UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Scienze MM. FF. NN. Dipartimento di Fisica Corso di Laurea in Fisica OPERATORI DI CASIMIR Tesi di Laurea in Fisica Relatore Candidato Dott. Claudio Dappiaggi Giancarlo Croce Anno Accademico 2013-2014 Introduzione Lo scopo di questa tesi è definire formalmente gli operatori di Casimir (detti anche operatori invarianti), studiarne le proprietà, lo spettro e capire la loro importanza in fisica. Un esempio paradigmatico è il quadrato dell’operatore momento angolare, che è l’invariante di Casimir per il gruppo delle rotazioni tridimensionali. In generale se un dato gruppo G è un gruppo di simmetria continua di qualche sistema fisico, allora lo spettro degli operatori invarianti associati a G classifica le rappresentazioni irriducibili o, detto in altri termini, determina i numeri quantici del sistema fisico. L’operatore di Casimir deve il suo nome a Hendrik Casimir, che ha calcolato l’operatore invariante per il gruppo di Lorentz all’inizio degli anni ’30. Nel primo capitolo vengono introdotte le algebre di Lie in modo astratto come spazi vettoriali. Tale approccio consente di studiarne in modo approfondito le proprietà senza preoccuparsi della correlazione con il gruppo. Sebbene le algebre di Lie siano una branca della matematica studiata indipendentemente, è evidente, anche solo dal nome, che devono, in qualche modo essere correlate ai gruppi di Lie. Il concetto di gruppo di Lie è nato dall’intuizione del matematico norvegese Sophus Lie (1842-1899) di combinare proprietà tipicamente algebriche (quelle di gruppo) e proprietà di tipo geometrico (quelle di varietà differenziale). Nel secondo capitolo, dopo un breve excursus di geometria differenziale, si dà la definizione rigorosa di gruppo di Lie e successivamente si analizza il collegamento tra gruppo e algebra. In modo sintetico viene poi trattato il concetto di rappresentazione, di fondamentale importanza in fisica, in particolare perché viene usata per descrivere il modo in cui il gruppo di simmetria di un sistema fisico influenza le soluzioni delle equazioni che reggono il sistema stesso. Nel terzo capitolo si tratta l’argomento principale della tesi: gli operatori di Casimir. Per una trattazione formalmente corretta è necessario introdurre le nozioni di operatore tensoriale e di algebra inviluppante. Quindi sono stati definiti gli operatori invarianti, ovvero gli elementi dell’algebra inviluppante che commutano con tutti gli elementi dell’algebra. L’importanza di tale fatto si comprende alla luce del lemma di Schur, secondo cui ogni operatore invariante nello spazio supporto di una rappresentazione irriducibile è proporzionale all’identità. Si è calcolato esplicitamente l’insieme degli operatori invarianti indipendenti e il loro spettro per i gruppi U (n), SU (n), O(n), Sp(n). Nel quarto e ultimo capitolo ci si focalizza sulle applicazioni fisiche. Innanzitutto si descrive brevemente come si può analizzare la struttura gruppale di una teoria fisica. Si enuncia quindi il Teorema di Wigner, tramite il quale si capisce l’importanza delle rappresentazioni unitarie per le simmetrie in meccanica quantistica. Successivamente i ii sono stati esaminati, attraverso un approccio gruppale, alcuni casi particolarmente rilevanti in fisica : i) il gruppo SU(2) e SO(3) e le relative algebre, di fondamentale importanza nella trattazione del momento angolare in meccanica quantistica, ii) l’oscillatore armonico tridimensionale, iii) il problema di Keplero non relativistico o problema dell’atomo di idrogeno, iv) il gruppo di Lorentz e di Poincaré. Nei vari casi si è analizzata la struttura del gruppo di simmetria, delle algebre e sono stati determinati gli operatori invarianti. Indice Introduzione i 1 Algebre di Lie 1.1 Definizioni e proprietà generali . . . . 1.2 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1 Le algebre An , Bn , Cn e Dn . . 1.3 Operazioni sulle algebre di Lie . . . . . 1.3.1 Operatore aggiunto . . . . . . . 1.3.2 Somma semidiretta . . . . . . . 1.4 Forma di Killing . . . . . . . . . . . . 1.5 Struttura e classificazione delle algebre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 3 4 5 6 7 7 8 2 Gruppi di Lie 2.1 Accenni di geometria differenziale . . . . . . . . . 2.1.1 Spazio tangente . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.2 Campo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . 2.1.3 Sottovarietà . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Gruppi di Lie: definizioni e proprietà generali . . 2.3 Algebra di Lie di un gruppo di Lie . . . . . . . . 2.3.1 Gruppi di Lie con algebre isomorfe . . . . 2.3.2 Gruppo aggiunto . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Mappa esponenzionale . . . . . . . . . . . . . . . 2.5 Rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.5.1 Irriducibilità di una rappresentazione . . . 2.5.2 Rappresentazione di algebre semisemplici 2.5.3 Applicazione ai gruppi di Lie compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 13 14 15 16 16 18 22 24 25 26 28 29 30 . . . . . . . . . 33 33 35 35 36 39 39 39 43 43 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Lie . . . . . . . . 3 Operatori di Casimir 3.1 Operatori tensoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Algebra inviluppante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Basi dell’algebra inviluppante . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Operatori invarianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.1 Spettro degli operatori di Casimir . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Operatori di Casimir di gruppi di Lie classici . . . . . . . . . . . 3.4.1 Operatori di Casimir e relativi spettri per U (n) . . . . . . 3.4.2 Operatori di Casimir e relativi spettri per SU (n) . . . . . 3.4.3 Operatori di Casimir e relativi spettri per O(n) e Sp(n) iii . . . . . . . . . iv 4 Applicazioni ed esempi 4.1 Simmetrie in fisica . . . . . . . . . . . . . 4.1.1 Simmetrie in meccanica quantistica 4.2 Simmetrie dell’Hamiltoniana . . . . . . . . 4.3 SO(3), SU(2) e relative algebre . . . . . . 4.4 Oscillatore armonico tridimensionale . . . 4.5 Problema di Keplero non relativistico . . . 4.6 Gruppo di Lorentz e di Poincaré . . . . . 4.6.1 Struttura del gruppo di Lorentz . . 4.6.2 Algebra del gruppo di Lorentz . . . 4.6.3 Gruppo di Poincaré . . . . . . . . 4.6.4 Algebra del gruppo Poincaré . . . INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 47 48 49 50 52 53 55 56 57 58 59 Capitolo 1 Algebre di Lie Il concetto di algebra di Lie può essere introdotto a partire dai gruppi di Lie, tuttavia è utile definire l’algebra di Lie in modo astratto come spazio vettoriale su un generico campo K con una opportuna operazione interna. Solo successivamente si studierà come sono collegati i gruppi e le relative algebre. 1.1 Definizioni e proprietà generali Definizione 1.1. Un’ algebra di Lie g è uno spazio vettoriale finito dimensionale, definito su un campo K (di solito reale o complesso), dotato di una legge di composizione interna (detta prodotto di Lie) : [·, ·] : g × g −→ g che soddisfa le seguenti proprietà: 1. bilinearità, cioè [αX + βY, Z] = α[X, Z] + β[Y, Z] e [Z, αX + βY ] = α[Z, X] + β[Z, Y ] per ogni X, Y, Z ∈ g, e α, β ∈ K, 2. antisimmetria, cioè [X, Y ] = −[Y, X] per ogni X, Y ∈ g, 3. identità di Jacobi, cioè [[X, Y ], Z] + [[Z, X], Y ] + [[Y, Z], X] = 0 per ogni X, Y, Z ∈ g. Dall’identità di Jacobi segue che, in generale, il prodotto di Lie non è associativo. Si introduce la seguente nomeclatura: • Un’algebra di Lie g è detta reale (risp.complessa) se K = R (risp. K = C). • Un’algebra di Lie g è detta abeliana o commutativa se [X, Y ] = 0 per ogni ∀ X, Y ∈ g. • Un sottospazio vettoriale n di un’algebra di Lie g è una sottoalgebra se [n, n] ⊂ n (i.e. [X, Y ] ⊂ n ∀ X, Y ∈ n) e ideale se [g, n] ⊂ n. • Un ideale n di g è detto centro di g se è massimale, ossia se è il più grande ideale contenuto in g, e se [g, n] = 0. Siano e1 , . . . , en basi nello spazio vettoriale g. Per la linearità del commutatore Z = [X, Y ] quando espresso in termini di coordinate (i.e. X = xi ei , etc.) 1 assume 1 D’ora in poi si utilizzerà la convenzione di Einstein per la somma sugli indici ripetuti 1 2 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE la forma: z i = [X, Y ]i = cjki xj y k , i, j, k = 1, 2 . . . , n, (1.1) con [ej , ek ] = cjki ei . I numeri cjki sono chiamati costanti di struttura e n dimensione dell’algebra. Dalle proprietà 2 e 3 segue che: cjki = −ckji , (1.2a) cis p cjks + cjsp ckis + cksp cij s = 0. (1.2b) L’esistenza di sottoalgebre o ideali di un’algebra di Lie g si riflette in restrizioni sulle costanti di struttura: siano e1 , . . . , ek basi di una sottoalgebra n allora le costanti di struttura devono soddisfare la relazione: cij s = 0 per i, j ≤ k, s > k, (1.3) e, se sono le basi di un ideale, allora: cij s = 0 per i ≤ k, s > k, e j arbitrario. (1.4) Dalla definizione segue che, sotto un cambio di base di g, le costanti di struttura cjki trasformano come un tensore di rango (2,1) ossia con un indice controvariante e due covarianti. Definizione 1.2. Data un’algebra di Lie reale gR , si chiama estensione complessa gC l’algebra di Lie tale che: • gC è l’estensione complessa dello spazio vettoriale reale gR , cioè è lo spazio dei vettori Z = X + iY con X, Y ∈ gR e per cui la moltiplicazione rispetto a γ = α + iβ ∈ C è definita come γZ = αX − βY + i(αY + βX), • per ogni coppia Z, Z 0 ∈ gC , la parentesi di Lie [, ]C è definita come [Z, Z 0 ]C = [X + iY, X 0 + iY 0 ]C = [X, X 0 ] − [Y, Y 0 ] + i([X, Y 0 ] − [X 0 , Y ]), dove [, ] sono le parentesi associate a gR ,. Un’algebra di Lie complessa di dimensione n con una base {ei }ni=1 può anche essere vista come un’algebra di Lie reale di dimensione 2n con vettori di base e1 , ie1 , . . . en , ien . Definizione 1.3. Un’algebra di Lie g, si dice decomposta in somma diretta e si k L indica con g = gi se g, intesa come spazio vettoriale, può essere scritta come i=1 somma diretta di sottospazi vettoriali gi i = 1 . . . k < ∞ [gi , gi ] ⊂ gi , [gi , gj ] = 0, 2 e se, in aggiunta, i, j = 1, 2, . . . k. 2 (1.5) Uno spazio vettoriale V si definisce somma diretta dei sottospazi Vi i = 1, 2, . . . k se ogni k P elemento v ∈ V si può scrivere in maniera unica nel seguente modo: v = vi con vi ∈ Vi . Si scrive i=1 V = k L i=1 Vi 1.2. ESEMPI 3 Definizione 1.4. Sia n una sottoalgebra di g. Si può introdurre in g la seguente relazione d’equivalenza: X ∼ Y (mod n) (1.6) se X − Y ∈ n cioè se X è somma del vettore Y e di un vettore n ∈ n. L’insieme delle classi d’equivalenza (cioè delle [X] = X + n = {X + n : n ∈ n} ) è detto spazio quoziente. In generale lo spazio quoziente non eredita la struttura di algebra di Lie, infatti se: X1 ∼ Y1 (mod n) i.e. X1 = Y1 + n1 , X2 ∼ Y2 (mod n) i.e. X2 = Y2 + n2 allora: [X1 , X2 ] = [Y1 + n1 , Y2 + n2 ] = [Y1 , Y2 ] + [Y1 , n2 ] + [n1 , Y2 ] + [n1 , n2 ]. Quindi, in generale, la relazione [X1 , X2 ] ∼ [Y1 , Y2 ] (mod n) (1.7) non è soddisfatta. Tuttavia se n è anche un ideale, allora i termini [Y1 , n2 ], [n1 , Y2 ], [n1 , n2 ] sono contenuti in n e la condizione 1.7 è verificata. L’algebra risultante è chiamata algebra di Lie quoziente di g rispetto a n ed è indicata con g/n. Definizione 1.5 (Solubile). Un’algebra di Lie g si dice solubile se , costruita la sequenza g(0) = g, g(1) = [g(0) , g(0) ] . . . g(n) = [g(n−1) , g(n−1) ] esiste un n ∈ N tale che g(n) = {0} Definizione 1.6 (Nilpotente). Un’algebra di Lie g si dice nilpotente se , costruita la sequenza g(0) = g, g(1) = [g(0) , g] . . . g(n) = [g(n−1) , g] esiste un n ∈ N tale che g(n) = {0} Per induzione si verifica che g(n) ⊂ g(n) . Infatti siccome g(0) = g(0) e supponendo che g(n) ⊂ g(n) , allora g(n+1) = [g(n) , g(n) ] ⊂ [g(n) , g] = g(n+1) . Se ne deduce che ogni algebra nilpotente è risolvibile (il viceversa è, in genere, falso). 1.2 Esempi Esempio 1.2.1. Se A è un’algebra finito-dimensionale con la legge di moltiplicazione (X, Y ) → X · Y si può ottenere un’algebra di Lie definendo [X, Y ] = X · Y − Y · X Esempio 1.2.2. Lo spazio euclideo R3 diventa un’algebra di Lie munendolo del prodotto di Lie fornito dal prodotto vettoriale fra vettori. Esempio 1.2.3. Sia gl(n; R) lo spazio delle matrici reali n × n. Dotando lo spazio del prodotto di lie [X, Y ] = X · Y − Y · X, (1.8) 4 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE si ottiene un’algebra di Lie. Come basi di gl(n; R) si possono prendere le n × n matrici eij , i, j = 1, 2, . . . , n, definite dalla relazione: (eij )lk = δil δjk , (1.9) che soddisfano le relazioni di commutazione: [eij , ekl ] = δjk eil − δil ekj 1.2.1 i, j, k, l = 1, 2, . . . , n. (1.10) Le algebre An , Bn , Cn e Dn L’estensione complessa di gl(n; R) è gl(n; C), lo spazio delle matrici n × n complesse. An−1 è la sottoalgebra di gl(n; C) delle matrici n × n a traccia nulla ed è spesso denotata con sl(n, C): An−1 = sl(n, C) = {X ∈ gl(n; C) : tr(X) = 0} , (1.11) e dim sl(n, C) = n2 − 1. Sia Φ : Cn × Cn −→ C una forma bilineare definita positiva. L’insieme delle matrici: LΦ = {X ∈ gl(n; C) : Φ(Xv, w) + Φ(v, Xw) = 0 per ogni v, w ∈ Cn } . (1.12) formano un’algebra di Lie Φ. Se la forma bilineare Φ(v, w) è non singolare 3 e simmetrica allora LΦ è detta algebra di Lie ortogonale. Per m = 2n+1, n = 1, 2, . . . l’algebra di Lie corrispondente è denotata da o(2n + 1, C) o Bn , mentre se m = 2n, da o(2n, C) o Dn . Bn = o(2n + 1, C) = X ∈ gl(2n + 1; C) : X + X t = 0 , Dn = o(2n, C) = X ∈ gl(2n; C) : X + X t = 0 . (1.13) (1.14) Le algebre associate con una forma bilineare non singolare antisimmetrica sono chiamate algebre di Lie simplettiche. Le forme bilineari antisimmettriche in spazi vettoriali di dimensione dispari sono sempre singolari4 . Quindi algebre di Lie simplettiche possono essere realizzate solo in spazi di dimensione pari e sono denotate da sp(2n, C) o Cn . Cn = sp(2n, C) = X ∈ gl(2n; C) : JX + X t J = 0 , 0 In . J= con In la matrice identica n × n. −In 0 (1.15) Osservazione 1.1. Si possono associare algebre di Lie anche a forme bilineari non definite positive (ad esempio la forma di Lorentz). 3 Una forma bilineare Φ(v, w) è non singolare se per ogni ξ0 ∈ Cn , la forma lineare Φ(ξ0 , η) non è identicamente nulla in η. In coordinate, Φ(ξ, η) = ξ i aij η j è non singolare se e solo se la matrice aij è non singolare, cioè det(aij ) 6= 0. 4 Sia Φ(ξ, η) = ξ i aij η j una forma bilineare antisimmetrica, quindi aij = −aji , allora det (aij ) = det (−aji ) = (−1)n det (aij ). Se n è dispari necessariamente det (aij ) = 0 1.3. OPERAZIONI SULLE ALGEBRE DI LIE 5 An , Bn , Cn e Dn sono tutte algebre di matrici. Uno dei problemi centrali, nella teoria delle algebre di Lie, è determinare e classificare le algebre non isomorfe. Ci si può quindi chiedere quali algebre di Lie siano isomorfe a algebre di matrici. Il seguente fondamentale teorema risponde a tale quesito: Teorema 1.2.1 (Ado). Ogni algebra di Lie sul campo complesso è isomorfa a un’algebra di matrici. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda D. Ado, The representation of Lie algebras by matrices. (in Russian) Uspehi Matem. Nauk (N.S.) 2, (1947). no. 6(22), 159-173 Il teorema è anche valido anche per algebre di Lie reali. 1.3 Operazioni sulle algebre di Lie Definizione 1.7. Sia φ una mappa da g a g0 , due algebre di Lie. Si dice che φ è un omomorfismo se: φ([X, Y ]) = [φ(X), φ(Y )] X, Y ∈ g (1.16a) φ(αX + βY ) = αφ(X) + βφ(Y ) α, β ∈ C, X, Y ∈ g (1.16b) n = {X ∈ n : φ(X) = 0} (1.17) Il set n: è il Kernel di g ed è un ideale di g. Difatti se X ∈ g e Y ∈ n allora φ([X, Y ]) = [φ(X), 0] = 0, cioè [X, Y ] ∈ n. Sia n un ideale di g, allora la mappa: φ : g → g/n (1.18) è chiamata omomorfismo naturale di g in g/n. Un isomorfismo ϕ è una applicazione biettiva tra due algebre g e g0 tale che sia ϕ sia un omomorfismo (la sua inversa ϕ−1 risulta automaticamente un omomorfismo). Le due algebre g e g0 sono dette isomorfe e si indica con g ∼ g0 . Un isomorfismo η di g in se stesso è chiamato automorfismo. Un automorfismo di un’algebra g è detto involutivo se η 2 = 1. Definizione 1.8. Una derivazione D di una’algebra di Lie g è una mappa lineare da g in se stesso tale che: D([X, Y ]) = [D(X), Y ] + [X, D(Y )] X, Y ∈ g. (1.19) Se D1 e D2 sono due derivazioni allora anche αD1 + βD2 è una derivazione. Inoltre: D1 D2 ([X, Y ]) = D1 [D2 X, Y ] + [X, D2 Y ] = [D1 D2 X, Y ] + [D2 X, D1 Y ] + [D1 X, D2 Y ] + [X, D1 D2 Y ], invertendo gli indici 1,2 e sottraendo si ottiene che: [D1 , D2 ]([X, Y ]) = [[D1 , D2 ]X, Y ] + [X, [D1 , D2 ]Y ], (1.20) cioè il commutatore di due derivazioni è ancora una derivazione. Quindi l’insieme di tute le derivazioni gD forma un’algebra di Lie: l’algebra delle derivazioni. 6 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE 1.3.1 Operatore aggiunto Si consideri la seguente mappa: ad X : g −→ g Y 7−→ ad X(Y ) = [X, Y ] X, Y ∈ g. (1.21) Proposizione 1.3.1. L’insieme gad = {ad X con X ∈ g} è un ideale dell’algebra delle derivazioni gD Dimostrazione. Preso ad X, elemento generico di gad , si ha che questo è una derivazione. Difatti è lineare e utilizzando l’identità di Jacobi : ad X([Y, Z]) = [adX(Y ), Z] + [Y, adX(Z)], quindi gad ⊂ gD . Inoltre considerando D ∈ gD e Y ∈ g si ha che: [D, ad X](Y ) = D[X, Y ] − [X, DY ] = [DX, Y ] = ad DX(Y ), cioè: [D, ad X] ∈ gad . Infine se ϕ è un automorfismo di g allora: ad ϕ(X)(Y ) = [ϕ(X), Y ] = ϕ([X, ϕ−1 Y ]) = (ϕ ◦ ad X)([ϕ−1 (Y )]), cioè: ad ϕ(X) = ϕ ◦ ad X ◦ ϕ−1 . (1.22) Proposizione 1.3.2. La funzione ψ: ψ : g −→ gad X 7−→ adX = ad X, (1.23) è un omomorfismo di algebre di Lie tale che Ker(ψ) concide con il centro di g. Si usa dire che l’operatore ad è una rappresentazione di g su se stessa. Dimostrazione. Presi X, Y ∈ g, allora per ogni Z ∈ g vale che: [ψ(X), ψ(Y )](Z) = [adX , adY ](Z) = [X, [Y, Z]] − [Y, [X, Z]] = [[X, Y ], Z] = ad[X,Y ] (Z) = ψ([X, Y, ])(Z), cioè ψ ∈ hom(g; gad ). Sia ora X ∈ Ker(ψ). Per ogni Y ∈ g, essendo ψ un omomorfismo di algebre di Lie e quindi un’applicazione lineare segue che [X, Y ] = (ψ −1 ◦ ψ)([X, Y ]) = ψ −1 ([ψ(X), ψ(Y )]) = ψ −1 (0) ∈ Ker(ψ). Quindi, data l’arbitrarietà di X, se ne deduce che Ker(ψ) è contenuto nel centro di gad . Viceversa se X è nel centro di g, cioè [X, Y ] = adX (Y ) = 0 per ogni Y ∈ g. Ovvero adX = ψ(X) = 0 ossia il centro di g è contenuto nel nucleo di ψ. 1.4. FORMA DI KILLING 1.3.2 7 Somma semidiretta Definizione 1.9. Date g e h due algebre di Lie con parentesi di Lie [, ]g e [, ]h e un omomorfismo che mappa g nello spazio delle derivazioni di h, cioè: D : g −→ hA X 7−→ D(X). (1.24) Lo spazio g ⊕ h si può dotare della struttura di algebra di Lie usando [, ]g nei rispettivi sottospazi mentre per per le parentesi tra i due sottospazi si definisce: [X, Y ] = (D(X))Y per X ∈ g, Y ∈ h (1.25) Tale definizione di prodotto di Lie soddisfa la bilinearità e l’antisimmetria e l’identità di Jacobi: dall’equazione 1.25, per X ∈ g, Y1 , Y2 ∈ h [X, [Y1 , Y2 ]] + [Y2 , [X, Y1 ]]+[Y1 , [Y2 , X]] = D(X)([Y1 , Y2 ]) − [D(X)Y1 , Y2 ] − [Y1 , D(X)Y2 ], che è zero dal momento che D(X) è una derivazione. Lo spazio g ⊕ h dotato del prodotto di Lie sopra definito è detta somma semidiretta di g e h. Dall’equazione 1.25 si evince che la sottoalgebra h è un ideale della somma semidiretta. Il simbolo usato per la somma semidiretta è h B g scrivendo prima l’ideale h e poi la sottoalgebra g. 1.4 Forma di Killing L’omomorfismo definito in 1.23 associa a ogni X ∈ g il suo aggiunto adX . In termini di coordinate: (adX (Y ))i = [X, Y ]i = clki xl y k , ovvero (adX )i = clki xl . Si può, quindi, introdurre la seguente forma bilineare e simmetrica, detta forma di Killing: (, ) :g ⊗ g −→ C . (X, Y ) = T r(ad Xad Y ), ∀X, Y ∈ g. Proposizione 1.4.1. La forma di Killing gode delle seguenti proprietà: 1. (ad X(Y ), Z) + (Y, ad X(Z)) = ([X, Y ], Z) + (Y, [X, Z]) = 0, 2. scelta una base arbitraria {ei } i = 1, . . . , n di g vale: (X, Y ) = gls xl y s , dove gls = clk i csi k è il tesore metrico di Cartan, (1.26) 8 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE 3. se ψ ∈ Aut(g) allora (ψ(X), ψ(Y )) = (X, Y ) per ogni X, Y ∈ g. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.1]. Osservazione 1.2. Non vi è alcuna garanzia che la metrica di Cartan associata ad un’algebra di Lie sia non degenere. Ad esempio per tutte le algebre commutative il tensore di Cartan è degenere (cioè det g = 0). La forma di Killing e il tensore metrico di Cartan svolgono un ruolo fondamentale nelle teoria delle algebre di Lie. Proposizione 1.4.2. Se (X, X) = 0 per ogni X ∈ g allora g è un’algebra di Lie solubile (il viceversa non è, in genere, vero). Se un’algebra di Lie h è nilpotente allora (X, X) = 0 per ogni X ∈ h. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.1]. Per analizzare la struttura delle algebre, è utile definire le algebre semplici, semisemplici e compatte. Definizione 1.10. (Semisemplice) Un’ algebra di Lie g è semisemplice se non ha ideali commutativi diversi da 0. Tramite la forma di Killing si dimostra la il seguente criterio: Proposizione 1.4.3 (di Cartan). Un’ algebra di Lie g è semisemplice se e solo se la sua forma di Killing è non degenere. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.1]. Definizione 1.11 (Semplice). Un’ algebra di Lie g è semplice se non ha ideali diversi da quelli banali (i.e. 0 e g) e se L(1) = [L, L] 6= 0. Definizione 1.12 (Compatta). Un’ algebra di Lie g è compatta se possiede una forma bilineare simmetrica definita positiva B tale che,per ogni X, Y, Z ∈ g si ha che B([X, Y ], Z) + B(Y, [X, Z]) = 0. La forma di Killing soddisfa tale condizione. Quindi, se il tensore metrico di Cartan di un’algebra semisemplice g è definito positivo (o negativo), allora g è compatta. 1.5 Struttura e classificazione delle algebre di Lie Lo scopo della presente sezione è quello di analizzare la struttura delle algebre di Lie, descrivere il sistema di radici e presentare le basi di Cartan-Weyl. Definizione 1.13. Sia g un’algebra di Lie sui reali o complessi. Allora esiste un ideale solubile massimale n ⊂ g detto radicale tale che ogni altro ideale solubile di g è contenuto in esso. 1.5. STRUTTURA E CLASSIFICAZIONE DELLE ALGEBRE DI LIE 9 Teorema 1.5.1 (Levi-Malcev). Sia g un’algebra di Lie arbitraria su R o su C con radicale n. Allora esiste una algebra semisemplice h di g (il fattore di Levi) tale che: g = h B n. Questa è detta decomposizione di Levi ed è unica a meno di automorfismi di g. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.1]. Il teorema di Levi-Malcev consente di ridurre il problema della classificazione di tutte le algebre di Lie ai seguenti problemi: 1. Classificazione delle algebre solubili (il radicale). 2. Classificazione delle algebre semisemplici (il fattore di Levi). 3. Classificazione delle derivazioni delle algebre di Lie solubili (le paretesi di Lie). Attualmente esiste una soluzione completa solo per il secondo problema. Per introdurre il sistema di radici e la sottoalgebra di Cartan è comodo riferirsi a un esempio fisico (studiato approfonditamente nel cap. 4). É ben noto che le relazioni di commutazione di so(3) (per il momento angolare) possono essere scritte, utilizando gli operatori di innalzamento e abbassamento: [J3 , J± ] = J± [J+ , J− ] = J0 usate spesso in fisica. Si può dare una generalizzazione di tale procedimento per le algebre di Lie semisemplici (si veda anche 2.5.2). Sia V uno spazio vettoriale e un suo sottospazio W . Sia X ⊂ L(V ; V ) un set di operatori lineari di V in se stesso. W si dice invariante sotto l’azione di X se per ogni A ∈ X si ha che A(W ) ⊆ W . L’insieme X è chiamato semisemplice se il complementare di ogni sottospazio di V invariante sotto l’azione di X, è ancora un sottospazio invariante. Definizione 1.14. Una sottoalgebra h di un’algebra di Lie semisemplice g è detta sottoalgebra di Cartan se: 1. h è la sottoalgebra commutativa massimale di g, 2. al variare di X ∈ g l’insieme di applicazioni adX : g −→ g è semisemplice. Sia α ∈ h∗ (dove h∗ indica il duale di h). Denotato con gα il sottospazio di g definito dalla condizione: . gα = {Y ∈ g : [X, Y ] = α(X)Y ∀X ∈ h} . (1.27) Si definisce rango di un’algebra semisemplice la dimensione della sua sottoalgebra di Cartan. Se gα 6= 0 allora α è detta radice. Le proprietà delle radici sono descritte dai seguenti teoremi: Teorema 1.5.2. Sia g un’algebra di Lie semisemplice e sia ∆ l’insieme delle sue radici non nulle. Allora, detta h la sottoalgebra di Cartan, L α 1. g = g ⊕ h, α∈∆ 10 CAPITOLO 1. ALGEBRE DI LIE 2. Per ogni α ∈ ∆, dim (gα ) = 1, 3. Se α, β ∈ ∆ e α + β 6= 0, allora (gα , gβ ) = 0 dove (,) è la forma di Killing, 4. La restrizione di (, ) ad h è non degenere e per ogni α ∈ ∆, esiste un unico Zα ∈ h tale che (Y, Zα ) = α(Y ) per ogni Y ∈ h. 5. Se α ∈ ∆, allora −α ∈ ∆, e se Xα ∈ gα , X−α ∈ g−α , allora [Xα , X−α ] = (Xα , X−α )Zα con α(Zα ) 6= 0. 6. Se α, β ∈ ∆ e α + β 6= 0, allora [gα , gβ = gα+β . Teorema 1.5.3. Data un’algebra di Lie complessa semisemplice g vale che: 1. Se α ∈ ∆ allora −α ∈ ∆, ma per k 6= ±1, kα 6∈ ∆. 2. Siano α, β ∈ ∆, α = 6 ±β. Se βk = β + kα e βk ∈ ∆ con k intero, e se esistono due interi p, q tali che p 6 k 6 q e βp−1 6∈ ∆, βq+1 6∈ ∆, allora: 2(β, α) = −(p + q). (α, α) 3. (β, α) = −2(p P β,α +qβ,α ) , (pφ,α +qφ,α ) dove pρσ [qρσ ] è il più piccolo [più grande] numero nella φ∈∆ serie ρk = ρ + kσ, ρ, σ, ρk ∈ ∆. 4. La forma di Killing su h∗ = X rα Hα , rα ∈ R, α∈∆ definisce una metrica reale positiva. Inoltre h = h∗ ⊗ ih∗ . Per la dimostrazione dei preecedenti teoremi si veda [1, cap.1]. Il punto 4 del teorema 1.5.2 stabilisce una corrispondenza biunivoca tra le radici α e gli elementi Zα ∈ h. è quindi naturale definire un prodotto interno allo spazio delle radici: (, ) : ∆ × ∆ −→ C . (α, β) = (Zα , Zβ ) ∀α, β ∈ ∆, (1.28) indicando, con un leggero abuso di notazione, il prodotto scalare sullo spazio delle radici con lo stesso simbolo di quello su h. La decomposizione di una qualsiasi algebra di Lie consente di semplificare lo studio e la classificazione delle algebre di Lie semisemplici, ciò porta a introdurre un metodo grafico: i diagrammi di Dynkin (si veda [1], [5], [4]). In fisica sono particolarmente utili le basi di Cartan-Weyl: 1.5. STRUTTURA E CLASSIFICAZIONE DELLE ALGEBRE DI LIE 11 Teorema 1.5.4. Per ogni α ∈ ∆, è possibile scegliere un vettore Eα ∈ gα tale che, ∀α, β ∈ ∆, si ha che: [Z, Eα ] = α(Z)Eα con 0 [Eα , Eβ ] = Zα Nα,β Eα+β Z ∈ h, se α + β = 6 0 e α + β 6∈ ∆, se α + β = 0, se α + β ∈ ∆, (1.29) (1.30) con Zα ∈ h e le costanti Nα,β = N−α,−β tali che 2 Nα,β = q(1 − p) (α, α), 2 dove i numeri p e q sono gli interi definiti nel punto 2 del teorema 1.5.3. (1.31) Capitolo 2 Gruppi di Lie 2.1 Accenni di geometria differenziale Prima di addentrarsi nello studio della teoria dei gruppi di Lie è opportuno elencare alcuni risultati fondamentali di geometria differenziale. Per approfondimenti si rimanda a [2] e [6]. Definizione 2.1. Dato un insieme X si definisce topologia τ una famiglia di sottinsiemi di X che soddifa le seguenti condizioni: 1. ∅ ∈ τ e X ∈ τ , 2. l’unione di una qualsiasi famiglia di elementi di τ appartiene a τ , 3. l’intersezione di due insiemi appartenenti a τ appartiene a τ . L’insieme X con una data topologia τ viene detto spazio topologico e si indica con (X, τ ). In uno spazio topologico gli insiemi che costituiscono τ si dicono aperti in X. I complementari degli insiemi aperti sono detti chiusi. Definizione 2.2. Uno spazio topologico (X, τ ) è detto di Hausdorff o T2 se per ogni coppia di punti distinti x, y ∈ X esistono due aperti Ux , Uy ∈ τ contenenti rispettivamente x e y e tali che Ux ∩ Uy = ∅. Definizione 2.3. Una varietà topologica M di dimensione n è uno spazio topologico di Hausdorff (M, τ ) tale che ∀p ∈ M , esiste un intorno U di p tale che U sia omeomorfo1 ad un aperto standard di Rn Definizione 2.4. Una varietà topologica (M, τ ) è detta differenziabile di classe C k con k ≥ 0 se è uno spazio topologico completamente separabile2 ed è dotato di una struttura differenziabile ossia: 1. Esiste una collezione di indici I e di aperti Uα ∈ τ con α ∈ I nonché una collezioneSdi aperti Oα di Rn e di omeomorfismi ϕα : Uα → Oα per ogni α ∈ I tale che α∈I Uα = M . La collezione di aperti {Uα } , α ∈ I è detta atlante di M, 1 Dati due spazi topologici (X, τ ) e (Y, τ 0 ), un omeomorfismo è una funzione f : (X, τ ) → (Y, τ 0 ) continua, biettiva con inversa continua. S 2 Uno spazio topologico X è separabile se ∃ {Oi }i∈N tale che X = Oi 13 14 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE 2. ∀α, β ∈ I le mappe ϕα ◦ ϕ−1 : ϕβ (Uα ∩ Uβ ) → Rn sono di classe C k e sono β dette funzioni di transizione, . 3. la collezione F = {Uα , ϕα } è massimale, ossia se (U, ϕ) è tale che U ∈ τ e ϕ : U → O è un omeomorfismo da U in un aperto O ⊆ Rn tale che ϕ ◦ ϕ−1 α e −1 k ϕα ◦ ϕ sono di classe C per ogni α ∈ I, allora (U, ϕ) ∈ F. Se k = ∞, la varietà è detta liscia. D’ora in avanti questa proprietà è sempre assunta. 