Breve cronologia della questione israelo-palestinese Il movimento sionista, nato verso la fine del XIX secolo in reazione al crescente antisemitismo che si stava sviluppando in Europa, allo scopo di creare in Palestina una patria per gli ebrei di tutto il mondo, aveva ottenuto, sia in Europa che negli Stati Uniti, il sostegno e l’approvazione di ambienti influenti e significativi settori di opinione pubblica. Lo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914 rappresentò l’occasione per la nascita dei primi insediamenti in Palestina, allora territorio dell’Impero ottomano. Sul finire del 1917, il ministro degli Esteri inglese Arthur Balfour, in una lettera al barone Lionel Rothschild, si esprimeva a favore della creazione di un “focolare degli ebrei” in Palestina, ma non a spese dei palestinesi. Obiettivi politici della “dichiarazione di Balfour” erano sia le adesioni degli ebrei americani alla causa della guerra, sia la presenza di ebrei amici degli inglesi in Palestina, in vista di un migliore controllo del Canale di Suez. 1920-1948 – Il mandato britannico in Palestina Il crollo dell’Impero ottomano a seguito della sconfitta nella prima guerra mondiale significò, per la prima volta, confini politici, anche se sotto il protettorato inglese, per la Palestina, che fino ad allora era stata considerata come un’entità geografica. Il mandato inglese fu stabilito alla conferenza di pace del 1920 e sancito dalla Lega delle Nazioni due anni più tardi, con dei documenti istitutivi di cui faceva parte anche la Dichiarazione di Balfour. Giordania, che i britannici nel 1921 lasciarono la Giordania agli arabi della famiglia degli Hashemiti. Né gli arabi, né gli ebrei erano soddisfatti della situazione, che non si modificò nei 28 anni successivi del governo britannico della Palestina, e che causò innumerevoli violenze. Gli arabi pensarono che la Palestina dovesse diventare uno Stato arabo indipendente, il che non era ciò che pensavano gli inglesi, i quali annunciarono che nella regione sarebbe stato creato un “focolare ebraico”, ma che esso sarebbe stato compreso nella Palestina e non avrebbe coinciso con l’intero Paese. I primi disordini arabi contro il sionismo scoppiarono nel 1921, poi nel 1929 una disputa sul Muro del pianto scatenò una rivolta araba e un appello per la jihad islamica. Di conseguenza gli ebrei cominciarono ad armarsi e ambedue le parti cominciarono ad affrontarsi con attentati terroristici. Il nazismo e l’antisemitismo crescenti in Europa rinforzarono il sionismo e diedero maggiore impulso all’immigrazione ebraica in Palestina, cosicché gli arabi, temendo per il controllo del paese, reagivano con la violenza. 1948 – Nasce Israele, è subito guerra – Prima guerra Dopo la seconda guerra mondiale, l’aspirazione nata col sionismo degli ebrei di tutto il mondo ad avere una patria in Palestina ricevette un’ulteriore impulso dal riconoscimento della tragedia dell’Olocausto. Così, il 29 novembre 1947, le Nazioni Unite decretarono la fine del protettorato britannico entro il 15 maggio del 1948 e la successiva divisione della Palestina in uno Stato arabo e in uno israeliano, con Gerusalemme “zona internazionale”. Gli ebrei in Palestina accettarono la divisione, mentre gli arabi confinanti reagirono negativamente. Ben-Gurion proclama lo Stato d’Israele Il 14 maggio 1948, il leader sionista David Ben-Gurion proclamò lo Stato di Israele in 1 esecuzione della deliberazione ONU del 1947, ma solo poche ore dopo truppe egiziane, irachene, siriane, transgiordane e libanesi invasero la nuova nazione. Neanche un anno dopo, nel luglio del 1949, gli israeliani avevano respinto l’invasione, espandendo anzi i confini del loro Stato raggiungendo quasi quelli che la Palestina aveva avuto sotto il protettorato britannico. Israele venne ufficialmente riconosciuto da oltre 50 paesi in tutto il mondo, ed entrò a far parte delle Nazioni Unite. 750.000 palestinesi fuggono negli stati limitrofi, 650.000 diventano cittadini israeliani. Nel 1949, Israele a Rodi firmò armistizi con Egitto, Giordania, Siria e Libano, acquisendo un territorio ben più ampio di quello che gli aveva assegnato l’Onu nel 1947. La Giordania ebbe il controllo sulla Cisgiordania e su una parte di Gerusalemme, l’Egitto ebbe Gaza. L’altra parte di Gerusalemme rimase sotto Israele. Massiccia immigrazione israeliani da paesi arabi: operazione Tappeto Volante dallo Yemen e l’operazione Salomone dall’Etiopia. 1952 – Nasser prende il potere in Egitto. 