Saggistica Aracne Ernesto Marzano Israele, il killer che piange Prefazione di Mario Canino Copyright © MMXV Aracne editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre Questo libro è dedicato ad Anna Frank e ad Abdul Mustafà, coetanei e vittime dell’oltranzismo fanatico. La scrittura di questo saggio mi ha provocato molta sofferenza a causa dell’opposizione della mia famiglia e degli amici, certi del possibile fraintendimento politico, etnico e religioso. Indice Prefazione di Mario Canino Premessa . Estate–Autunno . Bengasi . Antigua . Prendere, non dare . Bignamino . Genesi , , . Il levitico e l’eroe . Cozbi Nefer . Il racconto di Eleazaro, Giacobbe, Giosuè, Saul Samuele, Gideone . I Samuele ,, II Samuele , . Una illuminante partita di baseball . Il ghetto Indice . Rivoluzioni assorbite . Bernard Lazare e l’Antisemitismo . Davide, Golia e il questore Musco in un mondo strano, stranissimo . I refusenik . Nimer Hamad . Una storia antica di oggi . I media, Israele, la Palestina . Epilogo temporaneo. . . Conclusione Marguerite Yourcenar fa dire all’Imperatore: Roma non è più Roma, dovrà riconoscersi nella metà del mondo o perire. Cita anche Flaubert: Gli dèi non c’erano più, e Cristo non c’era ancora. C’è stato, da Cicerone a Marco Aurelio, c’è stato un momento in cui è esistito l’uomo solo. Un momento in cui gli uomini non hanno avuto paura, senza pontefici, ayatollah, talmudisti al lavoro per incutere in loro il terrore di Dio, per poterli governare. Prefazione di M C Potranno mai, palestinesi e israeliani, vivere in pace sulla stessa terra? Cosa fomenta l’odio viscerale degli uni contro gli altri? Cerchiamo di fare il punto sulla questione, con calma e serenità. Quest’ampio saggio di Ernesto Marzano, economista con una lunga esperienza di dirigente delle Partecipazioni Statali e di aziende private, fa il punto sulle principali questioni, storiche, politiche e ideologiche, alla base della guerra che nell’area mediorientale è in atto, in modo intermittente (e, proprio per questo, più logorante) dal . E che, in più di sessant’anni, s’è concretizzata in ben sette fiammate belliche vere e proprie. –’, guerra del neonato “Stato d’Israele” contro i vicini arabi; , ultima, patetica avventura coloniale “vittoriana” di Inghilterra e Francia,concordata con Israele, contro il “nuovo Mussolini”, Nasser, per la questione di Suez; , Guerra dei Sei giorni; , parziale rivincita araba con la Guerra del Kippur (in seguito a cui Israele anni dopo, nel , si convince a restituire il Sinai all’Egitto, col quale concluderà poi il primo trattato di pace della sua storia). Poi e , guerra contro le basi dell’OLP in Libano: un Libano devastato da anni di guerra civile tra cristiano–maroniti e falangisti, dove l’OLP aveva creato basi per il lancio di missili a corto raggio nelle città israeliane di confine; e , guerra contro le basi degli hezbollah, filoiraniani, sempre in Libano. Infine –, novembre e luglio–agosto , operazioni militari israeliane contro Hamas (pur democraticamente eletto dalla popolazione pale. Professore di Storia e Filosofia nei licei; già assistente all’Università di Roma “La Sapienza” e organizzatore di un seminario sulla scienza nel Ducato di Urbino all’Università “La Sorbonne” di Parigi. Prefazione stinese di Gaza, ma impadronitosi poi, con la forza, del potere locale), appunto nella Striscia di Gaza. Guerre subdole, dagli imprevedibili sviluppi; giunte, a volte, a far quasi da possibile detonatore di nuovi conflitti mondiali. E in due grandi rivolte di massa palestinesi: l’“Intifada” del , per il ventennale della Guerra dei Sei giorni, e quella del , seguìta al fallimento