La società e i soggetti - Agenzia Umbria Ricerche

La CGIL umbra
tra presente e futuro
Quadrimestrale
Agenzia Umbria
Ricerche
Michele Di Toro* - Manlio Mariotti**
1-2/09
Non capita molto spesso di veder messo il sindacato sul proscenio a parlare
di se stesso. Non è uno di quegli eventi in cui si fa audience, si richiamano
folle. Tuttavia questa può essere un’occasione utile per presentare alla società umbra un pezzo importante della sua articolazione democratica, un
protagonista di quello che è il modello economico, sociale della nostra regione.
Per rispondere alla domanda “cos’è il sindacato oggi in Umbria?” crediamo sia utile, ancor prima di illustrare quelli che sono i dati più freddamente numerici e che danno la rappresentazione della sua consistenza
organizzativa, partire da una riflessione generale sulla natura del sindacato
confederale in Italia e nella nostra regione. Perché probabilmente se non si
avvia da qui il ragionamento si corre il rischio di accettare, piuttosto che
comprendere, gli stessi numeri. E perciò diviene difficile avere fino in fondo consapevolezza del loro significato e delle ragioni di una sua così profonda capacità di radicamento nella società.
* Segretario generale CGIL Umbria.
** Segretario regionale CGIL Umbria.
Del presente contributo Michele Di Toro ha redatto i paragrafi “Premessa”, “L’evoluzione del sindacato”, “Il
sindacato in Umbria”, “L’organizzazione: categorie forti nella confederalità”, “La comunicazione”, mentre
Manlio Mariotti ha redatto i paragrafi “La CGIL, la crisi e l’Umbria”, “I numeri della crisi”, “Il Patto e la
concertazione”, “I rapporti unitari”.
201
La società e i soggetti
Il sindacato confederale in Italia oggi è un elemento costitutivo del sistema di democrazia della rappresentanza, un anello per certi versi fondamentale del complesso impianto del nostro sistema democratico ed un soggetto rappresentativo, radicato, diffuso. Volto soprattutto a tenere insieme
quello che ormai gran parte del sindacato europeo si è precluso o non è in
grado di fare: la rappresentanza degli interessi specifici e la tutela di quelli
generali del paese, delle collettività, delle comunità nei quali agisce.
È quella italiana un’esperienza ormai quasi unica. Perché è del tutto
evidente che si è affermato e si va consolidando in Europa un processo di
involuzione della rappresentanza sindacale sempre più indirizzata alla difesa delle peculiarità e delle frammentazioni che derivano dal vasto fenomeno di scomposizione in atto nella organizzazione del lavoro.
Alla luce di ciò negli ultimi anni, soprattutto nell’ultimo decennio, abbiamo visto sorgere una moltitudine di sindacati di categoria; non di rado
marcatamente orientati a rappresentare interessi corporativi. Processi, questi,
che non hanno risparmiato nemmeno quelle che sono storicamente considerate le esperienze più evolute, avanzate e consolidate della realtà sindacale europea.
Pensiamo a quello che è successo alle Trade Unions in Inghilterra, ma
anche a quello che sta succedendo proprio in questi ultimi anni alla DGB
tedesca.
In Italia, invece, abbiamo saputo preservare, almeno finora, la funzione e il ruolo della confederalità, quindi dell’interesse generale della società che marcia insieme all’affermazione del diritto soggettivo e specifico
dell’individuo.
L’evoluzione del sindacato
Anche in Italia, nella composizione del sindacato si sono però evidenziate
le evoluzioni del sistema produttivo e della società da industriale a post
industriale. Questo emerge con chiarezza dalla analisi della composizione degli iscritti.
Solo facendo riferimento alle due macroaree principali – lavoratori
attivi e pensionati – si traggono elementi chiari che testimoniano in maniera inequivocabile l’invecchiamento della popolazione, intensificatosi
fortemente negli ultimi decenni: la CGIL dell’Umbria del 1980 contava
53.316 lavoratori “attivi” ossia provenienti dai posti di lavoro su un tota202
M. Di Toro - M. Mariotti, La CGIL umbra tra presente e futuro
le di iscritti di 76.516 unità. I pensionati, già allora associati in un sindacato intercategoriale, erano “appena” 23.200.
Gli iscritti raggruppati per categorie similari a quelle attuali erano
quelli riportati nella tabella 1.
Tabella 1 - ISCRITTI
ALLA
CGIL DELL’UMBRIA PER CATEGORIE
Categoria
FILLEA
FIOM
FILTEA
FILCAMS
FILT
Funzione pubblica
FISAC
FLAI
SLC
NIdiL
FLC
FILCEM
Varie
SPI
NEL
1980
Numero tessere
9.612
7.000
4.292
1.014
4.111
15.208
498
11.282
1.000
0
1.761
4.780
965
23.200
84.723
Totale
Fonte: CGIL Umbria.
È interessante anche contare le categorie in cui l’organizzazione si articolava ben 31 denominazioni contro le 12 di oggi. Anche se i contratti di
lavoro sono rimasti in larga parte gli stessi.
Dunque, in poco più di trent’anni la CGIL affronta un radicale cambiamento della società e del mondo del lavoro. Ma la consistenza numerica
della rappresentanza si mantiene allo stesso livello, con la semplificazione nelle categorie, con un diverso peso delle tipologie dei lavoratori, con
l’incremento esponenziale della rappresentanza dei pensionati, risultato
dell’affermarsi del sistema pensionistico pubblico ed universale congiunto all’invecchiamento della popolazione.
La composizione qualitativa degli iscritti alla CGIL del 2008 è invece
riportata nella tabella 2.
203
La società e i soggetti
Tabella 2 - ISCRITTI ALLA CGIL DELL’UMBRIA PER CATEGORIE NEL 2008
Categoria
FILLEA
FIOM
FILTEA
FILCAMS
FILT
Funzione pubblica
FISAC
FLAI
SLC
NIdiL
FLC
FILCEM
SPI
SPI provvisorie
Disoccupati
Totale
Numero tessere
12.273
6.124
1.520
6.125
1.785
9.616
960
6.230
1.421
658
2.489
2.322
66.252
5.269
400
123.445
Fonte: CGIL Umbria.
Una rappresentanza che se rimane pressoché invariata nella percentuale
tra iscritti e popolazione, cambia profondamente nella composizione interna.
Si inverte decisamente il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati.
Ma anche tra i lavoratori in attività cambiano i rapporti di forza: esplodono le categorie delle costruzioni e del terziario rispetto alle tradizionali
categorie industriali e crescono fortemente i lavoratori del settore pubblico esteso, comprensivo dei lavoratori dell’istruzione.
Questi numeri, questi straordinari mutamenti nostri e della società, ci
impongono oggi di ridefinire ed attualizzare i contenuti ed i caratteri di
una nuova confederalità. Questo è uno dei temi sui quali siamo più impegnati e rispetto a cui, dobbiamo ammetterlo, non sempre riusciamo ad
esprimere quella capacità di innovazione di cui avremmo bisogno. Perché oggi con frequenza siamo di fronte ad un mondo in cui si scompongono i bisogni, si frammenta il lavoro, si ridisegnano i poteri ed i loro
equilibri. Ed in cui confederalità, percezione individuale e senso collettivo devono essere coniugati di fronte ad una nuova frontiera: quella della
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M. Di Toro - M. Mariotti, La CGIL umbra tra presente e futuro
globalizzazione economica, della interdipendenza planetaria dei fattori
produttivi.
Il punto di equilibrio sostenibile fra dimensione sovranazionale delle
politiche confederali e tutela della autorealizzazione della persona è uno
degli obiettivi al quale dobbiamo costantemente tendere ed uno dei cimenti con i quali dobbiamo continuamente misurarci.
Il sindacato in Umbria
Ma restando all’Umbria, alla nostra realtà, bisogna subito chiarire che il
peso sociale e politico della CGIL (e del sindacato confederale complessivamente inteso) è strettamente connesso a due elementi fondamentali.
In primo luogo alla funzione che il modello di relazioni sociali riconosce e assegna al sindacato in questa realtà. Funzione che, in ragione di
una pratica consolidata e condivisa, riaffermata con la sottoscrizione del
Patto per lo sviluppo e la innovazione dell’Umbria, è profondamente
diversa da quella portata avanti in questi ultimi anni dall’attuale governo di centro-destra.
È del tutto evidente che concertazione, negoziazione e contrattazione
sono i tre piani sui quali il sindacato è chiamato ad operare ed a svolgere
la sua funzione sociale e politica. Intanto, proprio perché il sistema di
relazioni con le imprese e con le istituzioni riconosce queste tre modalità
e possibilità di interlocuzione, il ruolo del sindacato è ampio, politicamente riconosciuto, socialmente rilevante e incidente rispetto ai processi
decisionali proposti e messi in atto.
C’è poi, come dire, il riconoscimento oggettivo del peso fisico,
quantitativo, della dimensione costitutiva del sindacato. È naturale che
tutto ciò non è né può essere insignificante, perché in fondo la forza
numerica di un sindacato è anche la misurazione del suo radicamento, il
segno della sua autorevolezza, della sua capacità di rappresentanza. Anche del modo con il quale riesce ad interpretare e corrispondere le aspettative che lavoratori, giovani, pensionati, disoccupati delegano ad esso.
Da questo punto di vista diventa quindi logico e persino utile fornire
qualche altro numero per cercare di raffigurare quello che oggi la CGIL
è nella nostra regione.
Abbiamo già detto che al 31 dicembre 2008 la CGIL Umbria poteva
contare 123.445 iscritti, di cui circa 52mila tra gli attivi e 71mila tra i
205
La società e i soggetti
pensionati. Per comprendere quanto queste cifre pesano e significano nella
società umbra serve osservare che gli iscritti alla CGIL assommano all’incirca al 14% della popolazione umbra, al 20% del totale dei lavoratori
dipendenti e quasi al 30% dei pensionati. Queste percentuali si ricavano
da una realtà, come quella umbra, nella quale sono presenti all’incirca
250mila lavoratori dipendenti e 240mila pensionati. Se si prende in considerazione invece il numero complessivo dei residenti nella nostra regione si
rileva che 1 cittadino su 8, indipendentemente che sia un bambino o un
anziano, è iscritto alla CGIL.
Altre indicazioni interessanti sulla composizione degli iscritti emergono
dalll’analisi della tabella 3.
Tabella 3 - RIPARTIZIONE DEGLI ISCRITTI AL 31 DICEMBRE 2007
Categorie di iscritti
Donne
Immigrati
Artigiani
Nuovi iscritti
Cassazioni/disdette/pensionamenti
Turn-over
Valori assoluti
55.450
4.160
1.711
13.064
7.905
20.969
Valori percentuali
46,02
3,45
1,42
10,84
6,56
17,40
Fonte: CGIL Umbria.
Oggettivamente non esiste una forma strutturata di rappresentanza che
sia così capillarmente diffusa, che riesca in modo così stretto, diretto ed
efficace a rapportarsi con la società e a dar voce alle diverse istanze che la
compongono; dal mondo del lavoro, a quello dei pensionati e dei giovani.
Naturalmente questa dimensione presuppone uno sforzo organizzativo
non indifferente. Non potrebbero esistere e persino rafforzarsi questi numeri per il solo fatto che c’è un riconoscimento del ruolo politico del sindacato confederale se invece alla base non ci fosse anche un’organizzazione
che è articolata e presente nel territorio, nella società, all’interno del mondo del lavoro.
L’organizzazione: categorie forti nella confederalità
L’assetto organizzativo della CGIL dell’Umbria può contare su 10 strutture di natura regionale, fra categorie e confederali; 25 strutture di livello
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M. Di Toro - M. Mariotti, La CGIL umbra tra presente e futuro
provinciale, 8 di livello comprensoriale ed è presente con proprie sedi in 85
dei 92 comuni della nostra regione.
La CGIL, lo scorso anno ha concorso a stipulare insieme alle altre organizzazioni, 9 contratti regionali, 9 contratti provinciali, 4 comprensoriali e
497 contratti aziendali.
Nei nostri uffici sono state trattate 1.580 vertenze individuali e 57
vertenze collettive.
Questa, per grandi linee, è la raffigurazione della CGIL sul versante
degli iscritti e dell’assetto politico-organizzativo. Poi c’è la connotazione
più prettamente di servizio.
Oggi il sindacato non ha solo un profilo eminentemente politico bensì è
anche uno strumento di servizio alla collettività ed ai cittadini. Servizi che
naturalmente vengono offerti e rivolti ai cittadini a prescindere dal fatto che
da parte loro ci sia una condivisione della politica della CGIL, che siano iscritti,
che si riconoscano nei principi che ispirano la nostra organizzazione.
Sotto questo aspetto il sindacato, come dicevamo poc’anzi, è un anello
importante del complesso funzionamento del nostro modello di società.
Un soggetto capace di offrire una opportunità di risposta ed un supporto,
anche al di fuori della sua dimensione più strettamente politica, alle domande e alle esigenze delle persone nel loro rapporto con l’espletamento
dei doveri amministrativi e istituzionali. In relazione a ciò solo altri due
numeri: la CGIL nell’anno passato ha prodotto qualcosa come 55mila e
730 dichiarazioni di redditi e oltre 62mila pratiche fiscali di altro tipo,
come RED, ISEE, Detra e bonus fiscali.
La comunicazione
In un epoca come la nostra dove internet è ormai alla portata di tutti, la
CGIL dell’Umbria non poteva sottrarsi da questa scommessa. Una scommessa che sta vincendo, come, anche in questo caso, ci dicono i numeri.
Il sito www.CGILumbria.it, nato nel 2003, può oggi vantare una media
giornaliera di 400 visite nei giorni lavorativi, con picchi ben più elevati in
occasioni di grandi manifestazioni o eventi, come lo sciopero generale dello
scorso 12 dicembre 2008 (750 visite). Decine sono in Paesi di tutto il mondo che vi si affacciano regolarmente, dalla Germania alla Francia, dall’Argentina alla Polonia, passando dall’Indonesia, alla Moldova, all’Australia.
