Come la Palestina diventò Israele Dall`antichità fino al XX secolo, il

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Come la Palestina diventò Israele
Dall'antichità fino al XX secolo, il nome Palestina è stato utilizzato più per descrivere una regione
che una nazione con precisi confini geografici. Il nome deriva da quella che i greci e i romani
chiamavano "Terra dei Filistei". Questo era infatti il nome che i due colonizzatori diedero all'antico
popolo che visse contemporaneamente agli ebrei descritti nelle Sacre scritture, nel XII secolo a. C.
Nel 1920, per la prima volta in una storia antica di 2000 anni, la Palestina si guadagnò il diritto di
avere dei confini politici sotto il protettorato inglese instaurato nella regione al crollo dell'Impero
Ottomano, dopo la Prima guerra mondiale. Seguite in queste pagine l'evoluzione storica della
regione dalla situazione nel 1920 all'avvento del moderno stato di Israele.
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Gerusalemme
Nel 1948, gli israeliani occuparono la parte occidentale di Gerusalemme. Essi mantennero il
controllo della Città Nuova in seguito all'armistizio dichiarato nel 1949 e fino al 1967, quando
procedettero all'occupazione di tutta la città nel corso della "guerra dei Sei giorni". Il successivo
atto di annessione della parte orientale di Gersualemme non è mai stato accettato dalla comunità
internazionale.
Gli israeliani considerano Gerusalemme la loro città "Eterna e indivisibile". I palestinesi, che la
chiamano "Al Quds", affermano che la parte orientale è la capitale del loro futuro Stato. Questa
comprende la Città Vecchia circondata da mura, con i suoi quartieri armeno, cristiano, ebraico e
musulmano, il Santo Sepolcro, il Muro del Pianto e la moschea Al Aksa.
Israele ha concesso i diritti di autoammistrazione a oltre 300.000 palestinesi residenti nella parte
orientale di Gersualemme e ha proposto di accordare all'Autorità palestinese il pieno controllo di
certi quartieri intorno alla città. I palestinesi insistono nel chiedere il controllo di tutta la parte
orientale. Secondo l'agenzia di notizie Reuters, alti esponenti palestinesi sostengono che Yasser
Arafat, il leader dell'Olp, il movimento per la liberazione della Palestina, teme di essere
assassinato nel caso acconsentisse ad un compromesso sui diritti dei palestinesi a Gerusalemme.
1920 Il confine del Mandato
La Siria fece parte dell'Impero ottomano dal 1516 fino alla Prima guerra mondiale. Il suo confine
con quello che ora è Israele fu segnato dalla Francia e dalla Gran Bretagna, nell'ambito della
divisione tra le due potenze europee di quella che era stata la provincia ottomana della Siria. Se
Israele mantenesse il controllo del territorio a Occidente del confine del 1920, controllerebbe anche
la riva orientale del lago di Tiberiade e con esso risorse idriche fondamentali.
1949 Linea di ArmistizIo
Israele ottene l'indipendenza nel 1948. Nel 1949, dopo la guerra arabo-israeliana, Israele firmò
quattro distinti accordi di armistizio con Egitto, Giordania, Siria e Libano, ripristinando la linea di
demarcazione esistente prima dell'inizio delle trattative svolte con la mediazione dell'Onu.
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1967 Linea del Cessate il fuoco
Nel 1967 l'Egitto chiuse il Golfo di Aqaba impedendo il passaggio al naviglio israeliano. Israele
lanciò un attacco che diventò la guerra dei Sei giorni. Israele conquistò il Sinai e Gaza dall'Egitto,
la Cisgiordania e Gerusalemme Est dalla Giordania e le alture del Golan dalla Siria. Un altro
cessate il fuoco negoziato dalle Nazioni Unite mise fine ai combattimenti creando nuovi confini di
fatto, all'interno dei quali furono costruiti nuovi insediamenti israeliani
1974 U.N. Disengagement Zone
La cittadina di Quneitra, ora abbandonata, fu catturata dagli israeliani durante la guerra dei Sei
giorni del 1967. I siriani la riconquistarono duranta la guerra del 1973, ma le forze israeliane la
rioccuparono quasi subito. Un accordo per il distanziamento delle forze militari raggiunto nel 1974
ordinò il ritiro degli israeliani. Da allora la cittadina fa parte della zona cuscinetto demilitarizzata tra
Israele e la Siria ed è posta sotto il controllo della Forza di osservatori dell'Onu.
Il confine con il Libano
Il 24 maggio del 2000, Israele ha annunciato la fine dell'occupazione militare della regione
meridionale del Libano, durata 22 anni. Le truppe israeliane avevano cominciato a ritirarsi dalla
zona di sicurezza di 15 chilometri il 22 maggio, dopo che il primo ministro Ehud Barak aveva
impartito un ordine in tal senso, sei settimane prima del termine ultime del 7 luglio che gli israeliani
si erano autonomanente fissati.
Le alture del Golan
La zona era stata ricavata lungo il confine nel 1985 per proteggere i civili israeliani della parte Nord
dello Stato dalle azione dei guerriglieri hezbollah, spalleggiati dal governo di Teheran. A riempire il
vuoto di potere venutosi a creare ci penserà l'Unifil, un contingente di pace delle Nazioni Unite
composto da 4.500 soldati provenienti da Stati quali l'Italia, il Ghana, la Francia, la Finlandia, le
Isole Fiji e altri. L'Onu ha in progetto di aumentare le forze del contingente a 7500 uomini. Era dal
1978 che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiedeva il ritiro delle truppe israeliane dalla
zona.
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IL PASSATO
Il protettorato britannico, 1920
A partire dallo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914, il movimento sionista, nato verso la
fine del XIX secolo con lo scopo di creare in Palestina una patria ebraica per gli ebrei di tutto il
mondo, ha compiuto degli immensi passi in avanti. Agli inizi, il movimento favorì la nascita di
decine di insediamenti sul territorio ottomano, conquistando le simpatie e il sostegno di importanti
sostenitori in tutta Europa e negli Stati Uniti. Fra questi, sono da ricordare membri francesi e inglesi
della famosa dinastia di banchieri Rothschild. Verso la fine del 1917, il ministro degli Esteri
britannico Arthur Balfour scrisse una lettera al barone Lionel Rothschild, nella quale dichiarava il
proprio appoggio alla causa della costituzione di un focolare degli ebrei in Palestina, ma non a
spese dei palestinesi. Balfour si augurava che la sua presa di posizione avrebbe incrementato le
adesioni degli ebrei, particolarmente di quelli americani, alla causa della guerra. Balfour era altresì
convinto che la presenza di ebrei amici degli inglesi in Palestina avrebbe favorito un maggiore e
migliore controllo del Canale di Suez. L'occupazione britannica della Palestina, in seguito al
collasso dell'impero ottomano dopo la guerra, si trasformò in un mandato, stabilito con la
conferenza di pace del 1920 e sancito dalla Lega delle Nazioni due anni più tardi. Nei documenti
che istituivano il mandato fu inserita la Dichiarazione di Balfour
Tre quarti del territorio sottoposto al mandato riguardavano la Transgiordania (i territori a Est del
fiume Giordano), che i britannici nel 1921 destinarono esclusivamente agli arabi e affidarono al
governo della famiglia degli Hashemiti. Né gli arabi, né gli ebrei erano soddisfatti della
sistemazione. Una situazione che non si modificò in tutti i 28 anni del governo britannico della
Palestina, segnato da ogni tipo di violenza.
