica, è caratterizzata dai parametri:
(ni)
(lambda)
La frequenza è una grandezza costante per
ogni radiazione
Frequenza e lunghezza d'onda sono
INVERSAMENTE PROPORZIONALI
Tecniche spettroscopiche
Energia di una radiazione elettromagnetica
Secondo la teoria corpuscolare, una radiazione elettromagnetica consiste in 'pacchetti discreti'
di energia, chiamati FOTONI, la cui energia dipende dalla frequenza, secondo l'equazione:
E = hν
dove h indica la costante di Planck: h = 6,63 x 10-34 J. s
Quindi: ENERGIA E FREQUENZA SONO
DIRETTAMENTE PROPORZIONALI
Tale relazione indica l'energia associata a ciascun
fotone per ogni fascio di frequenza ν; per cui un
fascio di luce è più o meno intenso a seconda che
porti più o meno fotoni nell'unità di tempo, ma
l'energia di ciascun fotone (il quanto di energia), è
sempre la stessa per una determinata frequenza
della radiazione.
Tecniche spettroscopiche
I diversi tipi di radiazione elettromagnetica
Esistono quindi vari tipi di radiazione elettromagnetica, che differiscono per la loro lunghezza
d'onda (e di conseguenza per la loro frequenza ed energia).
Spettro delle radiazioni elettromagnetiche:
Tecniche spettroscopiche
La radiazione visibile rappresenta solo una piccola parte dello spettro
elettromagnetico:
Alle diverse radiazioni visibili, che differiscono per la loro lunghezza d'onda
(e di conseguenza per la loro frequenza ed energia) corrispondono i diversi
colori.
Tecniche spettroscopiche
L'analisi spettrofotometrica consiste nella misurazione di radiazioni elettromagnetiche
emesse o assorbite delle sostanze in esame.
Poiché ogni sostanza assorbe o emette radiazioni di lunghezza d'onda caratteristica, l’analisi
spettrofotometrica è in grado di fornire informazioni sia qualitative che quantitative:
L'analisi dello spettro permette di
individuare la natura della sostanza in
esame
La misura dell'intensità delle radiazioni
emesse o assorbite permette di risalire
alla quantità di sostanza analizzata.
Principio teorico
Energia
→
S*
stato eccitato
emissione
S
+
stato fondamentale
assorbimento
Atomi o molecole, trovandosi in campi energetici (calorifici, elettrici, elettro-magnetici,...) possono
assorbire quantità definite e caratteristiche di energia e passare a stati energetici più alti.
Su questo principio si basano sia la spettroscopia di assorbimento sia quella di emissione.
Spettroscopia di ASSORBIMENTO (spettrofotometria e colorimetria)
Quando atomi o molecole vengono eccitati da opportune radiazioni elettromagnetiche (“hν”),
passando a stati energetici maggiori, si ha il fenomeno di ASSORBIMENTO
S + hν → S*
Spettroscopia di EMISSIONE (fluorimetria e fosforimetria)
Dagli stati eccitati, ritornando allo stato fondamentale, gli atomi e le molecole emettono energia sotto
forma di radiazioni elettromagnetiche (“ hν ”) : fenomeno di EMISSIONE
S* → S + hν
Le applicazioni analitiche
La lunghezza d'onda delle radiazioni emesse o assorbite sono caratteristiche delle varie sostanze:
ciò consente di effettuare analisi QUALITATIVE
L'intensità delle radiazioni emesse o assorbite dipendono dalla quantità di sostanza:
ciò consente di effettuare analisi QUANTITATIVE
Esempio: proprietà di assorbimento degli α-amminoacidi
• Gli amminoacidi proteici non sono colorati, cioè non assorbono la luce nello
spettro del visibile (380-780 nm), ma assorbono tutti la luce violetta (UV) a
lunghezza d’onda sotto i 220 nm.
• La capacità di assorbire luce UV in un campo spettrale compreso tra i 320 e i 240
nm è è una caratteristica degli amminoacidi aromatici:
FENILALANINA
TIROSINA
TRIPTOFANO
Proprietà degli α-amminoacidi: Assorbimento della luce
Analisi qualitativa
Tecniche spettroscopiche: analisi qualitative
Per effettuare analisi qualitative si fa uso di raggi policromatici a spettro continuo. Le singole radiazioni
monocromatiche di tale raggio si fanno passare, una alla volta, attraverso la sostanza in esame, la quale
assorbirà in modo diverso, cioè con diversa intensità, le diverse radiazioni.