2.1.1 Spazio tangente Definizione 2.5. Sia M una varietà differenziabile e sia U ⊂ M un aperto, allora una funzione f : U → R è detta liscia se f ◦ ϕ−1 ∈ C ∞ (O) per ogni scelta di carta locale (U, ϕ). Più in generale, data una seconda varietà differenziabile N , Una funzione f : U → N è liscia da M a N o f ∈ C ∞ (M ; N ) se τ −1 ◦ f ◦ ϕ è liscia per ogni carta locale τ di M e ϕ di N . Definizione 2.6. Sia M una varietà, e p ∈ M . Sulla famiglia F = {(U, f ) : U intorno aperto di p, f ∈ C ∞ (U )} si definisce la seguente relazione d’equivalenza ∼ così definita: (U, f ) ∼ (V, g) se esiste un aperto W ⊆ U ∩ V contenente p tale che f|W ≡ g|W . L’insieme Fp = F/ ∼ è detto spiga dei germi di funzioni differenziabili in p, e un elemento [f ] ∈ Fp è detto germe in p. Un elemento (U, f ) della classe di equivalenza [f ] è detto rappresentante di [f ]. Definizione 2.7. Data una varietà differenziabile M un vettore tangente v ad un punto p ∈ M , è un operatore di derivazione su Fp , ossia un’applicazione v : Fp → R tale che: v([f ] + λ[g]) = v([f ]) + λv([g]), ∀[f ], [g] ∈ Fp e ∀λ ∈ R v([f ] · [g]) = v([f ])g(p) + f (p)v([g]), ∀[f ], [g] ∈ Fp . L’insieme dei vettori tangenti così definiti p detto Tp M spazio tangente di M in p. Osservazione 2.1. Si dimostra che Tp M è uno spazio vettoriale e che dim M = dim Tp M . Definizione 2.8. Sia M una varietà differenziabile e sia (U, ϕ) una carta locale con coordinate xi = ri ◦ ϕ, i = 1 . . . , n. Sia p ∈ M , per ogni i = 1, . . . , n si definisce ∂ ∂xi p ∈ Tp M come: ! ∂ ∂[f ◦ ϕ−1 ] ([f ]) = ∂xi p ∂ri ϕ(p) per ogni [f ] ∈ Fp 2.1. ACCENNI DI GEOMETRIA DIFFERENZIALE 15 Si è soliti non indicare la classe di equivalenza dicendo che la precedente definizione è valida per ogni f ∈ C ∞ (U ). Inoltre il termine di sinistra è interpretato usualmente ∂f come la derivata direzionale di f in p lungo la i-esima coordinata: ∂x . i p Definizione 2.9. Sia ψ : M → N un’applicazione differenziabile fra varietà. Dato p ∈ M , il differenziale dψp : Tp M → TF (p) N di ψ in p è l’applicazione lineare definita da: dψp (X)(f ) = X(f ◦ ψ) per ogni f ∈ C ∞ (U ) dove U è un qualunque aperto di N contenente ψ(p). In genere non viene indicato il punto al quale è associato il differenziale scrivendo dψ al posto di dψp . L’applicazione ψ è detta non singolare in p se Ker (dψ) = 0. Definizione 2.10. Sia M Suna varietà differenziabile. Si chiama spazio (o fibrato) . Tp M . Lo spazio tangente è dotato di una proiezione tangente di M , T M = p∈M naturale, π : T M → M che a X ∈ Tp M associa π(X) = p. Osservazione 2.2. Lo spazio tangente è una varietà differenziabile con una struttura indotta da quella di M . 2.1.2 Campo vettoriale Definizione 2.11. Un campo vettoriale lungo σ ∈ C ∞ (I, M ) con I ⊆ R è una mappa X : I → T M tale che π ◦ X = σ. Se X ∈ C ∞ (I, T M ) allora viene detto liscio e si può generalizzare la definizione considerando anche campi vettoriali definiti su un insieme aperto U ⊆ M come X : U → T M tale che π ◦ X = id : U → U con id la mappa identità. Teorema 2.1.1. Sia X un campo vettoriale su M. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: 1. X ∈ C ∞ (T, T M ), 2. se (U, ϕ) è una carta con coordinate (x1 , . . . , xn ) e se ai , i = 1, . . . , n è una n P ∂ collezione di funzioni su U tali che X|U = ai ∂x , allora ai ∈ C ∞ (U ), i i=1 3. se V è un aperto in M e f ∈ C ∞ (V ), allora X(f ) ∈ C ∞ (V ) dove X(f ) è la funzione che assume nel punto p ∈ V il valore Xp (f ). Infine, si ha che lo spazio X (M ) inteso come lo spazio vettoriale dei campi vettoriali lisci su una varietà differenziabile può essere dotato di una struttura aggiuntiva di algebra: Definizione 2.12. L’applicazione [, ] : X (M ) × X (M ) → X (M ) che associa a ogni X, X 0 ∈ X (M ) il campo vettoriale definito da [X, X 0 ]p (f ) = Xp (X 0 (f )) − Xp0 (X(f ) è detta parentesi di Lie e gode delle seguenti proprietà: • è antisimmetrica, 16 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE • soddisfa l’identità di Jacobi, • per ogni f, f 0 ∈ C ∞ (M ) vale che [f X, f 0 X 0 ] = f f 0 [X, X 0 ] + f (X(f 0 ))X 0 − f 0 (X 0 (f ))X. 2.1.3 Sottovarietà Definizione 2.13. Siano M ed N varietà differenziabili liscie. Se esiste ψ ∈ C ∞ (N ; M ) iniettiva e tale che il differenziale dψ è non singolare per ogni p ∈ N (si dice che ψ è un’immersione), allora (N, ψ) è detta di M . Il concetto di sottovarietà è meno banale di quanto possa sembrare (per una trattazione completa si veda [2, par. 2.2.4]), tuttavia un modo molto comune per costruire sottovarietà è come immagine inversa di un valore regolare. Definizione 2.14. Sia F : M → N un’applicazione differenzibile fra varietà. Un punto p ∈ M è detto punto critico di F se dFp : Tp → TF (p) N non è suriettivo. Un valore critico è l’immagine di un punto critico. Un valore regolare è un punto di F (M ) che non è un valore critico. Si indica con Crit (F ) ⊆ M l’insieme dei punti critici di F . Infine, un insieme di livello di F è un sottinsieme di M nella forma F −1 (q) con q ∈ F (M ) ⊆ N . Teorema 2.1.2. Sia F : M → N un’applicazione differenzibile fra varietà, con dim M = n + k ≥ n = dim N . Allora: 1. per ogni a ∈ F (M ) l’insieme Ma = F −1 (a)\Crit(F ) è una sottovarietà kdimensionale di M. In particolare, se a ∈ N è un valore regolare allora F −1 (a) è una sottovarietà k-dimensionale di M; 2. se p ∈ Ma lo spazio tangente di Ma in p coincide con il nucleo di dFp . In particolare, se N = R e F = f ∈ C ∞ (M ), allora lo spazio tangente di Ma in p è dato dai vettori v ∈ Tp M tali che v([f ]) = 0. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [2, cap.2] 2.2 Gruppi di Lie: definizioni e proprietà generali Definizione 2.15. Un gruppo di Lie è una varietà differenziabile (reale) G dotata anche di una struttura di gruppo tale che la mappa r : G × G → G che associa a (g, g 0 ) ∈ G × G l’elemento gg 0−1 sia C ∞ . G si dice abeliano se gg 0 = g 0 g ∀g, g 0 ∈ G Poiché r ∈ C ∞ (G × G, G) ciò implica che: 1. la mappa di inversione g 7→ g −1 è liscia essendo la composizione di r con la funzione che manda g 7→ (e, g) (con e l’elemento neutro del gruppo). 2. la composizione fra due elementi arbitrari del gruppo (g, g 0 ) 7→ g · g 0 è liscia: può essere vista come la composizione successiva di r e della mappa che manda (g, g 0 ) 7→ (g, g 0−1 ). Ogni gruppo di Lie è localmente compatto, difatti, essendo una varietà differenziabile, è localmente omoemorfa a Rn che è localmente compatto. 2.2. GRUPPI DI LIE: DEFINIZIONI E PROPRIETÀ GENERALI 17 Esempio 2.2.1. (R, +) è una varità differenziabile e un gruppo abeliano rispetto alla somma inoltre (g, g 0 ) 7→ g · g 0 è C ∞ , quindi (R, +) è un gruppo di Lie. Esempio 2.2.2. Il gruppo generale lineare GL(n, R) delle matrici n × n invertibili (cioè con determinante diverso da 0) a coefficienti reali è una varietà di dimensione n2 , in quanto è un aperto dello spazio Mn (R) di tutte le matrici n × n a coefficienti 2 reali, spazio che si può identificare con Rn . Inoltre la funzione: det : GL(n, R) −→ R A 7−→ det A, 2 (2.1) 2 è una mappa continua di Rn in R, l’insieme det−1 (0) è un chiuso di Rn quindi il suo complementare (cioè GL(n, R)) è un aperto. Pertanto GL(n, R) eredita la struttura 2 differenziale da Rn ed è una varietà differenziabile. Un sistema di coordinate su GL(n, R) è dato dalle mappe xij : GL(n, R) → R che assegnano l’entrata ij di una generica matrice. In particolare prese due generiche matrici A, B ∈ GL(n, R) ha n P senso definire xij (AB −1 ) che è semplicemente xik (A)xkj (B −1 ) cioè una funzione k=0 razionale con denominatore mai nullo per definizione di GL(n, R). Pertanto la funzione (A, B) 7→ A · B −1 è di classe C ∞ . Quindi GL(n, R) è un gruppo di Lie di dimensione n2 . Osservazione 2.3. Si possono definire anche gruppi di Lie complessi richiedendo che G sia una varietà complessa e che (g, g 0 ) 7→ g · g 0 sia olomorfa. Si noti che, essendo ogni varietà complessa una varietà reale, un gruppo di Lie complesso è anche un gruppo di Lie reale. Esempio 2.2.3. In modo analogo a quanto fatto per GL(n, R), si dimostra che GL(n, C), il gruppo delle matrici invertibili complesse n × n, è un gruppo di Lie complesso. Definizione 2.16. Dati due gruppi di Lie G, H, una mappa φ : G −→ H • è un omomorfismo fra gruppi di Lie se φ ∈ C ∞ (G; H) e se ∀x, y ∈ G si ha che φ(xy) = φ(x)φ(y). In tal caso si scrive che φ ∈ Hom(G; H). • è un isomorfismo se φ, oltre a essere un omomorfismo, è anche un diffeomorfismo. Nel caso in cui G = H allora φ è un automorfismo. Si scrive φ ∈ Aut(G). Il concetto di sottogruppo di Lie crea gli stessi problemi che si hanno nel definire le sottovarietà: Definizione 2.17. Sia G un gruppo di Lie. La coppia (H, φ) è detta sottogruppo di Lie se: 1. H è un gruppo di Lie, 2. (H, φ) è una sottovarietà di G ossia φ è una mappa iniettiva tale che dφh è non singolare3 per ogni h ∈ H 3 In questa situazione φ è detta immersione di H in G. 18 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE 3. φ ∈ Hom(H; G) Inoltre si dice che (H, ϕ) è un sottogruppo chiuso di G se ϕ(H) è un insieme chiuso di G. Un omomorfismo analitico t 7→ x(t) di R in un gruppo di Lie G è detto sottogruppo a un parametro di G. Esempio 2.2.4. Il gruppo SL(n, R) delle matrici invertibili di determinante 1 è un sottogruppo di Lie di GL(n, R). Difatti SL(n, R) è un sottogruppo chiuso di GL(n, R). Per verificarne la chiusura basta notare che det−1 (1) = SL(n, R). Per vedere che è anche una sottovarietà differenziabile si può usare il teorema 2.1.2. Analogamente si dimostra che: • il gruppo ortogonale O(n, R) = A ∈ Mn (R) : At A = AAt = I , • il gruppo speciale ortogonale SO(n, R) = {A ∈ O(n, R) : det A = 1}, • il gruppo unitario U (n, R) = A ∈ Mn (R) : A† A = AA† = I (dove A† denota l’aggiunto di A), • il gruppo speciale unitario SU (n, R) = {A ∈ U (n, R) : det A = 1}, sono gruppi di Lie reali e che O(n, C) = A ∈ Mn (C) : At A = AAt = I , SO(n, C) = {A ∈ O(n, C) : det A = 1} , SL(n, C) = {A ∈ Mn (C) : det A = 1} sono gruppi di Lie complessi (tutti considerati con l’operazione di prodotto fra matrici). Definizione 2.18 (Prodotto semidiretto). Siano G2 ed G2 due gruppi e sia ψ un omomorfismo G1 → Aut(G2 ). Si definisce prodotto semidiretto G1 oψ G2 l’insieme {(a, b) ∈ G1 × G2 } dotato della legge di composizione (a, b)(c, d) = (aψb (c), bd). 2.3 Algebra di Lie di un gruppo di Lie Ad ogni gruppo di Lie si può associare un’algebra di Lie che è in grado di esprimere interamente la struttura locale del gruppo. La relazione gruppo - algebra non riguarda invece le caratteristiche globali, come connessione o semplice connessione, diversi gruppi di Lie possono quindi avere la stessa algebra (si veda l’esempio 2.3.2). Dato un gruppo di Lie G, utilizzando la composizione interna, si possono associare ad ogni g ∈ G due operazioni, la traslazione sinistra lg : G → G che a h ∈ G associa lg (h) = gh e la traslazione destra rg : G → G che a h ∈ G associa rg (h) = hg −1 . Dato che lg ∈ C ∞ (G, G), si può costruire il differenziale: dlg : Th (G) → Tgh (G) e a partire da questa mappa si dà la seguente: 2.3. ALGEBRA DI LIE DI UN GRUPPO DI LIE 19 Definizione 2.19. Un campo vettoriale X su G è detto invariante sinistro se e solo e ∀g ∈ G si ha dlg ◦ X = X ◦ lg , ossia X è lg −legato4 a se stesso. . Definendo g = {X : G −→ T G : dlg ◦ X = X ◦ lg ∀g ∈ G} vale il seguente teorema: Teorema 2.3.1. Sia G un gruppo di Lie arbitrario e sia g il set di campi vettoriali invarianti sinistri. Allora: 1. g è uno spazio vettoriale reale e la mappa α : g −→ Te (G) definita da α(X) = X(e) è un isomorfismo. Pertanto dim g = dim Te (G) = dim G, 2. ogni elemento di g è liscio, 3. ∀X, X 0 ∈ g si ha che [X, X 0 ] ∈ g e quindi g è un’algebra di Lie rispetto alle parentesi di Lie. Dimostrazione. 1. dlg è lineare quindi g è uno spazio vettoriale reale. Anche α è lineare, resta da verificare che sia iniettiva e suriettiva. Supponendo che α(X) = α(Y ), usando la definizione di campo vettoriale invariante sinistro, vale la seguente catena di identità per ogni g ∈ G: X(g) = (X ◦ lg )(e) = dlg (X(e)) = dlg (Y (e)) = (Y ◦ lg )(e) = Y (g), . quindi X = Y , cioè α è iniettiva. Sia ora x ∈ Te G e sia X(g) = dlg (x) ∈ Tg (G). Per costruzione risulta che α(X) = x e rimane da verificare che X sia invariante sinistro. Tuttavia (X ◦ lg0 )(g) = X(g 0 g) = dlgg0 X(e) = dlg0 g (x) = dlg0 X(g), quindi α è anche suriettiva 2. Se X ∈ g e f ∈ C ∞ (G), bisogna mostrare che X(f ) ∈ C ∞ (G) per ogni scelta di f . Riscrivendo X(f )(g) = Xg (f ) = dlg Xe (f ) = Xe (f ◦ lg ) ci si concentra su Xe (f ◦lg ) mostrando che rappresenta una composizione di funzioni lisce. Ricordando la moltiplicazione destra introduciamo tre applicazioni, ϕ̃ : G × G → G che associa a (g, g 0 ) l’elemento ϕ̃(g, g 0 ) = gg 0 e ι1e : G → G × G nonché ι2g0 : G → G × G tali che ι1e (g) = (g, e) e ι2g0 (g) = (g 0 , g). Sia ora Y un qualunque campo vettoriale liscio tale che X(e) = Y (e); ne discende che anche (0, Y ) è un campo vettoriale liscio su G × G. Pertanto la mappa [(0, Y )(f ◦ ϕ̃)] ◦ ι1e ∈ C ∞ (G) in quanto è una composizione di funzioni lisce. Mediante alcuni passaggi algebrici si ottiene [(0, Y )(f ◦ ϕ̃)] ◦ ι1e (g) = (0, Y )(g,e) (f ◦ ϕ̃) = 0g (f ◦ ϕ̃ ◦ ι1e ) + Ye (f ◦ ϕ̃ ◦ ι2g ) = = Xe (f ◦ ϕ̃ ◦ ι2g ) = Xe (f ◦ lg ), il che garantisce il risultato cercato essendo il punto di partenza un composizione di funzioni lisce. 4 Date due varietà differenziabili M e N e φ ∈ C ∞ (M, N ), si dice che X ∈ X (M ) è ϕ-legato ad Y ∈ X (N ) se dϕ ◦ X = Y ◦ ϕ. Questa relazione è da intendersi che, per ogni f ∈ C ∞ (N ) per ogni p ∈ X (dϕ ◦ Xp )(f ) = Yϕ(p) (f ). 20 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE 3. Siano date due varietà differenziabili M ed N e sia ϕ ∈ C(M ; N ). Siano X, X 0 ∈ X (M ) due campi vettoriali rispettivamente ϕ-legati a Y, Y 0 ∈ X (N ). Si mostra ora che anche [X, X 0 ] è ϕ-legato a [Y, Y 0 ], ossia dϕ◦[X, X 0 ] = [Y, Y ]◦ϕ. Questo equivale a dire che per ogni p ∈ M e per ogni f ∈ C ∞ (N ) deve valere dϕ([X, X 0 ]p )(f ) = [Y, Y 0 ]ϕ(p) (f ). Vale la seguente catena di uguaglianze: dϕ([X, X 0 ]p )(f ) = [X, X 0 ]p (f ◦ ϕ) = Xp (X 0 (f ◦ ϕ)) − Xp0 (X(f ◦ ϕ)) = = Xp ((dϕ ◦ X 0 )(f )) − Xp0 ((dϕ ◦ X)(f )) = Xp (Y 0 (f ) ◦ ϕ) − Xp0 (Y (f ) ◦ ϕ) = 0 = dϕ(Xp )(Y 0 (f )) − dϕ(Xp0 )(Y (f )) = Yϕ(p) (Y 0 (f )) − Yϕ(p) (Y (f )) = = [Y, Y 0 ]ϕ(p) (f ), dal che discende la tesi del teorema. Quindi si può dare la seguente Definizione 2.20. Si definisce algebra di Lie di un gruppo di Lie G, l’algebra dei suoi campi vettoriali invarianti sinistri. Un’importante caratteristica dei gruppi di Lie, in quanto varietà differenziabili, è il fatto che lo spazio tangente di un gruppo di Lie è completamente caratterizzato dal gruppo e dalla sua algebra: Teorema 2.3.2. Dato un gruppo di Lie G, il suo spazio tangente TG è isomorfo al prodotto cartesiano G × g. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.3] Esempio 2.3.1. Sia GL(n, R) il gruppo delle matrici invertibili a coefficienti reali (l’esempio 2.2.2). Si vuole dimostrare che la sua algebra di Lie g è gl(n, R) (introdotta nell’esempio 1.2.3). Si consideri M (n, R), lo spazio delle matrici reali n × n, che a livello di spazio vettoriale, coincide con gl(n, R) e a loro volta sono entrambi isomorfi 2 a Rn . Pertanto è possibile identificare lo spazio tangente TI (M (n, R)) con gl(n, R) cioè ∃α : TI (M (n, R)) → gl(n, R). Siccome GL(n, R) eredita la struttura di varietà differenziabile di M (n, R), vale la seguente identità: TI (GL(n, R)) = TI (M (n, R)) = gl(n, R). Pertanto è possibile introdurre la mappa β : g → gl(n, R) (con g l’algebra di Lie del gruppo G) definita da β(X) = α(X(e)), dove, per costruzione α(X)ij = X(xij ). Ora basta dimostrare che β è un isomorfismo fra algebre. Dalla catena di uguaglianza si verifica che β è un isomorfismo tra spazi vettoriali. Quindi basta provare che β([X, Y ]) = [β(X), β(Y )], ∀X, Y ∈ g. 2.3. ALGEBRA DI LIE DI UN GRUPPO DI LIE 21 La mappa xij , che assegna la ij-esima entrata di una matrice, si comporta per composizione con l’azione sinistra del gruppo come: (xij ◦ lA )(B) = xij (AB) = n X Aik Bkj . k=0 Pertanto, prendendo Y , un campo vettoriale invariante sinistro, si ha che: = n X (Y (xij ))(A) = dlA (YI )(xij ) = YI (xij ◦ lA ) = n n X X xik (A)YI (xkj ) = xik (A)α(YI )kj = xik (A)β(Y )kj . k=1 k=1 k=1 Per sostituzione diretta di quest’ultima uguaglianza si ottiene che: β([X, Y ])ij = [X, Y ]I (xij ) = XI (Y (xij )) − YI (X(xij )) = n X = {β(X)ik β(Y )kj − β(Y )ik β(X)kj } = [β(X), β(Y )], k=1 che conclude la dimostrazione. Com’è prevedibile, l’algebra di Lie di un sottogruppo di Lie G può essere identificata a una sottoalgebra dell’algebra di Lie di G: Proposizione 2.3.3. Sia G un gruppo di Lie di algebra di Lie g, e sia H ⊆ G un sottogruppo di Lie. Allora h = Te H ⊆ g è una sottoalgebra di g canonicamente isomorfa all’algebra di Lie di H. Dimostrazione. PPer la dimostrazione si veda [2, cap.2] Esempio 2.3.2. Si vuole determinare l’algebra di Lie del gruppo di Lie SL(n, R). Grazie alla proposizione 2.3.3 è sufficiente determinare lo spazio tangente a SL(n, R) nell’identità In che per il teorema 2.1.2 coincide con il nucleo di d(det)In . Si verifica 5 che: ∀A ∈ GL(n, R), ∀Mn (R) d(det)A (X) = (det A)T r(A−1 X). In particolare prendendo A = In si trova che d(det)In (X) = T r(X). Quindi l’algebra di Lie di SL(n, R) (indicata con sl(n, R)) è data dalle matrici a traccia nulla: sl(n, R) = {X ∈ gl(n, R) : tx(X) = 0} . (2.2) In maniera analoga si dimostra che l’algebra di Lie o(n) del gruppo ortogonale O(n) è data dalle matrici antisimmetriche o(n) = X ∈ gl(n, R) : X + X T = 0 . (2.3) e che l’algebra di Lie u(n) del gruppo unitario U (n) è data dalle matrici antihermetiane n o u(n) = X ∈ gl(n, R) : X + X † = 0 . (2.4) 5 Il differenziale del determinante può essere espresso mediante la formula di Jacobi: d det A = tr(cof t (A)dA) dove cof t (A) denota la trasposta della matrice dei cofattori (detta anche dei complementi algebrici) di A. In particolare, se A è invertibile si ha: d det A = det A Tr(A−1 dA) 22 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE 2.3.1 Gruppi di Lie con algebre isomorfe Ci si può chiedere se vi sia un legame tra gli omomorfismi di gruppi di Lie e quelli fra le rispettive algebre. In una direzione la risposta è immediata: Lemma 2.3.4. Dati due gruppi di Lie G, H, se ϕ ∈ Hom(G; H) allora dϕ ∈ hom(g; h). Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.3]. Il lemma precedente garantisce che ad ogni omomorfismo di gruppi di Lie corrisponda un omomorfismo delle algebre di Lie, ma, come mostra il seguente esempio, la mappa fra le algebre potrebbe essere un isomorfismo senza che questo debba necessariamente riflettersi sull’applicazione fra i gruppi corrispondenti. Esempio 2.3.3. Il gruppo SO(3) il gruppo SU (2) sono di fondamentale importanza in fisica (si veda l’ultimo capitolo). SO(3) = R ∈ Gl(3, R) : RT = R−1 e det A = 1 , n o SU (2) = U ∈ Gl(2, C) : U † = U −1 e det U = 1 . Ogni matrice U ∈ SU (2) può essere scritta come a −b U= b a (2.5) (2.6) (2.7) dove a = x + iy, b = z + iw ∈ C e |a|2 + |b|2 = 1. Separando parte reale e immaginaria si ottiene x2 + y 2 + z 2 + w2 = 1: si può idenificare SU (2) con la 3-sfera S3 . Ciò dimostra che SU (2) è un gruppo di Lie ed è compatto e semplicemente connesso. Si dimostra, invece, che SO(3) è isomorfo allo spazio proiettio RP 3 , ciò garantisce che SO(3) è un gruppo di Lie, compatto, connesso ma non semplicemente connesso. Le rispettive algebre algebre sono: so(3) = X ∈ gl(3, R) : X + X T = 0 , n o su(2) = Y ∈ gl(2, C) : Y + Y † = 0 . Si analizza ora la relazione tra i due gruppi e le due algebre. 1. I gruppi. C’è un doppio ricoprimento, o un omomorfismo suriettivo due-a-uno Φ : SU (2) → SO(3) . Per costruirlo si consideri H il gruppo delle matrici 2 × 2, hermitiane a traccia nulla. Se X ∈ H allora per ogni U ∈ SU (2) la matrice U XU † è ancora hermitiana e Tr(U XU † ) = Tr(X) = 0. Quindi ogni U definisce una mappa lineare H → H che X 7→ U XU † , Y 7→ U Y U † ⇒ Tr(XY ) 7→ Tr(U XU † U Y U † ) = Tr(XY ). (2.8) La matrici di Pauli σ1 = 0 1 1 0 σ2 = 0 −i i 0 1 0 σ3 = 0 −1 2.3. ALGEBRA DI LIE DI UN GRUPPO DI LIE 23 sono una base di H e soddisfano le condizioni σi σj = δij + iεijk σk Tr(σi σj ) = 2δij . (2.9) Inoltre tramite le matrici di Pauli si può identificare H con R3 associando a ogni vettore x ∈ R3 una matrice X = x · σ ∈ H e viceversa. Dalle equazioni (2.9) si ha x ↔ X = x·σ, y ↔ Y = y ·σ ⇒ x·y = 1 1 Tr(x·σy ·σ) = Tr(XY ), (2.10) 2 2 quindi il prodotto scalare in R3 è trasportato su H, in questo modo la mappa lineare sopra definita, per ogni U ∈ SO(3), H → H che mappa X 7→ U XU † corrisponde a una mappa lineare R3 → R3 data realizzata tramite una matrice R 3 × 3: x 7→ Rx quindi x · σ 7→ U x · σU † = (Rx) · σ ∀x ∈ R3 (2.11) Ma confrontando la (2.8) e la (2.10) si ha che (Rx) · (Ry) = x · y quindi R è ortogonale. Inoltre Tr [(Re1 ) · σ(Re2 ) · σ(Re3 ) · σ] = Tr(U σ1 U † U σ2 U † U σ2 U † ) = Tr(σ1 σ2 σ3 ) (2.12) che implica, usando le (2.9), εijk Ri1 Rj2 Rk3 = det R = 1, quindi R ∈ SO(3). La mappa del doppio ricoprimento è Φ : SU (2) → SO(3), Φ(U ) = R (2.13) con U e R correlati dalla (2.11), è un omomorfismo con kernel {±1}. Quindi: SO(3) = SU (2)/Z2 (2.14) 2. Le algebre. Si consideri la mappa lineare ψ :so(3) −→ su(2) Li 7−→ ψ(Li ) = σi 2 i = 1, 2, 3. (2.15) (essendo ψ una mappa lineare su uno spazio vettoriale è sufficiente fissare la sua azione su una base). Si verifica dalla definizione che ψ([Li , Lj ]) = [ψ(Li ), ψ(Lj )], ossia ψ ∈ hom(o(3), su(2)). Tuttavia è anche immediato vedere che ψ è tanto iniettiva quanto suriettiva in quanto ψ −1 (σi ) = 2Li per ogni i = 1, 2, 3 ed è anch’essa un omomorfismo fra algebre. Pertanto le algebre o(3) e su(2) sono isomorfe. Tuttavia, come si è visto, questo non implica che i gruppi associati siano isomorfi. In generale vale il seguente 24 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE Teorema 2.3.5. Siano G e H due gruppi di Lie connessi 6 e ϕ ∈ Hom(G; H). Allora ϕ è un ricoprimento 7 se e solo se dϕ : g → h è un isomorfismo Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.3] Inoltre: Teorema 2.3.6. Siano G ed H gruppi di Lie con algebre g ed h rispettivamente. Allora 1. Se G è semplicemente connesso8 e ψ ∈ hom(g; h), allora esiste un unico ϕ ∈ Hom(G; H) tale che ψ = dϕ, 2. Se oltre a G anche H è semplicemente connesso e le algebre di Lie sono isomorfe, allora i due gruppi sono isomorfi. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.3] Quindi esiste una corrispondenza uno a uno fra classi di isomorfismo di algebre di Lie e classi di isomorfismo di gruppi di Lie semplicemente connessi. 2.3.2 Gruppo aggiunto Si consideri un gruppo di Lie G e sia g la sua algebra. La mappa ψx (y) = xyx−1 , (2.16) per un fissato x ∈ G definisce un automorfismo (detto automorfismo interno) di G. Ad ogni automorfismo in G corrisponde un automorfismo nell’algebra di Lie. Per calcolarne la forma esplicita dell’automorfismo indotto lx di g si introduce un sistema di coordinate su G. Dato che yx0 = ψx (y) = (xyx−1 y −1 )y allora, utilizzando le coordinate del prodotto xyx−1 y −1 si ottiene (y 0 )ix = clki xl y k + y i + = (clki xl + δki ) + i (2.17) dove i è un termine di ordine superiore. Si considera quindi, il sottogruppo a un parametro y i (t) e si derivano entrambi i lati di (2.17) valutando per t = 0. Si ottiene che a0i = clki xl ak , (2.18) dove dy i a = dt t=0 i 6 Uno spazio topologico X si dice connesso se non è divisibile nell’unione disgiunta di due sottospazi topologici chiusi, esclusi ovviamente X e ∅. 7 Date due varietà topologiche X e Y e una suriezione continua π : X → Y è detta ricoprimento (di Y ) se X è connesso, localmente connesso per archi e se, per ogni y ∈ Y , esiste un suo intorno V tale che π −1 (V ) sia un unione disgiunta di aperti Xi ⊂ X i = 1, . . . , n, n < ∞ tali che π(Xi ) sia omeomorfo a V per ogni i sotto azione di π. La varietà X è detta ricoprimento universale se è semplicemente connessa 8 Una varietà topologica X è semplicemente connessa se ha gruppo fondamentale banale. 2.4. MAPPA ESPONENZIONALE 25 sono le coordinate del vettore A = ai X i ∈ g per una base Xi di g L’automorfismo lx dell’algebra di Lie g ha, quindi, la forma (lx )ik = clki xl , (2.19) dove xl , l = 1, 2, . . . , n, sono le coordinate di un elemento x ∈ G. La mappa h : x → lx è un omomorfismo di G nel gruppo GA di tutti gli automorfismi di g. Il gruppo Ga di tutti gli automorfismi interni (2.19) è chiamato gruppo aggiunto. Si mostra ora che l’algebra di Lie del gruppo aggiunto Ga è l’algebra aggiunta La . Infatti consideranto il sottogruppo a un parametro lx(y) si trova, tramite l’equazione (2.17), che le coordinate del generatore dlx(t) P = dt t=0 sono dxl Pk i = clki , dove bl = . (2.20) dt P i Definendo B = b Xi si trova che P = ad B, o P (A) = ad B(A) = [B, A], (2.21) cioè P ∈ La . Per questa ragione La è anche chiamata algebra delle derivazioni interne. 2.4 Mappa esponenzionale Lo scopo della presente sezione è quello di presentare la mappa esponenziale un utile strumento che consente di studiare, almeno localmente, la struttura di un gruppo di Lie G partendo solo dalla sua algebra g. Definizione 2.21. Un cammino in una varietà a topologica X è un mappa continua γ : I = [0, 1] → G (2.22) Dato un gruppo G Si definisce sottogruppo a un parametro un cammino la cui mappa (2.22) è un omomorfismo. Si consideri l’asse reale R come un gruppo sotto addizione i cui i campi vettoriali d invarianti sinistri sono λ dt per un qualsiasi λ ∈ R9 . Definizione 2.22. Sia G un gruppo con algebra g e sia X ∈ g. Allora la mappa ϕ : R → g tale che d . (2.23) λ 7→ ϕ(λ) = λX dt è un omomorfismo dell’algebra dei numeri reali R in g. Inoltre per il teorema 2.3.6 eiste un unico sottogruppo a un parametro tale che 9 expX : R → G (2.24) d d expX λ = λX. dt (2.25) Essendo i numeri reali un gruppo abeliano sotto addizione, l’algebra del gruppo coincide con il gruppo stesso 26 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE Ne segue che expX (t) è l’unico sottogruppo a un parametro di G tale che il vettore tangente all’identità sia X(e) dove e è l’elemento neutro del gruppo G. Generalizzando: Definizione 2.23. Si definisce mappa esponenziale la funzione exp : g → G (2.26) exp(X) = expX (1) (2.27) tale che dove expX è definita in 2.24. La mappa esponenziale gode delle seguenti proprietà: 1. Detta lg , l’azione sinistra di un elemento generico g ∈ G del gruppo G, lg ◦expX è l’unica curva integrale di X ad assumere il valore g a 0 ∈ g. 2. exp(tX) = expX (t) per ogni t ∈ R 3. exp[(t1 + t2 )X] = exp(t1 X)exp(t2 X) per tutti t1 , t2 ∈ R 4. exp(−tX) = [exp(tX)]−1 per ogni t ∈ R 5. exp ∈ C ∞ (g, G) e, detto 0 l’elemento neutro dell’algebra ed e quello del gruppo, d ◦ exp è la mappa identità, cioè la mappa esponenziale è un diffeomorfismo da un intorno di 0 ∈ g ad un intorno e ∈ G. 6. Il gruppo a un parametro di diffeomorfismi Xt associati ai campi vettoriali invarianti sinistri è dato da rexpX (t) , dove r rappresenta l’azione destra del gruppo. Ci si può chiedere quale relazione ci sia tra le mappe tra gruppi e la mappa esponenziale. La risposta è data dal seguente Teorema 2.4.1. Siano dati due gruppi G,H ed un omomorfismo ϕ : H → G. Il seguente diagramma è commutativo ϕ H −−−−→ expy G exp y h −−−−→ g dϕ Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [2, cap.3] 2.5 Rappresentazioni La teoria delle rappresentazioni riveste grande importanza, in quanto consente di ridurre molti problemi di teoria dei gruppi a problemi di algebra lineare, area della matematica per la quale sono ben conosciuti risultati generali. La teoria delle rappresentazioni dei gruppi (in particolar modo dei gruppi di Lie) è molto importante anche in fisica, in particolare perché viene usata per descrivere come il gruppo di 2.5. RAPPRESENTAZIONI 27 simmetria di un sistema fisico influenza le soluzioni delle equazioni che reggono il sistema stesso. Sia G un gruppo topologico localmente compatto, separabile, unimodulare a sia H uno spazio di Hilbert complesso e separabile. Definizione 2.24. Una mappa T : G → BL(H), con BL(H) lo spazio degli operatori limitati e lineari su H, è detta una rappresentazione di G in H se T (e) = I T (g)T (g 0 ) = T (gg 0 ), ∀g, g 0 ∈ G (2.28) La definizione appena data garantisce che T ∈ Hom(G, BL(H)) e che T −1 (g) = T (g −1 ) per ogni g ∈ G. Definizione 2.25. Una rappresentazione è detta fortemente continua se per ogni ψ ∈ H la mappa Tψ : G → H che associa g 7→ T (g)è una applicazione continua da G in H cioè lim k T (g)ψ − T (ḡ)ψ k= 0 ∀ḡ ∈ G (2.29) g→ḡ dove k, k è la norma su H indotta dal prodotto interno. Definizione 2.26. Una rappresentazione T si dice continua se la mappa T : G×H → H tale che T (g, ψ) = T (g)ψ è una applicazione continua. La seconda definizione, apparentemente più forte è, in realtà, equivalente alla prima. Definizione 2.27. Una rappresentazione è detta limitata se sup T (g) < ∞. Definizione 2.28. Una rappresentazione è detta unitaria 10 se l’operatore T (g) è unitario per ogni g ∈ ed è detta triviale se T (g) = I per ogni g ∈ G. Una rappresentazione è, quindi, un omomorfismo ϕ ∈ Hom(G, GL(H)) che assegna a g un operatore limitato lineare T (g). Come per ogni mappa è possibile definire il nucleo cioè Ker(ϕ) = {g ∈ G : ϕ(g) = I} che rappresenta un sottogruppo di G. Definizione 2.29. Una rappresentazione T si dice fedele se non esiste alcun g = 6 e per cui T (g) = I. Le rappresentazioni fedeli sono le più interessanti dal punto di vista fisico. Definizione 2.30. Una rappresentazione T di un gruppo topologico G su uno spazio di Hilbert H è detta equivalente ad una rappresentazione T 0 su H se esiste un isomorfismo limitato S : H → H tale che T (g)S = ST 0 (g). 10 Si definisce operatore unitario un isomorfismo U : H1 → H2 tra due spazi di Hilbert che conserva il prodotto scalare: (φ, ψ) = (U φ, U ψ) ∀φ, ψ ∈ H1 (2.30) In modo equivalente, un operatore unitario è un operatore tale che U † U = U U † = 1 dove si indica con U † l’aggiunto dell’operatore U. 28 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE In tal caso si scrive T (g) ' T 0 (g). L’operazione transitiva, cioè 00 '00 è riflessiva, simmetrica e T 'T 0 0 T ' T ⇒ T ' T, T ' T 0 e T 0 ' T 00 ⇒ T ' T 00 . ed è, quindi, una relazione di equivalenza. Ciò implica che divide l’insieme di tutte le rappresentazioni di G in classi disgiunte di rappresentazioni equivalenti. 