Theodor Herzl, il fondatore del movimento sionista
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La spartizione del 1947-48
Nel novembre del 1947, le Nazioni Unite decretarono la fine del protettorato britannico entro il 15
maggio del 1948 e la successiva divisione della Palestina in uno Stato arabo e uno israeliano. Il 14
maggio 1948, poche ore dopo la proclamazione dello Stato di Israele da parte del leader sionista
David Ben-Gurion, un contingente costituito da truppe egiziane, irachene, siriane, transgiordane e
libanesi invase la nuova nazione.
Seguirono aspri combattimenti, ma per il mese di luglio del 1949 gli israeliani avevano respinto gli
invasori, creando dei confini simili a quelli che la Palestina aveva avuto sotto il protettorato
britannico. Poco dopo, lo Stato di Israele entrò a far parte delle Nazioni Unite e venne ufficialmente
riconosciuto da oltre 50 paesi in tutto il mondo.
Il primo premier israeliano, David Ben-Gurion
Armistizio del 1949
Grazie ad una serie di armistizi conclusi con l'Egitto, la Giordania, la Siria e il Libano nel 1949,
Israele stabilì confini simili a quelli concessi alla Palestina nel corso del protettorato britannico. La
Giordania mantenne il controllo sulla Cisgiordania e su una parte di Gerusalemme. L'altra parte
rimase sotto il dominio israeliano. Verso la fine dell'Ottobre de 1956, istigato dai governi francese e
britannico nel corso della crisi provocata dall'occupazione egiziana del Canale di Suez, Israele
invase la penisola del Sinai allo scopo di distruggere basi militari là collocate. Israele procedette
all'occupazione di Gaza e di Sharm el Sheikh, località dalla quale è possibile controllare l'accesso
al Golfo di Aqaba. Israele invase e occupò anche la maggior parte della regione del Sinai posta ad
Est del canale.
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In base ad accordi precedentemente presi, Francia ed Inghilterra intervennero a loro volta nel
conflitto, in modo da costringere le Nazioni Unite a dichiarare un cessate il fuoco. La crisi ebbe fine
in dicembre, quando le Nazioni Unite imposero un contingente di pace nella regione del Sinai. Le
truppe israeliane si ritirarono nel marzo del 1957.
Guerra dei Sei giorni
Non appena Egitto, Siria e Giordania cominciarono a mobilitare le loro truppe nella primavera del
1967 per ciò che appariva un prossimo attacco, Israele adottò una manovra preventiva. Il 5 giugno,
l'aviazione israeliana distrusse la flotta aerea egiziana a terra. Successivamente, colonne di carri
armati e reparti di fanteria israeliani invasero le alture del Golan, la Cisgiordania, compresa la Città
Vecchia di Gerusalemme, Gaza e la Penisola del Sinai. Il 10 giugno, la guerra poteva dirsi
conclusa grazie ad cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite.
L'Egitto e la Siria tornarono ad attaccare Israele nell'ottobre del 1973, nel corso di Yom Kippur, una
delle maggiori festività ebraiche. Israele riportò perdite considerevoli, ma riuscì comunque a
respingere gli attacchi. Riuscì persino a far retrocedere l'esercito egiziano fino al Canale di Suez e
a occupare una parte di territorio egiziano a Occidente del canale, prima che i belligeranti
acconsentissero ad un altro cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite. In una serie di trattati
conclusi nel 1974, Israele fece ritirò le sue truppe e mantenne il controllo del Sinai e arrivò a
concludere un accordo per cessare le ostilità anche con la Siria.
Negli accordi di Camp David del marzo del 1979, i governi di Egitto ed Israele misero fine allo
Stato di guerra fra i due paesi. Israele restituì la penisola del Sinai all'Egitto e questo riconobbe
ufficialmente l'esistenza dello stato ebraico Israele restituì la penisola del Sinai all'Egitto e questo
riconobbe ufficialmente l'esistenza dello stato ebraico.
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Rabin, Clinton and Arafat at
the 1993 accords
Accordi del 1993
Con il patrocinio del ministro degli Esteri norvegese Johan Holst, Israele e l'Olp, il Movimento per
la Liberazione della Palestina, negoziarono in segreto a Oslo una "Dichiarazione dei principi".
Questo documento venne in seguito firmato a Washington il 13 settembre del 1993 dal leader
dell'Olp Yasser Arafat e dal primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin.
Israele accettò di ritirare le truppe da Gaza e dalla Cisgiordania, con l'eccezione della città di
Hebron, e acconsentì all'autogoverno palestinese di questi territori. Nelle "Lettere di reciproco
riconoscimento" che accompagnavano la "Dichiarazione", Israele riconosceva l'Olp come legittimo
rappresentante del popolo palestinese. Dal canto suo, l'Olp riconosceva ad Israele il diritto di
esistere. Oggi, i negoziati fra Israele e l'Olp si basano sui principi stabiliti nel corso degli accordi del
1993.
Vittime israeliane e palestinesi dall'inizio dell'Intifada
I morti palestinesi e israeliani dal 1987 al 31 agosto 2000. Nei dodici giorni di violenza fra il 28 settembre e il 10 ottobre
sono morte almeno 90 persone, sette volte quelle morte nei primi otto mesi dell'anno. Una cifra che si avvicina alle
violenze prima degli accordi di Oslo
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Il regno d'Israele,
1000 a.c. (circa)
Verso la Fine del secondo millennio avanti Cristo, Mosè guidò il popolo ebraico fuori dall'Egitto
verso la "Terra promessa" di Canaan. All'inizio del XII secolo avanti cristo la regione fu invasa da
Filistei, un popolo marittimo che la dominò per circa 150 anni. Da un certo momento in poi i greci e
i romani cominciarono a chiamare questa regione "la terra dei filistei", da questo derivò il nome di
Palestina. Gli ebrei, sotto Saul, crearono il proprio regno intorno al 1020 a.c. Intorno al 950 a.c. il
regno si divise in due Stati: Israele, con la Samaria come capitale, e Giuda, con la capitale a
Gerusalemme.
