Principali tecniche e metodologie utilizzate in chimica clinica Diagnostica biochimico-clinica Lezione 3 Tecniche spettroscopiche Una parte molto importante della Chimica clinica è basata sullo studio dello scambio di energia (interazioni) tra la radiazione elettromagnetica e la materia. Le radiazioni elettromagnetiche vengono rappresentate sia come un'onda elettromagnetica (natura ondulatoria) che come una serie di pacchetti discreti di energia, i fotoni (natura corpuscolare). La radiazione elettromagnetica è, dal punto di vista dell'elettromagnetismo classico, un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di perturbazioni periodiche di un campo elettrico e di un campo magnetico, oscillanti in piani tra di loro ortogonali. Ogni radiazione, o onda elettromagnetica, è caratterizzata dai parametri: (ni) (lambda) La frequenza è una grandezza costante per ogni radiazione Frequenza e lunghezza d'onda sono INVERSAMENTE PROPORZIONALI Tecniche spettroscopiche Energia di una radiazione elettromagnetica Secondo la teoria corpuscolare, una radiazione elettromagnetica consiste in 'pacchetti discreti' di energia, chiamati FOTONI, la cui energia dipende dalla frequenza, secondo l'equazione: E = hν dove h indica la costante di Planck: h = 6,63 x 10-34 J. s Quindi: ENERGIA E FREQUENZA SONO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI Tale relazione indica l'energia associata a ciascun fotone per ogni fascio di frequenza ν; per cui un fascio di luce è più o meno intenso a seconda che porti più o meno fotoni nell'unità di tempo, ma l'energia di ciascun fotone (il quanto di energia), è sempre la stessa per una determinata frequenza della radiazione. Tecniche spettroscopiche I diversi tipi di radiazione elettromagnetica Esistono quindi vari tipi di radiazione elettromagnetica, che differiscono per la loro lunghezza d'onda (e di conseguenza per la loro frequenza ed energia). Spettro delle radiazioni elettromagnetiche: Tecniche spettroscopiche La radiazione visibile rappresenta solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico: Alle diverse radiazioni visibili, che differiscono per la loro lunghezza d'onda (e di conseguenza per la loro frequenza ed energia) corrispondono i diversi colori. Tecniche spettroscopiche L'analisi spettrofotometrica consiste nella misurazione di radiazioni elettromagnetiche emesse o assorbite delle sostanze in esame. Poiché ogni sostanza assorbe o emette radiazioni di lunghezza d'onda caratteristica, l’analisi spettrofotometrica è in grado di fornire informazioni sia qualitative che quantitative: L'analisi dello spettro permette di individuare la natura della sostanza in esame La misura dell'intensità delle radiazioni emesse o assorbite permette di risalire alla quantità di sostanza analizzata. Principio teorico Energia → S* stato eccitato emissione S + stato fondamentale assorbimento Atomi o molecole, trovandosi in campi energetici (calorifici, elettrici, elettro-magnetici,...) possono assorbire quantità definite e caratteristiche di energia e passare a stati energetici più alti. Su questo principio si basano sia la spettroscopia di assorbimento sia quella di emissione. Spettroscopia di ASSORBIMENTO (spettrofotometria e colorimetria) Quando atomi o molecole vengono eccitati da opportune radiazioni elettromagnetiche (“hν”), passando a stati energetici maggiori, si ha il fenomeno di ASSORBIMENTO S + hν → S* Spettroscopia di EMISSIONE (fluorimetria e fosforimetria) Dagli stati eccitati, ritornando allo stato fondamentale, gli atomi e le molecole emettono energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche (“ hν ”) : fenomeno di EMISSIONE S* → S + hν Le applicazioni analitiche La lunghezza d'onda delle radiazioni emesse o assorbite sono caratteristiche delle varie sostanze: ciò consente di effettuare analisi QUALITATIVE L'intensità delle radiazioni emesse o assorbite dipendono dalla quantità di sostanza: ciò consente di effettuare analisi QUANTITATIVE Esempio: proprietà di assorbimento degli α-amminoacidi • Gli amminoacidi proteici non