Algebre di Banach e C*-algebre Appunti di alcune lezioni di Analisi superiore, tenute da C. Trapani e raccolte da Fabrizio Pennino Anno accademico 2010-2011 Versione riveduta Aprile 2016 Indice 1 Prime denizioni ed esempi 1 1.1 Lo spettro e il risolvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 1.2 Algebre senza unità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2 Algebre commutative 2.1 Denizioni e teoremi di base 2.2 Omomorsmi e caratteri . . 2.3 La trasformata di Gelfand . 2.3.1 Topologia di Gelfand 2.4 Algebre simmetriche . . . . 2.5 Il teorema spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Il Teorema di Gelfand - Naimark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 19 22 26 27 31 33 42 3.1 Rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 3.2 Il teorema G.N.S. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 i Capitolo 1 Prime denizioni ed esempi In questo capitolo e nei seguenti utilizzeremo il termine algebra per intendere un'algebra lineare e associativa sul campo scalare C dei numeri complessi. Denizione 1.0.1. Un'algebra A è detta algebra normata con unità e se è dotata di una norma che la rende spazio lineare normato e che soddisfa le seguenti: (i) kabk ≤ kak · kbk ∀ a, b ∈ A (ii) A possiede un'identità e tale che kek = 1. Denizione 1.0.2. Un'algebra normata A è detta algebra di Banach se A è spazio di Banach, ossia se è completa rispetto alla sua norma. Denizione 1.0.3. Un'involuzione in A è un'applicazione ∗ : A → A (a 7→ a∗ ) tale che, per ogni a, b ∈ A e λ, µ ∈ C, (i) a∗∗ = a, (ii) (λa + µb)∗ = λa∗ + µb∗ , (iii) (ab)∗ = b∗ a∗ . Denizione 1.0.4. Se A è un'algebra di Banach con involuzione e tale che ka∗ ak = kak2 , ∀a ∈ A (condizione C ∗ ) allora si dice che A è una C ∗ -algebra. Osservazione 1.0.5. In una C ∗ -algebra A l'involuzione è isometrica, infatti utilizzando la C ∗ -condition si ha: kak2 = ka∗ ak ≤ ka∗ k · kak ∀a ∈ A ⇒ kak ≤ ka∗ k. La stessa implicazione applicata a a∗ fornisce la disuguaglianza opposta e quindi kak = ka∗ k. 1 2 Esempio 1.0.6. Consideriamo lo spazio di Banach L1 (R) di tutte le funzioni integrabili secondo Lebesgue sulla retta reale (identichiamo, al solito, le funzioni quasi ovunque uguali) con la norma abituale Z∞ kf kL1 (R) = |f (x)|dx. −∞ Deniamo la moltiplicazione di due funzioni f, g ∈ L1 (R) con il loro prodotto di convoluzione: ∞ Z (f ∗ g)(x) = f (y)g(x − y)dy, −∞ o, equivalentemente con il cambio di variabili z = x − y , Z∞ f (x − z)g(z)dz. (f ∗ g)(x) = −∞ A questo punto consideriamo un'involuzione ∗ come segue: f ∗ (x) = f (−x). Ciò posto verichiamo che si tratta di un'involuzione: (i) f ∗∗ (x) = (f ∗ (−x)) = f (x) = f (x) (ii) (λf + µg)∗ (x) = λf (−x) + µg(−x) = = λf (−x) + µg(−x) = λf ∗ (x) + µg ∗ (x) ; (iii) (f ∗ g)∗ (x) = Z∞ f (y)g(−x − y)dy = −∞ Z∞ Z∞ g(y)f (−x − y)dy = f (−x − z)g(z)dz = −∞ −∞ Z∞ = −∞ g(y) · f (−x − y)dy = (g ∗ ∗ f ∗ )(x). 3 Facciamo vedere che l'involuzione ∗ è isometrica. ∗ Z∞ Z∞ kf kL1 (R) = |f (−x)|dx = −∞ |f (−x)|dx = kf kL1 (R) . −∞ Si osservi che in generale: kf ∗ gkL1 (R) ≤ kf kL1 (R) · kgkL1 (R) . Tale scrittura rende chiaramente L1 (R) algebra normata. Tuttavia L1 (R) non è C ∗ -algebra. Infatti, se scegliamo f (x) = risulta x se x ∈ [−1, 1] 0 altrove √ kf ∗ ∗ f k1 = 4 3 − 6 < 1 = kf k21 . Osservazione 1.0.7. Se una C ∗ -algebra A possiede unità e allora e = e∗ . Infatti, poichè in qualsiasi algebra l'unità è unica si ha: ae∗ = (ea∗ )∗ = (a∗ )∗ = a ∀a ∈ A Analogamente si mostra che a = e∗ a e pertanto e = e∗ . Osservazione 1.0.8. La condizione C ∗ implica che l'involuzione è isometri- ca. Infatti ka∗ k2 = kaa∗ k ≤ kak ka∗ k. Quindi ka∗ k ≤ kak. Scambiando i ruoli di a e a∗ si ottiene la disuguaglianza opposta e quindi l'uguglianza desiderata. D'altra parte, in una *-algebra di Banach (con involuzione isometrica, dunque), la C ∗ -condition è equivalente a ka∗ ak ≥ kak2 , infatti dalla disuguaglianza (i) si ha ka∗ ak ≤ ka∗ k · kak = kak2 e quindi è suciente mostrare la disuguaglianza opposta. Denizione 1.0.9. Sia A una C ∗ -algebra. Un elemento a ∈ A è detto autoaggiunto se a = a∗ . Se a ∈ A è tale che aa∗ = a∗ a allora si dirà normale e, inne, se a ∈ A è tale che aa∗ = a∗ a = e, con e unità di A, allora a si dirà unitario. Osservazione 1.0.10. Sia A una ∗ -algebra di Banach. Allora ogni elemento a ∈ A si può pensare come combinazione lineare di due elementi autoaggiunti. Infatti: a= a − a∗ a + a∗ +i ; 2 2i 4 ∗ a + a∗ 1 1 a + a∗ = (a + a∗ )∗ = (a∗ + a) = ; 2 2 2 2 ∗ 1 ∗ a − a∗ a − a∗ 1 ∗ ∗ (a − a ) = − (a − a) = . = 2i 2i 2i 2i Viceversa se h = h∗ , k = k∗ e a = h + ik allora a∗ = h∗ − ik∗ = h − ik ossia: h= a + a∗ a − a∗ , k= . 2 2i In conclusione la decomposizione a = h + ik con h = h∗ e k = k∗ è unica in A. Esempio 1.0.11. Sia X uno spazio compatto e sia C(X) lo spazio di Banach di tutte le funzioni complesse e continue su X . Tale spazio, infatti, dotato della norma kf k = supx∈X |f (x)| è completo. Deniamo la moltiplicazione in tale spazio come: (f · g)(x) = f (x) · g(x) ∀f, g ∈ C(X) e l'involuzione: f ∗ (x) = f (x) (coniugazione complessa). Mostriamo che si tratta eettivamente di un'involuzione: (i) f ∗∗ (x) = f ∗ (x) = f (x) = f (x); (ii) (λf + µg)∗ (x) = λf ∗ (x) + µg ∗ (x), infatti: λf (x) + µg(x) = λf (x) + µg(x) = = λf ∗ (x) + µg ∗ (x); (iii) (f (x)g(x))∗ = g(x)∗ f (x)∗ , infatti: (f g)∗ (x) = f (x)g(x) = f (x) · g(x) = = g(x) · f (x) = g ∗ (x)f ∗ (x). Ciò posto è facile vedere che C(X) è C ∗ -algebra commutativa con unità e. Infatti: kf f ∗ k = supx∈X |f (x)f (x)| = supx∈X |f (x)|2 = kf k2 . Chiaramente e(x) = 1 ∀x ∈ X . Esempio 1.0.12. Sia X uno spazio localmente compatto e sia C0 (X) lo spazio di Banach di tutte le funzioni complesse e continue che svaniscono all'innito. Tale spazio, analogamente all'esempio precedente, è una C ∗ -algebra commutativa ma stavolta priva di unità, infatti la funzione identicamente 1 (unico candidato possibile) non svanisce all'innito. 