ANTEFATTO La ribellione giudaica di Palestina, già provincia imperiale fin dai tempi di Augusto, fu la sola grande ribellione etnica nella storia dell’impero romano. I romani governavano la regione attraverso reucci loro vassalli (il più importante fu Erode tetrarca di Giudea), ma mantenevano una guarnigione militare e un procuratore che di fatto deteneva l’autorità. I forti sentimenti di indipendenza nazionale fecero esplodere ribellioni violentissime in particolare sotto Nerone, e l’episodio culminante della guerra fu la distruzione di Gerusalemme, espugnata dopo mesi di durissimo assedio nel 70 d.C. ad opera di Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano. In quella occasione venne distrutto dalle fiamme il Tempio di Jahvè, le cui fondamenta formano oggi il cosiddetto “muro del pianto”, simbolo della diaspora (dispersione) del popolo ebraico. La regione subì danni gravissimi: perse la vita più di un milione di persone, e moltissime furono ridotte in condizioni di schiavi. In seguito, sotto l’impero prima di Traiano, poi di Adriano ci furono altre rivolte delle popolazioni ebraiche che furono domate duramente, tanto da costruire sulle rovine di Gerusalemme una colonia latina (Aelia Capitolina), popolata di veterani ai quali era affidato il controllo della regione. GLI EBREI E IL RITORNO IN PALESTINA: IL SIONISMO Sion= antico nome di Gerusalemme Sionismo = movimento che si prefiggeva di riportare i figli d’Israele nella terra che Dio aveva promesso a Mosè, la Palestina. Fu organizzato come movimento politico da T. Herzl, che nel 1896 scrisse “Lo stato degli Ebrei”, in cui esprimeva l’idea che la soluzione al problema ebraico (l’antisemitismo montava allora in Europa) stesse nella costituzione di uno stato ebraico. 1897: I Congresso mondiale sionista a Basilea che incoraggiava la colonizzazione della Palestina, allora parte dell’Impero Ottomano e abitata da arabi. Essa continuò nel primo decennio del 1900; 1909 prima città interamente ebraica, Tel Aviv, 1910 primo kibbutz (Degania), modello di villaggio caratterizzato dalla proprietà collettiva della terra. Nel 1917 in piena guerra mondiale l’Inghilterra occupò la Palestina sottraendola ai Turchi, e il ministro degli esteri Balfour dichiarò che “il governo di Sua maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale (a national home) per il popolo ebraico”. Intendeva uno stato sovrano? In realtà alla fine della guerra negoziò con la Francia la spartizione del Medio Oriente: la Società delle Nazioni affidò come mandati la Siria e il Libano alla Francia, e Irak e Palestina all’Inghilterra. Nel 1922 la Palestina diventò mandato britannico. Nel corso degli anni 20 e 30 cresceva la presenza dei coloni ebrei, ma si diffuse una sorta di guerra incrociata: arabi e israeliti contro la dominazione britannica, arabi e israeliti tra di loro. Per limitare il problema gli inglesi cercarono di porre un argine all’immigrazione ebraica. Ma ormai la minaccia hitleriana incombeva con l’organizzazione sistematica dello sterminio degli ebrei (soluzione finale). L’opinione pubblica europea e americana divenne così favorevole alla costruzione di uno stato ebraico che fosse anche rifugio per i sopravvissuti allo sterminio. LA NASCITA DELLO STATO DI ISRAELE E LA QUESTIONE PALESTINESE Al termine della II guerra mondiale nel 1945 gli ebrei in Palestina erano circa mezzo milione, a fronte di un milione di arabi. La costruzione di uno stato appariva problematica. La Lega Araba (Libano, Siria, Irak, Egitto, Arabia Saudita, Transgiordania, Yemen) preferiva la nascita di uno stato arabo in cui ci fosse posto anche per gli ebrei, minacciando la guerra in caso di affermazione del progetto sionista. In quel periodo il leader dell’Agenzia ebraica David Ben Gurion chiamava i sionisti ad una lotta contro l’occupazione britannica avvalendosi di una organizzazione paramilitare, l’Haganah, e non rifiutando il concorso di gruppi terroristici. Alla fine Londra affidò la questione all’ONU. Il 22 novembre 1947 l’Assemblea generale delle nazioni Unite con la risoluzione 181 divise la Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme come zona internazionale. La comunità ebraica accettò la spartizione, mentre la Lega Araba la respinse con forza. Gli inglesi si apprestarono a sgomberare e Ben Gurion proclamò la nascita dello Stato di Israele nel 14 maggio 1948, subito riconosciuto da USA e URSS. Il giorno dopo gli stati arabi confinanti attaccarono Israele Prima guerra arabo israeliana dal maggio 48 al gennaio 49. Gli stati arabi vennero sconfitti. Israele incrementò il proprio territorio, i cui confini vennero a coincidere con la linea del cessate il fuoco, 40 % in più di quelli