E oggi il sito web della CGIL Umbria, oltre al tradizionale materiale docu207
La società e i soggetti
mentale, ai comunicati stampa e alla galleria di immagini offre anche altri
prodotti multimediali quali registrazioni audio di interventi, interviste,
conferenze stampa e video di eventi, manifestazioni, interventi di personaggi di spicco del mondo sindacale e istituzionale. Inoltre, per essere sempre più al passo coi tempi, la CGIL dell’Umbria ha deciso anche di dotarsi
di un profilo su Facebook, il noto social network, strumento prezioso per
entrare in contatto con un importante pezzo di società (soprattutto giovane) che altrimenti sarebbe difficilmente raggiungibile con i tradizionali
canali di proselitismo.
Infine, un numero crescente di lavoratrici e lavoratori, pensionati e, più
in generale, di iscritti al sindacato (ormai oltre 500) riceve al proprio indirizzo e-mail la newsletter “CGIL Comunica”, uno strumento di informazione rapido e accessibile che contiene informazioni locali e nazionali e una
rassegna stampa delle notizie di carattere sindacale e più in generale sul
mondo del lavoro.
La CGIL, la crisi e l’Umbria
È del tutto evidente che oggi, in questo contesto di grave difficoltà, emergono, più chiari che mai, i limiti strutturali di cui soffre la nostra regione.
Quei limiti a cui in tante occasioni abbiamo fatto cenno e con i quali dobbiamo inevitabilmente essere in grado di fare i conti. Mostrando molta più
concretezza di quanto abbiamo saputo fare nel passato proprio perché i
cambiamenti di natura rivolutiva ci impongono oggi un livello ed uno
sforzo di innovazione come mai ci erano stati finora richiesti. Altrimenti
siamo destinati ad incanalarci in un tunnel senza uscita: quello fatto di
produzioni troppo tradizionali con scarso valore aggiunto e pochi margini.
E quando ci sono pochi margini ci sono pochi investimenti e quando ci
sono pochi investimenti questi sono soprattutto incentrati sui processi produttivi piuttosto che sui prodotti. E quando si innestano queste dinamiche
si tende oggettivamente a collassare e stressare in modo patologico il sistema produttivo agendo soprattutto sul contenimento dei costi e sul peggioramento delle condizioni di lavoro piuttosto che sulla ricerca,
l’ammodernamento tecnologico, l’innovazione e la messa a rete dei fattori
produttivi.
Continuo a pensare che proprio l’eccesso di frammentazione del sistema
produttivo, la troppa presenza di piccola impresa siano un limite serio che
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M. Di Toro - M. Mariotti, La CGIL umbra tra presente e futuro
non possiamo più affrontare con le giaculatorie teoriche, ma dal quale
emendarci tempestivamente. Non è possibile un recupero di competitività
sui mercati da parte del nostro apparato industriale se le singole aziende
continuano a parcellizzarsi, a scomporsi e a non relazionarsi tra di loro.
Non avremo chance di vincere la sfida nell’era della globalizzazione se le
nostre politiche di sviluppo continuano a scontare un deficit di infrastrutture, una insufficienza di innovazione e una scarsità di ricerca.
Un ragionamento questo che porta anche a doverci assolutamente interrogare sulla qualità della presenza dell’Università nella nostra regione e
su come e se tale presenza è davvero elemento di sostegno all’innovazione
nella produzione del sapere, nella formazione di intelligenze, professionalità e competenze, quanto nella ricerca legata alla sperimentazione di nuove
produzioni.
A tutto ciò si aggiunge e aggrava il quadro generale la pesantissima
crisi economica esplosa a fine 2008 e che sta sempre più duramente colpendo la nostra regione.
Una crisi che costringe a misurarsi con la necessità di interpretarla correttamente e di leggerla per quello che è, ovvero una crisi strutturale che
riscriverà le gerarchie dei poteri finanziari e delle funzioni produttive. Una
crisi che – differentemente da quanto si è detto e si continua a pensare – è
crisi produttiva e solo in un secondo momento finanziaria ed ha origine
nell’insostenibile squilibrio realizzatosi tra la rendita del capitale e la rendita del fattore lavoro. E ancora, si tratta di una crisi che imporrà necessariamente di ripensare in profondità l’assetto e la natura del nostro sistema
produttivo e della nostra organizzazione sociale. Non basterà più fare meglio le cose che abbiamo finora fatto bene, saremo chiamati a fare cose
diverse. Non basterà difendersi passivamente: nostro compito sarà progettare, all’interno di questa crisi, quello che dovremo essere quando ne saremo fuori.
In altre parole, non basta dire che possiamo avere più chances di uscire
della crisi perché abbiamo subito meno di altri (e penso anche all’Umbria)
i processi di finanziarizzazione dell’economia a scapito dei settori manifatturieri. Ma dovremo invece impegnarci in un progetto che dispieghi una
capacità di riposizionamento competitivo del complesso del nostro sistema
industriale.
Ci serve sostanzialmente una strategia di breve, medio e lungo periodo.
Nel breve vanno messi in campo strumenti, interventi e risorse per mettere
209
La società e i soggetti
in sicurezza lavoratori e sistema delle imprese, in modo tale da tutelare i
primi e sostenere il secondo nel complicatissimo percorso che ci deve portare
oltre la crisi. Nel medio e lungo invece, serve un impianto progettuale che sia
fondato in modo sinergico e contestuale su quattro assi: modello di sviluppo,
politiche industriali, politiche passive e politiche attive del Lavoro.
I numeri della crisi
Negli ultimi 5 mesi, nella nostra regione, oltre 5.000 imprese e attività
hanno cessato; nel periodo gennaio-marzo 2009 oltre 11.000 lavoratori
sono stati collocati in cassa integrazione, ordinaria e straordinaria e circa
1.500 sono stati posti in mobilità e quindi hanno visto cessare
definitivamente il loro rapporto di lavoro. Il territorio dell’Alto Tevere,
insieme a quello della fascia appenninica e dell’area di Terni e Narni, appare fra i più colpiti e in difficoltà. Perché maggiore è la concentrazione di
attività manifatturiere e industriali che risentono della drastica caduta sia
della domanda interna che dell’export; perché più numerosi sono i settori
“portanti” che sono entrati contemporaneamente in crisi (automotive e
meccanico in generale, edilizia, legno, tessile, tabacco); perché più numerose sono le piccole e micro imprese che risentono dei problemi di accesso
al credito e di rapporto con gli istituti bancari.
Intanto in Umbria sono quasi raddoppiati nei primi 3 mesi dell’anno i
lavoratori interessati da provvedimenti di cassa integrazione. Erano 5.499
a dicembre, sono arrivati a 10.762 alla fine di marzo. E intanto, dall’inizio
del 2009 sono 1.387 i lavoratori collocati in mobilità, la stragrande maggioranza dei quali, senza alcuna indennità, mentre è molto basso il ricorso
ai contratti di solidarietà che a marzo interessavano appena 198 lavoratori.
Sfide e confronti, come si può notare, inediti e davvero complessi.
Il Patto e la concertazione
Il Patto non è il Vangelo, non è la summa dell’elaborazione politica ed
economica; non ha nemmeno, come ho detto in altre occasioni, una funzione palingenetica. Però quello che in termini di elaborazione e proposta
avevamo da avanzare lo abbiamo confrontato ed inserito in quell’accordo.
Da questo punto di vista non credo ci si debba tanto interrogare, se davvero rimaniamo convinti che lì dentro ci sono le scelte fondamentali da at210
M. Di Toro - M. Mariotti, La CGIL umbra tra presente e futuro
tuare nell’interesse dell’Umbria, su quale altra o diversa piattaforma sia
utile oggi mettere in campo da parte del Sindacato per l’economia, la società, il lavoro, i diritti, il futuro della nostra Regione. Dobbiamo decidere
da subito di muoverci con concretezza e capacità di realizzazione sulla strada indicata.
In buona sostanza il cuore della nostra Piattaforma è riconducibile a
questi grandi obiettivi e principi: crescita, sviluppo, lavoro, diritti, coesione sociale. E poi c’è un ulteriore e determinante fattore strategico attorno
al quale costruire davvero l’innovazione dell’Umbria: quello che si sostanzia
attorno alla costruzione di politiche e percorsi che ci indirizzino a scommettere sul sapere, sulla conoscenza, sull’istruzione, sulla ricerca e
sull’ammodernamento tecnologico.
I rapporti unitari
Mai dal dopoguerra ad oggi i rapporti con CISL e UIL sono stati così indeboliti e persino seriamente compromessi. Ma il ruolo e la funzione del sindacato confederale in Italia non possono prescindere da un solido terreno
di azione unitaria, che, se viene meno, fa perdere al lavoro valore e tutele e
lascia i lavoratori più deboli e indifesi.
Del resto, diciamola tutta e con franchezza, uno dei propositi di fondo
della strategia di questo governo era quello di operare per dividere strutturalmente il sindacato confederale italiano. Puntare a fare di un pezzo di
esso il riferimento sociale del suo modello di società, e provare a
marginalizzare l’altra parte, quella che osteggiava tale disegno. E con questo cercare di legittimare, sul versante della rappresentanza sociale, una
classe politica che ne aveva e continua ad averne assolutamente bisogno.
La convinzione è che la ripresa di un’unità d’azione, non di una strategia
organica che oggi a me pare assolutamente fuori dalle condizioni date, può
trovare un presupposto di fondamentale importanza se verrà affrontato e
risolto il nodo della misurazione della rappresentanza sindacale e delle regole della democrazia di mandato. Questo proprio perché dobbiamo oggettivamente consegnarci ad un’idea di pluralismo sindacale, stante il fatto che sono in campo idee diverse della funzione e del modo di fare sindacato, proprio per questo è necessario darsi regole e norme condivise che
consegnino ai lavoratori la decisione ultima sui temi che sono di rilevanza
fondamentale.
211
La società e i soggetti
È del tutto evidente poi che anche le dinamiche della rottura sindacale
non tagliano uniformemente tutte le strutture e tutte le realtà sindacali. Il
fatto di lavorare insieme nei territori e nelle fabbriche, laddove l’esplodere
della crisi è più evidente, spinge e sollecita i sindacati a dare risposte concrete alla gente che rappresentano. Questo può essere un altro elemento
positivo nella direzione di costruire i terreni sui quali far vivere l’azione
unitaria dei sindacati.
212
La CISL
e la società regionale umbra
Quadrimestrale
Agenzia Umbria
Ricerche
Giovanni Ciani*
1-2/09
La CISL nasce, anche in Umbria, intorno agli anni cinquanta, quando a
livello nazionale, sulla spinta di fermenti presenti nel mondo cattolico, si
decide la costituzione di un sindacato più autonomo dalla politica.
Più autonomo soprattutto dalla ingerenza dei partiti di sinistra dell’epoca, che intendevano utilizzare il sindacato come “cinghia di trasmissione” di visioni e di azioni finalizzate a raggiungere obbiettivi di carattere
politico, piuttosto che essere strettamente orientati ad affrontare e risolvere i problemi dei lavoratori.
In molte testimonianze e racconti di persone, che fondarono la CISL in
Umbria, alcune ancora in vita, o da documentazioni presenti negli archivi
storici (di Perugia, Terni e Foligno), traspare forte la volontà e l’orgoglio di
dare vita ad un soggetto sindacale, libero da ogni ingerenza politica, autonomo verso ogni interlocutore e ogni controparte sia pubblica che privata,
in grado di curare ed affermare gli interessi dei lavoratori.
Una organizzazione fondata su valori universali quali libertà, uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale, con una forte propensione a costruire comunque l’interesse generale ed il bene comune.
Partivano dalla concezione che i lavoratori possono trovare il
soddisfacimento dei loro bisogni e delle loro aspirazioni, solo in una società
*
Per la Segreteria regionale umbra della CISL.
213
La società e i soggetti
armonica ed equilibrata, dove tutte le componenti sociali possono ricercare
la composizione dei diversi interessi, in un libero confronto tra di loro, in
complemento, spesso per cambiare e migliorare e a volte precedendo, leggi
e norme, dettate dalla organizzazione dello Stato, nei vari livelli Nazionali
Regionali e Locali.
Ci sono racconti testimonianze e documenti, che attestano la presenza
di questi fermenti di libertà e autonomia fin dal 1948, con la creazione di
una prima rete organizzativa denominata LCGIL ( Libera CGIL), parola
che si ritrova anche nella prima sigla della CISL, che ufficialmente nasce
nel 1950, e che significava: Confederazione Italiana Sindacati Liberi; “L”
che poi assumerà il significato di “Lavoratori”.
Questa sigla, Confederazione Italiana Sindacati Liberi, scritta per esteso, era presente sulla insegna (una targa in pietra chiara) della CISL zonale
di Spoleto, della quale coloro che la frequentavano erano particolarmente
fieri (ricordo personale di Giovanni Ciani). Anche in altri territori, ad esempio
a Città di Castello, negli anni ottanta, le persone che si rivolgevano alla
CISL, non conoscendo ancora bene questa sigla, dicevano di andare dai
“sindacati liberi”.
Un sindacato nuovo che nasce e si sviluppa nel mondo contadino e
rurale dei primi anni cinquanta, porta la sua presenza nelle poche fabbriche, industrie e uffici che, in quel periodo, si andavano creando, soprattutto nel territorio di Perugia.
Nel Ternano, invece, la presenza di grandi imprese, metalmeccaniche e
chimiche a partecipazione statale, rese possibile una presenza del nuovo
sindacato nel settore industriale, in maniera più rapida e più significativa.
I primi periodi sono stati davvero durissimi, era quotidiano e forte il
tentativo strumentale, di omologare questa nuova esperienza sindacale, al
“sindacato dei preti e dei padroni”.
Era il tempo in cui, per sostenere anche economicamente la nascente
organizzazione, non essendoci ancora una legislazione di sostegno (statuto
dei lavoratori, ecc.) e né la possibilità di finanziarla con quella che oggi
conosciamo come la “delega” al sindacato, si procedeva soprattutto alla
“raccolta del grano”, in occasione della trebbiatura, presso le case dei contadini con mezzi di fortuna (motocicletta, prime automobili quali la
“Topolino”, ecc.), oppure con la raccolta di contributi volontari, da parte
dei lavoratori, davanti alle fabbriche.
Le riunioni si tenevano la sera o nei giorni festivi, erano molto sentite e
214
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
partecipate; si sommava l’entusiasmo di costruire qualcosa di nuovo, con
la spinta alla ricostruzione del dopoguerra, con la speranza di realizzare un
futuro migliore per sé e per i propri figli.