La Tomba dei Patriarchi a Hebron, dove la tradizione indica che sono stati sepolti Abramo e gli altri progenitori degli ebrei.
I cristiani rivendicano la Terrasanta,
312 d.c.
Nel corso dei secoli, la Palestina fu governata da persiani, babilonesi, assiri, greci e romani. Questi
ultimi la governavano al tempo di Gesù di Nazaret. Nell'anno 312 d.c. l'imperatore romano
Costantino si convertì al cristianesimo e Gerusalemme diventò un luogo di pellegrinaggio per i
cristiani.
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Il monte del Tempio con la Cupola della Roccia,
come appariva nel 1912
Un tempio islamico a Gerusalemme,
691
Mgli arabi musulmani conquistarono la Palestina nel 640, sotto il califfo Omar. Nel 691 costruirono
a Gerusalemme uno dei luoghi di culto più sacri dell'Islam, la Cupola della Roccia, sul luogo dove
un tempo sorgeva il tempio ebraico di Salomone. Il luogo fu scelto perché si credeva che fosse il
posto dove il profeta Maometto inizio il suo viaggio in cielo, creando così le condizioni per un
conflitto durato secoli tra arabi ed ebrei.
Il dominio ottomano,
1516
Secoli di conflitti tra cristiani e arabi in Terrasanta finirono nel 1291 con l'emergere dei
Mamelucchi, guerrieri schiavi che riuscirono a detronizzare i sultani egiziani e crearono una
dinastia che per 260 regnò sul Medio Oriente. A loro volta, i mamelucchi furono rovesciati dai
turchi ottomani che riuscirono a tenere gli stranieri fuori dalla Palestina per circa trecento anni.
Nazionalismo, dalla A alla Z,
1882-1897
In reazione al crescente antisemitismo che si stava sviluppando in Europa alla fine del XIX secolo,
un gruppo di importanti ebrei europei fondò un movimento che prese il nome di "sionismo" con lo
scopo di ricreare una patria ebraica in Palestina. Negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, i
sionisti crearono decine di colonie in Palestina, in mezzo a una popolazione formata in gran parte
da arabi e musulmani. Esistevano, tuttavia, anche dei gruppi di arabi cristiani e di ebrei e molti
degli insediamenti ebraici si trovavano su terreni acquistati dagli arabi. Contemporaneamente, in
opposizione alla dominazione turca, cominciava a manifestarsi il nazionalismo arabo.
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Arthur J. Balfour, 1917
La dichiarazione di Balfour,
1917
La Gran Bretagna ottenne il controllo della Palestina dopo la Prima guerra mondiale e appoggio
l'idea del ministro degli Esteri Arthur J. Balfour di creare un "focolare nazionale" per gli ebrei. I
britannici promisero anche di rispettare i diritti dei non ebrei nella regione e di consentire ai leader
arabi di avere i propri Stati indipendenti. Ci fu tuttavia una incomprensione gravida di
conseguenze: gli arabi pensarono che la Palestina dovesse diventare uno Stato arabo
indipendente, il che non era ciò che pensavano i britannici.
Conflitto armato,
1920
I britannici cominciarono a governare la Palestina nel 1920. Annunciarono che nella regione
sarebbe stato creato un focolare ebraico, ma che esso sarebbe stato compreso nella Palestina e
non avrebbe coinciso con l'intero Paese. I primi disordini arabi contro il sionismo scoppiarono in
quello stesso anno, poi nel 1929 una disputa sul Muro del pianto scatenò una rivolta araba e un
appello per la jihad islamica. Di conseguenza gli ebrei cominciarono ad armarsi e ambedue le parti
cominciarono ad effettuare attentati terroristici.
Il nazismo, gli scioperi, i boicottaggi,
1937
Il montare del nazismo in Europa rinforzo il sionismo e i britannici alzarono il tetto per
l'immigrazione ebraica in Palestina, portandolo da circa cinquemila a circa 62.000 in tre anni.
Temendo che gli ebrei assumessero il controllo del Paese, gli arabi lanciarono una serie di scioperi
e di azioni di boicottaggio. Una commissione britannica arrivò alla conclusione che la Palestina
avrebbe dovuto essere divisa in tra Stati: ebraico, arabo e britannico. Una soluzione che i sionisti,
sia pure con riluttanza, accettarono, mentre gli arabi la rifiutarono, temendo di essere costretti ad
abbandonare le zone che fossero finite all'interno dello Stato ebraico.
La guerra, l'Olocausto, la divisione,
1939-47
Profughi ebrei in fuga dall'Olocausto si riversarono in Palestina durante la Seconda guerra
mondiale e la loro sorte contribuì ad aumentare il sostegno a favore di uno Stato ebraico. Gli arabi
formarono la Lega araba come contrappeso al sionismo e, nel 1947, le Nazioni Unite votarono in
favore della divisione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico, a quest'ultimo veniva
assegnato il 55 per cento del territorio a occidente del fiume Giordano. Gerusalemme avrebbe
dovuto diventare una enclave internazionale.
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Uomini della Ottava brigata della Forza di difesa
israeliana nel 1948
Indipendenza, guerra, armistizio,
1948-49
Il leader sinista David Ben Gurion lesse il 14 maggio 1948 a Tel Aviv la dichiarazione di
indipendenza di Israele. Questo scatenò un'invasione da parte degli eserciti di Egitto, Siria,
Transgiordania, Libano e Iraq. Nei 15 mesi successivi gli israeliani ampliarono il territorio sotto il
loro controllo verso la Galilea a Nord e verso il Negev a Sud. L'armistizio che seguì divise
Gerusalemme tra Israele e la Giordania, ma restò senza alcuna soluzione la sorte di circa
quattrocentomila profughi arabi che erano fuggiti da Israele durante la guerra e si trovavano in quel
momento in campi provvisori di accoglienza vicino al confine.
La guerra nel Sinai,
1956
Una serie di attacchi e di rappresaglie tra gli arabi e Israele, nonché la nazionalizzazione del
canale di Suez da parte dell'Egitto, indusse Israele a invadere la penisola del Sinai. Mentre truppe
francesi e britanniche prendevano il controllo del canale, gli israeliani conquistarono Gaza, sulla
costa mediterranea, e Sharm el Sheikh, sulla punta della penisola che controlla l'accesso al Golfo
di Aqaba e all'Oceano indiano. Israele si ritirò nel 1957 dopo che la Nazioni Unite garantirono il suo
accesso al golfo.
La guerra nel Sinai,
1956
Una serie di attacchi e di rappresaglie tra gli arabi e Israele, nonché la nazionalizzazione del
canale di Suez da parte dell'Egitto, indusse Israele a invadere la penisola del Sinai. Mentre truppe
francesi e britanniche prendevano il controllo del canale, gli israeliani conquistarono Gaza, sulla
costa mediterranea, e Sharm el Sheikh, sulla punta della penisola che controlla l'accesso al Golfo
di Aqaba e all'Oceano indiano. Israele si ritirò nel 1957 dopo che la Nazioni Unite garantirono il suo
accesso al golfo.