5 Esempio 1.0.13. Sia H uno spazio di Hilbert e sia B(H) l'algebra di tutti gli operatori lineari limitati in H . Per ogni operatore A ∈ B(H), sia A∗ l'operatore aggiunto. A questo punto facciamo vedere che l'applicazione ∗ : A → A∗ è un'involuzione: ∀A, B ∈ B(H) (i) A∗∗ = A è immediata conseguenza della denizione di aggiunto di un operatore limitato; (ii) (λA + µB)∗ = λA∗ + µB ∗ , infatti: ((λA + µB)x, y) = (λAx, y) + (µBx, y) = λ(Ax, y) + µ(Bx, y) = = λ(x, A∗ y) + µ(x, B ∗ y) = (x, λA∗ y) + (x, µB ∗ y) = (x, λA∗ y + µB ∗ y) = (x, (λA∗ + µB ∗ )y); (iii) (AB)∗ = B ∗ A∗ , infatti: ((AB)x, y) = (Bx, A∗ y) = (x, B ∗ A∗ y). L'involuzione è isometrica, infatti, ∀A ∈ B(H) si ha: kA∗ xk2 = (A∗ x, A∗ x) = (AA∗ x, x) ≤ kAk · kA∗ k · kxk2 ⇒ kA∗ k ≤ kAk. D'altro canto se nell'espressione precedente (che vale ∀A ∈ B(H)) si sostituisce ad A l'aggiunto di A, (A∗ ), utilizzando la proprietà (i) dell'involuzione, si ottiene: k(A∗ )∗ k ≤ kA∗ k ⇒ kAk ≤ kA∗ k, e quindi kAk = kA∗ k, ovvero l'involuzione è isometrica. Inoltre tale spazio è una C ∗ -algebra non commutativa, infatti: kABk ≤ kAk · kBk , ∀A, B ∈ B(H), quindi in particolare kA∗ Ak ≤ kA∗ k · kAk = kAk2 , ∀A ∈ B(H). Viceversa: kAxk2 = (Ax, Ax) = (A∗ Ax, x) ≤ kA∗ Axk·kxk ≤ kA∗ Ak·kxk2 ⇒ kAk2 ≤ kA∗ Ak. Quindi: kAk2 = kA∗ Ak. 6 1.1 Lo spettro e il risolvente Esempio 1.0.14. Sia ∆ il disco aperto di centro l'origine e raggio unitario e sia A(∆) l'insieme di tutte le funzioni analitiche in ∆ e continue nella sua chiusura. Ovviamente A(∆) è sottoalgebra di C(∆). Deniamo un'involuzione ∗ come: f ∗ (x) = f (x) ∀f ∈ A(∆). Si ha : kf k = sup |f (x)| = sup |f (x)| = kf ∗ k, x∈∆ x∈∆ quindi l'involuzione è isometrica. 1.1 Lo spettro e il risolvente Denizione 1.1.1. Sia A un'algebra di Banach. Un elemento a ∈ A è detto invertibile in A se esiste b ∈ A tale che ab = ba = e. Denoteremo con a−1 = b l'inverso di a. L'inverso a−1 di un elemento a, se esiste, è univocamente determinato. Indichiamo con GL(A) l' insieme degli elementi invertibili di A, cioè, GL(A) = a ∈ A : ∃ a−1 ∈ A . Denizione 1.1.2. Sia A un'algebra di Banach con unità e. Lo spettro di un elemento a ∈ A è l'insieme di tutti i λ ∈ C tali che λe − a non ammette inverso in A. Denoteremo con σ(a) lo spettro di a. Osservazione 1.1.3. In altri termini: σ(a) = {λ ∈ C : λe − a ∈ / GL(A)} . Denizione 1.1.4. Il complementare dello spettro di a in C è detto risolvente di a e si denota con %(a), cioè: %(a) = C\σ(a) = {λ ∈ C : λe − a ∈ GL(A)} . Lemma 1.1.5. Sia A un'algebra di Banach, con unità e, e sia a ∈ A. Se kak < 1, allora e − a ∈ GL(A) 7 1.1 Lo spettro e il risolvente Dimostrazione. Poichè kan k ≤ kakn e per ipotesi kak < 1, allora la seP∞ n rie n=0 a è convergente nell'algebra di Banach A e quindi converge a un elemento di A. Sia y tale elemento. Ciò posto: e − an+1 = (e − a) n X ! ak = k=0 n X ! ak (e − a). k=0 Per n → ∞ si ha an+1 → 0 e quindi: e = (e − a)y = y(e − a). Ovviamente y = P∞ n=0 an è l'inverso di e − a. Teorema 1.1.6. Sia A un'algebra di Banach. Allora : (i) GL(A) è aperto; (ii) l'applicazione a ∈ GL(A) → a−1 ∈ GL(A) è continua. Dimostrazione. (i) Sia a ∈ GL(A) e facciamo vedere che a + x ∈ GL(A) per qualche x abbastanza piccolo in norma. Si ha: a + x = a(e + a−1 x). Per il Lemma precedente, se ka−1 xk < 1 allora e + a−1 x è invertibile e quindi 1 allora a + x ∈ GL(A), o in altri a + x è invertibile. Pertanto, se kxk < ka−1 k termini a è interno a GL(A) e quindi GL(A) è aperto. (ii) Per dimostrare la continuità dobbiamo far vedere che ∀ > 0 ∃δ > 0 tale che kb − ak < δ ⇒ kb−1 − a−1 k < ∀a, b ∈ GL(A). Siano a, b ∈ GL(A). Supponiamo ka−1 (a − b)k ≤ ka−1 k · ka − bk < 21 . Ciò posto si ha: kb−1 −a−1 k = k(e−a−1 (a−b))−1 a−1 −a−1 k ≤ ka−1 k·k(e−a−1 (a−b))−1 −ek ≤ ≤ ka−1 k · k ∞ ∞ X X (a−1 (a − b))n − ek = ka−1 k · k (a−1 (a − b))n k ≤ n=0 n=1 ≤ ka−1 k · ∞ X n=1 ka−1 (a − b)kn . 8 1.1 Lo spettro e il risolvente A questo punto ricordiamo che, se |x| < 1, ∞ X xn = n=1 x 1−x per ottenere: −1 ka k · ∞ X ka−1 (a − b)kn = ka−1 k · n=1 Pertanto se ka − bk < δ = min n ka−1 (a − b)k < 2ka−1 k2 · ka − bk. 1 − ka−1 (a − b)k 1 2ka−1 k , 2ka−1 k2 o si ha: kb−1 − a−1 k < 2ka−1 k2 ka − bk < . Ciò conclude la dimostrazione. Tuttavia una dimostrazione analoga alla precedente ma più rapida è la seguente. Siano a, b ∈ GL(A), allora: ka−1 − b−1 k = kb−1 (b − a)a−1 k = k(b−1 − a−1 )(b − a)a−1 + a−1 (b − a)a−1 )k ≤ kb−1 − a−1 k · kb − ak · ka−1 k + kb − ak · ka−1 k2 . Quindi: ka−1 − b−1 k(1 − kb − ak · ka−1 k) ≤ kb − ak · ka−1 k2 . Considerando kb−ak abbastanza piccolo da ottenere (1−kb−ak·ka−1 k) > è chiaro che ka−1 − b−1 k diventa arbitrariamente piccolo. 1 2 Teorema 1.1.7. Sia A un'algebra di Banach. Lo spettro σ(a) ⊂ C di ogni elemento a ∈ A è non vuoto e compatto. Dimostrazione. Mostriamo che σ(a) è limitato. Infatti, se fosse |λ| > kak con λ ∈ σ(a) ⇒ kλ−1 ak < 1 ⇒ λe − a = λ(e − λ−1 a) ammette inverso ⇒ λ ∈ %(a) che è assurdo visto che eravamo partiti da λ ∈ σ(a). Pertanto σ(a) ⊂ {λ ∈ C : |λ| ≤ kak}. Quindi σ(a) è un insieme limitato in quanto contenuto nel disco di centro l'origine e raggio kak. Mostriamo che σ(a) è chiuso, ossia che %(a) è aperto. Infatti, sia g : C → A un'applicazione tale che g(λ) = λe − a. L'applicazione g è ovviamente continua e inoltre si ha: g −1 (GL(A)) = {λ ∈ C : λe − a ∈ GL(A)} = %(a). 9 1.1 Lo spettro e il risolvente Quindi: GL(A) è aperto per la (i) del T eorema 1.1.1., g è continua ⇒ %(a) è aperto in quanto controimmagine di un aperto ⇒ σ(a) è chiuso. Mostriamo che σ(a) 6= ∅. Siano λ, µ ∈ %(a). Si ha: (λe − a)−1 − (µe − a)−1 = (λ − µ)(λe − a)−1 (µe − a)−1 . Infatti, (λe−a)−1 −(µe−a)−1 = (λe−a)−1 ·(µe−a)−1 ·(µe−a)−(µe−a)−1 ·(λe−a)−1 ·(λe−a) = = (λ − µ)(µe − a)−1 (λe − a)−1 . Tale relazione viene denominata identità del risolvente. Allora: −1 −1 lim (λe − a) λ→µ − (µe − a) λ−µ = lim (λe − a)−1 (µe − a)−1 = (µe − a)−2 . λ→µ Pertanto f : µ → (µe − a)−1 è olomorfa. Se fosse σ(a) = ∅ ⇒ f sarebbe olomorfa in C ⇒ per il teorema di HahnBanach ∃φ funzionale lineare continuo su A tale che φ(a−1 ) = 1. Sia f (λ) = φ((λe − a)−1 ). Allora f 0 (λ) = lim φ( λ→µ (λe − a)−1 − (µe − a)−1 ) = φ((µe − a)−2 ). λ−µ Quindi f (λ) è olomorfa in C. Inoltre, a 1 φ(e − )−1 = 0. |λ|→∞ |λ| λ lim |f (λ)| = lim |λ|→∞ Poichè lim|λ|→∞ |f (λ)| = 0 ⇒ f (λ) è limitato e visto che f (λ) è olomorfa allora per il teorema di Liouville f è costante e dunque f (λ) = 0, ∀λ ∈ C. In particolare f (0) = 0, ma f (0) = φ(a−1 ) = 1 e quindi siamo giunti a una contraddizione. In conclusione σ(a) 6= ∅. Osservazione 1.1.8. Abbiamo mostrato a suo tempo che se H è uno spazio di Hilbert allora B(H) è C ∗ -algebra. Allora per il teorema precedente ∀A ∈ B(H) si ha: σ(A) ⊆ {λ ∈ C : |λ| ≤ kAk} = 6 ∅. 