rapporto geologico geotecnico - Archivio strumentazione urbanistica

COMUNE DI STAZZEMA
Medaglia d’oro al Valor Militare
Provincia di Lucca
Piano Strutturale
(L.R. 1/05)
RAPPORTO GEOLOGICO GEOTECNICO
Responsabile del Progetto
Arch. Mauro Ciampa
Collaboratori
Arch. Chiara Ciampa
Geogr. Laura Garcés
Dott. Geol. Eugenio Trumpy
Indagini geologiche
idrogeologiche e geotecniche
Dott. Geol. Rinaldo Musetti
Consulenze
Collaboratori
Dott. Geol. Stefania Martina
Dott. Geol. Giampiero Calò
Dott. Geol. Sergio Mancini
Dott. Geol. Eugenio Trumpy
Agricoltura e Paesaggio
Valutazione degli effetti ambientali
Dott. Agr. Elisabetta Norci
Collaboratori
Dott. Agr. Sergio Cantini
Arch. Chiara Ciampa
Dott. Agr. Roberta Serini
Barbara Burichetti
Garante della Comunicazione
Geom. Simone Lorenzi
Responsabile del Procedimento
Geom. Mauro Colombo
Sindaco
Dott. Ing. Michele Silicani
Assessore ai Lavori Pubblici – Urbanistica- Assetto del Territorio
Rag. Maurizio Verona
Maggio 2006
Piano Strutturale Comune di Stazzema prov. Lucca – indagini geologico tecniche
1
1 PREMESSA
3
2 INQUADRAMENTO GENERALE
4
3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO GEOMORFOLOGICO
8
3.1
GEOLOGIA
3.1.1
ASSETTO STRUTTURALE
3.1.2
SUCCESSIONI STRATIGRAFICHE
3.2
GEOMORFOLOGIA
3.2.1
MORFOLOGIA
3.2.2
IDROGRAFIA DI SUPERFICIE
ELEMENTI GEOMORFOLOGICI
3.2.3
9
9
15
21
21
21
21
4 ACCLIVITA’ DEL TERRITORIO
27
5 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO
28
5.1
5.2
5.3
30
30
31
UNITÀ PERMEABILI PER POROSITÀ
UNITÀ PERMEABILI PER FESSURAZIONE E CARSISMO
SCHEMA IDROGEOLOGICO GENERALE
6 VULNERABILITÀ DEL TERRITORIO
33
7 GEOMORFOLOGIA DEI CENTRI ABITATI
34
8 CARATTERIZZAZIONE LITOTECNICA
39
8.1
SUCCESSIONI LAPIDEE
39
8.2
SUCCESSIONI CON ALTERNANZE LITOIDI LAPIDEE E ARGILLITICHE 40
8.3
SUCCESSIONI CONGLOMERATICHE (O GHIAIOSE), SABBIOSE,
ARGILLOSE
40
9 DATI GEOGNOSTICI E GEOTECNICI
41
10 INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA
41
11 PERICOLOSITÀ
41
11.1
11.2
11.3
43
46
47
PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
PERICOLOSITÀ SISMICA
PERICOLOSITÀ IDRAULICA
11 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Studio di geologia tecnica dott. Geol. Rinaldo Musetti via Circonvallazione 34/t Viareggio
41
Piano Strutturale Comune di Stazzema prov. Lucca – indagini geologico tecniche
2
CARTOGRAFIA ALLEGATA:
TAV. 1 CARTA DI INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E PAESAGGISTICO; SCALA 1:10.000
TAV. 2 CARTA GEOLOGICA; SCALA 1:10.000
TAV. 3 CARTA GEOMORFOLOGIA; SCALA 1:10.000
TAV. 4 CARTA DELL’ACCLIVITÀ; SCALA 1:10.000
TAV. 5 CARTA IDROGEOLOGICA; SCALA 1:10.000
TAV. 6 CARTA DELLA VULNERABILITÀ IDROGEOLOGICA; SCALA 1:10.000
TAV. 7 CARTA LITOTECNICA E DEI DATI DI BASE; SCALA 1:10.000
TAV. 8 CARTA DEGLI AMBITI E DELLE PERTINENZE IDRAULICHE; SCALA 1:10.000
TAV. 9 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGIA; SCALA 1:10.000
TAV. 10 CARTA PERICOLOSITÀ IDRAULICA; SCALA 1:10.000
TAV. 11 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ DI SINTESI UTOE; SCALA 1:5.000
TAV. 12 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA; SCALA 1:10.000
TAV. 13 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA UTOE; SCALA 1:5.000
**********************************
ELENCO DEGLI ALLEGATI:
ALL. 1 SINTESI STUDI SULL’ALLUVIONE DEL ’96;
ALL. 2 SINTESI STUDIO RAVANETI DI ARNI;
ALL. 3 INTERVENTI PUBBLICI DI MESSA IN SICUREZZA;
ALL. 4 CAVE E MINIERE;
ALL. 5 SORGENTI;
ALL. 6 GEOGNOSTICA;
ALL. 7 ANTRO DEL CORCHIA ED ALTRE EMERGENZE GEOLOGICHE;
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3
1 PREMESSA
Per incarico dell’Amministrazione comunale di Stazzema provincia di Lucca, è stato eseguito
uno studio geologico, geomorfologico, idrogeologico e idraulico sul territorio comunale, di
supporto al quadro conoscitivo del Piano Strutturale Comunale.
Lo studio è stato redatto secondo i criteri definiti dal Piano di Indirizzo Territoriale (P.I.T.)
regionale (D.G.R.T. n° 12/2000) Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) provinciale della
Provincia di Lucca, dal Piano Assetto Idrogeologico (P.A.I.) del Bacino Toscana Nord (D.C.R.T.
20.12.2004), dal Piano Assetto Idrogeologico (P.A.I.) del Bacino del Serchio (D.C.R.T. n°20 del
1.02.2005) ed in ottemperanza a quanto previsto dalla legislazione vigente, con la restituzione
degli elaborati grafici attraverso apposita piattaforma GIS e basi topografiche georeferenziate,
messe a disposizione dalla Regione Toscana. Il quadro legislativo di riferimento è
rappresentato dalla seguente normativa:
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L.R. n°1/2005 Norme per il governo del Territorio
D.M. Norme Tecniche Per Le Costruzioni 14.09.2005
21.01.1981 (Norme Geotecniche) per quanto previsto dal punto H sulla fattibilità geologica
e geotecnica della previsione urbanistica e successivo D.M 11.03.1988
D.G.R.T n° 304/96 e DGRT 1030/2003
Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (O.P.C.M.) 3274 del 20.03.2003 sulle
Zone Sismiche; L.R. 21.04.84 n° 21 e D.C.R. n°94/85 (Direttive sulle indagini geologicotecniche di supporto alla pianificazione urbanistica);D.G.R.T. 604/2003 (Indirizzi generali e
prime disposizioni sulla riclassificazione sismica della R.T…..); D.G.R.T. 751/2003
(Modifiche e integrazioni alla D.G.R.T. 604/03).
La resa grafica dei rilievi e delle indagini è stata effettuata adottando le scale grafiche indicate
dal PTC(1), concordata con i tecnici progettisti del Piano Strutturale:
CARTOGRAFIA GENERALE
Tav. 1 – INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E PAESAGGISTICO scala 1:10.000
CARTOGRAFIA DI BASE
Tav. 2 – CARTA GEOLOGICA scala 1:10.000
Tav. 3 – CARTA GEOMORFOLOGICA scala 1:10.000
CARTOGRAFIA TEMATICA
Tav. 4 – CARTA DELL’ACCLIVITA’ scala 1: 10.000
Tav. 5 – CARTA IDROGEOLOGICA scala 1:10.000
Tav. 6 – CARTA DELLA VULNERABILITA’ IDROGEOLOGICA scala 1:10.000
Tav. 7 – CARTA LITOTECNICA E DEI DATI DI BASE scala 1:10.000
Tav. 8 – CARTA DEGLI AMBITI E DELLE PERTINENZE IDRAULICHE scala 1:10.000
Tav. 9 – CARTA DELLA PERICOLOSITA’ GEOMORFOLOGICA scala 1:10.000
Tav 10 – CARTA PERICOLOSITA’ IDRAULICA scala 1:10.000
Tav. 11 – CARTA DELLA PERICOLOSITA’ DI SINTESI PER LE U.T.O.E. scala 1:
5.000
Tav 12– CARTA PERICOLOSITA’ SISMICA scala 1:10.000
Tav. 13 – CARTA DELLA PERICOLOSITA’ SISMICA PER LE U.T.O.E. scala 1: 5.000
I dati di base della Carta Geologica sono stati forniti dal Parco Regionale Delle Alpi Apuane in
formato Raster non georeferenziato e dalla Regione Toscana in formato georeferenziato
(parte). Sono stati inoltre utilizzati ulteriori dati su supporto informatico forniti da Regione
Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Stazzema e Comunità Montana Alta Versilia. Si
evidenzia che è in corso la revisione dei dati geologico strutturali relativi alla CARTA DELLE
(1)
Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Lucca
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VARIETA’ MERCEOLOGICHE DEI MARMI DELLE ALPI APUANE – Progetto Marmi Regione
Toscana, che potrebbe portare a modifiche interpretative dei marmi cartografati in Tavv.2 e 3.
Lo studio è stato così articolato:
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raccolta preliminare dei dati bibliografici e cartografici di letteratura geologica e dati di
precedenti indagini
rilevamento geologico geomorfologico di campagna su cartografia aerofotogrammetrica
comunale in scala 1:5000 e/o 1:2000
Interpretazione stereoscopica delle foto aeree (fornite dal Parco Regionale delle Alpi
Apuane, Comunità Montana Alta Versilia e Provincia di Lucca)
studio geomorfologico e idrogeologico di campagna
studio litotecnico e geotecnico
raccolta dei dati riguardanti i lavori di messa in sicurezza eseguiti sul territorio comunale da
enti vari.
Gli elaborati di sintesi (cartografia e rapporti tecnici) sono resi su supporto cartaceo e
informatico.
2 INQUADRAMENTO GENERALE
Si ritiene importante sottolineare che il 19 giugno 1996, il territorio comunale di Stazzema, è
stato interessato da un evento meteorico di fortissima intensità (tempo di ritorno (Tr) di circa 500
anni), che ha profondamente condizionato l’assetto geomorfologico della porzione di territorio
interessata, costituita da parte del bacino del fiume Versilia e della Turrite di Gallicano. L’evento
alluvionale ha prodotto una concentrazione di piogge entro un raggio di 5 km con epicentro
nella zona del Monte Forato e massimi valori registrati di oltre 400 mm in 12 ore, nelle località di
Retignano e Pomezzana. L’evento ha determinato importanti fenomeni di sovralluvionamento
con diffusi dissesti idrogeologici su gran parte del territorio comunale; nel presente studio
faremo spesso riferimento ad esso come causa scatenante di numerosi fenomeni gravitativi ed
erosivi presenti nel territorio (vd. sintesi in All. 1).
Inquadramento geografico e paesaggistico
Lo studio ha riguardato il territorio comunale che si estende per complessivi di 92 kmq, parte
all’interno del bacino idrografico del torrente Vezza sul versante Versiliese (bacino Toscana
Nord), parte dei torrenti Turrite Secca, Turrite di Gallicano, Turrite di Gragnana, sul versante
della Garfagnana (Bacino principale del Fiume Serchio).
Il territorio comunale rientra in un unico sistema morfologico di tipo collinare/montano, con
limitate aree pianeggianti sul fondovalle dei corsi d’acqua principali. Nella CARTA DI
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E PAESAGGISTICO di Tav. 1 si riportano i principali
elementi caratteristici e le attività antropiche responsabili del condizionamento del territorio. A
livello naturalistico le principali emergenze sono rappresentate da:
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sistema carsico dell’Antro del Corchia, sito di valenza naturalistica e speleologica, ed altre
aree carsiche minori
numerose sorgenti libere e captate, tra le quali sono da segnalare le acque minerali delle
Mulinette presso Calcaferro (Mulina) e la Sorgente della Pollaccia (Isola Santa)
erosioni fluvio-glaciali delle “Marmitte dei Giganti” del Monte Sumbra (Fatonero, Anguillaia,
Arni)
Torbiera di Fociomboli (Retrocorchia, paduli di Puntato) area a modellamento misto carsico
e glaciale
Circo Glaciale del Monte Corchia
Arco Morenico di Arni di Sopra e cordone morenico di Puntato
Torrioni del Monte Corchia
Gruppo del Procinto: Procinto Piccolo Procinto Gruppo dei Bimbi
Parete del Monte Nona
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5
Raddoppio stratigrafico di cresta del Monte Forato
Rocce lisciate di esarazione glaciale in località Gufonaglia, e roccia lisciata del versante
Nord del Corchia
Tra le attività antropiche sono da ricordare l’attività estrattive di Cava e Miniera:
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numerosi sono i bacini marmiferi nelle aree di Arni, del Monte Corchia, Cardoso e
Stazzema, con cave di marmi e pietre locali (Pietra del Cardoso) di buon pregio
nei molti bacini minerari attivi fino a pochi anni fa, sono stati estratti minerali di Piombo,
Bario, Ferro, Mercurio, soprattutto nelle aree di Ruosina, S.Anna, Cardoso e Levigliani.
Normativa Sismica
Nelle normative sismiche di cui all’All. 1 della D.C.R.T. 94/85, il comune di Stazzema non era
classificato, mentre l’ Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n.3274 del
20.03.2003, inserisce il territorio comunale in “zona sismica 3”. Le Norme Tecniche della citata
ordinanza individuano 4 zone simsiche sulla base dei valori di accellerazione orizzontale “ag/g”
di ancoraggio dello spettro di risposta elastico. La zona 3 è così individuata:
• accelerazione di picco orizzontale al suolo (ag) con probabilità di superamento pari al 10% in
50 anni: “ag/g” = 0.05-0.15
• accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico “ag/g” = 0.15.
Ai fini della definizione dell’azione sismica l’Ordinanza 3274/03, definisce le seguenti categorie
di profilio stratigrafico del suolo di fondazione:
A. formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi, caratterizzati da valori di VS30 > 800 m/s,
comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale (max. 5 metri)
B. Depositi di sabbie e ghiaie molto addensate, o argille molto consistenti, con spessori di
diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale aumento delle proprietà meccaniche
con la profondità e da valori di VS30 compresi tra 360 e 800 m/s (ovvero resistenza
penetrometrica Nspt >50, o coesione non drenataCu>250 kPa).
C. Depositi di sabbie e ghiaie mediamenteo addensate, o argille di media consistenza, con
spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di VS30
compresi tra 180 e 360 m/s (15<Nspt <50, 70<Cu<250 kPa).
D. Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati, oppure coesivi da poco a
mediamente consistenti, caratterizzati da valori di VS30 < 180 m/s (NSPT < 15; cu < 70 kPa)
E. Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di VS30 inferiori a 360 m/s
(15<Nspt <50, 70<Cu<250 kPa), spessori compresi tra 5 e 20 metri, giacenti su un substrato
di materiale rigido VS30 > 800 m/s.
La Regione Toscana ha recepito la riclassificazione sismica della O.P.C.M. 3274/03, con le
D.G.R.T. 604 e 751 2003, non ha ancora adeguato la Delibera 94/85 alla nuova classificazione
sismica introdotta dall’Ordinanza 3274/03.
Più in generale per il comune di Stazzema, l’attività sismica attendibile sulla base dei dati di
letteratura e di mappatura del flusso tettonico, può ritenersi simile a quella limitrofa della
Garfagnana, situata sul bordo Est parte interna appenninica, con strutture prevalentemente
distensive tensionali (Eva et al.,1978).
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Mappatura (Eva et al.,1978)
Di seguito si riportano le mappe di massima intensità sismica (in scala MCS) ricavate con
metodo di Merz e Cornell da Marcellini ’84 (Il rischio sismico in Toscana).
Per il territorio comunale di Stazzema la distribuzione areale dell’intensità è in accordo con il
flusso tettonico, cioè con l’andamento del sistema di faglie dirette (distensive) che
caratterizzano l’area. Come si può notare è attendibile un sisma di 6.5/7.5° con periodo di
ritorno di 50 anni, e del 7.5/8.0° con un periodo di ritorno di 200 anni.
Questi dati sono naturalmente riferiti a parametri geometrici di propagazione su larga scala,
trascurando gli effetti che le strutture crustali e la geologia locale possono avere
sull’attenuazione dell’intensità e sull’amplificazione dell’accelerazione al suolo.
L’amplificazione sismica locale rimane comunque condizionata da molteplici fattori:
a) Irregolarità topografiche (creste sottili, colline a forte acclività, bordi di terrazzi) che possono
provocare fenomeni di focalizzazione geometrica dell’energia sismica incidente;
b) Irregolarità della morfologia del substrato roccioso ( bordi di piccole valli alluvionali),
c)
Depositi alluvionali con o senza scadenti caratteristiche geotecniche che possono
amplificare l’accelerazione massima in superficie rispetto a quella che ricevono alla base per
fenomeni di riflessione multipla ed interferenza costruttiva delle onde sismiche all’inerno del
deposito.
d) Presenza di acque di falda in depositi sciolti e monogranulari all’interno dei quali si possono
avere fenomeni di liquefazione.
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Da “Il rischio sismico in Toscana” Marcellini ‘84. Massima intensità sismica periodo di 50 anni
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Da “Il rischio sismico in Toscana” Marcellini ‘84. Massima intensità sismica attendibile periodo di 200 anni
3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO GEOMORFOLOGICO
L'indagine geologico-applicativa ha come scopo principale quello di fornire un quadro
conoscitivo in termini di rischio geomorfologico, idrogeologico, geotecnico e idraulico, per
consentire una corretta pianificazione territoriale ed una valutazione degli effetti ambientali che
essa può produrre (art. 32 L.R. 5/95). Lo studio ha permesso di elaborare, attraverso rilievi e
verifiche di campagna e/o indirettamente, una serie di carte dove è riportato l'insieme delle
informazioni raccolte quali: Unità litostratigrafiche; terreni di copertura recenti (detriti, conoidi,
alluvioni, depositi glaciali e fluvio glaciali); aree con fenomeni franosi attivi, quiescenti e
bonificati; aree soggette a processi morfogenetici. Gli obiettivi dello studio sono:
♦
♦
♦
(2)
fornire un quadro dettagliato delle formazioni rocciose, dei limiti geologici e dell’assetto
strutturale (misure di strato, faglie, lineazioni, contatti tra le varie formazioni);
delimitare i confini delle aree collinari con le aree di fondovalle;
evidenziare e delimitare le aree dove sono presenti processi morfogenetici in atto (frane,
zone in forte erosione ecc.) e le aree dove è possibile l'innesco o la ripresa di tali processi
(frane quiescenti, placche di detrito ad elevata instabilità potenziale, aree soggette ad
erosioni ecc.). In particolare l’elaborazione delle due carte di base si è svolta attraverso:
ƒ raccolta e revisione dei dati bibliografici di cartografia geologica e di precedenti studi
ƒ rilevamento di campagna su cartografia aerofotogrammetrica scala 1:5000 per il
territorio extraurbano, 1:2000 per le frazioni e gli insediamenti abitati; reso 1:10000 e/o
1:5000 per le UTOE(2)
ƒ Interpretazione stereoscopica delle fotografie aeree disponibili
ƒ aggiornamento e revisione critica della cartografia comunale, provinciale e dell’Autorità
di Bacino Toscana Nord, con particolare riferimento alle UTOE.