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il capo di Stato maggiore israeliano Yitzhak
Rabin in visita al fronte durante la Guerra dei Sei
giorni
La Guerra dei Sei giorni,
1967
Nel maggio del 1967 l'Egitto chiuse l'accesso al golfo di Aqaba per il naviglio israeliano e comincia
a mobilitare le sue forze, seguito in questo dalla Siria e dalla Giordania. Questa mobilitazione in tre
diversi Paesi sembrò agli israeliani indicare un prossimo attacco contro di loro. In risposta Israele
lanciò un attacco preventivo. A partire dal 5 giugno l'aviazione israeliana distrusse gli aerei egiziani
al suolo, aggiudicandosi la superiorità aerea su tutta la regione. In questo modo le colonne di carri
armati e di fanteria meccanizzata riuscirono ad occupare in soli tre giorni la penisola del Sinai.
Sugli altri fronti gli israeliani occuparono le alture del Golan, la Cisgiordania, la Città vecchia di
Gerusalemme (che sarà successivamente annessa) e Gaza. La guerra terminò il 10 giugno sulla
base di un cessate il fuoco organizzato dalle Nazioni Unite. La risoluzione approvata allora
dall'Onu chiedeva il ritiro israeliano, ma mentre la versione in inglese parlava di ritiro "da territori
occupati" (cioè da alcuni), quella in francese esigeva un ritiro "dai territori occupati" (cioè da tutti).
Un'ambiguità che ha segnato la politica della regione nei decenni successivi.
Parenti degli israeliani uccisi alle Olimpiadi di
Monaco arrivano all'aeroporto di Tel Aviv per
una cerimonia funebre
L'espulsione dell'Olp,
1970
Duelli di artiglieria tra israeliani e palestinesi residenti in Giordania, insieme a una serie di
dirottamenti aerei da parte dei guerriglieri palestinesi, crearono il timore che l'Olp potesse prendere
il controllo della Giordania. L'esercito giordano scacciò allora l'Olp fuori dal Paese nel 1971 con
un'azione violenta e sanguinosa. L'Olp si trasferì in Libano. Nel settembre 1972 un gruppo
palestinese noto come Settembre nero uccise 11 atleti israeliani che partecipavano alle Olimpiadi
di Monaco.
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: Soldati israeliani interrogano un prigioniero
siriano durante la guerra del Kippur
La guerra del Kippur,
1973
Convinti che le loro proteste per l'atteggiamento di Israele venivano ignorate, l'Egitto e la Siria
lanciarono un attacco congiunto contro Israele il 6 ottobre 1973, il giorno nel quale cadeva la festa
ebraica dello Yom Kippur. Anche l'Iraq si unì all'attacco e gli altri Paesi arabi contribuirono allo
sforzo comune. Preso di sorpresa, Israele impiegò diversi giorni per mobilitarsi subendo pesanti
perdite, ma riuscì a respingere gli attaccanti. L'esercito israeliano riuscì anche ad attraversare il
canale di Suez ed ad occupare parte della sua sponda occidentale. Conquistò anche grandi
porzioni di territorio siriano, prima che le Nazioni Unite riuscissero a organizzare un altro cessate il
fuoco. Nel 1974 con una serie di accordi Israeli ritirò le sue forze al di qua del canale nel Sinai. La
guerra del Kippur aveva comunque indicato che Israele era la potenza dominante nella regione.
Il presidente Usa Jimmy Carter e il premier
israeliano Menachem Begin (a sinistra) insieme
al presidente egiziano Anwar Sadat a Camp
David nel 1979
Gli accordi di Camp David,
1979
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L'Egitto e Israele firmarono un trattato di pace il 26 marzo 1979 che metteva formalmente fine allo
stato di guerra tra i due Paesi che durava da 30 anni. In cambio del riconoscimento egiziano del
diritto all'esistenza di Israele, gli israeliani restituirono all'Egitto la penisola del Sinai. I due Paesi
stabilirono anche formali relazioni diplomatiche.
La guerra in Libano
1982
Poche settimane dopo essersi ritirati dal Sinai, gli israeliani lanciarono i propri cacciabombardieri
sulle roccheforti dell'Olp a Beirut e nel Libano del Sud, come rappresaglia per gli attacchi sferrati
per molti anni attraverso la frontiera dai guerriglieri. Poco dopo l'esercito israeliano invase il Libano
e circondò Beirut, fermandosi per iniziare negoziati con l'Olp. Dopo dieci settimane di intensi
bombardamenti, l'Olp accettò di lasciare Beirut sotto la protezione di una forza multinazionale e di
risistemarsi in altri Paesi arabi. L'episodio diede il via a una dura lotta all'interno del gruppo
dirigente palestinese. Israele si ritirò dalla maggior parte del Libano nel 1985, ma continuò a
mantenere il controllo di una zona cuscinetto lungo il confine che aveva creato nel 1978.
Militanti palEstinesi trasportano il feretro di un
compagno sospettato di collaborazionismo
con gli israeliani nel corso della guerra
dell'Intifada nel 1987.
L'Intifada, 1987
Le antiche ferite tornaro ad aprirsi nel 1987 quando i palestinesi che vivevano a Gaza, in
Cisgiordania e a Gerusalemme si rivoltarono contro gli israeliani in un movimento che divenne noto
come "intifada", la "rivolta". Le manifestazioni continuarono per anni e Arafat arrivò a proclamare
l'Olp come il governo in esilio di uno "Stato di Palestina". L'Olp nel frattempo riconobbe anche il
diritto di Israele all'esistenza (1988). Quando, tuttavia, le trattative di pace iniziarono nel 1991 l'Olp
ne venne formalemente esclusa, anche se propri uomini formavano la metà della delegazione
giordana.
14
Stretta di mano tra Yitzhak Rabin e Yasser
Arafat, davanti al presidente Bill Clinton alla
Casa Bianca
Stretta di mano e trattato, 1993
Trattative segrete tenute a Oslo, in Norvegia, tra Israele e l'Olp portarono a un trattato di reciproco
riconoscimento e che comprendeva una limitata autonoma per i palestinesi a Gaza e a Gerico,
nonché indicava la cornice per un trattato definitivo destinato a risolvere lo stato di Gaza e della
Cisgiordania. Firmato a Washington, il trattato fu sigillato dalla storia stretta di mano tra Yasser
Arafat e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. Per questo accordo Rabin, Arafat e il ministro
degli Esteri israeliano Shimo Peres vinsero nel 1994 il premio Nobel per la pace.