2.5.1 Irriducibilità di una rappresentazione Sia g 7→ T (g) una rappresentazione di un gruppo topologico G su uno spazio di Hilbert H. Un sottoinsieme o sottospazio H1 di H è detto invariante (rispetto a T ) su ψ ∈ H1 implica che T (g)ψ ∈ H1 per ogni g ∈ G. Ogni rappresentazione ha almeno due sottospazi invarianti: ∅ e l’intero spazio H. Questi sottospazi sono detti triviali. I sottospazi invarianti non triviali sono detti propri. Si introduce ora il concetto di irriducibilità, che ha un ruolo fondamentale nella teoria delle rappresentazioni: 1. Irriducibilità algebrica: Una rappresentazioe g 7→ T (g) di un gruppo G è detta algebricamente irriducibile, se non esiste alcun sottoinsieme proprio invariante per azione di T . 2. Irriducibilità topologica Una rappresentazione T di un gruppo topologico G in H si dice topologicamente irriducibile se non esiste alcun sottospazio proprio e chiuso invariante per azione di T . L’irrudicibilità algebrica implica quella topologica. Una rappresentazione che ammette sottospazi invarianti propri è detta riducibile. Definizione 2.31. Una rappresentazione T di un gruppo topologico G su H è detta somma diretta di rappresentazioni Ti con i = 1, . . . , N ≤ ∞ se gli Hi su cui agiscono N L le singole Ti sono invarianti, H = Hi e le Ti = T |Hi . Inoltre, si scrive: i=1 T = N M Ti . (2.31) i=1 Inoltre una rappresentazione è detta completamente riducibile se esiste una famiglia di sotto rappresentazioni irriducibili per cui vale la (2.31). Teorema 2.5.1. Una rappresentazione unitaria T di un qualunque gruppo G su uno spazio di Hilbert finito dimensionale è completamente riducibile. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [1, cap.5] Data una generica rappresentazione si può capire se questa è o non è ridubile tramite il seguente 2.5. RAPPRESENTAZIONI 29 Lemma 2.5.2 (Lemma di Schur). Siano T e T’ due rappresentazioni irriducibili unitarie di un gruppo G rispettivamente in H ed H0 . Se esiste un operatore lineare e limitato S : H → H0 tale che ST (g) = T 0 (g)S, ∀g ∈ G (2.32) allora S è un isomorfismo fra H ed H0 oppure S = 0. Lemma 2.5.3 (Schur - caso unitario). Una rappresentazione unitaria T di un gruppo G in H è irriducibile se e solo se i soli operatori che commutano con T (g) per ogni g sono multipli scalari dell’identità. Dimostrazione. Per la dimostrazione dei due precedenti lemmi si veda [1, cap.5] Tale teorema porta alla terza definizione di irriducibilità: Definizione 2.32. Una rappresentazione unitaria di un gruppo G in uno spazio di Hilbert H è detta irriducibile se e solo se gli unici operatori che commutano con T (g) indipendentemente dall’operatore g ∈ G sono multipli scalari dell’idenitità. Lo studio di rappresentazioni unitarie è particolarmente importante: spesso, difatti, in meccanica quantistica le simmetrie dinamiche di un sistema sono descritte da un gruppo compatto (si veda l’esempio di SO(4) nel capitolo finale) e anche in teorie di gauge trattano spesso teorie di campo invarianti per l’azione di un gruppo compatto. 2.5.2 Rappresentazione di algebre semisemplici Dopo aver mostrato, nel primo capitolo, le proprietà basilari delle algebre semisemplici in questa sezione si studieranno le loro rappresentazioni su spazi finito-dimensionali V . Definizione 2.33. Sia g un’algebra di Lie semisemplice e ρ : g → GL(V ) una rappresentazione su uno spazio vettoriale V si definisce peso (della rappresentazione) un elemento µ di h∗ per cui esista v ∈ V non nullo tale che ρ(H)(v) = µ(H)v, ∀H ∈ h (2.33) Il vettore v è detto vettore di peso µ mentre la dimensione dell’autospazio associato ad un peso è detta molteplicità. In genere è chiamato peso anche l’elemento µ ∈ h associato all’isomorfismo canonico indotto dalla forma di Killing (si veda 1.5.2), quindi tale che ρ(H)(v) = (µ, H)v, ∀H ∈ h (2.34) I pesi hanno una proprietà analoga alle radici (che non sono altro i pesi non nulli della rappresentazione aggiunta). Proposizione 2.5.4. Se v è un vettore di peso µ e X ∈ gα , allora per ogni H ∈ h si ha che ρ(H)ρ(X)v = (µ + α)(H)ρ(X)v. (2.35) 30 CAPITOLO 2. GRUPPI DI LIE Dimostrazione. Poiché [H, X] = α(H)X allora ρ(H)ρ(X)v = (ρ(X)ρ(H) + ρ([H, X])) v = = (ρ(X)ρ(H) + α(H)ρ(X)) v = = (µ + α)(H)ρ(X)v L’operatore ρ(X) è detto operatore di innalzamento o abbassamento rispettivamente se α è maggiore o minore di zero. Inoltre vale la seguente Proposizione 2.5.5. Sia ρ una rappresentazione irriducibile di g in gl(V ), allora V è somma diretta degli autospazi dei pesi dato che tutti i ρ(H), al variare di H ∈ h sono simultaneamente diagonalizzabili É possibile introdurre una relazione d’ordine parziale su h ponendo µ1 µ2 se e solo se esistono a1 , . . . , ar reali positivi tali che µ1 − µ2 = a1 α1 + . . . + ar αr , con αi le radici. Data una rappresentazione ρ, un suo peso è detto massimo se è massimo secondo la relazione dei pesi di ρ. Il seguente teorema è di fondamentale importanza in teoria delle rappresentazioni: Teorema 2.5.6. Data un’algebra di Lie semisemplice g allora: 1. Ogni rappresentazione irriducibile ha un peso massimo 2. Due rappresentazioni irriducibili con lo stesso peso massimo sono equivalenti Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [5, cap.7] e [4, cap.5]. Quindi è possibile classificare le rappresentazioni irriducibili in base al peso massimo. 2.5.3 Applicazione ai gruppi di Lie compatti Per quanto detto in 2.4.1 , si ha che ogni omomorfismo di un gruppo di Lie dà origine a un omomorfismo sull’algebra di Lie. In particolare ogni rappresentazione di un gruppo di Lie dà origine a una rappresentazione dell’algebra di Lie associata. Nel caso di gruppi di Lie semplicemente connessi (ad esempio SU (2)) vale anche l’inverso: c’è, cioè, una corrispondenza uno a uno tra le rappresentazioni di G e le rappresentazioni dell’algebra g Uno dei motivi per studiare le rappresentazioni finito-dimensionali di algebre di Lie complesse semisemplici è la teoria delle rappresentazioni dei gruppi di Lie compatti e connnessi in cui si può definire un analogo sistema di pesi. Per le rappresentazioni di un gruppo compatto vale il seguente teorema: Teorema 2.5.7. Sia T la rappresentazione (fortemente continua) di un gruppo compatto G su uno spazio di Hilbert H con prodotto interno (, ). Allora esiste in H un nuovo prodotto scalare la cui norma associata è equivalente a quella originaria sullo spazio di Hilbert per cui la rappresentazione T è unitaria ed ancora fortemente continua. 2.5. RAPPRESENTAZIONI 31 Quindi nel caso di gruppi compatti lo studio della teoria delle rappresentazioni si riduce al caso unitario. Inoltre vale il seguente Teorema 2.5.8. Ogni rappresentazione irriducibile T di un gruppo compatto G agisce su uno spazio di Hilbert finito-dimensionale. Tuttavia se si lascia cadere l’ipotesi della compattezza la situazione si complica notevolmente: Teorema 2.5.9. Sia G un gruppo di Lie connesso, semplice e non compatto. Allora non esiste alcuna rappresentazione unitaria fedele su uno spazio di Hilbert finito dimensionale. Un’importante conseguenza fisica di tale teorema è data dal gruppo di Poincaré (si veda l’ultimo capitolo). Per la dimostrazione dei lemmi e dei teoremi precedenti e una trattazione completa della teoria delle rappresentazioni si veda [4, cap.5], [1, cap.5-6-7-8], [5, cap.4-7]. Capitolo 3 Operatori di Casimir Gli operatori tensoriali Ta associati alle rappresentazioni di un gruppo hanno un ruolo fondamentale nella teoria quantistica. Quantità fisica come il momento angolare J, il quadrivettore energia impulso Pµ e lo spin sono oggetti di questo tipo. La descrizione di molti fenomeni fisici in meccanica quantistica si riduce quindi all’analisi di operatori tensoriali. Nella prima sezione del presente capitolo si descrivono le proprietà degli operatori tensoriali. Successivamente si procederà allo studio dell’algebra inviluppante (che è, innanzitutto, un’algebra di tensori) per analizzare le proprietà degli operatori invarianti: gli operatori di Casimir. Se un dato gruppo G è un gruppo di simmetria di qualche sistema fisico allora lo spettro degli operatori invarianti associati a G determina i numeri quantici del sistema fisico. Quindi dal punto di vista dell’applicazione fisica si è interessati a determinare esplicitamente: • L’insieme di operatori invarianti indipendenti {Cp } nell’algebra inviluppante U(g) dell’algebra g di G. • Lo spettro di tali operatori. 3.1 Operatori tensoriali Definizione 3.1. Sia g → D(g) una rappresentazione finito-dimensionale di un gruppo G su uno spazio vettoriale V e sia {Dab } la sua forma matriciale, avendo V fissato una base {ea }dim a=1 di V . Sia g → Ug una rappresentazione unitaria di G su uno spazio di Hilbert H. Un insieme {Ta } , a = 1, 2, . . . , dim D, di operatori è detto operatore tensoriale controvariante se Ug−1 Ta Ug = Dab (g)Tb . (3.1) La corrispondente definizione a livello di algebre si ottiene inserendo la rappresentazione dei generatori nella formula (3.1): d d D(X) ≡ D(exp(tX)) e iU (X) ≡ Uexp(tx) (3.2) dt dt t=0 t=0 ottenendo [U (X), Ta ] = iDab (X)Tb , 33 X∈g (3.3) 34 CAPITOLO 3. OPERATORI DI CASIMIR Definizione 3.2. Un insieme {Ta } , a = 1, 2, . . . , dim D, di operatori è detto operatore tensoriale covariante se trasforma secondo la rappresentazione controgradiente di D(g) cioè DT (g −1 ), quindi Ug−1 Ta Ug = Dba (g −1 )Tb . (3.4) A livello di algebre di Lie, l’equazione 3.4 e la 3.2 danno [U (X), Ta ] = −iDba (X)Tb (3.5) Esempio 3.1.1. Sia g un’algebra di Lie arbitraria con base Xa e sia Xa → U (Xa ) una rappresentazione con operatori autoaggiunti su uno spazio di Hilbert H. Allora l’insieme {Ta } = {U (Xa )} a = 1, 2, . . . , dim g è un operatore tensoriale covariante. Infatti, per le relazioni di commutazione in g si ha che [U (Xab ), Ta ] = icbac Tc , (3.6) e il set di matrici D(Xa ) = −Ca ≡ {−cabc } (la matrice dei coefficienti) fornisce una rappresentazione di g, quindi la condizione (3.5) è verificata. Per arbitrari operatori tensoriali {Qa } e {Ta } l’operatore C = Qa Ta è invariante, infatti 0 0 0 Ug−1 CUg = Dba (g −1 )Dab0 (g)Qb Tb = Dbb0 (g −1 g)Qb Tb = δ bb0 Qb Tb = C (3.7) o [C, U (Xa )] = 0. (3.8) Ciò fornisce un utile metodo per costruire invarianti di algebre di algebre di Lie (la teoria generale e una trattazione completa è sviluppata nella seguente sezione). Definizione 3.3. Un insieme {Tµ1 µ2 ...µr } è detto operatore tensoriale controvariante di rango r se Ug−1 Tµ1 µ2 ...µr Ug = Dµν11 (g)Dµν22 (g) . . . Dµνrr (g)Tν1 ν2 ...νr . (3.9) In modo analogo si definiscono gli operatori tensoriale covarianti {Tµ1 µ2 ...µr } e s gli operatori tensoriali misti Tνµ11νµ22...ν . ...µr Definizione 3.4. Un tensore covariante gµ1 ...µp in V è detto invariante se soddisfa Dµν11 (g)Dµν22 (g) . . . D µp νp (g)gµ1 ...µp = gν1 ...νp (3.10) Osservazione 3.1. La delta di Kronecker δij e il simbolo di Levi-Civita εijk sono gli unici tensori invarianti in R3 rispetto a SO(3). Una proprietà importante degli operatori tensoriali è data dal seguente Teorema 3.1.1. Se {Tµ1 µ2 ...µp } è un operatore tensoriale che trasforma secondo il prodotto tensore D ⊗ . . . ⊗ D della rappresentazione g → D(g) e gµ1 ...µp è un tensore covariante invariante per la rappresentazione controgradiente D̂(g) = DT (g −1 ), allora l’operatore T = gµ1 ...µp Tµ1 ...µp è un invariante di G, cioè Ug−1 TUg = T 3.2. ALGEBRA INVILUPPANTE 35 Dimostrazione. Usando l’equazione (3.9) e la (3.10) si ottiene Ug−1 TUg = gµ1 ...µp Dµν11 (g) . . . Dµνpp (g)Tν1 ...νp = gν1 ...νp Tν1 ...νp = T. 3.2 Algebra inviluppante Sia g un’algebra di Lie su un campo K = C o R. Sia T l’algebra tensore, cioè: T(g) = ∞ M Tk (g) = K ⊕ g ⊕ (g ⊗ g) ⊕ (g ⊗ g ⊗ g) ⊕ . . . (3.11) k=0 Lo spazio vettoriale T(g) è un’algebra associativa con la moltiplicazione data dal prodotto tensoriale. Sia X 7→ T (X) una rappresentazione di un’algebra di Lie su uno spazio di Hilbert H. La formula Te(Xi1 ⊗ Xi2 ⊗ . . . Xir ) = T (Xi1 ) ⊗ T (Xi2 ) . . . T (Xir ) (3.12) definisce in modo unico una rappresentazione Te dell’algebra associativa T(g) su H. Chiaramente Te(X) = T (X) per X in g. Utilizzando direttamente T(g) non si sfrutta in alcun modo la struttura di algebra di Lie di g: non si impone l’identità T (X)T (Y ) = T (Y )T (X) + T ([X, Y ]) che deve valere per tutte le X, Y ∈ g e per tutte le rappresentazioni T . Quindi, invece dell’algebra tensore T, è più comodo usare il seguente quoziente di T(g): U(g) = T(g)/J Con J l’ideale bilatero1 (3.13) generato da tutti gli elementi nella forma X ⊗ Y − Y ⊗ X − [X, Y ], con X, Y ∈ g. (3.14) L’algebra quoziente U(g) = T(g)/J è detta algebra universale inviluppante ed è associativa. Si indica π l’omomorfismo naturale di T(g) in U(g) che a ogni elemento Z ∈ T(g) e Chiaramente, π(Z1 ⊗ Z2 ) = π(Z1 )π(Z2 ) = associa la sua classe di equivalenza Z. 2 f f Z1 Z2 3.2.1 Basi dell’algebra inviluppante Per quanto riguarda le basi dell’algebra inviluppante si ha che se X1 , . . . , Xn è una base di g allora i monomi ei X ei . . . X e ir , X 1 2 ei = π(Xi ), X k k (3.15) e1 , X e2 ] = c l X el per gli elementi della generano lo spazio Ur (g). Usando la relazione [X ik basi di g in U(g), ci si può ridurre alla forma monomiale standard: ej X ej . . . X ejr , ej1 j2 ...jr = X 1 2 1 2 dove j1 ≤ j2 ≤ . . . ≤ jr , Si definisce bilatero un ideale che sia contemporaneamente destro e sinistro. Per semplicità d’ora in avanti si ometterà il simbolo di moltiplicazione in U(g) (3.16) 36 CAPITOLO 3. OPERATORI DI CASIMIR Quindi, invece di avere nr elementi, si hanno: (n + r − 1)! (n − 1)!r! (3.17) elementi linearmente indipensenti che generano Ur . Prendendo la collezione di vettori (3.16) in U0 (g), U1 (g), U2 (g), . . . si ottiene un set {ei1 ,i2 ...ir : i1 ≤ i2 ≤ . . . ≤ ir , r = 0, 1, 2, . . .