delle nuove trattative di pace israelo–palestinesi a Camp David, e, per certi aspetti, mai veramente terminata. Se non scoppierà, prima o poi, una terza Intifada, della quale si vedono già preoccupanti avvisaglie. Non solo in Cisgiordania, dove il lancio delle pietre contro camionette, autoblindo, carri armati, militari israeliani in tenuta di combattimento, da parte, spesso,anche di semplici bambini armati di fionda (li ho visti coi miei occhi nel villaggio palestinese di Bilin, in Cisgiordania, a gennaio scorso) è scena quasi quotidiana. Ma nella stessa Gerusalemme Est, con gli scontri che — diversamente da un tempo — quasi ogni sera s’accendono tra palestinesi e coloni israeliani: i quali provocatoriamente ostentano, sui balconi delle case acquisite nella stessa città araba (spesso in modo del tutto arbitrario), bandiere israeliane e menorah: acquisizione e ostentazione fatte per primo, a suo tempo, dall’allora premier Sharon, recentemente scomparso). Marzano, dicevamo, affronta questioni come il Sionismo (nel contesto generale dei movimenti di Risorgimento nazionale dell’–’) e la seconda guerra mondiale, col genocidio degli ebrei, la nascita dello Stato d’Israele e la cacciata in massa dei residenti palestinesi. La guerra del ’, che nei Paesi arabi sconfitti, l’Egitto in particolare, innescò tra gli arabi un trauma psicologico di massa, con effetti involutivi in campo politico– sociale, religioso e psicologico, paragonabile veramente a quelli già subìti da Francia e Germania nelle rispettive, cocenti sconfitte del e del . Con stile simpaticamente provocatorio e scanzonato, contestando parecchi luoghi comuni e verità più o meno “consacrate” e ufficiali, Marzano scandaglia sin dalle origini la storia e la cultura ebraica, partendo dalle pagine della Bibbia. Ed evidenzia — sulle orme anche d’un ebreo forte- Prefazione mente critico dell’Ebraismo stesso, il francese Bernard Lazare — quegli aspetti di serrata nazionalistica e religioso–culturale, introversione e chiusura “a riccio”, negli stretti confini della propria identità e integrità etnico–religiosa, che, dal Medioevo in poi, spesso hanno offuscato i lati positivi dello spirito ebraico (come il cosmopolitismo, il forte senso pratico–economico, la spinta all’anticonformismo e all’innovazione: tipici di quegli ebrei che più han contribuito al progresso civile e spirituale dell’umanità, da Spinoza a Freud, da Marx stesso a Kafka, da Moses Mendelssohn ad Albert Einstein). Finendo con l’alimentare, invece, il veleno dell’Antisemitismo: per il quale, comunque, non va dimenticato il peso determinante dell’ostracismo cattolico, acutizzato anche dall’irrisolto problema del controllo e dei diritti sui luoghi sacri della Terrasanta, posto dal Vaticano sin dall’, e ripreso all’inizio del ’ (a tale esigenza, in verità, le grandi potenze, soprattutto Francia e Inghilterra, hanno risposto con una sorta di gioco delle parti,sottovalutando regolarmente l’importanza storica, politica, religiosa e, direi, anche ideologica, della questione). Ostracismo cattolico, dicevamo, fondato soprattutto sull’incredibile accusa agli ebrei — condannata dall’Autore — di “deicidio” nei confronti del Cristo, revocata poi solo dal Concilio Vaticano II. Accusa che, nei secoli, in gran parte del mondo ha fatto da malefico “humus” a tutte le altre sollevate periodicamente nei confronti degli ebrei: aprendo fasi di contrasto, di conflitto tra Cattolicesimo ed Ebraismo, pur rimaste sempre ai margini del grande, sanguinoso conflitto fra cattolici e protestanti, sfociato in quelle devastanti guerre di religione che han segnato almeno tre secoli della storia dell’Europa