Unita’ Territoriale Omogenea di Espansione
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3.1 GEOLOGIA
3.1.1 ASSETTO STRUTTURALE
L’impianto geologico dell’area è da riferire alla più generale dinamica della tettonica a “falde”
dell’Appennino Settentrionale, che spiega la presenza di formazioni appartenenti ad unità
tettoniche e stratigrafiche diverse. L’Appennino settentrionale è una catena montuosa che si è
sviluppata durante l’orogenesi terziaria, con inizio del processo nell’Eocene medio-Superiore,
attraverso la chiusura del settore ligure del dominio oceanico ligure-piemontese, in presenza di
una collisione continentale tra il blocco Sardo-Corso e la microplacca Adria (Apula).
Un regime prevalentemente compressivo derivato da questa tettonica collisionale si è poi
propagato dai settori più interni a quelli più esterni della catena, in direzione da SW a NE nella
attuale posizione della penisola italiana. A partire dal Miocene inferiore nella parte interna della
catena (dominio toscano), le strutture compressive sono state poi interessate da una rilevante
tettonica di tipo distensivo da Nord verso Sud, contemporanea all’apertura del mare Tirreno
settentrionale. Questo regime di distensione continua ad interessare la parte occidentale
dell’Appenino Settentrionale, con sviluppo prevalente di strutture ad Horst e Graben. Nella
ricostruzione della struttura effettuata lungo la trasversale dall’interno verso l’esterno della
catena, sono stati riconosciuti i seguenti domini:
a) Dominio Ligure, rappresentato da relitti di terreni provenienti da basamento oceanico (ofioliti)
e relative coperture sedimentarie, con flysch cretaceo-paleogenici scollati dal loro substrato;
nella porzione più esterna si hanno solo successioni creteaceo-eoceniche con melanges di
ofioliti e flysch calcarei del tutto sradicati dal relativo substrato.
b) Dominio Subligure, visibile nella sola successione paleogenica dell’Unità di Canetolo
profondamente tettonizzata, con natura del substrato e provenienza paleogeografica ignote.
c) Dominio Toscano Interno (Falda Toscana), formazioni con metamorfismo di anchizona o non
metamorfiche, del Trias superiore Miocene inferiore, del tutto scollate sul livello di evaporiti del
Trias superiore (calcare cavernoso).
d) Unità di Massa, interposta tettonicamente tra Falda Toscana e Autoctono Auctt., composta
da terreni di età paleozoica o del Trias inferiore-medio. Viene interpretata come il possibile
substrato originario della Falda Toscana, sovrascorsa e scollata su di essa, o derivare da un
dominio proprio, situato tra i domini Toscani con assenza di coperture mesozoiche e terziarie.
e) Dominio Toscano Esterno (Autoctono), dato dalla successione di terreni deformati da
metamorfismo in facies di scisti verdi, comprendenti litologie di “basamento” paleozoico (con
deformazioni erciniche più antiche) e una successione mesozoica-terziaria.
f) Unità di Monte Cervarola, data da un flysch del Miocene Medio deposto in una zona di bacino
al fronte delle falde del Dominio Toscano Esterno e parzialmente accavallato sul Dominio
Umbro-Marchigiano. Non si ha traccia nell’Appennino del relativo substrato.
h) Dominio Umbro-Marchigiano, livello di “thrust-fold belt” scollato a livello di evaporiti triassiche,
affiorante in Umbria e nelle Marche e sepolti dalle coltri liguri migrate al di sopra della Falda
Toscana. E’ la zona più esterna della catena, con terreni sedimentari di età fino al Miocene
Superiore (non sii rileva sul territorio comunale)
Escludendo le zone più meridionali del territorio (Finestra Tettonica di S.Anna; asse montuoso
del Monte Gabberi) e quelle del versante Est dello spartiacque meridionale delle Alpi Apuane
(territorio di Palagnana-Monte Croce), dove affiorano terreni della Successione Toscana, gran
parte del territorio esaminato si colloca nel settore sudorientale del Nucleo Metamorfico delle
Alpi Apuane, dove affiorano Unità del dominio dell’”Autoctono” (Auctt.).
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Il modello evolutivo proposto negli studi geologico strutturali di Carmignani e Kligfield (1990)
compendia la teoria di un’evoluzione polifasata complessa descritta in circa 25 anni di
letteratura specialistica, attribuendo la strutturazione delle Apuane a due fasi principali:
• una fase compressiva (D1) legata alla collisione del basamento europeo (Sardo-Corso) con
il basamento africano della microplacca adriatica, responsabile dei principali raccorciamenti
crostali, durante la quale si ha la strutturazione del Complesso Metamorfico Apuano;
• una fase distensiva (D2) post-collisionale, che porta al riequilibrio isostatico della crosta
ispessita, con risalita delle porzioni più profonde e la formazione del core complex apuano.
Con la ricomposizione della geologia complessiva del massiccio apuano, operata nella
pubblicazione della Carta del Parco delle Apuane (2001), sono state eliminate le suddivisioni
tettoniche dell’Unità delle Panie e delle Scaglie parautoctone di Stazzema (Carmignani et al.,
1993), la differenza strutturale tra le ex Unità è stata ridotta a contatti tettonici di ordine inferiore.
Sono state quindi lasciate nella descrizione del Nucleo metamorfico, le sole unità di Massa e
Apuana; la prima è ben caratterizzata a livello di successione stratigrafica, con netti confini dati
da contatti tettonici di primo ordine; la seconda possiede al suo interno delle sottounità con
modeste variazioni stratigrafiche e contatti tettonici inferiori.
La fase (D1) è ben conservata soprattutto nelle Alpi Apuane Settentrionali, caratterizzata da
pieghe isoclinali non cilindriche di dimensioni anche chilometriche NE vergenti, con sviluppo di
scistosità (S1) sin-metamorfica parallela al piano assiale, che in genere traspone le originarie
superfici di stratificazione. Nelle litologie della Falda Toscana questa deformazione è stata
verificata dalle relazioni angolari tra scistosità e stratificazione, le maggiori strutture della fase
D1 riscontrabili sul territorio comunale sono:
a) Sinclinale di Carrara; struttura più occidentale dell’Unità Apuana, con asse a direzione
appenninica; verso SE si ritrova in modo discontinuo nei motivi delle sinclinali delle
Madielle, di Trambiserra e del Monte Costa, al nucleo di marmi o calcari selciferi.
b) Anticlinale di Vinca; ben rappresentata dall’affioramento esteso dei nuclei paleozoici a
Filladi inferiori e Porfiroidi della Valle del Giardino (duomo dell’antiforme di scistosità), per
proseguire tra il Monte Corchia e la Pania della Croce, a formare l’Anticlinale di Mosceta.
c) Sinclinale del M.Altissimo – Monte Corchia – Puntato; struttura tra le maggiori della catena
a nucleo di marmi e calcari selciferi, si rileva soprattutto nel motivo dell’affioramento
ribaltato Monte Rocca – Monte Alto – Monte Corchia, mentre più a Nord-Est è visibile nella
Sinclinale di Puntato.
d) Anticlinale del Monte Tambura e di Campanice-Fociomboli; lunga struttura laminata nel suo
fianco rovesciato, che fascia interamente l’adiacente sinclinale di Arni, radicandosi sul
versante Ovest della catena, terminando con dinamica di “tete plongeante” nell’area di
Campanice e Fociomboli.
Altre strutture minori descritte in studi specialistici sono :
• Sinclinale di Arni –Arnetola, a nucleo di Cipollini e Scisti sericitici, complicata da successivi
ripiegamenti in antiformi e sinformi e con rilevanti affioramenti di marmi;
• Anticlinale di Passo Sella;
• Sinclinale del Monte Fiocca e Anticlinale del Monte Sumbra.
La fase distensiva (D2) si realizza attraverso la formazione di zone di taglio duttili, inclinate a
SW lungo il fianco sud-occidentale del “duomo” realizzato dalle rocce metamorfiche (grande
antiforme di scistosità alla scala dell’intera catena); inclinate a NE sul fianco nord-orientale.
Entro le zone di taglio si sviluppa una scistosità di crenulazione, associata alla formazione di
pieghe per lo più asimmetriche, lo spostamento entro queste zone di taglio a scala regionale
determina un’estensione orizzontale accompagnata da assottigliamento crostale.
Le strutture di interferenza generate dalla sovrapposizione della D2 sulla D1 sono di difficile
interpretazione; nelle figure allegate si riportano lo Schema sintetico della struttura
dell’Appennino Settentrionale (schema Carta parco) e le colonne stratigrafiche tipo
dell’”Autoctono” Apuano, proposte dal prof. L. Carmignani.
La successione Toscana non metamorfica (Falda Toscana) deve il suo attuale assetto tettonico,
ad una serie di eventi tettonici-metamorfici tutto sommato analoghi a quella del complesso
metamorfico sottostante, con fasi compressive NE-vergenti e una tettonica distensiva con
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pieghe rovesciate vergenti verso il Mar Tirreno. Anche nella Falda Toscana è presente una
tettonica polifasica (Pertusati et al.,1977) con una scistosità (S1) in rocce argillose, con
metamorfismo di anchizona, un clivaggio derivato da una seconda fase (S2) spesso poco
evidente che si ritrova associato a strutture plicative, con pieghe di grande estensione e
vergenza verso Ovest (Carosi et al. 2002). Una terza fase compressiva è stata determinata da
pieghe orientate Est-Ovest e piano assiale debolmente inclinato verso Est. La tettonica della FT
nella fase distensiva è principalmente composta da faglie dirette ad alto angolo e piani assiali
orizzontali, con sovrapposizioni di rocce più giovani su litologie antiche (esempio classico delle
sovrapposizioni nella fascia del Monte Matanna-Monte Nona-Procinto e zona di Palagnana). le
faglie dirette di tipo listrico si radicano entro l’orizzonte di scollamento del Calcare Cavernoso (al
letto) e dalla Scaglia Toscana (al tetto), la successione carbonatica dà luogo a grandi pieghe di
trasferimento NW-SE (es. Monte Matanna), e strutture anticlinali classicamente considerate di
“rollover” (es. M.Croce - Carmignani, 1990), tipiche degli strati al tetto delle faglie a basso
angolo.
Alla luce di nuovi studi a carattere strutturale (Molli e Meccheri, 2000; Carosi et al., 2002), la
classica impostazione della catena apuana è stata sottoposta a revisioni, individuando
un’evoluzione tettonica più complessa. All’interno delle formazioni carbonatiche, in particolare
dei marmi la (D1) è stata suddivisa in due fasi di cristallizzazione e metamorfismo a carattere di
sviluppo di pressioni (D1a e D1b), di cui una più statica con picco relativo di alte temperature.
Nelle interazioni tra terreni dell’Autoctono Auctt. e della Falda Toscana, specie nel territorio
delle Apuane meridionali in cui ricade ampia parte del Comune di Stazzema, sono state
individuate ulteriori fasi tettoniche tardive (D3 e D4 - Carosi et al 2002), due nell’Unità Apuana e
una nella Falda Toscana, fasi associate allo sviluppo di pieghe orizzontali e verticali tra loro
parallele, in regime compressivo meno sviluppato dell’evento D1. Alcune osservazioni di queste
fasi tardive, applicate alla ricerca sui giacimenti di “Pietra del Cardoso” sono state effettuate da
Coli e Livi (2003); a livello di strutture maggiori, comunque rimane valido il modello classico di
Carmignani et al. (1990;1993). Di seguito si riporta lo Schema Tettonico e le colonne
stratigrafiche tipo dell’”Autoctono” Apuano, proposte dal prof. L. Carmignani.
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SCHEMA TETTONICO DELLE ALPI APUANE*
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COLONNE STRATIGRAFICHE SCHEMATICHE*
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*estratto da "TETTONICA DISTENSIVA DEL COMPLESSO METAMORFICO APUANO (GUIDA
ALL'ESCURSIONE)"
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3.1.2 SUCCESSIONI STRATIGRAFICHE
Come accennato sul territorio rilevato affiorano in larga misura formazioni epimetamorfiche
dell’”Autoctono” (Auctt.), attribuibili alla copertura mesozoica e terziaria ed al basamento
paleozoico (vd. CARTA GEOLOGICA Tav 2). Le formazioni geologiche affiorano dal basso
verso l’alto secondo il seguente schema:
3.1.2.1 Autoctono (Auctt.)
Basamento Paleozoico, affiora nel settore centromeridionale (con punto di maggiore sviluppo
nella zona circostante il Canale del Giardino e gli abitati di Ruosina e Terrinca) e rappresenta
l’area di culminazione assiale della grande anticlinale di Vinca:
Filladi inferiori (fi).
•
•
•
litologia: Filladi quarzitico muscovitiche, spesso cloritiche con alternanze di Quarziti e più
raramente Filladi grafitiche; lenti di Metavulcaniti basiche.
età: Cambriano?-Ordoviciano?.
affioramenti: la maggiore presenza di questa litologie si ha nella zona della profonda
incisione valliva del Canale del Giardino e nei pressi dell’abitato di Ruosina. Altri
affioramenti si rilevano nelle frazioni di Gallena, Retignano, Terrinca, Levigliani.
Porfiroidi, Scisti Porfirici e Metarenarie quarzose (pf):
• litologia: Metarenarie quarzose, Metarenarie arcosiche, Quarziti e Quarziti filladiche.
•
•
Porfiroidi e Scisti porfirici, Metavulcaniti a composizione riolitica, con fenocristalli di quarzo e
feldspato in matrice quarzoso muscovitica, Metarcosi e Filladi muscovitiche cloritiche con
abbondanti cristalli di quarzo vulcanico.
età: ?Ordoviciano-Superiore
affioramenti: si presentano a coronamento della estesa area delle Filladi Inferiori sopra
descritte, con estensioni in prossimità di Ponte Stazzemese.
Dolomie scistose ad Orthoceras e Calcari nodulari rossi (co)
• litologia: Calcari rossi nodulari, Metacalcari e Metacalcari dolomitici rossastri, Calcescisti e
•
•
Filladi carbonatiche a clorite e muscovite, Dolomie scistose a Orthoceras, Dolomie
cristalline, Filladi grafitiche e più raramente Quarziti nere (liditi). Localmente, abbondanti
resti di crinoidi e Ortocheras.
età:. ?Siluriano-?Devoniano
affioramenti: trovano la maggiore estensione nell’area dell’Alpe di Pruno e della Foce di
Mosceta, ed in modo limitato nelle zone abitate di Levigliani e Retignano, dove sono
oggetto di escavazioni lapidee particolari, come i Calcari nodulari rossi di Retignano-La
Risvolta.
3.1.2.2 Successioni Mesozoiche e Terziarie
A metamorfismo alpino in facies scisti verdi, sono rappresentate da una successione
carbonatica piuttosto articolata dalla strutture di pieghe sinclinali (le principali sono quelle del
Monte Altissimo e di Arni) Il rilevamento di campagna ha permesso di riconoscere i seguenti
termini (dal basso verso l’alto):
Verrucano, Formazione di Vinca (Vr).
•
•
•
•
litologia: Verrucano. Quarziti, filladi muscovitiche e metaconglomerati quarzosi in matrice
quarzitico filaldica
età: Ladinico sup. Carnico
litologia: Formazione di Vinca. Quarziti, metarenarie feldspatiche e filladi con intercalazioni
di Dolomie
età: Norico
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•
16
affioramenti: affiorano in modo discontinuo nella parte centrale di territorio, lungo un
allineamento Guglie del Corchia-Monte Ceto-Pontestazzemese-Monte Rocca, e sul lato
Ovest lungo la dorsale Corfigliette-Monte Forato-Monte Procinto-Grottaccia.
Grezzoni (gr).
• litologia: Dolomie con limitate modificazioni microstrutturali metamorfiche (esteso
•
•
boudinage). Alla base brecce metamorfiche ad elementi dolomitici, nella parte intermedia
dolomie grigio scure stratificate, nella parte alta dolomie a patina di alterazione giallastra
con tracce di filladi lungo i giunti di stratificazione. Talvolta presenti noduli o liste di selci
nere (pizzo d’Uccello, Monte Grondilice). Dolomie brecciate grigio-giallastre con struttura a
cellette talvolta “cariate".
età: Norico
affioramenti: affiorano estesamente nella parte centrale di territorio lungo un allineamento
Guglie del Corchia-Monte Ceto-Pontestazzemese-Monte Rocca, e sul lato Ovest lungo la
dorsale Corfigliette-Monte Forato-Monte Procinto-Grottaccia.
Brecce di Seravezza e Scisti a Cloritoide (Br)
•
•
•
litologia: Brecce poligeniche metamorfiche a elementi marmorei e subordinatamente
dolomitici, con matrice filladica a cloritoide di colore rossastro o verdastro. Localmente livelli
discontinui di Filladi a cloritoide, minerale che può diventare il principale costituente della
roccia.
età: Retico-?Lias inf
affioramenti: Queste formazioni occupano porzioni stratigraficamente significative seppure
ristrette in potenza di territorio comunale (allineamento Mulina, Pontestazzemese; Volegno;
Piastraio e retro Corchia).
