Lettura .PETERSON_ROGER_Dallo snob all`onnivoro

Richard A. Peterson e Roger M. Kern
Dallo snob all’onnivoro: le trasformazioni
del gusto raffinato
Non solo è molto più probabile che gli americani di status elevato consumino molta più arte degli
altri [americani] ma, secondo Peterson e Simkus (1992), è anche molto più probabile che essi si
facciano coinvolgere in un’ampia gamma di attività di status inferiore. Questo dato conferma le
osservazioni di DiMaggio (1987) e Lamont (1992), ma contraddice anni di ricerca storica che ha
mostrato che le persone di status più alto evitano espressioni culturali considerate non elevate
(Lynes 1954; Levine 1988; Murphy 1988; Beisel 1990). Nel cercare di dare un senso a questa
contraddizione, Peterson e Simkus (1992) hanno suggerito l’ipotesi che stia avendo luogo un
passaggio storico dallo snob raffinato (highbrow) all’onnivoro.
1. Misure
La survey nazionale del 1982 su cui Peterson e Simkus (1992) basano i loro risultati è stata replicata
nel 1992, ed è dunque ora possibile sottoporre a controllo empirico l’ipotesi di cambiamento nei
gusti che essi avanzano1. Entrambe le survey chiedono ai rispondenti di selezionare i generi
musicali che essi apprezzano da una lista di alternative che attraversano l’intero spettro estetico, e
successivamente di indicare il genere che essi apprezzano di più. Ci concentriamo sul gusto
musicale invece che sul gusto per altri tipi di arte perché solo per la musica si è chiesto ai
rispondenti di scegliere a partire da una lista di alternative tra loro contrastanti.
Il gusto raffinato (highbrow) è stato così operativizzato: apprezzamento sia della musica
classica che dell’opera, e scelta di una di queste forme come la preferita tra tutti i tipi di musica.
Questa misura sembra essere un valido indicatore dell’essere raffinato visto che i rispondenti che
noi abbiamo etichettato in questo modo (highbrow) hanno partecipato a spettacoli teatrali, balletti,
concerti di musica classica, musical, e visitato gallerie d’arte e assistito a rappresentazioni d’opera
in misura significativamente maggiore di quanto hanno fatto gli altri membri del campione.
Tra i raffinati, lo snob è quello che non partecipa ad alcuna attività di status inferiore o
medio (lowbrow or middlebrow) (Levine 1988), mentre l’onnivoro è quanto meno aperto per
apprezzarli tutti. Gli snob perfetti sono attualmente rari negli Stati Uniti. A dire il vero, negli anni
Sessanta Wilensky (1964, 194) “non era in grado di trovare nessuno [residente nella circoscrizione
di Detroit da lui studiata] su 1.354 individui del campione che non fosse in qualche campo esposto a
materiale low- o middlebrow”, e nel nostro campione di 11.321 casi abbiamo trovato solo 10
rispondenti nel 1982 e 3 nel 1992 che hanno detto di non apprezzare alcuna forma di musica low- o
middlebrow.
Abbiamo operativizzato l’onnivorismo come una variabile che può essere misurata nei
termini del numero di forme middle- e lowbrow scelte dai rispondenti. Seguendo Wilensky (1964)
e Rubin (1992) abbiamo differenziato il middlebrow dal lowbrow perché essi sono distintamente
differenti e perché osservatori critici hanno suggerito che quando gli highbrow sono aperti nei
confronti di forme artistiche non-highbrow, essi cercano forme lowbrow create da gruppi sociali
marginali (neri, giovani, gente di campagna isolata) pur tenendo ancora in considerazione le forme
commerciali middlebrow (Lynes 1954; Sontag 1966).
Cinque generi musicali sono considerati lowbrow: la musica country, il bluegrass, il gospel,
il rock e il blues. Ciascuno di questi generi è radicato in uno specifico gruppo etnico, regionale,
1
I dati sono tratti dalla Survey of Public Participation in the Arts, condotta nle 1982 e ancora nel 1992 su un campione
nazionale della popolazione di 18 anni e più dall’U.S. Bureau of the Census per conto del National Endowment of the
Arts. Per una descrizione dettagliata di questi dati vedi Robinson et al. (1985) e Robinson (1993).