} che genera U(g). Le basi in (3.16) sono dette basi di Poincaré-Birkhoff-Witt. Nelle applicazioni è conveniente utilizzare le seguenti basi simmetriche di U(g). Proposizione 3.2.1. Sia g un’algebra di Lie con basi X1 , X2 , . . . Xr . Gli elementi e{i1 i2 ...ir } ≡ 1 X e ei , Xiσ(1) . . . X σ(r) r! σ r = 0, 1, . . . , (3.18) dove ik = 1, 2, . . . , dim g e σ corre su tutte le permutazione dell’insieme (1, 2, . . . , r), formano una base dell’algebra inviluppante universale U(g) di g Dimostrazione. Un elemento ei . . . X ei − X ei ei X ...X 1 r σ(1) σ(r) (3.19) di Ur (g) può essere scritto in funzione di elementi di Ur−1 (g) se si utilizzano le relazioni di ei X ek = X ek X ei +c l X el . Sommando l’equazione (3.19) su tutte le permutazioni commutazione X ik σ si ottiene ei . . . X ei = e{i ...i } + termini in Ur−1 (g). X 1 r 1 k Iterando la procedura per termini in Ur−1 (g), Ur−2 (g), etc., si trova: dim XL ei . . . X ei = X 1 r ci1 ...ik e{i1 ...ik } . (3.20) i1 ,i2 ,...,ik =1;0≤k≤r La mappa σ : ei1 ,i2 ,...ir ↔ e{i1 ...ik } stabilisce una corrispondenza uno a uno tra le basi ordinate (3.16) e le basi simmetrice (3.18). Quindi gli elementi (3.18) sono ancora delle basi di U(g). Il centro Z dell’algebra inviluppante universale U(g) è la sottoalgebra i cui elementi C ∈ U(g) che soddisfano [C, X] = 0 ∀X ∈ g. (3.21) Uno dei problemi principali in teoria delle rappresentazioni è trovare il centro Z e determinare lo spettro degli operatori di Z. 3.3 Operatori invarianti In questa sezione vengono discusse le principali proprietà degli operatori invarianti di algebre di Lie arbitrarie. Secondo l’equazione (3.16) ogni elemento di un algebra inviluppante U(g) di una data algebra di Lie g può essere espresso come somma di elementi della forma3 3 ei1 . . . X eis in U(g) verrà indicato con Xi1 . . . Xis D’ora in poi, per semplicità, il prodotto X 3.3. OPERATORI INVARIANTI 37 g i1 ...is Xi1 . . . Xis , s = 0, 1, . . . (3.22) Gli elementi Xi1 . . . Xis sono operatori tensoriali relativi alla rappresentazione aggiunta (o gruppo aggiunto). Quindi il problema della costruzione di invarianti di U(g) si riduce, per il teorema 3.1.1, al problema di trovare appropriate tensori invarianti g i1 ...is . Infatti, si ha Teorema 3.3.1 (Gel’fand). Un elemento generico P ∈ U(g) P = cI + X g i Xi + X i g ik Xi Xk + i,k X g ikj Xi Xk Xj + . . . (3.23) i,k,j appartiene al centro Z dell’algebra inviluppante se i coeffiecienti g i , g ik , g ikj , . . . (3.24) sono tensori invarianti per il gruppo aggiunto GA (i.e. gPr g −1 = Pr ). Inoltre se P è scritto in forma tale che i coefficienti g ik , g ikj , . . . sono simmetrici allora tale condizione è anche necessaria Dimostrazione. Sia Pr un elemento g i1 ...ir Xi1 . . . Xir . Dato che, per ipotesi, i tensori g i1 ...ir sono invarianti per l’azione del gruppo aggiunto, si ha che: Ad gPr = gPr g −1 = g i1 ...ir r Y Ad gXik = g i1 ...ir k=1 r Y (Ad g)jlik Xjl = Pr . (3.25) k=1 Prendendo g = exp(tXi ) e passando alla forma infinitesima con l’uguaglianza di sopra si ottiene: [Pr , Xi ] = 0. (3.26) Ciò conclude la prima parte del teorema. Siano ora i tensori g i , g ik , g ikj , . . . anche simmetrici: in virtù dell’equazione 3.18, ogni elemento Pr può essere scritto nella forma X Pr ≡ g i1 ...ir e{i1 i2 ...ir } . (3.27) i1 ,...,ir Se P ∈ Z allora Pr ∈ Z e [Pr , Xi ] = 0. Quindi per un arbitrario g = exp(tXi ) implica gPr g −1 = Ad gPr = Pr . (3.28) (Ad g)jkik e{j1 ...jr } = g i1 ...ir e{i1 ...ir } (3.29) Quindi g i1 ...ir r Y k=1 Conseguentemente ogni tensore (3.24) deve essere invariante per GA . Il problema della costruzione eplicita di operatori invarianti per algebre di Lie semisemplici venne risolto da H.Casimir nel 1931. Usando il tensore metrico di Cartan gik di g, definito in 1.4.1, si può costruire l’operatore al secondo ordine C2 = g ik Xi Xk (3.30) 38 CAPITOLO 3. OPERATORI DI CASIMIR che soddisfa [C2 , Xl ] = g ik [X1 , Xl ]Xk + g ik Xi [Xk , Xl ] = (ckls + cslk )X s X k = 0. (3.31) Per capire le proprietà di invarianza dell’operatore (3.30) si noti che, in accordo all’equazione (1.26) il tensore gik può essere scritto nella forma gik = Tr X̂i X̂k , (3.32) dove X̂i = −Ci ≡ {−cil s } è la rappresentazione aggiunta dell’algebra di lie g determinata dalle costanti di struttura. Gli elementi del gruppo aggiunto trasformano ogni X̂i in g X̂i g −1 e quindi lasciano il tensore (3.32) invariante. Ciò implica che l’operatore (3.30) è un invariante di g per il teorema 3.3.1. Diventa ora chiaro il procedimento da utilizzare per costruire operatori di ordine superiore; infatti, il tensore lp l1 gi1 i2 ...ip = Tr Xˆi1 Xˆi2 . . . Xˆip = ci1 ll12 ci2 ll23 . . . cip−1 lp−1 cip lp (3.33) è un invariante del gruppo aggiunto per le stesse motivazioni. Quindi, gli operatori Cp = gi1 i2 ...ip X i1 X i2 . . . X ip , p = 2, 3, . . . (3.34) sono invarianti dell’algebra inviluppante U(g) per il teorema 3.3.1. Per la costruzione di tensori invarianti (3.33) si può anche può considerare una qualsiasi altra rappresentazione finito dimensionale X → V (X) di una data algebra di Lie. Infatti se gi1 i2 ...ip = Tr V (Xi1 )V (Xi2 ) . . . V (Xip ) , (3.35) quindi, la trasformazione aggiunta X = gXg −1 implica che gi01 i2 ...ip = Tr V (gXi1 g −1 )V (gXi2 g −1 ) . . . V (gXip g −1 ) = = Tr Vg V (Xi1 )Vg−1 . . . Vg V (Xip )Vg−1 = = Tr V (Xi1 )V (Xi2 ) . . . V (Xip ) = gi1 i2 ...ip . cioè il tensore (3.35) è invariante. Tale considerazione è utile nella costruzione di operatori invarianti indipendenti per gruppi di Lie semisemplici. Nelle applicazioni fisiche è di essenziale conoscere il numero minimo di operatori invarianti che generano il centro Z dell’algebra inviluppante U(g). Il seguente teorema fornisce la soluzione per le algebre semisemplici. Teorema 3.3.2 (Racah-Chevalley). Per ogni algebra di lie g semisemplice di rango4 n esistono n polinomi invarianti di generatori Xi , i cui autovalori caratterizzano le rappresentazioni irriducibili finito-dimensionali. Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda, ad esempio, Chevalley 1955. 4 Si ricorda che il rango di un’algebra semisemplice è la dimensione della sua sottoalgebra di Cartan 3.4. OPERATORI DI CASIMIR DI GRUPPI DI LIE CLASSICI 3.3.1 39 Spettro degli operatori di Casimir Trovare esplicitamente lo spettro degli operatori di Casimir è di fondamentale importanza, in particolare, nelle applicazioni dato che lo spettro degli operatori invarianti determina i numeri quantici del sistema fisico. Tale problema è facilmente risolubile per operatori invarianti del secondo ordine di un’algebra di Lie semisemplice. Utilizzando le basi di Cartan-Weyl (definite nel teorema 1.5.4) di g, l’operatore C2 ha la forma: l X X C2 = g ik Hi Hk + Eα E−α (3.36) α i=1 Quando tale operatore agisce sul vettore di peso massimo um di una rappresentazione irriducibile, si ottiene, per la condizione Eα um = 0 per le radici positive ( ) " # X X C2 um = g ik mi mk + [Eα , E−α ] = m2 + (α, m) um . (3.37) α>0 α>0 Ogni rappresentazione irriducibile è caratterizzata dalle componenti del vettore di peso massimo m = (m1 , m2 , . . . , mn ). Per il lemma di Schur ogni operatore invariante nello spazio supporto di una rappresentazione irriducibile è proporzionale all’identità, cioè Ci = λi I; il numero λi è una funzione delle componenti del vettore di peso massimo m = (m1 , m2 , . . . , mn ) e rappresenta lo spettro dell’operatore di Casimir Ci , cioè C2 (m) = m2 + 2rm (3.38) dove r= 1X α 2 (3.39) α>0 e la sommatoria è fatta solo sulle radici positive. 3.4 3.4.1 Operatori di Casimir di gruppi di Lie classici Operatori di Casimir e relativi spettri per U (n) Si consideri il gruppo U (n) delle matrici n × n tali che u† u = 1. Allora gli n2 generatori Mi k , i, k = 1, 2, . . . , n del sottogruppo a un parametro soddisfano (Mi k )† = Mi k . (3.40) Tuttavia, siccome le relazioni di commutazione dei generatori Mi k non sono in forma simmetrica, allora generalmente si passa all’algebra di Lie gl(n, R) le cui relazioni di commutazione sono semplicemente [Aij , Akl ] = δli Akj − δjk Ail . (3.41) Se i generatori Aki soddisfano la condizione (Aki )† = Aik allora gli n2 generatori hermitiani che soddisfano la relazione (3.40) sono dati da: Mk k = Akk , l k = 1, 2, . . . , n. Mk = Akl + Al k , Ml k = i(Akl − Al k ), k<l≤n (3.42) k < l ≤ n. (3.43) 40 CAPITOLO 3. OPERATORI DI CASIMIR Se un elemento F dell’algebra inviluppante U(u(n)) soddisfa [F, Ai k ] = 0 ∀i, k, (3.44) allora per la (3.42), soddisfa anche [F, Mi k ] = 0, i, k = 1, 2, . . . , n. (3.45) Quindi il problema degli operatori invarianti di u(n) si riduce a quelli di gl(n, R). Quest’ultimo è facilmente risolvibile usando il teorema 3.3.1, difatti usando (3.33) e la rappresentazione aggiunta di gl(n, R) V (Ai j )sl = δiljs , (3.46) si ottiene j j ... jp ip gi1 1i2 2... j = Tr V (Aji11 ) . . . V (Aipp ) = = δi1 l1 δ j1 s1 δi2 s1 δ j2 s2 . . . δip sp−1 δ jp l1 = j j = δi1p δij21 δij32 . . . δipp−1 . (3.47) Quindi gli operatori di Casimir hanno la forma j j ... jp ip i1 i2 ip Aj1 Aj2 . . . Ajp i i Aip1 , p = Ai2i1 Aii23 . . . Aip−1 p Cp = gi1 1i2 2... = = 1, 2, . . . (3.48) I seguenti due teoremi forniscono la forma esplicita dello spettro degli operatori delle rappresentazioni irriducibili. Teorema 3.4.1. Sia Hm lo spazio di Hilbert su cui agisce una rappresentazione irriducibile del gruppo U (n) determinata dal peso massimo m = (m1 , m2 , . . . , mn ). Allora lo spettro dell’operatore invariante (3.48) in Hm ha la forma Cp (m1 , . . . , mn ) = Tr(ap E) (3.49) dove la matrice a = {aij } , i, j = 1, 2 . . . , n, è aij = (mi + n − i)δij − Qij 1 per i < j, Qij = 0 per i > j; (3.50) (3.51) ap è la p-esima potenza della matrice a e E è la matrice con tutti gli elementi Eij = 1. Dimostrazione. Per calcolare lo spettro degli operatori invarianti Cp p = 1, 2, . . . , n si procede utilizzando i generatori di Cartan-Weyl. I generatori Ai k e i generatori di CartanWeyl Hi , Eα sono correlati dalle seguenti relazioni: H i = Ai i , i = 1, 2, . . . , n, k E(ei −ek ) = Ai , i 6= k, (3.52) (3.53) dove gli ei sono le basi canoniche di Rn . Quindi i generatori Ai k , i > k, sono associati a radici positive dell’algebre u(n) e hanno il ruolo di operatori di innalzamento (definiti in 2.5.2). 3.4. OPERATORI DI CASIMIR DI GRUPPI DI LIE CLASSICI 41 Si consideri ora una rappresentazione irriducibile di u(n) che è determinata dal peso massimo m = (m1 , . . . , mn ) e si indichi con ψn il vettore di peso massimo. Siccome per i > j gli operatori Ai j sono i vettori di innalzamento, si ottiene Ai j ψm = 0, i > j. (3.54) Si riscriva ora l’equazione (3.48) nella forma Cp = (Tp−1 )ji Ai j , i dove (Tq )ji ≡ Ai1i Ai2i1 . . . Aj q−1 . (3.55) L’operatore (Tp−1 )ji trasforma come Aji rispetto a U (n), quindi è un operatore tensoriale. Conseguentemente si ha che [Aji , (Tp−1 )l k ] = δj k (Tp−1 )l i − δl i (Tp−1 )jk (3.56) (Tp−1 )ji ψm = 0 per i < j. (3.57) e Dalle relazioni precedenti segue che (senza utilizzare la convenzione sulle somme) C p ψm = n X i=1 n X X (Tp−1 )i i Ai i ψm + [(Tp−1 )i j , Aji ]ψm i,j i>j (Tp−1 )i i Ai i + i=1 X Tp−1 )i j − Tp−1 )i i ψm . (3.58) i,j i>j Utilizzando Ai i ψm = mi ψm si ottiene che Cp ψm = n X (mi + n + 1 − 2i)(Tp−1 )i i ψm . (3.59) i=1 Si può calcolare in modo ricorsivo (Tp−1 )i i ψm . Difatti (Tq )i i ψm = n X (Tq−1 )ji Ai j ψm = j=1 n X (Tq−1 )jj aij , (3.60) j=1 dove la matrice aij è aij = (mi + n − i)δij − Qij , ( 1 per i < j, Qij = 0 per i ≥ j. Abbassando progressivamente il grado di Tq usando la (3.60) e l’identità n X aij = mj + n + 1 − 2j, n X aij = mi (3.61) j=1 i=1 si ottiene Cp (m1 , m2 , . . . , mn ) = n X (ap )ij . (3.62) i,j=1 Introducendo la matrice E con Eij = 1 i, j = 1, 2, . . . , n, si può riscrivere l’equazione (3.62) nella forma Cp (m1 , m2 , . . . , mn ) = Tr(ap E), (3.63) cioè, si è ricondotto il problema del calcolo dello spettro dell’operatore invariante (3.48) al calcolo della potenza p-esima della matrice nota (aij ). 42 CAPITOLO 3. OPERATORI DI CASIMIR Il seguente teorema fornisce una funzione generatrice dello spettro di operatori di Casimir successivi Cp , p = 1, 2, . . .. Teorema 3.4.2. La funzione G(z) = z −1 (1 − Π(z)) , dove n Y Π(z) = 1− i=1 z ∈ C, z 1 − λi z (3.64) (3.65) e λi = mi + n − 1, (3.66) è una funzione generatrice dello spettro del’operatore di Casimir, cioè: ∞ X G(z) = Cp (m1 , . . . , mn )z p . (3.67) p=0 Dimostrazione. Dall’algebra lineare si ha che la matrice triangolare a = {aij } può essere ridotta in forma diagonale. Quindi si possono scrivere Cp (m1 , . . . , mn ) tramite gli autovalori λi della matrice a: Cp (m1 , . . . , mn ) = n X λpi i=1 n Y j=1,j6=i λi − λj − 1 λi − λj (3.68) λi = mi + n − i. L’equazione (3.68) si può semplificare utilizzando il seguente integrale e il teorema dei residui 1 Cp (m1 , . . . , mn ) = 2πi I p λ n Y i=1 1 1− λ − λi dλ, (3.69) dove il cammino d’integrazione aggira (nella direzione positiva) tutti i poli λ = λi . Per λ = z −1 si ha I n 1 dz Y z Cp (m1 , . . . , mn ) = 1 − . (3.70) 2πi z p+2 i=1 1 − λi z Dall’equazione (3.70) segue che la funzione n Y Π(z) = 1− i=1 z 1 − λi z = 1 − C0 z − C1 z 2 − . . . , C0 = n (3.71) ha, per |z| < 1/λi , gli autovalori di operatori di Casimir successivi. Quindi la funzione G(z) = z −1 [1 − Π(z)] (3.72) è la funzione genratrice per gli operatori di Casimir, cioè G(z) = ∞ X p=0 Cp (m1 , . . . , mn )z p . (3.73) 3.4. OPERATORI DI CASIMIR DI GRUPPI DI LIE CLASSICI 43 La formula (3.48) fornisce un infinito numero di operatori invarianti, tuttavia non è evidente che fornisca tutti i generatori del centro dell’algebra inviluppante U(u(n)). L’algebra u(n) ha n indipendenti operatori di Casimir, per il teorema 3.3.1. Ci si aspetterebbe che il centro dell’algebra inviluppante sia generato dai primi n operatori di Casimir C1 , C2 , . . . , Cn . Infatti si mostra che: Y ∂(C1 , C2 , . . . , Cn ) = n! (λi − λj ). ∂(m1 , m2 , . . . , mn ) (3.74) i<j Quindi per i < j si ha (λi − λj ) > 0, cioè lo Jacobiano sopra definito è positivo. Quindi gli operatori invarianti C1 , C2 , . . . , Cn sono indipendenti e i loro autovalori determinano univocamente le rappresentazioni irriducibili di U (n). 3.4.2 Operatori di Casimir e relativi spettri per SU (n) e i nella L’algebra di Lie su(n) è generata dagli operatori Ai j , i 6= j, e dagli A i forma n X ei=Ai− 1 A Al l . (3.75) i i n l=1 e i sul vettore di peso massimo ψm è data da L’azione di A i n e i ψm = A i 1X ml mi − n ! ψm = m e i ψm . (3.76) l=1 Quindi, in modo analogo a quanto fatto per U (n) si ottiene Cpsu(n) (m e 1, . . . , m e n) = n X (ãp )ij , (3.77) i,j dove ã = a − m I, n m= n X mi (3.78) i=1 e I è la matrice identità. Quindi si può ottenere la corrispondente espressione per lo su(n) u(n) spettro degli operatori invarianti Cp sostituendo, in tutte le equazioni per Cp , mi con n 1X m̃i = mi − ms . (3.79) n s=1 3.4.3 Operatori di Casimir e relativi spettri per O(n) e Sp(n) Come già detto nel capitolo precedente, il gruppo ortogonale O(n) è costituito da tutte le trasformazioni lineari n × n che, in Rn conservano la forma quadratica (ξ 1 )2 + (ξ 2 )2 + . . . + (ξ n )2 = 1, (3.80) 44 CAPITOLO 3. OPERATORI DI CASIMIR mentre il gruppo simplettico Sp(n, C) è costituito da tutte le trasformazioni dello spazio complesso 2n-dimensionale che conservano la forma bilineare n X [x, y] = i j hij x y = i,j=−n n X (xi y −i − x−i y i ), (3.81) i=1 dove il tensore metrico hij è hij = εi δi,−j , 0 εi = 1 −1 per i = 0, per i > 0, per i < 0. (3.82) I due gruppi possono essere trattati contemporaneamente se, per il gruppo ortogonale, si passa dalle coordinate ortogonali ξ i , i = 1, 2, . . . , n alle coordinate sferiche xi , i = ±1, ±2, . . . , ± n2 (e x0 nel caso di n dispari) x1 = ξ 1 + iξ 2 √ , 2 x−1 = ξ 1 − iξ 2 √ , . . . , e x0 = ξ n se n è dispari. 