Depressione e mania

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Journal of Neuroscience, Psychology and Cognitive Science
On-line date: 2009-03-05
Depressione e mania
di Nicola Cardinale
Keywords: Aaron, Attività Cerebrale, Beck, Depressione, Mania
SUL DISTURBO
I disturbi dell'umore sono il "comune raffreddore" delle patologie psichiatriche maggiori. Chi
soffre di sindrome maniaco-depressiva passerà da periodi di iperattività, esaltazione e progetti
grandiosi a periodi di abbattimento, senso di colpa e incapacità di provare piacere o addirittura di
pensare normalmente. L'affezione di coloro che invece soffrono di grave depressione ricorrente è
denominata depressione unipolare o depressione maggiore unipolare. Gli psichiatri raggruppano
questi disturbi dell'umore nella categoria dei disturbi affettivi maggiori. Comunque ci si voglia
riferire a questi problemi essi affliggono da secoli l'umanità. I cambiamenti dell'umore sono
caratteristici dell'esperienza umana, e l'umore ha un grande valore in termini evolutivi: esso regola
il nostro comportamento, ci mantiene al tempo stesso coinvolti nella vita e relativamente al sicuro.
Tuttavia, chi è troppo pessimista probabilmente non si rende conto del proprio potenziale: un
individuo depresso indietreggerà di fronte alla vita e non vi parteciperà. D'altro canto, anche una
persona di umore troppo ottimista può mettersi in una situazione rischiosa, può farsi trascinare ad
agire in modo impulsivo o sconsiderato dalla presunzione e da un esaltato senso di potere. Quando
un individuo sperimenta episodi maniacali veri e propri, alternati a periodi di depressione, si parla
di disturbo bipolare I. Se invece soffre di periodi ipomaniacali molto leggeri alternati a
depressione grave, la diagnosi è di disturbo bipolare II. Ci sono anche persone che vanno
incontro esclusivamente agli "alti" maniacali senza sperimentare mai depressione, o con episodi
depressivi leggerissimi; la loro condizione viene indicata con il nome di mania cronica. Di solito,
gli episodi della malattia sono limitati nel tempo: vengono e se ne vanno, durano alcune settimane
e diversi mesi, e sono seguiti da periodi di umore e comportamento relativamente normali. Se non
curato, l'episodio depressivo dura in media quattro mesi, e quello maniacale tre. La forma
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unipolare del disturbo dell'umore è più comune di quella bipolare, e si stima che due terzi degli
individui con un disturbo dell'umore conoscano la sola depressione. Tragicamente, solo una
persona su tre affette da un disturbo dell'umore si rivolge ad un medico, e solo una su dieci
consulta uno specialista. Il pregiudizio e la mancanza di conoscenza, come pure la natura spesso
insidiosa di questi disturbi, sono uno una combinazione letale che ostacola la richiesta di aiuto che
potrebbe sollevare i pazienti dai propri sintomi paralizzanti.
L'ESPERIENZA PERSONALE
Come ci si sente ad essere depressi?
Una persona che si stia addentrando in un episodio depressivo spesso parla del proprio umore
descrivendolo triste, senza speranza, abbattuto, irritabile e nero. Esiste, tuttavia, un'altra
dimensione della depressione sperimentata da un significativo numero di persone - una sensazione
di ansia, inquietudine e angoscia. Molti pazienti riferiscono di un cambiamento nelle modalità di
pensiero. Ci sono scarsità di idee e perdita della capacità naturale di immaginare un futuro.
L'individuo può sperimentare sé stesso fuori del tempo e isolato dall'attuale flusso della vita. Per le
persone che si trovano nella morsa della depressione è comune credere che il mondo abbia esaurito
il suo colore e che "non ci sia alcuna luce alla fine del tunnel". Attività che in precedenza erano
fonte di gioia non dispensano più alcun interesse o piacere; si dice che costoro presentano il
sintomo clinico dell'anedonia. La depressione maggiore è accompagnata da gravi disturbi
dell'appetito e del sonno. Di solito la persona si lamenta di non avere appetito, il cibo non è più
gradevole. Alcuni pazienti possono avere difficoltà ad addormentarsi la sera (insonnia iniziale);
oppure svegliarsi molto presto, intorno alle quattro o alle cinque del mattino, sopraffatti da pensieri
ansiosi e carichi di sensi di colpa che non riescono a reprimere. Il 15-30% dei depressi ha bisogno
di dormire troppo (ipersonnia) e non si sente mai riposato. Inoltre i pazienti depressi possono
sperimentare dolori fisici come mal di testa, mal di schiena, stipsi o problemi di stomaco.