Riportando perciò in un grafico i valori registrati di assorbimento in funzione della lunghezza d'onda, si
ottiene lo spettro di assorbimento della sostanza esaminata.
Per il fatto che ogni sostanza ha il suo spettro di assorbimento, l'esame di tali spettri permette di
identificare una sostanza (per confronto diretto con campioni noti o tramite banche dati di spettri) o di
controllarne il grado di purezza.
Analisi quantitativa
Tecniche spettroscopiche: analisi quantitative
Per eseguire analisi quantitative si fa uso di raggi monocromatici.
Le determinazioni quantitative sono basate sul fatto che, quando una radiazione attraversa
una soluzione, viene assorbita più o meno intensamente in funzione della concentrazione.
Appositi dispositivi sono in grado di misurare l'intensità del flusso luminoso ed in particolare:
• I0 : intensità del flusso luminoso all'ingresso della cella con il campione;
• I : intensità del flusso luminoso all'uscita della cella con il campione.
Tecniche spettroscopiche: legge di Lambert-Beer
Dalla misura di IO e I gli strumenti forniscono direttamente i valori di TRASMITTANZA e
ASSORBANZA, che rappresentano le grandezze caratteristiche della spettroscopia di assorbimento.
Il rapporto tra l'intensità del raggio uscente e quella del raggio entrante si chiama TRASMITTANZA:
T = I/I0
Questa grandezza esprime quale frazione della luce incidente ha attraversato il campione senza
essere assorbita. T può assumere valori compresi tra 0 e 1.
L' ASSORBANZA, detta anche 'densità ottica' o 'estinzione‘, è:
A = - log T
L'assorbanza viene utilizzata nelle analisi quantitative poiché risulta direttamente proporzionale
alla concentrazione.
Trasmittanza e assorbanza sono adimensionali (numeri, senza unità di misura).
Legge dell'assorbimento (legge di Lambert-Beer)
Tecniche spettroscopiche: legge di Lambert-Beer
Prendendo in considerazione una cella, contenente una sostanza in soluzione, attraversata da un raggio di
luce monocromatica, si dimostra che
A=exlxc
dove:
A = assorbanza (adimensionale)
e = coefficiente di assorbimento molare, caratteristico della sostanza (mol-1 L cm-1)
l = cammino ottico (cm), cioè lo “spessore” della soluzione
c= concentrazione molare della sostanza (mol/L)
L'equazione A = e x l x c rappresenta una retta passante per l'origine degli assi
in cui e x l è il coefficiente angolare.
Tecniche
spettroscopiche:
lo spettrofotometro
Struttura
generale
di uno spettrofotometro
(UV-visibile o IR)
Dal punto di vista concettuale uno spettrofotometro segue il seguente schema:
La luce della lampada passa attraverso un monocromatore per la selezione della
lunghezza d’onda. Il raggio attraversa la cella in cui è contenuto il campione e
viene registrato da un detector collegato con un registratore.
Tecniche
spettroscopiche:
lo spettrofotometro
Struttura
generale
di uno spettrofotometro
(UV-visibile o IR)
SORGENTE:
lampada di tungsteno (visibile)
o lampada a scarica di deuterio
(UV)
CAMPIONE:
si alloggia in celle al quarzo
(UV) o in vetro o policarbonato
(visibile)
CONCENTRAZIONE:
bisogna sceglierla in modo tale
che l’assorbanza non superi il
valore di 2-3
Tecniche spettroscopiche: lo spettrofotometro
Esistono diversi tipi di spettrofotometro, a seconda di come sono organizzate le varie componenti, tra cui:
• spettrofotometri monoraggio
• spettrofotometri a doppio raggio
Gli spettrofotometri monoraggio
Gli spettrofotometri a doppio raggio
Tecniche spettroscopiche: curve di calibrazione
C : CST = A : AST
C = (A /AST) CST
Tecniche spettroscopiche: curve di calibrazione
Tecniche spettroscopiche: curve di calibrazione
Tecniche spettroscopiche: esempio di reazione end-point
Metodiche end-point enzimatiche
Utilizzano come reattivo un enzima che ha come substrato proprio l’analita da dosare; a partire
da questa reazione si sviluppa, al termine del dosaggio, un prodotto colorato, direttamente o in
seguito a reazioni successive.