postfeudale. Tornando, invece,alla politica delle Grandi potenze,è un fatto che l’Inghilterra ha sempre manifestato estrema attenzione al futuro ruolo degli ebrei in Palestina, e alle posizioni di stampo sionista (attenzione culminata nella storica “Dichiarazione Balfour” del ottobre , sul riconoscimento delle aspirazioni ebraiche ad un’“homeland” nazionale in Palestina: riconoscimento imperialisticamente contrastante con altre analoghe Dichiarazioni rilasciate, invece, agli arabi). E as- Prefazione sai poca attenzione alle richieste della Chiesa cattolica, e non solo. Le critiche di Marzano all’Ebraismo — nate anche da precise esperienze personali — sono a volte così forti da rasentare l’Antisemitismo: tuttavia egli chiarisce sin dall’inizio che il suo è semplicemente un desiderio di tendere la mano, parlare e ragionare con i fratelli ebrei, perché possano rendersi conto degli errori che, come tutti i mortali, anche essi possono commettere. Mario Canino Premessa Con le mani in alto Ognuno di noi ha un paio di amici che ti afferrano per il braccio quando stai per passare col rosso. Ho chiesto il loro parere quando ho cominciato a lavorare a questo progetto di libro. Le risposte, più o meno, sono state queste: «Sei matto, chi te lo fa fare!» «Sarai etichettato come antisemita, se va bene, come nazista molto probabilmente». «Non troverai nemmeno un editore che ti pubblicherà». Sul primo punto capisco, ma non posso farci niente. L’ho messo via cento volte e cento volte l’ho ritirato fuori. Non posso guardare dall’altra parte e fingere di non vedere quello che succede in Palestina. Quanto alla seconda accusa non sono d’accordo. L’idea di questo scritto è partita da un progetto di Patrizia, un’amica di mia figlia, sull’Olocausto. Frequentava la University of California, si appassionò al tema, fece un viaggio in Europa sull’itinerario del dolore ebreo. Patrizia tornò sconvolta dalla visita ad Auschwitz e al cimitero ebraico di Praga. L’orrore di quella vergogna, imbarazzante per il genere umano, fu la nostra conversazione ricorrente per i mesi a seguire. Arrivammo alla constatazione che nessun rancore tribale, tra gruppi, famiglie, comunità, è durato nel tempo come l’Antisemitismo, contagiando quasi tutti — o forse proprio tutti. Seppur con qualche pausa, la diffidenza, il rancore e l’ostilità verso l’ebreo rimangono costanti da migliaia di anni e, più o meno, dappertutto. Ovunque, spesso dopo periodi di tolleranza, accettazione, quasi Premessa convivenza, esplodeva il risentimento, il rancore, infine l’odio. Per naturale ragionamento deduttivo, ci siamo domandati se una causa, o almeno una concausa dell’Antisemitismo, non vada cercata nel Semitismo. Evidentemente sono arrivato a una risposta affermativa, trovandomi in sintonia con Bernard Lazare, grande storico ebreo francese. Questo libro è indirizzato, in particolar modo, agli ebrei come comunità e ad Israele come nazione. La commozione per la rivincita sull’olocausto. Non avevamo alcuna informazione sull’altra parte. La manipolazione era totale: da una parte c’è Israele, dall’altra il nazismo. Ci commuoveva la nostra bontà, generosità, il batterci contro il male, la barbarie. Nessuno ci disse che dall’altra parte c’erano anche e soprattutto i contadini palestinesi che non avevano idea di cosa stesse succedendo. Io feci i salti mortali, in un momento difficile del mercato siderurgico, per trovare le travi d’acciaio necessarie per la nuova Università di Haifa. Mi ammiravo per il mio contributo al giovane, bello e atletico popolo di Israele. Non mi sfiorava neanche l’idea che magari l’università sarebbe stata costruita su un