L'appetito sessuale à spesso il primo ad andarsene. I cambiamenti che hanno luogo nell'attività e
nei processi mentali di un paziente depresso sono descritti come agitazione o rallentamento
psicomotorio. Il pensiero e l'azione sono, rispettivamente, accelerati o molto rallentati. Alcuni
individui depressi non riescono a star seduti, fermi; camminano avanti e indietro, si torcono le
mani, si tirano i capelli o i vestiti... Il senso di autosvalutazione e di colpa può raggiungere
proporzioni deliranti. Stretta nella morsa di una depressione psicotica, una persona può convincersi
di essere perseguitata e di dover essere ritenuta responsabile di qualche malefatta immaginaria.
Alcuni pazienti possono sperimentare i cosiddetti deliri di rovina, convinti come sono che una
guerra definitiva o un olocausto stiano per mettere fine al mondo. Le allucinazioni, soprattutto di
voci, possono essere anche esse presenti in queste forme di depressione psicotica. La malattia,
come se non bastasse, non è superata con il risolversi della sintomatologia. L'esperienza può
scuotere seriamente la fiducia che il paziente ha in sé stesso, nelle proprie relazioni e nel proprio
futuro. Può darsi che la malattia abbia compromesso la carriera e che per aiutarsi a smorzare
sentimenti insostenibili l'individuo sia ricorso all'alcol o alle droghe: potrebbe riprendersi solo per
scoprire di essere diventato dipendente da queste sostanze. Nel peggiore degli scenari possibili,
potrebbe non sopravvivere alla depressione. Gli spaventosi sentimenti di disperazione e
autosvalutazione possono infatti portare al suicidio. Si stima che circa il 15% dei pazienti con un
disturbo dell'umore non curato, o curato in modo inadeguato, commette suicidio. Questo quadro
così oscuro ed angosciante di sintomi e sofferenze può essere sintetizzato con una frase di un
giornalista americano, che in un suo libro intitolato "A season in hell", ha raccontato la sua storia
personale di depressione: "può un uomo senza gambe alzarsi e camminare, pur sapendo che solo
camminando avrà salva la vita?" Egli si riferisce alla mente, il solo strumento con cui avrebbe
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potuto combattere e, tragicamente, la parte di lui più colpita. La sua mente lo stava abbandonando:
come poteva usarla per liberarsi dalla disperazione? Come ci si sente ad essere maniacali? Una
persona che sperimenta l'ipomania, o che si addentra nel primo stadio di un episodio maniacale, si
sente imbevuta di energia, ottimismo e fiducia in se stessa. Le idee e la conversazione fluiscono
con facilità e l'umore è euforico, espansivo e spesso contagioso. Molte persone descrivono la
sensazione di essere rinate. Le persone in stato maniacale sono prigioniere delle idee che si
riversano nella loro mente. Il loro eloquio può andare riempiendosi di battute, giochi di parole e
spiritosaggini fuori luogo. Durante un episodio maniacale il modo di parlare del paziente è molto
caratteristico. Le parole sono pronunciate a torrenti, precipitosamente, con voce alta e intensa. In
questo modo di parlare c'è una qualità insistente, inarrestabile, che non tollera interruzioni altrui un fenomeno chiamato pressione dell'eloquio. Nello stato ipomaniacale, l'entusiasmo e l'intensità
trasmessi dal paziente possono essere convincenti e perfino coinvolgenti per gli altri; ma quando ci
si avvicina alla mania, prima che un pensiero sia completato, un altro ha già catturato la sua
attenzione. C'è un grande aumento di attività, un bisogno di muoversi. Il bisogno di sonno
diminuisce, si va a letto solo per previ periodi di tempo e ci si sveglia pieni di energia, oppure si va
avanti per giorni interi senza riposare. C'è un forte desiderio di essere coinvolti e ciò spinge a
telefonare agli amici a qualsiasi ora del giorno e della notte e a intrattenerli con i dettagli dei