Tra i più comuni analiti dosati con queste metodiche vi sono:
- glucosio (glucosio ossidasi)
- colesterolo (colesterolo esterasi)
- trigliceridi (lipoproteinlipasi-GPO)
ESEMPIO: glucosio: reazione enzimatica end-point; lettura finale a 510 nm
glucosio + O2
GOD
2 H2O2 + 4-aminoantipirina + fenolo
ac. gluconico + H2O2
POD
chinonimina (rosso) + 4 H2O
Il colore sviluppato è proporzionale al contenuto di glucosio nel campione.
Tecniche spettroscopiche: esempio di reazione end-point
Metodiche end-point non enzimatiche
Lo sviluppo di un prodotto colorato, da leggere al termine del dosaggio, si ha a partire da una
reazione chimica con l’analita da dosare; tra questi vi sono:
Tra i più comuni analiti dosati con queste metodiche vi sono:
- bilirubina
- Fe
- Ca
-P
ESEMPIO: fosforo: reazione non enzimatica end-point; lettura finale a 650 nm
fosforo + molibdato di ammonio
acido fosfomolibdico
acido fosfomolibdico + solfato ferroso
blu di molibdato
Il colore sviluppato è proporzionale al contenuto di fosforo nel campione.
Turbidimetria e nefelometria
Uso di una radiazione monocromatica che irradia un sistema disperso,
formato cioè da particelle solide disperse in un mezzo disperdente
liquido (sospensioni semplici, soluzioni colloidali)
Si osservano fenomeni di diffusione della luce che possono essere
sfruttati a fini analitici, per la determinazione quantitativa del materiale
in sospensione.
Turbidimetria e nefelometria
Affinché questi fenomeni di diffusione della luce possano
essere utilizzati a fini analitici, occorre che si verifichino
alcune condizioni necessarie:
radiazione monocromatica o anche policromatica
(intervallo ristretto di 40-50 nm);
sospensioni stabili, senza fenomeni di sedimentazione
durante le letture (eventualmente aggiungere dei colloidoprotettori alle sospensioni);
dimensioni medie delle particelle sospese controllate e,
comunque, dello stesso ordine di grandezza delle lunghezze
d’onda delle radiazioni incidenti
mezzo disperdente e particelle sospese devono avere indici
di rifrazione abbastanza diversi
Turbidimetria e nefelometria
Quando una radiazione luminosa attraversa una sospensione di
particelle finemente disperse, si potranno avere o fenomeni di
ASSORBIMENTO di una parte della radiazione, o di DIFFUSIONE
(riflessione, rifrazione, diffrazione);
se prevale il fenomeno di assorbimento (quando la dimensione
delle particelle che provocano torbidità è dell'ordine o superiore
al micrometro), si ricorre alla misura turbidimetrica;
se, invece, si è in presenza di particelle di più piccole
dimensioni (dell'ordine di decine o centinaia di nanometri), si
utilizza la nefelometria.
Turbidimetria
Misura di assorbimento della luce;
Rapporto tra assorbimento e concentrazione della sostanza in
sospensione che segue abbastanza bene la legge di Lambert-Beer;
Uso di un fotometro o spettrofotometro
Metodo non particolarmente preciso ed accurato; applicato quando si
preferisce avere una misura rapida piuttosto che una più lenta anche
se più precisa.
Turbidimetria
Nefelometria
Misura della diffusione della luce dalla sospensione in una direzione a 90°
rispetto a quella della radiazione incidente (fotometri o spettrofotometri):
Presenta elevati livelli di sensibilità e, opportunamente standardizzata, può
essere anche molto precisa.