10 1.1 Lo spettro e il risolvente Una conseguenza immediata del fatto che lo spettro di un elemento di un'algebra di Banach non è mai vuoto è il seguente: Teorema 1.1.9. (Gelfand-Mazur) Sia A algebra di Banach e sia GL(A) = A \ {0}. Allora A è isomorfa all'algebra C dei numeri complessi. Dimostrazione. Sia a ∈ A ⇒ σ(a) 6= ∅ ⇒ ∃λ ∈ C tale che λe−a ∈/ GL(A) ⇒ λe − a = 0 ⇒ a = λe. Esempio 1.1.10. Sia C([a, b]) algebra di Banach con kf k∞ = supx∈[a,b] |f (x)|. Sia f ∈ C([a, b]) e calcoliamo σ(f ): %(f ) = λ ∈ C : (f (x) − λ)−1 ∈ C([a, b]) . Ma (f (x) − λ)−1 ∈ C([a, b]) quando λ 6= f (x) ∀x ∈ [a, b]. Poichè σ(f ) = C\%(f ) allora σ(f ) = f ([a, b]). Si osservi che la funzione manda compatti in compatti e ciò implica che σ(f ) è un compatto non vuoto. Esempio 1.1.11. Sia E misurabile, m(E) > 0. Consideriamo l'algebra di Banach L∞ (E), com m(E) < ∞, e sia f ∈ L∞ (E). Calcoliamo σ(f ): %(f ) = λ ∈ C : (f (x) − λ)−1 ∈ L∞ (E) . Proveremo che σ(f ) = Imess (f ) = {λ ∈ C : ∀ > 0, m {x ∈ E : |f (x) − λ| < , } > 0} . Infatti, se λ ∈ %(f ), allora (f − λ)−1 ∈ L∞ (E). Esiste quindi M > 0 tale che m{x ∈ E : |f (x) − λ|−1 > M } = 0. Quindi m{x ∈ E : |f (x) − λ| < M1 } = 0 e, perciò, λ 6∈ Imess (f ). Viceversa, se λ 6∈ Imess (f ), esiste 0 > 0 tale che m{x ∈ E : |f (x) − λ| < 0 } = 0. Questo implivca che |f (x) − λ| ≥ 0 per quasi ogni x ∈ E , quindi la funzione reciproca esiste quasi ovunque e, poiché |f (x) − λ|−1 ≤ 10 q.o., (f (x) − λ)−1 ∈ L∞ (E). Esempio 1.1.12. Sia H spazio di Hilbert e consideriamo l'algebra di Banach, B(H), degli operatori limitati su H . Sia I ∈ B(H) l'operatore identità e calcoliamo σ(I): %(I) = λ ∈ C : (I − λI)−1 ∈ B(H) . 11 1.1 Lo spettro e il risolvente Ma (I − λ)−1 = (1 − λ)−1 I ∈ B(H) quando λ 6= 1. Poichè σ(I) = C\%(I) allora σ(I) = {1}. Denizione 1.1.13. Sia a ∈ A. Il numero r(a) = sup {|λ| : λ ∈ σ(a)} è detto raggio spettrale di a Teorema 1.1.14. (Spectral radius formula) Sia A un'algebra di Banach e sia a ∈ A. Allora 1 1 r(a) = sup {|λ| : λ ∈ σ(a)} = inf kan k n = lim kan k n n n→∞ Dimostrazione. Sia ν = inf n kan k n ⇒ ∀ > 0 ∃m ∈ N tale che kam k m < ν + . + nq ⇒ limn→∞ pm = 1. Sia n > m ⇒ n = pm + q, 0 ≤ q ≤ m − 1 ⇒ 1 = pm n n 1 1 1 p 1 q kan k n = kapm+q k n ≤ kam k n · kak n < (ν + ) Dunque, pm n q · kak n → ν + . 1 lim sup kan k n < ν + n→∞ ed, inne, per l'arbitrarietà di , 1 lim sup kan k n ≤ ν. n→∞ D'altra parte, ν ≤ kan k n , per ogni n ∈ N e dunque, 1 1 1 ν ≤ lim inf kan k n ≤ lim sup kan k n ≤ ν ⇒ n→∞ n→∞ 1 ν = lim kan k n . n→∞ Resta da provare che ν è esattamente il raggio spettrale r(a) di a. Sia λ ∈ %(a) ⇒ (a − λe)−1 ammette sviluppo in serie di Laurent. −1 (a − λe) ∞ X an =− (Serie di N eumann). λn+1 n=0 12 1.1 Lo spettro e il risolvente Quindi il raggio di convergenza è: 1 R = lim sup kan k n = ν n→∞ La serie non converge per |λ| < R e converge per |λ| > R. Quindi r(a) ≤ R. Ciò posto dimostriamo l'uguaglianza mostrando che r(a) < R implica un assurdo. Se fosse r(a) < R allora ∃η ∈ C tale che r(a) < |η| < R. Questo implica che η ∈ %(a). Allora si può scrivere: (a − ηe) −1 ∞ X an =− . η n+1 n=0 Quindi la serie di Neumann converge in un punto il cui modulo è più piccolo del raggio di convergenza R e ciò è un assurdo. Pertanto r(a) = R = ν . Osservazione 1.1.15. Sia H è uno spazio di Hilbert e B(H) l'insieme degli operatori limitati in H . Allora per il teorema precedente ∀A ∈ B(H) si ha: 1 σ(A) = sup {|λ| : λ ∈ σ(A)} = lim kAn k n . n→∞ Teorema 1.1.16. Sia A una C ∗ -algebra e sia a ∈ A. Allora: (i) σ(a) = σ(a∗ ); (ii) se a è unitario, allora |λ| = 1 ∀λ ∈ σ(a). Dimostrazione. (i) Poiché e = e∗ allora xy = yx = e ⇔ y∗ x∗ = x∗ y∗ = e. Quindi (λe − a) è invertibile ⇔ (λe − a)∗ = (λe − a∗ ) è invertibile e quindi σ(a) = σ(a∗ ). (ii) Per la C ∗ -condition si ha: kak2 = kaa∗ k = kek = 1. Sia λ ∈ σ(a) ⇒ |λ| ≤ kak = 1. Ma anche a∗ è unitario allora |λ−1 | ∈ σ(a∗ ) quindi |λ−1 | ≤ 1. Pertanto |λ| = 1. Corollario 1.1.17. Se A è una C ∗ -algebra e a ∈ A normale. Allora kak = r(a). Dimostrazione. Se x = x∗ allora per la C ∗ -condition si ha kx2 k = kxk2 . m m Iterando si ha kx2 k = kxk2 . Quindi m 1 kxk = lim kx2 k 2m = r(x). m→∞ 13 1.1 Lo spettro e il risolvente Sia a normale, allora utilizzando la precedente si ha: 1 kak2 = ka∗ ak = r(a∗ a) = lim k(a∗ a)n k n n→∞ 1 n ∗ n n 1 ≤ lim k(a ) k · ka k n = (r(a))2 ≤ kak2 . n→∞ Osservazione 1.1.18. E' noto che B(H), ossia lo spazio degli operatori limitati in uno spazio di Hilbert H , è C ∗ -algebra. Dalla dimostrazione del corollario precedente si ottiene facilmente che se A ∈ B(H) è un operatore simmetrico, ossia A = A∗ , allora: r(A) = kAk. Esempio 1.1.19. Nello spazio di Banach C([0, 1])[k · k∞ ] consideriamo l'operatore lineare denito da Zx f (y)dy ∈ C([0, 1]). (T f )(x) = 0 È facile vericare che T è limitato. Vogliamo calcolare il raggio spettrale di T , come elemento dell'algebra di Banach B(C([0, 1])) degli operatori limitati in C([0, 1]). Per denizione 1 r(T ) = lim kT n f k n . n→∞ Dimostriamo che (T n+1 1 f )(x) = n! Zx (x − y)n f (y)dy , ∀n ∈ N. 0 La dimostrazione è per induzione su n. Per n = 0 è ovvio. Facciamo vedere che se vale per n allora vale per n + 1: (T n+1 f )(x) = (T (T n f ))(x) = Zx 1 (T n f )(y)dy = (n − 1)! Zx Zy 0 0 (y−z)n−1 f (z)dzdy. 0 Si ha 0 ≤ z ≤ y ≤ x e quindi cambiando l'ordine di integrazione otteniamo: 1 (n − 1)! Zx 0 Zx 1 1 f (z) (y − z)n−1 dy dz = · (n − 1)! n z Zx 0 (x − z)n f (z)dz. 14 1.1 Lo spettro e il risolvente Ciò posto, osserviamo: x Z Zx 1 1 n n−1 |(T f )(x)| = (x − y)n−1 |f (y)|dy ≤ (x − y) f (y)dy ≤ n − 1! n − 1! 0 0 1 ≤ kf k∞ n − 1! Zx (x − y)n−1 dy = 1 kf k∞ · xn . n! 0 Quindi: k(T n f )(x)k∞ ≤ Ma 1 1 kf k∞ · 1 ⇒ kT n k ≤ . n! n! 1 r(T ) = lim kT n k n ≤ n→∞ 1 1 ) n = 0. n→∞ n! Quindi r(T ) = 0 (in questo caso, si dice che T è nilpotente generalizzato) e dunque σ(T ) = {0}. È immediato vericare che 0 non è un autovalore di T . Come applicazione lineare T ammette inverso, che però non è ovunque denito, nè limitato: in altre parole T −1 6∈ B(C([0, 1])). ≤ lim ( Consideriamo lo spettro rispetto a sottoalgebre di un'algebra di Banach. Sia A un'algebra di Banach. Perché una sottoalgebra B di A sia un'algebra di Banach essa deve essere completa. Dato che A è completa, questo è equivalente richiedere che B sia chiusa. Denotiamo con ∂X = X ∩ X c la frontiera di un insieme X . Teorema 1.1.20. Sia B una sottoalgebra chiusa di A contenente l'unità di A. Allora ∂σB (b) ⊆ σA (b) ⊆ σB (b), ∀b ∈ B Dimostrazione. Se b ∈ B e λe − b non ammette inverso in A allora non ammette inverso in B. Pertanto σA (b) ⊆ σB (b). Sia λ ∈ ∂σB (b) = σB (b) ∩ %B (b) = σB (b) ∩ %B (b). Allora esiste una successione {λn } ⊂ ρB (b) tale che {λn } → λ ∈ σB (b). Se λ ∈/ σA (b) ⇒ (λe − b)−1 esiste in A ⇒ per la continuità dell'inversione si ha che la successione {(λn e − b)−1 } → (λe − b)−1 ∈ A. Ma {(λn e − b)−1 } è successione di Cauchy in B e quindi converge in B allo stesso limite, (λe − b)−1 , contraddicendo l'ipotesi che λ ∈ σB (b). 