sono colorati, cioè non assorbono la luce nello spettro del visibile (380-780 nm), ma assorbono tutti la luce violetta (UV) a lunghezza d’onda sotto i 220 nm. • La capacità di assorbire luce UV in un campo spettrale compreso tra i 320 e i 240 nm è è una caratteristica degli amminoacidi aromatici: FENILALANINA TIROSINA TRIPTOFANO Proprietà degli α-amminoacidi: Assorbimento della luce Analisi qualitativa Tecniche spettroscopiche: analisi qualitative Per effettuare analisi qualitative si fa uso di raggi policromatici a spettro continuo. Le singole radiazioni monocromatiche di tale raggio si fanno passare, una alla volta, attraverso la sostanza in esame, la quale assorbirà in modo diverso, cioè con diversa intensità, le diverse radiazioni. Riportando perciò in un grafico i valori registrati di assorbimento in funzione della lunghezza d'onda, si ottiene lo spettro di assorbimento della sostanza esaminata. Per il fatto che ogni sostanza ha il suo spettro di assorbimento, l'esame di tali spettri permette di identificare una sostanza (per confronto diretto con campioni noti o tramite banche dati di spettri) o di controllarne il grado di purezza. Analisi quantitativa Tecniche spettroscopiche: analisi quantitative Per eseguire analisi quantitative si fa uso di raggi monocromatici. Le determinazioni quantitative sono basate sul fatto che, quando una radiazione attraversa una soluzione, viene assorbita più o meno intensamente in funzione della concentrazione. Appositi dispositivi sono in grado di misurare l'intensità del flusso luminoso ed in particolare: • I0 : intensità del flusso luminoso all'ingresso della cella con il campione; • I : intensità del flusso luminoso all'uscita della cella con il campione. Tecniche spettroscopiche: legge di Lambert-Beer Dalla misura di IO e I gli strumenti forniscono direttamente i valori di TRASMITTANZA e ASSORBANZA, che rappresentano le grandezze caratteristiche della spettroscopia di assorbimento. Il rapporto tra l'intensità del raggio uscente e quella del raggio entrante si chiama TRASMITTANZA: T = I/I0 Questa grandezza esprime quale frazione della luce incidente ha attraversato il campione senza essere assorbita. T può assumere valori compresi tra 0 e 1. L' ASSORBANZA, detta anche 'densità ottica' o 'estinzione‘, è: A = - log T L'assorbanza viene utilizzata nelle analisi quantitative poiché risulta direttamente proporzionale alla concentrazione. Trasmittanza e assorbanza sono adimensionali (numeri, senza unità di misura). Legge dell'assorbimento (legge di Lambert-Beer) Tecniche spettroscopiche: legge di Lambert-Beer Prendendo in considerazione una cella, contenente una sostanza in soluzione, attraversata da un raggio di luce monocromatica, si dimostra che A=exlxc dove: A = assorbanza (adimensionale) e = coefficiente di assorbimento molare, caratteristico della sostanza (mol-1 L cm-1) l = cammino ottico (cm), cioè lo “spessore” della soluzione c= concentrazione molare della sostanza (mol/L) L'equazione A = e x l x c rappresenta una retta passante per l'origine degli assi in cui e x l è il coefficiente angolare. Tecniche spettroscopiche: lo spettrofotometro Struttura generale di uno spettrofotometro (UV-visibile o IR) Dal punto di vista concettuale uno spettrofotometro segue il seguente schema: La luce della lampada passa attraverso un monocromatore per la selezione della lunghezza d’onda. Il raggio attraversa la cella in cui è contenuto il campione e viene registrato da un detector collegato con un registratore. Tecniche spettroscopiche: lo spettrofotometro Struttura generale di uno spettrofotometro (UV-visibile o IR) SORGENTE: lampada di tungsteno (visibile) o lampada a scarica di deuterio (UV) CAMPIONE: si alloggia in celle al quarzo (UV) o in vetro o policarbonato (visibile) CONCENTRAZIONE: bisogna sceglierla in modo tale che l’assorbanza non superi il valore di 2-3 Tecniche spettroscopiche: lo spettrofotometro Esistono diversi tipi di spettrofotometro, a seconda di come sono organizzate le varie componenti, tra cui: • spettrofotometri