2 La forma quadratica (3.80) diventa così (x, y) = n X gij xi y j , gij = δi,−j . i,j=−n Considerando il sottogruppo a un parametro e calcolando i generatori si ottengono le seguenti relazioni di commutazione: [Xj i , Xl k ] = δj k Xl i − δl i Xj k + ( δ −l X−ik − δ−ik Xl −j + j εi εj δj −l X−ik − εj εk δ−i k Xl −j per O(n) per Sp(2n), (3.83) dalle quali segue che gli operatori Xi i commutano con tutti gli altri e corrispondono ai generatori Hi delle basi di Cartan, mentre i generatori Xj i con i > j corrispondono ai generatori Eα associati alle radici positive dell’algebra. Utilizzando il teorema di Gel’fand 3.3.1 si verifica che gli operatori X i Cp = Xi2i1 Xi3i2 . . . Xi1 p , (3.84) i1 ,...,ip sono gli operatori invarianti per O(n) o Sp(2n). Osservazione 3.2. Le relazioni di commutazione di un operatore tensoriale Tl k sono analoghe a quelle di Xj i , in particolare: i [Xj i , Ti j ] = (1 ∓ δ−j )(Ti i − Tj j ) (3.85) Per determinare lo spettro degli operatori invarianti, si utilizza lo stesso metedo già adoperato per U (n): considerando una rappresentazione irriducibile, caratterizzata 3.4. OPERATORI DI CASIMIR DI GRUPPI DI LIE CLASSICI 45 dal peso massimo m = (m1 , m2 , . . . , mn ) il vettore con peso massimo ψm ha le seguenti proprietà Xj i ψm = 0 per i > j, (3.86) e Xii ψm = mi ψm . (3.87) Scrivendo l’operatore (3.84) nella forma X Cp = (T (p−1) )ji Xi j , (3.88) i,j dove X (T (p−1) )ji = Xi1i Xi2i1 . . . Xj ip−2 , (3.89) i1 ,...,ip−2 con cui si ottiene: Cp ψm X X = (T (p−1) )ji Xi i + [(T (p−1) )ji , Xi j ] ψm i i>j = n X (mi + 2ri )(T (p−1) )i i ψm , (3.90) i=−n con ri = 1X i (1 ∓ δ−j ). 2 (3.91) j<i (T (p−1) )i i può essere calcolato ricorsivamente: X (T (q) )i i ψm = (T (q−1) )i i Xi i + [(T (q−1) )ji , Xi j ] ψm = i>j n h io i = mi (T (q−1) )ii + (1 ∓ δ−j ) (T (q−1) )i i − (T (q−1) )jj ψm = = n X aij (T (q−1) )jj ψm j=−n dove 1 ai j = (li + α)δij − θji + β(1 + εi )δi,−j , 2 ( 1 per j < i, li = mi + ri , θij = 0 per j ≥ i, n α= n−1 n − 12 per Sp(2n), per O(2n), per O(2n + 1) −1 β= 1 1 (3.92) (3.93) per Sp(2n), per O(2n), per O(2n + 1) Utilizzando la (3.90) e la (3.92) si conclude che Cp (m1 , m2 , . . . , mn ) = Tr(ap E), (3.94) cioè, ancora una volta, per determinare lo spettro dell’operatore invariante (3.84) bisogna semplicemente calcolare la potenza p-esima della matrice nota (aij ). Capitolo 4 Applicazioni ed esempi 4.1 Simmetrie in fisica L’importanza delle simmetrie in fisica classica si capisce alla luce del Teorema di Noether secondo cui ad ogni simmetria differenziabile (quindi sono esclusi tutti i gruppi finiti) dell’azione1 di un sistema fisico corrisponde una quantità conservata. In meccanica quantistica l’analisi delle simmetrie porta a conseguenze ancora più profonde. La struttura gruppale di una teoria fisica può essere studiata con due approcci diversi: 1. Teorie basata su equazioni dinamiche: Molte teorie fisiche postulano un set di equazioni dinamiche che governano il comportamento di funzioni ψ e si può scrivere simbolicamente Lψ = 0 (4.1) Tale equazione può essere lineare o non lineare, differenziale o integrale o una più generale equzioni di operatori. In questo caso il ruolo della teoria dei gruppi è di semplificare lo studio delle soluzioni dell’equazione (4.1). Difatti se Ψ è lo spazio delle soluzioni si possono cercare gli operatori {Xi } per i quali Xi ψ ∈ Ψ se ψ ∈ Ω ⊂ Ψ i = 1, 2, . . . (4.2) Per tale classe di operatori Xi si ha la proprietà [L, Xi ]ψ = 0 e [L, [Xi , Xj ]] = 0, si può quindi dotare il set di operatori di una struttura di algebra di Lie. Se Y è un operatore che soddisfa l’equazione agli autovalori Y ψn = yn ψn , ψn ∈ Ω. Per un set di operatori C tali che [Ci , Y ] = 0, 1 Ci ∈ C, In fisica classica l’integrale che definisce l’azione nell’intervallo compreso tra t1 e t2 è: Z t2 S[q] ≡ L(q(t), q̇(t), t) dt t1 dove L(q, q̇, t) denota la lagrangiana del sistema. 47 48 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI si ha che Y (Ci ψn ) = yn (Ci ψn ), cioè il valore di Y è conservato sotto l’operazione Ci . In particolare se Y è l’hamiltoniana H di un sistema classico o quantistico, allora l’azione di Ci è quella di generare degenerazioni in energia Tale approccio conduce direttamente alle algebre di Lie piuttosto che ai gruppi di Lie. 2. Teorie basate su simmetrie prescritte: In questo caso il concetto di gruppo ha un ruolo fondamentale: se le equazioni dinamiche di un sistema non sono note allora si può tentare di utilizzare simmetrie del sistema per scoprire o ipotizzare tali equazioni e la struttura delle soluzioni. In particolar modo, spesso si trattano oggetti dipendenti da coordinate, ma la scelta delle coordinate è assolutamente arbitraria. Quindi le proprietà di un oggetto devono essere indipendenti da tale scelta. Le coordinate di un punto in differenti sistemi di riferimento sono correlate da un gruppo di trasformazioni ; o la trasformazione del gruppo mappa un punto in un altro (punto di vista passivo e attivo rispettivamente), e tale gruppo è il gruppo di Galileo, nell’approssimazione c → +∞, o il gruppo Lorentz-Poincaré per c < +∞. 4.1.1 Simmetrie in meccanica quantistica In meccanica quantistica ad ogni sistema fisico si associa uno spazio di Hilbert H separabile. In questo spazio a ciascuno stato del sistema è associata un raggio unitario Ψ ovvero l’insieme di vettori {λψ} , k ψ k= 1, λ = eiα , ψ ∈ H. Conseguentemente lo spazio dei raggi è Ĥ = H/S1 . La probabilità di transizione tra due stati ψ, ϕ è |(ψ, φ)|2 . Lo stesso postulato vale per i raggi dato che la fase globale non conta. Se lo stesso sistema fisico può essere descritto una volta dai raggi Ψ1 , Φ1 . . . e un’altra volta dai raggi Ψ2 , Φ2 . . . (per esempio, da due osservatori diversi), in modo tale che lo stesso stato del sistema è descritto una volta da P si1 e un’altra da Ψ2 in maniera equivalente si può parlare di operazione di simmetria del sistema- allora la probabilità di transizione deve essere la stessa. Si ha, quindi, una mappa T̂ che preserva la norma tra i raggi Ψ1 e Ψ2 . Matematicamente è più comodo trattare la corrispondente mappa H → H tra i vettori ψ, φ, . . . dello spazio di Hilbert. Siccoma la norma deve essere invariante la trasformazione nello spazio di Hilbert può essere unitaria o antiunitaria. La situazione è precisata dal seguente teorema: Teorema 4.1.1 (Wigner). Sia Ψ2 = T̂ Ψ1 una mappa dei raggi dello spazio di Hilbert H che preserva il prodotto interno dei raggi, allora esiste una mappa ψ2 = T ψ1 di tutti i vettori di H tale che T ψ appartenga al raggio T̂ Ψ se ψ appartiene al raggio Ψ e in più 1. T (ψ + ϕ) = T ψ + T ϕ, 2. T (λψ) = ξ(λ)T (ψ), 3. (T ψ, T ϕ) = ξ [(ψ, ϕ)], 4.2. SIMMETRIE DELL’HAMILTONIANA 49 con ξ(λ) = λ (caso unitario), o ξ(λ) = λ (caso antiunitario) per ogni λ. La descrizione di proprietà di simmetria del sistema appartiene alla situazione caratterizzata dal precedente teorema. Quindi se sotto una trasformazione di simmetria le probabilità sono invariate allora si ottengono automaticamente sue descrizioni equivalenti in H, una corrispondente all’originale, l’altra al sistema trasformato, e queste due descrizioni sono collegate tra loro tramite una trasformazione unitaria (o antiunitaria). Viceversa lo spazio di Hilbert degli stati deve essere isomorfo allo spazio supporto su cui agiscono le rappresentazioni unitarie (o antiunitarie) delle trasformazioni di simmetria (che possono formare un gruppo, un algebra, etc.). Se sono note le trasformazioni di simmetria del sistema si può partire da una collezione arbitraria di spazi di rappresentazioni irriducibili di trasformazioni di simmetria per costruire lo spazio di Hilbert H. Si dimostra che il caso antiunitario si presenta se e solo se la simmetria in questione implica l’inversione del tempo. Ci sono problemi legati al fatto che le rappresentazioni di un gruppo di simmetria agiscono sullo spazio dei raggi (perché si ha una corrispondenza tra gli stati fisici e i raggi dello spazio di Hilbert, non tra gli stati e i vettori). Quindi si dà la seguente Definizione 4.1. Una rappresentazione proiettiva T di un gruppo topologico è un omomorfismo continuo T : G → BL(Ĥ), lo spazio degli operatori lineari nello spazio proittivo Ĥ con la topologia quoziente relativa alla mappa H → Ĥ che manda ψ in Ψ. In altri termini la rappresentazione è determinata a meno di un fattore di fase che non è arbitrario e dà origine a un’ambiguità. Dato un gruppo di simmetria G, per ovviare a tale problema si costruisce un gruppo esteso G le cui rappresentazioni ordinarie diano tutte le rappresentazioni non equivalenti sui raggi. Vale: Proposizione 4.1.2. Rappresentazioni proiettive finito dimensionali di gruppi semplicemente connessi sono equivalenti alle rappresentazioni ordinarie. Occorre tener presente che a rigore la degenerazione e le regole di selezione sono conseguenza necessaria della simmetria, ma niente vieta che possano presentarsi anche in assenza di simmetria: un esempio sono le cosiddette “degenerazioni accidentali,” come quella dell’atomo d’idrogeno se si trascura la struttura fine. 4.2 Simmetrie dell’Hamiltoniana In quesata sezione si vedrà un’applicazione diretta della teoria delle rappresentazioni delle algebre di Lie (in particola modo degli operatori di Casimir) risolvendo alcuni problemi cinematici e dinamici in meccanica quantistica non relativistica. Si considerino le soluzioni stazionare dell’equazione di Scrhoedinger, ovvero l’equazione agli autovalori Hu = Eu. (4.3) La simmetria dell’Hamiltoniana H di un sistema quantistico è generata da quegli operatori che commutano con H e che con H possiedono un dominio invariante comune sullo spazio di Hilbert H. Se su D valgono [H, X1 ] = 0 e [H, X2 ] = 0 (4.4) 50 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI allora vale anche (per l’identità di Jacobi, valida per operatori lineari) [H, [X1 , X2 ]] = 0. (4.5) L’insieme di operatori che soddisfano le condizioni precedenti formano un’algebra di Lie. Quindi, in meccanica quantistica non relativistica, si è condotti direttamente alla rappresentazione delle algebre di Lie, la rappresentazione del corrispondente gruppo di simmetria può essere in alcuni casi importante perché alcune proprietà globali appartengono al gruppo, non all’algebra. Considerando gli operatori che commutano con l’Hamiltoniana, più che di gruppo di simmetria si dovrebbe più propriamente parlare di gruppo di degenerazione dell’energia perché un autospazio di H per un fissato valore dell’energia è lo spazio su cui agisce la rappresentazione dell’algebra di Lie che commuta con H. 4.3 SO(3), SU(2) e relative algebre Il gruppo SO(3) agisce dalle rotazioni sullo spazio tridimensionale, ci si aspetta quindi che lo spazio degli stati di ogni sistema fisico tridimensionale sia lo spazio supporto di una rappresentazione unitaria di tale gruppo. In realtà tale sistema fisico spesso viene fuori con rappresentazioni non di SO(3), ma di SU (2), si ricorda che SO(3) = SU (2)/Z2 . Per quanto detto in 2.5.6 le rappresentazioni irriducibili di SU (2) possono essere classificate tramite il peso massimo j e sono dette rappresentazioni di spin j (il calcolo e la costruzione esplicita è eseguita nel seguito). Restando a livello dei gruppi si possono subito fornire le seguenti rappresentazioni irriducibili: 1. Rappresentazione di spin 0 Una rappresentazione irriducibile è la rappresentazione triviale π0 su C: π0 (g) = 1 ∀g ∈ SU (2). (4.6) É anche una rappresentazione di SO(3) ed è detta rappresentazione scalare. 2. Rappresentazione di spin 1/2 É detta rappresentazione fondamentale π1 e deriva direttamente dalla definizione di SU (2) come matrici complesse 2 × 2 che agiscono su C2 : g ∈ SU (2) → π1 (g) = g. (4.7) Non è una rappresentazione di SO(3) ed è detta rappresentazione spinoriale. 3. Rappresentazione di spin 1 É la rappresentazione fondamentale del gruppo SO(3) che agisce sui vettori di C3 : g ∈ SO(3) → ρ(g) = g (4.8) ed è detta rappresentazione vettoriale. Per la mappa Φ : SU (2) → SO(3) definita in 2.3.3 che è un omomorfismo, una rappresentazione di SU (2) è: π2 = ρ ◦ Φ : SU (2) → SO(3) (4.9) Ogin volta che è data una rappresentazione di SU (3) tale costruzione dà una rappresentazione di SU (2). 4.3. SO(3), SU(2) E RELATIVE ALGEBRE 51 Nel caso generale prima di studiare le rappresentazioni dei gruppi, è più agevole trattare le rappresentazioni delle relative algebre di Lie (essenzialemente perché quest’ultime sono spazi vettoriali mentre i gruppi di Lie sono varietà differenziabili). Per analizzare l’algebra su(2) si possono usare le seguenti basi [Ji , Jk ] = iεijk Jl . (4.10) Data la non commutatività dell’algebra non è possibile diagonalizzare simultaneamente le rappresentazione, tuttavia ci si può focalizzare su J3 : si supponga che v ∈ V (lo spazio supporto della rappresentazione) sia un autovettore di J3 π(J3 ) = j π(Je ) (4.11) j è detto il peso della rappresentazione e il sottospazio Vj ⊂ V dei vettori v ∈ Vj ⇒ π(J3 ) = jJ3 (4.12) è detto spazio dei vettori di peso j. La dimensione dim Vj è detta molteplicità del peso j. Non si possono diagonalizzare contemporaneamente J1 e J2 su Vj , però, utilizzando le basi di Cartan-Weyl si definiscono gli operatori di innalzamento e abbassamento (J1 ± iJ2 √ J± = ) (4.13) 2 che soddifano [J3 , J± ] = ±J± , (4.14) [J+ , J− ] = J3 . (4.15) e non sono né autoaggiunti né antiautoaggiunti, ma (J± )† = J∓ (4.16) e quindi, essendo la rappresentazione π un omomorfismo, π(J± )† = π(J∓ ). (4.17) Per ogni v ∈ Vj , per la (4.14), si ha che π(J3 )π(J+ )v = π(J+ )π(J3 )v + π(J+ )v = (j + 1)π(J+ )v (4.18) v ∈ Vj ⇒ π(J+ ) ∈ Vj+1 (4.19) π(J3 )π(J− )v = (j − 1)π(J− )v (4.20) quindi e, con calcoli simili, Dato che lo spazio V è di dimensione finita, applicando π(J− ) a un vettore v ∈ V dopo un numero intero e finito di volte si deve ottenere 0 (altrimenti si avrebbe una rappresentazione infinito dimensionale). 52 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI Si definisce il vettore di peso massimo n un vettore v ∈ Vn ⊂ V tale che π(J+ )v = 0. (4.21) Iniziando con un vettore di peso massimo n e applicando ripetutamente π(J− ) si ottengono nuovi vettori in V di pesi n, n − 1, n − 2, . . . finché non si raggiunge il vettore di peso minimo che dà zero quando è applicato π(J− ). Tenendo conto del fatto che iniziando con con −v il procedimento non cambia, si ha che per un dato peso massimo n tutti i possibili pesi sono − n, −(n − 1), . . . n − 1, n (4.22) e la dimensione di tale rappresentazione irriducibile è 2n + 1 e lo spazio supporto è Cn . Quindi, per il teorema 2.5.6 tutte le rappresentazioni irriducibili sono classificate, a meno di equivalenze, da un numero intero non negativo: il peso massimo n. Dato che su(2) è un’algebra semisemplice di rango 1 ammette un solo operatore di Casimir: l’operatore C2 = g ls Jl Js . (4.23) Per determinare la sua forma esplicita si deve quindi calcolare il tensore di Cartan gls = clki csi k , utilizzando le matrici di Pauli come basi per su(2) le costanti di struttura sono clki = εijk quindi g ls = δls . L’operatore di Casimir è quindi C2 = J12 + J22 + J32 . (4.24) Per quanto riguarda lo spettro dell’operatore (4.24) si può utilizzare la formula C2 (j) = j 2 + 2rj (4.25) dove j è il peso massimo della rappresentazione e 1X r= α = 1/2. 