“Studia figlio mio, così non dovrai zappare la terra e passare quello che
ho passato io!”, era l’incitamento dei genitori in un periodo dove la crescita, lo sviluppo e il miracolo economico erano, più che una speranza, una
certezza.
Le ultime importanti battaglie per il mondo rurale e contadino, negli
anni cinquanta e sessanta, prima dell’inizio del miracolo economico, furono per il riconoscimento del “plusvalore” ai contadini (legge Salari, senatore di Foligno) le leggi per la “trasformazione della mezzadria in affitto” e,
infine, la conquista di pensioni, seppure minime, anche per contadini e
piccoli coltivatori diretti che avevano versato poco o niente di contributi.
Oltre alla novità rappresentata dalla nascita di un nuovo soggetto sindacale, la CISL portò anche altre novità:
- Dal punto di vista organizzativo puntò sulla struttura confederale, composta cioè da Federazioni di Categoria, autonome sia dal punto di vista
politico che economico, anche se unite da norme statutarie e di comportamento comuni, da valori e ideali condivisi.
- Dal punto di vista politico puntò su altri elementi quali: l’autonomia
fondata su una propria capacità progettuale, propositiva e rivendicativa;
la capacità contrattuale, confermando il ruolo delle categorie nel realizzare i contratti collettivi nazionali di lavoro, ma soprattutto introducendo
la contrattazione articolata aziendale e/o territoriale; una vera e propria rivoluzione, che stentò non poco ad affermarsi anche nelle altre organizzazioni sindacali, e che si rilevò subito come il vero fattore di successo
del sindacato confederale italiano. Con il suo radicamento capace di
affrontare i problemi in ogni luogo di lavoro e diffondendo, con le prime Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA), una vera e forte democrazia, in cui tutti potevano parlare, esprimersi e decidere su aspetti rilevanti
della loro condizione lavorativa e della loro vita.
- Portò poi la concezione della democrazia economica, attraverso la proposta
di far partecipare i lavoratori alla vita economica e decisionale delle imprese
(per un lungo periodo si discusse di uno 0,5 % del salario), obiettivo su
cui ancora si discute e che non è ancora stato raggiunto.
- Anche la riduzione degli orari di lavoro, prima dalle 48 ore settimanali,
alle 40 ore, poi verso le 35 ore, è stato un costante impegno della CISL;
215
La società e i soggetti
come sono lontani quei tempi!!! oggi alcuni personaggi, che non conoscono né la storia né la cultura di un movimento sindacale che ha con le
sue azioni contribuito, in modo determinante, al progresso civile del nostro paese, ripropongono con allarmante leggerezza le 60 ore settimanali.
- Una visione laicamente cristiana della società con la persona al centro di ogni
azione, di ogni obbiettivo politico ed economico, la persona con la sua
dignità, la sua libertà i suoi diritti.
Questi valori, concretizzati attraverso precise proposte, maturati attorno alle
riflessioni di personaggi come Don Milani, Luigi Sturzo, Giulio Pastore e
Mario Romani, hanno consentito alla CISL, anche in Umbria, una rapida
affermazione ed una crescita importante.
All’inizio negli anni cinquanta e sessanta, è stata presente quasi esclusivamente la struttura confederale, rappresentata dai segretari provinciali di
Perugia e Terni, e dai delegati di zona, che si occupavano di seguire le vicende
delle varie categorie e della organizzazione, che allora era quasi esclusivamente rappresentata dal Patronato INAS e dall’Ufficio Vertenze.
Con l’andare del tempo e con l’aumento degli iscritti, nel corso degli anni
settanta, hanno iniziato a strutturarsi le prime Categorie, la FIM nei
metalmeccanici, la FEDERCHIMICI nel settore chimico, la FILCA nel settore edile, la FILTA nel tessile e abbigliamento, la FEDERPUBBLICI tra i
dipendenti pubblici, la FISO nella sanità, il SINASCEL nella scuola elementare e il SISM nelle scuole medie e superiori, la FNP tra i pensionati, ecc.
Nel settore del pubblico impiego e nella scuola, la CISL è diventata presto il primo sindacato per numero di iscritti e per numero di rappresentanti.
Nei luoghi di lavoro le rappresentanze sindacali erano le Commissioni
Interne e le RSA; negli anni ottanta si sono trasformate nei Consigli di Fabbrica, con il mantenimento anche delle RSA.
Attualmente le RSU sono le strutture di rappresentanza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro, esse vengono elette direttamente da tutti i lavoratori, su
liste presentate dalle organizzazioni sindacali.
La conquista di leggi fondamentali quali lo “Statuto dei diritti dei lavoratori” (legge 300 del 20 maggio 1970), le leggi sul finanziamento dei patronati, e una notevole “legislazione di sostegno” alle attività e ai servizi offerti,
hanno dato un ulteriore impulso al consolidamento e allo sviluppo di tutto il
sindacato.
Per la CISL le categorie hanno sempre avuto un ruolo di primaria importanza; con la loro autonomia e la loro forte presenza nei luoghi di lavo216
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
ro, hanno rappresentato il primo fondamentale strumento di tutela e di
miglioramento delle condizioni dei lavoratori, condizioni sia salariali che
normative, con lo sviluppo della contrattazione aziendale fin dai primi anni
settanta.
Categorie, che appunto perché autonome, hanno prodotto una straordinaria ricchezza di elaborazioni e di proposte, che hanno trovato una composizione armonica, anche se complessa e dialettica, nella politica confederale di tutta la CISL.
Per tutti gli anni settanta e ottanta, ci si è confrontati tra “Tesi 1”, in cui
si ritrovavano le categorie del settore privato, e “Tesi 2” che raccoglieva le
posizioni delle categorie del settore pubblico, con la categoria dei pensionati che fungeva da ago della bilancia.
La Tesi 1, della CISL confederale si caratterizzava anche per una maggiore propensione alla unità sindacale, che per pochi voti ha prevalso, e ha
portato alla nascita della Federazione Unitaria. È del 1973 uno storico
congresso tenuto a Spoleto nella sala del Chiostro di San Nicolò, vinto da
Bruno Storti, nei confronti di Vito Scalia che rappresentava la Tesi 2.
Queste vicende, seppure di livello nazionale, sono state vissute con grande
intensità e partecipazione, anche nella giovane CISL dell’Umbria.
Il ruolo confederale è andato negli anni via via crescendo, con il crescere
della consapevolezza, che per difendere o migliorare le condizioni dei lavoratori e dei pensionati, non era sufficiente chiedere aumenti dei salari e dei
diritti all’interno dei posti di lavoro.
Bisognava agire anche in ambito più vasto, nelle condizioni sociali ed
economiche, determinate da aumento dei prezzi, dalla qualità e quantità
dei servizi e dal loro costo, dalla efficienza e/o dagli sprechi della pubblica
amministrazione, dalla capacità o meno di costruire politiche economiche
orientate alla crescita e allo sviluppo.
Questa consapevolezza determinò, ad ogni livello delle Confederazioni,
dal nazionale al territoriale, la necessità di costruire piattaforme e
rivendicazioni rivolte sia alle controparti pubbliche che private.
Piattaforme e rivendicazioni richiedevano apertura di confronti e trattative, che non sempre venivano avviate, raramente portavano a degli accordi, che quasi mai venivano rispettati; di conseguenza, spesso si rendevano necessarie iniziative di lotta con scioperi e/o manifestazioni per sostenere richieste a cui non venivano date risposte.
È degli ultimi anni settanta il primo sciopero regionale, con manifestazione
217
La società e i soggetti
a Perugia; erano Segretari Regionali, Roberto Pomini per la CISL, Quintilio
Treppiedi per la CGIL, Claudio Spinelli per la UIL ed era Presidente della
Regione Pietro Conti.
Fu uno sciopero generale memorabile per la sua piena riuscita e anche
per alcuni strascichi, non proprio edificanti che ne seguirono: alcuni dei tre
protagonisti di quella battaglia subirono pesanti conseguenze per aver “osato” contestare un governo regionale composto, allora come ora, da forze di
centro-sinistra. Forze che erano convinte, e ancora in parte lo sono, di avere
l’esclusiva rappresentanza della classe lavoratrice.
Queste iniziative, in varie forme, sono continuate negli anni e continuano anche oggi con riunioni dei Consigli Generali Regionali, con assemblee
di quadri e delegati, a volte con delle manifestazioni, un po’ più raramente
con scioperi, per sollecitare accordi e la loro realizzazione in tempi utili,
realizzazioni che spesso purtroppo non arrivano mai.
Questa politica del sindacato confederale, portata avanti soprattutto
dalla CISL, si sviluppa ad ogni livello dell’organizzazione e porta a grandi
accordi a livello nazionale, ed è tutta dentro il concetto del “passaggio
dalla politica dello scontro alla politica del confronto”, ha portato alla affermazione della “politica della concertazione”.
Di seguito si riporta una sintesi delle tappe più significative di questo
cammino, che muove i primi passi nel 1977, con il primo governo di unità
nazionale, fatto cadere da un memorabile sciopero dei metalmeccanici della Federazione Unitaria dei Metalmeccanici (FLM).
Cominciano così le prime delusioni dai governi che sembrano più amici
ma che non riescono a rispondere efficacemente alle esigenze del mondo
del lavoro; si caratterizzarono invece nel proporre ulteriori sacrifici come
blocco delle liquidazioni, ecc. Questo sciopero culmina con una manifestazione a Roma in P.zza S. Giovanni, di cui si ricorda una significativa una
frase del Segretario Generale della FIM, Franco Bentivogli: “Questo Governo Andreotti è come Superciuk, che ruba ai poveri per dare ai ricchi”.
Questa strategia di concertazione, incentrata sulla politica di tutti i redditi (per il rientro da una inflazione che aveva superato il 20%), ha visto
sempre proposte innovative della CISL, come i famosi “10 punti” dei primi
anni ottanta, ha poi avuto uno sviluppo molto importante che ha portato
alle seguenti realizzazioni:
- 14 febbraio 1984: accordo sulla riforma della “scala mobile” o “accordo
di San Valentino” (sottoscritto solo da CISL e UIL);
218
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
- 23 luglio 1993: accordo sulla politica dei redditi;
- ottobre 1995: riforma delle pensioni “riforma Dini”. Quello fu l’accordo della vera riforma, che introdusse per tutti coloro che allora avevano
meno di 18 anni di contributi, il sistema contributivo, che per il futuro
metterà il sistema in equilibrio (ognuno riceverà come pensione quello
che ha versato come contributi).
- 1997: verifica e ulteriore aggiustamento riforma pensioni;
- dicembre 1998: “patto di Natale” (firmato da tutti, quasi totalmente
inapplicato);
- luglio 2003: nuovo accordo sulla politica dei redditi;
- 2005: “patto per l’Italia” (non firmato dalla CGIL, in gran parte disatteso);
- 23 luglio 2007: protocollo d’intesa per il rilancio del paese e per il
superamento della precarietà;
- 2008: sono stati realizzati accordi, singolarmente, con tutte le associazioni imprenditoriali, sulla riforma della struttura contrattuale dopo 15
anni dal luglio 1993, accordi approvati congiuntamente da tutte le associazioni imprenditoriali; questa intesa con tutte le associazioni imprenditoriali, è stata presentata al governo per essere sottoscritta da
tutti nella più alta sede istituzionale, e per i relativi impegni dello stesso
governo, come datore di lavoro;
- 22 gennaio 2009: l’accordo viene ratificato e sottoscritto da tutti, tranne
che dalla CGIL; la piattaforma era stata presentata unitariamente a
maggio 2008, tutte le trattative sono state condotte unitariamente, poi
ancora una volta, nel momento delle decisioni importanti, manca la
responsabilità di scegliere, valutando il merito dei risultati ottenuti, i
migliori possibili in quel momento. Ancora una volta si creano dannose
fratture nel sindacato, ora che in questa crisi senza precedenti, sarebbe
necessaria la massima unità e forza, di tutto il mondo del lavoro.
A livello regionale e territoriale le confederazioni, in parallelo ed in coerenza con questi accordi di concertazione realizzati a livello nazionale, hanno
sviluppato ulteriori percorsi di concertazione.
Percorsi che spesso hanno portato ad accordi per lo sviluppo dei Territori, per la razionalizzazione dei servizi pubblici Territoriali, per Patti di Territorio e Contratti d’Area per i territori attraversati da profonde crisi e
ristrutturazioni; per semplificare e unificare a livello regionale imprese di
Pubblici Servizi; unificazione di Agenzie per lo sviluppo; riforme istituzio219
La società e i soggetti
nali (ATI, Comunità Montane, ecc.); confronti sui bilanci per il
contenimento di prezzi e tariffe; patti di stabilità fiscale e tariffaria; patti
per il miglioramento dei servizi, per le politiche attive del lavoro; con piani
strategici su settori importanti quali sanità, sociale, non autosufficienza,
trasporti, energia, rifiuti, ecc.
Spesso abbiamo sottoscritto ottimi accordi, tra i migliori a livello nazionale, ma che in grande parte non vengono realizzati.
Da questa breve descrizione, è evidente che il ruolo e il peso delle politiche confederali è molto rilevante e lo diventerà sempre di più, perché una
società sempre più complessa, complicata e globalizzata, per essere governata con efficienza e giustizia, non può fare a meno della concertazione con
e tra i corpi intermedi più importanti.
La politica di concertazione
La concertazione nazionale
Fin dai primi anni ottanta (dopo i primi “governi di solidarietà nazionale”, verso la fine del periodo degli anni di piombo e del terrorismo, agli
inizi di un lungo periodo di crisi economica, che attraverserà tutti gli
anni ottanta) la CISL matura la convinzione che per governare i cambiamenti nell’economia e nella società, non è più sufficiente la sola contrattazione, che la crisi economica e sociale rischia di vanificare le conquiste
normative, salariali, i diritti di cittadinanza dei lavoratori e del sindacato.
Matura la convinzione che la “politica dello scontro” deve essere sostituita con la “politica del confronto”.
Confronto con interlocutori e controparti, sia nel pubblico che nel
privato, dove ogni parte in gioco non rivendica più soltanto concessioni e
acquisizioni ma propone una politica nuova, quella della responsabilità e
della collaborazione.
Ognuno rinunciando al proprio esclusivo interesse, realizza accordi triangolari (sindacato, istituzioni e associazioni imprenditoriali), contribuisce,
con azioni concordate e coerenti, allo sviluppo economico e sociale e alla
costruzione del bene comune.
