Maria Camilla Briganti HANNAH ARENDT E IL VALORE EDUCATIVO DELLA CONDIVISIONE L’attualità di Arendt per il nostro vivere quotidiano e per il senso che attribuiamo o cerchiamo di attribuire ad esso, va ricercata nel grande valore che questa pensatrice dà alla comunità, alla condivisione, alla partecipazione di ogni singolo individuo nello spazio pubblico come luogo comunitario, appunto messo in comune. La prospettiva del modello politico greco per Arendt è presupposto di partenza per un’idea di democrazia diretta realizzata in Atene, è il tentativo di capovolgere la nozione moderna di politica, oggi sempre comunque diffusa o serpeggiante, di questione e mera amministrazione della società in cui la partecipazione, il con-dividere è una dimensione a cui si riserva molto poco spazio ed attenzione. Di fronte all’espropriazione moderna dell’autentico significato della politica che assume un chiaro significato etico (o meglio non etico), la polis greca acquista una particolare attualità perché rappresenta uno spazio pubblico in cui, attraverso il pensiero e l’azione declinati insieme, gli uomini e le donne entrano in rapporto tra loro, mantenendo pur nella diversità sociale-culturale-religiosa, cifra del nostro vivere odierno, un’eguaglianza politica che assume un forte significato simbolico, morale ed educativo insieme. Il compito della filosofia e delle scienze umane lasciatoci in eredità da Arendt per l’oggi, è proprio il ripensamento dell’agire visto come condivisione, ovvero tentare di restituire al pensiero il legame con il mondo. Per le nuove generazioni questo compito ha il valore di una sfida, di un percorso da compiere facendo tesoro di ciò che le passate generazioni ci hanno lasciato in consegna, trasformandolo in esperienza progettuale e pratica di condividere, sempre sul piano della pluralità, esprimendo convergenze o divergenze, espressioni di reale democrazia. È un impegno di responsabilità di grandissimo peso e valore, questa è l’eredità, ma anche la dote che Arendt lascia all’attualità dell’oggi, come ogni dote è un dono, di cui dobbiamo essere capaci di fare buon uso, bussola d’orientamento per il nostro pensare e agire nel mondo che tutti abitiamo. È la Arendt stessa che lo ricorda in Vita activa poiché […] l’azione, la sola attività che metta in rapporto diretto gli uomini senza la mediazione di cose materiali, corrisponde alla condizione umana della pluralità, al fatto che gli uomini, e non l’uomo, vivono sulla terra e abitano il mondo1. 1 H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, tr. it. di A. Dal Lago, Bompiani, Milano 1998, p. 7. 115 Il tema di B@bel Un’eredità è un lascito davvero non facile da gestire e forse è anche per questo motivo che esso si carica di maggiore attrazione, impegno, suggestione, fascino, ma anche di responsabilità, di fedeltà a noi stessi e a noi stesse, di testimonianza attiva nel tempo complesso in cui si vive, nella pluralità, ovvero nella comunità e nella capacità di mettervi in atto e vivere relazioni autentiche. In questo senso il dono che Arendt lascia alle nuove generazioni è un’urgenza ineludibile che sa rimetterci in gioco ogni giorno, farci interrogare sempre e comunque su temi di particolare attualità e valenza politica considerata tessuto relazionale, base e fondamento per la fondazione di un “mondo comune”. Dotarsi di questo “bisogno partecipativo” è stato il primo impegno di Hannah Arendt nel cui pensiero si trova costantemente la ricerca del valore di eticità con cui sostanziare la nostra vita e l’esperienza sociale. Laura Boella ci ricorda come […] Hannah Arendt parla intensamente alle nostre società deluse dalla politica, in quanto richiama un’idea di potere come capacità d’iniziativa, non titolarità di un ruolo o di un’autorità per disporre dei destini altrui. E richiama anche a un’idea di politica che è dimensione esistenziale, attraverso ogni forma di attività e di esperienza, non è tecnica di governo, ma arte e piacere di stare insieme, di scambiare idee e parole2. Questa arte e questa competenza sociale sono il tessuto connettivo che lega le nuove generazioni a patto che sappiano trarre non solo insegnamento, ma orientamento di pensiero ed azione dalle riflessioni di grandi pensatrici come Arendt. Questo è il compito edificante della Filosofia oggi ed è in questa “prospettiva educativa” che dobbiamo affidarci ad essa. È una filosofia pratica che sa richiamare le nuove generazioni all’impegno civile e politico, a fondare nelle relazioni la condivisione delle esperienze e delle responsabilità e che può manifestarsi ogni giorno nella vita quotidiana, nei nostri rapporti, nelle nostre parole ed azioni. In questa prospettiva M. Teresa Pansera ci rammenta come Arendt, […] non abbia mai perduto la fiducia nella possibilità che l’uomo agente dia l’avvio a qualcosa di nuovo che gli permette di realizzare “l’improbabile” e “l’imprevedibile”, di cambiare le cose così come si presentano. Ma agire liberamente vuol dire agire insieme agli altri, agire pubblicamente, collocarsi nello “spazio politico”. Ed è qui che l’azione umana si afferma nel suo significato più pieno e profondo e acquista un nuovo spessore concettuale3. Spessore e significato di “sfida”, ma non certo di utopia poiché occorre cercare sempre di resistere alla tentazione di separare la filosofia dalla vita così come riconosciamo nell’impresa tecnica ed esistenziale di Arendt. Ancora, a tale riguardo, sottolinea come […] si era sempre ritenuto che la più alta espressione delle capacità dell’uomo fosse raggiunta dall’astrazione e dalle teoresi e che l’azione fosse un aspetto decadente del pensiero, un passaggio alla pratica a partire da una teoria che ne rappresenta comunque la causa determinante. Hannah Arendt, invece, riabilita con forza la funzione dell’azione e si oppone ad una tradizione che ha per anni dominato la filosofia. [...] La dimensione dell’agire è stata mortificata e accantonata nel corso dei secoli dalla filosofia delle idee, dove l’essere e l’apparire erano tenuti nettamente 2 3 116 L. Boella, Cuori pensanti, Tre Lune, Mantova 2000, p. 11. M.T. Pansera, Etica e politica in Hannah Arendt, in C. Di Marco (a cura di), Percorsi dell’etica contemporanea, Mimesis, Milano 1999, p. 255.