Adèle Van Reeth è una filosofa specializzata sui temi
della quotidianità e del cinema. È l’animatrice del
programma giornaliero di filosofia Nouveaux Chemins
de la connaissance, sul canale radio France Culture.
Raphaël Enthoven, ordinario di filosofia e autore di
numerosi saggi, conduce la trasmissione Philosophie
sul canale Arte. Ha avuto un figlio dalla modella Carla
Bruni.
Bastille
Alla Bastille si ispirano i saggi di Edizioni Clichy, scritti
politici, teorici, sociali, che esplorano le forme espressive più
anarchiche, originali e dirompenti, rivolgendosi a lettori
fortemente interessati ai cambiamenti del nostro tempo e
alle contraddizioni della modernità, con una particolare
attenzione alle marginalità e alle emergenze meno esplorate
dalla riflessione «ufficiale».
«Le snobisme»
de Adèle Van Reeth et Raphaël Enthoven
© 2015 France Culture - Paris
© 2015 Éditions Plon, un département d’ÉdiS - Paris
Per l’edizione italiana:
© 2015 Edizioni Clichy - Firenze
Edizioni Clichy
Via Maggio, 13r
50125 - Firenze
www.edizioniclichy.it
Isbn: 978-88-6799-224-9
Adèle Van Reeth
Raphaël Enthoven
Lo snobismo
Traduzione di Tania Spagnoli
Edizioni Clichy
Sommario
«Questioni di carattere»
9
Preliminari
11
Marcel Proust, un amore di snob
24
Lo snobismo, una questione di
sopravvivenza? Bergson e le etichette
36
Lo snobismo è una scena di teatro:
Wilde e Marivaux
45
Politica dello snob: Pascal
56
Un popolo di snob? Tocqueville
69
Una questione di gusto? Kant e Hume
78
L’arte contemporanea (lo snobismo
per tutti)
95
Del risentimento: la rivincita di uno
snob (Nietzsche e Bourdieu, Sartre e
Camus)
107
È possibile non essere snob?
119
Bibliografia lacunosa
136
Lo snobismo
«Questioni di carattere»
A partire dal 2007, Les Nouveaux chemins
de la connaissance1 tentano di provare quotidianamente che la filosofia è una questione di
incontri. Innanzitutto incontro con un interlocutore, all’interno di un dibattito il cui unico obiettivo è trasmettere la voglia di pensare,
invitando a mettere in discussione ciò che è
già noto e a scoprire ciò che ancora non lo è.
In secondo luogo incontro tra diversi linguaggi, poiché la letteratura, la musica e il cinema,
ben lungi dall’illustrare concetti, sono altrettanti modi di esprimere un problema che la filosofia formula a modo suo. Se questi incontri
possono sorprendere, è perché mirano a ricordare che la riflessione, seppur esigente e rigo1 Trasmissione radiofonica di Adèle Van Reeth in onda su France
Culture e diretta da Raphaël Enthoven [N.d.T.].
9
Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
rosa, è anche questione di gusto e sensibilità.
È in questo senso che le questioni più delicate
in filosofia si formulano solo inserendosi in un
discorso, in un tono, in una visione del mondo, in un certo carattere.
Fedele a questo approccio, la presente collana propone per la prima volta quello che
ancora non è stato detto in onda. Ogni pubblicazione darà vita a una serie di trasmissioni
sullo stesso tema per protrarre un dibattito il
cui carattere orale e spontaneo è stato volontariamente mantenuto in questo testo, in modo
da creare un incontro intimo con voi, a cui
sono indirizzati ogni istante e ogni parola di
questi scambi.
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Preliminari
Adèle Van R eeth - Raphaël Enthoven, lei si
considera uno snob?