Nel 1983 la CISL per prima, attraverso una proposta articolata in
“dieci punti”, cerca di concretizzare questa intuizione, con azioni mirate:
politiche per lo sviluppo, politiche per il mezzogiorno, politica equilibrata di tutti i redditi, lotta all’inflazione con politiche contrattuali coerenti
220
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
attraverso la “predeterminazione dell’inflazione” (correre avanti all’inflazione non corrergli dietro), riduzione degli orari di lavoro (35 ore), partecipazione dei lavoratori alla vita economica del paese e delle imprese (con
lo 0,50 % del salario), investimenti per la formazione la ricerca e l’innovazione.
Un sindacato che cerca di “CAPIRE IL NUOVO E GUIDARE IL
CAMBIAMENTO”, “FARE GOVERNO, FARSI GOVERNO” del paese,
insieme alle altre componenti fondamentali della società.
È con queste premesse che il 14 FEBBRAIO 1984 viene sottoscritto il
PRIMO ACCORDO DI CONCERTAZIONE NAZIONALE PER LO SVILUPPO ECONOMICO e sociale del paese, con equilibrio, equità e giustizia. Accordo che non verrà firmato dalla CGIL, determinando così la
PRIMA GRANDE ROTTURA DELLA FEDERAZIONE UNITARIA,
che tanto aveva fatto sperare nella ricostituzione in Italia di un grande
sindacato unitario; rottura consumata sempre per ragioni politicopartitiche, tanto è vero che su questo accordo il PCI proporrà un referendum abrogativo. Referendum che dopo una campagna lacerante, confermerà la validità dell’accordo e determinerà una bruciante sconfitta per
chi lo aveva proposto. Era una Federazione Unitaria bloccata dai no e dai
veti che non consentivano di affrontare e risolvere i gravi problemi del
paese, paralizzata da ragioni politiche; per questo la CISL, ancora una
volta, scelse la strada scomoda di una nuova rottura e della chiarezza,
orientata solo a risolvere i problemi del mondo del lavoro.
Grazie a questo accordo, il livello di inflazione che aveva superato il 20%
annuo è gradualmente diminuito fino a rientrare nella media europea, il
paese ha risanato la sua economia, è stato possibile l’ingresso in Europa,
tutto grazie ai sacrifici e al senso di responsabilità del sindacato e dei
lavoratori.
Questa svolta sancita da questo grande accordo sottoscritto dalla maggioranza del sindacato, dal governo e dalle associazioni imprenditoriali,
si basava su due premesse fondamentali:
1) il pieno rispetto dei contenuti dell’accordo da parte di tutti i firmatari;
2) il mantenimento delle distinzioni dei ruoli e della rappresentanza di
ciascuno.
Il primo punto però è stato rispettato solo dal sindacato e dai lavoratori,
perché spesso il governo e gli imprenditori non vi hanno tenuto fede.
Spesso il sindacato ha dovuto fare ricorso ad azioni di lotta e scioperi
221
La società e i soggetti
generali, per affermare questioni concordate, che avevano come premessa anche quella di evitare i conflitti.
A luglio del 1993, sempre su forte sollecitazione della CISL, si sottoscrive un nuovo importante accordo (firmato questa volta anche dalla CGIL
con grande travaglio e spaccature al proprio interno), che riconferma la
validità della concertazione, definisce la necessità di aggiornamenti (ma
forse 10 anni sono troppi) per costruire strumenti nuovi, adeguati alle mutate
situazioni, per orientare e governare politiche per lo sviluppo del paese e,
attraverso una attenta e rigorosa politica dei redditi, ridistribuire con equità la ricchezza prodotta.
Questo accordo viene convalidato con una grande stagione di assemblee in tutti i luoghi di lavoro che lo approvano a stragrande maggioranza,
seppure tra mille polemiche.
Dopo questo avvio un po’ burrascoso la politica della concertazione
prosegue fino ad oggi, e produce una lunga serie di grandi accordi, che fino
al 2002-2003, consentono di raggiungere due risultati storici: quello di
contribuire in modo determinante alla tenuta dei conti pubblici e, contemporaneamente, a difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni.
Questi ultimi anni però hanno visto il deteriorarsi pesante della situazione economica, con un paese dalla crescita intorno allo zero ed una inflazione reale molto più alta di quella dichiarata, con forti ritardi nei rinnovi
dei contratti, con perdita ancora più accentuata del potere d’acquisto delle
pensioni che non sono mai state collegate alle dinamiche salariali e contrattuali.
Questi grandi accordi debbono essere adeguati e aggiornati per tornare
ad essere efficaci.
Intese, accordi, concertazione sono un indispensabile fattore di successo, l’anima di una politica che non ha alternative, che deve essere rivalutata
e rimessa al centro della vita economica e sociale del nostro Paese, dell’Europa e del Mondo.
La concertazione regionale
In un certo senso è stata anticipatrice di quella nazionale; è degli ultimi anni
settanta, quindi poco dopo la costituzione delle regioni, la prima piattaforma regionale di CGIL-CISL-UIL e del primo sciopero regionale della storia dell’
Umbria.
I suoi contenuti riguardavano già allora le politiche di sviluppo regiona222
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
le, la difesa e lo sviluppo della occupazione, la semplificazione e l’ efficienza
della pubblica amministrazione, nuove relazioni sindacali sia nel privato
che nel pubblico, migliori condizioni salariali e normative per i lavoratori.
Le motivazioni dello sciopero furono relative alla necessità di affermare
il sindacato quale soggetto titolare di una autorità contrattuale e salariale
riconosciuta.
A quella prima piattaforma ne seguirono altre e quasi tutte si sono
concluse con buoni accordi; accordi quasi sempre positivi, ma quasi mai
rispettati dalle controparti: Azienda unica dei trasporti (1996 mai realizzato); Sanità e liste di attesa; Sociale; Rifiuti; Acqua e gas; Infrastrutture; Sicurezza; Selezione delle imprese da sostenere; Selezione di quelle che rispettano i contratti
di lavoro e le leggi a cui affidare la realizzazione di opere pubbliche (mai applicato); Stabilità fiscale e tariffaria; Formazione e istruzione; Politica industriale e di
sviluppo, produttività e competitività; Disoccupazione intellettuale; Politica agricola, ecc.
Eventi straordinari come quello relativo al terremoto del 1997, pur nella
sua drammaticità, ha rappresentato un momento di crescita e di arricchimento della concertazione e della coesione della società regionale; ha determinato un momento molto importante, con l’approvazione di una legge regionale sulla sicurezza nei cantieri e per la regolarità dei lavoratori, con il
consenso di tutte le parti sociali; ha portato ad una legge regionale che ha
introdotto il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), attraverso
il quale si è raggiunto un risultato straordinario: non si è verificato in tutto
il periodo della ricostruzione nessun incidente mortale, né alcun incidente
grave. Una legge che è ormai entrata nella legislazione Nazionale ed è
stata estesa a tutti i settori.
È stata approvata anche un’altra importante legge sui cantieri edili,
intorno all’anno 2000, che introdusse la Consulta Permanente per la Sicurezza (realizzata nel Comune di Foligno e in pochi altri comuni, che ben
presto è stata dimenticata), unitamente alla vigilanza integrata tra INPS,
INAIL e ASL, che aggiunte al Cantiere Scuola (realizzato presso il Centro
Mancini di Foligno), costituirono una esperienza di grandi innovazioni e
dinamismo positivo nel settore edile.
Un altro fatto importante che ha accompagnato la fase della ricostruzione è stata la discussione sul Piano Integrato per lo sviluppo delle Aree Terremotate (PIAT), nel corso del quale si è consolidata la convinzione della necessità di incentivare progetti capaci di integrare in precise filiere, (turi223
La società e i soggetti
smo-ambiente-cultura, sviluppo sociale, sviluppo produttivo, infrastrutture e agroalimentare) tutti i fattori e le specifiche risorse del territorio; è
stata una discussione importante che ha coinvolto anche centinaia di imprese, che è durata più di tre anni.
Dopo l’uscita dei primi bandi, anche questa esperienza è stata dimenticata e non ha più visto nessun incontro e nessun momento collegiale, per la
verifica del suo andamento, delle eventuali difficoltà e dei progetti realizzati.
Anche il sostegno alla contrattazione aziendale e alle richieste di miglioramenti salariali ha visto diversi momenti di coordinamento e sostegno
da parte delle Confederazioni, che in diverse occasioni hanno promosso
momenti di lotta a livello regionale e provinciale.
L’ultimo atto della concertazione regionale ha visto la sottoscrizione del
Patto per lo sviluppo e la coesione sociale, siglato nel 2002, che ha incontrato nei
primi quattro anni forti difficoltà per la sua concretizzazione.
Nel 2006, proprio per sbloccarne la realizzazione, si è dato avvio ad una
“seconda fase” che ancora oggi ci vede impegnati in azioni di pressione e
sollecitazione.
Nel 2007 e nel 2008 è continuato il confronto su specifici tavoli regionali, previsti dal patto, che hanno portato, tra l’altro, alla sottoscrizione di
importanti accordi: per la stabilità fiscale e tariffaria, per il sostegno dei
servizi sociali, per la razionalizzazione e riorganizzazione di servizi a rete,
con la realizzazione di una Holding regionale preliminare alla realizzazione
di una Azienda Unica Regionale del trasporto pubblico.
Il 21 gennaio 2009 è stato sottoscritto un ulteriore accordo sul patto di
stabilità fiscale e tariffaria.
La concertazione territoriale
Non si è sviluppata in modo omogeneo in tutte le aree della Regione; si
sono costruite diverse piattaforme territoriali che avevano come contenuti: il riassetto istituzionale e il riequilibrio regionale (tra questi c’era
anche la terza provincia), il miglioramento dell’efficienza della pubblica
amministrazione e la lotta agli sprechi, il contenimento dei prezzi e delle
tariffe dei principali servizi pubblici (acqua, gas, rifiuti, trasporti, asili,
case di riposo, ecc.), politiche per lo sviluppo e l’occupazione, la riforma
e l’ammodernamento delle infrastrutture (ferrovie, strade, trasporti, sanità, formazione professionale, ecc.).
In alcuni territori sono stati sottoscritti accordi per la realizzazione del224
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
l’Azienda unica dei servizi territoriali, in altri si sono realizzati Contratti
d’Area e Patti territoriali.
Quasi sempre la concertazione territoriale è stata vissuta come un elemento
fondamentale per lo sviluppo del territorio; la crescita e il miglioramento delle
relazioni e dei rapporti, tra tutte le parti sociali ed istituzionali, come un fattore
determinante della competitività del territorio.
Sempre a livello territoriale sono state vissute con forte intensità, seppure
con modalità diverse, le vicende che hanno accompagnato le grandi vertenze
nazionali confederali, gli accordi a volte separati, le rotture e le ricomposizioni
dell’unità sindacale.
Si è così radicata la convinzione che il pieno dispiegarsi della concertazione
territoriale sia un elemento fondamentale per la realizzazione dello stesso patto
regionale di sviluppo; da realizzare attraverso momenti unificanti a livello
regionale ma con una attenta ed equilibrata distribuzione nei diversi territori, oltre che della presenza dei centri operativi, anche dei centri di coordinamento e di direzione (aziende e servizi di interesse pubblico, per i trasporti, per l’acqua, per il gas, per i rifiuti, ecc.).
Anche in questi giorni di inizio del 2009 sono in corso confronti con
tutti gli enti locali, sui bilanci di previsione, sui servizi, sulle tariffe, sulla
lotta alla evasione fiscale, sulle politiche di sviluppo, ecc. che dovrebbero
portare a specifici accordi, come è già avvenuto con il Comune di Perugia.
La contrattazione aziendale
Nei periodi di normalità e/o di sviluppo
Prende avvio negli anni 70, si sviluppa negli anni 80 e successivi, con momenti di vario segno ed intensità, in relazione alle fasi di sviluppo e di crisi
che anche la nostra regione ha attraversato.
Comincia nelle imprese più grandi: Acciaierie di Terni, Terni Chimica,
Perugina, Spagnoli, Ellesse, IGI, Poligrafico Buitoni, Cementir, Pozzi,
Minerva, OMA, Rapanelli, ecc.
Si sono affermate e generalizzate nelle imprese dove il sindacato è presente meno del 50% del totale, viste le ridotte dimensioni delle nostre realtà
produttive) e si sono incardinate sui seguenti contenuti: investimenti, occupazione, programmi e prospettive aziendali, orari, organizzazione e ambiente di lavoro, diritti sindacali, decentramento produttivo, inquadramento e
classificazione del personale, premio di produzione, varie ed eventuali.
225
La società e i soggetti
Questo era lo schema che per molti anni ha accompagnato la contrattazione aziendale nella nostra regione, soprattutto nei periodi di tranquillità
e di crescita.
Nei periodi di crisi e per la prevenzione delle crisi
Nella CISL matura anche un’altra convinzione importante, riguardante il
confronto e le trattative nelle aziende e con le associazioni imprenditoriali:
i rappresentanti dei lavoratori, ad ogni livello, per essere veramente autonomi ed all’altezza del confronto con ogni controparte, per affrontare e
tentare di risolvere problemi sempre più difficili e complessi, deve dotarsi
di strumenti formativi, di sindacalisti capaci di confrontarsi alla pari con ogni
controparte, magari avvalendosi anche di esperti eterni al sindacato ma vicini al mondo del lavoro.
È di quel periodo una battuta che si usava per rendere, con semplicità,
l’idea di questo concetto quando le controparti si presentano con avvocati,
giuristi, commercialisti, consulenti o altro noi dobbiamo essere al loro livello “non possiamo combattere con aereoplanini di carta, chi possiede
missili a testate nucleari multiple”.
Quindi, la collaborazione con esperti esterni, l’analisi e la riclassificazione
dei bilanci aziendali, è indispensabile per capire se l’azienda va bene o male,
se attraversava un processo positivo o di recessione, se la situazione è tale
da consentire richieste salariali, la loro quantità e le modalità più idonee
per ottenerle e nello stesso tempo consentire la continuità e lo sviluppo
dell’impresa.
Risalgono agli anni 80 i primi accordi sul “premio di produttività” legato al “MOL” (Margine Operativo Lordo = utile aziendale prima delle imposte).
