Numero 4, 4 Luglio 2011. Licenza Creative Commons CC-BY-NC-SA.
Editoriale
Siamo giunti alla quarta uscita e l’estate è alle porte, ed
eccoci qui con il nuovo appuntamento con CaoStabile!
Le soluzioni dei giochi precedenti le puoi trovare direttamente sul nostro sito internet. Inoltre puoi interagire con noi tramite il nostro Blog e la pagina Facebook:
lasciaci un commento o qualche soluzione alternativa se
la trovi!
In questo numero parleremo di probabilità e giochi
d’azzardo, cercheremo di scoprire quali fregature si nascondono dietro a giochi molto popolari! Parleremo ancora di spazio e precisamente del moto dei pianeti attorno al Sole, con le celebri leggi di Keplero! Infine affronteremo un affascinante problema matematico ancora in
cerca di soluzione, vuoi provare a risolverlo? Forza!
Come al solito non mancherà l’angolo dei giochi, un
commento sulla prova di matematica della maturità ed
una bella recensione!
Buona lettura e passa a trovarci sul nostro Blog e sulla pagina Facebook, sapere che apprezzi il nostro sforzo
è la ricompensa più gradita!
In questo numero:
Il problema del lieto fine
Il moto dei pianeti intorno al Sole
Probabilità e giochi d’azzardo
Chiedi alla Ga’:
Quesito maturità PNI
Pausa caffè:
I nani ed il gigante
I tre interruttori
Il rimbalzo
Recensioni:
“Contro l’ora di
matematica”
Il Team CaoStabile
I L PROBLEMA DEL LIETO FINE
Quello che vi presento è un famoso
problema dal titolo affascinante che ha
coinvolto molti matematici fin dall’inizio
del secolo scorso. Prima di enunciare il
problema è necessaria una premessa: la
sua generalizzazione è tutt’ora un problema aperto... Invece la versione originale
possiede una dimostrazione semplice ed
elegante, seppur non banale da trovare.
Vi chiederete allora: perché mai ci viene
proposto un problema così difficile, tutt’ora irrisolto? Beh... perché dietro a questo
problema c’è un intreccio romantico che
ancora continua... e chissà che non siate
1
voi i prossimi protagonisti?
La prima versione di questo problema è stata proposta da Esther Klein durante gli anni 30 del secolo scorso: Dati cinque punti qualunque su una superficie piana, tra i quali non ve ne siano
3 allineati, dimostra che 4 di essi formano sempre un quadrilatero convesso. Ricordo che un poligono è convesso se i
suoi angoli interni sono tutti minori di 180
gradi. Attenzione: 4 punti non sono sufficienti, come dimostra il seguente disegno.
I tre casi generali di disposizione di 5 punti a due a due
non allineati.
Potreste provare a dimostre che queste tre sono effettivamente le uniche
configurazioni possibili.
Torniamo però alla storia di questo problema. Affascinati dall’eleganza della
dimostrazione proposta dalla Klein, molti matematici provarono a generalizzare il
problema a poligoni con un maggior numero di lati: ad esempio, Endre Makai non
tardò a dimostrare che per garantire l’esistenza di un pentagono convesso sono
necessari e sufficienti 9 punti nel piano.
Come prima sfida, potreste provare a disegnare su un foglio 8 punti, a 3 a 3 non
allineati, in modo che non se ne trovino 5
tra questi che formino un pentagono convesso (non necessariamente regolare!)...
questo non è particolarmente difficile!
A partire da questi due esempi, la
generalizzazione fu quasi immediata (c’è
gente che non ha proprio niente da fare, vero!?!): per garantire un poligono di
n lati servono 2n−2 + 1 punti (!?!). La formula funziona per quadrati e pentagoni
(infatti, 24−2 + 1 = 5 e 25−2 + 1 = 9), ma
ovviamente era (ed è tutt’ora) una congettura. Negli anni sono stati fatti alcuni
passi avanti, ma senza giungere ad una
soluzione completa.
Direte voi... ma qual era questa storia romantica? E che cosa c’entrano tutti i punti che ho disegnato col titolo del
problema? Apriamo quindi una parentesi
rosa...