Raphaël Enthoven - Lo spero bene! Altrimenti questo libro non avrebbe alcun senso. Contrariamente alla morale, lo snobismo
è una passione di cui è difficile, se non impossibile, parlare quando non ti riguarda (e
delicato darne le istruzioni per l’uso quando
ti riguarda). Si dimentica spesso che Il libro
degli snob di Thackeray ha per sottotitolo la
precisazione per uno di loro. Questa puntualizzazione è un dato di fatto. Per poter parlare
di snobismo, bisogna sentirlo, come un leggero prurito di cui ci si rende conto, grattandosi,
che pizzicava già da un po’. È strano, del resto,
che questa scuola di non autenticità che chia11
Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
miamo «snobismo» vieti in modo assoluto, a
differenza di argomenti più nobili, che se ne
parli senza sapere di cosa si parla. Insomma,
per descrivere lo snobismo, non bisogna snobbarlo - come coloro che professano di esserne
immuni. Questo vale per lo snob come per lo
storico, secondo Raymond Aron, che «seleziona l’oggetto scientifico» solo a condizione di
essere lui stesso «immerso nella materia che
esplora».2 In mancanza di uno studio obiettivo sullo snobismo, possiamo seguire, come
metodo, una soggettività che si prende gioco
di se stessa. Detto ciò, per essere del tutto onesto con lei, devo confessarle che non sono un
grande snob; in me lo snobismo si manifesta
solo come una pulsione intermittente e non
come un’essenza eterna. Non sono Legrandin.3 Sono solo un parigino che fa il furbo,
quando finge di appartenere a tutti i mondi
o di disprezzare i propri privilegi. Tanto che,
per quanto mi riguarda, la vera questione non
è tanto «lei è uno snob?» quanto «quand’è che
lei è snob?», o per dirlo meno semplicemente,
«in quale occasione, in quale kairos mondano,
2 Riferimento alla «rivelazione delle sponde del Reno» raccontata da Aron
all’inizio delle sue Memorie, al termine della quale l’autore si dichiara al
contempo scettico e kantiano.
3 Legrandin. Campione indiscusso di mondanità secondo Proust... Ne
riparleremo.
12
Lo snobismo
lo snobismo di un uomo, la cui vanità lascia
piuttosto tranquillo, deve mostrare, almeno
ogni tanto, lo scopo della sua truffa?».
AVR - Il che significa che, prima di tutto, lo
snobismo non risparmia nessuno e che, in secondo luogo, dipende dalle circostanze più che da
un lato del carattere.
RE - Non ne sono certo. Anche se concordo con lei che le circostanze giocano un ruolo
importante. Del resto, poiché per parlare di
snobismo bisogna mettersi in gioco, andiamo
in scena per quanto mi costi, e mi permetta di
portarla al teatro. Era la sera della prima in un
grande teatro parigino. Ero felice, avevo due
posti ed ero solo. Mi apprestavo a entrare con
passo trionfante quando, all’improvviso, vedo
una vecchia signora vestita come un pagliaccio e brutta come un blobfish che elemosina
un posto, stranamente senza convinzione.
«Non è che per caso ha un bigliettino in più?
Non è che per caso ha un bigliettino in più?»
chiede, con lo sguardo inerte, alla maniera dei
mendicanti di vecchia data trasformati in automi («Ha-mica-uno-o-due-spiccioli-buonagiornata?»). Pregustando già l’immagine lu13
Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
singhiera che presto avrei avuto di me stesso,
sono tornato sui miei passi, mi sono avvicinato a lei e le ho offerto uno dei miei due biglietti sorridendo con aria tenera, sincera e un
po’ distratta come conviene agli animi nobili.