cimitero islamico, o su una moschea bulldozzerata, o su un campo di ulivi, da secoli appartenenti alla famiglia Sahid. Non siamo antisemiti. Vogliamo solo tirare la giacca ai nostri molti amici ebrei, e dire loro: «Ma vi rendete conto?» Per l’ultimo punto, certo le possibilità sono minime. Il mondo editoriale considera l’argomento di questo libro politically incorrect. Vediamo cosa succede. Ieri all’alba Roy è stato assassinato. La quiete del mattino di primavera lo ha accecato, non ha visto coloro che miravano alla sua vita. Non biasimiamo oggi coloro che lo hanno ammazzato. Cosa possiamo dire contro l’odio terribile che provano per noi? Da otto anni ormai stanno seduti nei campi profughi di Gaza, a guardare come abbiamo trasformato i loro villaggi, la terra dove hanno vissuto i loro padri, Premessa nella nostra casa. Non è tra gli arabi di Gaza ma tra noi stessi che dobbiamo cercare il sangue di Roy. Come abbiamo potuto chiudere gli occhi e rifiutare di vedere in modo onesto, in tutta la sua brutalità, il destino della nostra generazione? Oltre il confine c’è un mare di odio e di vendetta che attende il giorno in cui la quiete smusserà la nostra vigilanza, il giorno in cui ascolteremo gli ipocriti che ci chiedono di abbassare le armi. Senza gli elmetti d’acciaio e la bocca del fucile non potremo piantare un albero né costruire una casa. Questa è la nostra scelta — di essere pronti e armati, duri e tenaci — altrimenti la spada ci cadrà dalle mani e le nostre vite saranno troncate. Moshe Dayan In questo momento non dico nulla della guerra in cui sei rimasto ucciso. Noi, la nostra famiglia l’abbiamo già persa. Israele ora si farà un esame di coscienza, noi ci chiuderemo nel nostro dolore, attorniati dai nostri buoni amici, circondati dall’amore immenso di tanta gente, che per la maggior parte non conosciamo. Vorrei che sapessimo dare gli uni agli altri questo amore e questa solidarietà anche in altre situazioni. È forse questa la nostra risorsa nazionale più particolare. Vorrei che potessimo essere più sensibili gli uni nei confronti degli altri. Che potessimo salvare noi stessi ora, proprio all’ultimo momento, perché ci attendono tempi durissimi. David Grossman Alcuni dati Anno : nella Palestina, retta dal mandato britannico seguìto allo smembramento dell’Impero ottomano, vivono . arabi e . ebrei, iniziati ad immigrare là dagli ultimi decenni dell’. Nel , gli arabi saliranno a . e gli ebrei a .; nel , l’anno della votazione dell’ONU favorevole . Capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano, durante l’orazione funebre del aprile per Roy Rotenberg, guardia del villaggio di Nahal Oz, confine della Striscia di Gaza, ucciso dai palestinesi. . Scrittore israeliano, durante l’orazione funebre del agosto per il figlio Uri, carrista dell’esercito israeliano, caduto il giorno prima nella seconda Guerra del Libano poco prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco. Premessa alla nascita dello Stato d’Israele, gli arabi viventi in Palestina risulteranno .., e gli ebrei, immigrati in massa dopo la fine della Seconda guerra mondiale, .. Oggi, , i palestinesi viventi in Cisgiordania risultano , milioni circa, e gli israeliani . circa; mentre a Gerusalemme Est vivono circa . israeliani, e nella Striscia di Gaza i palestinesi sono , milioni circa . . Fonte: “Il Corriere della Sera”, La guerra infinita, agosto . . Estate–Autunno Medio Oriente, Israele, Gerusalemme Palestina, Gaza, Hebron La tragedia sofferta dai palestinesi nell’estate , la pioggia dei missili israeliani dell’operazione “Margine di protezione” a Gaza provoca, in autunno, un’onda di risulta che fa ben sperare