Moltissimi di questi accordi sono ancora in vigore e la modalità di analisi delle situazioni aziendali, le modalità di calcolo di controllo e gestione
dei risultati, non sono ancora stati cambiati né si è individuato qualche
cosa di innovativo.
Questo era anche un modo per utilizzare, con attenzione ed intelligenza, la pressione sindacale e le rivendicazioni salariali come elemento di sollecitazione delle innovazioni aziendali, sempre necessarie in ogni impresa,
soprattutto nei momenti in cui la competizione è più forte; è invece un
modo che viene usato sempre di meno.
Una parte importante del patto per lo sviluppo e la coesione sociale
226
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
della regione conteneva un capitolo che si rifaceva a queste convinzioni,
quello per la prevenzione e la gestione delle crisi aziendali, che non è mai
stato realizzato.
Il patto prevedeva anche il coinvolgimento degli istituti di credito, in
un lavoro di monitoraggio, analisi costante e condivisa, con la individuazione
congiunta di possibili soluzioni, non è mai stato attuato; un accordo tra
regione e banche, che doveva vedere anche il coinvolgimento del sindacato, non è mai stato completato né realizzato; questo è uno dei ritardi gravi
nell’attuazione del patto regionale che dovrebbe avere molta più attenzione e determinazione per essere rapidamente recuperato.
In alcuni territori, nel corso della crisi degli anni ottanta, queste
metodologie, quando sono state correttamente attuate, hanno consentito,
ad esempio, di mantenere aperte moltissime aziende che altrimenti avrebbero chiuso.
Attraverso l’analisi e la riclassificazione dei bilanci aziendali, con il
coinvolgimento di esperti esterni di fiducia del sindacato, delle istituzioni e
delle associazioni imprenditoriali, sono stati realizzati accordi triangolari di
grande valore anche culturale che sono risultati indispensabili per la costruzione di soluzioni positive per aziende in condizioni disperate ed anche
per il trasferimento di complessi industriali (Perugina, Pambuffetti,
Cotonificio, ecc.).
Un mese di occupazione alla Colussi (agosto 1975) per respingere 100
licenziamenti, (fabbrica sequestrata dal Sindaco di Assisi Gianfranco Costa, poi dissequestrata); le ripetute vicende della crisi della Pozzi, della
Minerva, del Cotonificio, ecc., sono delle vicende che sarebbe molto interessante analizzare, come esperienze a cui far riferimento, soprattutto ora
che la crisi sta tornando a mordere, più profonda e più grave che mai.
È indispensabile avviare rapidamente un confronto con il sistema del
credito, particolarmente rilevante in momenti di grave crisi come questo,
ma il tavolo previsto dal patto di sviluppo e coesione sociale dell’Umbria
non è mai decollato, e le banche locali sono ormai quasi scomparse, con
grave danno per l’economia dei nostri territori.
La sindacalizzazione di alcune multinazionali
Nestlé
Il grado di sindacalizzazione è di circa il 60% della forza lavoro, in forte
227
La società e i soggetti
calo rispetto al passato quando raggiungeva punte anche dell’80%. La FAI
CISL conta circa 150 iscritti (22% del totale). C’è da considerare che seppure
lentamente siamo in crescita mentre il crollo più evidente è della CGIL,
che rimane comunque la sigla più rappresentativa. L’età media dei lavoratori è di circa 34 anni perciò se vogliamo fare un’analisi dell’adesione al
sindacato, dobbiamo dire che i giovani tendono a non iscriversi ma quando
lo fanno premiano la CISL.
La RSU fa contrattazione di secondo livello e firma accordi importanti,
portati come esempio in varie parti d’Italia (vedi accordo del part-time del
1999); alcuni componenti RSU fanno parte del coordinamento nazionale
di gruppo e del CAE.
Questa multinazionale investe nel settore produttivo ma ha gradualmente spostato la “testa” altrove.
Tutte le funzioni direttive e amministrative sono altrove, anche le buste-paga vengono ormai fatte in Polonia.
La Barry Callebaut è un’altra grande multinazionale, leader mondiale
della produzione e trasformazione del cacao a cui Nestlè ha ceduto un
ramo d’azienda che considerava non strategico alla produzione di cioccolato liquido.
La Barry si è insediata da appena un anno e sta investendo molto, raddoppiando i volumi prodotti; le premesse sembrano buone.
Abbiamo lo stesso grado di sindacalizzazione presente in Nestlè, visto
che ne è una costola, ma in questa RSU la CISL ha la maggioranza assoluta. Anche qui la RSU fa contrattazione, stipula accordi di buon livello ma
è meno autonoma, richiede di più il supporto del sindacato esterno.
In tutte e due le aziende la FAI si distingue per essere un interlocutore
attento e attendibile, pronto a cogliere le opportunità che la contrattazione può dare.
AST Terni
Nel 1994 a fronte delle privatizzazioni, in particolare della siderurgia pubblica, a Terni viene coinvolta L’Ilva e le aziende controllate Soc. delle fucine
Titania Tubificio di Terni Centro servizi Inox, per tale operazione concorrono diverse cordate tutte con partner misti Italiani e stranieri.
La cordata che si aggiudica l’acquisto è quella composta dalla tedesca
Krupp per il 50% e per l’altro 50% dagli imprenditori Italiani Agarini
Falk e Riva.
228
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
Nel 1995 Falk e Riva vendono le loro quote alla Krupp e qualche anno
dopo anche Agarini esce, consentendo così la totale acquisizione dell’intero
pacchetto azionario alla Krupp, che ancora oggi ne è l’unica proprietaria.
Nel 2003 nasce la prima grande crisi Aziendale, che dopo una vertenza
durata diversi mesi, con notevoli manifestazioni presidi scioperi, si concludeva con l’accordo del febbraio 2005, Patto di territorio siglato in sede di
Presidenza del Consiglio, con tutte le controparti sindacali e istituzionali
locali.
Tale patto prevedeva una serie di investimenti per l’ammodernamento
impiantistico, che l’azienda in questi anni ha effettuato, per creare a Terni
il punto di eccellenza per la produzione dell’acciaio inox dei tubi marmitta
dei fucinati e della produzione del titanio, creando anche dopo il trasferimento a Terni della produzione dello stabilimento di Torino, un rafforzamento di tutta l’area a freddo.
A fronte di tale politica industriale tenuta dall’azienda, sono venuti meno
una serie di impegni che il Governo centrale, la Regione Umbria la Provincia di Terni e i Comuni interessati, si erano presi a partire dal problema
dell’approvvigionamento dell’energia elettrica a prezzi competitivi e la soluzione di alcuni problemi infrastrutturali: il completamento della Orte Civitavecchia per un più agevole accesso al mare, la creazione di una piattaforma logistica e il potenziamento della linea ferroviaria.
A fronte di tale vertenza siamo partiti da un’occupazione di 5.500 addetti nel 1994 per arrivare agli attuali 3.500.
La forte azione sindacale condotta dalla FIM e dalla Cisl, sia sul fronte
della gestione delle lotte, sia sul fronte della gestione di tutta la trattativa
sindacale, molto lunga e molto complessa, ha fatto si che in termini di
rappresentanza, si compisse uno storico sorpasso nei confronti della FIOM,
sia sul piano degli iscritti che sul piano delle RSU.
La TK AST è dotata di un Cae con circa 90 rappresentanti, di cui un
posto in rappresentanza dell’Italia è attualmente ricoperto dal segretario
generale della FIM di Terni. Mentre abbiamo perso il rappresentante dell’Italia nel bord (Consiglio di Amministrazione Europeo).
Esiste un inquadramento per fasce (ad esempio 5° A, 5° B, ecc.) che ha
rappresentato una sperimentazione di livello nazionale, per pervenire ad
una riforma del sistema di classificazione del personale.
La contrattazione aziendale ha prodotto un premio di produttività articolato: una parte è fissa, una parte è legata al MOL aziendale, una parte
229
La società e i soggetti
alla produttività di stabilimento, una parte è consolidata e viene erogata
indipendentemente dai risultati produttivi.
È presente anche un sistema di sanità integrativa ed è allo studio la istituzione di un asilo aziendale.
Il grado di sindacalizzazione è molto alto e si aggira intorno al 90% tra gli
operai e all’80% tra impiegati e quadri; oltre a FIM-CISL, FIOM-CGIL e
UILM-UIL, sono presenti anche la FISMIC e la UGL; CGIL, CISL e UIL
raccolgono circa il 70% del totale degli iscritti, con una suddivisione che si
aggira intorno al 40% alla FIM, il 35% alla FIOM, il 25% alla UILM; la
FISMIC e la UGL raccolgono insieme circa il 10% degli iscritti, con una
prevalenza della FISMIC sulla UGL; tali rapporti si rispecchiano anche nei
risultati ottenuti nelle elezioni della RSU.
Il sistema delle relazioni
I rapporti e le relazioni tra strutture, tra categorie e settori, è sviluppato
principalmente dalle e nelle strutture confederali, all’interno delle quali si è
continuamente alla ricerca di miglioramenti e della sperimentazione di nuove modalità, anche informali (incontri tra segretari, tra operatori tecnici, tra
dirigenti e operatori, ecc.).
Anche per il sindacato, e in particolare per la CISL, si pone sempre più il
problema di fare squadra, fare sistema, utilizzando al meglio anche le nuove
tecnologie che consentono di mettere in rete i dati degli iscritti, degli organismi delle strutture, dei quadri dirigenti, delle iniziative e delle esperienze.
Azioni ed esperienze che sono innumerevoli, di diversa natura, che in una
società complessa e contradditoria richiedono sempre spazi e sistemi di comunicazione nuovi, che non sempre si riesce a concretizzare nei tempi sempre più veloci e convulsi.
Sistemi di relazione che devono fare i conti con un impegno multiforme,
a volte spasmodico di ogni singola struttura e di ogni singola persona, per cui
lo stare insieme e il costruire relazioni deve essere sempre ricercato ed alimentato.
Nonostante queste difficoltà il sindacato, e soprattutto la CISL, resta ancora uno dei pochi punti di riferimento e di ascolto per tante persone che,
altrimenti, non saprebbero più dove andare, dove rivolgersi per scambiare
idee, cercare soluzione ai problemi, decidere qualche cosa di importante insieme ad altri.
230
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
La crisi dei partiti politici, l’individualismo e la competizione, rendono
di grande importanza il ruolo di grandi organizzazioni come la CISL, per la
tenuta, la coesione sociale e la stessa democrazia della intera società; anche
per questo il sindacato è oggetto di attacchi, molto spesso strumentali e
infondati, perchè è l’unica grande forza in grado di combattere lo sfruttamento, le ingiustizie, di diffondere solidarietà e dare una voce forte a chi
singolarmente non l’avrebbe mai.
Questo ruolo, l’azione politica, la contrattazione e la concertazione, sia
della Confederazione che delle Categorie, unitamente al ruolo sempre nuovo
e crescente dei servizi offerti dal sindacato, e di tanti strumenti di tutela
individuale e collettiva, hanno reso possibile una continua crescita degli
iscritti e della rappresentanza del sindacato confederale; nelle elezioni delle
RSU c’è la partecipazione della quasi totalità dei lavoratori in ogni settore,
con la raccolta di oltre l’80% dei consensi alle liste di CGIL, CISL e UIL.
La CISL si è sempre battuta per costruire percorsi e momenti di confronto con tutti i possibili interlocutori, con le Istituzioni Locali e Regionali, con le associazioni amprenditoriali, con l’associazionismo e la cooperazione; ha contribuito a sviluppare il concetto, che deve essere ancora però
affermato e consolidato, che buone relazioni tra i soggetti sociali e istituzionali,
sono un fondamentale fattore di successo per le imprese e della competitività territoriale.
La creazione di un clima positivo, senza snaturare i ruoli di rappresentanza dei diversi interessi, può determinare un calo della conflittualità,
l’aumento del grado di coinvolgimento e di soddisfazione nel lavoro, la
diminuzione delle assenze e infine anche un miglioramento dell’immagine
del territorio sul mercato e nel mondo. Questi fattori non necessitano di
grandi investimenti economici per essere realizzati e possono essere di grandissima utilità.
Il sistema della bilateralità
La bilateralità garantisce contributi privati aggiuntivi, fondamentali per
un adeguato sostegno ai lavoratori, alle imprese, allo sviluppo dei servizi e
al miglioramento delle relazioni sindacali.
La mutualità, la formazione, l’informazione, la sicurezza nei luoghi di
lavoro, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, la composizione delle
controversie, la gestione contrattata e paritetica delle forme di lavoro fles231
La società e i soggetti
sibile, la definizione di sistemi premianti per le imprese virtuose, la creazione di sistemi per il monitoraggio delle situazioni delle imprese (tramite ad
esempio l’analisi e la riclassificazione dei bilanci) e dei settori, può essere un
supporto determinante per la contrattazione di secondo livello (aziendale
e/o territoriale), e per la prevenzione delle crisi aziendali e/o settoriali, ecc.
La situazione attuale del sistema della bilateralità in Umbria presenta
una evidente e notevole complessità, caratterizzata da una pluralità degli
organismi bilaterali presenti in molti settori e dalla differente situazione di
struttura, di organizzazione, di funzionalità ed efficacia che esiste tra di
essi.
L’Ente bilaterale più rilevante, più complesso e più incisivo è indubbiamente quello operante nel settore edile, la Cassa Edile; esso fornisce servizi
e prestazioni agli associati, lavoratori e imprese di grande importanza e di
livello elevato.
L’altro ente che ha una certa rilevanza è l’Ente Bilaterale per l’Artigianato (EBRAU); ha una dimensione molto inferiore a quello per l’edilizia,
per numero di associati e per prestazioni erogate.
Tutti gli altri enti hanno dimensioni e ruolo ancora inferiori.
Lo spazio della bilateralità è uno di quelli che deve essere ancora fortemente esplorato, approfondito e sviluppato, perché può rappresentare anche il terreno per far evolvere in senso positivo e più maturo le relazioni
sindacali.
Come già detto può rappresentare il futuro di nuove e moderne relazioni sindacali, in moltissimi campi e settori, anche al fine di perseguire, con
sempre maggiore frequenza e attenzione, il raggiungimento di “avvisi comuni”, sia per regolare rapporti bilaterali su temi di diretta competenza di
datori di lavoro e organizzazioni sindacali, sia per determinare atteggiamenti
condivisi da tradurre in proposte e posizioni comuni nell’ambito della
concertazione triangolare (imprese, sindacato, istituzioni).