Tutto preso dalla mia bontà, non avevo pensato che la donna (che era sorda, parlava molto forte e puzzava da morire) avrebbe passato
tutta la sera al mio fianco o, per così dire, al
mio braccio. E che quindi, non conoscendola,
l’avrebbero probabilmente scambiata per mia
nonna. Dopo aver salutato X e Y evitando (a
ragione, non sapevo chi fosse) di presentarla,
mi sono quindi ritrovato seduto al suo fianco,
nella fila di quelli dell’ambiente, a VIP Land,
tra un ministro indisposto per quella strana
vicina e due signore, sfigurate dallo stupore,
dal botox e dalla rabbia, che dopo essersi chinate cinque o sei volte per studiare l’animale
sconveniente di cui nascondevo il viso, hanno
osato chiederle, a mitraglia, con un tono dei
più aggressivi: «Scusi, ma lei chi è? Insomma,
perché è seduta qui? Chi le ha dato questo
posto?». «Sono stato io» ho risposto, in difesa
della preda troppo occupata a stupirsi («Oh,
ecco Monsieur Martin Lamotte»). I due avvoltoi hanno messo il muso e si sono chetati
14
Lo snobismo
sospirando. Ma la cavalleria è solo un’interruzione della mediocrità e l’onestà esige di dire
che la soddisfazione di aver difeso una donna
che meritava di esserlo quanto un’altra aveva
ceduto rapidamente il posto all’imbarazzo
del fardello che mi ero sistemato da solo sulle spalle. Alla fine, tornando a comportarmi
come un vigliacco, ho voltato le spalle a mia
«nonna» e, adottando con decisione i codici
che avevo appena schernito, ho finto di non
sentirla più e ho approfittato della fine dello
spettacolo per abbandonare la sua carogna
all’esperta muta di predatori... Come vede, lo
snobismo è sia diverso che facilmente riconoscibile: c’è lo snobismo della signora che vuole
scorgere Martin Lamotte, lo snobismo della
donna di mondo che potrebbe sgozzare la sconosciuta la cui presenza fa sfigurare la fila e lo
snobismo gelido del privilegiato che vuole tanto essere generoso ma a patto che non gli costi
niente. C’è soprattutto la scoperta, dentro di
sé, nei meandri della propria misera persona,
di una passione odiosa, a cui nessuna scuola
può preparare, e che si deve instancabilmente
mettere in ridicolo, a costo di diventare una
testa di cazzo al quadrato.
AVR - Ma in che modo possiamo considerare
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Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
un caso specifico di snobismo come una verità
generale? La storia che ha raccontato si svolge in
un quadro ben preciso: un teatro parigino che,
a detta sua, raggruppa persone appartenenti per
lo più alla stessa classe sociale. Pensa che questo
aneddoto sia sintomatico di un meccanismo insito nello snobismo e che avremmo potuto identificarlo in un altro luogo, con altre persone?
RE - Certo. Ogni mondo ha i propri codici e, dunque, i propri snob. Lo snobismo non
riguarda la geografia sociale, ma la topografia
sociale. Non nasce tanto dall’appartenenza a
un clan, quanto dal desiderio di cambiarlo,
dall’irruzione, all’interno del clan, di un elemento che, non trovando il proprio posto, dà
al clan l’occasione di rimettersi in forze contro
l’invasore. Lo snobismo è un effetto dell’ignoranza che riposa sulla convinzione che essere
significhi integrare o escludere. Essere o non essere, questa è la posta in gioco. Del resto questo è il motivo per cui non c’è maggior snob
dell’arricchito, del bastardo, che compensa
l’ascensione con lo zelo e s’improvvisa guardiano del tempio dove lui stesso è riuscito, con
un malinteso, a farsi ammettere - come Cioran, che non mancava di humour, fingeva di
16
Lo snobismo
temere, dopo la caduta del muro di Berlino,
che la Francia venisse «invasa dai rumeni».
Lo snobismo è una disposizione del carattere che dipende dalle circostanze, una debolezza, una triste passione, una schiavitù in cui
l’incertezza su ciò che si è impone, improvvisamente, di ridurre l’altro a ciò che vorremmo
che sia. Potremmo, in un primo momento,
definirlo così: lo snobismo è una sensazione di
sapere, che attenua la follia di insistere su un
pregiudizio con la consapevolezza di prendersi
gioco di esso, alla maniera del principe di Guermantes, che declina l’invito a cena con questo
telegramma: «Impossibile venire a cena stasera, segue bugia».
AVR - In cosa risiede l’ interesse di una riflessione filosofica sullo snobismo? Che apporto potrebbe dare oltre a quello che gli studi letterari,
sociologici e storici hanno già detto?