progetti nuovi ed eccitanti che si stanno preparando. Insieme a questa aumentata socievolezza c'è
un aumento dell'impulso sessuale (l'ipersessualità). Non è insolito che la persona "s'innamori" e si
getti impetuosamente in una relazione sentimentale o in una serie di relazioni, magari mettendo a
rischio un rapporto stabile o un matrimonio. Sono a tal punto completamente ottimisti che perdono
la percezione delle conseguenze delle proprie azioni. Purtroppo l'aspetto ottimista e infaticabile
dell'umore non può essere mantenuto. Nel giro di qualche istante, l'euforia può dissolversi
nell'irritabilità e nella collera. All'improvviso, senza alcuna provocazione, l'umore può diventare
irritabile od ostile. Il paziente può farsi aggressivo e sospettoso e lanciarsi in una traboccante
quanto rabbiosa filippica. Alcuni pazienti maniacali si spingono fino al punto di diventare
psicotici. Costoro possono sperimentare paranoia, sentire voci, oppure (meno spesso) avere
visioni. Possono avere deliri di grandezza: possono convincersi che un potere speciale ha conferito
loro la capacita di salvare il mondo da una catastrofe, oppure di avere una particolare relazione con
Dio... Altri presentano tratti più persecutori e si sentono osservati, controllati o attaccati. Ogni
giorno, milioni di persone in tutto il mondo sperimentano questi segni e sintomi di mania e
depressione. Per quanto queste cifre facciano pensare, tuttavia ci sono molti motivi per essere
ottimisti. Oggi, una persona non deve più essere sopraffatta dai sintomi e dai problemi sociali che
sorgono dalla depressione unipolare e bipolare. Gli episodi acuti possono essere attenuati da
farmaci in uso da alcuni decenni e la psicoterapia può aiutare un paziente a lottare contro i terribili
sentimenti che il disturbo provoca.
LE CURE
La conoscenza dei disturbi affettivi è cresciuta esponenzialmente; ciò nondimeno, nonostante tutti
i recenti progressi, ancora non si ha una risposta per la seguente domanda: "quali sono le cause di
questi disturbi?" Esistono però buoni motivi per ritenere che lo sviluppo e il decorso dei disturbi
affettivi siano influenzati in vario grado da forze di natura biologica, psicologica e ambientale.
Pertanto le cure spaziano da un approccio psicofarmacologico ad uno esclusivamente psicologico,
nonché ad un'integrazione dei due. Le terapie somatiche: terapie farmacologiche e terapia
elettroconvulsivante Nell'antica Fenicia, i malati di mente venivano imbarcati sulle cosiddette
"nave dei pazzi" e mandati alla deriva, a vagabondare per mare in cerca di porti più ospitali. Nel
Medio Evo, gli esorcisti persuadevano i "demoni" a uscire dal corpo di coloro che si comportavano
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in modo strano. Ai pazienti del XVIII secolo furono sviluppati trattamenti-shock: li si faceva
girare vorticosamente su una sedia o li si immergeva in laghi ghiacciati facendoli cadere attraverso
delle botole. Nel XIX secolo furono sviluppati trattamenti più umani, ma ancora non esistevano
cure mediche efficaci. Nel 1937, Sigmund Freud scriveva: "Probabilmente il futuro ci insegnerà a
esercitare un'influenza diretta, per mezzo di particolari sostanze chimiche sulla quantità di energia
e la sua distribuzione nell'apparato della mente". Quando egli morì, nel 1939, la terapia
elettroconvulsivante era l'unico trattamento efficace per la depressione grave. Dieci anni dopo fu
scoperto l'autentico valore del litio quale stabilizzatore dell'umore; non molto tempo dopo, i
farmaci antidepressivi andarono ad aggiungersi al nuovo armamentario terapeutico a disposizione
degli psichiatri. Per il trattamento terapeutico della mania e per la terapia di mantenimento del
disturbo bipolare, oltre al litio, lo psichiatra dispone della prescrizione di altri farmaci: la