1
d’età, o in una particolare esperienza religiosa, “marginale” (Malone 1979; Lipsitz 1990; Ennis
1992). Ci sono tre generi middlebrow – la musica “easy listening”/mood, i musical di Broadway, e
la musica delle big band. Queste forme sono nel mainstream della musica commerciale sin dagli
anni Venti (Goldberg 1961; Nanry 1972; Ennis 1992)2. La misura del lowbrow è compresa tra 0 e 5;
quella middlebrow tra 0 e 3. L’onnivorismo può variare da 0 a 8.
In entrambi gli anni considerati (1982 e 1992), gli highbrows hanno, in media, due anni in
più di scolarità, guadagnano circa 5 mila dollari in più come reddito familiare annuale, sono di circa
10 anni più vecchi, sono più spesso bianchi, e sono più spesso femmine degli altri nel campione3.
Tutte queste differenze sono statisticamente significative. Né gli highbrows né gli altri, comunque,
hanno più probabilità di essere sposati.4
2. Risultati
In media gli highbrows scelgono 1,74 generi lowbrow dei 5 possibili nel 1982 e 2,23 nel 1992, con
un incremento statisticamente significativo di quasi un punto e mezzo per persona in solo un
decennio. Questo risultato è in linea con la predizione di un onnivorismo highbrow crescente. La
prima riga mostra anche che altri hanno aumentato il loro numero di scelte lowbrow ma il tasso di
incremento è per gli highbrow significamente maggiore che per gli altri […] Nella seconda riga
della stessa tabella, vediamo che nel 1982 gli highbrows hanno in media apprezzato quasi due su tre
generi middlebrow. Questo dato contraddice le aspettative di Lynes (1954) e Sontag (1966) che gli
highbrows avrebbero evitato le forme middlebrow, ma è coerente con le idee di Peterson e Simkus
(1992) sugli onnivori perché si rileva che gli highbrows gradiscono più forme middlebrows degli
altri e perché questa differenza aumenta (anche se non in modo statisticamente significativo) tra il
1982 e il 1992.
Presi insieme, questi dati suggeriscono che nel 1992 gli highbrows sono più onnivori di
quanto lo fossero nel 1982, e lo sono divenuti in misura maggiore degli altri. Allo stesso tempo, i
non-highbrows stanno aumentando il loro numero di preferenze musicali. Con solo questi due anni
di riferimento non è possibile dire in modo definitivo se c’è una tendenza di lungo periodo verso
l’onnivorismo o se il cambiamento è dovuto a forze che stanno agendo solo sul decennio in esame.
Torneremo sulla questione più avanti.
La tendenza a diventare più onnivori tra il 1982 e il 1992 ha riguardato tutti gli highbrows –
in altre parole può questa differenza essere definita un effetto periodo (Rogers 1982)? O, al
contrario, i singoli highbrows hanno mantenuto intatti i loro gusti, così che la differenza osservata è
imputabile solo alla sostituzione delle coorti più vecchie e snob con le coorti più giovani e onnvore?
Ambramson e Inglehart (1993) hanno per esempio mostrato che la sostituzione di coorte ha
cambiato in modo ingente i valori in otto paesi occidentali. La coorte è qui misurata come anno di
nascita (Rogers 1982). Per rispondere a queste domande, abbiamo condotto quattro analisi di
regressione (del tipo OLS).5 La variabile dipendente in ciascuna analisi è il numero di generi
middlebrow e lowbrow scelti dagli highbrows e dagli altri, analizzati separatamente. Le variabili
indipendenti di interesse in ciascuna analisi sono l’anno di nascita del rispondente e l’anno di
intervista […].