2 (4.26) α>0 Quindi C2 (j) = j(j + 1). 4.4 (4.27) Oscillatore armonico tridimensionale L’Hamiltoniana è data da H= 1 p2 + mω 2 x2 . 2m 2 Definendo gli operatori r q̃ = mω q, } r p̃ = L’hamiltoniana (4.29) si può riscrivere come: H = }ω H̃ 1 p m}ω (4.28) 4.5. PROBLEMA DI KEPLERO NON RELATIVISTICO 53 dove 1 H̃ = (q̃ 2 + p̃2 ) (4.29) 2 Per determinare il gruppo di degenerazione dell’Hamiltoniana (4.29) è utile introdurre gli operatori di creazione e annichilazione a†i , ai , i = 1, 2, 3 1 a† = √ (q̃ − ip̃), 2 1 a = √ (q̃ + ip̃). 2 (4.30) L’Hamiltoniana (4.29) diviene H= 3 X i 3 a†i ai + . 2 (4.31) Gli operatori sopra definiti soddisfano [ai , aj ] = [a†i , a†j ] = 0, [ai , a†j ] = δij . (4.32) Definendo Aij = a†i aj si ha che [Aij , Akl ] = δjk Ail − δil Ajk (4.33) A†ij = (a†i aj )† = a†j ai = Aji (4.34) e quindi le Aij sono generatori di u(3). Ponendo Xij = Aij + 21 δij , siccome [Xij , Xkl ] = [Aij , Akl ] (4.35) si ha che le Xij generano u(3), algebra semisemplice di rango 3. Quindi per il teorema 3.3.2 si hanno 3 operatori di Casimir ed uno di questi è proprio l’Hamiltoniana. H= 3 X Xii = Tr(X) = C1 (4.36) i=1 4.5 Problema di Keplero non relativistico In questo caso l’hamiltoniana è data da: H= p2 k − , 2µ r r ≡ |q| , k > 0. (4.37) L’ovvia simmetria geometrica del sistema (dato il potenziale centrale) è la simmetria rotazionale. Inoltre si può definire l’operatore di operatore di Runge-Lenz : 1 1 αr A= √ [L × p − p × L] + (4.38) r −2E 2 e si hanno, quindi, le seguenti relazione di commutazione 54 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI [H, Li ] = 0, (4.39) [H, Ai ] = 0, (4.40) [Li , Lj ] = iεijk Lk , (4.41) [Li , Aj ] = iεijk Ak (4.42) 2 [Ai , Aj ] = −iεijk Lk H, µ (4.43) e L·A=A·L=0 A2 = A · A = k 2 + 2 H(L2 + 1). µ (4.44) Il commutatore della (4.43) suggerisce di restringersi a un dato livello energetico, cioè a un sottospazio H(E) dello spazio di Hilbert H formato da tutti gli autovettori di H con una data energia E . Così facendo l’hamiltoniana che compare nell’ultimo commutatore può essere sostuita direttamente con il la moltiplicazione per il fattore numerico E. Si prende E < 0 in modo da q considerare solo gli stati legati. In questo µ e sottospazio si introduce l’ operatore Ai = −2E Mi . e si definiscono gli operatori: 1 ei ), Ti = (Li + A 2 1 ei ) Si = (Li − A 2 (4.45) (4.46) (4.47) che soddisfano le seguenti relazioni: [Ti , Sj ] = 0 (4.48) [Ti , Tj ] = iεijk Tk (4.49) [Si , Sj ] = iεijk Sk (4.50) (4.51) 1 e = 0. T 2 − S 2 = (L · A) 2 (4.52) Si ha quindi che, a meno di una costante, le relazioni sopra definite sono esattamente quelle dell’algebra di Lie di su(2) ⊕ su(2) ' so(4) cioè l’algebra di Lie del gruppo di Lie SO(4) delle rotazioni in R4 2 . 2 Il gruppo SO(4) è il gruppo delle matrici ortogonali con determinante uguale a 1 e ha dimensione n(n−1) 2 = 6. La sua algebra di Lie è D2 (si veda (1.14)) e il suo rango è 2. Difatti l’algebra di n=4 Lie del gruppo è generata dalla matrici antisimmetriche Rab [Rab ]cd = −i(δac δbd − δad δbc ) [Rab , Rcd ] = −i(δbc Rad + δad Rbc − δbd Rac − δac Rbd ). Le basi della sua sottoalgebra di Cartan sono: H1 = R(2i−1)(2i) , i = 1, 2. (4.53) 4.6. GRUPPO DI LORENTZ E DI POINCARÉ 55 Quindi si hanno due operatori di Casimir quadratici e indipendenti: T 2 e S 2 con T 2 = S 2 per la (4.52). Usando le equazioni (4.44): 2 e2 + L2 = −µ k 2 + 2 H(L2 + 12 ) + L2 = 4T 2 = −1 − k µ . A 2E µ 2E Ma lo spettro di T 2 ( o S 2 ) è t(t + 1) (4.27) con t = 0, 1/2, 1, . . . quindi 4t(t + 1) = −1 − k2 µ 2E 4t2 + 4t + 1 = − k2 µ 2E (2t + 1)2 = − k2 µ 2E ovvero En = −µk 1 , 2~2 n2 posto n = 2t + 1 = 1, 2, 3, . . . (4.54) Ovvero si è dedotto lo spettro dell’atomo di idrogeno esclusivamente tramite proprietà dell’algebra di so(4). 4.6 Gruppo di Lorentz e di Poincaré In questa sezione si studieranno le simmetrie spazio-temporali. Lo spaziotempo è lo spazio di Minkoski M 4 con coordinate reali xµ ,con µ = 0, 1, 2, 3 con (ct, x, y, z) = (x0 , x1 , x2 , x3 ), dotato della metrica di Minkowski (η)µν = (η)µν 1 0 0 0 0 −1 0 0 = 0 0 −1 0 0 0 0 −1 (4.55) Il principio della relatività speciale afferma che le leggi fisiche sono invarianti rispetto alle traslazioni in tutte e quattro le coordinate (omogeneità dello spazio) e per tutte le trasformazioni che lasciano la lunghezza del quadrivettore invariante (isotropia dello spazio tempo). Il gruppo di Poincaré è il gruppo formato dalle isometrie dello spazio di Minkowski, ovvero l’insieme di trasformazioni che lasciano invariato l’intervallo: ds2 (x, y) = (x0 − y0 )2 − (x1 − y1 )2 − (x2 − y2 )2 − (x3 − y3 )2 (4.56) mentre il gruppo di Lorentz è definito come il gruppo ortogonale generalizzato O(1, 3), ovvero il gruppo delle trasformazioni che conservano la forma quadratica: ds2 = c2 dt2 − dx2 − dy 2 − dz 2 (4.57) Il gruppo di Lorentz è pertanto il sottogruppo del gruppo di Poincaré formato dalle isometrie che lasciano l’origine del sistema di riferimento fissata. Per tale motivo è anche detto gruppo di Lorentz omogeneo, mentre il gruppo di Poincaré è talvolta detto gruppo di Lorentz non omogeneo. 56 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI 4.6.1 Struttura del gruppo di Lorentz Come già detto, il gruppo è costituito dalle trasformazioni lineare Λ che trasformano le coordinate x0µ = Λµν xν (4.58) ma lasciano invariata la distanza ηµν x0µ x0ν = ηµν xµ xν (4.59) per ogni x. La condizione (4.59) può essere riscritta in termini matriciali come ΛT ηΛ = η. (4.60) Si verifica innanzittutto che il gruppo di Lorentz è effettivamente un gruppo: siano Λ1 , Λ2 due matrici 4 × 4 che verificano la (4.60) allora anche T T T (Λ1 Λ2 )T ηΛ1 Λ2 = ΛT 2 Λ1 ηΛ1 Λ2 = Λ2 ηΛ2 = η. (4.61) Inoltre se Λ verifica la (4.60) allora det Λ = ±1, quindi Λ è invertibile, con inversa = η −1 ΛT η e Λ−1 (Λ−1 )T ηΛ−1 = ηΛη −1 ηη −1 ΛT η = = ηΛη −1 ΛT η = = ηΛΛ−1 = = η, (4.62) cioè anche Λ−1 è una trasformazione di Lorentz. Quindi le trasformazioni di Lorentz formano un gruppo con l’operazione di moltiplicazione tra matrici. Dato che det(Λ) = ±1 si deduce che gruppo è composto da due componenti sconnesse: il determinante è una funzione continua che assume, in questo caso, valori ±1 e non è possibile passare con continuità da una matrice con determinante 1 a una con determinante −1. Le matrici con determinante −1 vengono dette trasformazioni improprie, mentre quelle con det(Λ) = 1 sono dette proprie. Le trasformazioni improrie, da sole, non formano un gruppo in quanto mancano dell’identità. Le trasformazioni di Lorentz proprie L↑ , al contrario, formano il gruppo SO(1, 3). Si può riscrivere l’uguaglianza (4.60) in componenti: Λν µ ηµρ Λρ σ = ηνσ . Calcolando ora esplicitamente l’elemento ν = σ = 0, risulta: Λ0 µ ηµρ Λρ 0 = η00 = 1. Il tensore ηµρ è nullo se µ 6= ρ e quindi si ha (gli indici sono scritti in basso per non confonderli con l’elevamento a potenza): Λ200 − (Λ201 + Λ202 + Λ203 ) = 1 → Λ200 = 1 + (Λ201 + Λ202 + Λ203 ) (4.63) da cui: Λ00 q = ± 1 + (Λ201 + Λ202 + Λ203 ) (4.64) il che implica che l’elemento Λ00 non può assumere valori compresi nell’intervallo (aperto) (−1, 1). Quindi il gruppo di Lorentz si partiziona in 4 componenti sconnesse tra loro: 4.6. GRUPPO DI LORENTZ E DI POINCARÉ 57 • L0 = L↑+ : le matrici Λ con det = 1 e Λ00 ≥ 1 è detto gruppo di Lorentz proprio ortocrono, • L↑− le matrici Λ con det = −1 e Λ00 ≥ 1, • L↓+ le matrici Λ con det = 1 e Λ00 ≤ 1, • L↓− le matrici Λ con det = −1 e Λ00 ≤ 1. Della quattro componenti sconnesse solo L↑+ è un sottogruppo, isomorfo a SO0 (1, 3) (la componente di SO(1, 3) connessa con l’identità). In conclusione, il gruppo di Lorentz: è un gruppo semplice e semisemplice, ma non è connesso e nessuna delle sue componenti è semplicemente connessa. Ma la proprietà principale è la non compattezza: difatti non vale più il teorema (2.5.8), quindi non esistono rappresentazioni unitarie finito dimensionali. Ciò, per il teorema di Wigner, ha importantissime conseguenze nello sviluppo della teoria quantistica relativistica. 4.6.2 Algebra del gruppo di Lorentz Per determinare l’algebra del gruppo di Lorentz, e quindi anche la sua dimensione, si considera, come al solito, il sottogruppo a un parametro Λ(t) con Λ(0) = I4 . Deve essere verificata la relazione Λ(t)T ηΛ(t) = η. (4.65) Derivando rispetto a t e valutando il tutto per t = 0 si ottiene mT η + ηm = 0, con m = (4.66) dΛ(t) dt t=0 Dalla condizione (4.66) si ottiene che l’algebra ha 6 generatori indipendenti, quindi la dimensione dell’algebra e del gruppo è 6. Una base sono le matrici 4 × 4 M µν con µ, ν = 0, 1, 2, 3: (M µ,ν )αβ = η µα δ νβ − η να δ νβ 0 i 0 0 0 0 i 0 i 0 0 0 0 0 0 0 02 M 01 = 0 0 0 0 M = i 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 i 0 0 0 0 0 0 0 0 M 12 = 0 0 −i 0 M 03 = 0 0 0 0 0 i 0 0 i 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 −i 0 0 0 0 23 M 13 = 0 0 0 0 M = 0 0 0 −i 0 i 0 0 0 0 i 0 (4.67) 58 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI [Mµν , Mρσ ] = i(ηνρ Mµσ − ηµρ Mνσ + ηµσ Mνρ − ηνσ Mµρ , ) Mµν = −Mνµ , (4.68) I 6 generatori dell’algebra si possono suddividere in 1 Ji = εijk Mjk 2 Ki = M0i (4.69) per i, j, k = 1, 2, 3. Quindi segue che: [Ji , Jj ] = iεijk Jk [Ji , Kj ] = iεijk Kk [Ki , Kj ] = −iεijk Jk (4.70) Quindi, definendo: 1 Ai = (Ji − iKi ), 2 1 Bi = (Ji + iKi ) 2 (4.71) si ottengono le seguenti relazioni di commutazione: [Ai , Aj ] = iεijk Ak [Bi , Bj ] = iεijk Bk [Ai , Bj ] = 0. Quindi l’algebra di Lorentz è la somma diretta di su(2) ⊕ su(2) è tale decomposizione è particolarmente utile nello studio delle rappresentazioni del gruppo, ed è semplice calcolare gli operatori di Casimir. Difatti, in modo analogo a quanto già fatto per il problema di Keplero non relativistico, si ha che gli operatori di Casimir sono: A2 e B 2 e lo spettro è rispettivamente a(a + 1) e b(b + 1) con a, b = 0, 1/2, 1, . . .. Se si considerano rappresentazioni irriducicili finito dimensionali delle due algebre su(2) (le rappresentazioni detta spinoriali) queste possono essere classificate da a e b. Le rappresentazioni più comuni sono (a, b) = ( 12 , 0): rappresentazione scalare; (a, b) = ( 12 , 0) rappresentazione degli spinori di Weyl left-handed, (a, b) = (0, 12 ): rappresentazione degli spinori di Weyl right-handed, etc. 4.6.3 Gruppo di Poincaré Il gruppo di Poincaré è il gruppo di isometrie dello spaziotempo di Minkowski. Si tratta del prodotto semidiretto 2.18 delle traslazioni e delle trasformazioni di Lorentz. Diffatti in generale nel passare da un sistema di riferimento inerziale ad un altro, in aggiunta alla trasformazione di Lorentz, è possibile fare una traslazione x0µ = Λµν xν + aµ (4.72) 4.6. GRUPPO DI LORENTZ E DI POINCARÉ 59 con aµ quadrivettore costante. Sotto tali trasformazioni continua a rimanere invariata la forma quadratica (4.56). Eseguendo due trasformazioni successive si ricava la legge di composizione (a0 , Λ0 )(a, Λ) = (a0 + Λ0 a, Λ0 Λ) (4.73) Si vede quindi che la struttura della moltiplicazione è quella del prodotto semidiretto T4 o SO0 (1, 3) dove T4 è il gruppo delle traslazioni nello spazio tempo. 4.6.4 Algebra del gruppo Poincaré In modo analogo a quanto fatto per il l’algebra del gruppo di Lorentz, si può determinare l’algebra del gruppo di Poincare ottenendo le relazioni di commutazione: [Pµ , Pν ] = 0 (4.74) 1 [Mµν , Pρ ] = ηµρ Pν − ηνρ Pµ i (4.75) 1 [Mµν , Mρσ ] = ηµρ Mνσ − ηµσ Mνρ − ηνρ Mµσ + ηνσ Mµρ , (4.76) i Dove P è il generatore delle traslazioni e M è il generatore delle trasformazioni di Lorentz. Utilizzando Ji e Ki definiti in (4.69) si ottengono: [Jm , Pn ] = imnk Pk , [Ji , P0 ] = 0, [Ki , Pk ] = iηik P0 , [Ki , P0 ] = −iPi , [Jm , Jn ] = imnk Jk , [Jm , Kn ] = imnk Kk , [Km , Kn ] = −imnk Jk , I due operatori di Casimir, che permettono di identificare le rappresentazioni irriducibili, del gruppo di Poincaré sono P 2 = ηµν P µ P ν e W 2 = ηµν W µ W ν (4.77) dove Wµ è il quadrivettore di Pauli-Lubanski definito da 1 Wµ = − µνρσ M νρ P σ 2 (4.78) P µ Wµ = 0, (4.79) Wµ soddifa e le seguenti relazioni di commutazione, [P µ , W ν ] = 0, [J µν , W ρ ] = i (g ρν W µ − g ρµ W ν ) , quindi [Wµ , Wν ] = −iµνρσ W ρ P σ . Lo spettro degli operatori (4.77) classifica le rappresentazioni unitarie (infinito dimensionali), si hanno 60 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI ED ESEMPI • P 2 = −m2 > 0, W 2 = m2 s(s + 1) con s = 0, 12 , 1 . . ., • P 2 = −m2 = 0, Wµ = ±sPµ , • P 2 = −m2 = 0, W 2 = k 2 > 0, • P 2 = −m2 < 0, • Pµ = 0, Wµ = 0 Conclusioni L’importanza degli operatori invarianti in fisica si comprende, in particolar modo, alla luce degli esempi nell’ultimo capitolo: gli operatori di Casimir spesso rappresentano importanti quantità come il momento angolare, la massa e lo spin di particelle elementari, Hamiltoniane di vari sistemi ecc. Ad esempio, nel problema di Keplero non relativistico, si è dedotto lo spettro dell’atomo di idrogeno usando la teoria di Lie e gli operatori di Casimir, senza una costruzione esplicita delle autofunzioni. Nell’ultimo esempio (gruppo di Poincaré) gli operatori invarianti P 2 e W 2 (operatore di Pauli-Lubanski) sono essenziali nella costruzione di rappresentazioni irriducibili dell’algebra di Poincarè nella teoria dei campi relativistica. In generale descrivere un sistema fisico tramite le sue proprietà di simmetria (ovvero dotare il sistema di un set di numeri quantici) è utile in tutti i casi in cui si trattano sistemi quantistici, siano essi molecole in fisica dello stato solido o particelle elementari. Ogni volta che si hanno simmetrie continue lo studio degli operatori di Casimir risulta particolarmente fruttuoso. 61 Bibliografia [1] A.Barut, R.Raczka, Theory of Group Representation, Polish Scientific Publisher, 1980. [2] M.Abate, F.Tovena , Geometria differenziale, Springer Verlag, 2011. [3] V. Moretti, Teoria Spettrale e Meccanica Quantistica, Springer Verlag, 2010. [4] A.W. Knapp, Lie groups beyond an introduction, Springer Verlag, 2002. [5] B.C. Hall, Lie groups, Lie algebras, and representations: introduction, Springer Verlag, 2003. an elementary [6] C. Kosniowski, A first course in algebraic topology, Cambridge University Press, 1980. [7] J.J. Sakurai, Modern quantum mechanics, Benjamin/ Cummings, 1982. [8] W.Greiner, B.Muller, Quantum mechanics symmetries, Springer Verlag, 1994. [9] F.W. Warner, Foundations of differentiable manifold and Lie groups, Springer Verlag, 1983. [10] V.Moretti, Teoria della relatività speciale:una formulazione matematica, 2010. http://www.science.unitn.it/ moretti/RelativitaSpeciale.pdf [11] P. Woit, Quantum theory, groups and representations: an introduction, 2014. http://www.math.columbia.edu/ woit/QM/qmbook.pdf 63