Uno dei primi passi avanti sul problema
fu di George Szekeres, un giovane matematico dell’epoca. Egli era rimasto affascinato dall’eleganza della dimostrazione
di Esther... e da lei stessa! Allo stesso modo, il suo successo fece abbastanza colpo da fargli conquistare il cuore della Klein
e quattro anni dopo si sposarono. Fu per
questo episodio che il grande matemati-
Dimostrazione del fatto che 4 punti non garantiscono un
quadrilatero convesso.
La dimostrazione della Klein è molto semplice; si basa sul fatto che tutte
le disposizioni di 5 punti (non a due a
due allineati) si possono ridurre a tre casi
generali:
• I cinque punti formano un pentagono convesso (in questo caso 4
qualsiasi formano un quadrilatero
convesso);
• Quattro punti formano un quadrilatero convesso ed il quinto è al suo
interno;
• Due punti giaciono all’interno di un
triangolo formato dagli altri tre (se
si considera la retta per i primi due
questa lascerà due dei punti del
triangolo da una sola parte ed assieme ai primi due formeranno un
quadrilatero convesso)
2
sce l’esistenza, ma il traguardo di 17 (cioè
26−2 + 1) è ancora lontano.
Come anticipato prima, Erdös e Szekeres hanno dimostrato che, a patto di avere un numero sufficientemente grande di
punti (dell’ordine di grandezza di 4n ), è
garantita l’esistenza di un poligono di n lati. È stato già dimostrato anche che con
meno di 2n−2 + 1 punti l’esistenza dell’ nagono non è garantita. Tra 2n−2 + 1 e 4n ,
però, c’è ancora un enorme divario da
colmare!
Come dicevo il problema è ancora
aperto e, chissà, il prossimo contibuto potrebbe essere il vostro. Un unico consiglio:
se volete cimentarvi, cercatevi una bella
matematica (o matematico) che affronti
assieme a voi questa sfida.
co Erdös lo ribattezzo “Problema del Lieto
Fine”. Ma non è finita qui...
Dopo questo primo periodo, il problema rimase fermo per sessant’anni, nonostante tanti matematici abbiano provato
ad affrontarlo. Fu solo nel 1996 che Ronald Graham e sua moglie Fan, in volo dagli States alla nuova Zelanda, riuscirono a
migliorare i risultati precedenti.
La leggenda vuole che questo problema si arrenda più facilmente alle coppie
di innamorati.
Ma qual è lo stato dell’arte? Come
abbiamo visto, è stato dimostrato che la
formula congetturata vale per quadrilateri e pentagoni. Pare strano, ma già per gli
esagoni il risultato è solo parziale: si è dimostrato che con 37 punti se ne garanti-
Luigi Caspani
I L MOTO DEI PIANETI INTORNO AL S OLE
Per capire in che modo i pianeti ruotano intorno al Sole o in che modo un satellite naturale ruota intorno al pianeta che lo
ospita, abbiamo bisogno di sapere quali
sono le leggi che regolano il moto dei corpi celesti che popolano il sistema solare.
Possiamo descrivere un modello semplificato in cui consideriamo solo due oggetti che interagiscono tra loro attraverso la
sola attrazione gravitazionale che ognuno
esercita sull’altro: questo modello è noto
come “il problema dei due corpi”ed è interamente descritto e risolto dalle leggi di
Keplero. Il modello è utilizzato, per esempio, per studiare il moto di un pianeta intorno al Sole (in questo caso i due corpi
in questione sono Sole e pianeta che si
attraggono reciprocamente); il modello è
semplificato perché non tiene conto del
fatto che nella realtà esistono altri pianeti e altri oggetti del sistema solare che influenzano e che attraggono il Sole e il pianeta. Nonostante ciò, in prima approssimazione le leggi di Keplero sono accurate
e permettono di descrivere bene il moto
del pianeta intorno al Sole.
Il moto dei pianeti intorno al Sole.
Le tre leggi ci dicono su quali traiettorie
si muovono i pianeti e con quali velocità
percorrono tali traiettorie. Vediamo ora in
dettaglio le leggi.