monoraggio • spettrofotometri a doppio raggio Gli spettrofotometri monoraggio Gli spettrofotometri a doppio raggio Tecniche spettroscopiche: curve di calibrazione C : CST = A : AST C = (A /AST) CST Tecniche spettroscopiche: curve di calibrazione Tecniche spettroscopiche: curve di calibrazione Tecniche spettroscopiche: esempio di reazione end-point Metodiche end-point enzimatiche Utilizzano come reattivo un enzima che ha come substrato proprio l’analita da dosare; a partire da questa reazione si sviluppa, al termine del dosaggio, un prodotto colorato, direttamente o in seguito a reazioni successive. Tra i più comuni analiti dosati con queste metodiche vi sono: - glucosio (glucosio ossidasi) - colesterolo (colesterolo esterasi) - trigliceridi (lipoproteinlipasi-GPO) ESEMPIO: glucosio: reazione enzimatica end-point; lettura finale a 510 nm glucosio + O2 GOD 2 H2O2 + 4-aminoantipirina + fenolo ac. gluconico + H2O2 POD chinonimina (rosso) + 4 H2O Il colore sviluppato è proporzionale al contenuto di glucosio nel campione. Tecniche spettroscopiche: esempio di reazione end-point Metodiche end-point non enzimatiche Lo sviluppo di un prodotto colorato, da leggere al termine del dosaggio, si ha a partire da una reazione chimica con l’analita da dosare; tra questi vi sono: Tra i più comuni analiti dosati con queste metodiche vi sono: - bilirubina - Fe - Ca -P ESEMPIO: fosforo: reazione non enzimatica end-point; lettura finale a 650 nm fosforo + molibdato di ammonio acido fosfomolibdico acido fosfomolibdico + solfato ferroso blu di molibdato Il colore sviluppato è proporzionale al contenuto di fosforo nel campione. Turbidimetria e nefelometria Uso di una radiazione monocromatica che irradia un sistema disperso, formato cioè da particelle solide disperse in un mezzo disperdente liquido (sospensioni semplici, soluzioni colloidali) Si osservano fenomeni di diffusione della luce che possono essere sfruttati a fini analitici, per la determinazione quantitativa del materiale in sospensione. Turbidimetria e nefelometria Affinché questi fenomeni di diffusione della luce possano essere utilizzati a fini analitici, occorre che si verifichino alcune condizioni necessarie: radiazione monocromatica o anche policromatica (intervallo ristretto di 40-50 nm); sospensioni stabili, senza fenomeni di sedimentazione durante le letture (eventualmente aggiungere dei colloidoprotettori alle sospensioni); dimensioni medie delle particelle sospese controllate e, comunque, dello stesso ordine di grandezza delle lunghezze d’onda delle radiazioni incidenti mezzo disperdente e particelle sospese devono avere indici di rifrazione abbastanza diversi Turbidimetria e nefelometria Quando una radiazione luminosa attraversa una sospensione di particelle finemente disperse, si potranno avere o fenomeni di ASSORBIMENTO di una parte della radiazione, o di DIFFUSIONE (riflessione, rifrazione, diffrazione); se prevale il fenomeno di assorbimento (quando la dimensione delle particelle che provocano torbidità è dell'ordine o superiore al micrometro), si ricorre alla misura turbidimetrica; se, invece, si è in presenza di particelle di più piccole dimensioni (dell'ordine di decine o centinaia di nanometri), si utilizza la nefelometria. Turbidimetria Misura di assorbimento della luce; Rapporto tra assorbimento e concentrazione della sostanza in sospensione che segue abbastanza bene la legge di Lambert-Beer; Uso di un fotometro o spettrofotometro Metodo non particolarmente preciso ed accurato; applicato quando si preferisce avere una misura rapida piuttosto che una più lenta anche se più precisa. Turbidimetria Nefelometria Misura della diffusione della luce dalla sospensione in una direzione a 90° rispetto a quella della radiazione incidente (fotometri o spettrofotometri): Presenta elevati livelli di sensibilità e, opportunamente standardizzata, può essere anche molto precisa. Nefelometria Si applica la Legge di Rayleigh: Operando ad una lunghezza d’onda fissa e con dimensioni delle particelle e luce incidente costanti, l’equazione