Nefelometria
Si applica la Legge di Rayleigh:
Operando ad una lunghezza d’onda fissa e con dimensioni delle particelle e
luce incidente costanti, l’equazione precedente diventa:
quindi l’intensità della luce dispersa diventa funzione lineare della quantità
di particelle in sospensione
Nefelometria
Fluorimetria
Sono fluorescenti le sostanze che assorbono radiazioni elettromagnetiche ad
una data λ (luce eccitante) e riemettono in tempi brevi (10-8 s) radiazioni a λ
superiore (luce fluorescente)
Sensibilità→ 1000-10000 volte > metodi fotometrici
Fluorimetria
Misura della fluorescenza diretta:
la sostanza da determinare è autofluorescente in determinate
condizioni (es. barbiturici, porfirine)
Misura della fluorescenza indiretta:
la sostanza diventa fluorescente in seguito a reazioni con
determinati reagenti
Fluorimetria di inibizione
La sostanza da dosare riduce specificamente e
quantitativamente la fluorescenza di un determinato
fluoroforo (es. determinazione dei gruppi sulfidrilici)
Tecniche elettroforetiche
Elettroforesi
Un cenno storico: La prima metodica elettroforetica è stata messa a
punto, nel 1937, da Arne Tiselius, un pioniere in questo campo,
premio Nobel nel 1948, ed è stata definita elettroforesi in fase libera.
Principio
Migrazione, attraverso un mezzo liquido e/o solido, e sotto l’impulso di un
campo elettrico, di particelle dotate di cariche, ioni o polielettroliti.
Molte molecole biologiche (aa, peptidi, proteine, DNA,RNA) hanno gruppi
ionizzabili e pertanto ad un determinato pH esistono in soluzione come specie
cariche elettricamente, cationi (+) e anioni (-) che, sotto l’azione di un campo
elettrico migrano al catodo o all’anodo.
L'alimentatore fornisce un flusso di corrente continua agli elettrodi applicati
alla cella elettroforetica. I cationi migrano verso il catodo (-) e gli anioni verso
l'anodo (+) a una velocità che dipende dall'equilibrio tra la forza di spinta del
campo elettrico e le forze frenanti (frizionali ed elettrostatiche) esistenti tra ioni
e mezzo circostante.
Elettroforesi
Il supporto deve essere sempre in contatto col tampone di corsa
Questo nell'elettroforesi orizzontale può essere fatto In alternativa, in un sistema verticale, si immerge
con ponti costituiti da carta da filtro o garza (a meno direttamente il gel nel tampone in modo da permettere
che il supporto del campione non sia già la carta).
direttamente il passaggio di corrente attraverso il gel.
Elettroforesi
Quindi, la migrazione è DIRETTAMENTE proporzionale alla carica netta di una
molecola, (che dipende dal proprio punto isoelettrico e dal pH del mezzo), ed
INVERSAMENTE proporzionale alle dimensioni.
Elettroforesi
Quando l'elettroforesi è condotta su un supporto, i componenti del campione
migrano come bande o "zone" distinte che, al termine della corsa, possono
essere rivelate mediante opportune tecniche analitiche. Questo metodo che
prende, quindi, anche il nome di elettroforesi zonale.
zonale
I supporti comunemente usati
per l'elettroforesi sono:
• Cellulosa
• Acetato di cellulosa
• Silice (gel)
• Amido (gel)
• Agarosio (gel)
• Poliacrilamide (gel)
• Sephadex (gel)
Elettroforesi
L’elettroforesi di proteine utilizza di norma supporti costituiti da gel di poliacrilammide
(PAGE) che separano le proteine in base alle dimensioni ed alla carica delle molecole. È un
supporto molto usato perché ha una porosità omogenea e riproducibile.
Elettroforesi
Il gel di poliacrilammide è un copolimero cross-linked della acrilammide. Il gel si prepara per
polimerizzazione di una soluzione di un monomero monofunzionale, l'acrilammide (CH2=CH-CO-NH2),
e uno bifunzionale, la N,N'-metilen-bis-acrilammide (CH2=CH-CO-NH-CH2-NH-CO-CH=CH2).
La polimerizzazione avviene per mezzo di una reazione a catena dovuta all'aggiunta di ammonio
persolfato e della base N,N,N',N'-tetrametiletilendiammina (TEMED). Il TEMED catalizza la
decomposizione dello ione persolfato con la produzione del corrispondente radicale libero. In questo
modo si formano catene di acrilammide tenute insieme da legami crociati di bis-acrilammide.
SDS-PAGE
Nell’elettroforesi in presenza di SDS, le proteine sono denaturate mediante l’aggiunta del
detergente sodio dodecil solfato (SDS) che denatura le proteine conferendo a tutte una
carica netta negativa.