assegnati dall’ONU. Emerse così nella sua gravità la questione palestinese: gli arabi infatti fuggirono in massa dai territori conquistati dagli israeliani e si rifugiarono nei paesi vicini, ospitati in campi profughi allestiti dalle Nazioni Unite. Nel frattempo entrarono 687 mila ebrei. Gerusalemme rimase divisa tra Giordania e Israele, mentre il territorio che l’ONU aveva dato ai palestinesi fu spartito tra Giordania (Cisgiordania), Egitto (Gaza) e Israele. LE ALTRE GUERRE ARABO ISRAELIANE CONTRO L’EGITTO Tra il 56 e il 58 aumentano le incursioni terroristiche sui confini del paese, specie dall’Egitto, dove nel 52 c’era stato un colpo di stato militare che aveva portato al potere il colonnello Nasser. Una delle sue prime iniziative fu la nazionalizzazione del Canale di Suez, fino a quel momento sotto controllo britannico, ed in risposta a tale atto GB e Francia misero in atto una azione militare congiunta e coordinata con Israele, che fece avanzare le sue truppe fino alla penisola del Sinai (1956). USA e URSS si contrapposero e imposero con l’ONU il cessate il fuoco. Il canale di Suez rimase in mano egiziana, nell’area fu più attiva la presenza sovietica e americana. La tensione tra Egitto e Israele rimase alta e Israele e si avvicinò agli USA, mentre l’Egitto all’URSS Nel 1964 Papa Paolo VI fece visita ad Israele, dove Yitzach Rabin è scelto come capo delle forze armate. Nel maggio del 1964 nacque l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) con lo scopo di addestrare i palestinesi a combattere contro Israele e per la nascita di uno stato palestinese, mentre si diffondeva il terrorismo finanziato dai paesi arabi. Nel 1967 bellicose dichiarazioni e atti aggressivi di Nasser indussero Israele a lanciare un guerra preventiva contro l’Egitto e i paesi circostanti: nella “guerra dei Sei Giorni” gli israeliani sconfissero uno dopo l’altro gli eserciti arabi e conquistarono infine Giudea, Samaria, Gaza, la penisola del Sinai, e le alture del Golan dopo duri combattimenti contro le forze siriane. Gerusalemme venne ufficialmente riunificata sotto il controllo israeliano. Una nuova ondata di profughi palestinesi si rovesciò negli stati circostanti. 1968-71 L’OLP diffuse un documento in cui negava l’esistenza di Israele, mentre si intensificavano attacchi terroristici di varia natura . La popolazione di Israele raggiunge i 3 milioni. In Egitto dopo Nasser era salito al potere Sadat, che nel 1973 lanciò un attacco a sorpresa contro gli israeliani attestati sul canale di Suez, durante la festività ebraica del kippur. Esso venne respinto con duri combattimenti e gravi perdite umane. Si fece un armistizio e l’ONU chiese una sistemazione del conflitto mediante trattative dirette con Israele e l’intermediazione degli Stati Uniti. Tra il 1974-75 iniziò una fase di distensione che si concluse con un trattato di pace, l’accordo di Camp David (Carter, Sadat, Begin) che prevedeva la restituzione del Sinai e del canale di Suez all’Egitto. Per la prima volta uno stato arabo riconobbe Israele, ma rimase senza soluzione la questione dei profughi palestinesi ed aperte tutte le ragioni di tensione con gli altri stati arabi. I CONFLITTI DEGLI ANNI 80 Nel 1975 era iniziata una guerra civile in Libano: la presenza dei profughi palestinesi fuggiti dai territori occupali da Israele e raccolti in formazioni politiche e militari organizzate dall’OLP aveva turbato i delicati rapporti tra le diverse comunità etniche e religiose su cui si reggeva il Libano (cristiani di diverse tradizioni, musulmani divisi tra loro). Nel 1982 Israele proclamò la necessità di difendersi dalle incursioni dei palestinesi e invase la metà meridionale del Libano per eliminare le basi dell’OLP. Violente reazioni sul piano internazionale, anche migliaia di ebrei manifestarono contro la guerra in Libano. Le truppe ripiegarono fino al ritiro nel 1985. Nel frattempo attentati, massacri, rapimenti; si aggravava la situazione dei campi profughi palestinesi, attaccati anche da milizie cristiane, appoggiate dagli israeliti, e da milizie islamiche. Fallisce anche una forza multinazionale di controllo mandata a Beirut. Alla fine del 1983 il capo dell’OLP, Yasser Arafat, è costretto a lasciare il Libano con 5000 palestinesi., che si dispersero nei paesi arabi disposti ad accoglierli. Arafat riorganizzò dalla Tunisia il suo movimento, peraltro diviso in molte correnti; riunì il Consiglio nazionale palestinese ad Algeri nel settembre 1988 e lo indusse a proclamare la nascita puramente teorica di uno stato di Palestina, e nello stesso tempo a riconoscere almeno indirettamente il diritto all’esistenza di Israele nei confini stabiliti dall’ONU. Dalla fine del 