Marmi a Megalodonti, Marmi dolomitici (Grm, Md)
•
•
•
•
•
litologia: Marmi a Megalodonti: Marmi saccaroidi, massicci o grossolanamente stratificati,
con scarsa muscovitiche clorite lungo i giunti di strato. Frequenti molluschi, brachiopodi e
megalodonti
età: Retico
litologia: marmi dolomitici: Marmi dolomitici alternati a livelli di Dolomie con frequenti alghe,
gasteropodi, brachiopodi e lamellibranchi. Talvolta sono presenti spessori variabili di
Dolomie cristalline massicce grigio chiare.
età: Lias Inferiore
affioramenti: affiorano nella zona del Retro Corchia e sul versante occidentale
dell’allineamento Pizzo delle Saette, della Pania della Croce, Monte Forato).
Marmi (m).
•
•
•
litologia: Marmi di colore variabile dal bianco al nero al grigio, con rari e sottili livelli di
Dolomie e Marmi dolomitici giallastri. Brecce monogeniche metamorfiche ad elementi
marmorei da centimetrici a metrici. Brecce poligeniche metamorfiche a prevalenti elementi
marmorei e subordinati di dolomia, selci grigio chiare e rosse, talvolta con matrice filladica
rossastra o violacea.
età: Lias inf. (?medio)
affioramenti: Le zone di maggiore estensione areale della formazione marmifera si
ritrovano nella Valle di Arni e nella parte medio-superiore della Turrite Secca, in
corrispondenza delle situazioni strutturali più complesse nell’edificio apuano (sinclinale di
Arni, Antiformi di Passo Sella e sinclinale del Monte Sumbra). Altre aree importanti sono
situate nella sinclinale del Monte Corchia, nelle strutture secondarie del Monte Alto e di
Mulina di Stazzema, dove si ritrovano varietà merceologiche coltivate in numerose cave.
Calcari Selciferi (cs):
•
•
litologia: Metacalcilutiti grigio scure con liste e noduli di selce, e rari livelli di metacalcareniti
in strati di potenza variabile, spesso alternati con strati più sottili di Calcescisti e Filladi
carbonatiche grigio scure con pirite ed Ammoniti piritizzate (zona del Monte Sumbra).
età: Lias Medio – Superiore
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•
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affioramenti: occupa porzioni abbastanza ristrette in estensione e potenza di territorio,
prevalentemente nell’area a Nord dell’abitato di Pruno e nella parte alta del bacino della
Turrite Secca.
Diaspri, Calcescisti (d):
•
•
•
•
•
litologia: Diaspri: Metaradiolartiri rosso violacee e verdastre sottilmente stratificate con
intercalazioni di Filladi quarzitiche. Nella parte superiore della formazione sottili livelli di
Calcari silicei metamorfici e Filladi carbonatiche.
età: Malm
litologia Calcescisti : Calcescisti grigio verdastri a patina di alterazione marrone chiaro, con
sottili intercalazioni di Filladi
età: Lias superiore-Dogger.
affioramenti: La zona di principale affioramento di questa formazione si ritrova nella
struttura complessa della sinclinale di Arni, dove la plasticità dei litotipi ha determinato
numerosi ripiegamenti secondari all’interfaccia con i Cipollini, numerose laminazioni con le
formazioni dei Marmi e deformazioni tettoniche fino a piccola scala. Altre zone significative
si hanno nella zona tra Monte Freddone la Cima di Gufonaglia.
Calcari selciferi a Entrochi (cse)
•
•
•
litologia: Metacalcilutiti grigio chiare e color avorio, ben stratificate con liste e noduli di
selce. La parte superiore è costituita da Metacalcareniti grigie in strati più potenti, con liste e
noduli di selce; al tetto della formazione lenti di Metacalciruditi derivate da originarie brecce
poligeniche ad elementi di Calcilutiti, Dolomie e Radiolariti.
età:. Titoniano superiore-Cretaceo inferiore.
affioramenti: piuttosto scarsi e limitati alla zona Sud-SudOvest di Pontestazzemese e al
limite Nord del territorio, presso la Cima di Gufonaglia a NordEst del Monte Freddone
Calcari a Nummuliti, Cipollini, Scisti sericitici (sc):
•
•
•
•
•
•
•
litologia: Calcari a Nummuliti: Filladi muscovitiche verdastre, rosso violacee e più
raramente grigie a macroforaminiferi.
età: ?Eocene-Oligocene
litologia: Cipollini: Calcescisti verdastri o rosso violacei, Marmi e Marmi a cloritoide, livelli di
Metacalcareniti grigie a macroforaminiferi.
età: ?Eocene-Oligocene
litologia: Scisti Sercitici:, Filladi muscovitiche verdastre, rosso e rosso violacee e più
raramente grigie, con rari e sottili livelli di Filladi carbonatiche, Marmi a clorite e
Metaradiolariti rosse.
età: Cretacico inf.-Oligocene
affioramenti: Le aree più rappresentative sono date dal nucleo della struttura complessa
sinclinale di Arni, dall’area dell’Alpe di Pruno e da affioramenti a sud di Farnocchia. Questi
livelli in passato sono stati coltivati per estrazioni di marmi, specie nelle prime due località;
altri affioramenti significativi si ritrovano in località prossime al Monte Freddone e Isola
Santa, dove persistono attività estrattive del Cipollino, di buone caratteristiche
merceologiche.
Pseudomacigno (pmg).
•
•
•
litologia: Metarenarie quarzoso feldspatico micacee alternate a Filladi grigio scure.
Rappresenta il termine più alto della serie post-paleozoica
affioramenti: I livelli metarenacei affiorano in un vasto areale tra le frazioni di Farnocchia e
di Pruno, dove insistono gli insediamenti urbani delle frazioni di Cardoso, Volegno,
Pomezzana, e Mulina; nella zona di S. Anna e in sponda destra della Turrite Secca. Le
qualità merceologiche più metarenacee dello Pseudomacigno, favoriscono l’estrazione della
“Pietra del Cardoso”, il cui piano di sviluppo si è ampliato dalla classica area omonima ad
altre località presso Stazzema e Pomezzana, dove locali escavazioni di pietra nella variante
Filladica, sono utilizzati in edilizia.
età: Oligocene sup
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3.1.2.3 Unità di Massa
Successione Triassica a metamorfismo alpino in facies scisti verdi, qui rappresentata da un
unico termine:
Filladi sericitiche, Anageniti (fs)
•
•
•
•
litologia: Filladi Sericitiche, Filladi quarzitico muscovitiche grigie, grigio verdi, violacee,
alternate a Filladi scure.
litologia: Anageniti, Metaconglomerati quarzosi con matrice quarzitico filladica da grigio
verde a violacea. Gli elementi sono costituiti in prevalenza da quarzo rosato e quarziti
bianche o rosate, talvolta sono presenti livelli Quarzitico filladici violacei.
età: Carnico
affioramenti: un unico limitato affioramento si individua sotto i Pizzi dell’Argentiera nella
zona SudOvest del territorio comunale, in contatto tettonico con le filladi inferiori dell’Auct.
3.1.2.4 Successioni Toscane
Falda Toscana. Nella nuova classificazione tettonica della Carta del Parco delle Alpi Apuane
(Carmignani et al., 2001), soltanto una limitata parte del territorio comunale è inserita in litologie
appartenenti alle serie Toscana non metamorfica. Queste aree si ritrovano nella zona di S.Anna
di Stazzema, dove si riscontrano motivi di sovrascorrimento sull’orizzonte di scivolamento
tettonico del Calcare Cavernoso e Brecce Poligeniche dei terreni carbonatici sui terreni
metamorfici, che affiorano in “finestra tettonica”. Nella zona di Palagnana, oltre lo spartiacque
principale dato dall’asse Monte Matanna-Monte Nona-Monte Forato, si presenta il maggiore
affioramento di questa serie, raccorciata da sovrascorrimenti tettonici e faglie distensive
riconducibili al sistema del Graben del Serchio (Eva , 1978). Si riconoscono, a partire dal basso
verso l’alto:
Calcare Cavernoso e Brecce Poligeniche (cv)
•
•
•
•
Litologia: Calcare Cavernoso: Calcari dolomitici e Dolomie grigie con struttura a cellette e
Dolomie cariate
litologia: Brecce Poligeniche: Brecce poligeniche con prevalenti elementi di Dolomie,
Calcari dolomitici triassici ed elementi più recenti della falda Toscana e subordinatamente
delle unità Liguri. In prossimità del contatto tettonico con l’Autoctono Auct., elementi di
rocce metamorfiche provenienti da questa unità tettonica possono divenire prevalenti.
età:Norico-Retico.
affioramenti: si riscontrano in prevalenza nella zona circostante i rilievi del Monte Lieto, Monte
Gabberi e Monte Arsiccio, dove insistono le frazioni più meridionali del comune; e con
discontinuità al tetto dell’Autoctono.
Calcari e marne a Rhaetavicola contorta (cr)
•
•
•
litologia: Calcari e Calcari dolomitici e Dolomie con sottili intercalazioni di Marne.
Generalmente nella parte inferiore prevalgono Calcari, Calcari dolomitici e Dolomie, cui
seguono Calcilutiti nere alternate a sottili livelli di Marne grigio scure a patina di alterazione
giallastra.
età: Norico-Retico
affioramenti: lungo il sovrascorrimento con l’Autoctono lungo un asse comprendente le
cime del Monte Lieto, Gabberi, Nona, e il versante destro orografico del Monte Croce e
della vallata della Turrite di Gallicano.
Calcari Massicci (cm)
•
•
•
litologia: Calcari e Calcari dolomitici grossolanamente o non stratificati. La parte alta della
formazione comprende Calcilutiti grigie talvolta con sottili orizzonti giallastri in
corrispondenza dei giunti di strato.
età: Hettangiano
affioramenti: significativi affioramenti nell’area compresa tra Palagnana Monte Croce Monte
Matanna e Monte Nona.
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Rosso Ammonitico (ra)
• litologia: Calcari nodulari rosati, rossi o giallastri e calcari stratificati rosa, talvolta con sottili
•
•
interstrati di Marne rosse e rare Selci rosse.
età: Lias inferiore
affioramenti: affiora in modo significativo nelle sole aree dell’Alto Matanna e di Palagnana,
con alcune alternanze per ripiegamento a scala chilometrica lungo la cresta sommitale del
Monte Matanna. In passato questo materiale fu episodicamente scavato per estrazione di
materiali lapidei.
Calcari Selciferi inferiori (csi)
• litologia: Calcari e Calcari marnosi grigio chiari, ben stratificati, con noduli e liste di Selce
•
•
grigio chiare e sottili interstrati marnosi; rari livelli calcarenitici.
età: Lias medio-Superiore
affioramenti: affiora prevalentemente nell’area di Palagnana e del fondovalle della Turrite di
Gragliana
Marne a Posidonia (mp)
•
•
•
litologia: Marne e Calcari marnosi e Argilliti marnose varicolori, con sporadici livelli
radiolaritici nella parte sommitale. Localmente sono livelli di Argilliti nere grafitose; talora
alla base della formazione si trovano sottili lenti di Brecce calcareo silicee.
età: Toarciano inferiore-?Calloviano
affioramenti: affioramento principale nella zona di Palagnana e nella frazione de Il Cerro.
Calcari Selciferi Superiori (css)
•
•
•
litologia: Calcari e Calcareniti gradate (torbiditi) di colore grigio scuro, a liste e noduli di
selce nera.
età: Oxfordiano-Kimmeridgiano superiore
affioramenti: limitati nella zona del fondovalle della Turrite di Gragliana, presso Palagnana.
Diaspri (di)
•
•
•
litologia: Radiolariti rosso scure o verdi, sottilmente stratificate, localmente con interstrati
argillitici. Nella parte alta della formazione, marne silicee e argilliti rosse con rare
intercalazioni di calcilutiti silicee grigio verdastre.
età: Malm
affioramenti: limitati, soltanto sotto la vetta occidentale del Monte Croce e a Est di Palagnana.
Maiolica (mac)
•
•
•
litologia: Calcilutiti e Calcilutiti silicee bianche e grigie, a frattura concoide con liste e noduli
di selce, che prevalgono nella porzione inferiore, nella parte sommitale Calcareniti e Brecce
torbiditiche.
età: Titoniano Superiore-Cretacico inferiore
affioramenti: significativi affioramenti in una fascia comprendente la zona di Palagnana
(borgate di Zarli e Pioppo), l’intera vetta del Monte Croce e la parte alta del versante destro
orografico della Turrite di Gallicano, a Sud Est di Petrosciana.
Scaglia Toscana (st)
•
•
•
litologia: Argilliti varicolori, Marne e Marne calcaree rossastre con intercalazioni di
Calcilutiti, Calcilutiti silicee e Calcareniti
età: Cretacico inferiore-Paleogene
affioramenti: limitati affioramenti a Nord di Palagnana.
Calcari a Nummuliti (cn)
•
•
•
litologia: Calcareniti a macroforaminiferi e Calciruditi grigie, talvolta selcifere, in strati di
potenza variabile, alternate con Argilliti e Marne rosse o verdastre.
età: Eocene-Oligocene inferiore
affioramenti: estesi affioramenti nell’area di Palagnana (loc. Pioppo).
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Macigno (mg)
• litologia: Arenarie quarzoso feldspatico micacee gradate in strati di potenza variabile con
•
•
livelli più sottili di Argilliti siltose.
età: Oligocene Superiore-Miocene Inferiore
affioramenti: affioramenti estesi si manifestano nella parte più orientale del territorio comunale
a Nord Est di Palagnana, nella fascia che dall’albergo basso Matanna sale verso Colle delle
Baldorie e Buca delle Fate.
3.1.2.5 Depositi Quaternari
Oltre alle formazioni quaternarie in senso stretto, nella CARTA GEOLOGICA sono stati
rappresentati anche i terreni di copertura significativi (Depositi di Versante e Ravaneti) con
spessori evidentemente superiori a 2.50÷3.00 metri, tali da rappresentare loro stessi una
categoria di terreno a se stante rispetto al substrato roccioso su cui poggiano, riservando
comunque al successivo capitolo riguardante la geomorfologia, definizioni di maggior dettaglio
sulle coperture in senso lato e sulle forme gravitative. Le formazioni ed i depositi quaternari
risultano:
Brecce di Metato (bme)
• litologia: Brecce poligeniche ad elementi provenienti da formazioni mesozoiche e terziarie
•
•
della Falda Toscana e dell’Autoctono Apuano.
età: ?Miocene Superiore-?Quaternario
affioramenti: limitati a Est del Monte Gabberi, sul versante meridionale del monte Gegoli
Depositi glaciali e fluvio glaciali (morene) (mo)
•
•
•
litologia: Clasti eterometrici di forma arrotondata e subangolosa in abbondante matrice limoso
sabbiosa. Rappresentano una tipologia di detrito naturale con pezzame eterogeneo,
grossolanamente modellato e parzialmente cementato, prodotto dell’azione erosiva del fronte
di espansione frontale e laterale di antichi ghiacciai
età: Pleistocene Medio-Superiore (Riss e Wurm)
affioramenti: le maggiori estensioni residuali di questi depositi si rilevano nel fondovalle della
Turrite Secca, presso gli abitati di Arni e Campagrina e presso gli Alpeggi di Puntato e Col di
Favilla.
Depositi alluvionali recenti e attuali (al)
•
•
•
litologia: Ghiaie eterometriche, Sabbie e Limi soggetti ad evoluzione con ordinari processi
fluviali.
età: Olocene.
affioramenti: sono diffusi lungo i corsi d’acqua principali, con classazione decrescente
dall’asse fluviale fino a facies sabbioso limose nelle fasce più elevate del bordo alluvionale.
Depositi di versante (dt)
•
•
•
litologia: terreni prevalentemente sciolti ed eterogenei, talora grossolani, che formano le
coperture detritiche più ampie, rilevabili anche con il supporto dell’osservazione stereoscopica
delle foto aeree.
età : Quaternario (Olocene?)
affioramenti: ampie estensioni si rilevano in corrispondenza delle litologie scistoso-filladiche
(Pseudomacigno, Filladi Inferiori) delle aree di Ruosina Retignano, Terrinca, Levigliani; e tra
Farnocchia, Pomezzana e Stazzema.
Ravaneti
•
•
•
litologia: depositi antropici recenti, prodotto di scarto della escavazione dei marmi e altri
materiali lapidei della Serie metamorfica Apuana, pezzame eterogeneo in matrice limosoargillosa.
età: Quaternario recente
affioramenti: Le più ampie estensioni di questi depositi artificiali si ritrovano oltre che nella
vallata di Arni, descritta in dettaglio nello studio di Musetti et al. (2002) vd. All. 2, nella zona di
Studio di geologia tecnica dott. Geol. Rinaldo Musetti via Circonvallazione 34/t Viareggio
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coltivazione di marmi arabescati del Monte Corchia con discariche a varie quote. Altre aree con
ravaneti rilevanti rimangono quelle del Monte Costa e delle cave di brecce di Seravezza del
Piastraio e del Rondone; altri (Cave di Monte Alto, delle brecce di Volegno e dei Bardigli fioriti
delle Mulina) inattivi da oltre 20 anni sono localmente rinaturalizzati. Ravaneti meno rilevanti
sono quelli delle cave di Cardoso.
3.2 GEOMORFOLOGIA
3.2.1 MORFOLOGIA
Il territorio comunale è sostanzialmente collinare montano (vd. Carta dell’acclività dei versanti),
con moderata asperità lungo la valle del torrente Vezza (acclività media o medio alta) ed una
più consistente parte prettamente montana, con acclività medio alta ed alta. L'altitudine media si
aggira sui 500-600 m s.l.m., e culmina nella parte NE del territorio con i rilievi circostanti la
Pania della Croce intorno ai 1800 m s.l.m. Le incisioni vallive sono generalmente ad andamento
rettilineo, piuttosto incassate con fianchi ripidi.