La prima legge (enunciata da F.J. Keplero nel 1608) dà informazioni sulla traiettoria percorsa dai due corpi; in particolare, nel caso del sistema Sole-pianeta
ci dice che l’orbita descritta dal pianeta
rispetto al Sole è un’ellisse, di cui il Sole
occupa uno dei due fuochi. Ricordiamo
che un’ellisse è il luogo geometrico dei
punti del piano per i quali la somma del3
le distanze da due punti fissi detti fuochi è
costante.
La seconda legge di Keplero.
Osserviamo la figura che descrive la seconda legge: le aree in grigio delimitate, la prima dai punti A, B e dal Sole e
la seconda dai punti C, D e dal Sole, sono uguali. Perciò, per la seconda legge di
Keplero, il pianeta dovrà percorrere il tratto di ellisse dal punto A al punto B nello
stesso tempo in cui percorrerà il tratto da
C a D. È facile notare che l’arco AB più
corto dell’arco CD, perciò l’arco AB sarà percorso più lentamente dell’arco CD;
possiamo così affermare che la velocità
del pianeta non è costante lungo l’orbita
(cioè l’ellisse) e in particolare è massima al
perielio e minima all’afelio.
La terza legge (del 1619) fornisce informazioni riguardo la velocità dei pianeti al
variare della distanza dal Sole: i quadrati
dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono
proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori
delle loro orbite, cioè
La prima legge di Keplero.
Nella figura è rappresentata un’ellisse
e sono rappresentati alcuni elementi che
aiutano ad identificare l’orbita del pianeta: in particolare, il semiasse a che corrisponde al semiasse dell’ellisse, il punto
A detto “afelio”che corrisponde al punto
in cui il pianeta è più lontano dal Sole, il
punto P detto “perielio”che corrisponde
al punto in cui il pianeta è più vicino al
Sole e il “raggio vettore”che indica il segmento che unisce il Sole al pianeta che si
muove sull’ellisse.
T2
=C,
a3
La seconda legge (del 1609) dà informazioni sulla velocità con cui l’ellisse viene percorsa dal pianeta: il raggio vettore
(che unisce il centro del Sole con il centro del pianeta) spazza aree uguali in tempi uguali, il che può essere riformulato dicendo che si ha costanza della velocità
areolare. Questo implica che al perielio,
quando il pianeta è più vicino al Sole, la
velocità tangenziale sia massima mentre
all’afelio sia minima.
dove abbiamo chiamato con T il periodo di rivoluzione, a il semiasse dell’ellisse
e con C intendiamo una costante. La
terza legge di Keplero ci dice che allontanandosi dal Sole i pianeti si muovono
più lentamente e impiegano più tempo
a percorrere un giro completo intorno al
Sole.
È interessante sapere che Keplero non
spiega la natura delle forze che agiscono
sui pianeti e non fornisce la dimostrazione
4
delle leggi che enuncia: egli verifica le formule in maniera empirica, cioè prova che
le sue leggi concordano con i dati osservati da Tycho Brahe, un astronomo che
aveva misurato con grande precisione le
posizioni dei pianeti alla fine del 1500. Le
leggi verranno dimostrate da Isaac Newton nel 1686 nei “Principia Mathematica
Philosophiae Naturalis”; egli ricava le tre
leggi a partire dal secondo principio della dinamica sotto l’unica ipotesi di una
forza gravitazionale F esercitata dal Sole
sui pianeti, decrescente con il quadrato
della distanza, data dalla formula
F = −G
leggi infatti sono seguite dai pianeti, dagli asteroidi e dalle comete che orbitano intorno al Sole, ma anche dai satelliti naturali che ruotano intorno ad un pianeta, così come dai satelliti artificiali messi in orbita dagli uomini intorno alla Terra.
In particolare, nell’ultima foto potete osservare la Stazione Spaziale Internazionale
(nota anche come ISS, ovvero International Space Station) che orbita intorno alla
Terra; il suo moto è descritto dal problema
dei due corpi Terra-satellite ed è regolato
dalle leggi di Keplero stesse.
M ·m
,
d2
dove G è la costante gravitazionale, M
è la massa del Sole, m è la massa
del pianeta, d è la distanza dal Sole al
pianeta.