Tre vittime del massacro di Hebron nel 1994
Massacro e ritiro, 1994
1994
A febbraio un colono israeliano uccise 39 palestinesi mentre pregavano in una moschea di
Hebron, mentre altri attentati terroristici da ambedue le parti tenevano alta la tensione. Israele,
tuttavia, si ritirò in Maggio da Gerico, in Cisgiordania, e da Gaza. A luglio Arafat entrò a Gaza e
fece prestare giuramento ai membri dell'Autorità palestinese che rapidamente assunse il controllo
della politica nei campi dell'Istruzione, della Cultura, della Sicurezza sociale, del Turismo, della
Salute e del Fisco.
15
L'assassinio di Rabin, 1995
A settembre Rabin e Peres firmarono un accordo per allargare le aree dell'autonomia palestinese,
affidando all'Autorità palestinese il controllo di sei importanti città della Cisgiordania. A sottolineare
la irriducibilità e la violenza degli elementi più radicali delle due parti venne l'attentato a Rabin nel
quale il primo ministro israeliano perse la vita per mano di uno studente israeliano di Legge con
collegamenti a gruppi estremisti di destra.
Elezioni chiave, 1996
Nelle prime elezioni della storia palestinese Yasser Arafat fu scelto a stragrande maggioranza
come presidente. In Israele, nel frattempo, il leader del partito di destra Likud, Benjamin
Netanyahy, sconfisse di misura Shimon Peres che era succeduto a Rabin. Nonostante gli impegni
di Netanyahu e di Arafat di lavorare per arrivare a un trattato definivo di pace, la decisione del
governo israeliano di consentire la ripresa delle costruzione di insediamenti israeliani nei territori
occupati portò a nuovi scontri tra palestinesi e coloni israeliani.
Il leader palestinese Yasser Arafat tra la folla al
momento della riconsegna di Hebron ai
palestinesi
Restituzioni, insediamenti, Hamas, 1997
La città di Hebron, in Cisgiordania, fu restituita ai palestinesi dopo 30 anni di dominazione
israeliana, apparentemente un segno della disponibilità di Netanyahu a proseguire sulla strada
della pace. Ma la sua approvazione di un nuovo piano di costruzioni israeliane su territori a Est di
Gerusalemme condusse a nuove proteste e a nuovi scontri. In questa atmosfera attentatori sucidi
fecero esplodere bombe in un mercato all'aperto di Gerusalemme, uccidendo 15 persone e
ferendone 170. La responsabilità fu rivendicata dal gruppo estremista islamico Hamas e il governo
israeliano che le trattative di pace sarebbero continuate solo quando fosse terminato il terrorismo.
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Yasser Arafat e Bejamin Netanyahu si
stringono la mano davanti a Bill Clinton e all'ex
re di Giordania Hussein
Gli accordi di Wye Mills, 1998
Dopo uno stallo durato un anno intero, Netanyahu e Arafat riuscirono a sottoscrivere un accordo
dell'ultimora durante una sessione negoziale a Wye Mills, in Maryland, con la mediazione del
presidente americano Bill Clinton. L'accordo prevedeva lo scambio "terra contro pace". Prevedeva
la repressione dei gruppi terroristici, il ritiro parziale dell'esercito israeliano, il trasferimento del 14,2
per cento della Cisgiordania sotto il controllo palestinse, corridoi di libero passaggio tra Gaza e la
Cisgiordania, la liberazione di 750 detenuti palestinesi e la costruzione di un aeroporto palestinese
a Gaza.
Ehud Barak festeggia dopo la vittoria alle
elezioni
La vittoria di Barak, 1999
Gli elettori risposero positivamente alla campagna del candidato moderato laburista Ehud Barak, il
militare israeliano più decorato della storia, attribuendogli una vittoria per largo margine contro
Netanyahu. A settembre Barak e Arafat firmarono una accordo per attualre gli accordi di Wye Mills,
Israele liberò 200 detenuti palestinesi e cominciò a passare il controllo di una parte della
Cisgiordania ai palestinesi.
Ritorno a Camp David, 2000
Quando le trattative per uno trattato definitivo di pace si interruppero nuovamente Bill Clinton invitò
Barak e Arafat a un vertice a tre a Camp David, la residenza di montagna dei presidenti americani
in Maryland. Data di convocazione: 11 luglio, appena due mesi prima del 13 settembre, data
stabilita da israeliani e palestinesi per arrivare a un accordo definitivo.
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Yasser Arafat Leader dell'Autorità palestinese
La creazione di uno Stato palestinese è stato il sogno di Yasser Arafat sin dai tempi in cui faceva
contrabbando di armi dall'Egitto verso la Palestina. E' stato questo sogno a sostenerlo durante gli
anni di guerriglia trascorsi con una pistola sul fianco, è stato questo sogno a guidarlo nel corso
della sua leadership nell'Organizzazione per la liberazione della Palestina.
Arafat si è sempre mostrato inflessibile riguardo alla questione palestinese. Anche nei mesi che
hanno preceduto gli accordi raggiunti durante il summit tenutosi al Wye River Conference Center in
Maryland alla fine di ottobre del 1998, Arafat ha ribadito l'intenzione e la volontà dei palestinesi di
creare un proprio Stato anche qualora l'accordo con Israele non dovesse rivelarsi possibile.
Arafat, il cui nome è in realtà Mohammed Abdel-Raouf Arafat al Quadra al-Hussein, è nato in
Egitto, al Cairo, il 24 agosto 1929. Suo padre è un commerciante di successo, sua madre muore
prematuramente lasciandolo all'età di 4 anni. Il piccolo Arafat vive la sua infanzia con uno zio a
Gerusalemme, una città che sin dal primo dopoguerra era sotto il governo inglese secondo un
mandato della Lega delle Nazioni.
Quelli sono anni decisivi per Arafat che vede nascere il conflitto fra arabi ed ebrei, in particolare
per gli ebrei immigrati che arrivavano in Palestina con l'idea creare in quel territorio la propria
madrepatria.
Uno studioso di cose ebraiche
Mentre compie i suoi studi per diventare ingegnere civile all'università del Cairo, Arafat intraprende
uno studio sulla cultura ebraica, cominciando a frequentare persone di credo ebraico e leggendo le
opere di sionisti quali Theodor Herzl. Ma già dal 1946 è un nazionalista palestinese che fa
contrabbando di armi dall'Egitto verso la Palestina.
Quando nel 1948 scoppia il primo conflitto arabo-israeliano, si dice che Arafat riesca ad entrare in
Isreaele per combattere lo Stato ebraico. Più tardi però dichiarerà che lui ed i suoi compatrioti
vennero disarmati e rispediti indietro da altri arabi che non volevano l'aiuto di forse irregolari
palestinesi. In seguito alla vittoria di Israele, i palestinesi subiscono un'ulteriore umiliazione:
750.000 arabi palestinesi vengono lasciati senza un loro Stato, nonostante un provvedimento delle
Nazioni Unite del 1947 che prevedeva e sanciva un territorio palestinese.