precedente diventa: quindi l’intensità della luce dispersa diventa funzione lineare della quantità di particelle in sospensione Nefelometria Fluorimetria Sono fluorescenti le sostanze che assorbono radiazioni elettromagnetiche ad una data λ (luce eccitante) e riemettono in tempi brevi (10-8 s) radiazioni a λ superiore (luce fluorescente) Sensibilità→ 1000-10000 volte > metodi fotometrici Fluorimetria Misura della fluorescenza diretta: la sostanza da determinare è autofluorescente in determinate condizioni (es. barbiturici, porfirine) Misura della fluorescenza indiretta: la sostanza diventa fluorescente in seguito a reazioni con determinati reagenti Fluorimetria di inibizione La sostanza da dosare riduce specificamente e quantitativamente la fluorescenza di un determinato fluoroforo (es. determinazione dei gruppi sulfidrilici) Tecniche elettroforetiche Elettroforesi Un cenno storico: La prima metodica elettroforetica è stata messa a punto, nel 1937, da Arne Tiselius, un pioniere in questo campo, premio Nobel nel 1948, ed è stata definita elettroforesi in fase libera. Principio Migrazione, attraverso un mezzo liquido e/o solido, e sotto l’impulso di un campo elettrico, di particelle dotate di cariche, ioni o polielettroliti. Molte molecole biologiche (aa, peptidi, proteine, DNA,RNA) hanno gruppi ionizzabili e pertanto ad un determinato pH esistono in soluzione come specie cariche elettricamente, cationi (+) e anioni (-) che, sotto l’azione di un campo elettrico migrano al catodo o all’anodo. L'alimentatore fornisce un flusso di corrente continua agli elettrodi applicati alla cella elettroforetica. I cationi migrano verso il catodo (-) e gli anioni verso l'anodo (+) a una velocità che dipende dall'equilibrio tra la forza di spinta del campo elettrico e le forze frenanti (frizionali ed elettrostatiche) esistenti tra ioni e mezzo circostante. Elettroforesi Il supporto deve essere sempre in contatto col tampone di corsa Questo nell'elettroforesi orizzontale può essere fatto In alternativa, in un sistema verticale, si immerge con ponti costituiti da carta da filtro o garza (a meno direttamente il gel nel tampone in modo da permettere che il supporto del campione non sia già la carta). direttamente il passaggio di corrente attraverso il gel. Elettroforesi Quindi, la migrazione è DIRETTAMENTE proporzionale alla carica netta di una molecola, (che dipende dal proprio punto isoelettrico e dal pH del mezzo), ed INVERSAMENTE proporzionale alle dimensioni. Elettroforesi Quando l'elettroforesi è condotta su un supporto, i componenti del campione migrano come bande o "zone" distinte che, al termine della corsa, possono essere rivelate mediante opportune tecniche analitiche. Questo metodo che prende, quindi, anche il nome di elettroforesi zonale. zonale I supporti comunemente usati per l'elettroforesi sono: • Cellulosa • Acetato di cellulosa • Silice (gel) • Amido (gel) • Agarosio (gel) • Poliacrilamide (gel) • Sephadex (gel) Elettroforesi L’elettroforesi di proteine utilizza di norma supporti costituiti da gel di poliacrilammide (PAGE) che separano le proteine in base alle dimensioni ed alla carica delle molecole. È un supporto molto usato perché ha una porosità omogenea e riproducibile. Elettroforesi Il gel di poliacrilammide è un copolimero cross-linked della acrilammide. Il gel si prepara per polimerizzazione di una soluzione di un monomero monofunzionale, l'acrilammide (CH2=CH-CO-NH2), e uno bifunzionale, la N,N'-metilen-bis-acrilammide (CH2=CH-CO-NH-CH2-NH-CO-CH=CH2). La polimerizzazione avviene per mezzo di una reazione a catena dovuta all'aggiunta di ammonio persolfato e della base N,N,N',N'-tetrametiletilendiammina (TEMED). Il TEMED catalizza la decomposizione dello ione persolfato con la produzione del corrispondente radicale libero. In questo modo si formano catene di acrilammide tenute insieme da legami crociati di bis-acrilammide. SDS-PAGE Nell’elettroforesi in presenza di SDS, le proteine sono denaturate mediante l’aggiunta del detergente sodio dodecil solfato (SDS) che denatura le