3.2.2 IDROGRAFIA DI SUPERFICIE
Lo schema idrogeologico è rapportabile a 4 bacini idrografici principali ricompresi all’interno del
Bacino Toscana Nord e nel Bacino del fiume Serchio:
Bacino Toscana Nord
a) Bacino del torrente Vezza e Canali delle Mulina e di Cardoso (Torrente Versilia)
b) Bacino del Canale del Giardino e del Canale del Bosco-Canale delle Volte
I due bacini idrografici si riuniscono in un unico sistema in prossimità di Ruosina, a formare
il torrente Vezza
Bacino Fiume Serchio
c) Parte superiore del Bacino della Turrite Secca e dei Canali delle Gobbie, del Freddone e
delle Verghe
d) Parte superiore del bacino dei torrenti Turrite di Gallicano e Turrite Gragnana
I rami principali del sistema idrografico si sviluppano in direzione Est-Ovest, i minori hanno
direzione principale Nord-Est Sud-Ovest, secondaria Nord-Ovest Sud-Est. Il corso d’acqua
principale è il torrente Cardoso/Vezza, gli altri sono a carattere torrentizio, con portate modeste
e stagionali e reticolo idrografico, condizionato dalle litologie:
• la forma e la distribuzione degli impluvi che si sviluppano nelle zone di affioramento dei
terreni pseudoarenacei e filladici (costituenti la maggior parte delle dorsali montuose della
zona centrale e meridionale del territorio), danno luogo a reticoli di tipo convergente, dove
l'azione erosiva è testimoniata dalla presenza di valli discretamente incise
• nelle aree di affioramento dei terreni prevalentemente carbonatici si rilevano minori incisioni
e livelli di gerarchizzazione, rappresentativi di sistemi in cui è privilegiata l'infiltrazione nel
sottosuolo rispetto al ruscellamento superficiale.
3.2.3
ELEMENTI GEOMORFOLOGICI
L'evoluzione geomorfologica generale è strettamente connessa ad una serie di concause:
‰ la tettonica recente, che ha causato un ringiovanimento dei rilievi per sollevamento e
innescato processi morfogenetici anche di notevole entità
‰ le condizioni climatiche, talora fattore scatenante di fenomeni di notevole importanza, come
testimoniato dagli eventi più recenti (alluvione del 1996)
‰ gli agenti di modellamento esogeni quali la forza di gravità, l’acqua, il ghiaccio, il vento ecc,
‰ l’azione dell’uomo
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I fattori morfologici più rilevanti sono costituiti dalle frane e dai fenomeni erosivi, specie quelli
lineari e diffusi dei corsi d’acqua, elementi in diretta relazione con fenomeni di avvenuta o
potenziale instabilità. Nella CARTA GEOMORFOLOGICA Tav 3 sono indicati i processi
geomorfologici in atto e la loro collocazione sul territorio.
In Tav. 1 sono ubicate le forme e gli elementi geomorfologici di interesse storico ambientale
(emergenze geologiche; geositi; miniere; acque minerali, sorgenti e cave), meglio descritti in
All. 7.
3.2.3.1 depositi di versante dovuti all’azione prevalente della gravità
Fenomeni diffusamente rappresentati, soprattutto nelle zone di affioramento di formazioni
rocciose dotate di caratteristiche meccaniche scadenti, maggiormente soggette all’alterazione
superficiale. Nel complesso si rileva la presenza di dissesti con tipologie variabili che passano
da fenomeni al limite del soliflusso e soil slip, con interessamento di esigui spessori detritici a
fenomeni di dissesto gravitativo profondo, che coinvolgono parti importanti di versante,
variabilità legata alle caratteristiche geotecniche e geomeccaniche dei tipi litologici (coltri
detritiche e formazioni rocciose):
• su formazioni scistose (Filladi e Scisti, Scaglia rossa, Pseudomacigno ecc), oltre al
soliflusso superficiale si rileva la presenza di frane di natura complessa, della coltre detritica
e/o d'alterazione (frequentemente a forte componente argillosa) e della parte di substrato
alterato e decompresso, e ruscellamenti concentrati lungo le aste del reticolo idrografico
• su formazioni prevalentemente carbonatiche (Marmi, Calcari selciferi, Maiolica, Microbrecce
a Nummuliti, ecc) e arenacee (Macigno), si rileva un numero minore di frane, generalmente
di dimensioni ridotte, per la presenza di minori spessori detritici e di substrato alterato,
dovuto a situazioni strutturali ed idrogeologiche favorevoli alla stabilità.
3.2.3.1.1 frane attive - deformazioni gravitative profonde
Come frana attiva (Varnes, 1978; Gruppo Nazionale Geografia Fisica e Geomorf.,1987), si
intende l'area in dissesto che presenta manifestazioni di instabilità in atto (crepacciamenti e
lesioni aperte, forte decompressione del terreno, inclinazione delle essenze arboree giovani ed
altri segni di spostamento progressivo). Le frane attive sono maggiormente rappresentate nelle
zone di affioramento di formazioni scistose, dove è presente una vasta copertura di alterazione;
altre sia pure minori, si osservano nelle zone di affioramento di formazioni arenacee.
Quasi tutti i dissesti possono essere definiti di natura complessa (scivolamenti rotazionali
traslativi tipo debris flow di pendio o areali), in particolare nei dintorni di Cardoso, Stazzema,
Pomezzana e Palagnana, anche se non mancano locali fenomeni di crollo. Spesso le frane
attive rappresentano una ripresa di movimento, per fenomeni esogeni di particolare intensità, di
aree già soggette a fenomeni franosi anche di grosse dimensioni. Nella zona di Terrinca, Monte
Alto e della Fania, oltre a forme complesse e superficiali, si rilevano movimenti profondi
(DGPV), con superfici di scorrimento non sempre localizzabili con precisione e moti di
traslazione molto lenti, che difficilmente potranno dar luogo a fenomeni improvvisi e catastrofici.
Le forme di riconoscibilità di questi dissesti sono doppie creste, contropendenze, fenomeni di
“insaccamento” (Sackung) e rotture “creep” verso il piede, forme di rilascio delle tensioni
successive al sollevamento subito da tutta la struttura apuana nel corso del Quaternario.
Un esempio di DGPV monitorato ed in corso di bonifica, è presente nella parte centrale del
paese di Terrinca, con superficie di scivolamento che si attesta a circa 30 metri di profondità.
Analoghi fenomeni sono presenti nella zona della Fania (bacino del T.Capriola, sopra Pruno;
Pieruccini,1988; Anpa-Arpat, 1998), dove sono presenti implicazioni strutturali e carsiche come
doline smantellate e aree con lievi contropendenze, e nei pressi della località Gordici, sul
versante NordOccidentale del Monte Alto, grande paleofrana con detrito a blocchi riconoscibile
dalla visione fotoaerea (doppie creste e contropendenze).
3.2.3.1.2 frane quiescenti e frane bonificate
Area in condizioni di equilibrio apparente anche se metastabile; il dissesto potrebbe riattivarsi
per motivi naturali (es. eventi meteorici eccezionali, eventi sismici di particolare intensità) o per
interventi antropici erronei. Queste aree hanno caratteristiche e distribuzione spaziali analoghe
alle frane attive; spesso mostrano ancora ben riconoscibili le caratteristiche morfologiche del
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dissesto (accumulo e nicchia di distacco), altre volte gli indizi morfologici sono di più difficile
riconoscimento, per effetto del rimodellamento da parte degli agenti esogeni.
Anche se le forme quiescenti non presentano cenni di riattivazione, le caratteristiche
meccaniche dei terreni comunque scadenti, evidenziano aree potenzialmente a rischio.
Le frane bonificate sono dissesti dove l’uomo è intervenuto con opere di sistemazione
(rimozione degli accumuli, opere di contenimento, drenaggi superficiali e profondi ecc.),
soprattutto a seguito dell’evento alluvionale del giugno 1996, solitamente in zone esposte a
fattori di rischio per il territorio e per gli abitanti (centri abitati, strade, fiumi ecc). Dalla letteratura
recente (Comunità Montana Alta Versilia, 2002; Anpa-Arpat, 1998) e dall’elenco degli Interventi
presso l’Amministrazione Comunale, Uff. T.T.R.T., Provincia di Lucca, si è ricostruita la
cronologia e la tipologia degli interventi di ripristino aggiornata al 2003. Lavori riportati
schematicamente in Tav. 7 e nelle schede in All. 3.
3.2.3.1.3 Detriti e terreni di copertura, soliflusso e reptazione
Terreni detritici derivati dall’alterazione progressiva della roccia (detrito eluviale) e accumuli di
porzioni di roccia di medie grandi dimensioni, che per degradazione meteorica si alterano
progressivamente in frazioni più fini (detrito colluviale, coni e falde detritiche), entrambi
accomunati dalla caratteristica di essere materiali sciolti con scadenti caratteristiche
geomeccaniche, condizione che associata ad una forte acclività può determinare potenziale
instabilità morfologica.
Per fenomeni naturali (pioggia, geo-disgelo, umidificazione-essiccazione) e/o per uso improprio
del territorio da parte dell’uomo, all’interno delle coperture detritiche si innescano con una certa
frequenza movimenti lenti (soliflusso e reptazione), presenti diffusamente soprattutto su versanti
acclivi con copertura detritica importante, dove il deb-rock è costituito da Pseudomacigno:
1. Soliflusso
movimento lento di materiale limoso e argilloso inglobante detriti più grossolani, suscettibile di
imbibirsi d’acqua e diventare plastico o fluido. Il movimento avviene per lo più lungo superfici
preferenziali di neoformazione (profondità raggiunta dall’imbibizione) o su superfici laminari
(scistosità o stratificazione della roccia di base). Si tratta di un processo lento, che in condizioni
particolari può giungere al parossismo ed identificarsi con un vero e proprio movimento franoso.
2. Reptazione
gli strati più superficiali (detrito e bed-rock alterato) si muovono come un’unica massa grano a
grano, con movimento assoluto decrescente in profondità, provocando un lento e continuo
scivolamento verso valle.
3.2.3.2 Forme e depositi dovuti all’azione prevalente del dilavamento
Fenomeni in cui l’azione erosiva dell’acqua, unitamente ad una serie di concause e di aspetti
particolari, rappresenta l’agente principale del dissesto, come nella catastrofica alluvione del
’96.
3.2.3.2.1 ruscellamento diffuso e concentrato
ruscellamento diffuso
è un fenomeno frequente in coltri detritiche su versanti acclivi dove il reticolo idrografico si
infittisce; l’effetto finale è il dilavamento e l’erosione dei versanti, che può avvenire con modalità
ed effetti differenti a seconda delle componenti principali del materiale sciolto e dell’intensità
delle precipitazioni. La maggiore diffusione dei fenomeni si rileva nelle zone di Cardoso,
Stazzema, Pruno e Volegno, con erosioni laminari e spostamento di materiale smosso da
pioggia battente, locali indicatori di propensione al dissesto.
ruscellamento concentrato
si sviluppa principalmente entro i rami minori del reticolo idrografico, con effetti che variano in
rapporto all’intensità della pioggia. A causa delle caratteristiche climatiche e del regime
torrentizio, praticamente tutti i solchi minori sono interessati da questo fenomeno, con
alternanza di lunghi periodi di stallo ed eventi di grande energia dinamica, effetti da blandi a
parossistici in relazione all’entità dell’evento meteorico che li provoca. Le zone maggiormente
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interessate sono ovviamente quelle dove il reticolo idrografico è più fitto, sostanzialmente dove
affiorano terreni meno permeabili (pseudoarenacei e filladici).
3.2.3.2.2 dissesto da ruscellamento
Evento parossistico legato al ruscellamento, che assume l’entità di un vero e proprio fenomeno
franoso, con asportazione di masse di materiale verso valle in tempi rapidi. Una conseguenza
piuttosto grave di questo fenomeno in porzioni ristrette di territorio, è il sovralluvionamento del
collettore principale di valle, dove si riversa tutto il materiale asportato dagli alvei e dalle sponde
dai rami minori. Fenomeno diffuso tra Cardoso Pomezzana e Ruosina, dove si sono avuti gli
effetti più catastrofici dell’alluvione del ’96.
3.2.3.2.3 colate detritiche torrentizie
Ai sensi delle disposizioni del PTC, si definisce questo tipo di dissesto per dinamica torrentizia,
come tendenza dei corsi d’acqua a determinare effetti parossistici di sovralluvionamento. In
questa categoria si inquadrano:
a) Debris Flow canalizzati
b) Soil slip
c) Mud Flow
La tipologia rappresentativa nelle zone interessate dai sovralluvionamenti del 1996, è stata
identificata in forme di ruscellamento complesso, con prevalenza delle azioni erosive lineari e
movimenti gravitativi tipo debris flow, termine riferito a movimenti di terreno con presenza di
suolo, eluvium e frammenti dell’ammasso litoide alterato (Anpa, Arpat, 1998), determinati da
forti e concentrati afflussi di pioggia che vanno a saturare le coltri superficiali (circa 1-2 m.). La
reazione che si verifica è lo scoscendimento di masse allo stato semiliquido, con elevata
energia di trasporto ed alta velocità di spostamento. Sulla Tav. 3 sono state perimetrate le aree
interessate da questi fenomeni durante l’evento del ’96, oggi sono completamente bonificate,
con riaffioramento delle formazioni preesistenti al sovralluvionamento (depositi alluvionali e/o
bed-rock).
Altre forme, spesso anticipatrici del debris flow, si riferiscono al denudamento corticale del
detrito di copertura o del terreno di coltivo, senza che si raggiunga l’interfaccia del substrato
roccioso (Soil Slip) o ad un flusso di materiale superficiale formato da un miscuglio liquido di
acqua e fango (Mudflow), con processo evolutivo sempre rapido.
3.2.3.3 Forme e depositi fluviali
Forme e depositi chiaramente derivanti dalla dinamica fluviale in senso stretto. Sono diffusi su
tutto il territorio, con differenziazioni di forme e spessori a seconda del substrato geo-litomorfologico su cui si impostano.
3.2.3.3.1 Forme e depositi fluviali attuali e recenti
I principali tipi di erosione si riconducono alla dinamica torrentizia dei corsi d’acqua, che
normalmente hanno alvei con acclività elevata, tracciato vario e regimi di portata irregolari. La
forma erosiva è di solito quella tipica di profili acclivi in reticolo idrografico di tipo convergente
(Fiume Versilia), classificato nella parte superiore come “subdendritico”. I depositi alluvionali
attuali e recenti sono diffusi soprattutto lungo i corsi d’acqua principali: Torrente Cardoso, fiume
Vezza, Canale del Giardino, Fosso di Levigliani, parte alta dei torrenti Turrite di Gragliana e di
Gallicano, in misura minore della Turrite Secca. L’estensione dei depositi è minima sia dal
punto di vista areale che in profondità (pochi metri), spesso limitata all’alveo fluviale attivo. Altre
modestissime forme fluviali sono riconducibili a Coni di deiezione, ciottoli in matrice sabbiosa limoso-argillosa con modesto addensamento e tipica forma conica di età Oligocenica localizzate
allo sbocco delle aste minori nel torrente Vezza.
3.2.3.3.2 Forme e depositi fluviali antichi
Sul territorio comunale non sono presenti depositi alluvionali terrazzati ma, soprattutto sui
fianchi del Versilia, forme riconducibili a terrazzi fluviali dislocati a quote superiori all’attuale
fondovalle dal sollevamento tettonico del complesso Apuano. Questo fenomeno ha portato alla
diffusione di forme “relitte” costituite da spianate morfologiche di origine fluviale, dove gli
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elementi del deposito alluvionale sono stati completamente erosi, come sul versante NordOvest
versiliese e quello garfagnanino del complesso Apuano, per la complessa tettonica post
orogenica e quaternaria. Le forme più evidenti sono presenti nelle zone di Terrinca e Retignano
e sul versante opposto della valle del Vezza; in alcuni casi (es. abitato di Terrinca), attraverso la
fotointerpretazione è stato possibile identificare l’elemento di separazione tra spianate e
scarpate, e diversi ordini di terrazzi. Dal punto di vista della stabilità questi terreni sono
paragonabili a detrito su versante acclive, con una propensione al dissesto più accentuata sul
bordo di scarpa.
3.2.3.4 Forme e depositi di origine glaciale e fluvio-glaciale
Depositi e forme relitte di epoca glaciale concentrati in determinate porzioni di territorio, dove il
fenomeno del glacialismo quaternario è stato più accentuato in senso quantitativo e temporale.
Le forme glaciali in senso stretto sono le primarie (circhi e conche glaciali, erosione con profilo a
“U” o a “doccia” delle depressioni e delle valli, nicchie di nivazione, gradini glaciali, rocce
montonate), derivate dal momentaneo attestarsi delle lingue glaciali, e le forme derivate dal
trasporto indifferenziato delle “morene” come incisioni, rocce montonate, massi erratici, pareti
arrotondate. Particolarmente evidenti sono le forme di circo glaciale del versante nord del
monte Corchia, con limitate incisioni vallive del Canale delle Fredde e della Val Terreno e forme
residue nell’alta val d’Arni (Prataccio, Macina). Altre forme di probabile natura mista, interessate
cioè dalla dinamica fluviale impostata su forme dovute al glacialismo, sono riconducibili
all’abrasione di ciottoli con movimento vorticoso dell’acqua come nelle Marmitte dei Giganti dei
Fossi dell’Anguillara e del Fatonero (Arni), all’interno di roccia coerente e omogenea (marmi).
3.2.3.4.1 detrito crionivale e morena glaciale
Il detrito crionivale è presente sul versante Sud Orientale della Pania della Croce, ed in minor
misura sul versante meridionale del Monte Sumbra ed in alcuni canaloni esposti a NW dell’area
di Arni. In esso l’azione di disgregazione principale è stata provocata dalla persistenza della
copertura nivale e quindi dal crioclastismo di rocce carbonatiche, si tratta in sostanza più che di
un accumulo, di una alterazione della roccia spinta al massimo grado. Dal punto di vista della
pericolosità non presenta di per sé particolare propensione al dissesto essendo abbastanza
stabilizzato, tuttavia l’azione dilavante della pioggia può indurre effetti negativi, come
testimoniano le erosioni lineari che hanno inciso durante l’evento del 1996 il detrito del versante
della Pania.
La Morena glaciale è un deposito tipico delle zone che hanno subito glacialismo, si distingue dal
detrito s.s. per l’eterogeneità e scarsa classazione dei materiali, di solito ben cementati e
stabilizzati, composti da un miscuglio di massi di rocce carbonatiche in matrice detritica sottile,
in prevalenza di origine scistosa. E’ presente nella zona settentrionale di territorio (abitati di
Arni-Campagrina) tra il versante nord del Monte Corchia, il fondovalle del canale delle Fredde e
dell’alpeggio di Puntato.
Studi datati (Paci,1935; Braschi et al.,1986) rilevano che le caratteristiche generali dell’area di
Arni sono tipiche di una morfologia glaciale, decisamente rielaborata dall’erosione fluviale
successiva. Tracce visibili di questi fenomeni, si ritrovano alla confluenza tra il Canale delle
Gobbie e della Turrite Secca, dove il deposito conglomeratico di morena frontale è stato ripreso,
rimaneggiato dall’azione erosiva delle acque e ridepositato con stratificazione inclinata. I
depositi morenici s.s. sono stati oggetto di terrazzamenti antropici e su di essi sono presenti
dissesti limitati, riferibili a forme di denudamento corticale tipo soil slip.