RE - Prima di tutto, se c’è una disciplina
che è stata tacciata di snobismo, quella è proprio la filosofia; che cos’è la figura del filosofo immerso nei propri pensieri, inadatto alla
realtà concreta, perso nelle sue speculazioni,
se non la filosofia come la immagina lo snob
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Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
che snobba il filosofo perché lo trova snob? Da
cosa dipende l’instancabile perennità di questo cliché che impone di difendersi sempre un
po’ dall’accusa di avere la testa tra le nuvole
quando si è filosofi? Da un’alleanza tra snob.
Dalla rivendicazione, in Platone, da parte del
filosofo stesso, del suo portamento altero, altezzoso, distratto: «Non si deve biasimare [il
filosofo] per il suo candore né per la sua incapacità di compiere azioni che spetterebbero
a un servo» perché nessuno meglio di lui sa
«portare il mantello come una persona di condizione libera... per cantare la vera vita degli
dèi e degli uomini felici» (Teeteto). Grazie mille. Quindi sono duemilacinquecento anni che
si devono difendere.
E poi la filosofia ci fornisce i mezzi, mi
sembra, per pensare lo snobismo (che la storia
presenta come un fenomeno preciso e che la
sociologia include nella lotta di classe) come
distorsione dell’idea stessa di certezza. Che significa essere snob? Prendere come indubbie
«verità» che non lo sono. Lo snobismo è un
rovesciamento del cartesianesimo, che rimpiazza la decisione di destituire tutto ciò di
cui non si è certi con il rifiuto di mettere in
dubbio ciò in cui si crede. Ma è anche una
18
Lo snobismo
variante del cartesianesimo: alla grande ambizione cartesiana di sapere come sensazioni
chiare e distinte possano darci informazioni
sulla verità, lo snobismo sostituisce la meschina tentazione di considerare il proprio pregiudizio chiaro e distinto. In un certo senso, la
stessa domanda anima questi due egocentrismi: a quali condizioni l’idea che mi faccio
del mondo corrisponde al mondo stesso? Lo
snobismo è una fantasia metafisica. Per colmare lo iato che separa un soggetto dalle sue
rappresentazioni, Cartesio ricorre all’intercessione di un dio, di cui afferma, senza garanzie, che è «buono»; dal canto suo, per ricoprire il mondo di categorie che gli permettono
di viverci, lo snob ha bisogno solo di essere
convinto di ciò che pensa. Ma è il cartesiano, non lo snob, a prendersi sul serio. Quando uno snob dichiara, senza vergogna: «Non
ho visto l’ultimo Tarantino, né letto l’ultimo
Houellebecq, ma li trovo deludenti», prima di
tutto si prende in giro da solo.4 Lo snobismo
è un comportamento derisorio che nobilita la
4 «“Che ne pensa del libro di Hermodore?”. “Che fa schifo” risponde Anthime. “Che fa schifo?”. “Sì,” continua lui “che non è
un libro o che merita ancor meno che altri ne parlino”. “Ma l’ha
letto?”. “No” risponde Anthime. E non aggiunge forse che Fulvie
e Mélanie l’hanno condannato senza averlo letto, e che lui è amico
di Fulvie e Mélanie?» (La Bruyère, I caratteri, § 23).
19
Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
coscienza di sé.
AVR - Ma è possibile proporre una riflessione
filosofica sullo snobismo rimanendo moralmente
neutri, ovvero senza celebrarlo né condannarlo?
RE - «Ho fatto di tutto» dice Spinoza «per
non deridere le azioni umane, per non deplorarle né maledirle, ma per capirle...».5 Questa
è la regola. Ed è l’unico metodo ammissibile:
spiegare invece di condannare, decriptare invece di incensare. Solo che, ancora una volta,
per fare ciò, in materia di snobismo, è essenziale provare ciò di cui si parla. Scoprirsi ogni
tanto snob significa avere i mezzi per pensare
lo snobismo, privandosi per sempre, per gli effetti che ne derivano, della possibilità di dire
la verità. Non celebrarlo significherebbe peccare di benevolenza verso se stessi. Non condannarlo significherebbe non riuscire a guardarsi con un certo distacco. Bisogna quindi
fare l’uno e l’altro.