Lo spazio della bilateralità è opportuno e utile che sia in futuro sviluppato
il più possibile, anche alla luce di quanto previsto dall’accordo nazionale per
la riforma degli assetti contrattuali.
Conclusioni
Quella della CISL è una storia importante che ha lasciato segni profondi e
positivi nello scenario italiano e umbro del pluralismo sindacale.
232
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
Ha sempre privilegiato ed esaltato l’unità d’azione con gli altri sindacati,
pur nelle contraddizioni tra capitale e lavoro, perché ritiene che l’unità deve
essere difesa e tutelata, anche come valore in sé; che attraverso la pratica
continua del pluralismo, del confronto delle idee e dell’autonomia, ha costruito la crescita interna e lo sviluppo della Organizzazione, insieme alla
continua affermazione del primato del sociale sulla politica.
Ha sostenuto in modo continuo e determinato la pratica irrinunciabile
della contrattazione, da portare avanti sempre e comunque, nei confronti di
ogni interlocutore e controparte, nella piena consapevolezza che solo chi contratta e firma accordi ottiene risultati.
Risultati che non riguardano solo aspetti concreti della vita di ogni giorno, ma anche un cambiamento in senso riformista e progressista delle regole,
dei comportamenti, e della concezione della società nella sua interezza, anche in un periodo così difficile.
Una visione che ha il coraggio di rinnovarsi, di accettare nuove sfide, di
misurarsi con le novità e con le difficoltà attuali, non fermandosi a semplici
aggiustamenti, ma, senza rinnegare la contrattazione, trova il coraggio di
percorrere nuove vie per dare risposte più attuali e adeguate ai lavoratori, alle loro
esigenze e al loro protagonismo sociale.
La CISL continua ad essere impegnata per la piena realizzazione della
democrazia economica, attraverso il coinvolgimento dei lavoratori, nelle scelte
produttive e nelle dinamiche aziendali.
Democrazia economica, protagonismo del lavoro, azione riformatrice, quali
impegni futuri da perseguire, per valorizzare il lavoro e la sua rappresentanza.
Restituire dignità al lavoro, rilanciare e rafforzare la cultura del lavoro.
Restituire valori e cultura ad una società che subisce passivamente,
acriticamente, con un fatalismo ingiustificato la cultura del mercato senza
regole, una competizione feroce, una globalizzazione folle poggiata su imprese solo finanziarie e multinazionali spregiudicate, che stanno portando il
mondo intero sull’orlo del baratro.
Il lavoro dignitoso, la solidarietà e la giustizia sociale, il rispetto della persona e
dell’ambiente, debbono tornare ad essere la cultura che guida la politica e la società.
Deve essere continuamente ricercato il migliore equilibrio possibile tra i diversi interessi, e con altri aspetti importanti dell’economia quali la produttività, l’efficienza, la competitività, in una società globalizzata; ridefinendo
anche regole nuove, in grado di governare fenomeni che sono attualmente al di
fuori di ogni logica e di ogni controllo.
233
La società e i soggetti
L’Umbria può dare un grande contributo da questo punto di vista
candidandosi ad ospitare ad Assisi la “CONFERENZA INTERNAZIONALE PER UN LAVORO DIGNITOSO”, proponendola come sede permanente e stabile di una futura, possibile, “concertazione a livello globale”, che si dovrebbe tenere almeno una volta all’anno.
Deve essere ricercato il superamento della precarietà con nuove regole,
attraverso una flessibilità contrattata e concordata.
È indispensabile la definizione di un nuovo Statuto del lavoro, su cui si è
molto puntato e di cui ora non si parla più, per definire nuove regole,
nuove tutele, nuovi ammortizzatori sociali; la difesa ed il ripristino del poter
d’acquisto di salari e pensioni; il rafforzamento della contrattazione e della
concertazione ad ogni livello (dal locale al globale ) e su ogni argomento, perché le
società complesse, complicate, globalizzate, hanno bisogno di corpi intermedi forti, riconosciuti, con un forte rispetto reciproco e di Organizzazioni
sopranazionali, istituzionali, sindacali e delle associazioni imprenditoriali per
governare fenomeni che sfuggono ad ogni forma di governo dei singoli
Stati.
È necessaria la definizione di nuovi piani di sostegno agli investimenti a
livello europeo, andando oltre la politica, per certi versi suicida, dei soli tagli
e della sola correzione della spesa; la definizione di nuovi standard di stato
sociale; l’attuazione dell’accordo per la riforma della contrattazione, con
l’estensione a tutti del contratto aziendale, territoriale o da forme alternative, legate alla produttività; la detassazione del salario derivante da questi
accordi legati alla produttività.
Si deve perseguire la realizzazione di nuove iniziative per il miglioramento
della sicurezza nei luoghi di lavoro, con la diffusione della cultura della sicurezza anche utilizzando spazi strutturati su televisioni, giornali, radio e attraverso la realizzazione di fondi alimentati anche da sottoscrizioni tra lavoratori e
imprese, per sostenere le famiglie delle vittime di incidenti e per sostenere
iniziative che altrimenti non si potrebbero mai realizzare; su entrambe le
questioni si stanno avviando importanti esperienze in Umbria.
Il sindacato della responsabilità e della partecipazione, è un elemento indispensabile di democrazia economica, di trasparenza di equità e giustizia
sociale, per costruire in modo condiviso e con soluzioni concordate, le modalità per uscire dalla attuale crisi, per costruire nuove regole che, rimettendo al centro il valore della persona e del suo lavoro, evitino il ripetersi
degli attuali disastri.
234
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
Sembra proprio una bella storia, una storia di uomini e donne, che guidati da valori intramontabili, hanno provato, spesso riuscendovi, a cambiare
in positivo la società, per renderla più libera e più giusta.
Storia di persone che insieme possono affrontare e vincere sfide che sembrano impossibili.
Un piccolo ma significativo aneddoto racconta: “Alcune persone semplici
non sapevano che la cosa che stavano per fare era impossibile, perciò l’hanno fatta”.
Una storia che vale la pena di essere raccontata, piena di vicende umane
straordinarie, di azioni e vicende positive, anche se non priva di errori che è
importante conoscere perché non siano ripetuti; che deve essere ricordata e
raccontata, soprattutto ai giovani, che spesso sanno poco o nulla del sindacato, di ciò che ha fatto, di come è fatto, di cosa fa e di cosa vuole fare per
il futuro.
Una storia che deve continuare per correggere le storture di una società, che ha prodotto notevoli miglioramenti nella vita di tante persone, ma
che ha anche determinato rischi e ingiustizie insopportabili.
Una storia che deve rinnovarsi e trovare la forza per restituire fiducia e
speranza alle giovani generazioni, perché ogni persona possa sentirsi parte
e protagonista di progetti condivisi, orientati alla costruzione di un mondo
migliore e più giusto, per realizzare insieme il bene comune.
235
La società e i soggetti
APPENDICE
Le strutture
Le strutture della CISL nella nostra Regione hanno avuto diverse evoluzioni per adeguarsi e
ammodernarsi, rispondendo in modo diversificato ed integrato a varie esigenze:
- presenza capillare, vicinanza ai propri i scritti, ai loro luoghi di lavoro e di vita;
- efficienza organizzativa ed economie di scala;
- specificità delle categorie;
- necessità di responsabilizzare, far crescere e rinnovare il gruppo dirigente.
Per questo i livelli organizzativi si sono evoluti nel seguente modo:
Fino a maggio 1981
- Unioni Sindacali Provinciali (USP) di Perugia e Terni
Da giugno 1981 fino a maggio 1997
- Unione Sindacale Regionale (USR) dell’Umbria
- Unioni Sindacali Territoriali (UST) di Perugia, Terni, Foligno, Città Castello
Da giugno 1997
-
Unione Sindacale Regionale (USR) dell’Umbria come unica struttura congressuale di tutta la
Regione
Unioni Sindacali Comprensoriali (USC) di Perugia, Terni e Foligno con strutture comprensoriali
quali articolazioni della USR.
Da maggio 2005
- Mantenimento della USR
- Ritorno alle UST di Perugia, Terni e Foligno con una situazione articolata per le strutture delle
categorie alcune delle quali hanno mantenuto solo strutture regionali, mentre altre hanno strutture provinciali, altre ancora Territoriali.
Questa diversa articolazione delle categorie, risponde alle diverse specificità delle categorie stesse,
che si organizzano nella maniera più idonea, per rispondere alle esigenze dei propri associati.
In sintesi possiamo dire che la CISL Confederale in Umbria ha le proprie strutture articolate su due
livelli, quello Regionale e quello Territoriale, che le categorie hanno una articolazione più complessa
e flessibile:
Hanno strutture solo regionali (con specifici riferimenti nei territori, per opportuni collegamenti e
rapporti con le UST):
- Federazione Italiana Lavoratori Costruzioni e Affini (FILCA)
- Federazione Energia, Moda, Chimica e Affini (FEMCA)
- Federazione Lavoratori Aziende Elettriche Italiane (FLAEI)
- Federazione dello Spettacolo, dell’Informazione e delle Telecomunicazioni (FISTEL)
- Federazione Agricola-alimentare-ambientale-Industriale (FAI)
- Federazione Italiana Addetti Servizi Commerciali, Affini e del Turismo (FISASCAT)
- Federazione Italiana Trasporti (FIT)
236
G. Ciani, La CISL e la società regionale umbra
-
Federazione Italiana Bancari e Assicurativi (FIBA)
Unione Generale Coltivatori (UGC )
Sindacato Cisl dei Medici (CISL MEDICI)
Federazione Università (UNIVERSITÀ)
Federazione Nazionale Lavoratori del corpo dei Vigili del Fuoco (Fed. VV.F.)
Federazione Innovazione e Ricerca (FIR)
Coordinamento Lavoratori Autonomi Commerciale e Servizi (CLACS)
Hanno strutture regionali e provinciali (con specifici riferimenti nei territori, per opportuni collegamenti e rapporti con le UST)
-
Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM)
Sindacato della Scuola (CISL SCUOLA)
Federazione dei Lavoratori delle Poste (SLP)
Hanno strutture regionali e territoriali
-
Federazione Nazionale Pensionati (FNP)
Federazione Lavoratori dei Pubblici Servizi (FPS)
Altre strutture della CISL confesderale
Enti e associazioni
-
Associazione di consumatori ed utenti (ADICONSUM)
Associazione dei lavoratori atipici e interinali (ALAI)
Associazione Nazionale Oltre le Frontiere (ANOLF)
Centro di assistenza e consulenza fiscale (CAAF)
Centro associazionismo sociale cooperazione autogestione (CENASCA)
Ente Turistico Sociale Italiano (ETSI)
Istituto Addestramento Lavoratori (IAL)
Istituto Nazionale di Assistenza Sociale (INAS)
Sindacato Inquilini Casa e territori (SICET)
Centri di attività
-
Associazione Progetto Quadri [alte professionalità] (APQ )
Scuola nazionale di formazione e aggiornamento dirigenti CSL (CENTRO STUDI)
Centro di ricerche economiche e sociali (CERES)
Centro di studi sociali e sindacali (CESOS)
Casa editrice (EL - EDIZIONI LAVORO)
Consulenza sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (EUROESSE)
Fondo Pensione Cassa di Previdenza e Assistenza CISL (FONDO PENSIONE)
Istituto di ricerche sui problemi dello Stato e delle Istituzioni (IRSI)
Istituto Sindacale per la Cooperazione (ISCOS)
Istituto per lo studio dell’innovazione e delle trasformazioni produttive e del lavoro (SINDNOVA)
“Conquiste del Lavoro”, quotidiano della CISL
237
La società e i soggetti
-
Federazione Italiana tempo Libero (FITEL)
Organizzazione umanitaria per l’emergenza (INTERSOS)
Gli iscritti
Industria
Agricoltura
Pubblico impiego
Terziario
Pensionati
Altri
Totale Umbria
Perugia
Terni
Foligno
1997
8.990
2.390
6.858
4.408
45.291
175
68.112
33.559
20.065
14.488
2002
14.242
1.998
7.620
4.459
48.726
1.538
78.583
36.570
22.453
19.410
2007
16.200
2.300
8.200
4.943
49.314
1.804
83.387
39.656
23.631
20.100
Fonte: CISL Umbria.
Come si può vedere dalla tabella, c’è stata forte crescita in tutti i settori, in modo particolare tra
i lavoratori attivi. Esistono importanti margini di crescita in diversi settori (Artigianato, Lavoro
Atipico, Pubblico Impiego)
238
Confcommercio Umbria
fra tradizione e innovazione
Quadrimestrale
Agenzia Umbria
Ricerche
Laura Rossi*
1-2/09
Confcommercio in Umbria nasce nel 1945 e da allora l’organizzazione ha
affrontato molteplici processi di rinnovamento per adattarsi e rispondere
alle variazioni del sistema socio-economico del territorio.
Confcommercio nell’espressione della propria funzione cerca di vivere
da sempre, pur nella tradizione della rappresentanza datoriale, il proprio
ruolo di corpo intermedio in modo innovativo, cercando sempre in sé stessa il rinnovamento del proprio agire.
Il modo di fare associazionismo è profondamente cambiato nel corso
degli anni.
Tuttavia, ciò che è rimasto invariato alla base del rapporto associativo è
la funzione di rappresentanza verso le imprese e verso i decisori politici.
Quello che è mutato nella tradizione della rappresentanza degli interessi di settore è la modalità di portare avanti le istanze, sia perché abbiamo
dovuto confrontarci con una base associativa giustamente più attenta,
ambiziosa e con esigenze accresciute e qualificate, sia perché il mondo politico negozia e concerta sempre più ed in modo fortemente professionale.
Il terreno del confronto si è fatto nel tempo più tecnico, approfondito e
strategico.
Confcommercio ha raccolto la sfida del cambiamento.
*
Ufficio Studi Confcommercio dell’Umbria.
239
La società e i soggetti
La nostra mission ci pone al centro della realtà economica e sociale
dell’Umbria, realtà che andremo a sviluppare su due piani: il piano dell’organizzazione degli interessi, fortemente legato alla base associativa, ed il piano
della rappresentanza qualificata degli stessi interessi presso le istituzioni, i
decisori e tutti gli stakeholders.