3.2.3.5 Forme e depositi antropici
Con questo termine abbiamo inteso rappresentare tutte quelle forme e quei depositi
riconducibili all’azione dell’uomo, che rivestono importanza in ambito territoriale per diffusione e
per possibile induzione al dissesto (vedi Tavv. 1 e 3). Tralasciando le forme antropiche minori
(prevalentemente legate all’utilizzo agricolo del territorio) irrilevanti ai fini della stabilità, si
ricordano
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3.2.3.5.1 I ravaneti.
I ravaneti, sono intesi come depositi di scarto di attività antropiche quali attività di cava e di
miniera. La loro estensione e diffusione sul territorio è la più varia, così come la natura e la
granulometria dei materiali che li compongono. Nel presente lavoro, anche alla luce degli studi
realizzati nella zona di Arni (vd. Allegato 2G) e del monte Costa, si è ritenuto di dare indicazioni
di “potenziale instabilità geomorfologica” per tutti i ravaneti di cava, seguendo il criterio generale
utilizzato nei citati studi, basato sull’analisi di una serie di fattori destabilizzanti:
• Notevole pendenza dei versanti di appoggio
• spessori dei depositi
• Granulometria classata con materiali più fini in profondità e grossolonani in matrice limoso
sabbiosa verso il piede
• Variabilità della Permeabilità
• Frequenti forme di instabilità al piede e ingombro di alvei fluviali
Per i ravaneti di miniera, la definizione di “potenziale instabilità geomorfologica” è stata valutata
a seguito di verifiche e controlli puntuali sui pochi siti esistenti.
3.2.3.5.2 Le cave dismesse.
Interessano svariati materiali (pseudomacigno, calcare selcifero, cipollini, diaspri, marmi,
grezzoni porfiroidi e filladi). La cave dismesse dal punto di vista della propensione al dissesto,
possono avere un certo rilievo a livello locale, in quanto fenomeni di degrado potrebbero
innescare situazioni di pericolo sui fronti di ex cava o sulle coperture non stabilizzate alla
dismissione dell’attività. Le principali cave dismesse sono le seguenti:
1) Aree di Marmi bianchi e arabescati della Valle di Arni: Cave Piastraccia, Bozzo, Tombaccio,
Serra delle Volte, La Fitta, Le Conche, Il Togno
2) Aree di Brecce e Marmi bianchi e arabescati del Monte Corchia (Retrocorchia, Il Catino, I
Tavolini
3) Aree di Brecce e Marmi bianchi e bardigli di Monte Alto , Volegno (loc. Grotte Bianche e
Petarocchia) Mulina e Le Lupaie (Bardigli fioriti), Piastraio (Brecce).
4) Aree di Cipollini nelle località di Tiglieta e La Crepata (Alpe di Pruno) e di Pian del Lippo
presso Col di Favilla.
5) Aree di Pietra del Cardoso nelle località Casalina (Cardoso).
6) Siti di marmi venati in località Campanice
7) Aree di calcari rossi nodulari varietà Rosso Rubino presso La Risvolta e Fornetto (Ponte
Stazzemese).
8) Area di Dolomia in località Martinetto (Ponte Stazzemese)
3.2.3.5.3 Le cave attive.
Insistono su materiali di pregio merceologico (Pietra del Cardoso, e Marmi s.l.), diffuse nel
comparto di Stazzema, Cardoso, Corchia e Arni. Al contrario delle attività dismesse, queste
zone costituiscono punti di monitoraggio e stabilizzazione dei versanti, in virtù della necessità di
esercitare l’attività estrattiva in sicurezza. Le cave attive sono:
a) Cave Belvedere, La Penna, Loppieto, Bucino – per coltivazione di Pietra del Cardoso nella
località omonima
b) Cave Tavolini A, Tavolini B, Piastraio, Borra Larga, Piastriccioni, - per la coltivazione di
marmi delle varietà Arabescato e Statuario Corchia, presso Levigliani
c) Cave Piastrone, Faniello – per coltivazione di Marmi bianchi e arabescati in diverse località
della Valle di Arni.
d) Cave Francia, Sbasso Confine – per coltivazione di marmi bianchi, bardigli e venati del
Monte Costa presso Gallena.
e) Cave Pendia Tana e Gufonaglia – per coltivazione di marmi Cipollini nella zona sopra
l’abitato di Isola Santa.
f) Cave Ficaio, Piastra Nera, Grotta Capraia – per coltivazione di Pietra del Cardoso in una
ristretta area a Ne dell’abitato di Stazzema
g) Cava Le Buche – per coltivazione di Pietra del Cardoso e Ardesia in località Pomezzana
Il Piano del Parco Regionale delle Alpi Apuane, oltre alle “aree di cava” nelle quali sono
ricomprese tutte le cave attive, prevede una serie di nuove aree (vedi Tav. 1 - aree estrattive
area contigua), dove ampliare le attività esistenti. Alcune, come quella dove dovranno essere
delocalizzate le cave di Pietra del Cardoso adiacenti l’omonimo abitato, una volta stabiliti i siti
più idonei manterranno solo in parte la destinazione estrattiva; altre, come quella in prossimità
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della frazione di Pomezzana sostituiranno aree in dismissione (Le Buche). Per maggiori dettagli
sull’argomento si rimanda all’Allegato 4.
Sulla base delle indagini e dei rilievi condotti a supporto del presente studio, sono stati
individuati in prima analisi alcuni ulteriori siti, idonei per lo sviluppo dell’attività estrattiva, dal
punto di vista geologico strutturale, geomorfologico e merceologico. Questi ulteriori siti sono
identificati nelle seguenti zone:
-
Pietra del Cardoso loc. Ficaio (Stazzema) e Colle della Mora (Cardoso)
Ardesia loc. La Lezza (Pomezzana)
Marmi e Brecce loc. Retrocorchia
Marmi ordinari e venati loc. Campanice
Marmi “Fantastici” e Arabescati della località Tombaccio
Altri, come quello in sponda sinistra del torrente Vezza in località Valventosa, necessitano di
interventi di sistemazione e recupero.
3.2.3.5.4 Le Miniere.
Come accennato l’Alta Versilia possiede una antica vocazione mineraria per l’estrazione di
metalli e minerali (vd. Tav. 1). Importanti attività sono state quelle legate alla produzione di
Piombo argentifero (prima dominazione Medicea, soprattutto con Cosimo I dal 1560 al 1575;
durante i periodi 1850-1885 e 1918-1930) e di Ossidi di Ferro e Barite. Gli elementi di rischio
geomorfologico legati a queste aree sono da riferire all’abbandono degli ingressi delle gallerie,
difficilmente cartografabili alla scala 1:10.000 ed alla presenza di vecchie discariche (ravaneti)
di cui si è già parlato nel par 3.2.3.5.1., di modestissima entità rispetto ai ravaneti di cava. In All.
4 si riporta uno dettagliato elenco dei siti minerari, analizzati in studi di Pizziolo et al. (2001).
4 ACCLIVITA’ DEL TERRITORIO
Per un’area montuosa la carta dell’acclività dei versanti è uno strumento fondamentale per la
definizione della pericolosità. La CARTA DELL’ACCLIVITA’ in Tav. 4 è stata realizzata
utilizzando un algoritmo di calcolo basato su triangolazione che prende in considerazione i punti
sulla curve di livello, metodo che ha consentito di ottenere un risultato di estrema precisione
(celle di 2 pixel), con selezione di superfici di uguale pendenza sino al limite inferiore di 20 mq
circa, dove la resa grafica ottenuta con procedimento informatico, risulta complessivamente
differente dai modelli tradizionali realizzati manualmente.
Sono state considerate 6 classi di pendenza, adottando i limiti indicati nella delibera 94/85 del
Consiglio Regionale della Toscana, derogando sugli intervalli superiori al 35%:
classe
Pendenza (%)
1
<5
2
5 – 15
3
15 – 25
4
25 – 35
5
35 – 65
6
> 65
La maggior parte del territorio (66% circa) rientra in classe 6, la più elevata. Segue una discreta
percentuale in classe 5 (20% circa), mentre le classi inferiori sono rappresentate da porzioni
minori (classe 4 circa 10%, classi 2 e 3 < 1% e classe 1 2.5%). La maggior parte dei centri
abitati e delle zone limitrofe sono incluse nelle classi 4 e 5 ed in misura minore in 6, mentre le
classi 2 e 3 si ritrovano con frequenza in piccole zone di versanti collinari, spesso in
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corrispondenza di forme terrazzate o sulle sommità dei rilievi particolarmente arrotondati. Infine
la classe 1 e parte della 2, sono rappresentate quasi esclusivamente dai fondovalle dei corsi
d’acqua maggiori, dove si ha una certa estensione dei depositi alluvionali recenti e attuali.
5 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO
Per la restituzione grafica di questo argomento si fa riferimento alla CARTA DELLE RISORSE
IDRICHE DEGLI ACQUIFERIRI CARBONATICI DEL COMPRENSORIO APUO VERSILIESE
del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (L.Piccini, G. Pranzini L.
Tedici P. Forti) riportata di seguito in stralcio ed alla CARTA IDROGEOLOGICA in TAV. 5,
dove le formazioni litologiche sono state raggruppate per Unità Idrogeologiche, distinguendo
quelle permeabili per porosità primaria, in genere terreni incoerenti, da quelle per porosità
secondaria, permeabili per fessurazione e carsismo, proponendo 3 classi prevalenti:
‰
molto permeabile
K > 10-4/10-6 m/sec
‰
mediamente permeabile
10-6 m/sec < K > 10-9 m/sec
‰
scarsamente impermeabile
K < 10-9 m/sec
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Le risorse idriche
degli acquiferi carbonatici
del comprensorio apuo-versiliese
L. Piccini, G. Pranzini, L. Tedici & P. Forti
Confine comunale
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1.1 UNITÀ PERMEABILI PER POROSITÀ
La permeabilità è legata alla porosità del terreno, le unità idrogeologiche identificate all’interno
di questa categoria sono sostanzialmente due:
1A – terreni ad elevata permeabilità primaria (K > 10-6 m/sec) unità litostratigrafiche
prevalentemente sciolte e incoerenti, a granulometria media e grossa:
• terreni alluvionali recenti ed attuali,
• terreni detritici e di copertura,
• Ravaneti.
1B – terreni da media a bassa permeabilità (10-6 m/sec < K > 10-9 m/sec) unità
litostratigrafiche prevalentemente sciolte e incoerenti, a granulometria media e fine:
• Alluvioni di conoide e depositi fluvio glaciali
1.2 UNITÀ PERMEABILI PER FESSURAZIONE E CARSISMO
In questa categoria le formazioni sono state distinte in 3 classi:
2A - terreni molto permeabili (K > 10-4 m/sec): unità litostratigrafiche calcaree e calcareo
dolomitiche della Successioni Toscane, dove è presente un elevato grado di fratturazione e
fessurazone, con fenomeni di dissoluzione carsica (vd in seguito); in questa categoria rientrano:
• Marmi a megalodonti e marmi dolomitici (md)
• Marmi (m)
• Calcari selciferi (cs)
• Calcare Cavernoso (cv)
• Calcare massiccio (cm);
• Rosso ammonitico (ra)
• Calcari selciferi inferiori (csi)
• Calcari selciferi superiori (css)
• Maiolica (mac)
• Calcari a Nummuliti (cn)
• Brecce di Metato (bme)
2B - terreni mediamente o localmente permeabili (10-6 m/sec < K > 10-9 m/sec): unità
litostratigrafiche calcareo-marnose o calcarenitiche, siliceo arenacee e siliceo marnose, con
assenza di fenomeni carsici. In esse anche dove la fratturazione è più intensa, il grado di
permeabilità rimane basso, per la natura delle rocce ed dei loro interstrati marnosi, che tendono
a chiudere le fratture verso il basso. Vi appartengono:
• Dolomie scistose a Orthoceras e calcari rossi nodulari (co)
• Grezzoni (gr)
• Brecce di Seravezza e scisti a cloritoide (grm)
• Calcari selciferi a Entrochi (cse)
• Macigno (mg)
2C - terreni impermeabili o di bassa permeabilità (K < 10-9 m/sec): unità argillitiche, argillitico
marnose e filladiche, in cui la permeabilità rimane sempre molto bassa e la circolazione idrica
limitata ad interstrati calcarei o quarzitici:
• Filladi inferiori (fi)
• Porfiroidi e scisti porfirici e metarenarie quarzose (pf)
• Verrucano e formazione di Vinca (vr)
• Diaspri e calcescisti (d)
• Calcari a Nummuliti cipollini e scisti sericitici (sc)
• Pseudomacigno (pmg)
• Filladi sericitiche ed Anageniti (fs)
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•
•
•
•
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Calcari e marne a Rhaetavicula contorta (cr)
Marne a Posidonia (mp)
Diaspri (di)
Scaglia toscana (st)
1.3 SCHEMA IDROGEOLOGICO GENERALE
La provenienza delle risorse idriche dell’Alta Versilia dalla circolazione ipogea, pur con alcune
eccezioni soprattutto per la ben studiata area del Monte Corchia, è ancora oggi un problema
aperto. Grande importanza rivestono i sistemi carsici per i quali, pur nota una buona
classificazione a livello di emergenze, è ancora in via di definizione l’accertamento delle linee di
deflusso sotterraneo. Dal punto di vista idrogeologico sono riconoscibili i seguenti sistemi
principali (Vd Tav.1).
a) della dorsale Monte Corchia – Monte Alto
b) del Gruppo delle Panie
c) della Valle di Arni e del Monte Sumbra
Verso Sud la dorsale apuana continua nei rilievi del Monte Forato-Monte Croce e Monte
Matanna, con sistemi carsici minori drenati da sorgenti di portata modesta.
Il sistema ha in generale una struttura complessa, dove si ritiene non esista un vero e proprio
substrato impermeabile, ma una superficie satura all’interno degli acquiferi carbonatici (Piccinini
e Pranzini 1996; Forti et al. 2002). E’ abbastanza complesso delineare gli spartiacque
sotterranei che delimitano le zone di alimentazione delle singole sorgenti drenanti verso Sud e
verso Nord, tuttavia le ultime ricerche idro-speleologiche con uso di rivelatori e traccianti,
l’assetto geologico morfologico e strutturale, fanno presumere che in molti casi gli spartiacque
fra le aree di alimentazione delle sorgenti, siano simili a quelli superficiali, con alcune eccezioni.
ƒ nella zona settentrionale del gruppo delle Panie e del Monte Sumbra, dove una parte degli
afflussi idrici profondi confluisce verso le risorgenti della Pollaccia, Fornovolasco e
Petrosciana; nei sistemi minori lungo l’area tra Gabberi e Monte Lieto e sul versante
meridionale del Monte Matanna.
ƒ nell’alta Valle di Arni (Monte Macina, Arni) dove la circolazione idrogeologica profonda
alimenta le sorgenti della zona di Renana (Massa-Carrara) e della Polla di Seravezza.
In riferimento alla CARTA IDROGEOLOGICA di Tav 5 redatta sulla base della classificazione
idrogeologica riportata al punto 5, si possono individuare come formazioni potenzialmente
acquifere quelle inserite in classe 2A ed in misura minore quelle in classe 2B, mentre possono
essere individuati come acquiclude i terreni inseriti in classe 2C. I terreni inseriti in classe 1
(permeabili per porosità), non individuano acquiferi permanenti di importanza rilevante.
Per maggiori dettagli sulle aree carsiche del territorio comunale si rimanda all’Allegato 7.
1.3.1.1 Sorgenti, scaturigini, venute d’acqua in genere.
Nello studio della Comunità Montana Apuo Versiliese (Zia et al., 1980), furono identificate 222
sorgenti censite nel 1979-1980, di cui 53 captate per acquedotto pubblico, 21 per privati, 17 per
fontane e 131 libere, suddivise in 5 classi di portata. Analogo numero di sorgenti (222), fu
catalogato nella Carta delle Grotte e delle sorgenti delle Alpi Apuane (CNR, 1988; scala
1:25.000), dove si riconosceva una suddivisione in 4 classi di portata. Più recentemente (VEA,
2000) sono state classificate un certo numero di sorgenti e pozzi utilizzati e utilizzabili per la
riqualificazione degli acquedotti sul territorio comunale (43 sorgenti captate più 3 campi pozzo).
Le indagini idrogeologiche ed i monitoraggi effettuati in questi studi hanno evidenziato sorgenti
con portate non elevate (in media Q di 1-1,5 litri al secondo), la maggior parte delle quali si
ritrova nell’area di affioramento di litologie filladico-scistose (Verrucano s.l. Filladi Inferiori,
Pseudomacigno) impermeabili o scarsamente permeabili, inserite in classe 2C della Carta
idrogeologica in Tav. 5. Le sorgenti con portate maggiori sono riconducibili al sistema
idrogeologico profondo, dove la circolazione avviene in rocce carbonatiche, con zona di
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saturazione nella parte bassa della serie. In All. 5 le sorgenti sono state suddivise in libere ,
captate e captate ad uso idropotabile.