A metà degli anni '50, Arafat diventa ufficiale dell'esercito egiziano e nel 1956 combatte nella
campagna di Suez.
Dopo aver lasciato le file dell'esercito Arafat lavora come ingegnere in Kuwait. Proprio in questo
periodo, insieme ad alcuni altri arabi palestinesi, forma un movimento noto col nome di Al Fatah,
un'organizzazione che lotta per restituire la Palestina ai palestinesi. Questo ed altri movimenti si
raggruppano nel 1964 nell'organizzazione Olp.
Il movimento di Al Fatah diviene a poco a poco per Arafat un'occupazione a tempo pieno e alla fine
del 1965 l'organizzazione comincia raid e attacchi terroristici verso Israele.
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Nel 1967 Israele vince la guerra dei Sei giorni, conquista le alture di Golan, la Cisgiordania, Gaza e
gran parte della penisola del Sinai in Egitto.
Re Hussein scaccia l'Olp
Nel 1968 Arafat e Al Fatah ottengono l'attenzione della comunità internazionale in seguito alla
sconfitta inflitta alle truppe israeliane che penetravano in Giordania. Le attività dell'Olp
preoccupano però re Hussein di Giordania e nel 1971, dopo una sanguinosa guerra civile, Hussein
obbliga i palestinesi a lasciare i territori della Giordania. Sarà, per ironia della sorte, proprio re
Hussein che partecipando agli incontri di Wye riuscirà a spingere Arafat e Netanyahu a firmare una
accordo.
Dopo aver lasciato la Giordania l'Olp stabilisce il proprio quartier generale in Libano e continua a
promuovere raid contro Israele. Arafat comincia a essere considerato come il cattivo per il sospetto
di un suo coinvolgimento nell'omicidio di 11 atleti israeliani uccisi durante i giochi olimpici di
Monaco nel 1972 dal gruppo terroristico 'Settembre Nero'.
Nel 1974 gli viene concesso un intervento all'Assemblea generale delle Nazioni Unite che votano
per accordare all'Olp lo status di osservatore. Otto anni più tardi, precisamente nel giugno 1982,
Israele ripaga con la stessa moneta la serie di attentati terroristici dell'Olp lanciandosi in attacchi
che distruggono il quartier generale dell'Olp a Beirut.
Arafat ristabilisce la sede dell'organizzazione in Tunisia e dà il suo sostegno ai palestinesi della
Cisgiordania e degli altri territori occupati che iniziano ad insorgere contro Israele.
La stretta di mano con Rabin
Nel 1988 Arafat proclama uno Stato indipendente della Palestina in Cisgiordania e nella striscia di
Gaza e informa le Nazioni Unite che l'Olp non intende procedere nella sua attività terroristica.
Dichiara che l'Olp sposa il diritto di tutte le parti a vivere in pace. Alla fine di quello stesso anno, 70
paesi riconoscono l'Olp la cui credibilità viene però nuovamente indebolita nel 1990 quando
l'organizzazione favorisce l'Iraq durante la guerra del Golfo. Sempre nel 1990 l'Olp riconosce
ufficialmente Israele e nel 1993 Arafat e Yitzhak Rabin firmano gli accordi della pace di Oslo e
stabiliscono un'intesa per una pace più duratura.
Gli accordi prevedono un graduale ritiro delle truppe israeliane da Gaza e dalla Cisgiordania
nonché la creazione di un'autorità palestinese come ente governativo dei territori occupati.
Rabin e Arafat vincono il Premio Nobel per la pace insieme al ministro degli Affari esteri israeliano
Shimon Peres.
Nel gennaio 1996 con una vittoria schiacciante Arafat diventa presidente dell'Autorità palestinese.
Ehud Barak, premier israeliano
Il primo ministro israeliano Ehud Barak guida una fragile coalizione di governo impegnata a
raggiungere un accordo definitivo con i palestinesi nonstante la dura opposizione dei gruppi e dei
partiti di destra.
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Barak è stato il militare israeliano più decorato della storia e, come tale, appare una ben strana
scelta come guida del partito laburista. Ma con lui al timone i laburisti hanno assunto posizioni più
moderate e, in fondo, anche Yitzhak Rabin, il premier che per primo diede la mano a Yasser
Arafat, era un ex generale e capo di Stato maggiore.
Durante la campagna elettorale del 1999 Barak è riuscito a riequilibrare sotto la bandiera dello
slogan "Un Israele" le tradizionali politiche laburiste. La strategia funzionò e gli israeliani lo
elessero con una maggioranza amplissima, del 56 per cento e mandarono a casa il primo ministro
in carica Benjamin Netanyahu.
Sostenendo che la sua vittoria con ampio margine gli dava mandato per porre termine al conflitto
israelo-palestinese, Barak riprese i negoziati con il leader palestinese Yasser Arafat. In
precedenza Netanyahu aveva congelato le trattative con i palestinesi e aveva imposto alcune
condizioni perché fossero riprese.
Nel maggio del 2000 Barak ha ordinato il ritiro delle truppe israeliane dal Libano del Sud. L'esercito
israeliano occupava quel territorio dal 1982, anno in cui Israele aveva invaso il Libano nel tentativo
di scacciare dalla striscia lungo il confine i guerriglieri.
In un'intervista televisiva Barak disse che era talmente emozionato a vedere il rientro dei soldati
israeliani dal Libano da sentire "un brivido lungo la schiena". Una sensazione che rendeva giustizia
della decisione di ritirarsi.
Nonostante la sua maggioranza si sia disintegrata in Parlamento, Barak sempra determinato a fare
passi avanti per diminuire le tensioni con i vicini arabi di Israele.
Una vita da militare
Barak è nato nel 1942 nel kibbuts Mishmar Hasharon. Si è diplomato in Fisica e matematica
all'università ebraica di Gerusalemme e si è laureato in Ingegneria economica alla Stanford
University, in California.
Arruolato nelle forze armate a 17 anni, nel 1959, Barak ha combattuto in molte importanti battaglie
della storia di Israele, compresa la guerra dei Sei giorni del 1967 e quella del Kippur, nel 1973.
Ma la sua fama militare è legata soprattutto alle sue imprese come capo di una unità di elite
dell'esercio, Sayeret Matkal. Si sa che nel 1973 si travestì da donna per penetrare a Beirut e
assassinare con una squadra di compagni tre leader dell'Olp. Nel 1988 ha partecipato alla
pianificazione dell'assassinio del numero due dell'Olp Abu Jihad, che si trovava a Tunisi.
Fu anche il comandante di un gruppo di assalto che liberò un aereo sequestrato dai palestinesi
all'aeroporto di Tel Aviv nel 1972, mentre nel 1976 comandò la famosa operazione che liberò gli
ostaggi all'aeroporto di Entebbe, in Uganda.