carbamazepina, il valproato di sodio, le benzodiazepine (contro l'ansia e l'agitazione) e, nei casi
più gravi, gli antipsicotici. Per il trattamento della depressione il paziente può essere curato con
antidepressivi triciclici, con i MAO-inibitori (inibitori delle MonoAmminoOssidasi) o con i più
recenti inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Una discussione a parte merita
l'impiego contro la depressione grave e la mania della terapia elettroconvulsivante. L'idea che uno
stimolo elettrico possa essere un agente terapeutico risale a prima del 43 d.C., quando per curare il
mal di testa si usava lo shock causato dal contatto con le torpedini.. In Italia, due medici, Ugo
Cerletti e Luigi Bini, pensarono di poter ottenere una scarica neurale applicando la corrente
elettrica alle tempie di un essere umano. Essi diedero al trattamento l'angosciosa etichetta di
"elettroshock". La terapia elettroconvulsivante ha un'incidenza di successo superiore a qualsiasi
altra forma di trattamento. E' particolarmente utile in persone che soffrono di depressioni
psicotiche, in pazienti che non possono prendere antidepressivi a causa di problemi di salute o che
non rispondono ad essi, e nelle donne gravide che soffrono di epressione. Un paziente con forti
intenzioni suicide sarebbe un buon candidato alla terapia elettroconvulsivante, visto che
quest'ultima funziona più rapidamente dei farmaci. Oggi il metodo è indolore. Bisogna fare una
considerazione importate riguardo le varie terapie farmacologiche: sebbene alcune persone
rispondano ai farmaci in modo completo e non vadano incontro a effetti collaterali, una
popolazione relativamente più piccola risponde solo parzialmente o trova intollerabili gli effetti
collaterali. Inoltre, è bene sottolineare, che i farmaci non guariscono dalla malattia; la controllano
soltanto. Esplorazione del problema: negazione, accettazione e psicoterapie Nella corsa alla
diffusione della buona novella sui nuovi trattamenti farmacologici, c'è stato che ha abbandonato, o
comunque considerata inutile, la psicoterapia. Lmitarsi a relegare i disturbi dell'umore al regno
delle affezioni fisiologiche che necessitano di un trattamento esclusivamente farmacologico è un
grave errore clinico e denota una grossolana presunzione scientifica. I conflitti psicologici possono
produrre atteggiamenti e comportamenti disadattivi tali da intralciare un individuo, come pure
servire a precipitare episodi di malattia e ritardarne la guarigione. Il problema - come pure la sua
soluzione - oggi trova una solida collocazione in entrambi i regni, quello della medicina e quello
della psicologia. In un piano terapeutico ragionevole, una strategia comunemente accettata è quella
di alleviare i sintomi dolorosi con un farmaco appropriato, educando al tempo stesso il paziente e i
suoi familiari riguardo alla natura e all'andamento del disturbo. Per un individuo, l'insorgenza o il
ricorrere di una malattia cronica come un disturbo affettivo rappresenta una perdita significativa:
una perdita della funzione e una perdita di fiducia e di sicurezza. Si profileranno domande
importanti: perché proprio io? Che cosa ho fatto per meritarmelo? Riuscirò a realizzare gli
obiettivi della mia vita? Potrò avere una famiglia? Si dovrà venire a patti con sentimenti di rabbia,
tristezza e vergogna. Questi sentimenti vanno affrontati nel contesto di una buona psicoterapia. Il
terapeuta, attraverso un processo di chiarimento e interpretazione, aiuta il paziente a vedere ciò che
lo riguarda in una luce realistica, non annebbiata da una persistente sensazione di indegnità e
vittimismo. La psicoterapia può rafforzare la capacità di far fronte alla situazione, aiutare il