15 1.1 Lo spettro e il risolvente Corollario 1.1.21. Se b ∈ B e σB (b) ha parte interna vuota allora σA (b) = σB (b). Dimostrazione. Se σB (b) ha parte interna vuota allora ∂σB (b) = σB (b). Teorema 1.1.22. Sia A un'algebra di Banach con unità e. Allora: σ(αe + βa) = {α + βλ : λ ∈ σ(a)} ∀α, β ∈ C, e r(αe + βa) = sup{|α + βλ|; λ ∈ σ(a)}. Dimostrazione. Se β = 0 non c'è nulla da provare. Supponiamo quindi β 6= 0. z ∈ σ(αe + βa) ⇔ αe + βa − ze non è invertibil e⇔ βa − (z − α)e non è invertibile ⇔ z − α ∈ σ(βa), ossia: z−α = λ ∈ σ(a). β Allora z = α + βλ con λ ∈ σ(a). Corollario 1.1.23. Sia A una C ∗ -algebra con unità e. Se a ∈ A è autoaggiunto allora σ(a) ⊂ R. Dimostrazione. Per ipotesi a = a∗ . Mostriamo che se λ = α + iβ , α, β ∈ R con β 6= 0 allora λ ∈ %(a) o in altri termini λe − a ammette inverso in A. Si ha: (α + iβ)e − a = β( αe − a + ie). β Poichè a = a∗ allora l'elemento x = αe−a è autoaggiunto. Mostriamo quindi β che x + ie ammette inverso per ogni x autoaggiunto. Se così non fosse allora −i ∈ σ(x) e quindi, per ogni η ∈ R, si ha: η + 1 ∈ {η + ih : h ∈ σ(x)} = σ(ηe + ix). Per il T eorema 1.1.4. (Spectral radius formula) si ha |η + 1| ≤ kηe + ixk. D'altro canto: (η + 1)2 ≤ kηe + ixk2 = k(ηe + ix)∗ (ηe + ix)k = kη 2 e + x2 k ≤ η 2 + kxk2 . Quindi (η + 1)2 = η 2 + 1 + 2η ≤ η 2 + kxk2 implica che 1 + 2η ≤ kxk2 , per ogni η ∈ R e ciò è assurdo. Pertanto −i ∈/ σ(x). In conclusione lo spettro di ogni elemento autoaggiunto è reale. 16 1.2 Algebre senza unità Citiamo qui, senza dimostrarlo, il seguente risultato che stabilisce, in una C*-algebra, l'invarianza dello spettro rispetto a C*-sottoalgebre. Teorema 1.1.24. Sia A una C*-algebra con unità e B una sua C*-sottoalgebra con la stessa unità. Per ogni b ∈ B, σA (b) = σB (b) Ci limitiamo a menzionare il fatto, da cui dipende l'aermazione precedente, che se un elemento a ∈ A è invertibile, allora a−1 appartiene alla C*-sottoalgebra generata da e, a, a∗ . 1.2 Algebre senza unità Sia A un'algebra senza unità, allora è possibile costruire un algebra Ae con unità e tale che A ne sia un ideale. La costruzione dal punto di vista algebrico è semplice. Infatti Ae si costruisce come somma diretta di A e C, ossia: Ae = A ⊕ C. La moltiplicazione in Ae è denita come: (a, λ) · (b, µ) = (ab + λb + µa, λµ), mentre l'addizione come: (a, λ) + (b, µ) = (a + b, λ + µ). Ovviamente A coincide con l'insieme {(a, 0) : a ∈ A}. L'elemento (0, 1) = e ∈ Ae è l'unità di Ae , infatti, (a, λ) · (0, 1) = (0, 1) · (a, λ) = (a, λ). Deniamo la norma in Ae : k(a, λ)k = kak + |λ|. Mostriamo che eettivamente si tratta di una norma: (i) k(a, λ)k = kak + |λ| ≥ 0 , ∀(a, λ) ∈ Ae ; (ii) k(a, λ)k = kak + |λ| = 0 ⇔ a = 0 e λ = 0, ossia (a, λ) = (0, 0); (iii) kα(a, λ)k = k(αa, αλ)k = kαak + |αλ| = |α| · kak + |α| · |λ| = |α| · (kak + |λ|) = |α| · k(a, λ)k , ∀α ∈ C , ∀(a, λ) ∈ Ae ; 17 1.2 Algebre senza unità (iv) k(a, λ) + (b, µ)k = k(a + b, λ + µ)k = ka + bk + |λ + µ| ≤ ≤ kak + |λ| + kbk + |µ| = k(a, λ)k + k(b, µ)k , ∀(a, λ), (b, µ) ∈ Ae . Facciamo vedere che con questa norma Ae è algebra normata. Siano (a, λ), (b, µ) ∈ Ae allora si ha: k(a, λ)(b, µ)k = k(ab + aµ + bλ, λµ)k = kab + aµ + bλk + |λµ| ≤ ≤ kabk + kaµk + kbλk + |λµ| = kak · kbk + |µ| · kak + |λ| · kbk + |λ| · |µ| = = (kak + |λ|)(kbk + |µ|) = k(a, λ)k · k(b, µ)k. Il modo di denire una norma ovviamente non è unico e come abbiamo visto con questa norma Ae diventa algebra di Banach. Tuttavia tale norma non rende Ae una C ∗ -algebra. Per rendere Ae una C ∗ -algebra bisogna denire la norma nel modo seguente: k(a, λ)ke = sup kax + λxk. kxk≤1 Proviamo che si tratta eettivamente di una norma: (i) k(a, λ)ke = supkxk≤1 kax + λxk ≥ 0 , ∀(a, λ) ∈ Ae ; (ii) k(a, λ)ke = supkxk≤1 kax + λxk = 0 ⇔ a = 0 e λ = 0, ossia (a, λ) = (0, 0); (iii) kα(a, λ)ke = k(αa, αλ)ke = sup kα(ax + λx)k kxk≤1 = |α| sup kax + λxk = |α| · k(a, λ)ke , ∀α ∈ C , ∀(a, λ) ∈ Ae ; kxk≤1 (iv) k(a, λ) + (b, µ)ke = k(a + b, λ + µ)ke = sup k(a + b)x + (λ + µ)xk kxk≤1 ≤ sup (kax + λxk · kbx + µxk) ≤ sup kax + λxk · sup kbx + µxk kxk≤1 kxk≤1 kxk≤1 = k(a, λ)ke · k(b, µ)ke , ∀(a, λ), (b, µ) ∈ Ae . Proviamo la C ∗ -condition per ogni (a, λ) ∈ Ae : k(a, λ)k2 = sup kax + λxk2 = sup k(x∗ a∗ + λx∗ )(ax + λx)k kxk≤1 = kxk≤1 ∗ ∗ ∗ sup kx (a ax + λa x + λax + |λ|2 x)k kxk≤1 ≤ sup ka∗ ax + λa∗ x + λax + |λ|2 xk kxk≤1 = k(a∗ a + λa∗ + λa, |λ|2 )ke = k(a, λ)∗ (a, λ)ke . 18 1.2 Algebre senza unità Esempio 1.2.1. Sia H spazio di Hilbert e sia K(H) lo spazio degli operatori compatti in H . K(H) in quanto ∗ -ideale chiuso di B(H) è algebra di Banach. In particolare K(H) è algebra di Banach senza unità poichè se dim H = ∞, allora l'operatore I , identità di H , non è un operatore compatto. Esempio 1.2.2. Sia C0 (R) = f continua in R : lim|x|→∞ |f (x)| = 0 , ovve ro lo spazio di Banach di tutte le funzioni complesse e continue che svaniscono all'innito. Come già osservato tale spazio è privo di unità, infatti la funzione identicamente uguale a 1 non svanisce all'innito. Capitolo 2 Algebre commutative 2.1 Denizioni e teoremi di base Sia X uno spazio lineare e sia Y un sottospazio di X . Deniamo in X la relazione di equivalenza ∼ nel modo seguente: x1 ∼ x2 ⇔ x1 − x2 ∈ Y. Denotiamo con [x] la classe di equivalenza di x. Dotiamo lo spazio quoziente X/Y delle operazioni di addizione e moltiplicazione denite nel modo usuale, ossia ∀ [x1 ], [x2 ] ∈ X/Y : [x1 ] + [x2 ] = [x1 + x2 ] e [x1 ] · [x2 ] = [x1 · x2 ]. Se in particolare X è spazio di Banach e Y ⊂ X è chiuso allora k[x]k = inf kx + yk y∈Y rende X/Y spazio di Banach. Osservazione 2.1.1. k[x]k = inf kx + yk y∈Y è una norma, infatti: (i) k[x]k = inf y∈Y kx + yk ≥ 0 ∀[x] ∈ X/Y. 19 20 2.1 Denizioni e teoremi di base (ii) k[x]k = inf y∈Y kx + yk = 0 ⇒ ∀ > 0∃ y ∈ Y tale che kx + yk < ⇒ x ∈ Y (chiuso) ⇒ [x] = 0. (iii) Sia