Nel 1991 fu nominato capo di Stato maggiore e promosso a tenente generale, il più alto grado
delle forze armate israeliane. Come capo di Stato magigore ebbe un ruolo importante nell'accordo
di pace del 1994 con la Giordania e nelle trattative con la Siria.
Al Barak aveva criticato gli accordi di Oslo del 1993 con i palestinesi, ma da allora sostiene che
Israele deve andare avanti, in modo realistico sulal strada della pace
L'entrata in politica
Nel 1995 Barak lasciò la carriera militare ed entrò nel governo di Yitzhak Rabin come ministro
dell'Interno. Prima della sua nomina era stato accusato di aver abbandonato dei soldati feriti
durante una esercitazione militare segreta nel 1992. Una inchiesta tuttavia lo assolse.
Dopo che Rabin fu assassinato, Barak divenne ministro degli Esteri nel governo guidato da
Shimon Peres.
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Peres ebbe una volta a indicare Barak come suo possibile erede politico. Ma quando Barak fu
eletto leader del partito laburista nel 1997, Peres era contrario. Nonostante la sua opposizione,
tuttavia, la presa di Barak sul partito si solidificò dopo la convocazione di elezioni anticipate.
Bill Clinton, presidente Usa
Negli gli ultimi mesi del suo secondo mandato, il presidente americano Bill Clinton intende
impegnarsi attivamente per il raggiungimento di un accordo fra il leader palestinese Yasser Arafat
e il primo ministro israeliano Ehud Barak. Nel corso della sua amministrazione Clinton ha più volte
sottolineato la necessità di un accordo definitivo fra Israele e Palestina affinché nella regione si
possa finalmente parlare di pace.
Nell'ottobre 1998 a Wye Mills in Maryland, Clinton ha ospitato il summit fra Arafat e l'ex primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dal quale uscì un accordo provvisorio. Ma attuare
completamente quegli accordi stipulati in territorio americano, incluso la liberazione dei prigionieri
palestinesi e il ritiro delle truppe israeliane dal territorio palestinese, è stato certamente più difficile
e complicato di quanto si pensasse.
Il presidente Clinton, il segretario di Stato Madeleine Albright e il consigliere per il Medio Oriente
Dennis Ross si sono recati più volte nella regione nell'inutile tentativo di far avanzare il processo di
pace.
Clinton è tuttavia riuscito a segnare alcuni punti "simbolici", come la visita ufficiale nel dicembre
1998 nella striscia di Gaza governata dai palestinesi, primo presidente americano a fare una cosa
del genere.
Abdallah, re di Giordania
Abdallah II è diventato re di Giordania nel febbraio 1999 in seguito alla morte di re Hussein, suo
padre, il cui regno era durato ben 47 anni. Hussein è stato uno dei leader più popolari del Medio
Oriente, rispettato dagli arabi e dalla comunità internazionale, ha stipulato un trattato di pace con
Israele nel 1994.
Il trentottenne re Abdallah, da sempre attivo nelle Forze armate del suo Paese, è salito al trono
dopo una sola settimana dalla sua nomina a principe ereditario di Giordania (precedentemente il
fratello di Hussein era destinato a succedergli). Una madre inglese, un'educazione anglosassone
coltivata fra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, Abdallah non è di madrelingua araba. Ha promesso
di portare la Giordania verso un sistema di libero mercato e una monarchia costituzionale.
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Nonostante le buone relazioni che intercorrono fra Israele e la Giordania, Abdallah deve fare i conti
con una popolazione per il 70 percento palestinese, dalla quale proviene anche sua moglie, la
regina Rania.
Abdallah insiste affinché Gerusalemme venga dichiarata "città aperta", capitale dello Stato ebraico
e del futuro Stato palestinese. Israele sostiene invece che la città deve e dovrà rimanere
interamente israelita.
Sulle orme del padre, Abdallah sembrerebbe aver giocato un ruolo fondamentale in qualità di
mediatore su altre questioni aperte nella regione, come la riapertura del dialogo fra Israele e Siria
per il quale il giovane re si è adoperato dietro le quinte.
Hosni Mubarak, presidente egiziano
Hosni Mubarak è salito al potere nel 1981, due anni dopo la pace fra Egitto e Israele. Mubarak, fra
i più stretti alleati di Washington, ha giocato un ruolo fondamentale come mediatore nei negoziati
di Israele con i palestinesi, la Siria e il Libano.
A lungo importante sostenitore del leader palestinese Yasser Arafat, Mubarak fu anche fra i primi
ad appoggiare il primo ministro israeliano Ehud Barak dopo la sua vittoria nel maggio del 1999.
I bombardamenti in Libano da parte di Israele nel febbraio 2000 hanno però indotto Mubarak a
prendere le parti del presidente libanese Emile Lahoud nella questione concernente il diritto dei
guerriglieri Hezbollah ad attaccare le forze israeliane nel Libano del sud. Da allora le truppe
israeliane si sono ritirate da quella zona che era rimasta occupata dal 1978.
Ma nel suo ruolo di mediazione, Mubarak corre non pochi rischi: è infatti già scampato a molti
attentati alla sua persona.
Militare di carriera, il suo governo è stato accusato di governare con un rigido controllo delle Forza
armate. Nel settembre 1999 un referendum gli ha consentito di farsi attribuire il suo quarto
mandato da presidente. L'opposizione ha boicottato il voto, chiedendo a Mubarak di indire elezioni
democratiche: dirette e multipartitiche.
Bashar Assad, leader siriano
La morte del presidente siriano Hafez Hassad, avvenuta lo scorso giugno 2000, con l'accessione
al potere di suo figlio Bashar, è stata l'ultima di una serie di successioni politiche che hanno
cambiato il volto dei gruppi dirigenti in Medio Oriente.
Il giovane trentaquattrenne, oculista formato in Gran Bretagna, ha iniziato la sua carriera di leader
siriano solo pochi anni fa in seguito alla morte di suo fratello Basil, il primogenito prematuramente
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scomparso in un tragico incidente automobilistico. Il dispotismo con cui Hafez Assad ha governato
la Siria è durato 30 anni. Suo figlio Bashar entra ora nell'arena politica senza una base ferma,
dovendo gestire un'economia stagnante dalle misere infrastrutture.
Pur essendo un appassionato di internet e delle nuove tecnologie, non è ancora ben chiaro se e in
che modo il giovane leader tradurrà la sua moderna sensibilità informatica in una politica di
maggiore apertura e democrazia per la Siria.
Così come è ancora tutta da chiarire la posizione di Bashar Assad per ciò che riguarda i negoziati
con Israele: continuerà la linea dura del padre, contrario a ogni tipo di compromesso con Israele, o
adotterà un approccio più pragmatico sulla lunga questione fra i due paesi?