Come abbiamo detto all’inizio del nostro articolo, tutti i moti dei corpi del sistema solare seguono (come prima approssimazione) le tre leggi di Keplero; queste
La Stazione Spaziale Internazionale.
Sara Di Ruzza
P ROBABILITÀ E GIOCHI D ’ AZZARDO
Sicuramente avrai già sentito parlare
del concetto di probabilità, magari durante i tuoi studi, e forse starai pensando “oddio, non ci capivo niente!”. Bene,
in questo breve articolo voglio spiegarti i
concetti di base e come al solito avendo in mente qualcosa di pratico! Cosa ne
dici di alcuni diffusi e semplicissimi giochi
d’azzardo come il Lotto, il Superenalotto
e la roulette? Purtroppo non posso aspettare la tua risposta quindi facciamo finta
che tu sia d’accordo e andiamo avanti!
croce, non hai che il 50% delle probabilità di vincere! Nulla di nuovo a dire il vero,
questo lo sai dai tempi dell’oratorio quando si decideva per la palla o il campo...e
come ricorderai la scelta non era del tutto
ininfluente in un pomeriggio assolato con il
portiere avversario accecato dal sole, ma
questa è un’altra storia.
Come in tutte le cose, per iniziare, partiamo dal principio: il lancio della moneta.
Come puoi facilmente immaginare se lanci in aria una moneta bilanciata e giochi
a testa o croce che tu dica testa, oppure
La definizione classica di probabilità di
un evento è il rapporto tra il numero dei
casi favorevoli e il numero dei casi possibili
del nostro esperimento, purché questi ultimi siano tutti equiprobabili. Questa defini-
Ma torniamo alla nostra affermazione,
cosa significa esattamente che la moneta
sia bilanciata? E come possiamo definire
il concetto astratto di probabilità?
5
zione è spesso attribuita a Pierre Simon Laplace e quindi è anche detta definizione
classica di Laplace.
Questa definizione consente di calcolare effettivamente la probabilità in molte
situazioni, è una definizione che fornisce
un metodo per il calcolo.
Torniamo alla nostra moneta, se scegliamo testa (o croce), avremo un solo
caso favorevole e due esiti possibili, dunque la probabilità di vittoria è pari a 1/2,
nulla di nuovo per la verità! E se lanciamo due monetine, qual è la probabilità di
ottenere due teste, due croci o una testa
ed una croce? Semplice, indichiamo con
C l’uscita di una croce e con T quella di
una testa, i casi possibili saranno quattro:
(T,T), (T,C), (C,T), (C,C). Dunque le due teste (o croci) avranno probabilità pari ad
1/4, mentre la combinazione di una testa
ed una croce avrà una probabilità pari a
1/2!
Prova a pensare come funziona con
il lancio di un dado, e poi con il lancio
di due dadi, naturalmente con tutte le
facce equiprobabili.
La definizione classica presenta tuttavia diversi aspetti negativi non irrilevanti,
prova a rileggerla con attenzione e a scoprire quali siano i problemi di questa definizione! Anzitutto si tratta di una definizione circolare, richiede che i casi possiedano tutti la medesima probabilità, ma non
era proprio il concetto di probabilità quel
che volevamo definire? Inoltre non definisce la probabilità in caso di eventi non
equiprobabili.
Per superare queste difficoltà è stato
introdotto il concetto di probabilità frequentista: la probabilità di un evento è
il limite a cui tende la frequenza relativa
dell’evento, al crescere del numero degli
esperimenti
nA
P(A) = lim
n→∞ n
ad esser precisi infinite, e nelle medesime
condizioni.
Anche in questa definizione gli inconvenienti sono dietro l’angolo, infatti non
tutti gli esperimenti sono ripetibili e per di
più per un numero infinito di volte.
Infatti ha senso chiedersi quale sia la
probabilità che i leoni bianchi si estinguano nel prossimo secolo, ma quale evento
potremmo associare (e misurare) in questo caso? Ed anche ammesso che la
tua immaginazione sia più fervida della
mia e che tu abbia in mente qualcosa,
ripetere l’esperimento infinite volte impiegherebbe certamente un tempo superiore al secolo e la risposta alla domanda
arriverebbe troppo tardi!