1987 era però scoppiata l’Intifada, cioè una rivolta violenta delle popolazioni palestinesi nei territori occupati da Israele ( Cisgiordania, Gaza). Iniziava intanto l’immigrazione di massa degli ebrei dall’Unione Sovietica. GLI ANNI NOVANTA Durante la guerra del Golfo (1990) Israele venne bombardata dall’Irak con missili Scud. Nel 1992 vinse le elezioni il leader laburista Rabin favorevole alle trattative per risolvere la questione palestinese; col ministro degli esteri Simon Peres decise di rivolgersi direttamente al leader dell’OLP Arafat, riconoscendo i palestinesi come entità politica autonoma. Così il 13 settembre 1993 vennero firmati da Arafat e Rabin gli accordi di Washington, alla presenza del presidente americano Clinton, che prevedevano il riconoscimento dell’autonomia dei territori palestinesi sotto una autorità nazionale presieduta da Arafat e dotata di proprie forze di polizia, in previsione di un ritiro progressivo delle truppe di occupazione israeliane e di un futuro stato palestinese. Tali accordi suscitarono violente reazioni tra gli estremisti di una parte e dell’altra, così attentati terroristici e ritorsioni militari si moltiplicarono. Nel 1994 Arafat, Rabin e Peres ricevevano il Nobel per la pace, ma nel 1995 Rabin venne assassinato da un integralista israeliano. Nelle elezioni del 1996 ebbero la meglio i conservatori con Netanyahu. 1998 nuovo accordo tra Arafat e Natanyahu che fissava i tempi del ritiro degli israeliani e l’impegno dell’autorità palestinese a reprimere il terrorismo. Nelle elezioni del 1999 vinse in Israele il leader laburista Barak, favorevole alla pace. L’OGGI Nel luglio del 2000 il presidente americano Clinton tentò di compiere l’ultimo passo convocando a Camp David le due parti in causa, ma malgrado gli sforzi non si arrivò ad un accordo finale a causa di 2 questioni: il futuro assetto di Gerusalemme e la condizione poste da Arafat del rientro in Israele di centinaia di migliaia di profughi palestinesi fuggiti nei decenni precedenti. Nel frattempo Giovanni Paolo II si era recato in Israele, atterrato a Tel Aviv venne ricevuto dalle alte cariche dello stato; visitò il mausoleo dell’olocausto e chiese perdono presso il Muro del Pianto per tutti gli atti di antisemitismo compiuti dai cristiani nei secoli. La mancata firma dell’accordo, accompagnata da atti provocatori del leader della destra Sharon (28 settembre, sfilò a piedi con un esercito di guardie armate presso la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, uno dei luoghi più sacri della religione musulmana, e ciò venne visto come un grave oltraggio) si tradusse in un bagno di sangue: si diffusero tra i palestinesi le organizzazioni terroristiche di Hamas, mentre imponenti manifestazioni chiamate seconda Intifada sconvolgevano la vita dei territori occupati e dello stesso territorio israeliano. Il fatto nuovo fu l’entrata in scena di terroristi palestinesi suicidi, che si facevano esplodere in luoghi pubblici provocando innumerevoli stragi. La risposta del governo israeliano, che dal febbraio 2001 è nelle mani di Sharon, fu la violenta rioccupazione militare dei territori palestinesi con reparti corazzati, la distruzione di interi quartieri di città palestinesi, la caccia alle organizzazione palestinesi, e il totale isolamento di Arafat, il cui quartier generale venne sottoposto a pesanti bombardamenti aerei e terrestri. PAROLE CHIAVE Al-Fatah. È l’acronimo di “Movimento di liberazione palestinese”. Organizzazione fondata nel 1959 da Yasser Arafat, rappresenta la parte maggioritaria dell’OLP. Haganah, “difesa”. Organizzazione militare israeliana nata nel 1920; dopo la fondazione dello stato di Israele divenne il nerbo dell’esercito. Hamas, “ardore”. Acronimo di “Movimento di resistenza islamica” nato a Gaza nel 1988, che si ispira al fondamentalismo islamico e ha come programma la lotta senza quartiere allo stato di Israele fino alla sua cancellazione Hezbollah, “partito di Dio”. Fazione sciita libanese, ostile a qualunque accordo di pace. Intifadah, “risveglio” (dal verbo nafada, scrollarsi di dosso). Movimento spontaneo di giovani che si battevano contro la presenza di soldati e coloni israeliani nei territori occupati. Mossad, servizio segreto israeliano. OLP. Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Fondata nel 1964. è divenuta col tempo la rappresentate ufficiale del popolo palestinese, riconosciuta da oltre un centinaio di paesi. Settembre nero. Movimento terroristico nato per vendicare le vittime palestinesi della repressione giordana del 1970, compì clamorosi attentati terroristici internazionali, come la strage di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 (11 vittime)