Sceicco Ahmed Yassin, leader di Hamas
Lo sceicco Ahmed Yassin ha fondato il movimento islamico di Hamas a Gaza nel 1987, all'inizio
dell'intifada, il più grande movimento palestinese di protesta non violenta contro l'occupazione
israeliana.
Hamas che significa "zelo, ardore, entusiasmo", è un'organizzazione palestinese nota in tutta
Gaza per le sue imprese umanitarie. Ma la frangia militare di Hamas, Izzedine al Quassam, è
accusata di attacchi e attentati suicidi contro obiettivi israeliani Israele in cui hanno perso la vita
decine di persone.
Yassin ha circa 65 anni e da più di venti è tetraplegico. Nel 1989 un tribunale israeliano lo giudicò
colpevole di aver ordinato ai membri di Hamas il rapimento e l'uccisione di due soldati israeliani.
Yassin fu in quell'occasione condannato all'ergastolo. In seguito però, nel 1997, fu rilasciato in
base a un accordo ottenuto da re Hussein di Giordania, il quale chiese ad Israele il rilascio di
Yassin in cambio di due agenti Mossad israeliani.
Yassin è considerato il principale rivale del leader delle autorità palestinesi Yasser Arafat. Nel
1988, l'organizzazione di Hamas ha pubblicato una dichiarazione ufficiale in cui si asseriva che
Israele voleva la distruzione dell'Islam e che lottare contro Israele era pertanto un dovere religioso.
Il movimento di Hamas si è sempre opposto ai precedenti accordi fra israeliani e palestinesi
Il trattato di Oslo
Il trattato di Oslo costituisce la base sulla quale si fondano gli attuali accordi di pace fra Israele e la
Palestina. Ufficialmente denominato "Dichiarazione dei Principi", il documento che riassume gli
accordi venne negoziato segretamente fra la delegazione israeliana e quella palestinese nel 1993
a Oslo, in Norvegia, sotto l'egida del primo Ministro norvegese Johan Jorgen Holst.
La firma a questo trattato venne apposta a Washington, nel corso di una cerimonia svoltasi alla
presenza del presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il 13 settembre 1993.
In occasione di tale storico evento, sia il leader palestinese Yasser Arafat, sia il primo ministro
israeliano Yitzhak Rabin si scambiarono una stretta di mano, ponendo fine a decenni di profonda
inimicizia.
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Gli accordi di Oslo posero le basi degli obiettivi a lunga scadenza da raggiungere, compreso il
completo ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania e il riconoscimento
del diritto dei palestinesi all'autogoverno di questi territori.
Il 2 settembre 1995, nel corso di un'altra cerimonia alla Casa Bianca, israeliani e palestinesi
firmarono un altro accordo noto come "The Interim Agreement" o "Oslo numero 2". Nel trattato,
lungo 400 pagine, veniva previsto un secondo stadio di autonomia per i palestinesi attraverso il
riconoscimento del diritto di governare in piena autonomia le città di Betlemme, Jenin, Nablus,
Qalqilya, Ramallah, Tulkarm, parti di Hebron e altri 450 villaggi, senza però toccare il diritto degli
israeliani di controllare insediamenti ebraici.
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti: La Dichiarazione dei Principi israelo-palestinese
L'Interim Agreement dei governi israeliano e palestinese
La National Authority palestinese: l'Interim Agreement israelo-palestinese
Il trattato di Wye
Nel 1998, il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton ospitò il leader palestinese Yasser Arafat e il
Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu per un summit della durata di 9 giorni a Wye Mills,
nel Maryland. Il summit si concluse il 23 ottobre con la firma a Washington di un trattato di pace
per la sicurezza dei territori.
Elementi chiave del "Memorandum del Fiume Wye", altrimenti noto come il "Trattato di Wye",
sono:

Un piano di sicurezza per porre fine alla violenza degli attacchi terroristici

Un nuovo spiegamento di truppe israeliane, da realizzarsi nel termine di 90 giorni, a partire
da una percentuale aggiuntiva di territorio della Cisgiordania del 13,1 per cento

Un trasferimento del 14,2 per cento di territorio della Cisgiordania dal governo misto
israelo-palestinese, al completo governo palestinese

La revoca, nella Carta costituzionale nazionale della Palestina, delle clausole nelle quali si
esprime "ostilità" nei confronti di Israele

La garanzia di due corridoi di sicurezza fra Gaza e la Cisgiordania

L'impegno di Israele ad effettuare una terza fase di spostamento delle truppe dalla
Cisgiordania

La liberazione di 750 prigionieri palestinesi in tre fasi distinte

L'apertura di un aeroporto palestinese a Gaza
Il 13 settembre 1999, il Primo Ministro israeliano Ehud Barak - che aveva sconfitto Netanyahu con
la promessa di portare avanti le trattative per la pace - firmò un accordo con Arafat per
perfezionare una versione modificata del Trattato di Wye. Quest'ultimo accordo ha stabilito la data
del 13 settembre 2000 come scadenza per un trattato di pace conclusivo.
The White House: The Wye River Memorandum
Le risoluzioni dell'O.N.U nr. 242 e 338
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Dopo i conflitti del 1967 e 1973 scoppiati fra Israele e gli arabi, le Nazioni Unite votarono due
misure: la Risoluzione numero 242 del 22 novembre 1967 e la Risoluzione numero 338 del 22
ottobre 1973.
Le risoluzioni imponevano ad Israele di ritirare le sue truppe dai territori occupati in occasioni di tali
guerre. A loro volta, gli arabi dovevano riconoscere l'esistenza dello Stato di Israele.
Israele rettificò le risoluzioni, insieme con l'Egitto e la Giordania, ma i palestinesi opposero un
rifiuto. In un drammatico discorso pronunciato il 15 novembre 1988, il leader palestinese Yasser
Arafat dichiarò di accettare le risoluzioni come base per una serie di provvedimenti politici.
Nel riconoscere l'esistenza dello Stato d'Israele, i palestinesi speravano che gli Stati Uniti
avrebbero tolto il veto posto sulla possibilità di condurre trattative con il Movimento per la
Liberazione della Palestina. Ma gli Stati Uniti aggiunsero un'altra clausola prima di togliere questo
veto. Il governo americano chiese infatti che l'Olp si impegnasse a rinunciare ad ogni attività
terroristica.
Nel dicembre del 1988, Arafat rese una pubblica dichiarazione, dettatagli dal dipartimento di Stato
americano, in base alla quale l'Olp condannava "ogni forma di terrorismo individuale, di gruppo o di
Stato" e prometteva "di non ricorrervi mai, in nessuna occasione".
Università del Nord Carolina: La Risoluzione O.N.U numero 242
Università del Nord Carolina: la Risoluzione O.N.U numero 338
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