λ ∈ C. Allora: k[λx]k = inf kλx + yk = inf |λ| · kx + yk = y∈Y y∈Y |λ| inf kx + yk = λ[x]. y∈Y (iv) k[x1 ] · [x2 ]k = inf kx1 x2 + yk ≤ y∈Y inf kx1 x2 + x1 y2 + x2 y1 + y1 y2 k ≤ y1 ,y2 ∈Y inf (kx1 + y1 k · kx2 + y2 k) ≤ ( inf kx1 + y1 k)( inf kx2 + y2 k) = y1 ,y2 ∈Y y1 ∈Y y2 ∈Y = k[x1 ]k · k[x2 ]k. Un'algebra in cui ci siano elementi non invertibili possiede delle notevoli sottoalgebre: gli ideali. Denizione 2.1.2. Un ideale sinistro di un'algebra di Banach A è un sottospazio vettoriale I di A tale che ax ∈ I ∀x ∈ I, ∀a ∈ A. Un ideale destro di un'algebra di Banach A è un sottospazio vettoriale I di A tale che xa ∈ I ∀x ∈ I, ∀a ∈ A. Un ideale è detto bilatero o semplicemente ideale se è ideale destro e sinistro. Osservazione 2.1.3. Ogni ideale è una sottoalgebra ma il viceversa è falso, in generale. Esempio 2.1.4. Sia H spazio di Hilbert e sia F (H) ⊂ B(H) l'insieme degli operatori limitati di rango nito di H (un operatore A ∈ B(H) è detto di rango f inito se dim(A(H)) < ∞). Ciò posto si ha: A ∈ F (H) ⇒ A∗ ∈ F (H) , ∀A ∈ F (H); ∀B ∈ B(H), ∀A ∈ F (H) ⇒ AB e BA ∈ F (H). Pertanto F (H) è ∗ -ideale di B(H). 21 2.1 Denizioni e teoremi di base Esempio 2.1.5. Sia H spazio di Hilbert separabile con {en } base ortonormale e sia A ∈ B(H). Poniamo: ∞ X 1 kAk2 = ( kAen k) 2 . n=1 A questo punto consideriamo: τ2 = {A ∈ B(H) : kAk2 < ∞} . Si dimostra che τ2 è ∗ -ideale di B(H). Se un'algebra di Banach A ha unità e ovviamente nessun ideale (non banale, cioè non uguale a A) può contenerla e, viceversa, un ideale non banale ha intersezione vuota con l'insieme GL(A) degli elementi invertibili di A. Denizione 2.1.6. Un'algebra di Banach A priva di ideali bilateri non banali si dice semplice. Esempio 2.1.7. C è semplice. Esempio 2.1.8. Le algebre (di dimensione nita) Mn (C) sono algebre semplici. Esempio 2.1.9. Il teorema di Gelfand-Mazur implica che un'algebra semplice commutativa (con unità) è isomorfa a C. Denizione 2.1.10. Un ideale di un'algebra di Banach A è detto massimale se è un ideale proprio che non è contenuto in nessun altro ideale proprio. Proposizione 2.1.11. Valgono le seguenti aermazioni. (1) Un elemento a ∈ A appartiene ad un ideale proprio se, e soltanto se, non è invertibile. (2) La chiusura di un ideale proprio è un ideale proprio. (3) Ogni ideale massimale è chiuso. (4) Ogni ideale proprio è contenuto in un ideale massimale. (5) Ogni ideale massimale ha codimensione 1 in A. 22 2.2 Omomorsmi e caratteri Dimostrazione. Proveremo solo la (2) e la (5). (2): Sia I ideale proprio di A. La continuità delle operazioni algebriche mostra che la chiusura dell'ideale, I , è un ideale. Infatti, se {xn } ⊂ I converge a y ∈ I allora, per ogni a ∈ A la {axn } ⊂ I converge (per continuità del prodotto) a ay ∈ I . Poichè un ideale proprio non contiene elementi invertibili, I ⊂ A \ GL(A). Quindi, tenuto conto del fatto che A \ GL(A) è chiuso, si ha I ⊂ A \ GL(A), di conseguenza, I è un ideale proprio. (5): Ogni elemento non nullo di A/I è invertibile. Infatti, se un elemento a+I = 6 0 non fosse invertibile, esisterebbe un ideale proprio J di A tale che J /I è un ideale proprio di A/I contenente a+I . Ma allora J ⊃ I , violando la massimalità di I . A/I è dunque un'algebra di Banach in cui ogni elemento non nullo è invertibile. Per il teorema di Gelfand-Mazur A/I ' C. Esempio 2.1.12. Sia H spazio di Hilbert. E' noto che l'insieme degli ope- ratori compatti K(H) ∈ B(H) è ∗ -ideale di B(H). In particolare osserviamo che lo spazio degli operatori limitati e compatti è dato dalla chiusura dello spazio degli operatori di rango nito F (H). Poichè F (H) è ∗ -ideale proprio di B(H), per la proposizione precedente K(H) è ∗ -ideale proprio di B(H). Se A è un'algebra e I ⊂ A allora [a] · [b] = [a · b] è ben denita se e solo se I è un ideale. Nal caso in cui A è algebra di Banach e I è un ideale chiuso di A, allora A/I è un'algebra di Banach. In particolare se A è una C ∗ -algebra allora si dimostra che A/I è C ∗ -algebra. 2.2 Omomorsmi e caratteri Denizione 2.2.1. Se A e B sono algebre, un omomorsmo φ : A → B è un'applicazione che preserva la struttura algebrica, in particolare deve accadere che φ(ab) = φ(a)φ(b) ∀a ∈ A ∀b ∈ B. Se A e B sono ∗ -algebre e φ è un omomorsmo che preserva l'involuzione (cioè φ(a∗ ) = φ(a)∗ , per ogni a ∈ A, allora φ è detto uno ∗ -omomorsmo. Il nucleo ker φ di un omomorsmo φ è l'insieme degli elementi di A la cui immagine mediante φ è zero e l'immagine o range di A è l'insieme degli 2.2 Omomorsmi e caratteri 23 elementi di B che siano immagine, mediante φ di un elemento di A. Un omomorsmo si dice isomorsmo se è biunivoco. Gli omomorsmi di A in C sono i funzionali lineari moltiplicativi su A. Proposizione 2.2.2. Sia A un'algebra di Banach con unità e e sia φ : A → C un funzionale moltiplicativo non nullo. Allora φ(e) = 1 . Dimostrazione. Basta osservare che: ∀a ∈ A, φ(a) = φ(ea) = φ(e)φ(a) ⇒ φ(e) = 1. E' semplice notare che se A ha unità e allora φ(e) agisce come unità nell'immagine di A rispetto a φ, ma non coincide necessariamente con l'unità e0 di B . Denizione 2.2.3. Un omomorf ismo φ : A → B è detto continuo se ∃c > 0 tale che kφ(a)kB ≤ ckakA . Teorema 2.2.4. Siano A e B C ∗ -algebre con unità e sia φ : A → B uno ∗ -omomorsmo. Allora kφ(a)kB ≤ kakA ∀a ∈ A. In particolare, φ è continuo. Dimostrazione. Cominciamo con il supporre che l'immagine φ(e) dell'unità e di A sia l'unità e0 di B. Se a ammette inverso in A, allora φ(a−1 ) è l'inverso di φ(a) in B. Quindi, se λe − a ammette inverso in A, φ(λe − a) ammetterà inverso in B e, pertanto, %A (a) ⊆ %B (φ(a)) ∀a ∈ A. Quindi: rB (φ(a)) ≤ rA (a) ≤ kak. (2.1) Ma B è C ∗ -algebra e quindi: kφ(a)k2 = kφ(a∗ )φ(a)k = kφ(a∗ a)k. Poichè φ(a∗ a) è autoaggiunto in B, allora kφ(a)k2 = rB (φ(a∗ a)). Ciò posto, sostituendo nella (2.1) a con a∗ a si ha: kφ(a)k2 = rB (φ(a∗ a)) ≤ ka∗ ak = kak2 . Se, inne, φ(e) 6= e0 si pu'ò applicare il caso precedente sostiuendo a B la C*-algebra pBp con p = φ(e), in cui p è l'unità. Si lascia al lettore la verica dei dettagli. (Notiamo che p = p∗ = p2 : si tratta cioè di un proiettore). 