Insomma, siamo partiti da un esempio semplice, in cui tutto sembrava chiaro, per arrivare ad un discorso che sembra
senza via d’uscita.
Bene, allora ho raggiunto il mio scopo,
anche se all’apparenza le cose sembrano semplici, ed in fondo funzionano anche, formalizzare matematicamente un
concetto come quello di probabilità non
è affatto semplice!
Torniamo a noi ed assumiamo un atteggiamento pragmatico, per i nostri scopi la definizione frequentista va più che
bene per oggi. Prima di considerare i giochi d’azzardo come promesso, no non me
lo sono dimenticato, torniamo un’ultima
volta al lancio della moneta.
Supponiamo che tu ed un tuo amico vi
troviate un pomeriggio con una moneta
ben bilanciata ed un centinaio di monetine da un centesimo (tanto per non buttar via soldi per niente) e decidiate di giocare a testa o croce in questo modo: a
turno ad ogni lancio decidete se scegliere testa o croce e puntate un centesimo
ciascuno, chi vince si prende entrambe le
monetine. Ad ogni lancio ogni giocatore ha una probabilità di vittoria pari a 1/2
e in caso di vittoria vince esattamente 2
volte la somma giocata. Come ti suggerisce anche il buon senso si tratta di un gioco ben bilanciato, dove la vittoria tiene
La definizione frequentista si applica
anche nel caso di eventi che non siano
ritenuti ugualmente possibili, ma assume
che l’esperimento sia ripetibile più volte,
6
capire quanto non sia equo questo gioco
basterà una semplice osservazione.
La probabilità di fare il fatidico sei è infatti pari a 1/622 614 630 (ti è chiaro come
calcolare questo numero?), e la vittoria
più alta mai registrata è di 177; 729 043 euro, una bella cifra senza dubbio, ma meno
di un terzo della vincita che pagherebbe
un gioco equo!
Infine passiamo alla roulette, che grazie a numerosi film e falsi miti è spesso considerata un gioco d’azzardo in cui si perde
sempre, non come il Lotto... Nelle moderne roulette sono presenti i numeri da 1 a
36, con l’aggiunta dello zero e del doppio zero. Perché ho detto espressamente
con l’aggiunta? Perché sono proprio questi due personaggi a far pendere la bilancia dalla parte del banco, ma scopriamo
come.
I 36 numeri sono metà rossi e metà neri,
mentre lo zero e il doppio zero sono generalmente verdi. Se puntiamo sul rosso abbiamo quindi una probabilità pari a 18/38
e la vittoria è pagata due volte la giocata. Anche in questo caso osserviamo che
non si tratta di un gioco equo, ma direi
che rispetto al Lotto e al Superenalotto la
situazione è decisamente migliorata, non
credi? Inoltre se puntiamo un numero a
caso abbiamo una probabilità di vittoria
pari di 1/38, e la vincita è fissata a 35 volte
la giocata, non siamo di fronte ad un gioco onesto è vero, ma la situazione credo
sia migliore di quel che pensassi.
Per concludere spero di averti incuriosito e di averti fatto capire che i soldi è
meglio tenerseli in tasca, nessuno probabilmente deciderà di regalarci soldi inventando un gioco, ma per il contrario puoi
starne certo! Dal punto di vista matematico abbiamo tolto solo un velo dal mondo della probabilità, ma se sei interessato
o hai dei dubbi non avere esitazioni, scrivici su Facebook o sul Blog e suggerisci
qualche argomento da trattare!
Marco Sansottera
conto del rischio legato alla probabilità di
non vincere. Questo gioco infatti è detto
gioco equo. In probabilità infatti il nome
di gioco equo è quel gioco di probabilità
che paga al vincitore una vincita equa,
cioè pari all’importo giocato moltiplicato
per il reciproco della probabilità di vittoria.
In effetti a pensarci bene, se il gioco
non fosse equo probabilmente non saresti disposto a giocarti i tuoi soldi non credi? Ne sei sicuro? Immagino la tua faccia,
“certo!” starai pensando. Peccato che ci
siano tante persone che (forse non sapendolo) sono ben disposte a giocare i loro
soldi a giochi tutt’altro che equi! Vuoi dei
nomi? Lotto, Superenalotto, roulette, etc.,
l’elenco sarebbe lungo!