AVR - Per poter celebrare e condannare lo
snob che è in noi, bisogna dar prova di una
grande lucidità nei confronti di noi stessi. Ora,
5 Spinoza, Trattato politico, I, § 4.
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Lo snobismo
non si può essere snob senza saperlo?
RE - Non credo. Lo snob è una figura
tragica. Per parodiare Alain Besançon che,
tornando sui suoi anni staliniani, dice di se
stesso che «credeva di sapere senza sapere che
credeva», dirò dello snobismo che consiste, al
contrario, nel credere di sapere... sapendo benissimo che si crede. La malelingue diranno
che, di conseguenza, lo snob non ha neanche
la scusa dell’ignoranza. Mi sembra, invece,
che lo snob abbia almeno il merito di essere ridicolo con cognizione di causa. Lo snob è assolutamente cosciente dell’inattendibilità del
suo pregiudizio, al quale eppure aderisce con
tutto se stesso. E quando si riduce lo snobismo, alla maniera dei sociologi e dei dizionari,
alla «vanità di coloro che ostentano le opinioni, i modi di fare e di pensare in voga in certi
ambienti considerati distinti» (Larousse), si
omette il fatto, estremamente semplice e utile,
che lo snobismo appare nel momento in cui
un individuo ha la sensazione di dire il vero
sapendo benissimo che sta raccontando una
cosa qualsiasi. Si omette ciò che c’è di supremamente perentorio in questa valutazione che
rivendica la sua ignoranza affermando al tem21
Adèle Van Reeth - Raphaël Enthoven
po stesso la sua veridicità. In realtà, lo snobismo è la commedia dolorosa che un individuo
recita a se stesso. Come spiegare, altrimenti,
perché un dispetto mondano possa rappresentare la grande ferita di una vita? Come
spiegare perché un uomo accordi così tanta
importanza a ciò che, oggettivamente, non ne
ha alcuna, se non perché lo snobismo è una
modalità superiore dell’«intrattenimento», nel
senso datogli da Pascal: l’ignoranza volontaria che, placando il dolore di esistere, dà ai
condannati a morte, quali noi siamo, la cupa
libertà di rifletterci un po’? Attenzione: c’è
una differenza tra sapere qualcosa e averne coscienza - che è molto più raro. Nessuno snob
ignora il male che lo consuma. Ma in pochi lo
accettano e lo ammettono. Che cosa domanda Monsieur Jourdain6 mentre supplica la
moglie di tacere («Taccia», «Taccia, dunque»,
«Vuole tacere?», «Mi lasci in pace!») quando,
come lei aveva previsto, Dorante gli chiede di
nuovo in prestito duecento monete d’oro? La
«pace». E a ragione. Monsieur Jourdain non è
tranquillo. Monsieur Jourdain vuole credere
che il merito si compri e che si possa scimmiottare la nobiltà, ma purtroppo sa che non
6 Protagonista de Il borghese gentiluomo di Molière [N.d.T.].
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Lo snobismo
è così. Jourdain si ostina solo perché è incredulo. Sua moglie gli ricorda quello che sa già e
che, proprio per questo motivo, non ammette:
lui è solo una «vittima». Perché Jourdain odia
sua moglie? Perché, senza insegnargli niente
di nuovo su se stesso, gli fa sentire quello che
fino a quel momento si era accontentato di sapere... a patto di ignorarlo. Allo stesso modo,
perché Legrandin7 è indispettito, quando incrocia il Narratore dai Guermantes? Perché,
per quanto ami gli appuntamenti mondani,
non ha avuto il tempo di forgiarsi la maschera
di misantropo con cui si presenta di solito al
ragazzo. Lo snob sa di essere snob e non vuole
saperlo. Che si prenda gioco di sé o si prenda
sul serio, lo snob si conosce e rifugge da se
stesso. Non si disinganna uno snob facendogli
vedere che spreca le sue energie in cose che
non lo meritano... perché lo sa già. È il motivo
per cui è così spiacevole per lo snob essere colto in flagrante delirio.
7 Personaggio di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust
[N.d.T.].
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