Foglio di
informazione
professionale
N.126
28 gennaio 2004
La depressione post-parto
Recenti, drammatici, episodi di cronaca hanno portato alla ribalta un problema grave per i suoi risvolti di
sofferenza umana e le possibili conseguenze: la depressione post-parto.
Nelle settimane o nei mesi che seguono la nascita di un figlio, molte donne manifestano disturbi emotivi,
complessi e variamente articolati. L’umore depresso è una costante che può accompagnare sia la malinconia
da maternità sia la depressione vera e propria. La malinconia da maternità è tanto frequente dall’essere
considerata una componente normale delle modificazioni emotive successive al parto: è caratterizzata da
“alti” e “bassi” dell’umore, tendenza al pianto, leggera ipocondria, ansia e irritabilità che raggiungono il
massimo di intensità tra il 3°e il 5°giorno dopo il parto per poi scomparire entro 2 settimane. Una donna su
dieci va incontro a depressione; nella maggior parte dei casi la situazione si risolve spontaneamente senza
trattamento, ma a distanza di 6 mesi dal parto alcune di queste pazienti presentano ancora sintomi depressivi
e possono sviluppare un disturbo dell’umore cronico o ricorrente.
I fattori di rischio
Risultano più soggette alla depressione post-parto le donne che hanno alle spalle una storia di malattie
psichiatriche (in genere depressione) o di un disturbo dell’umore (anche in questo caso, depressione) durante
la gravidanza, le donne che sono state colpite da eventi stressanti recenti (es. un lutto o una malattia),
socialmente isolate e con rapporti coniugali precari. Le disagiate condizioni economiche e le complicazioni
al momento del parto non sembrano condizionare la maggiore propensione a sviluppare la depressione postparto.
Come si presenta
I sintomi della depressione possono essere difficili da distinguere dagli adattamenti fisiologici che seguono la
maternità, come la profonda stanchezza, i disturbi del sonno e dell’appetito, la diminuzione del desiderio
sessuale. Ad indicare la presenza di depressione sono altri sintomi tipicamente depressivi come l’umore
depresso, l’incapacità di provare sentimenti piacevoli, la perdita di interesse, la tendenza al pianto e la
difficoltà di concentrazione, eventualmente accompagnati da pensieri di natura suicida. L’umore depresso e
l’incapacità a provare sentimenti piacevoli spesso aggravano il senso di colpa e di inadeguatezza nella cura
del bambino e a volte sono associati con disturbi affettivi nel rapporto madre-figlio (distacco, mancanza
di amore, risentimento e ostilità nei confronti del bambino). Piuttosto comuni sono pensieri occasionali o
ricorrenti di fare del male al bambino; in uno studio recente, l’impulso a nuocere era avvertito dal 41% delle
donne con depressione (rispetto al 7% delle madri non depresse). Questi sentimenti ostili raramente vengono
messi in pratica, ma rappresentano motivo di profondo turbamento per la madre.
Le conseguenze
La depressione post-parto può compromettere le relazioni affettive precoci tra madre e figlio e può avere
effetti negativi permanenti sullo sviluppo intellettivo ed emozionale del bambino, sul suo adattamento
sociale, causando problemi di tipo comportamentale (es. iperattività) talora presenti anche nell’età scolare.
Le conseguenze a carico della famiglia possono essere la disgregazione del nucleo familiare e la rottura delle
relazioni sociali tra la madre, il bambino, la famiglia e il resto della comunità.
La sua individuazione precoce
La depressione può essere riconosciuta per tempo se si aumenta il livello di informazione e si crea una
condizione di “allerta” generale in tutti coloro che assistono la donna durante la gravidanza e dopo il parto.
Le persone più vicine (il marito, i familiari, le amiche) devono prestare attenzione allo stato emotivo delle
puerpere e devono avvertire il medico quando i sintomi sono tali da far sospettare la presenza della
depressione o quando hanno l’impressione che “qualcosa non va”. E’ fondamentale che la stessa puerpera
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e il partner siano ben consapevoli di questa eventualità e sappiano a cosa stare attenti, poiché la mancata
comprensione del problema spesso sconcerta le madri depresse e, in genere, amplifica i sensi di colpa e di
inadeguatezza. Analoga attenzione devono mantenere i medici di base e i pediatri che hanno in cura il
bambino. In presenza di sintomi depressivi, il punto cruciale sarà stabilire se sono in via di risoluzione o se,
invece, stanno peggiorando. Sarà compito del medico curante (non necessariamente dello specialista),
tramite domande specifiche, valutare l’umore della paziente, ricercare la presenza di pensieri suicidi,
indagare i suoi sentimenti e il grado di attaccamento nei confronti del bambino. Anche se durante il periodo
successivo al parto i contatti col personale medico sono frequenti, la depressione post-parto spesso non viene
riconosciuta. A volte sono le madri stesse che non si rivolgono al medico temendo di essere giudicate malate
di mente e di essere private del figlio o per paura di dover assumere dei farmaci.
Come si può prevenire
I servizi di assistenza prenatale dovrebbero favorire un rapporto di fiducia che faccia emergere eventuali
difficoltà o stati d’ansia, in modo tale da garantire alla madre sostegno e rassicurazione e, quando possibile,
aiuti concreti e soluzioni pratiche ai problemi presenti. Le donne prive di relazioni sociali o non aiutate dal
partner potrebbero giovarsi di un sostegno sociale e psicologico e di un collegamento con altre madri per
costruire una rete di appoggi quando il bambino sarà nato.
Le donne con una storia di depressione grave e ricorrente devono essere incoraggiate a proseguire la terapia
antidepressiva di mantenimento per l’elevato rischio di recidiva che si ha durante la gravidanza e dopo il
parto. La depressione che si manifesta in gravidanza deve essere trattata. Gli antidepressivi triciclici
vengono impiegati da molti anni, mentre tra i nuovi inibitori della ricaptazione della serotonina, la fluoxetina
è quella più studiata. I triciclici e la fluoxetina sono sicuri in gravidanza: non vi sono segnalazioni di
anomalie congenite o effetti neurocomportamentali in bambini esposti durante il periodo gestazionale a
questi farmaci. Pur in presenza di informazioni rassicuranti, molte donne, per un esasperato senso di cautela,
sono contrarie ad assumere farmaci in gravidanza. Nelle forme di depressione lievi o moderate può essere
sufficiente la psicoterapia, mentre le forme gravi richiedono il trattamento con un antidepressivo. Un aiuto al
momento del parto risulta importante e vi sono prove del fatto che la presenza di una persona che assista la
paziente durante il travaglio, anche se sconosciuta alla madre, può esercitare un effetto protettivo contro
l’ansia e la depressione nelle settimane successive. Dopo la nascita del bambino, le difficoltà che possono
deprimere l’umore della paziente sono l’adattamento fisico (es. i postumi di un parto doloroso, l’allattamento
al seno, l’esaurimento fisico), le insicurezze sulla salute del bambino, il mancato sviluppo di un sentimento
di maternità e la preoccupazione di dover affrontare nuovi compiti, la scarsità di aiuti (sostegni materiali
insufficienti, consigli invadenti o contraddittori), le modificazioni del corpo e del proprio ruolo, la mancanza
di spazio e di tempo per se stesse. Gli operatori sanitari che hanno contatti con la madre possono/devono
aiutarla ad affrontare questi cambiamenti.
Come viene trattata
Se viene diagnosticata una depressione post-parto, per il benessere della madre e del figlio è necessario
risolvere qualsiasi fattore sociale correggibile, dal sostegno emotivo, al riposo e all’aiuto pratico nella cura
del bambino. La maggior parte delle donne può essere trattata efficacemente in regime ambulatoriale con la
psicoterapia e/o con farmaci antidepressivi. Le madri gravemente depresse che vengono giudicate a rischio di
suicidio, di atteggiamenti negligenti od ostili nei confronti del figlio o che presentano sintomi psicotici (es.
delirio, confusione, mania) devono essere seguite da un servizio di salute mentale in grado di erogare
un’assistenza dedicata in day-hospital e di tipo ospedaliero. La cura dovrebbe essere affidata ad uno
psichiatra esperto che lavori in stretta collaborazione col medico di base, coi servizi sociali e le strutture di
assistenza materno-infantili.
A cura del prof. Mauro Miselli
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