24 2.2 Omomorsmi e caratteri Osservazione 2.2.5. Se φ è un omomorsmo, ker φ è un ideale di A, infatti ∀a ∈ A e ∀x ∈ ker φ si ha: φ(ax) = φ(a)φ(x) = 0 ⇒ ax ∈ ker φ. Osservazione 2.2.6. Se φ è continuo, allora ker φ è chiuso. Infatti sia xn ∈ ker φ tale che xn → x. kφ(xn ) − φ(x)k = kφ(xn − x)k ≤ ckxn − xk ⇒ φ(x) = lim φ(xn ) = 0. n Denizione 2.2.7. Sia A un'algebra di Banach commutativa. Un carattere di A è un funzionale lineare moltiplicativo non nullo su A, ossia un omomorsmo non nullo φ : A → C. Denizione 2.2.8. Indichiamo con ∆(A) (o, semplicemente, con ∆, se non ci sarà pericolo di confusione) l'insieme dei caratteri di A Esempio 2.2.9. Sia A = C([0, 1]) , x0 ∈ [0, 1] allora φ(f ) = f (x0 ) è un carattere. Infatti: φ(f g) = (f g)(x0 ) = f (x0 )g(x0 ) = φ(f )φ(g). Lemma 2.2.10. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e. Allora: (i) Ogni ideale massimale di A è il nucleo di un carattere; (ii) Se φ ∈ ∆ ⇒ ker φ è ideale massimale; (iii) x ∈ GL(A) ⇔ φ(x) 6= 0 ∀φ ∈ ∆; (iv) λ ∈ σ(x) ⇔ ∃φ ∈ ∆ tale che φ(x) = λ. Dimostrazione. (i) Sia M un ideale massimale. Allora, M è chiuso e A/M è un'algebra di Banach in cui ogni elemento non nullo è invertibile (infatti, se x ∈ A, x ∈/ M, poniamo J = {ax + y : a ∈ A, y ∈ M}; J è un ideale di A contenente M; quindi J = A e perciò esistono a ∈ A, y ∈ M tali che ax + y = e; allora, ax + M = (a + M)(x + M) = e − y + M = e + M e, di conseguenza, a + M è invertibile). Per il teorema di Gelfand-Mazur A/M ∼ = C. Indichiamo con f : A/M → C quest'isomorsmo. Allora, l'applicazione φ : A → C, con φ = f ◦ π , è un carattere e ker φ = M . φ(a) x ∈ ker φ, infatti, (ii) Se φ 6= 0, esiste x 6∈ ker φ. Sia a ∈ A. Allora a − φ(x) φ(a) φ a− x = φ(a) − φ(a) = 0. φ(x) Quindi, ogni a ∈ A è della forma a = λx + y, y ∈ ker φ. Questo implica che codim ker φ = 1 e, dunque, ker φ è massimale. 25 2.2 Omomorsmi e caratteri (iii) (⇒) Sia e = xx−1 ⇒ 1 = φ(e) = φ(xx−1 ) = φ(x)φ(x−1 ) ∀φ ∈ ∆. (⇐) Supponiamo che x non sia invertibile ⇒ xA è ideale proprio di A contenente x e non contenente e. Allora esiste un ideale massimale M contenente xA ⇒ M = ker φ per qualche φ ∈ ∆ ⇒ φ(x) = 0 che è assurdo. (iv) λ ∈ σ(x) ⇔ x − λe non è invertibile ⇔ φ(x − λe) = 0 ⇔ φ(x) − λ = 0 ⇔ φ(x) = λ. Osservazione 2.2.11. Sia φ ∈ ∆ allora per la (iv) |φ(x)| ≤ r(x). In particolare, sup |φ(x)| ≤ r(x) ≤ kxk ⇒ kφk ≤ 1. kxk≤1 Poiché kek = 1 e φ(e) = 1 concludiamo che kφk = 1. Esempio 2.2.12. Sia X uno spazio compatto di Hausdor e sia A = C(X) algebra di Banach. Se x ∈ X poniamo: δx (f ) = f (x). L'Esempio 17. ha mostrato che δx è un carattere. A questo punto sia: i : x ∈ X → δx ∈ ∆. L'applicazione i è iniettiva, infatti, per il lemma di Urysohn, δx = δy ⇒ δx (f ) = δy (f ) ⇒ f (x) = f (y) , ∀f ∈ C(X) ⇒ x = y. Dimostriamo che ∆(C(X)) = ∆ = i(X). Se così non fosse, esisterebbe φ ∈ ∆ − i(X), cioè φ 6= δx , ∀x ∈ X. Mostriamo che, per ogni x ∈ X esiste f ∈ C(X) tale che φ(f ) = 0 , δx (f ) = f (x) 6= 0. Per far questo, osserviamo che, poiché φ 6= δx , per ogni x ∈ X , esiste g ∈ C(X) tale che φ(g) 6= δx (g). Poniamo: f = g − φ(g)u. Allora si ha: φ(f ) = φ(g) − φ(g) = 0 26 2.3 La trasformata di Gelfand e δx (f ) = δx (g − φ(g)u) = δx g − φ(g) 6= 0. Quindi, per ogni x ∈ X , esiste una funzione f tale φ(f ) = 0 , δx (f ) = f (x) 6= 0. La continuità di f implica che essa non si annulla in un intorno aperto U di x. Questi intorni costituiscono un ricoprimento aperto di X Ma per ipotesi X è compatto e pertanto esiste un numero nito di funzioni f1 , f2 , . . . , fn ∈ C(X) tali che φ(fi ) = 0, per ogni i = 1, 2, . . . , n e tali che, in ogni punto x ∈ X , una almeno di esse non è nulla. Sia h = |f1 |2 + |f2 |2 + ...|fn |2 > 0 e osserviamo che h−1 esiste e che h ∈ ker φ. Siamo giunti ad un assurdo in quanto ker φ è ideale massimale (proprio) e quindi non può contenere elementi invertibili. Esempio 2.2.13. Sia X uno spazio di Hausdor compatto. Gli ideali mas- simali dell'algebra di Banach C(X) delle funzioni continue su X sono tutti della forma Mx = {f ∈ C(X) : f (x) = 0} . In eetti, se φ : C(X) → C allora φ(1) = 1 e φ ha lo stesso nucleo del funzionale δx : X → C che vale 1 su x e zero altrove (misura di Dirac concentrata in x), quindi φ = δx . Ma il nucleo di δx è esattamente Mx . Si noti che la corrispondenza x → Mx è biunivoca fra X e l'insieme degli ideali massimali, dato che se x 6= y per il lemma di Urysohn esiste una funzione f con f (x) 6= f (y) e quindi δx 6= δy . 2.3 La trasformata di Gelfand Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e. Deniamo per ogni a ∈ A la funzione b a : ∆ → C come b a(φ) = φ(a), φ ∈ ∆. La funzione ba : A → C viene detta trasformata di Gelfand di a. Teorema 2.3.1. Sia A un'algebra di Banach commutativa con e. Allora: (i) eb è la funzione unitaria (eb(φ) = 1 ∀φ) ; (ii) b a = 0 ⇔ a ∈ ∩ {φ−1 (0) : φ ∈ ∆} = ∩ {ideali massimali di A}; (iii) Se φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : b a(φ1 ) 6= b a(φ2 ). 2.3 La trasformata di Gelfand 27 Dimostrazione. (i) ∀φ ∈ ∆ si ha: eb(φ) = φ(e) = 1. (ii) b a=0⇔b a(φ) = 0 ∀φ ∈ ∆ ⇔ φ(a) = 0 ∀φ ∈ ∆ ⇔ a ∈ φ−1 (0) ∀φ ∈ ∆. (iii) Se φ1 6= φ2 ⇒ le funzioni dieriscono per qualche a ∈ A ⇒ φ1 (a) 6= φ2 (a) ⇒ b a(φ1 ) 6= b a(φ2 ). 2.3.1 Topologia di Gelfand Sia A algebra di Banach commutativa con unità e. Lo spazio ∆ è dotato, abitualmente, della topologia di Gelfand: essa è la più debole topologia che rende continue tutte le funzioni {ba; a ∈ A}. Una base di intorni di φ nella topologia di Gelfand è data da tutti gli insiemi del tipo: {ψ ∈ ∆ : |φ(ai ) − ψ(ai )| < , i = 1, 2, ..., n} con a1 , a2 , ..., an ∈ A e > 0. Tale topologia rende ∆ spazio di Hausdor poichè se φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : ba(φ1 ) 6= ba(φ2 ) quindi se δ = 12 |φ1 (a) − φ2 (a)| allora N1 = {φ ∈ ∆ : |φ1 (a) − φ(a)| < δ} e N2 = {φ ∈ ∆ : |φ2 (a) − φ(a)| < δ} sono intorni di φ1 e φ2 rispettivamente e sono disgiunti. Teorema 2.3.2. Sia A un'algebra di Banach commutativa con e. Valgono le seguenti aermazioni. (i) ∆, dotato della topologia di Gelfand, è uno spazio di Hausdor compatto. (ii) Per ogni a ∈ A, la funzione φ ∈ ∆ → ba(φ) ∈ C è continua. (iii) L'applicazione a → ba è un omomorsmo di A in C(∆) che separa i punti di ∆ (cioè ∀φ1 , φ2 ∈ ∆, φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : ba(φ1 ) 6= ba(φ2 )). 