[CH3-(CH2)10-CH2-OSO3-]Na+
- - - - - - - - -- ---
Interagisce con le proteine in un rapporto costante di circa 1.4 g SDS ogni g di proteina. Le
cariche negative dell’SDS mascherano la carica intrinseca della proteina conferendo a tutte
un rapporto carica/massa simile. La separazione avviene quindi mediante filtrazione su gel
in base alla massa delle proteine.
Colorazione
Per visualizzare le proteine si ricorre a colorazioni specifiche
C2H 5
C2H5
CH2 N
C
O3S
N
CH3
CH2
SO3
N
H 5 C2
Nitrato d’argento (1-2 ng)
C2 H5
Ponceau S (100–1,000 ng)
Coomassie Blue (50-500 ng)
SDS-PAGE
Mediante SDS-PAGE è possibile determinare la massa molecolare delle proteine. La
mobilità relativa (migrazione) è in questo caso direttamente proporzionale al logaritmo
della sua massa molecolare. E’ possibile costruire rette di calibrazione utilizzando proteine
con peso molecolare noto.
Elettroforesi su acetato di cellulosa
L’elettroforesi su acetato di cellulosa, pur essendo una metodica meno risolutiva rispetto ai
gel di poliacrilamide ed agarosio, riveste un ruolo in ambito clinico per la valutazione delle
proteine del siero ed altre specifiche applicazioni.
Il campione viene deposto sulla
superficie del supporto di acetato di
cellulosa che è imbibito del tampone di
corsa a pH 8.6. Successivamente viene
applicata la differenza di potenziale.
Metodica relativamente veloce con
buona
applicabilità
in
campo
diagnostico/clinico (test rapidi)
Elettroforesi su acetato di cellulosa
Con l’elettroforesi su acetato di cellulosa in
tampone basico le sieroproteine possono essere
separate in albumina e globuline.
Le varie frazioni sono espresse in percentuale
Le sieroproteine: elettroforesi
Tecniche cromatografiche e centrifugazione
Cromatografia
Il processo della cromatografia (dal greco chòma, colore e gràphein, scrivere) si basa su
interazioni tra una miscela di sostanze da frazionare sciolte in un liquido (fase mobile) ed
una matrice solida porosa (fase stazionaria).
K=
[Astaz]
[Amob]
Cromatogramma
Per registrare il cromatogramma all’uscita della colonna cromatografica si può misurare
l’Abs a 280 nm (aa aromatici) o a 214/220 nm (legami peptidici) in funzione del tempo o del
volume di eluizione.
Cromatografia
La cromatografia fu introdotta da Tswett nel 1903 che separò i pigmenti solubilizzati da
piante usando sostanze adsorbenti solide.
Carotenoidi
Xantofille
Clorofilla a
Clorofilla b
Si può usare una colonna di vetro riempita con particelle di argilla o una fase stazionaria
costituita da materiale granulare (gel di silice, allumina attiva, etc.) adeso su una lastrina di
vetro (cromatografia su strato sottile). L’eluente utilizzato era etere di petrolio.
Cromatografia a scambio ionico
Nella cromatografia a scambio ionico le molecole cariche si legano a gruppi immobilizzate
sulla matrice (cellulosa o agarosio).
Analita carico
Analita carico
Resine a scambio cationico
negativamente (anione)
positivamente (catione)
Resina a scambio anionico
Resina a scambio cationico
Struttura
Resine a scambio anionico
Struttura
Cromatografia a scambio ionico
Le proteine ed altri polielettroliti che hanno gruppi carichi possono legarsi a scambiatori di
cationi o di anioni.
L’affinità per una proteina per lo scambiatore dipende dalla presenza di altri ioni che
competono con la proteina per il legame allo scambiatore e dal pH della soluzione che
influenza la carica netta della proteina.
Cromatografia a scambio ionico
Per l’eluizione si può sfruttare la competizione per i siti di legame con altri gruppi ionici
aumentando la concentrazione di sale dell’eluente. In alternativa è possibile variare il pH
per modificare lo stato ionico delle molecole legate.
Cromatografia a scambio ionico
Cromatografia per gel filtrazione
La cromatografia per gel filtrazione (esclusione molecolare o setaccio molecolare) le
molecole sono separate in base alle loro dimensioni e alla loro forma. La fase stazionaria è
formata da granuli di gel contenenti pori di dimensioni variabili.