Organizzazione degli interessi
L’organizzazione degli interessi inizia con l’ascolto e la comprensione delle
esigenze della base associativa, l’elaborazione di un pensiero politico e la
creazione di susseguenti linee operative ed azioni concrete.
Questa attività di traduce nel consolidamento del core business dei soci,
attraverso la formazione della volontà collettiva, il sostegno ai processi innovativi, la creazione di spazi di mercato, l’erogazione di servizi a domanda
individuale ed azioni di marketing associativo. I principali strumenti per il
raggiungimento della mission sono l’organizzazione di consigli e gruppi di
lavoro, incontri e workshop, momenti formativi, la creazione di reti d’impresa, la gestione degli statuti e altro ancora.
Rappresentanza qualificata
La rappresentanza qualificata presso i decisori politici e gli stakeholders
presuppone un’attenta e profonda conoscenza del funzionamento tecnico e
politico del mondo delle istituzioni e la consapevolezza del panorama degli
interessi paralleli e complementari che gli altri organismi intermedi mettono in campo. Confcommercio cerca di creare quindi un rapporto di fiducia ed informazione con i decisori, cioè un “sano rapporto di lobby” che fornisce una comunicazione completa, articolata e bi-direzionale che investe
anche gli altri attori economico-sociali della nostra regione.
Quest’azione consente al decisore politico di orientare le proprie scelte
avendo a disposizione il massimo livello di informazione possibile circa i temi
della rappresentanza di settore, consentendogli di assumere scelte consapevoli, politicamente e tecnicamente qualificate. Agevola, inoltre, la divulgazione delle scelte operate, grazie alla mediazione e facilitazione nella comunicazione che il corpo intermedio opera verso la base associativa. La bidirezionalità della comunicazione e la facilitazione dei rapporti si riverbera
nel network di tutti i soggetti economici e sociali della nostra regione.
240
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
Vivendo in questo modo il proprio ruolo, Confcommercio si pone quale
portatore di interessi e veicolo di contenuti e contributi verso i principali
decisori politici, trasportando le istanze e le esigenze imprenditoriali nel classico approccio “bottom-up”.
Confcommercio: la struttura organizzativa
Tutta la complessa rete di strutture che fanno capo a Confcommercio ci ha
visto al fianco delle imprese terziarie in tutte le fasi economiche passate.
Attualmente i nostri numeri contano 12.568 imprese associate con 34.000
addetti, di cui 20.619 addetti nel commercio, 10.337 nel turismo e 3.043
nei servizi.
La rappresentatività di comparto, espressa in questo modo, ha permesso a Confcommercio di divenire l’organizzazione più rappresentativa delle
imprese del commercio, turismo e servizi nella nostra regione operando
concretamente nei seguenti ambiti:
- Promozione e tutela degli interessi morali, sociali ed economici degli associati nei confronti di qualunque organismo pubblico o privato;
- Affermazione dell’identità e del valore socio-economico espresso dai settori rappresentati come soggetti collettivi;
- Organizzazione delle relazioni tra gli associati per la risoluzione di istanze
e problematiche comuni;
- Affermazione del ruolo sociale dei nostri settori e del loro peso nella crescita
economica umbra;
- Promozione della risorsa umana e della formazione professionale, tecnica e
sindacale degli imprenditori e degli aspiranti imprenditori;
- Assistenza e consulenza alle imprese, anche attraverso servizi ed opportunità
esclusive di risparmio nella gestione aziendale.
La struttura organizzativa Confcommercio presenta un’articolazione
capillare sia di tipo orizzontale che di tipo verticale.
Struttura orizzontale ed elemento di forza per l’esercizio della rappresentanza è la capillarità delle presenze territoriali attraverso specifici uffici
locali che ci permette di essere estremamente vicini alla nostra base: 17
sono le Associazioni Territoriali, 13 nella provincia di Perugia e 4 nella provincia di Terni (Perugia, Assisi, Bastia Umbria, Trasimeno, Città di Castello, Foligno, Gualdo Tadino, Gubbio, Marciano, Spoleto, Todi, Umbertide,
Valnerina, Terni, Amelia, Narni, Orvieto).
241
La società e i soggetti
Altro elemento fondante è una struttura organizzativa verticale che opera
nella regione con 27 Associazioni o Federazioni di settore (Settore Moda (abbigliamento, calzature); Agenti Immobiliari; Agenti e Rappresentanti; Agenzie di
Viaggio; Alberghi-Case Vacanze-Agriturismo; Alimentaristi; Ambulanti; Campeggi; Compag; Federazione degli anziani del Commercio; Distributori stradali di
Carburanti; Foto ottica; Librerie Cartolerie; Macellerie; Mobilieri; Piante e fiori;
Pubblici esercizi; Locali da Ballo; Imprese Onoranze Funebri, Gruppo Giovani
Imprenditori; Terziario Donna; Articoli sanitari. Orafi-Orologiai, Profumieri,
Videonoleggiatori, Case di Riposo, Materiali edili), che hanno corrispondenza
con le analoghe strutture nazionali, formalmente costituite. Le Associazioni o Federazioni di categoria hanno il compito di tutelare e promuovere gli
interessi peculiari delle singole categorie e trovano il necessario momento
di sintesi per la loro armonizzazione e confluenza in programmi unitari
condivisi.
Operiamo, inoltre, con diverse strutture di servizi, tutte società o enti
costituiti, e controllati direttamente o indirettamente da Confcommercio
con erogazione di specifici servizi agli associati:
- ENASCO: Ente di Patronato che cura direttamente e gratuitamente
gli adempimenti necessari all’ottenimento delle prestazioni previdenziali
ed assistenziali. E’ strutturato in un Ufficio Provinciale, 5 Uffici zonali e
12 Recapiti (tutti presso le strutture associative orizzontali);
- CAAF 50 & Più: Centro autorizzato di assistenza fiscale che svolge attività di asseverazione delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche e
di certificazione ISEE.
- SEAC Srl: Società di servizi che esplica attività di assistenza contabile e
fiscale (n. 47 addetti – nr. 622 contabilità nel 2008 con fatturato
1.075.000 e nr. 1321 Dichiarazione dei redditi 1321);
- Assistenza tecnica alle imprese in materia di Igiene degli Alimenti (Pacchetto Igiene: 255 piani di autocontrollo, 530 assistenze, 100 corsi di
formazione con 2235 allievi), Sicurezza nei luoghi di lavoro: 147 documenti di valutazione, 374 assistenze, 25 corsi e 514 allievi formati (D.Lgs.
N. 81/2008), Privacy (D.Lgs. N. 196/2003), Certificazione di Qualità,
credito e consulenza sugli incentivi. La società è strutturata con una sede
centrale e 6 uffici periferici;
- Centro di Assistenza Tecnica della Confcommercio di Terni: Società che
svolge Assistenza e consulenza alle imprese relativamente alle procedure
amministrative per l’accesso all’attività; Formazione ed aggiornamento
242
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
-
-
-
professionale anche in materia di innovazione tecnologica ed organizzativa;
Organizzazione, formazione e promozione del commercio elettronico;
Consulenza ed assistenza in materia di:
• Gestione economica e finanziaria d’impresa;
• Consulenza in materia di marketing e merchandising;
• Accesso ai finanziamenti, anche comunitari;
• Sicurezza e tutela dei lavoratori e gestione del personale;
• Tutela ambientale;
• Igiene e sanità;
• Prevenzione del fenomeno dell’usura;
• Certificazione di qualità;
• Franchising;
• Internazionalizzazione dell’impresa;
• Promozione e sviluppo;
UMBRIA CONFIDI e Centro Fidi Terziario: Confidi (coopertiva di garanzia) con sede presso la struttura centrale della Organizzazione provinciale.
ITER - Innovazione Terziario: (nr.133 corsi di formazione, nr. 14.353 ore
di formazione erogate nr.1.813 allievi formati) - Società consortile a r.l.
che svolge funzioni di ricerca, progettazione e realizzazione dei processi
formativi di specifico interesse nei settori del commercio, del turismo e
dei servizi. Opera attraverso gli strumenti, in materia, esistenti in base
alla normativa europea, nazionale e regionale.
EPTA Srl: La società è impegnata nella organizzazione e realizzazione di
mostre, fiere e altre manifestazioni che abbiano rilievo per il settore (Expo
Casa, Expo Tecnocom, “I Primi d’Italia”, Expo Regalo, ecc.).
Consorzio COM.E.T.A. (COMmercio E Turismo Associati) riunisce tutte
le imprese distributive, alberghiere e dei Pubblici Esercizi che svolgono la
loro attivita’ nell’ambito del Comune di Terni. Il Consorzio ha lo scopo di
realizzare una struttura ricettiva del commercio e del turismo, moderna,
efficiente e razionale; di incentivare l’afflusso turistico nella citta’, offrendo un’immagine qualificata della stessa, del suo patrimonio storico, artistico e culturale e delle sue capacita’ commerciali, industriali ed artigianali; potenziare, in tal modo, la capacita’ commerciale dei consorziati attraverso la valorizzazione della organizzazione complessiva;
UMBRIASI’: E’ il consorzio che ha come scopo principale la valorizzazione
della offerta turistica ed è stato costituito dalla Confcommercio della Pro243
La società e i soggetti
vincia di Perugia e dalla Federalberghi provinciale. Partecipa costantemente alle manifestazioni nazionali ed internazionali di promozione turistica effettuando anche servizio di incoming..
- UNIVERSITÀ DEI SAPORI: Società consortile che vede all’interno della propria compagine anche la rappresentanza di soggetti pubblici. Le
finalità sono rappresentate dall’offerta di formazione specialistica nel campo
alimentare e gastronomico, con particolare attenzione ai settori della preparazione e vendita. Sulla materia costituisce un punto di riferimento a
livello nazionale.
Confcommercio: l’opinione dei soci
A fronte dell’attuale crisi, Confcommercio si è interrogata sulla congruità
degli strumenti e servizi offerti alle imprese socie per coadiuvarle in questo
periodo difficile. Sulla base delle risultanze dell’indagine interna l’organizzazione orienterà le proprie azioni, sia in termini di rappresentanza politica
ed istituzionale, sia in termini di servizi ed opportunità da offrire alle imprese del terziario.
Grafico 1 - INDAGINE CUSTOMER SATISFACTIONE – UFFICIO STUDI
CONFCOMMERCIO DELL’UMBRIA
Fonte: Ufficio Studi Confcommercio dell’Umbria, Indagine Customer Satisfaction.
244
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
Elevato il livello di soddisfazione percepito dai nostri soci (72% degli intervistati), con un picco del 19% che si dichiara molto soddisfatto.
È stato inoltre analizzato il livello di soddisfazione percepita nelle tre principali componenti terziarie: commercio, turismo e servizi ed è emerso che è
proprio il turismo (Alberghi e Pubblici Esercizi) il comparto più soddisfatto,
con l’80% di gradimento, anche se commercio e servizi sono poco al di sotto
con, rispettivamente al 69% e 72%, risultati più che apprezzabili.
Grafico 2 - INDAGINE CUSTOMER SATISFACTION - UFFICIO STUDI
CONFCOMMERCIO DELL’UMBRIA
Fonte: Ufficio Studi Confcommercio dell’Umbria, Indagine Customer Satisfaction.
Altro punto di analisi è stato il livello di soddisfazione percepita rispetto
alla funzionalità degli uffici, intesi sia come sedi provinciali Perugia e Terni,
che come sedi territoriali.
Ottima la valutazione complessiva che investe la “facilità di contatto”
delle strutture, la “competenza professionale” e la “cortesia e disponibilità”
del personale.
Politiche di miglioramento vedranno l’organizzazione impegnata, invece, sul fronte della “capacità di comprensione delle esigenze aziendali” (76%)
245
La società e i soggetti
e della “rapidità di reazione alle richieste dei soci” (74%). Osserviamo come
le due situazioni siano in realtà fortemente collegate perché l’individuazione
attenta e puntuale delle necessità d’impresa si trasforma in abbattimento
dei tempi morti e maggiore celerità nella risposta susseguente.
Grafico 3 - INDAGINE CUSTOMER SATISFACTIONE – UFFICIO STUDI
CONFCOMMERCIO DELL’UMBRIA
Fonte: Ufficio Studi Confcommercio dell’Umbria, Indagine Customer Satisfaction.
Confcommercio ed il Terziario di Mercato
Confcommercio rappresenta il terziario di mercato in Umbria con numeri che, se messi a confronto con i dati generali delle imprese terziarie
umbre, assegnano alla nostra Associazione un ruolo centrale e di riferimento per tutta la nostra regione.
Ma cosa rappresenta in sé questo terziario?
Il consueto Rapporto Economico e Sociale presentato da AUR ad ottobre 2008 fornisce informazioni importanti per una lettura in trasparenza dello stato economico e sociale dell’Umbria. In primis il terziario di
mercato, inteso come sintesi di commercio, turismo e servizi in senso
246
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
stretto, rappresenta circa il 48% del valore aggiunto della nostra regione1.
Quanto emerge dai dati ufficiali conferma che il processo di
terziarizzazione è parte integrante dell’economia della nostra regione e
che lo sviluppo futuro si giocherà in larga parte all’interno delle imprese
terziarie e che è nello sviluppo delle loro attività che vanno trovate quelle
prospettive di rilancio economico per far fronte alle grandi emergenze
che ci attendono. Dal saggio del professor Ferrucci2 apprendiamo tuttavia che, pur con un terziario in crescita, la nostra regione è ancora lontana dai livelli auspicabili del Nord-Est.
Il terziario diventa quindi, in Umbria, il settore da analizzare e da indagare maggiormente per capire quale può essere il giusto mix di politiche se
si vuole fare del nostro territorio un sistema competitivo ed attraente.
Ferrucci nella sua analisi della terziarizzazione umbra opera una aggregazione dei molteplici settori terziari arrivando alla tassonomia che distingue, a nostro avviso correttamente, tra “Terziario di mercato per individui
e famiglie” (commercio, alberghi, ristoranti e servizi domestici), “Terziario
di mercato per imprese ed istituzioni” (trasporto, magazzinaggio, comunicazione, intermediazione monetaria e finanziaria e altre attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e professionali) e “Terziario Pubblico” (P.A.,
difesa, istruzione, sanità, servizi sociali ed altri servizi pubblici).