Partiamo dal Lotto, il singolo estratto è
pagato 11.232 volte la posta in gioco, ma
facciamo qualche conto. Si tratta di indovinare un numero tra i cinque estratti da un’urna contenente novanta palline numerate, dunque abbiamo 5 casi favorevoli e 90 possibili, con una probabilità di vittoria pari a 5/90 = 1/18. Un gioco
onesto dovrebbe pagare 18 volte la posta
giocata e non poco più di 11!
Passiamo all’ambo, che paga 250 volte
la posta giocata. Questa volta dobbiamo
indovinarne due di numeri e la probabilità scende a 20/(90 ∗ 89) = 1/400.5, dunque
un gioco onesto pagherebbe 400.5 volte
la posta, una bella differenza.
Potremmo continuare, ma sei perfettamente in grado di armarti di pazienza,
contare i casi possibili e quelli favorevoli ed
ottenere da te i risultati!
Passiamo dunque al Superenalotto, un
gioco da vincite milionarie che attira milioni di giocatori che regolarmente perdono i loro soldi! In questo caso la situazione
è più complicata in quanto il montepremi
è dato dal totale dei soldi giocati e viene ripartito secondo certi criteri tra i vari esiti, non esiste una quota fissa, ma per
7
C HIEDI
R UBRICA
ALLA
G A’
DI AIUTO AGLI STUDENTI
- Q UESITO MATURITÀ PNI -
guente questione riguardante l’insieme N
dei numeri naturali (“i numeri tutti”). Dice Salviati: “....se io dirò, i numeri tutti,
comprendendo i quadrati e i non quadrati, esser più che i quadrati soli, dirò proposizione verissima: non è così?». Come
si può rispondere all’interrogativo posto e
con quali argomentazioni?
Ci si deve chiedere quindi se l’insieme formato dai quadrati dei numeri naturali {0, 1, 4, 9, 16, 25...} abbia cardinalità
minore di tutto N. Il buon senso ci consiglia di dare risposta affermativa, perché
i quadrati sono solo alcuni dei naturali.
Consideriamo, però, lo schema seguente:
Anche quest’anno, devo ammetterlo,
ero pronta a criticare le tracce della prova di matematica dell’Esame di Stato,
cioè la seconda prova prevista per i licei
scientifici. E’ più forte di me: alcune volte mi è sembrata troppo difficile, altre volte troppo facile, non mi piacciono i quesiti che sembrano curiosità (non se ne può
più di questa quadratura del cerchio!) e
in particolare quest’anno non mi è piaciuto l’ultimo punto del secondo problema.
Mi è sembrato un tentativo di far apparire
“utile e pratica” una materia che, almeno
al liceo scientifico, dovrebbe poter esistere senza doversi giustificare. Non parliamo
poi di quel “si verifichi con l’aiuto di una
calcolatrice”... Ero già pronta a sparare a
zero su tutto quando ho letto il quesito numero 5 della traccia prevista per l’indirizzo
PNI. Non so se nel 1999 (quando è toccato a me sostenere l’esame) sarei riuscita a
risolverlo, ma adesso proverò a scriverne
una soluzione perché questo quesito è un
ottimo esempio di quanto trovo bello nella
matematica: il ragionamento a volte porta a risultati che vanno contro il normale
buon senso.
Rigore e rivoluzione!
QUESITO N.5 - TRACCIA PNI
In una delle sue opere G.Galilei fa porre da Salviati, uno dei personaggi, la se-
0 1 2 3 4
l l l l l
0 1 4 9 16
5 ...
l ...
25 ...
Ogni quadrato, quindi, può essere messo
in relazione con un numero naturale e viceversa: questa corrispondenza (biunivoca) ci permette di convincere Salviati che
i quadrati sono tanti quanti i numeri tutti.
Lo stesso vale, ad esempio, e si può dimostrare in modo simile, anche per i numeri pari, i numeri dispari, i multipli di 3, di
4... gli interi e i razionali. In generale, tutti gli insiemi che hanno la stessa cardinalità di N (indicata con la lettera dell’alfabeto ebraico aleph con il pedice 0: ℵ0 ) si
dicono numerabili.