E’ stato già dimostrato che diverse variabili influenzano la partecipazione artistica
indipendentemente dall’età: l’istruzione, il genere, la “razza” (misura qui nei termini della
dicotomia bianchi/non bianchi), reddito familiare […], e le dimensioni della comunità di residenza
(DiMaggio e Useem 1978; Blau 1989; DiMaggio e Ostrower 1990; Robinson 1993). Ciascuna di
queste variabili può influenzare, in ipotesi, il grado di onnivorismo, per cui sono state incluse
2
Entrambe le inchieste chiesero informazioni anche su altre forme musicali. Rap, reggae, New Age e musica da banda
per esempio furono incluse in una ma non nell’altra. Inoltre, la categoria” folk” è stata ridefinita nel questionario del
1992 e questo rende impossibile una comparazione tra le due inchieste. Il jazz è stato incluso in entrambe, ma non è
stato inserito nelle nostre scale perché, pur avendo radici lowbrow, esso è ora insegnato nei conservatori come musica
highbrow e consumato in gran parte da middlebrow (Leonard 1962; Nanry 1972; Ennis 1992), e ricerche precedenti
hanno chiaramente mostrato un insolitamente diffuso apprezzamento di ciò che viene chiamato “jazz” da parte di gente
differente (DiMaggio e Ostrower 1990; Peterson e Simkus 1992).
3
Sfortunatamente, la survey del 1992 non chiedeva l’occupazione, così non siamo in grado di valutare questa
componente importante della posizione di classe come hanno fatto Peterson e Simkus (1992) usando i dati del 1982.
4
Gli sposati al momento dell’indagine sono stati distinti dagli altri perché, in media, essi partecipano a performance
artistiche meno spesso di coloro che sono single, divorziati e vedovi (DiMaggio e Ostrower 1990).
5
L’analisi di regressione è una tecnica statistica che permette di valutare quanto una certa variabile (chiamata
“dipendente”) dipenda causalmente da una serie di altri variabili (dette indipendenti), sia cioè un loro effetto. Ci sono
più metodi per condurre questo tipo di analisi, e quello qui adottato (OLS, o metodo dei minimi quadrati) è uno dei più
comuni (N.d.C.).
2
nell’analisi come variabili di controllo. Lo stato civile non è stato incluso perché non era associata
in modo significativo al numero dei generi musicali scelti.
[…]
3. Discussione
Nel loro complesso, i risultati di questo studio sostengono la tesi che tra gli americani di status
elevato l’onnivorismo sta rimpiazzando lo snobbismo. Il cambiamento è in parte imputabile ad una
sostituzione di coorte, ma si è realizzato in gran parte perché le persone di alto status (highbrows) di
ogni età stanno diventando più onnivori. Questo non vuol dire che la maggior parte di loro sia
costituita di perfetti onnivori (nel 1982 solo otto e nel 1992 solo sette highbrows hanno dichiarato di
apprezzare tutti gli altri tipi di musica). Il punto è che nel 1992 gli highbrows hanno in media
dichiarato di apprezzare tipi di musica non elitaria di ogni genere in numero maggiore di quanto
abbiano fatto un decennio prima, e anche che nel 1992 gli highbrows sono più onnivori dei nonhighbrows. Quest’ultimo dato è rafforzato quando utilizziamo l’informazione offerta da tutti i 17
generi di musica non elitaria inclusa nella survey del 1992. Gli highbrows dicono di apprezzare 7,49
di questi 17 generi contro gli 8,84, in media, dei non highbrows, e questa differenza è significativa
statisticamente. Inoltre, in risultati per i non highbrows mostrano che l’incremento tra 1982 e 1992
nel numero dei generi musicali apprezzati, anche se maggiore tra gli highbrows, è un trend valido
per tutta la società.
Teorizzare l’onnivorismo
L’onnivorismo delle persone di status elevato, così come documentato da Peterson e Simkus
(1992), è una generalizzazione empirica e non offre una spiegazione del perché c’è stato un tale
profondo mutamento nel modo in cui lo status elevato viene definito. Dopo aver trovato ampio
sostegno alla tesi di uno slittamento dallo snobismo all’onnivorismo, ci concentreremo adesso
brevemente sul concetto di onnivoro e suggeriremo un certo numero di fattori che hanno contributo
a questo cambiamento.
Per come noi intendiamo il significato di gusto onnivoro, esso non sta ad indicare che gli
onnivori apprezzano qualunque cosa indiscriminatamente. Piuttosto, esso significa una apertura ad
apprezzare tutto. In questo senso è antitetico allo snobismo, che si basa fondamentalmente su regole
rigide di esclusione (Bourdieu 1979; Murphy 1988) come “E’ di rigore amare l’opera, e la musica
country è un anatema da evitare”. Benché per definizione ostile alla chiusura snob (Murphy 1988),
l’onnivorismo non comporta una indifferenza per le distinzioni. Piuttosto, la sua emersione può
suggerire la formulazione di nuove regole che governano i confini simbolici (Lamont e Fourneir
1992).
Numerosi studi hanno mostrato che i criteri della distinzione, di cui l’onnivorismo è una
espressione, devono mettere a fuoco non cosa si consuma ma il modo in cui diversi elementi del
consumo vengono interpretati e compresi. Bourdieu (1979; 1965) per esempio mette in contrasto il
consumo non riflessivo a fini di intrattenimento personale con l’apprezzamento intellettualizzato.
Egli identifica quest’ultimo in modi che sono coerenti con un panorama simbolico monolitico che è
adatto per l’era dello snob elitario. E tuttavia, la cultura del discorso critico (Gouldner 1979) che è
centrale per la visione di Bourdieu può condurci anche ad un onnivorismo discriminante se
l’etnocentrismo che è cruciale per l’elitismo snob viene sostituito dal relativismo culturale. A queste
condizioni, le espressioni culturali di ogni sorta vengono comprese in quelli che i relativisti
chiamano i loro termini. 6
Se questo è comunque il modo in cui gli onnivori marcano i confini simbolici, essi non
accolgono la musica country contemporanea, per fare un esempio, come uno strumento di
rappresentazione della propria identità, che è quanto fanno i fan sfegatati (hard-core) del country
(Peterson e Kern 1995). Piuttosto, essi la apprezzano e la criticano alla luce di una qualche forma di
conoscenza del genere, dei suoi maggiori interpreti, e dei suoi legami con altre forme culturali, sia
alte che basse. Gli intellettuali hanno per molto tempo fornito le basi di una comprensione estetica
del jazz, del blues, del rock e della musica bluegrass. Più vicino ai giorni nostri, si è iniziato a
prendere sul serio la musica country da quando periodici culturali d’elite come American Heritage
6
Come ha chiarito il pensiero critico interno all’antropologia, l’idea stessa di “relativismo culturale” è una forma di
superbia perché è impossibile per un outsider esperire la cultura altrui come fa un nativo (Clifford e Marcus 1986).
3
(Scherman 1994) e libri di studiosi di scienze umane (Tichi 1994) hanno iniziato a dotare gli
onnivori degli strumenti di cui avevano bisogno per sviluppare una comprensione estetica della
musica country.
Perché questo slittamento storico dallo snobismo all’onnivorismo?
I cambiamenti nella moda sono spesso effimeri (Davis 1992), ma un mutamento nelle basi del gusto
dallo snobismo all’onnivorismo suggerisce che sono coinvolte significative alterazioni nei rapporti
sociali di potere (Williams 1961). In conclusione, ci sentiamo di avanzare, in via del tutto ipotetica,
cinque fattori collegati che possono contribuire a formare il cangiante terreno della politica di status
(Schiach 1989).
Cambiamento strutturale. Un insieme di processi sociali all’opera dal secolo scorso rendono
l’esclusione sempre più difficile. Livelli crescenti di qualità della vita, accresciuta istruzione, e
distribuzione delle arti tramite i media hanno reso il gusto estetico d’elite più accessibile ad sempre
più ampi segmenti della popolazione, svalutando le arti come segnali di esclusione.
Al contempo, la mobilità geografica e quella di classe sociale hanno mescolato gente con
gusti differenti. E i sempre più onnipresenti mass media hanno introdotto i vari segmenti della
popolazione ai gusti estetici degli uni e degli altri. Così, è sempre più difficile escludere i diversi
modi fare e costumi (folkways) del resto della popolazione mondiale, allo stesso tempo in cui questi
costumi sono sempre più a disposizione per essere fatti propri dagli arbitri del gusto elitario (Lipsitz
1990).
Cambiamento nei valori. Se i cambiamenti strutturali plasmano le opportunità, i
cambiamenti di valore relativi alle differenze di genere, etnia, religione e “razza” razionalizzano il
passaggio dallo snob all’onnivoro. Nel diciannovesimo secolo il pregiudizio di gruppo fu
legittimato dalla ricerca scientifica e trovò espressione a livello della società intera in leggi che
statuivano l’esclusione. Questo gradualmente venne meno, e le brutalità naziste della Seconda
guerra mondiale diedero ai “razzismi” di ogni genere una così cattiva reputazione che la maggior
parte delle leggi discriminatorie di questo paese [Stati Uniti] sono state da allora abolite. E’ ora
sempre più raro che persone che coprono posizioni di autorità pubblicamente abbraccino teorie che
stabiliscono differenze essenziali tra gruppi di tipo razziale o etnico (Takaki 1993). 7 Il
cambiamento dallo snob esclusivista all’onnivoro inclusivista può dunque essere visto come parte
del trend storico verso una più grande tolleranza nei confronti di quanti hanno differenti valori
(Inglehart 1990; Abramson e Inglehart 1993).
Cambiamento nei mondi dell’arte. Gli sviluppi nel mondo delle belle arti nel corso del
secolo e mezzo passato hanno fornito per primi le teorie e i modi di esposizione che hanno
trasformato la persona di status elevato in snob; più recentemente essi hanno offerto una
giustificazione per l’onnivoro. I teorici elitisti delle Accademie reali europee di musica, pittura,
drammaturgia e danza del primo Ottocento dibattevano tra loro, ma erano uniti dalla credenza
nell’esistenza di un unico standard in funzione del quale tutte le altre espressioni erano volgarità
(White e White 1965). Così essi crearono una estetica e un ambiente morale in cui lo snobismo di
status elevato poté fiorire (Arnold 1875: 44-47; Levine 1988: 171-241).
Le forze di mercato che hanno attraversato tutte le arti hanno portato con sé nuovi
imprenditori estetici, sostenitori di teorie avanguardiste che attribuivano un valore positivo alla
ricerca di nuovi e sempre più esotici modi d’espressione, ma nella seconda metà del ventesimo
secolo i candidati proposti per essere inclusi in questo nuovo canone erano così tanti che il vecchio
criterio di un singolo standard non era più credibile. Divenne così sempre più evidente che la qualità
dell’arte non era intrinseco all’opera in sé, ma nella valutazione che ne faceva il mondo dell’arte
(Zolberg 1990, 53-106), e che espressioni di ogni genere provenienti da ogni regione sono
suscettibili di appropriazione estetica (Becker 1982). Questa è la base estetica dello slittamento
dello snob esclusivo ed elitario all’onnivoro, sempre elitario ma inclusivo.
Politica generazionale. Prima gli anni cinquanta del novecento, ci si aspettava che i giovani
fossero appassionati di musica e di cultura pop ma che si spostassero verso generi più “seri”
maturando. A partire dagli anni cinquanta, invece, giovani bianchi di ogni classe fecero proprio la
musica popolare da ballo afroamericana sotto l’etichetta di rock’n’roll (Ennis 1992), e per la fine
degli anni sessanta quella che venne identificata come la “nazione di Woodstock” concepiva la sua
cultura giovanile peraltro variegata non tanto come uno “stadio” da superare con l’età ma come una
7
Argomenti di tipo essenzialista sono ancora spesso avanzati con riguardo a differenze di comportamento tra i sessi e
come spiegazioni di orientamenti sessuali (sia dai sostenitori dell’omosessualità che dai suoi oppositori)
4
possibile alternativa alla cultura d’elite istituzionalizzata (Lipsitz 1990; Aronowitz 1993), in questo
modo, in effetti, discreditando l’esclusione highbrow e valorizzando l’inclusione. Uno degli effetti
più duraturi di questa visione è stata che gli americani benestanti ed istruiti che proteggono le arti
sono oggi in numero inferiore di quanti erano nelle generazioni precedenti (Robinson 1993;
Peterson e Sherkat 1995), e molti di loro dicono di apprezzare una vasta gamma di forme musicali
(Schaefer 1987; Peterson e Sherkat 1995).
Politica di status. I gruppi di status (o “ceti”) dominanti hanno regolarmente definito la
cultura popular in termini che si adattavano ai loro interessi e hanno agito per rendere le subculture
di ceto subordinate non pericolose (Sennett e Cobb 1972; Schiach 1989). Una strategia ricorrente è
stata quella di definire la cultura popular come volgare e da evitare o sopprimere (Arbold 1875;
Eliot 1949; Bloom 1987); un’altra è quella di “imborghesire” elementi della stessa cultura
incorporandoli nella cultura di status dominante (Leonrad 1962; Tichi 1994). I nostri dati
suggeriscono un cambiamento di non poco conto verso questa seconda strategia politica di ceto.
Mentre l’esclusione snob ha offerto un efficace segno distintivo di status in un mondo
omogeneo e circoscritto (e WASP, cioè bianco, anglo-sassone e protestante) che sapeva farsi valere
sugli altri mondi anche con la forza se necessario, l’inclusione onnivora sembra più adatta ad un
mondo progressivamente globale gestito da quanti si guadagnano da vivere, in parte, mostrando
rispetto per le espressioni culturali degli altri. Come lo snobismo highbrow soddisfaceva i bisogni
della vecchia classe medio-alta imprenditoriale, così sembra esserci una affinità elettica tra
l’onnivorismo e la nuova classe amministrativa e manageriale di oggi.
Riferimenti bibliografici
Abramson, P. R. e Inglehart, R. [1993], Generational Replacement and Value Change
in Eight West European Countries, in “British Journal of Politics” 22, pp. 183-228.
Aronowitz, S. [1993], Roll over Beethoven: The Return of Cultural Strife, Hanover,
Wesleyan University Press.
Arnold, M. [1875], Culture and Anarchy, New York, Smith, Elder; trad. it. Cultura e anarchia,
Torino, Einaudi.
Beisel, N. [1990], Class, Culture, and Campaigns against Vice in Three American Cities,
1872-1892, in “American Sociological Review” 55, pp. 44-62.
Bloom, A. [1987], The Closing of the American Mind, New York, Simon and Schuster.
Bourdieu, P. et al. [1965], Un art moyen, Paris, Minuit; trad. it. La fotografia, Rimini, Guaraldi
20052.
Clifford, J. e Marcus, G.E. [1986, a cura di] Writing Culture: The Poetics and Politics of
Ethnography, Berkeley, University of California Press; trad. it. Scrivere le culture, Roma, Meltemi
1992.
Davis, F. [1992], Fashion, Culture, and Identity, Chicago, University of Chicago Press.
DiMaggio, P. [1991], Social Structure, Institutions and Cultural Goods: The Case of The United
States, in Social Theory for a Changing Society, a cura di P. Bourdieu e J. Coleman, New York,
Russell Sage Foundation, pp. 133-55; trad. it. in DiMaggio [2009].
DiMaggio, P. [2009] Organizzare la cultura, Bologna, Il Mulino.
DiMaggio, P. e Ostrower, F. [1990], Participation in the Arts by Black and White
Americans, in “Social Forces” 63, pp. 753-78.