1956 – La crisi di Suez – Seconda guerra Nell’Ottobre del 1956, durante la crisi provocata dall’occupazione egiziana del Canale di Suez, Francia e Gran Bretagna assicurarono a Israele pieno sostegno per l’invasione della penisola del Sinai. Israele occupò Gaza, Sharm el Sheikh, da dove è possibile controllare l’accesso al Golfo di Aqaba, e la maggior parte della regione del Sinai a est del canale. Usa e Urss condannarono l’operazione e le Nazioni Unite dichiararono un cessate il fuoco imponendo un contingente di pace nella regione. Le truppe israeliane si ritirarono nel marzo del 1957. Si sviluppa il panarabismo che culmina con la proclamazione della RAU fra Siria ed Egitto ’58 – ’60. Hussein di Giordania nel 1957 ricorre agli inglesi per reprimere i filonasseriani e i marines intervengono in Libano, 1958. 1959 – Al Fatah e l’OLP Nel 1959 Yasser Arafat e Abu Jihad (Khalil al Wazir) fondarono Al Fatah, un movimento di guerriglia per la liberazione della Palestina da Israele. Negli anni ’60 crebbe rapidamente, fino a diventare la più grande e la più ricca delle organizzazioni palestinesi. Nel 1964 al Cairo nasce l’OLP per raccogliere diversi gruppi palestinesi e che si era stabilito in Giordania. dirottamenti aerei e attentati da parte dei guerriglieri palestinesi fecero temere che l’OLP potesse prendere il controllo della Giordania. 1967 – La guerra dei sei giorni – Terza guerra Nel 1967, di fronte ad una mobilitazione di truppe da parte di Egitto, Siria e Giordania, Israele giocò d’anticipo e il 5 giugno l’aviazione israeliana distrusse la flotta aerea egiziana a terra, mentre colonne di carri armati e reparti di fanteria israeliani conquistarono le alture del Golan alla Siria, la Cisgiordania e la Città Vecchia di Gerusalemme alla Giordania, Gaza e la Penisola del Sinai all’Egitto. Il 10 giugno, la guerra si concluse con un cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite. La risoluzione approvata allora dall’Onu chiedeva il ritiro israeliano. 220.000 profughi fuggono in Libano. Risoluzione ONU 242 impone a Israele di abbandonare i territori occupati. Nel 1969 Arafat divenne il presidente dell’OLP rendendosi conto che l’unica soluzione era la guerriglia. Dirottamenti aerei e attentati da parte dei guerriglieri palestinesi fecero temere che 2 l’OLP potesse prendere il controllo della Giordania. L’esercito giordano cacciò allora l’OLP fuori dal Paese nel 1971 con un’azione violenta e sanguinosa. L’OLP si trasferì in Libano insieme a molti palestinesi. Nel settembre 1972 un gruppo palestinese noto come “Settembre nero” uccise 11 atleti israeliani che partecipavano alle Olimpiadi di Monaco. 1973-1979 – La guerra dello Yom Kippur e gli accordi di Camp David – Quarta guerra Nell’ottobre del 1973, nel corso di Yom Kippur, una delle maggiori festività ebraiche, l’Egitto e la Siria attaccarono Israele, che, pur con perdite considerevoli, riuscì, non solo a respingere gli attacchi, ma persino ad avanzare fino al Canale di Suez occupando una parte di territorio egiziano a ovest del canale. Nel 1974 Israele concluse una serie di trattati, a seguito dei quali ritirò le sue truppe mantenendo solo il controllo del Sinai e firmò un cessate il fuoco anche con la Siria. Il 13 novembre del 1974 Arafat parla all’ONU e riconosce lo stato di Israele. Il marzo del 1979 è la data degli accordi di Camp David tra Menachem Begin e il presidente egiziano Anwar Sadat. I governi di Egitto ed Israele misero fine allo Stato di guerra fra i due paesi. Israele restituì il Sinai all’Egitto e questo riconobbe ufficialmente l’esistenza dello stato di Israele. Nel 1982 l’esercito israeliano invase il Libano e circondò Beirut, fermandosi per iniziare negoziati con l’OLP. Dopo dieci settimane di intensi bombardamenti, l’OLP accettò di lasciare Beirut sotto la protezione di una forza multinazionale e di risistemarsi Tunisia. Israele si ritirò dalla maggior parte del Libano nel 1985, ma continuò a mantenere il controllo di una zona cuscinetto di 40 km lungo il confine. 1987 – La prima intifada Nel 1987 i palestinesi a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme si rivoltarono contro gli israeliani in un movimento che divenne noto come “intifada”, la “rivolta”. Le manifestazioni continuarono per anni e Arafat arrivò a proclamare l’OLP come il governo in esilio di uno “Stato di Palestina”. 1988 – La Giordania rinuncia ai territori perduti nel ’67 e l’OLP accetta la 242. 1993 – La dichiarazione di Oslo – Gaza e Gerico subito Nel 1993 Israele e l’OLP negoziarono in segreto a Oslo una “Dichiarazione dei principi”. Il documento fu firmato a Washington il 13 settembre del 1993 dal leader dell’OLP Yasser Arafat e dal primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin. Israele accettò il ritiro delle truppe da Gaza e dalla Cisgiordania, con l’eccezione della città di Hebron, e l’autogoverno palestinese di questi territori. Nelle “Lettere di reciproco riconoscimento” allegate alla “Dichiarazione”, Israele riconosceva l’OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese e l’OLP riconosceva a Israele il diritto di esistere. 1995 – L’assassinio di Rabin Il 5 maggio del 1994, al Cairo, venne firmato un primo accordo per l’autonomia di Gaza e Gerico. Nonostante gli attentati aggravassero la tensione già alta, pochi giorni dopo l’esercito israeliano lasciò Gerico e la striscia di Gaza. Il 26 ottobre venne firmato il trattato di pace tra lo Stato d’Israele e il Regno Hashemita di Giordania. Arafat entrò a Gaza, fece prestare giuramento ai membri dell’Autorità palestinese e assunse il controllo della politica nei campi dell’Istruzione, della Cultura, della Sicurezza sociale, del Turismo, della Salute e del Fisco. Nel 1995 Rabin e Peres firmarono un accordo per allargare le aree 3 dell’autonomia palestinese, affidando all’Autorità palestinese il controllo di sei importanti città della Cisgiordania, ma non passò molto tempo e il primo ministro israeliano Rabin venne assassinato da uno studente israeliano con collegamenti a gruppi estremisti di destra. 1996 – Arafat presidente Nel 1996, nelle prime elezioni della storia dei palestinesi, Yasser Arafat veniva eletto presidente a stragrande maggioranza, mentre in Israele il leader del partito di destra Likud, Benjamin Netanyahu sconfiggeva di misura Shimon Peres, succeduto a Rabin, e riprendeva la costruzione di insediamenti israeliani nei territori occupati e a Est di Gerusalemme, causando nuovi scontri tra palestinesi e coloni israeliani. Nel 1997 la città di Hebron veniva restituita ai palestinesi, ma attentatori suicidi palestinesi si fecevano esplodere in un mercato all’aperto di Gerusalemme, uccidendo 15 persone e ferendone 170. La responsabilità fu rivendicata dal gruppo estremista islamico Hamas e il governo israeliano dichiarò che le trattative di pace sarebbero continuate solo quando fosse terminato il terrorismo, condizione a tutt’oggi pregiudiziale. 1998 – “Terra contro Pace” Solo nel 1998 Netanyahu e Arafat riuscivano a sottoscrivere un accordo a Wye Mills, in Maryland, con la mediazione del presidente americano Bill Clinton. L’accordo prevedeva lo scambio “terra contro pace”: repressione dei gruppi terroristici, ritiro parziale dell’esercito israeliano, trasferimento del 14,2% della Cisgiordania sotto il controllo palestinse, corridoi di libero passaggio tra Gaza e Cisgiordania e costruzione di un aeroporto palestinese a Gaza. 2000 – Il fallimento della nuova Camp David fra Barak e Arafat Nel settembre del 1999, dopo la vittoria elettorale del laburista Ehud Barak su Netanyahu, Barak e Arafat firmarono una accordo per attuare gli accordi di Wye Mills. Di fronte a un nuovo blocco dei negoziati per un trattato definitivo di pace, Bill Clinton invitò nel luglio 2000 Barak e Arafat a un vertice a tre a Camp David, in Maryland, ma senza ottenere risultati. Al centro delle estenuanti trattative le questioni controverse di Gerusalemme e del rientro dei profughi. Tra il 21 e il 26 gennaio 2001, falliscono anche i colloqui di Taba: nessun vertice a tre Bush, Barak, Arafat, ma incontri tra due delegazioni di altissimo livello che ripartono dalle trattative di Camp David, senza tuttavia giungere ad un accordo. Sharon alla Spianata delle Moschee e la Seconda “Intifada” Il 24 maggio del 2000, Israele ha annunciato la fine dell’occupazione militare della regione meridionale del Libano, durata 22 anni. Le truppe israeliane avevano cominciato a ritirarsi dalla zona di sicurezza di 15 chilometri il 22 maggio. Il 28 settembre del 2000, la visita del leader dell’opposizione israeliana di destra Ariel Sharon alla Spianata delle Moschee provoca la violenta reazione dei palestinesi a Gaza e nella Cisgiordania, i quali cominciano ad attaccare le forze militari israeliane con pietre e armi da fuoco. Il linciaggio di due soldati israeliani a Ramallah provoca la reazione militare di Israele. Sharon, che meglio sa interpretare la richiesta di sicurezza della società israeliana, forte anche delle debolezze e divisioni interne al partito laburista, stravince le elezioni promettendo minori aperture di Barak nel negoziato con l’Anp, ritenuta responsabile 4 dell’Intifada e delle omissioni nei confronti delle organizzazioni terroristiche palestinesi. È l’inizio della nuova Intifada, che, in un crescendo di violenze, provocherà la morte di moltissimi civili israeliani, a causa dell’utilizzo massiccio di kamikaze palestinesi in attentati firmati da tutte le maggiori organizzazioni terroristiche, e del ministro israeliano del turismo Zeevi. Israele reagisce bombardando le strutture dell’Anp in alcune città palestinesi, con tank e bulldozer nei campi profughi, e tenta, con esecuzioni mirate, di indebolire le organizzazioni del terrore. Gruppo Solidarietà del liceo statale “Marie Curie” di Meda [email protected] www.grupposolidale.altervista.org 5