Cromatografia per gel filtrazione
Le molecole grandi percorrono la colonna più rapidamente di quelle piccole che
attraversano i pori entrando nei granuli.
Cromatografia per gel filtrazione
Per molecole separate da in un ambito di dimensioni dei pori esiste una relazione lineare
tra il volume di eluizione di una sostanza e il logaritmo della sua massa molecolare
(assumendo che le molecole abbiano formule simili).
Assorbimento a 280 nm
Blu destrano
V0
Sali
Vi
Volume di eluizione
Volume della colonna
E’ dunque possibile utilizzando proteine a peso molecolare noto, stimare la sua massa
molecolare conoscendo il suo volume di eluizione.
Cromatografia per affinità
• Nella cromatografia per affinità una molecola
(ligando) che si lega specificamente alla
proteina di interesse è legata covalentemente
alla matrice inerte della fase stazionaria.
Matrice
L
Proteina
• La proteina bersaglio viene recuperata
variando la forza ionica del tampone in modo
tale da eluire la proteina dalla matrice.
• A differenza degli altri tipi di cromatografia
non si basa sulle differenze nelle proprietà
fisiche delle molecole da separare, ma sfrutta le
interazioni altamente specifiche delle molecole
biologiche.
Cromatografia per affinità
Esempio di cromatografia per affinità di una proteina che lega il glucosio. L’eluizione può
essere effettuata mediante l’aggiunta di glucosio che compete con il ligando
immobilizzato sulla fase stazionaria per il legame alla proteina.
Cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC)
L’HPLC impiega sistemi automatizzati con campioni applicati in modo preciso, velocità di
flusso controllate, mantenute ad alte pressioni, una matrice di plastica del diametro
compreso tra 3 e 300 µm e rivestiti di uno strato uniforme di materiale cromatografico.
Ciò migliora enormemente la risoluzione e la riproducibilità della separazione diminuendo
il tempo di esecuzione.
Cromatografia HPLC a fase inversa (RP-HPLC)
L’RP-HPLC sfrutta le interazioni idrofobiche tra le molecole proteiche e la matrice
cromatografica contenente gruppi idrofobici (es. C4, C8, C18). I gruppi apolari delle
proteine interagiscono con la matrice idrofobica. L’eluizione viene effettuata aumentando
la percentuale del solvente apolare in maniera tale che le proteine più idrofiliche vengono
eluite prima.
Analita di interesse
Fase mobile polare
Polare
Apolare
Fase stazionaria apolare
Sistemi di solventi comunemente utilizzati:
Fase acquosa: Acqua + 0.1% TFA/acido formico
Fase organica: Acetonitrile
Centrifugazione
La centrifugazione è un metodo di separazione che consente di separare sostanze a diversa
densità per mezzo della forza centrifuga. In una centrifuga, le provette sono sottoposte a
centrifugazione cioè a una rotazione ad altissima velocità.
Rotore
Camera d’acciaio

Coperchio del
rotore
(a tenuta d’aria)
Coperchio del tubo
da centrifuga
Asse di rotazione
Centrifugazione
Refrigerazione
Motore
Pompa a
vuoto
Accelerazione
centrifuga
Porta-tubo
di metallo
Perno
A causa della rotazione, le particelle nella miscela sono sottoposte ad un intensa
accelerazione centrifuga, che può equivalere anche a molte migliaia di volte la
accelerazione di gravità (indicata con g)
Centrifugazione
L’equazione fondamentale che descrive la velocità di sedimentazione di una particella in
sospensione, sottoposta ad una accelerazione centrifuga è la seguente:
v=
2 rP2 (ρP − ρM ) ω2r
9 η ( f / f0 )
v = velocità terminale della particella
rP = raggio della particella
(ρ
ρP - ρM)=
differenza tra la densità della particella (ρ
ρP) e quella del mezzo in cui è sospesa
ρ
ω = velocità angolare della centrifuga (in radianti/secondo)
r = distanza tra la particella e l’asse di rotazione
η = coefficiente di viscosità del mezzo
(f / f0) = rapporto di attrito, cioè il rapporto tra il coefficiente di attrito f della particella
‘reale’ ed il coefficiente di attrito per una particella perfettamente sferica e non idratata,
f0. (In pratica, si tratta di un fattore di correzione che tiene conto della diversa forma e
delle diverse caratteristiche superficiali delle particelle).