Nell’osservazione comparata tra sorgenti e linee di deflusso idrogeologico (Carta delle Sorgenti,
Cazzante et al., 1988; Carta delle risorse idriche, Piccini et al.,1997), si evidenziano alcune
principali circolazioni conferenti nei bacini dei torrenti Turrite Secca e Cardoso e nel Canale
delle Mulina, con le importanti risorgenti della Pollaccia presso Isola Santa, della Chiesaccia
presso Fornovolasco, delle Fontanacce presso Ponte Stazzemese e delle Mulinette presso
Calcaferro (Mulina).
a) la sorgente della Pollaccia, si ritrova ad est di un importante apparato di rocce carsificabili
con sistema idrogeologico di 25,82 kmq (Valle di Arni e Monte Sumbra e parte del
massiccio delle Panie, con marmi in affioramento) sgorga presso il paese di Isola Santa,
con portate variabili tra 60 e 6000 litri/sec leggermente torbide in caso di forti piene,
correlabile all’andamento meteorologico locale (Sivelli e Vianelli, 1982); un valore medio di
800 l/sec è riferito da Piccini et al. (1997). Gli afflussi della sorgente contribuiscono
all’alimentazione del bacino idroelettrico ENEL di Isola Santa.
b) La sorgente della Chiesaccia, uno dei punti di maggiore emergenza libera di acque della
Turrite di Gallicano, che è stata centro di ricerche (Pranzini e Piccini, 1996) sulle possibili
attività di liberazione di acque in “troppo pieno” dei serbatoi idrici durante l’evento
alluvionale del 1996. E’ anch’essa una sorgente con portate rilevanti tra 60 e 170 litr/sec.,
con valore medio di 100 litri/sec indicato da Piccini et al. (1997), per un sistema
idrogeologico di 10,50 kmq.
c) La sorgente libera delle Fontanacce presso Pontestazzemese (Ponte 1 e 2), è punto
ricevente in superficie delle acque del grande sistema carsico dell’Antro del Corchia, che
tramite la circolazione del fiume sotterraneo Vidal, porta acque in 8 sorgenti nella zona di
Cardoso e nella suddetta risorgente a quota di 150 metri slm. Le portate accertate da
questa scaturigine all’interfaccia tra Grezzoni e basamento paleozoico sono variabili tra 60
e 280 litri/sec., con discreta regolazione data l’alimentazione da fiume sotterraneo.
d) Le sorgenti libere delle Mulinette presso Mulina, ove alcuni studi (Micheluccini-Comunità
Montana Apuo-Versiliese,1979) prevedono la possibilità di sfruttamento ad uso idropotabile
minerale, ubicate all’interfaccia tra Marmi e Grezzoni con superficie impermeabile di Filladi
o Pseudomacigno. Pur non dotate di grande regolazione queste sorgenti hanno portate
interessanti e alimentazione dagli acquiferi fessurati e carsici dei Calcari Cavernosi e a
Rhaetavicula dell’asse Monte Lieto-Monte Gabberi. Valori massimi di 90 litri/sec. furono
indicati da Zia et al. (1980); Piccini et al. (1997) indicano portate tra 45 e 125 litri/sec., con
media di 85 litri/sec.
e) Sistemi minori con sorgenti di portata significativa, sono presenti nell’area del Monte Lieto e
di S.Anna di Stazzema, con le sorgenti delle Fontane (portata media di 16 litri/sec.,
captata) e dei Mulini di S.Anna (media di 50 litri/sec, captata) e delle Polle del Lenzo, di
Carpigna.
Altre sorgenti minori perenni o periodiche, vincolate da caratteristiche idrogeologiche locali,
sono presente su tutto il territorio comunale (vd Tav.1).
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2 VULNERABILITÀ DEL TERRITORIO
Nella CARTA DELLA VULNERABILITÀ TAV. 6, si indica la propensione della risorsa (l’acqua)
ad essere alterata da attività antropiche. Si è inteso fornire una mappa sintetica della
vulnerabilità intrinseca potenziale del territorio, come propensione dello stesso ad essere
vulnerato da sostanze inquinanti che possono propagarsi e persistere in un determinato
acquifero. La carta si configura come una sorta di strumento di salvaguardia della risorsa nei
confronti delle attività antropiche potenzialmente pericolose, con un significato orientativo per
l’uso del territorio. La carta può essere utilizzata come primo quadro di riferimento a livello di
programmazione territoriale e di protezione civile, elemento base per la successiva definizione
della vulnerabilità integrata, che potrà essere ricostruita sovrapponendo alla vulnerabilità
intrinseca i centri di pericolo, quali fonti diffuse di inquinamento potenziale o reale (aree di
discarica incontrollata e controllata, aree inquinate, depositi e serbatoi di sostanze inquinanti,
centri connessi ad attività industriali ecc), la distribuzione e le caratteristiche dei punti di prelievo
ad uso idropotabile ed i dati relativi allo stato di inquinamento delle falde.
In mancanza di dati certi sull’andamento della piezometria, la carta è stata realizzata sulla base
della permeabilità delle formazioni affioranti e della copertura, e della presenza di fenomeni
carsici, distinguendo tre gradi di vulnerabilità:
1.
2.
3.
elevata
media
bassa
Formazione
Terreni alluvionali recenti ed attuali (al)
Terreni detritici e di copertura (dt)
Ravaneti (rv).
Marmi a megalodonti e marmi dolomitici (md)
Marmi (m)
Calcari selciferi (cs)
Calcare Cavernoso (cv)
Calcare massiccio (cm);
Rosso ammonitico (ra)
Calcari selciferi inferiori (csi)
Calcari selciferi superiori (css)
Maiolica (mac)
Calcari a Nummuliti (cn)
Brecce di Metato (bme)
Depositi fluvio glaciali (mo)
Dolomie scistose a Orthoceras e calcari rossi nodulari (co)
Dolomie cataclastiche (dc)
Grezzoni (gr)
Brecce di Seravezza e scisti a cloritoide (br)
Calcari selciferi a Entrochi (cse)
Macigno (mg)
Filladi inferiori (fi)
Porfiroidi e scisti porfirici e metarenarie quarzose (pf)
Verrucano e formazione di Vinca (vr)
Diaspri e calcescisti (d)
Calcari a Nummuliti cipollini e scisti sericitici (sc)
Pseudomacigno (pmg)
Filladi sericitiche ed Anageniti (fs)
Calcari e marne a Rhaetavicula contorta (cr)
Marne a Posidonia (mp)
Diaspri (di)
Scaglia toscana (st)
Grado di
vulnerabilità
elevato
medio
basso
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Come risulta evidente dallo schema e dall’analisi della carta che le zone ad elevata vulnerabilità
hanno una notevole estensione su tutto il territorio, ed inoltre è’ comunque da tener presente
che un sistema carsico esteso come quello esistente in queste aree, è sempre indice di
vulnerabilità molto elevata, anche se per collocazione altimetrica degli affioramenti, gli elementi
di rischio sono limitati.
Tra le attività antropiche che possono produrre fonti di inquinamento potenziale o reale, sono
state individuate soltanto quelle relative all’attività estrattiva e quella di miniere dismesse
(Benvenuti et al.,1997), con possibilità di dispersione di metalli pesanti nel reticolo idrografico.
Per la salvaguardia generale del patrimonio idrico comunale, quale difesa da eventuali
inquinamenti, specialmente per i bacini delle sorgenti principali, si ritiene che la consistenza dei
circuiti sotterranei ed i conseguenti notevoli tempi di permanenza delle acque nel sottosuolo,
sono i presupposti per una sufficiente autodepurazione nei confronti dei normali inquinanti
organici di attività umana in senso lato, mentre minime sono le difese contro inquinanti chimici,
che dovranno in tutti i modi essere evitati, controllando l’insorgenza di attività industriali a rischio
che possano interessare i bacini idrogeologici principali.
Volendo indicare una specifica normativa circa il potenziale rischio di inquinamento, è possibile
fare riferimento ai prelievi ad uso idropotabile, per i quali è valida la definizione delle fasce di
rispetto con riferimento a quanto previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152. I punti
di prelievo (sorgenti e pozzi) destinati al consumo umano devono essere circondati da una zona
di tutela assoluta e da una di rispetto, nonché da una zona di protezione riferita all’area di
ricarica della falda, individuate dalla Regione su proposta dell’Autorità di Ambito (A.T.O.):
• zona di tutela assoluta adibita esclusivamente alle opere di presa ed a costruzioni di
servizio, con estensione non inferiore a 10 metri intorno alla captazione, provvista di
canalizzazione per le acque meteoriche ed opportunamente recintata.
• zona di rispetto costituita dalla parte di territorio circostante la zona di tutela assoluta da
sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente
la risorsa captata. Suddivisa in zona di rispetto ristretta ed allargata, in relazione alla
tipologia dell’opera di presa o captazione ed alla situazione locale di vulnerabilità e rischio
della risorsa. In assenza di individuazione da parte della Regione, la zona di rispetto ha
un'estensione non inferiore a 200 metri dal punto di captazione o di derivazione. Il comma 5
dell'art. 21 del D.Lgs. 152/99 regola le attività e le destinazioni vietate entro la zona di
rispetto
• zona di protezione riferita alle zone di ricarica delle falde, dove possono essere adottate
limitazioni d’uso del territorio per insediamenti antropici che possono interferire
negativamente con la risorsa.
3 GEOMORFOLOGIA DEI CENTRI ABITATI
STAZZEMA
Intorno al paese capoluogo, affiorano formazioni epimetamorfiche dell’”Autoctono” (Auctt.),
attribuibili al basamento paleozoico ed alla copertura mesozoica/terziaria.
Il basamento paleozoico, affiora nelle zone occidentale e orientale, con le filladi inferiori.
Le coperture mesozoiche e terziarie sono rappresentate da una successione fortemente
laminata, nella quale alcuni termini sono assenti o affiorano in spessori notevolmente ridotti,
specie nell’area nord orientale, con Dolomie Grezzoni e livelli di Marmi.
Il versante dove insiste l’abitato è esposto a Sud-Sud Est, caratterizzato da una morfologia
dolce in corrispondenza di una estesa copertura detritica limosa-argillosa, con frequenti inclusi
filladici di dimensioni eterogenee; le trasformazioni antropiche sono associate ad opere di
terrazzamento ad uso coltivo. In tutta l’area l’evento alluvionale del giugno ’96 ha determinato
erosione e dissesti di tipo complesso lungo le valli principali e frane di scivolamento rotazionale
e scoscendimenti delle porzioni più decompresse. I principali dissesti si osservano ancora lungo
la strada che dal paese di Mulina sale verso l’abitato di Stazzema, con ruscellamenti concentrati
e debris flow areali. Importanti forme di ruscellamento superficiale diffuso, si trovano su
entrambi i versanti del Fosso di Picignana e lungo il corso del Fosso della Ficaia. In loc.
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Barbozzoni, il Monte e La Croce, si segnalano movimenti quiescenti di medie dimensioni;
nell’area sottostante il gruppo montuoso Procinto - Nona (loc. Alpe della Grotta, Casa Giorgini,
Colle al Prato), sono presenti debris flow e più limitati movimenti attivi nelle estese coltri
detritiche di antichi crolli nelle pareti occidentali calcaree.
ARNI
Suddiviso nelle frazioni S.Agostino e Campagrina, nel fondovalle superiore del torrente Turrite
Secca. I centri abitati sono compresi nella parte centrale della struttura complessa della
sinclinale di Arni con al nucleo in Marmi, Cipollini e Scisti sericitici, deformata da ripiegamenti
secondari con prevalenti litologie di Marmi delle varietà Bianco, Arabescato, Cipollino
"Fantastico". Le frazioni sono state edificate al centro di cordoni morenici cementati, sui quali
frequentemente si impostano sistemazioni per coltivo e terrazzamenti; nella frazione di
S.Agostino, un certo numero di frane quiescenti è stato rilevato tra le litologie dei Cipollini ed i
cordoni di Morena.
La sola area con riscontrati dissesti attivi è quella della Fabbricaccia presso Campagrina (Arni),
dove si è verificata una parziale disgregazione meccanica nel deposito morenico per erosione
della Turrite Secca, con scalzamento alla base e limitati dissesti, tali da sottoporre l’area ad una
certa attenzione geomorfologica. Problema particolare e sensibile è dato dagli accumuli
artificiali di detriti e pezzame lapideo di ravaneto, specie nelle località Castellaccio-Campo
dell’Orzo, Cave Bozzo, Tombaccio, Faniello e del Piastrone. Per l’intera zona di Tre Fiumi
persistono colmate artificiali di oltre 30 metri, confuse con sedimenti delle aste fluviali della
Turrite e del Canale del Freddone, la cui circolazione idrografica è praticamente bloccata nei
pressi della strada SP13 Valdarni.
La circolazione idrica è garantita dal deflusso del torrente Turrite Secca e da canali a regime
torrentizio, il principale dei quali è rappresentato dal Canale delle Gobbie. Studi idraulici hanno
messo in evidenza l’insufficienza della regimazione idrica, soprattutto a causa dell’ingombro dei
ravaneti (Musetti et al., 2002).
CARDOSO
Nella zona epicentro dell’evento alluvionale del 1996, ed in gran parte del territorio circostante è
presente la litologia delle arenarie Pseudomacigno, nelle sue forme pelitiche (Ardesia) e/o
arenacee (Pietra del Cardoso). Affiorano inoltre porzioni di basamento e terreni riferibili alle
coperture mesozoiche-terziarie dell’Autoctono Auctt. Sul versante sinistro del torrente Deglio e
lungo il canale della Capriola affiora il basamento ercinico ed i Cipollini, che si estendono in
direzione NW fino alla località “Le Caselle-Tiglieta”. Lungo il sentiero in sponda destra dello
stesso canale sono presenti livelli discontinui di Marmi con laminazioni tettoniche di ordine
inferiore, al contatto con i terreni carbonatici del versante meridionale della Pania della Croce. A
monte del cimitero della frazione ed a settentrione delle località Le Caselle e Ranocchiaia,
affiorano i “Grezzoni”; i Calcari Selciferi si rilevano lungo il Rio di Deglio, dove è evidente la
stratificazione con liste e noduli di selce.
L’assetto geomorfologico è caratterizzato da valli molto strette con versanti generalmente ripidi,
incisi in una rete di torrenti affluenti del Torrente Cardoso, limitati dallo spartiacque principale
dei monti Procinto – Forato – Pania della Croce. In generale tutta l’area è coperta da una fitta
vegetazione ad alto fusto (castagneti in grandissima maggioranza); solo i settori in prossimità
dello spartiacque principale sono privi di vegetazione arborea per motivi litologici e per l’elevata
acclività. I versanti presentano una copertura di materiale eluviale e colluviale di spessore
limitato, in molti casi asportato durante il disastroso evento del 1996.
A livello geomorfologico i principali dissesti del ’96 si sono sviluppati nelle coltri detritiche
presenti nelle strette incisioni e nei solchi montani secondari, con sovralluvionamenti delle valli
principali. La tipologia prevalente ha spessori da 1 a 3 metri scarpate tra 30°/55°, lunghezza di
alcune centinaia di metri e larghezza di poche decine di metri, con interessamento di suolo,
coperture terrigene e ammassi rocciosi alterati e fratturati,. Tra la zona denominata “Al Santo” e
Valinventre in sponda destra e sinistra del torrente Cardoso, sono presenti forme gravitative
attive e quiescenti (alcune bonificate), come lungo tutto il canale a sud di Pruno, il torrente di
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Deglio, il canale della Capriola e della Casalina. Particolarmente importanti sono i dissesti a
nord della località “al Melo” e “Bucino”, e quelli tra “Orzale” e “Malpasso”, in generale forme
lineari che coincidono con il reticolo idrografico secondario.
FARNOCCHIA
Frazione ubicata in posizione panoramica tra i canali della Radice e di Campiglia, affluenti del
Torrente delle Mulina. La litologia prevalente è costituita dallo Pseudomacigno che presenta
zone molto ampie di detrito eluvio colluviale. Farnocchia è collegata ad una serie di nuclei
abitati in loc. La Costa, La Porta, La Ripa, Castagno, Ceragioli, La Fossa, che insistono su
litologie eterogenee (Grezzoni, Cavernoso, Pseudomacigno) ricoperte da ampie porzioni di
detrito di versante, dovuto al complicato intercorrere di “scaglie” per raddoppi tettonici di terreni
di tipo carbonatico. Erosioni lineari accentuate si ritrovano sul versante nord-ovest a poca
distanza dall’abitato; dissesti più limitati e quiescenti si rilevano sul versante sudorientale, in
ampi terrazzamenti antropici; altri (per ribaltamento o crollo nelle dolomie dei Grezzoni) sono
presenti presso la strada comunale, in località Pera, La Mandria e Fosso della Rossa.
LA CULLA
Nucleo abitato suddiviso amministrativamente tra i comuni di Camaiore e Stazzema, insiste
sulle litologie di Calcare Cavernoso della Serie Toscana non metamorfica, in zona a modesta
acclività, ampiamente terrazzata ad uso coltivo. Il rilevamento non ha evidenziato forme
rilevanti, anche per le caratteristiche di compattezza e resistenza del litotipo affiorante; limitati
fenomeni quiescenti o parzialmente attivi tipo “soil slip”, sono presenti in loc. Case I Lecci e
nella zona di Tassonaia, con dissesti di limitate coperture del substrato carbonatico.
LEVIGLIANI
Gli affioramenti sono riconducibili alle “Filladi inferiori” ed ai “Porfiroidi” dell’Autoctono Apuano.
Nell’intorno del paese è presente una estesa copertura limosa-argillosa, con frequenti inclusi
filladici, lungo la strada provinciale SP18 del Cipollaio sono presenti estesi movimenti gravitativi
(tipo debris flow), all’interfaccia tra coperture e bed-rock alterato, sui quali l’Amministrazione
Provinciale è intervenuta con contenimenti superficiali e profondi. Ulteriori dissesti attivi e
quiescenti si osservano in prossimità dello “Zeppolino” e tra la località “il Serbatoio” e “Minutolo”.
Altri in forma quiescente, sono stati rilevati tra le coperture detritiche terrazzate e la ripida
morfologia delle Filladi in sinistra orografica del Canale delle Lame.
MULINA
Insieme di nuclei abitati alla confluenza tra il torrente Vezza ed i suoi affluenti principali in
sinistra orografica. Geologicamente la zona è una delle più complesse del territorio, con
accavallamenti tettonici e ripetizioni della Serie Metamorfica Apuana. Nelle frazioni Carbonaia e
Calcaferro sono presenti litologie metarenacee; in altre come Culerchia e Picignana, si rilevano
terreni carbonatici alterati (lenti di Calcare Cavernoso, Grezzoni).
In questa parte di territorio nel ’96 si sono verificati numerosi dissesti lineari e areali, in
coperture sature su bed-rock alterato, le zone più colpite oltre alla frazione principale,
soprattutto per la sua posizione all’interno di litologie scistoso-filladiche (Pseudomacigno e
Filladi), sono state le frazioni di Al Logo, Contra, Calcaferro e Culerchia. Alcuni dissesti sul
fondovalle nelle località Piastraio e Rondone, sono stati aggravati dalla presenza di ravaneti, sui
quali restano problemi di instabilità, legati soprattutto alla sistemazione del Fosso delle Rove e
del Canale della Radice. Idrogeologicamente la zona si presenta ricca di acque, con forme di
ruscellamento superficiale persistente, soprattutto nell’area di Calcaferro.
PALAGNANA
Insieme di nuclei abitati sparsi su un vasto territorio al di là dello spartiacque principale apuano
Monte Nona-Monte Croce. Geologicamente la zona ricade su litologie della "Falda Toscana", ad
esclusione del versante Nord del Monte Nona, comunque interessato da accavallamenti di
porzioni litologiche tra F.T. e Metamorfico Apuano. I nuclei abitati (Palagnana, Il Cerro, Zarli,
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Pioppo, Paretone, La Ciortaia, Campogiobboli, La Retaglia, La Campanella) insistono su
litologie carbonatiche, come Calcare Maiolica, Calcari Selciferi, Calcareniti a Nummuliti e più
rari affioramenti arenacei tipo Macigno.
Data anche la debole acclività, prevalgono forme gravitative quiescenti, sempre corticali su
litologie carbonatiche e silicee (Colle delle Baldorie; Fonte del Pallino), forme minori si rilevano
sulle litologie della Scaglia Toscana. Qualche limitato dissesto attivo è prossimo alla località Il
Cerro e presso la frazione principale, su litologie alterabili di Marne a Posidonia (degradabili e
frantumate). Erosioni in alveo sono presenti nella parte alta della Turrite di Gragliana, sopra le
località Palagnana e Campogiobboli.
POMEZZANA
Frazione a 580-600 metri slm, sul versante meridionale del Colle della Castellina, propaggine
occidentale del Monte Matanna. La litologia è interamente composta dallo Pseudomacigno, con
limitati affioramenti ed estese distribuzioni di copertura detritica terrazzata per coltivazioni e
castagneti. Solo nel fondovalle del Canal Verde e del bivio del Forcello, si rilevano Filladi,
Grezzoni e Calcari Cavernosi alterati e tettonizzati.
Come per Cardoso, Stazzema, Pruno e Volegno, anche in quest’area la tipologia dei dissesti
del ’96 è stata di tipo complesso con erosioni lineari in alveo, tuttora in via di risistemazione. I
principali fenomeni si sono verificati lungo i fossi della Fontanella, di Pomezzana e di Caviglia,
altri importanti debris flow, in buona parte bonificati si sono riattivati nella frazione di Le Calde.
L’idrogeologia segue le caratteristiche delle zone limitrofe (Farnocchia, Stazzema, Cardoso,
ecc.) con circolazione idrica in solchi affluenti dei fossi principali (Pomezzana-Picignana), che in
occasione di eventi alluvionali rilevanti generano erosione lineare in alveo delle coperture
detritiche.
PONTESTAZZEMESE
Sede amministrativa, crocevia delle strade per Cardoso, Stazzema Pomezzana – Farnocchia –
Mulina. La Frazione insiste principalmente sulla formazione dei Grezzoni; tra Fontaneto e
Fornetto affiora invece una porzione del basamento paleozoico (Filladi inferiori, Porfiroidi e
Scisti porfirici), sormontata in discordanza stratigrafica dal “Verrucano”. A SudEst dell’abitato si
estende una fascia orientata SudOvest – mordeste, di formazioni stratigraficamente soprastanti
i Grezzoni, ovvero Brecce di Seravezza e Marmi; un contatto tettonico marca il passaggio alla
formazione dello Pseudomacigno, elidendo i termini strutturalmente superiori della serie. I
versanti presentano una acclività media intorno al 50 - 60 %, la quale incide poco sull’assetto
geomorfologico dell’area, dove difficilmente si hanno dissesti per la struttura massiva dei
Grezzoni. In località “La Risvolta” si segnala la presenza di tre frane, due quiescenti ed una
attiva, che hanno interessato la copertura detritica. Sul versante a SudEst del paese si
osservano, imponenti ravaneti di passate escavazioni in parte rinaturalizzati. In quest’area le
conseguenze più evidenti dell’evento del ’96 sono riconducibili a forme di sovralluvionamento
dei torrenti Cardoso e Vezza e limitate e concentrate forme di ruscellamento di versante. La
circolazione idrogeologica è controllata dal sistema carsico del Monte Corchia, con la
confluenza in fondovalle di altri sistemi idrogeologici minori del Monte Lieto e Monte Gabberi
(Piccini et al.,1997), con sorgenti all’interfaccia tra le formazioni carbonatiche (Grezzoni) e le
litologie scistose (Pseudomacigno, Filladi).
PRUNO VOLEGNO
La frazione di Pruno è posizionata a quota di 500 metri slm, su un colle soprastante il Canale di
Deglio e il fondovalle di Cardoso. La formazione affiorante è riconducibile allo Pseudomacigno
della Serie Metamorfica apuana, con larghe placche di detrito di versante estesamente
terrazzato. Negli alpeggi delle località Tiglieta, Colle a Iapoli, Le Caselle, Pereta, Alla Tana,
Ranocchiaia, Poggiovo, si sviluppa una complessa litologia del substrato con affioramenti di
tutta la serie metamorfica apuana, soprattutto per le litologie dei Porfiroidi e Dolomie Scistose a
Orthoceras. I Cipollini ed i Calcescisti, sono presenti in larga parte nelle località Tiglieta e La
Crepata, sottoposti ad antiche escavazioni, con estesi ravaneti in parte rinaturalizzati.
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La frazione di Volegno è ubicata circa 300 metri in linea d’aria da Pruno, con il quale condivide
la litologia prevalente delle metarenarie, ampie estensioni di detrito spesso terrazzato e boschi
di castagneto. La situazione geomorfologicamente più vulnerabile è l’area tra i due paesi
(Anpa/Arpat, 1998), dove attraverso il reticolo idrografico durante l’evento del ‘96 si sono
innescati fenomeni erosivi lineari e areali di grande estensione, in coltri detritiche derivate
dall’alterazione delle metapeliti filladiche disposte su bed-rock a franapoggio.
Verso l’Alpe di Pruno, nelle località Alla Tana, Ranocchiaia e Pereta, si è determinata instabilità
per erosione lineare dei canali affluenti il torrente Deglio, frane quiescenti e ruscellamento
superficiale nell’area de Le Caselle e locali dissesti corticali nella parte più alta del bacino in
litologie dei Porfiroidi e Scisti Porfirici. Altre erosioni lineari in alveo di canali molto ripidi, sono
avvenuti a SudOvest di Volegno, nelle località Tre Orti e Petarocchia.
RETIGNANO
Nei pressi della frazione i terreni affioranti appartengono alla formazione delle “Filladi Inferiori”
del basamento metamorfico. La formazione è in gran parte ricoperta da un terreno di
alterazione eluviale–colluviale limo argilloso, con frequenti frammenti di roccia. I dissesti rilevati
sono legati a limitate forme di “debris flow” nella parte alta dell’abitato, in alcuni casi bonificate.
Il paese in s.s. poggia su una coltre detritica riconducibile ad un grande dissesto gravitativo
quiescente che si estende dalla loc. Pian di Scala in direzione Nord - Sud fino al piede del
versante della valle del fiume Vezza (cimitero di Ruosina). Blocchi di litologie carbonatiche
(Grezzoni e Marmi) associati a fenomeni di deformazioni gravitative profonde, si rilevano più a
nord (Campiglia, Gordici).
RUOSINA
Frazione che insiste alla confluenza del torrente Giardino nel Vezza. La litologia è
rappresentata dalle “Filladi Inferiori” che insistono a reggipoggio in sponda sinistra orografica
del Vezza. Estesi terrazzamenti, corrispondenti a risistemazione antropica di coperture detritche
e di estese paleofrane stabilizzate, interessano l’intero versante destro orografico del Versilia,
fino al soprastante paese di Retignano. I maggiori dissesti sono derivati da fenomeni complessi,
tuttora attivi nei pressi della frazione di Iacco, con erosioni in alveo e sovralluvionamenti. Altre
forme quiescenti in detrito di versante di formazioni scistose, si rilevano nelle località
Lavacchino e Nespolo ed in sponda sinistra del Vezza e nella frazione di Ontana, sul bordo di
scarpa di ampie forme alluvionali terrazzate.
S. ANNA DI STAZZEMA
Frazione composta da vari nuclei abitati (Alla Chiesa, Sennari, Case di Berna, Vaccareccia,
Argentiera) situata al di là dello spartiacque del Monte Lieto e del Monte Gabberi. Dal punto di
vista geologico la zona è compresa all’interno della “Finestra Tettonica di S.Anna”, dove terreni
metamorfici dell’Autoctono Auctt., costituti da Filladi inferiori, Grezzoni e Marmi, emergono al di
sotto di un rilevante contatto tettonico impostato sull’orizzonte di scivolamento del Calcare
Cavernoso e delle Brecce Poligeniche, con le litologie carbonatiche della FaldaToscana
(Calcari a Rhaetavicula Contorta). La geomorfologia è rappresentata da spianate in coltri
detritiche con limitati dissesti in forma quiescente e piccole frane attive tipo soil slip, nel
fondovalle del Fosso dei Mulini. Altri limitati dissesti sono riconducibili ad erosioni in alveo sotto
la parete meridionale del Monte Lieto, ed in sprofondamenti e crolli di origine indotta (da scavi
minerari) nell’area di Monte Arsiccio, al contatto tra filladi e dolomie Grezzoni.
L’idrogeologia superficiale è limitata alla circolazione del canale delle Piastre e del Fosso dei
Mulini (o Canale del Ferraio), affluenti nel torrente Baccatoio. La presenza di scavi minerari a
giorno, specie nel Fosso dei Mulini provoca la contaminazione delle acque superficiali con
elementi di alterazione di minerali come ossidi di ferro, piombo, rame.
TERRINCA
Ubicata tra il monte Corchia a N-NE ed il monte Cavallo ad Ovest, immediatamente a valle della
strada provinciale per Arni, a quota altimetrica variabile dai 470 m ai 530 m s.l.m. Nell'area
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affiora la formazione delle Filladi inferiori dell'Autoctono Auctt. del basamento metamorfico
apuano, gli affioramenti sono limitati e discontinui (zona alta del paese), con disposizione degli
strati a franapoggio. La situazione tettonica è complicata dalla presenza di almeno tre lineazioni
profonde che tagliano il paese da NordOvest a SudEst, sulle quali sono impostati i principali
fossi e si sviluppa il complesso movimento gravitativo che interessa la frazione.
Il versante tra "La Costa-Cerageto" ad Ovest e "S. Rocco" ad Est, è costituito da un sistema di
spianate morfologiche, rappresentate da coperture detritiche che superano i 4 metri di
spessore, interrotte da W verso E in corrispondenza del fosso del Solcone e del fosso del
Solco, con denudamento parziale del bed-rock filladico più o meno alterato. Gli Alpeggi e
insediamenti abitati estivi (Puntato e Campanice) insistono sull’Autoctono Auctt., ripiegato in
modo complesso dal motivo strutturale della sinclinale del Corchia, o sui terreni di origine
glaciale e post-glaciale.
Tutta la frazione si sviluppa su antiche paleofrane, dove l'azione erosiva esercitata in tempi
recenti dal fosso del Solco e l’evento del ’96, hanno riattivato fenomeni in fase di quiescenza.
Le forme più macroscopiche interessano i primi metri di terreno, spessori più consistenti (15-30
metri) sono interessati da un lento dissesto profondo, del quale misure strumentali hanno
evidenziato la superficie di scorrimento ed una evoluzione morfogenetica concentrata nella
zona SudOccidentale dell’abitato, con piccoli dissesti in sponda sinistra del fosso del Solco a
valle del centro abitato ed altri ad Est della località Vergaia ed a Sud del Cimitero Comunale.
La situazione geomorfologica degli alpeggi di Puntato e Campanice, storicamente appartenenti
al “Comunello” di Terrinca non presenta problemi rilevanti, sono presenti solo limitate forme
attive tipo soil-slip, all’interfaccia tra i cordoni morenici e le coperture detritiche; ed erosioni
lineari in alveo nelle parti più acclivi dei fossi della Val Terreno (loc. Gualdana) e del Canale
delle Fredde (loc. Costa delle Mura).
4 CARATTERIZZAZIONE LITOTECNICA
L’elaborato grafico di riferimento è la CARTA LITOTECNICA E DEI DATI DI BASE Tav 7, dove
i terreni e le rocce affioranti sono state distinte ed accorpate in unità litotecniche con
caratteristiche tecniche e meccaniche simili, indipendentemente dalla posizione stratigrafica e
dei rapporti geometrici (indicazioni della D.C.R.T. n. 94/85), secondo lo schema che prevede tre
principali gruppi: successioni lapidee - alternanze di litotipi lapidei e argillosi - successioni
ghiaiose, sabbiose, argillose, e vari sottogruppi
4.1 SUCCESSIONI LAPIDEE
1A - Rocce lapidee massive: rocce non stratificate e/o grossolanamente stratificate
In questa categoria sono inserite le rocce prevalentemente carbonatiche, con grado di
fratturazione medio e caratteristiche geomeccaniche discrete:
• Grezzoni (gr)
• Brecce di Seravezza e scisti a cloritoide (br)
• Marmi a megalodonti e marmi dolomitici (md)
• Marmi (m)
• Calcari selciferi a Entrochi (cse)
• Calcare massiccio (cm);
1B - Rocce lapidee stratificate
formazioni con stratificazione sviluppata e persistente, grado di fratturazione medio alto e
caratteristiche geomeccaniche medie:
• Porfiroidi e scisti porfirici e metarenarie quarzose (pf)
• Verrucano e formazione di Vinca (vr)
• Calcari selciferi (cs)
• Calcari a Nummuliti cipollini e scisti sericitici (sc)
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•
•
•
•
•
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Calcari e marne a Rhaetavicula contorta (cr)
Rosso ammonitico (ra)
Calcari selciferi inferiori (csi)
Calcari selciferi superiori (css)
Maiolica (mac)
1C - Rocce lapidee con scistosità molto pervasiva
essenzialmente rocce metamorfiche, dove la scistosità è la causa principale delle scarse
proprietà geomeccaniche della roccia:
• Filladi inferiori (fi)
• Dolomie scistose a Orthoceras e calcari rossi nodulari (co)
• Filladi sericitiche ed Anageniti (fs)
1D - Rocce lapidee brecciate
rocce in cui la fratturazione e dissoluzione carsica raggiunge livelli importanti, tanto da far
decadere localmente le caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso:
• Brecce di Metato (bme)
• Calcare Cavernoso (cv)
• Dolomie Cataclastiche (dc)
4.2 SUCCESSIONI CON ALTERNANZE LITOIDI LAPIDEE E
ARGILLITICHE
2A - Rocce con litotipi lapidei prevalentemente arenacei o calcarenitici
rocce con alternanza di facies prettamente lapidee e argillitiche (marnose o siltose),
caratterizzate da discreta fratturazione, assenza di fenomeni carsici e discrete caratteristiche
geomeccaniche:
• Calcari a Nummuliti (cn)
• Macigno (mg)
2B - Rocce con litotipi lapidei a grana fine
rocce caratterizzate da elevato grado di fratturazione, medio bassa resistenza meccanica e
caratteristiche geomeccaniche da medie a scadenti:
• Diaspri e calcescisti (d)
• Pseudomacigno (pmg)
• Marne a Posidonia (mp)
• Diaspri (di)
2C - Rocce con litotipi prevalentemente argillitici a struttura ordinata
rocce caratterizzate da un elevato grado di fratturazione e microfratturazione, bassa resistenza
meccanica e caratteristiche geomeccaniche scadenti:
• Scaglia toscana (st)
4.3 SUCCESSIONI CONGLOMERATICHE (O GHIAIOSE), SABBIOSE,
ARGILLOSE
Depositi Quaternari sciolti o scarsamente cementati, con caratteristiche geomeccaniche
complessivamente medio basse.
3A – Ravaneti
3B – terreni ghiaioso sabbioso limosi soggetti ad evoluzione per ordinari processi fluviali da
sciolti ad addensati (depositi alluvionali recenti (al))
3C – terreni a granulometria mista, molto eterogenei, da sciolti a mediamente addensaticonsistenti (depositi detritici di versante (dt)
3D – terreni a granulometria variabile in matrice limoso sabbiosa con vario grado di
cementazione (depositi glaciali e fluvio glaciali (mo)
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5 DATI GEOGNOSTICI E GEOTECNICI
Per completare l’insieme dei dati del quadro conoscitivo territoriale, in Tav. 7 si è riportato
l’ubicazione delle indagini geognostiche note, eseguite a supporto di lavori pubblici e privati.
L’illustrazione delle prove riportate in All. 6, permette di estrapolare una prima caratterizzazione
geotecnica dei terreni, sicuramente non esaustiva a livello generale vista l’estrema variabilità
del territorio, comunque significativa per una prima classificazione. I dati presenti sul territorio
risultano comunque discontinui ed insufficienti ad una dettagliata zonazione geotecnica; in
generale si ritiene che problemi legati alle caratteristico fisico meccaniche dei terreni (capacità
portante e cedimenti), soprattutto in corrispondenza di vaste e consistenti aree di affioramento
eluvio colluviale, siano da affrontare e risolvere a livello di intervento diretto.
6 INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA
In Tav. 7, oltre all’ubicazione delle prove geognostiche, è riportata l’ubicazione dei lavori di
messa in sicurezza eseguiti a seguito dell’evento del 1996 reperiti presso gli archivi dei vari enti
pubblici: Comune, Comunità Montana, Provincia, Regione Toscana, Genio Civile, ecc.,
rappresentati con indicazione generica per estensione areale e tipologia di intervento:
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
bonifiche di frane
briglie
interventi in alveo
interventi di ingegneria naturalistica
palificate
muri
reti paramassi
sistemazioni idrauliche
lavori stradali
altro (categoria comprendente quanto non ricade nelle precedenti)
Note le caratteristiche dei lavori riportata in Allegato 3, un confronto tra la carta CARTA
LITOTECNICA E DEI DATI DI BASE di Tav 7 e la CARTA GEOMORFOLOGICA di Tav. 3,
permette un immediato raffronto tra le aree vulnerate e vulnerabili.
7 PERICOLOSITÀ
La CARTA DELLA PERICOLOSITA’ rappresenta l’elaborato finale dei dati raccolti, carta
tematica di sintesi finalizzata alla definizione del grado di dissesto geomorfologico idrogeologico
ed idraulico del territorio comunale, sulla base della quale deve orientarsi la pianificazione
urbanistica. Rappresenta l’elaborato dove sono presi in considerazione i fenomeni di instabilità
e tutte le problematiche che possono limitare le attività dell’uomo, la loro intensità e probabilità
di occorrenza.
Note le norme del PTC della Provincia di Lucca, integrando e ampliando l’art. 3.1 della DCRT
94/85, e tendo conto dei P.A.I. dei due bacini interessati (Toscana Nord e Serchio), in relazione
alle principali problematiche presenti sul territorio per condizioni geomorfologiche ed idrauliche,
articolando l’intero territorio comunale in classi e sottoclassi di pericolosità, sono stati prodotti
due elaborati cartografici.
• CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA in Tav. 9
• CARTA DELLA PERICOLOSITÀ IDRAULICA in Tav. 10
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Per le U.T.O.E., è stato prodotto un elaborato di sintesi (Tav. 11), dove sono indicati i tipi di
pericolosità prevalente nelle zone che riguardano la pianificazione urbanistica:
• CARTA DELLA PERICOLOSITÀ DI SINTESI in Tav. 11
Inoltre, vista la classificazione sismica del territorio comunale (zona sismica 3 dell’Ordinanza
P.C.M. 3274/03), sempre seguendo le direttive del PTC, sono state prodotte le carte della
pericolosità sismica, evidenziando le zone che per condizioni geologiche e geomorfologiche
possono subire alterazioni permanenti e non del suolo, a causa della risposta sismica locale:
• CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA GENERALE Tav. 12
• CARTA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA DELLE UTOE in Tav. 13
Nei paragrafi seguenti saranno descritte nel dettaglio le metodologie di realizzazione e le sintesi
finali delle carte di pericolosità.
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7.1 PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
L’elaborato deriva da una serie di dati raccolti ed analizzati secondo lo schema seguente
Rilevamento
geomorfologico
Rilevamento
geologico
Calcolo automatico
dell’acclività
Acquisizione
vettoriale delle
entità
geolitologiche
Acquisizione
vettoriale entità
cliviometriche
Controllo foto
aeree
Acquisizione
vettoriale entità
geomorfologiche
Carta
geomorfologica
Classificazione
pericolosità entità
geomorfologiche
Carta litotecnica
Carta delle
acclività
Classificazione
pericolosità entità
litologiche
Classificazione
pericolosità entità
cliviometriche
Sovrapposizione tematismi e calcolo della media delle entità ottenute
Riclassificazione
entità pericolosità
geomorfologica
Carta della
pericolosità
geomorfologica
Per realizzare la carta della Pericolosità Geomorfologica, sono stati sovrapposti i parametri
geologico-litotecnici, geomorfologici e clivometrici, assegnando ad ognuno un “valore” variabile
da un minimo di 1 ad un massimo di 4:
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Pendenza
Classi di appartenenza
0 – 15 %
15 – 25 %
25 – 35 %
> 35 %
valore di pericolosità
1,5
2
3
4
Litologia
Classi litologiche
Rocce massive
Rocce stratificate
Rocce scistose
valore di pericolosità
1,5
2
2,5
Geomorfologia
Classi geomorfologiche
Depositi alluvionali
Detrito/detrito crionivale
Ravaneti
Rocce montonate/morene
Dissesto da ruscellamento
Dissesto da ruscellamento
bonificato
Frane attive
Frane quiescenti
Frane bonificate
Cono di detrito
Deformazione gravitativa
profonda di versante
Terrazzi alluvionale
valore di pericolosità
2
2,5
3
1,5
4
2,5
4
3,5
2,5
3
3,5
2,5
Dalla sovrapposizione dei tre tematismi con procedimento informatico (software GIS) e
semplice algoritmo di calcolo, si è ottenuto un “valore numerico finale”. Successivamente e
dopo verifica diretta sul terreno specialmente in relazione alle UTOE, il “valore numerico finale”
è stato inserito nelle classi di pericolosità definite dalla L.R. 17.04.1984 n. 21, tenuto conto delle
prescrizioni derivanti dal PTC e dei PAI T.N. e Serchio.
Nell'elaborato finale (Tav. 9), sono riportate le perimetrazioni delle 5 classi di “pericolosi”
individuate (2g; 3ag; 3bg; 3d e 4g) relativamente a problematiche di natura geomorfologica in
condizioni statiche, senza tener conto di sollecitazioni dinamiche di tipo sismico.
CLASSE 2g - pericolosità geomorfologica bassa
(classe 2 D.C.R. n. 94/85) corrisponde a situazioni geologiche, geotecniche e morfologiche
apparentemente stabili, sulle quali permangono dubbi che potranno essere chiariti a livello di
indagini geologiche e geotecniche di supporto agli strumenti urbanistici attuativi ed alla
progettazione edilizia, condotte ai sensi del D.M.11.03.88. Sono incluse in questa classe le aree
prive di forme e processi geomorfologici attivi o quiescenti, nelle quali sulla base di valutazioni
geologiche, litotecniche e clivometriche, sono prevedibili limitati processi di degrado superficiale
riconoscibili o neutralizzabili a livello di intervento diretto:
• aree di fondovalle non suscettibili di subsidenza
• aree di fondovalle con depositi alluvionali recenti o terrazzati prevalentemente grossolani,
poco maturi dal punto di vista tessiturale (scarsa classazione, basso grado di diagenesi,
presenza di una certa percentuale di matrice fine), soggetti ad eterogeneità in senso
verticale ed orizzontale.
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La progettazione edilizia dovrà essere supportata da indagini geologiche, geomorfologiche,
geotecniche di approfondimento, condotte a livello di "ambito geomorfologico significativo", da
eseguirsi ai sensi del D.M. 11.03.1988.
CLASSE 3ag - pericolosità geomorfologica medio-bassa
aree che non presentano fenomeni di dissesto attivi o quiescenti, dove le condizioni
geomorfologiche, litotecniche o clivometriche non permettono di escludere l’innesco di fenomeni
gravitativi di bassa intensità:
• versanti ad elevata acclività (pendenza >35%) con litologie non scistose affioranti e
subaffioranti
• frane bonificate, apparentemente stabilizzate e relative aree di influenza
• detrito apparentemente stabile su versante non acclive (pendenza < 35%)
La Classe 3ag include parte della classe 3 della D.C.R. 94/85, maggiormente rappresentata
nella dorsale centrale che fa capo al sistema del Corchia, nella zona di Arni Campagrina a Nord
e nella zona di S. Anna Monte Gabberi a Sud. La zona della dorsale Matanna Nona Procinto
Monte Croce e Forato e in tutto il territorio posto ad Est, compreso l’abitato di Palagnana.
La presenza della classe 3ag è essenzialmente legata alla pendenza; infatti gran parte del
territorio comunale è acclive, con pendenza superiore al 35%.
La progettazione edilizia ed i piani attuativi ricadenti in questa classe, dovranno essere
supportati da indagini geologiche, geomorfologiche, geotecniche di approfondimento, condotte
a livello di "ambito geomorfologico significativo", da eseguirsi ai sensi del D.M. 11.03.1988, ivi
comprese verifiche di stabilità prima e dopo l’intervento.
CLASSE 3bg - pericolosità geomorfologica medio-alta
aree prive di dissesti attivi, in cui le condizioni geomorfologiche, litotecniche o clivometriche non
permettono di escludere l’innesco di fenomeni gravitativi di media intensità e la riattivazione di
fenomeni quiescenti:
• versanti ad elevata acclività con litologie affioranti e subaffioranti riconducibili a formazioni
dello Pseudomacigno e delle Filladi Inf.
• coperture detritiche potenzialmente instabili su versanti acclivi (>35%)
• frane quiescenti e relative aree di influenza
• deformazioni gravitative profonde.
Aree potenzialmente franose per caratteristiche litologiche o geomorfologiche, presenti
estesamente in particolare su due grandi aree poste al confine occidentale (frazioni di Gallena
Ruosina, Retignano, Terrinca e Levigliani) e nell’intorno degli abitati di Pruno Volegno Cardoso,
Stazzema Pomezzana e Farnocchia. Questa classe, comprende parte della classe 3 dalla DCR
94/85 non inclusa in 3ag.
Le indagini di approfondimento a supporto degli interventi edilizi e dei piani attuativi, da
eseguirsi ai sensi del D.M. 11.03.1988, dovranno essere estese all’ambito geomorfologico
significativo e documentare la dinamica complessiva del versante e l’areale potenzialmente
coinvolgibile. Gli interventi saranno attuabili solo dopo la dimostrazione dell'esistenza o il
raggiungimento di adeguati condizioni di sicurezza e di mitigazione del rischio.
CLASSE 3d - Pericolosità media da colate detritiche torrentizie
le aree con colate detritiche torrentizie cartografate in 3d, sono state individuate partendo da
valutazioni su dati storici verificati con il criterio dei punteggi del PTC. Sono le aree interessate
dall’evento alluvionale del ’96 da fenomeni di sovralluvionamento in alveo alle quali si è
attribuita pericolosità media, anche a fronte dei numerosi lavori di sistemazione idraulica
realizzati lungo i corsi d’acqua.
In tali aree nuove previsioni edificatorie potranno essere consentite solo se supportate da
ulteriori studi e verifiche finalizzate alla valutazione del rischio effettivo e dal progetto di
massima delle opere tese alla mitigazione del rischio. I piani attuativi saranno approvabili e gli
interventi diretti abilitabili solo contestualmente all'approvazione della progettazione esecutiva
delle opere di mitigazione.
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CLASSE 4g - Pericolosità geomorfologica elevata
corrisponde alla classe di pericolosità geomorfologica massima definita dalla DCR 94/85, che
include i fenomeni di dissesto attivi con relative aree di influenza:
• zone interessate da frane in atto e loro intorno suscettibile di coinvolgimento nel dissesto
• erosioni in alveo attive e loro intorno suscettibile di coinvolgimento nel dissesto
All'interno delle aree inserite in classe 4g sono ammessi interventi finalizzati alla bonifica, oltre a
quelli di manutenzione straordinaria dei manufatti edilizi e delle infrastrutture esistenti e alla
riduzione della loro vulnerabilità. I progetti di bonifica e consolidamento, dovranno essere
supportati da specifiche indagini e verifiche geologiche, geomorfologiche e geotecniche di
approfondimento eseguite ai sensi del D.M. 11.03.1988.
7.2 PERICOLOSITÀ SISMICA
La pericolosità sismica esprime la probabilità che in un certo intervallo di tempo un’area sia
interessata da terremoti che possono produrre danni. La pericolosità sismica prescinde da tutto
ciò che l’uomo ha costruito e dipende dal tipo di terremoto, dalla distanza dall’epicentro della
località interessata nonché dalle condizioni geomorfologiche. La materia legislativa riguardante
l’applicazione della Ordinanza del P.C.M. 3274/03 che classifica il territorio comunale in zona
sismica 3, con accelerazione convenzionale massima amax = 0.15g, non è stata adeguata dalla
Regione Toscana in relazione agli atti di pianificazione urbanistica. La vigente normativa
regionale (L.R. 21/84 e DCRT 94/85), inserisce le zone con accelerazione sismica
convenzionale massima amax < 0.20g in classe 3, per la quale i tipi e gli effetti che devono
essere presi in considerazione sono:
‰ Instabilità dinamica per cedimenti e cedimenti differenziali (che può interessare i depositi
alluvionali e le fasce detritiche)
‰ Instabilità dinamica per fenomeni franosi (che può interessare gli accumuli di frana ed i
pendii ad elevata acclività con terreni sciolti o poco addensati)
‰ Amplificazione per effetti morfologici (che può interessare i bordi dei terrazzi e delle valli
fluviali)
Seguendo le direttive del PTC, per i comuni classificati sismici le indagini di supporto alla
pianificazione urbanistica devono evidenziare condizioni geologiche e geomorfologiche che
possono produrre alterazioni della risposta sismica locale con deformazioni permanenti e non
del suolo, riconducibili in due classi:
CLASSE 4t - Pericolosità sismica elevata
aree interessate da fenomeni attivi, suscettibili per costituzione geologica e/o morfologica, di
subire deformazioni permanenti del suolo e/o fenomeni di elevata amplificazione della
sollecitazione sismica.
CLASSE 3t - Pericolosità sismica media
aree non interessate da fenomeni attivi, suscettibili per costituzione geologica e/o morfologica di
subire fenomeni di moderata amplificazione della sollecitazione sismica, senza deformazioni
permanenti del suolo.
Nelle CARTE DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA Tavv. 12 e 13, sono state considerate “aree
suscettibili di subire fenomeni di elevata deformazione permanente del suolo” le sole frane
attive, inserite in classe “4t”. Per la classe “3t”, si ritiene necessario un doveroso
approfondimento di studio, per una valutazione più attendibile della “suscettibilità” del sulo a
subire deformazioni permanenti e non, nuove previsioni edificatori consentite solo se supportate
a livello di R.U. da approfondimenti della pericolosità e da indicazioni o prescrizioni per la
progettazione degli interventi finalizzati alla mitigazione dle rischio.
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7.3 PERICOLOSITÀ IDRAULICA
In base alle norme del PTC, la valutazione del grado di pericolosità idraulica di un’area deve
scaturire da tre diverse tipologie di ricerca ed accertamenti:
1. caratterizzazione degli eventi alluvionali storici
2. studi geomorfologici finalizzati alla delimitazione delle aree di pertinenza fluviale
3. studi idrologici idraulici tesi a determinare il rischio di inondazione con metodi statisticoprobabilistici
Nel presente lavoro sono stati affrontati i primi due punti, per il terzo e relativamente alla
sicurezza idraulica, noti gli atti dei PAI T.N. e Serchio che hanno valore di piano territoriale di
settore ed integrano gli strumenti di governo del territorio, si è ritenuto corretto recepire in toto
quanto in essi contenuto.
Nella CARTA DEGLI AMBITI E DELLE PERTINENZE IDRAULICHE Tav. 8, sono state
delimitate le aree di pertinenza fluviale e l’ambito “B” dei corsi d’acqua:
• ao – alveo fluviale in modellamento attivo, porzione di alveo in modellamento attivo
raggiungibile dalla piene stagionali, non necessariamente corrispondente al letto di magra. I
suoi limiti comprendono le fasce laterali di 10 metri corrispondenti all’Ambito “A1” definito
dall’art. 65 del PIT.
• ae – aree di naturale esondazione: aree di fondovalle caratterizzate da indicatori
idrogeomorfologici e biologici naturali riconoscibili in loco e con fotointerpretazione, nelle
quali il legame con il corso d’acqua è ancora evidente, a prescindere dalla presenza di
interventi antropici e delle condizioni di pericolosità idraulica.
• ae1 – aree di naturale esondazione: aree di fondovalle in cui a seguito ai lavori di messa
in sicurezza eseguiti dopo l’alluvione del ’96, il legame con il corso d’acqua non è più
testimoniato da indicatori idrogeomofologici e bilogici naturali riconoscibili in loco.
Rispetto ai contenuti della 230/94 il PTC precisa che per i corsi d’acqua elencati in Appendice 1:
1. Torrente Capriola
2. Torrente Deglio
3. Torrente Cardoso
4. Torrente Giardini
5. Turrite Di Palagnana
6. Fiume Vezza
L’ambito “B” coincide con le aree di naturale esondazione (ae e ae1) sopra descritte. Nei tratti
dove il corso d’acqua non è dotato della fascia di naturale esondazione, ed in tutti gli altri corsi
d’acqua censiti nella DCRT 230/94, a norma della stessa DCR l’ambito “B” è stato valutato con
criterio altimetrico e geometrico.
L’Ambito “A2” come definito dalla DCRT 230/94 per i corsi d’acqua di larghezza maggiore di ml
10 (fiume Vezza/Cardoso eTurrite Secca) rientra nella fascia (ae/ae1); determinato secondo i
criteri della citata Delibera quando non è presente tale fascia. La CARTA DELLA
PERICOLOSITA’ IDRAULICA di Tav. 10 è stata redatta considerando i corsi d’acqua indicati
nella Tabella seguente:
Turrite Secca
Fiume Vezza
Canale delle Fredde
Fosso delle Rove
Canale delle Verghe
Fosso Rimondina
Fosso delle Mulina
Canale di Deglio
Fosso delle Piastre
Fosso Capriolo di Cerageta
Canale dei Mulini
Turrite di Gallicano
Fosso del Fondo
Torrente Cardoso
Fosso di Pomezzana
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Turrite di Gragnana e Palagnana
Fosso di Picignana
Canale del Giardino
Fosso Brunettina
Canale delle Lame
Fosso del Caseto
Canale del Bosco
Fosso di Levigliani
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Fermo restando che l’Alveo fluviale in modellamento attivo (ao), sottoposto ai vincoli derivanti
dal:
• P.I.T (art. 65 e 75);
• P.T.C. (art. 3.1.2 e appendice 1 art. 2.2.4)
• PAI Toscana Nord (art. 21 Norme di Piano) e Serchio (art. 9 Norme di Piano)
è inserito in classe di pericolosità (4i) con tutte le limitazioni conseguenti; le classi di pericolosità
cartografate sulla base di quanto acquisito nel PAI Toscana Nord e dal PAI del Serchio, sono le
seguenti:
CLASSE (1i)
pericolosità irrilevante
Aree collinari o montane sopraelevate di almeno 1 metro rispetto al limite esterno dell’alveo di
naturale esondazione o 2 metri rispetto al ciglio di sponda, prive di notizie storiche di precedenti
inondazioni, allagamenti o ristagni.
In queste zone non sono previste limitazioni né approfondimenti di indagine.
CLASSE (2i)
pericolosità bassa
Aree di fondovalle con notizie storiche di eventi alluvionali eccezionali di classe III o superiore,
considerate in condizioni di sicurezza idraulica dall’Autorità di Bacino Toscana Nord per lavori di
messa in sicurezza posteriori agli episodi di esondazione el ‘96.
In queste zone sono previste limitazioni ed approfondimenti di indagine solo per interventi
incidenti sulla pericolosità idraulica dell’area, interventi che saranno definiti a livello di R.U.
CLASSE (3ai)
pericolosità medio bassa
aree del Bacino del Serchio, definite come “Aree a moderata probabilità di inondazione ed aree
di pertinenza fluviale disponibili per la regimazione idraulica”.
Queste zone sono soggette ad edificabilità condizionata, a norma dell’Art. 23 delle Norme di
Piano del P.A.I. del Fiume Serchio.
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8 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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(2001) – Carta Geologica del Parco delle Alpi Apuane – Università di Siena, Scala
1:50.000.
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