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paziente a comprendere la propria vulnerabilità. Questo dialogo rispettoso fra paziente e terapeuta
può al principio concentrarsi sull'accettazione della necessità di curarsi. Ad esempio l'eventuale
assunzione di un farmaco può diventare il simbolo concreto di una malattia cronica, di
conseguenza il paziente può avvertire un deficit - qualcosa che rende l'individuo più vulnerabile
degli altri- e può esserci il desiderio di negare la malattia, il che può portare a interrompere il
percorso di cura intrapreso. Alcuni pazienti, inoltre, sono molto infastiditi all'idea che non sia la
loro volontà, ma un farmaco, a consentir loro di conservare il controllo sul comportamento,
l'umore o giudizio. Spesso, una persona afflitta da mania o depressione ricorrente dovrà imparare a
distinguere fra i normali cambiamenti dell'umore e gli episodi della malattia. Se si sente un po'
esaltata essa può temere che sia l'inizio di un periodo ipomaniacale, e se è giù di morale può
invece aver paura che si tratti del principio della discesa in una depressione infernale. La
psicoterapia può rivelarsi molto utile nel favorire la consapevolizzazione e l'apprendimento di tale
fondamentale distinzione da parte del paziente. Un altro problema che insorge sovente è il
doloroso senso di umiliazione per ciò he i pazienti hanno fatto durante un episodio maniacale e per
il modo in cui gli altri hanno reagito in seguito nei loro confronti. Inoltre, quando il paziente
maniacale si rende conto di avere avuto una falsa percezione delle proprie capacità essendosi
sentito più intelligente e più creativo, e capisce anche di dover affrontare la realtà del disturbo, il
colpo inferto alla propria autostima può essere enorme. Spesso esistono tratti della personalità,
problemi di perdite precoci, conflitti inconsci e fattori stressanti che possono contribuire allo
sviluppo e al decorso di un disturbo dell'umore: nella psicoterapia è possibile identificarli,
esplorarli ed elaborarli. Un trauma infantile -reale o percepito -, la perdita di un attaccamento
seppellita, negata e mai risolta, sono tutti eventi che hanno favorito lo sviluppo di pensieri e
comportamenti vincolanti o stressanti per evitare di affrontare il dolore emozionale risultante dal
trauma o dal conflitto. Con il passare degli anni, la pressione aumenta e se si sperimentano altri
stress, acuti o cronici che siano, può innescarsi un terremoto emozionale. In molti casi, una
profonda frattura nei legami familiari persiste a lungo, anche dopo la fine degli episodi di malattia.
In genere si tende a sottostimare l'effetto esercitato sui figli di una copia dalla presenza di un
fratello con un disturbo dell'umore. I fratelli sani soffrono anche loro, in un modo sottile e spesso
insidioso che ne influenza il senso di autostima e la qualità della vita. Essi sono sopraffatti da
moltissime emozioni conflittuali. Nel proprio intimo, i fratelli o le sorelle sani possono sentirsi
fortunati per il fatto di essere sfuggiti alla malattia, e di conseguenza possono provare ansia o sensi
di colpa per la propria buona sorte. Se il fratello afflitto dal disturbo dell'umore è più grande e ha
cominciato a scontrarsi con i fallimenti, per i fratelli minori può essere angoscioso e fonte di
disagio sorpassarlo proseguendo sulla strada che li porterà a soddisfare sogni e ambizioni.
Risentimento e gelosia perseguitano molti fratelli sani, disturbati dal fatto che moltissime
attenzioni ed energie dei genitori siano assorbite dalle preoccupazioni per il paziente e che
moltissime risorse della famiglia siano incanalate nelle cure e nel sostegno rivolti al membro
sofferente invece che nell'educazione e nel piacere di tutta la famiglia. L'educazione dei familiari
circa il disturbo del congiunto cerca di aumentare la stabilità all'interno dell'ambiente domestico.