28 2.3 La trasformata di Gelfand (iv) per ogni a ∈ A, kbak∞ ≤ kak e ba(∆) = σ(a) e kbak∞ = r(a). Dimostrazione. (i): Per provare la compattezza di ∆, occorre ricordare che, per il teorema di Banach-Alaglou, la boccia unitaria del duale A0 di A, cioè {f ∈ A0 : kf k ≤ 1} è compatta nella topologia w* denita dalla famiglia di seminorme pa (f ) = |f (a)|. È facile vedere che questa topologia induce su ∆ la topologia di Gelfand. Inoltre, come si è visto, ∆ è contenuto nella boccia unitaria di A0 . Se si prova che ∆ è chiuso, la compattezza sarà provata. Sia φα un net di caratteri convergente rispetto alla topologia w* ad un elemento φ di A0 . Si ha, allora lim φα (ab) = φ(ab) α Ma lim φα (ab) = lim(φα (a)φα (b)) = lim φα (a) · lim φα (b) = φ(a)φ(b). α α α α Dunque, φ è moltiplicativo. Per vericare che non è nullo, è suciente osservare che φ(e) = lim φα (e) = 1. α (ii): Per denizione stessa della topologia di Gelfand, per ogni a ∈ A la trasformata di Gelfand ba è una funzione continua su ∆. (iii): Proviamo che l'applicazione a → ba è un omomorsmo di A in C(∆). Si ha, infatti, per ogni a, b ∈ A, b ab(φ) = φ(ab) = φ(a)φ(b) = b a(φ)bb(φ), ∀φ ∈ ∆. Per provare la (iv) osserviamo che kb ak∞ = sup |b a(φ)| = sup |φ(a)| ≤ sup kφk · kak = kak. φ∈∆ φ∈∆ φ∈∆ Inne, poiché λ ∈ σ(a) ⇔ ∃φ ∈ ∆ tale che φ(a) = λ si ha: kb ak∞ = sup |b a(φ)| = sup |φ(a)| = sup {|λ| : λ ∈ σ(a)} = r(a). φ∈∆ φ∈∆ Denizione 2.3.3. Sia A un'algebra di Banach con unità e. L'elemento a ∈ A è detto nilpotente generalizzato o quasinilpotente se a 6= 0 e σ(a) = {0}. 29 2.3 La trasformata di Gelfand Lemma 2.3.4. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e e sia a ∈ A. Sono equivalenti le seguenti: (i) σ(a) = {0}; (ii) a è contenuto in ogni ideale massimale di A; (iii) b a = 0; 1 (iv) limn→∞ kan k n = 0. Dimostrazione. (i) ⇒ (ii) Per ipotesi: σ(a) = {φ(a) : φ ∈ ∆} = {0} . Quindi ∀φ ∈ ∆ , a ∈ ker φ e pertanto a è contenuto in ogni ideale massimale di A. (ii) ⇒ (iii) Sia J ideale massimale di A allora J è il nucleo di un carattere, cioè, esiste φ ∈ ∆ tale che J = ker φ. Se a è contenuto in ogni ideale massimale di A allora a ∈ ker φ , ∀φ ∈ ∆ ⇒ φ(a) = 0 , ∀φ ∈ ∆ ⇒ b a(φ) = φ(a) = 0 , ∀φ ∈ ∆ ⇒ b a = 0. (iii) ⇒ (iv) Per ipotesi b a = 0 e pertanto φ(a) = 0 , ∀φ ∈ ∆. Ciò posto si ha: σ(a) = {φ(a) : φ ∈ ∆} = {0} ⇒ 1 ⇒ sup {|λ| : λ ∈ σ(a)} = 0 ⇒ lim kan k n = 0. n→∞ (iv) ⇒ (i) Ovvio. Osservazione 2.3.5. Se un elemento a ∈ A, con a 6= 0, soddisfa una delle proprietà elencate nel lemma precedente allora a è nilpotente generalizzato. Osservazione 2.3.6. Il lemma precedente mostra che la trasformata di Gelfand di un elemento a ∈ A è la funzione nulla se e solo se l'elemento a è nilpotente generalizzato. Denizione 2.3.7. Un'algebra di Banach è detta semisemplice se non contiene elementi nilpotenti generalizzati. Esempio 2.3.8. Sia E misurabile, m(E) > 0. Consideriamo l'algebra di Banach L∞ (E) e sia f ∈ L∞ (E). Abbiamo osservato a suo tempo che: σ(f ) = Imess (f ) = {λ ∈ C : m {x ∈ E : |f (x) − λ| < , ∀ > 0} > 0} . 30 2.3 La trasformata di Gelfand Ciò posto cerchiamo i possibili canditati a essere nilpotenti generalizzati. Per l'Osservazione 15. dobbiamo ricercare tali elementi tra quelli che hanno spettro nullo. Ma: σ(f ) = Imess (f ) = {0} ⇒ f = 0 q.o. Quindi L∞ (E) è priva di elementi nilpotenti generalizzati e pertanto L∞ (E) è semisemplice. Denizione 2.3.9. Il radicale di Jacobson, di un'algebra di Banach con unità è l'intersezione di tutti gli ideali massimali dell'algebra. Osservazione 2.3.10. b a=0⇔b a(φ) = 0 ∀φ ∈ ∆ ⇔ φ(a) = 0 ∀φ ∈ ∆ ⇔ a ∈ ker φ ∀φ ∈ ∆ mostra che il kernel della trasformata di Gelfand è proprio il radicale di Jacobson (si ricordi a tal proposito la corrispondenza biunivoca esistente tra ideali massimali e nuclei di caratteri). Osservazione 2.3.11. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e. Se il radicale di Jacobson, R(A), si riduce al solo elemento nullo, ossia: R(A) = {0} , allora l'algebra A è semisemplice. Infatti, se R(A) = {a ∈ A : b a = 0} = {0} allora nessun elemento di A è nilpotente generalizzato e quindi per denizione A è semisemplice. Per quanto riguarda la norma k · k∞ della trasformata di Gelfand ricordiamo che kbak∞ ≤ kak. Vediamo quando si ha l'uguaglianza: Teorema 2.3.12. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e e sia a ∈ A. Allora: a→b a è un'isometria ⇔ ka2 k = kak2 ∀a ∈ A. Dimostrazione. (⇒) Ovvio. (⇐) k k k 1 ka2 k = kak2 ∀a ∈ A ⇒ ka2 k = kak2 ∀a ∈ A ⇒ ka2 k 2k = kak ⇒ r(a) = kak. Ma r(a) = kak∞ = kak. 31 2.4 Algebre simmetriche 2.4 Algebra simmetriche Denizione 2.4.1. Sia A una ∗ -algebra di Banach commutativa con e. A si dice simmetrica se per ogni ideale massimale J vale: J = J ∗ (∀x ∈ J ⇒ x∗ ∈ J ). Lemma 2.4.2. Sia A una ∗ -algebra di Banach commutativa con e e sia a ∈ A. Allora sono equivalenti le seguenti: (i) A è simmetrica, (ii) φ(a∗ ) = φ(a), ∀φ ∈ ∆, (iii) ab∗ = b a, ∀a ∈ A, (iv) se a ∈ A è tale che a = a∗ ⇒ b a è a valori reali. Dimostrazione. (i) ⇒ (ii) Sia a ∈ A, ker φ è un ideale massimale. Si ha che φ(a)e − a ∈ ker φ, infatti φ(φ(a)e − a) = φ(a) − φ(a) = 0. Quindi φ(a)e − a ∈ ker φ ⇒ φ(a)e − a∗ ∈ ker φ ⇒ φ(φ(a)e − a∗ ) = 0 ⇒ φ(a) − φ(a∗ ) = 0 ⇒ φ(a∗ ) = φ(a). (ii) ⇒ (iii) ∀φ ∈ ∆ si ha: a(φ). ab∗ (φ) = φ(a∗ ) = φ(a) = b (iii) ⇒ (i) Sia J un ideale massimale ⇒ J = ker φ con φ ∈ ∆. Allora ∀a ∈ J si ha: a ⇒ φ(a∗ ) = φ(a) = 0 ⇒ φ(a∗ ) = 0 ⇒ a∗ ∈ J . ab∗ (φ) = b (iii) ⇒ (iv) Per la (iii) si ha: ab∗ = b a. Ma l'ipotesi a = a∗ implica che b a=b a e quindi ba ∈ R. (iv) ⇒ (iii) Sia a ∈ A, a = x + iy con x = x∗ e y = y ∗ . Tale scrittura si ottiene considerando: a − a∗ a + a∗ , y= . x= 2 2i Ciò posto, si ha: a∗ = x − iy . Quindi, φ(a∗ ) = φ(x − iy) = φ(x) − iφ(y) ⇒ ab∗ (φ) = xb∗ (φ) − iyb∗ (φ) ⇒ ⇒ ab∗ = b a. 32 2.4 Algebre simmetriche Proposizione 2.4.3. Ogni C ∗ -algebra commutativa con unità e è simmetrica. Dimostrazione. Dimostreremo la proposizione facendo vedere che una C ∗ algebra commutativa con unità e soddisfa la (iv) del lemma precedente. Dimostriamo quindi che: a = a∗ ⇒ φ(a) ∈ R , ∀φ ∈ ∆. Sia φ(a) = x + iy con x, y ∈ R. Consideriamo b = a + ite con t ∈ R. Si ha: φ(b) = φ(a) + itφ(e) = x + iy + it = x + i(y + t). Ciò posto si ha: e quindi: bb∗ = a2 + t2 e kbb∗ k = ka2 + t2 ek ≤ kak2 + t2 . |φ(b)|2 = x2 + (y + t)2 = x2 + y 2 + t2 + 2ty ≤ kbk2 = kbb∗ k ≤ kak2 + t2 . Quindi: x2 + y 2 + 2ty ≤ kak2 ⇒ y = 0. Ma y = 0 ⇒ φ(a) = x + iy = x ∈ R ⇒ φ(a) ∈ R. Teorema 2.4.4. (Stone-Weierstrass) Se X è uno spazio compatto di Hausdor e A ⊂ C(X) tale che (1) f ∈ A ⇒ f ∈ A; (2) A separa i punti di X (cioè se p1 , p2 ∈ X con p1 6= p2 ⇒ ∃f ∈ A tale che f (p1 ) 6= f (p2 )); (3) ∀p ∈ X, ∃f ∈ A : f (p) 6= 0. Allora A è denso in C(X). In particolare se A è chiuso allora A = C(X). Proposizione 2.4.5. Se A è un'algebra simmetrica con unità e ⇒ Ab è densa in C(∆). Dimostrazione. (1) A per simmetria è chiusa per involuzione. (2) φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : b a(φ1 ) 6= b a(φ2 ) c (3) λe = λb e cioè la funzione uguale a λ per ogni φ. Per Stone-Weierstrass A è denso in C(X). 