Ma se è dubbia la riuscita di un “sistema economico terziarizzato a debole
manifattura”3 è pur vero che non è persuasivo parlare di reindustrializzazione
quando lo stesso sistema manifatturiero sembra non avere effetti traino sul
terziario avanzato che nella nostra regione risulta ancora troppo basso;
forse dobbiamo convincerci che manca la cornice post-industriale dentro la
quale agire per le politiche di sviluppo.
I dati Banca d’Italia del Rapporto Economico 2008 ci consegnano un quadro conoscitivo dell’Umbria in linea con i trend nazionali: nella nostra regione appare tuttavia un progressivo rallentamento della crescita sia del
manifatturiero, dove è sempre maggiore il divario tra settori maturi ed
innovativi, sia delle costruzioni che vivono una fase di stasi dopo otto anni
di espansione. Va inoltre osservato che, pur osservando una bassa produtti1
2
3
Cfr. E. Tondini in Rapporto Economico e Sociale dell’Umbria 2007, AUR, Perugia 2008, p. 54.
Ivi, pp. 91-92.
Ivi, p. 16.
247
La società e i soggetti
vità nel settore commercio, è altrettanto vero che a tutt’oggi manca un’analisi approfondita in merito, con indicatori statistici specifici che declinino
tutti i settori affinché per il terziario si possa parlare davvero nei termini
della tassonomia suggerita dal professor Ferrucci: “Terziario di mercato per
famiglie ed individui”, “Terziario di mercato per imprese ed istituzioni” e
“Terziario pubblico”.
Grande è l’impegno di Confcommercio nel veicolare questi contenuti
che finalmente trovano riscontri anche in documenti ufficiali di altre istituzioni. Ad oggi pensiamo che non ci si possa più fermare alle analisi e che si
debbano concretamente operare quelle scelte politiche strategiche che possono fare la differenza nella nostra regione. La scelta è duplice: subire passivamente una crisi economica che nessuno riesce a stimare oppure “osare”
con una politica condivisa insieme ai corpi intermedi e supportare le naturali tendenze economiche ormai evidenziatesi nella nostra regione.
Dagli anni sessanta in poi tutte le economie cosiddette “avanzate” sperimentano un processo di terziarizzazione che vede questo settore, il commercio in particolare, collettore di ricchezza e “settore spugna” dell’occupazione persa da altri comparti. Senza dimenticare che il terziario è il settore che catalizza maggiormente le nuove generazioni in ingresso nel mercato del lavoro, soprattutto nella componente femminile. I dati occupazionali regionali parlano di +11.000 unità nel 2007, con una percentuale di
occupati nel terziario del 65% ed il consolidamento sempre maggiore del
binomio occupazione femminile-terziario con la rappresentanza di oltre
l’80% di tutte le occupate umbre4.
Turismo
A fronte dell’analisi sinora condotta, un approfondimento è dovuto all’andamento del settore turistico che, da gennaio a settembre 2008, secondo
gli ultimi dati regionali, mostra sia controtendenze positive sia territori
con difficoltà su cui riflettere profondamente, considerando il ruolo economico strategico che ricopre per la nostra regione. La crisi tocca maggiormente la componente straniera degli arrivi (-5,4%) ma flette anche la percentuale della permanenza media (-1,0%). Andando ad analizzare le due
4
Dati AUL - Regione Umbria sul mercato del lavoro in Umbria nel 2007.
248
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
province emerge chiaramente come la crisi colpisca maggiormente l’area
ternana dove il calo è probabilmente da ascrivere al peggioramento della
situazione economica legata alle acciaierie e all’indotto industriale, che si
riflette anche nell’economia turistica collegata essenzialmente ad un turismo business; permane, inoltre, la situazione critica dell’orvietano sia in
termini di permanenza (-7,9%) che di arrivi (-7,9%).
La provincia di Perugia si presenta più a macchia di leopardo, con il
comune di Perugia in ottima controtendenza sugli arrivi (+5,3% permanenza; +1,8%); mentre il lago Trasimeno seppur in flessione (-2,3%
arrivi; -5,5% permanenza) si pensava potesse avere numeri peggiori; mostrano invece forti difficoltà due zone strategiche per il turismo regionale
umbro: Assisi (arrivi -7,1% permanenza; -3,8%) e Spoleto (arrivi - 2,6%;
permanenza -5,5%).
Il settore mostra, pertanto, segni di vivacità in alcuni territori, nonostante la crisi economica, segno che le imprese turistiche umbre sono state capaci
di intercettare mercato, soprattutto italiano, e di migliorare complessivamente l’offerta ricettiva regionale. Permangono tuttavia le difficoltà, già note
alla nostra governance, che vanno dai gap infrastrutturali, che da sempre penalizzano la nostra regione, fino alla mancanza di una vera promozione turistica integrata talvolta penalizzata, oltre che dai particolarismi, anche dalla
mancanza di concertazione reale delle politiche turistiche stesse.
Innovazione e sviluppo
Le politiche di riprogrammazione dei fondi strutturali dell’Unione europea
nel periodo 2007-2013 individuano la creazione di reti d’impresa quale indispensabile strumento propulsore dello sviluppo delle imprese coinvolte e delle
aree in cui sono localizzate. In attuazione di quanto previsto dalle suddette
politiche comunitarie, anche la Regione Umbria, con la Legge Regionale
sulle Politiche di Sviluppo, ha inteso accrescere la competitività del proprio
territorio e del proprio sistema produttivo attraverso la strutturazione di bandi,
a valere su diversi Fondi strutturali (dal FSE, al FESR al Piano di Sviluppo
Rurale) caratterizzati dall’elemento dell’aggregazione.
Se oggettiviamo questo presente e lo codifichiamo per il futuro, in
termini di sviluppo ed innovazione, viene da sé che il pensare e ragionare
per “reti d’impresa” diventi il leit motiv della politica ed allo stesso tempo uno dei principali core associativi affinché si operi coerentemente e
249
La società e i soggetti
simultaneamente alle scelte politico-strategiche regionali, nazionali e
comunitarie.
Per contro non possiamo estraniarci dal contesto di crisi economica strutturale che l’Italia sta vivendo e che investe tutte le economie avanzate. In
questo contesto i bandi a valere sui fondi strutturali che in passato venivano visti come opportunità di investimento, debbono oggi essere considerati gli strumenti fondamentali per far fronte alle difficoltà ed alle sfide che
aspettano le imprese.
Le reti diventano quindi non solo uno strumento di business ed investimento, ma dei veri e propri paradigmi di sviluppo e di supporto alla
governance ai fini del contenimento degli effetti della crisi e del rilancio del
sistema economico umbro. Confcommercio in tal senso esercita fortemente il ruolo di corpo intermedio attraverso due dei principali strumenti a
disposizione, quello dell’aggregazione e quello del know how specifico. Aggregazione di soggetti con istanze simili ma profondamente differenti e
che da soli difficilmente riuscirebbero a fare sistema ed unirsi per innovare.
Know how, ovvero conoscenze tecniche che prescindono dalla normale
operatività d’azienda e che solo dei professionisti possono individuare e
trasmettere alle imprese in termini di minacce o opportunità.
Occorre operare una rilettura dell’innovazione fino ad oggi intesa solamente con accezione industriale-manifatturiera. Il principale rinnovamento è proprio l’approccio ad una innovazione trasversale a tutti i settori e che
investa fortemente anche il terziario di mercato. Secondo la definizione
dell’OCSE:
Un’innovazione è l’implementazione di un prodotto (bene o servizio) nuovo o significativamente migliorato, o processo, o nuovo metodo di marketing, o un nuovo metodo organizzativo
nelle pratiche di business, nell’organizzazione del lavoro o nelle relazioni esterne5.
Ampie sono le possibilità di innovazione del terziario di mercato, in tutte le
sue componenti, su cui Confcommercio sta lavorando da tempo:
- Nuovi Format: innovazioni che riguardano la forma e la tipologia del commercio o del servizio. Oggetto dell’innovazione sono la ricerca, la consulenza, lo studio di fattibilità del nuovo concept e l’allestimento del prototipo, che nel caso del commercio è il punto vendita sperimentale.
5
OCSE - Comunità Europea, Manuale di Oslo 2005.
250
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
- Negozio esperienziale: nuovo format in cui l’attività di vendita classica è
sostituita da vere e proprie esperienze: educative, di intrattenimento,
estetiche e teatrali, multisensoriali che interessano i prodotti e servizi
offerti, alle quali è riservato adeguato spazio. Il negozio diventa anche
sede di eventi ludici e aggregativi rivolti alla “comunity” che nasce attorno a questo polo attrattore e che è parte integrante del format.
- Nuovi processi produttivi, gestionali ed organizzativi: l’introduzione di
software gestionali non è di per sé considerabile come innovazione. Lo è
però la riorganizzazione del processo produttivo e/o distributivo che
avviene in seguito all’adozione del nuovo software. Si tratta quindi di
software, di operazioni necessarie alla riorganizzazione aziendale (studio di fattibilità, consulenza, formazione) ed in taluni casi, anche trasformazioni fisiche della sede aziendale.
- Eco-innovazione: occorre sostenere le imprese che investono in fonti
rinnovabili ed in efficienza energetica. Nel terziario ciò si traduce nel
cofinanziare l’adozione di sistemi di produzione di energia da fonti
rinnovabili specie per le aziende con maggiori consumi quali, per esempio, alberghi, campeggi, distributori di carburante, ingrossi e supermercati. In tal modo, si otterrebbe un risparmio energetico consistente e,
contemporaneamente, una cura per l’ambiente ed uno sviluppo sostenibile in linea con gli indirizzi nazionali ed europei su questi temi. Altro
possibile sviluppo di innovazione nel campo delle energie alternative è il
sostegno alla costituzione di punti vendita sperimentali per la vendita di
bio-carburante ottenuto da bio-masse. Si tratta di un importante esempio di sviluppo economico sostenibili che coinvolge il settore terziario in
quanto si presta alla commercializzazione ma che valorizza pure la produzione agricola locale e la riconversione del settore primario.
- Internazionalizzazione - Nel terziario di mercato per internazionalizzazione
si intende sia l’esportazione del format (di distribuzione, somministrazione
o altri servizi) che l’utilizzo del commercio elettronico. Tale operazione è
sicuramente annoverabile tra i modelli di innovazione possibili.
Ruolo sociale del terziario
Mission fondamentale per Confcommercio nel suo ruolo di corpo intermedio è la lettura, l’interpretazione e la trasformazione del terziario di mercato in azioni politiche nell’interpretazione del proprio ruolo sociale.
251
La società e i soggetti
Il fine è quello di individuare le principali esternalità prodotte che, abitualmente, non vengono osservate nell’analisi quantitativa di un settore e
che, colpevolmente, non vengono tenute in considerazione nelle politiche
di governo del sistema.
In altre parole, oltre al valore economico, bisogna ragionare sul valore
sociale di commercio, turismo e servizi e sul loro livello di contribuzione
alla qualità della vita della comunità regionale.
La nostra regione esprime una realtà molto variegata: tanti piccoli centri, borghi rurali e montani, quartieri cittadini e periferie urbane, centri
storici. In tutte queste realtà è evidente la funzione di integrazione sociale
e di servizio alla comunità svolta dal commercio e dai servizi di vicinato.
Funzione che va acquisendo sempre maggior rilievo e importanza soprattutto se consideriamo l’andamento demografico che ci contraddistingue e
che vede il progressivo invecchiamento della popolazione ed il forte
spopolamento di alcune realtà territoriali.
La creazione dei cosiddetti “quartieri dormitorio” e la contestuale chiusura dei negozi e servizi di vicinato danno alla popolazione segnali di forte
disagio e della totale mancanza di politiche che operino verso la qualità
della vita. Le reti commerciali e dei servizi sono veri e propri luoghi di
riferimento per intere comunità, nelle quali sono fortemente radicati e per
le quali rappresentano veri e propri presidi sociali, contribuendo tra l’altro
al controllo e alla vigilanza del territorio e contrastando il senso di insicurezza dilagante. Al commercio ed ai servizi andrebbe riconosciuto ufficialmente un ruolo di interesse collettivo con politiche ad hoc, in particolare
per la qualificazione dei centri urbani.
Confcommercio, corpo intermedio tra tradizione ed innovazione: è questa
la filosofia che muove le nostre strategie attraverso linee prioritarie e
programmatiche di intervento quale assunzione di responsabilità per coadiuvare le imprese del commercio, turismo e servizi in questa fase di profonda difficoltà. Ecco in sintesi le linee di intervento nel breve periodo:
- Innovazione: aiutare gli imprenditori ad introdurre sempre più innovazione nelle proprie aziende. Aiutare le imprese a considerare il
benchmarking uno strumento di lavoro, al fine di avviare “un processo
continuo di misurazione di prodotti, servizi e prassi aziendali mediante
il confronto con i concorrenti più forti” (Robert Camp);
- Turismo: consolidare le iniziative già intraprese nel campo del turismo e
intraprendere anche percorsi innovativi a supporto della complessiva
252
L. Rossi, Confcommercio Umbria fra tradizione e innovazione
offerta regionale in un ottica di promozione integrata e promozione
strategica;
- Centri Storici: supportare la costituzione dei centri commerciali naturali
e promuovere la elaborazione e realizzazione dei loro programmi di attività;
- Credito: sviluppare l’operatività dei Confidi per aiutare le imprese del
terziario nel difficile rapporto con il sistema creditizio;
- Internazionalizzazione: sperimentare iniziative pilota di
internazionalizzazione dei format distributivi nei mercati esteri.
Se il motore dello sviluppo italiano gira a vuoto, è perché non si è ancora trovato il modo di
spostare il baricentro del nostro sistema industriale e politico dalla prima alla seconda modernità … omissis … Si sta preparando una rivoluzione terziaria …omissis… Ma non abbiamo ancora
né il linguaggio né la politica adeguata a questo nuovo passaggio6.
Confcommercio quale corpo intermedio del terziario di mercato è pronta ad affrontare la sfida del passaggio alla seconda modernità. Occorre che
la sfida venga tuttavia raccolta anche dagli altri attori della scena.
6
Enzo Rullani, Economia e direzione aziendale, Università Ca’ Foscari di Venezia, in “L’Impresa”, 5
(2003).
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