Spesso, quando i familiari vengono invitati a dire la loro, ciascuno ha una propria teoria sul
disturbo. L'approccio psicodidattico mira a mettere la famiglia e il paziente in condizioni di
accettare l'idea che questi ha un disturbo che purtroppo influisce sull'umore, l'autostima, il
pensiero, il comportamento sociale, ecc.; esso punta a far riconoscere ai familiari che gli episodi
passati hanno avuto un impatto sul loro modo di considerare il paziente e a creare un ambiente
attorno a lui che sia il più adatto alla sua ripresa e alla sua condizione di umore e di pensiero
presente. Se tutto va bene, il conflitto tra i familiari diminuisce, si sviluppa una sana capacità di far
fronte alla situazione e i membri della famiglia sono ora in grado di assicurare al paziente un
maggior sostegno. Una psicoterapia a breve termine specificatamente formulata per la
depressione, molto interessante e spesso efficace, è quella messa a punto d Aaron Beck. La sua
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terapia cognitiva è un approccio basato sul presupposto che la sfera affettiva di un individuo sia
determinata dai suoi pensieri e dalle sue idee. Pertanto, modificando le idee è possibile modificare
gli stati d'animo e le emozioni. Fra una seduta e l'altra, al paziente vengono assegnati dei
"compiti"., fra cui quello di tenere un diario. Le sedute sono mirate a superare la disperazione,
identificare i problemi, stabilire priorità, dimostrare la relazione fra cognizione ed emozione e
indicare gli errori nel pernsiero. Alla fine della terapia, il paziente comincia ormai a vedere sé
stesso e i propri problemi in modo più realistico, a modificare i propri modelli comportamentali
privi di valore adattivo e a sentirsi meglio.La psicoterapia interpersonale a breve tempo è simile
alla terapia cognitiva ma enfatizza i legami e le relazioni sociali e funziona in modo da migliorare,
oltre alle capacità sociali, il concetto che una persona ha di sé. Un aspetto particolare dei disturbi
dell'umore è la frequente associazione ad essi dell'abuso di alcol e droghe a scopo di
automedicazione, per cercare di prolungare gli "alti" maniacali con gli stimolanti, o di placare
l'ansia e l'irritabilità della depressione con l'alcol. In una ricerca il 41% di un gruppo di persone
con disturbo bipolare riferì di aver abusato di alcol o droghe prima di approdare a una corretta
diagnosi. Molti dati dimostrano che chi ha un disturbo bipolare ha una maggior probabilità di
diventare dipendente e di avere un decorso del disturbo più grave se ricorro all'uso di stimolanti o
di alcol. I pazienti con una duplice diagnosi hanno pertanto bisogno di una psicoterapia specifica
mirata alla discussione del problema dell'abuso di sostanze, magari in gruppo e con la guida di un
professionista che si occupa in particolare di situazioni come quella di cui sopra. Tutto ciò che ho
scritto finora circa la cura dei disturbi dell'umore è sufficiente per eccepire l'importanza e
l'ineludibilità di una qualsiasi forma di psicoterapia e per stigmatizzare la presunzione di un
approccio prettamente farmacologico a dei disturbi molto complessi e che coinvolgono la persona
in tutta la sua essenza, anima e corpo, mente e cervello. A proposito di ciò vorrei citare una frase
significativa di una paziente con un disturbo affettivo: "Nessuna pillola può aiutarmi ad affrontare
problemi come, ad esempio, il non voler prendere una pillola" In conclusione, bisogna dire che
malgrado l'80-90% dei pazienti possono essere curati con esito positivo, i dati relativi alla
situazione attuale indicano che la depressione viene diagnosticata e curata poco (situazione che
viene indicata con l'efficace espressione di "Iceberg della depressione"), oltre ad essere trattata in
modo improprio dal sistema sanitario nazionale. Per migliorare questo quadro cupo bisognerebbe:
cercare di modificare il modo in cui la società percepisce questo disturbo e tratta coloro che ne
soffrono, stimolare ulteriori ricerche sui disturbi affettivi, promuovere l'informazione sulla
depressione, dare sostegno alle persone con patologie depressive e alle loro famiglie. Inoltre si
dovrebbe invitare la stampa agli incontri sulla depressione e organizzare interviste con specialisti,
lanciare campagne contro i pregiudizi. L'unica cosa che può fermare questo cambiamento è
l'indifferenza. Si può mettere fine alla sofferenza, all'abbandono e al pregiudizio che circondano
questi disturbi. Il cerchio può essere spezzato.
Bibliografia
Cassano G.B.; Zoli Serena (1993), 'E liberaci dal male oscuro' Ed. Longanesi
Papolos D.; Papolos J. (1999), 'Sconfiggere la depressione' Ed. Longanesi
Sims A. (2000), 'Psicopatologia descrittiva' Ed.Cortina
permalink: http://www.neuroscienze.net/index.asp?pid=idart&cat=3&arid=319
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