33 2.5 Il teorema spettrale Teorema 2.4.6. (Gelfand) Sia A una C ∗ -algebra commutativa con unità. Allora a → ba (A → C(∆)) è uno *-isomorsmo isometrico di A in C(∆). Dimostrazione. E' evidente che ogni elemento di una C ∗ -algebra commutativa è normale e quindi la norma di ogni elemento è uguale al suo raggio spettrale. Inoltre per la P roposizione 2.3. l'algebra A è simmetrica e, quindi, per la (iii) del Lemma 2.3. si ha ab∗ = ba, ∀a ∈ A. Pertanto: ∗ ak kak2 = ka∗ ak = r(a∗ a) = kac a∗ b ak∞ = kb ab ak∞ = k|b a|2 k∞ = kb ak2∞ . ∞ = kb Pertanto la trasformata di Gelfand è un'isometria e, dunque, {ba : a ∈ A} è un sottospazio completo di C(∆) e quindi è chiuso. Ciò posto osserviamo che A è una C ∗ -algebra commutativa con unità e quindi (P roposizione 2.3.) è simmetrica; dunque, (P roposizione 2.4.) Ab è densa in C(∆). In conclusione Ab = {b a : a ∈ A} è un sottoinsieme chiuso e denso in C(∆) e pertanto Ab ∼ = C(∆). 2.5 Il teorema spettrale Sia H uno spazio di Hilbert e sia A una sottoalgebra di B(H) chiusa per involuzione, commutativa e contenente l'identità I . A è quindi una C ∗ algebra con unità e la trasformata di Gelfand è uno ∗ -isomorsmo isometrico di A in C(∆). Se f ∈ C(∆), esiste un operatore a ∈ A tale che ba = f . Pertanto siano x, y ∈ H e poniamo: Tf = a , φx,y (f ) = (Tf x, y). Il funzionale lineare φx,y su C(∆) è continuo, infatti: |φx,y (f )| = |(Tf x, y)| ≤ kTf xk · kyk ≤ ≤ kTf k · kxk · kyk = kf k∞ · kxk · kyk. Denizione 2.5.1. Una misura di Borel µ è detta regolare se ∀ Y boreliano: µ(Y ) = sup {µ(K) : K ⊂ Y , K compatto} µ(Y ) = inf {µ(A) : Y ⊂ A , A aperto} . Teorema 2.5.2. (di rappresentazione di Riesz) Sia X uno spazio compatto e di Hausdor e F funzionale limitato su C(X). Allora ∃! misura di Borel regolare µ tale che Z F (f ) = f dµ. X 34 2.5 Il teorema spettrale Per il teorema precedente ∃µx,y misura di Borel regolare, ossia: Z φx,y (f ) = (Tf x, y) = f dµx,y . ∆ Ciò posto vediamo cosa accade al variare di x e y in H : Lemma 2.5.3. L'applicazione (x, y) → µx,y da H × H nello spazio delle misure regolari di Borel soddisfa le seguenti: (1) µαx+βx0 ,y = αµx,y + βµx0 ,y ∀x, x0 , y ∈ H , ∀α, β ∈ C; (2) µx,y = µy,x ∀x, y ∈ H ; (3) µx,x ≥ 0 ∀x ∈ H . Dimostrazione. (1) Z f dµαx+βx0 ,y = (Tf (αx + βx0 ), y) = (Tf (αx) + Tf (βx0 ), y) ∆ = (Tf (αx), y) + (Tf (βx0 ), y) = α(Tf (x), y) + β(Tf (x0 ), y) Z Z = α f dµx,y + β f dµx0 ,y . ∆ ∆ Poichè vale per ogni f allora µαx+βx0 ,y = αµx,y + βµx0 ,y . (2) Prima di dimostrare la (2) mostriamo che (Tf )∗ = Tf . Infatti, per denizione Tcf = f . Dalle proprietà della trasformata di Gelfand si ha allora, c∗ = f = T c . Quindi, Tf ∗ = T . T f f f Ciò posto si ha: Z f dµx,y = (Tf x, y) = (x, Tf∗ y) ∆ = (x, Tf y) = (Tf y, x) Z Z = f dµy,x = f dµy,x ∆ ∆ Questo implica che µx,y = µy,x . √ (3) Sia f ≥ 0 e consideriamo g = f . Allora: Z f dµx,x = (Tf x, x) = (Tg2 x, x) ∆ = (Tg · Tg x, x) = (Tg x, Tg x) = kTg xk2 ≥ 0 35 2.5 Il teorema spettrale Questo implica che µx,x ≥ 0. Osservazione 2.5.4. Il teorema precedente aerma che l'applicazione (x, y) → µx,y è sesquilineare, hermitiana e positiva. Osservazione 2.5.5. Si osservi che f dµx,y è ben denito anche se f è ∆ solo boreliana e limitata su ∆. Quindi per f boreliana e limitata deniamo Z (Tf x, y) = f dµx,y , R f boreliana, limitata. ∆ Indichiamo con B(∆) l'insieme delle funzioni misurabili e limitate in ∆. Utilizzando alcune proprietà delle misure a valori complessi (in particolare, il fatto che ogni misura complessa è a variazione limitata) si perviene a provare che |(Tf x, y) ≤ kf k∞ kxk kyk, ∀f ∈ B(∆). Quindi, anche per f ∈ B(∆), Tf è limitato e kTf k ≤ kf k∞ . Teorema 2.5.6. Sia Φ : f → Tf da B(∆) in B(H). Allora Φ è uno ∗ omomorsmo continuo di ∗ -algebre. Inoltre se {fn } è successione equilimitata di B(∆) convergente puntualmente a f , allora {Tfn } converge a Tf nel senso forte. Dimostrazione. La linearità di Φ è evidente. L'uguaglianza Φ(f ) = Φ(f )∗ , ossia Tf∗ = Tf può essere dimostrata come nel lemma precedente (Lemma 2.4.). Verichiamo che Tf g = Tf · Tg . Se f, g ∈ C(∆): Z Z gdµTf x,y = (Tg · Tf x, y) = (Tf g x, y) = ∆ f gdµx,y , ∆ da cui µTf x,y = f µx,y . Si osservi che nel passaggio precedente Tg · Tf = Tf g in quanto la trasformata di Gelfand è un omomorsmo e quindi anche l'antitrasformata di Gelfand lo è. La catena di uguaglianze non cambia se g ∈ B(∆) e quindi Tg · Tf = Tf g se f ∈ C(∆) e g ∈ B(∆). Inoltre: ∗ Tf Tg = (Tg Tf )∗ = Tgf = Tf g 36 2.5 Il teorema spettrale e quindi Z Z f dµTg x,y = ∆ f gdµx,y (∗) ∆ da cui µTg x,y = gµx,y e la (∗) vale per f ∈ B(∆). Per l'osservazione precedente (Osservazione 20.) kTf k ≤ kf k∞ e quindi Tf è continuo. Per provare l'ultima aermazione sia {fn } è successione tale che |fn | ≤ C e fn → 0. Allora per ogni x ∈ H si ha: 2 kTfn xk = (Tf∗n Tfn x, x) Z = (T|fn |2 x, x) = |fn |2 dµx,x . ∆ Per il teorema della convergenza dominata si ha: kTfn xk2 → 0. Consideriamo a questo punto ω ⊂ ∆ boreliano e sia χω la funzione caratteristica di ω . Si ha: χω = χω = χ2ω . Consideriamo: Tχω = Tχ∗ω = Tχ2ω . Indichiamo con: E(ω) = Tχω . E' evidente che E(ω) è un proiettore. Lemma 2.5.7. Valgono le seguenti: (1) E(∅) = 0 , E(∆) = I ; (2) E(ω ∩ ω 0 ) = E(ω)E(ω 0 ) , ∀ω, ω 0 boreliani; (3) se {ωi } è una famiglia P nita o numerabile di boreliani a due a due disgiunti allora E(∪i ωi ) = i E(ωi ); (4) se ω è boreliano allora: E(ω) = sup {E(ω 0 ) : ω 0 ⊂ ω , ω 0 compatto} E(ω) = inf {E(ω 00 ) : ω ⊂ ω 00 , ω 00 aperto} . (5) E(ω) 6= 0 se ω è aperto non vuoto. 37 2.5 Il teorema spettrale Dimostrazione. (1) Ovvio. (2) Basta osservare che: E(ω ∩ ω 0 ) = Tχω∩ω0 = Tχω Tχω0 . (3) Se la famiglia è nita allora sia ∪ni ωi e si ha: E(∪ni ωi ) = Tχ∪n ωi = TPni χωi = X i E(ωi ). i Se la famiglia non è nita allora indicando con Ωn = ∪i≤n ωi e con Ω = ∪i∈N ωi si ha che χΩn converge puntualmente a χΩ per cui: E(Ωn ) = X E(ωi ) i≤n converge fortemente a E(Ω). (4) Sia ω boreliano e sia T = T ