La morte dolce, la bioetica in aiuto dei medici

Cultura – Pag. 45
16 dicembre 2010
La morte dolce, la bioetica in aiuto dei medici
CONCLUSO IERI A CAGLIARI IL CONVEGNO INTERNAZIONALE PER DISCUTERE SULLE “SFIDE”
NELL’ERA DEL PROGRESSO TECNOLOGICO
Il dibattito pubblico sul confine tra la vita e la morte riesplode ogni volta che un
paziente si oppone all’accanimento terapeutico. La battaglia personale di Piergiorgio
Welby, politico e attivista romano che lottò sino all’ultimo per il diritto alla morte dolce,
non è stata vana, ma ha ottenuto il grande risultato di far riflettere gli italiani su un
argomento ancora irrisolto sotto l’aspetto etico e giuridico. Welby, paralizzato dalla
distrofia muscolare, il 20 dicembre di quattro anni fa si congedò dai familiari, chiese di
ascoltare un disco di Bob Dylan e si fece staccare il respiratore dal medico Mario Riccio.
L’anestesista fu poi accusato per omicidio del consenziente e nel 2007 prosciolto perché il
fatto non costituisce reato. Ma la decisione ha diviso gli stessi medici e il mondo cattolico
(a Welby fu negato il funerale religioso). «È un tema, questo della bioetica, che coinvolge
tutti. Noi medici vorremmo essere un po’ più ascoltati, ma soprattutto chiediamo un
contributo alla società civile, a filosofi, teologi, psicologi. In una parola di non essere
lasciati soli nelle nostre scelte perché qualsiasi decisione inevitabilmente troverà una
parte di oppositori e di critiche». È questo l’appello lanciato da Ernesto D’Aloja al
convegno internazionale “Le sfide della bioetica nell’era del progresso tecnologico”
concluso ieri a THotel di Cagliari.
CONVEGNO. Organizzato da “Sardegna Ricerche” e dalla sezione di Medicina legale del
Dipartimento di sanità pubblica dell’università di Cagliari, ha richiamato esperti di altre
culture e religioni, provenienti dalle università di Tel Aviv, Leida, Messina, La Sapienza di
Roma e dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari. A parlare del futuro della
bioetica è arrivato da Los Angeles il filosofo Roberto Dell’Oro, docente della Loyola
Marymount che ha ribadito l’importanza di «un possibile sviluppo della bioetica come
ambito interdisciplinare».
MEDICI. Una voce fondamentale nel dibattito tra etica e medicina è ovviamente quella
degli operatori sanitari. Che ieri hanno avuto modo di dire la loro. Ernesto D’Aloja,
docente di medicina legale dell’ateneo cittadino è anche presidente del comitato etico
dell’Azienda mista di Cagliari: «L’accanimento terapeutico – afferma – dà la sensazione
che noi medici non siamo pronti ad accettare la scelta del paziente di morire. Quando
prendiamo coscienza di non essere più in grado di curarlo, lo accompagniamo verso la
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fine naturale. La discussione pubblica è centrata su questo accanimento che i medici
farebbero continuamente sui pazienti. In realtà non si conosce la sofferenza individuale di
ciascuno di noi chiamato ogni giorno a fare queste scelte. Il delirio di onnipotenza non fa
parte del nostro bagaglio professionale. Nessun medico si muove senza l’autorizzazione
del paziente e il primo dovere è quello di rispettarne l’autonomia e di agire per il suo
bene. Per questo dico a tutti di venire a vedere come si lavora nei reparti di oncologia e
di terapia intensiva. Invitiamo i familiari e gli esperti di altre discipline ad aiutarci nelle
nostre decisioni che spesso si devono prendere nel giro di poco tempo».
BIOETICA. Al centro del dibattito le basi della bioetica: il principio della beneficenza (si
deve operare comunque per il bene del paziente che spesso non è più in grado di
decidere o persino di esprimere la propria volontà) e il principio dell’autonomia che lascia
all’uomo l’insindacabile scelta del suo destino. «Con le regole e le leggi date dallo Stato e
dall’Ordine dei medici, è più facile operare perché è minore il coinvolgimento morale. Ma
nella realtà non è così», spiega Gabriele Finco, docente di Rianimazione dell’Azienda
mista: «Dovrei effettuare una tracheotomia su una paziente di 85 anni.
Lei, due giorni fa non voleva, ieri voleva e oggi non so ancora. I familiari me la
impongono, la paziente cambia continuamente idea, la regola dove sta? Come mi devo
comportare salvando entrambi i principi di beneficenza e autonomia? Un sì o un no
assoluto non esiste. Quando io medico prendo una decisione c’è sempre il contraltare. Le
leggi servono, ma diventano un mezzo per togliere al medico la sua coscienza. Per lui
decide qualcun altro».
INNOVAZIONI. E allora ecco la necessità di un dibattito sempre più aperto che vada al
di là dell’aspetto sanitario.«La morte spesso si trasforma nel processo del morire»
afferma la docente di bioetica Marianna Furnari, in videoconferenza dall’università di
Messina: «La morte è un processo guidato, monitorato. Grazie alle innovazioni della
scienza i medici hanno sempre più possibilità per curare con nuove tecniche, per evitare
o ridurre le sofferenze. Ma in molti casi i doveri si scontrano quando sono in gioco il
rispetto della volontà del paziente e il principio del suo bene, deciso però da altri o dalle
leggi. In realtà non esiste una gerarchia, ma una dialettica caso per caso». Il dibattito ha
messo a confronto la pratica sanitaria, l’ideale filosofico e l’ispirazione religiosa, che
spesso confliggono. «Bisogna trovare prospettive condivise tra i diversi modelli, perché
comunque si tratta di scelte tragiche», è stata la conclusione. Un appuntamento a futuri
dibattiti.
Carlo Figari
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16 dicembre 2010
A GENNAIO APRE A PULA IL CENTRO DI BIOETICA DEL MEDITERRANEO
Ricerche sulla fine della vita
Una ricerca su come si affronta la fine della vita a seconda della propria cultura e
della propria religione: pazienti laici, musulmani, ebrei e cattolici risponderanno dai letti
degli ospedali delle principali città dell’area del Mediterraneo, dalla Sardegna all’Egitto, al
questionario proposto dagli studiosi. Sarà la prima mossa del Centro di bioetica del
Mediterraneo, il primo in Sardegna, pronto ad aprire i battenti a Pula dal prossimo
gennaio. La struttura sarà diretta da Ernesto D’Aloja, ordinario di Medicina legale
dell’Università di Cagliari. L’annuncio dell’apertura del Centro è stato dato dall’assessore
regionale della Programmazione, Giorgio La Spisa, durante il convegno “Le sfide della
bioetica nell’era del progresso tecnologico”. La ricerca sulla fine della vita sarà condotta
in collaborazione con ospedali e i Centri di bioetica operativi nell’area del Mediterraneo.
«L’obiettivo è affrontare un tema molto delicato, quello dei sentimenti e dei problemi di
chi si sente vicino alla morte, non solo per scrivere nuovi libri sulla materia, ma anche
perché le esperienze diventino la base di nuove politiche sanitarie», dice D’Aloja. Perché
proprio a Pula? «Perché è un luogo centrale e strategico attorno al quale potranno
convergere gli interessi scientifici del bacino mediterraneo». Il nuovo Centro di Pula
punterà anche sulla formazione degli operatori sanitari sui temi della bioetica: nozioni ed
esperienze anche per capire che cosa rispondere a un paziente che chiede di non soffrire
più o di morire. Casi che spesso sono diventati eclatanti e che coinvolgono anche i
familiari.
Carlo Figari