DiMaggio, P. e Useem, M. [1978], Social Class and Arts Consumption in America, in
“Theory and Society” 5, pp.109-32.
5
Elliot, T.S. [1949], Notes toward the Definition of Culture, New York, Harcourt, Brace; trad. it.
Note per una definizione della cultura, Milano, Bompiani 1948.
Ennis, P. H. [1992], The Seventh Stream: The Emergence of Rocknroll in American Popular
Music, Hanover, MA, Wesleyan University Press.
Gouldner, A. W [1979], The Future of Intellectuals and the Rise of the New Class. New York:
Seabury.
Inglehart, R. [1990], Culture Shift in Advanced Industrial Society. Princeton, NJ: Princeton
University Press.
Levine, L. W. [1988], Highbrow/Lowbrow: The Emergence of Cultural Hierarchy in America.
Cambridge, MA: Harvard University Press.
Lipsitz, G. [1990], Time Passages: Collective Memory and American Popular Culture.
Minneapolis, University of Minnesota Press.
Lynes, R. [1954], The Tastemakers, New York, Harper.
Malone, B. C. [1979], Southern Music/American Music. Lexington, University of Kentucky Press.
Murphy, R. [1988], Social Closure: The Theory of Monopolization and Exclusion, Oxford,
Clarendon.
Nanry, C. [1972], American Music, New Brunswick, Transaction.
Peterson, R. A. e Kern, R.M. [1995], Hard-Core and Soft-Shell Country Music Fans, in “Journal of
Country Music” 17(3), pp. 3-6.
Peterson, R. A. e Sherkat, D.E. [1995], Age Factors in Arts Participation: 1982-1992, Research
Monograph, January, National Endowment for the Arts, Washington, DC.
Peterson, R.A. e Simkus, A. [1992], How Musical Taste Groups Mark Occupational Status Groups
in Lamont e Fournier [1992, pp. 152-68].
Robinson, J. P. [1993] Arts Participation in America: 1982-1992, Washington, DC: National
Endowment for the Arts.
Robinson, J. P., Keegan, C.A., Hanford, T. e Triplett, T.A. [1985], Public Participation in the Arts:
Final Report on the 1982 Survey, College Park, University of Maryland.
Rogers, W. L. [1982], Estimable Functions of Age, Period, and Cohort Effects in “American
Sociological Review” 47, p. 774-87.
Rubin, J. S. [1992], The Making of Middlebrow Culture, Chapel Hill, University of North Carolina
Press.
Schaefer, J. [1987], New Sounds: A Listener's Guide to New Music, New York, Harper and Row.
Scherman, T. [1994], Country Music: Its Rise and Fall, in “American Heritage” 45(7), pp. 38-51.
Sennett, R. e Cobb, J. [1972], The Hidden Injuries of Class, New York, Knopf.
Shiach, M. [1989], Discourse on Popular Culture, Stanford, CA, Stanford University Press.
Sontag, S. [1966], Against Interpretation and Other Essays, New York, Farrar, Straus, and Giroux.
6
Takaki, R. [1993], A Different Mirror: A History of Multiculturalism in America. Boston, MA,
Little, Brown.
Tichi, C. [1994], High Lonesome: The American Culture of Country Music, Durham, NC, Duke
University Press.
Wilensky, H. L. [1964], Mass Media and Mass Culture: Interdependence or Independence? in
“American Sociological Review” 29, pp. 173-97.
Williams, R. [1961], The Long Revolution, London: Chatto and Windus.
Zolberg, V. [1990], Constructing a Sociology of the Arts, Cambridge, Cambridge University Press;
trad. it. Sociologia dell’arte, Bologna, Il Mulino 1995.
Fonte: R.A. Peterson e R.M. Kern, Dallo snob all’onnivoro, in Studiare la cultura.
Nuove prospettive sociologiche, a cura di M. Santoro e R. Sassatelli, Bologna, Il
Mulino 2009.
Allegato al volume Progetto Sociologia – Guida all’immaginazione sociologica © Pearson Italia SpA
7