proteine conferendo a tutte una carica netta negativa. [CH3-(CH2)10-CH2-OSO3-]Na+ - - - - - - - - -- --- Interagisce con le proteine in un rapporto costante di circa 1.4 g SDS ogni g di proteina. Le cariche negative dell’SDS mascherano la carica intrinseca della proteina conferendo a tutte un rapporto carica/massa simile. La separazione avviene quindi mediante filtrazione su gel in base alla massa delle proteine. Colorazione Per visualizzare le proteine si ricorre a colorazioni specifiche C2H 5 C2H5 CH2 N C O3S N CH3 CH2 SO3 N H 5 C2 Nitrato d’argento (1-2 ng) C2 H5 Ponceau S (100–1,000 ng) Coomassie Blue (50-500 ng) SDS-PAGE Mediante SDS-PAGE è possibile determinare la massa molecolare delle proteine. La mobilità relativa (migrazione) è in questo caso direttamente proporzionale al logaritmo della sua massa molecolare. E’ possibile costruire rette di calibrazione utilizzando proteine con peso molecolare noto. Elettroforesi su acetato di cellulosa L’elettroforesi su acetato di cellulosa, pur essendo una metodica meno risolutiva rispetto ai gel di poliacrilamide ed agarosio, riveste un ruolo in ambito clinico per la valutazione delle proteine del siero ed altre specifiche applicazioni. Il campione viene deposto sulla superficie del supporto di acetato di cellulosa che è imbibito del tampone di corsa a pH 8.6. Successivamente viene applicata la differenza di potenziale. Metodica relativamente veloce con buona applicabilità in campo diagnostico/clinico (test rapidi) Elettroforesi su acetato di cellulosa Con l’elettroforesi su acetato di cellulosa in tampone basico le sieroproteine possono essere separate in albumina e globuline. Le varie frazioni sono espresse in percentuale Le sieroproteine: elettroforesi Tecniche cromatografiche e centrifugazione Cromatografia Il processo della cromatografia (dal greco chòma, colore e gràphein, scrivere) si basa su interazioni tra una miscela di sostanze da frazionare sciolte in un liquido (fase mobile) ed una matrice solida porosa (fase stazionaria). K= [Astaz] [Amob] Cromatogramma Per registrare il cromatogramma all’uscita della colonna cromatografica si può misurare l’Abs a 280 nm (aa aromatici) o a 214/220 nm (legami peptidici) in funzione del tempo o del volume di eluizione. Cromatografia La cromatografia fu introdotta da Tswett nel 1903 che separò i pigmenti solubilizzati da piante usando sostanze adsorbenti solide. Carotenoidi Xantofille Clorofilla a Clorofilla b Si può usare una colonna di vetro riempita con particelle di argilla o una fase stazionaria costituita da materiale granulare (gel di silice, allumina attiva, etc.) adeso su una lastrina di vetro (cromatografia su strato sottile). L’eluente utilizzato era etere di petrolio. Cromatografia a scambio ionico Nella cromatografia a scambio ionico le molecole cariche si legano a gruppi immobilizzate sulla matrice (cellulosa o agarosio). Analita carico Analita carico Resine a scambio cationico negativamente (anione) positivamente (catione) Resina a scambio anionico Resina a scambio cationico Struttura Resine a scambio anionico Struttura Cromatografia a scambio ionico Le proteine ed altri polielettroliti che hanno gruppi carichi possono legarsi a scambiatori di cationi o di anioni. L’affinità per una proteina per lo scambiatore dipende dalla presenza di altri ioni che competono con la proteina per il legame allo scambiatore e dal pH della soluzione che influenza la carica netta della proteina. Cromatografia a scambio ionico Per l’eluizione si può sfruttare la competizione per i siti di legame con altri gruppi ionici aumentando la concentrazione di sale dell’eluente. In alternativa è possibile variare il pH per modificare lo stato ionico delle molecole legate. Cromatografia a scambio ionico Cromatografia per gel filtrazione La cromatografia per gel filtrazione (esclusione molecolare o setaccio molecolare) le molecole sono separate in base alle loro dimensioni e alla loro forma. La fase stazionaria è formata da granuli di gel contenenti pori di dimensioni variabili. Cromatografia per gel filtrazione Le molecole grandi percorrono la colonna più rapidamente di quelle piccole che attraversano i pori entrando nei granuli. Cromatografia per gel filtrazione Per molecole separate da in un ambito di dimensioni dei pori esiste una relazione lineare tra il volume di eluizione di una sostanza e il logaritmo della sua massa molecolare (assumendo che le molecole abbiano formule simili). Assorbimento a 280 nm Blu destrano V0 Sali Vi Volume di eluizione Volume della colonna E’ dunque possibile utilizzando proteine a peso molecolare noto, stimare la sua massa molecolare conoscendo il suo volume di eluizione. Cromatografia per affinità • Nella cromatografia per affinità una molecola (ligando) che si lega specificamente alla proteina di interesse è legata covalentemente alla matrice inerte della fase stazionaria. Matrice L Proteina • La proteina bersaglio viene recuperata variando la forza ionica del tampone in modo tale da eluire la proteina dalla matrice. • A differenza degli altri tipi di cromatografia non si basa sulle differenze nelle proprietà fisiche delle molecole da separare, ma sfrutta le interazioni altamente specifiche delle molecole biologiche. Cromatografia per affinità Esempio di cromatografia per affinità di una proteina che lega il glucosio. L’eluizione può essere effettuata mediante l’aggiunta di glucosio che compete con il ligando immobilizzato sulla fase stazionaria per il legame alla proteina. Cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) L’HPLC impiega sistemi automatizzati con campioni applicati in modo preciso, velocità di flusso controllate, mantenute ad alte pressioni, una matrice di plastica del diametro compreso tra 3 e 300 µm e rivestiti di uno strato uniforme di materiale cromatografico. Ciò migliora enormemente la risoluzione e la riproducibilità della separazione diminuendo il tempo di esecuzione. Cromatografia HPLC a fase inversa (RP-HPLC) L’RP-HPLC sfrutta le interazioni idrofobiche tra le molecole proteiche e la matrice cromatografica contenente gruppi idrofobici (es. C4, C8, C18). I gruppi apolari delle proteine interagiscono con la matrice idrofobica. L’eluizione viene effettuata aumentando la percentuale del solvente apolare in maniera tale che le proteine più idrofiliche vengono eluite prima. Analita di interesse Fase mobile polare Polare Apolare Fase stazionaria apolare Sistemi di solventi comunemente utilizzati: Fase acquosa: Acqua + 0.1% TFA/acido formico Fase organica: Acetonitrile Centrifugazione La centrifugazione è un metodo di separazione che consente di separare sostanze a diversa densità per mezzo della forza centrifuga. In una centrifuga, le provette sono sottoposte a centrifugazione cioè a una rotazione ad altissima velocità. Rotore Camera d’acciaio Coperchio del rotore (a tenuta d’aria) Coperchio del tubo da centrifuga Asse di rotazione Centrifugazione Refrigerazione Motore Pompa a vuoto Accelerazione centrifuga Porta-tubo di metallo Perno A causa della rotazione, le particelle nella miscela sono sottoposte ad un intensa accelerazione centrifuga, che può equivalere anche a molte migliaia di volte la accelerazione di gravità (indicata con g) Centrifugazione L’equazione fondamentale che descrive la velocità di sedimentazione di una particella in sospensione, sottoposta ad una accelerazione centrifuga è la seguente: v= 2 rP2 (ρP − ρM ) ω2r 9 η ( f / f0 ) v = velocità terminale della particella rP = raggio della particella (ρ ρP - ρM)= differenza tra la densità della particella (ρ ρP) e quella del mezzo in cui è sospesa ρ ω = velocità angolare della centrifuga (in radianti/secondo) r = distanza tra la particella e l’asse di rotazione η = coefficiente di viscosità del mezzo (f / f0) = rapporto di attrito, cioè il rapporto tra il coefficiente di attrito f della particella ‘reale’ ed il coefficiente di attrito per una particella perfettamente sferica e non idratata, f0. (In pratica, si tratta di un fattore di correzione che tiene conto della diversa forma e delle diverse caratteristiche superficiali delle particelle).