per un’evoluzione della loro causa, e anche della loro immagine presso l’opinione pubblica mondiale. In Gran Bretagna la Camera dei Comuni, riunita a Westminster, proclama il ottobre, a stragrande maggioranza ( voti contro ), il diritto oggettivo e innegabile all’esistenza di uno Stato palestinese indipendente, che non sia un’enclave o un campo profughi. Sulla Camera Bassa del Parlamento britannico, commenta autorevolmente, su “Il Messaggero” del ottobre l’esperto di storia delle relazioni internazionali Ennio Di Nolfo, sembra veramente aleggiare, quel giorno, lo spirito del colonnello Lawrence: quel Lawrence d’Arabia che nella Prima guerra mondiale era riuscito a sollevare il sentimento nazionale arabo contro l’Impero ottomano, promettendo l’appoggio britannico a un futuro Stato unitario arabo del Medio Oriente. E che, dopo la guerra, avrebbe rifiutato incarichi di rilievo od onorificenze, disgustato dal cinismo del suo Governo il quale, tramite il ministro degli Esteri Lord Balfour, il novembre aveva dichiarato — in ambigua, quanto sostanziale, antitesi alle promesse fatte agli arabi — l’appoggio britannico a una futura “homeland” ebraica, in una Palestina liberata dai turchi. Salvo, infine, rimangiarsi sostanzialmente tutto e scontentare sia arabi che ebrei con l’attuazione, nel primo dopoguerra, degli accordi segreti Sykes–Picot del maggio : nei quali, Inghilterra e Francia Israele, il killer che piange si erano in pratica spartiti a tavolino il Medio Oriente, col sistema dei “mandati d’amministrazione” britannico e francese. Questo londinese del ottobre , ad ogni modo, è stato un evento storico: a maggior ragione se pensiamo che, sino ad allora, dai maggiori Paesi occidentali dell’Unione Europea non era ancora venuto alcun riconoscimento ufficiale di un costituendo Stato palestinese. La celebre Dichiarazione di Venezia della CEE del , trentaquattro anni prima, era stata poco più d’una semplice dichiarazione di principio: cui i membri della Comunità s’erano decisi, per la verità, anche in seguito all’attivismo del cancelliere austriaco, il socialdemocratico d’origini ebraiche Bruno Kreisky, riuscito, in quegli anni, a far accettare all’opinione europea la causa palestinese e la figura di un Arafat considerato, sino allora, poco più d’un terrorista internazionale. L’annuncio alla Camera dei Comuni viene dato dal leader laburista Ed Milliband, successore di Tony Blair e possibile futuro premier: Milliband — come, del resto, il suo antagonista David Cameron — è anch’egli di origini ebraiche, e il “New York Times” di alcuni giorni dopo ( ottobre), commentando l’avvenimento, si sofferma, con un’intera pagina, sul rischio politico corso dal leader del New Labour, subito etichettato dalla comunità ebraica come traditore e sostenitore di Hamas (i giornali italiani all’argomento dedicano le solite colonne frettolose). Dodici giorni dopo, il ottobre, il neopresidente israeliano Reuven Rivlin (succeduto nel giugno precedente al novantenne Shimon Peres), membro del Likud, ma apprezzato anche dai laburisti per l’equanimità dimostrata in passato alla presidenza della Knesset, e per la sua idea di un Israele rispettoso dei diritti di tutti i suoi gruppi etnici, si rivolge, in un discorso pubblico, agli abitanti del villaggio arabo di Kfar Qassem: teatro, il ottobre (primo giorno della campagna israeliana del Sinai), di una strage perpetrata da Tsahal, esattamente dalla polizia di frontiera israeliana. Erano stati i morti civili di questo villaggio, fra cui donne e bambini, colpevoli di aver ignorato un ordine di coprifuoco che, in realtà, non era mai pervenuto loro. «Un crimine grave è