Gabriella Pina
PAUSA
R UBRICA
CAFFÈ
DI
E NIGMI
E
G IOCHI M ATEMATICI
- I NANI ED IL GIGANTE -
te i cappelli rimanenti sulle teste dei poveri nani, che possono vedere i cappelli
degli altri nani, ma non il proprio. A questo punto il gigante dice loro che per avere salva la vita uno di loro deve dire il colore del suo cappello e quello degli altri
nani...altrimenti li mangerà.
Il gigante aspetta qualche minu-
Tre nani sono stati rapiti da un gigante
che li vuole mangiare. Il gigante (appassionato di indovinelli) vuole dar loro una
possibilità: prende cinque cappelli (due
bianchi e tre neri) e, dopo averli fatti vedere ai nani, ne butta via due. Infine met8
nano alza la mano e da la risposta indovinando il proprio colore e quello degli altri,
sotto gli occhi stupefatti del gigante (che
resta senza spuntino!).
Di che colore sono i capelli dei nani?
to e chiede loro, ma nessuno risponde...aspetta ancora un minuto e chiede
nuovamente una risposta, ma niente...il
gigante allora inizia a spazientirsi e decide di mangiarli...ma improvvisamente un
Marco Sansottera
- I TRE INTERRUTTORI -
di sapere cosa accade all’interno, si possono azionare gli interruttori a piacimento,
ma per una ed una sola volta si può poi
entrare nella stanza. Infine bisognerà uscire dalla stanza ed indicare quale dei tre
interruttori accende la lampadina. Come
è possibile farlo?
Fuori da una stanza chiusa ci sono tre
interruttori, uno dei quali aziona una lampadina ad incandescenza che si trova all’interno della stanza, i tre interruttori sono
tutti nella posizione di “spento”. Rimanendo fuori dalla stanza e senza la possibilità
Marco Sansottera
- I L RIMBALZO -
Qual è il percorso (formato da due
segmenti consecutivi) più breve che una
palla può effettuare partendo da A, rimbalzando sul terreno e arrivando in B? Determinare il punto di rimbalzo utilizzando
solo riga, squadra e compasso.
Il rimbalzo
Gabriella Pina
R ECENSIONI
S CELTI
DA NOI
- “C ONTRO L’ ORA DI MATEMATICA” -
no, Paul Lockhart, che questa materia la
ama davvero e vorrebbe che tutti potessero avere la possibilità di apprezzarla. In
sintesi, l’autore, insegnante, vorrebbe poter proporre ai propri alunni dei problemi e
lasciar loro il tempo di riflettere, sbagliare
e arrivare alla soluzione per tentativi. Vorrebbe che loro potessero “fare” della matematica invece di “subirla” così come a
volte avviene adesso. Cita anche alcu-
Non fraintendete il titolo: questo libro è
a favore della matematica, ma non a favore della matematica così come spesso
viene insegnata ora nella scuola. Quando
ho deciso di leggerlo, ero convinta che
mi sarei trovata davanti le solite pagine riguardanti gli aspetti pratici dell’uso della
matematica e invece sono stata piacevolmente colpita dalle parole di qualcu9
ra matematica per i loro studenti. Non
mi sembra così sbagliato che un bambino studi a memoria le tabelline, in modo
da non dipendere in tutto e per tutto dal
buon funzionamento della sua calcolatrice: è giusto che si formi solide basi per i
suoi studi futuri. Solo bisognerebbe poter
mostrare ai ragazzi anche quanto è bello
saper usare la logica e l’intuito.
ni possibili problemi: uno di questi è presentato in questo numero nella rubrica dei
giochi matematici, “il rimbalzo”. Le idee di
Lockhart sono affascinanti, devo ammetterlo. Ma devo anche ammettere di trovarle un po’ troppo estreme. Io ho l’impressione che molti insegnanti, pur rispettando i programmi previsti e proponendo
formule e concetti da imparare, riescano
comunque a ritagliare dei momenti di ve-
Gabriella Pina
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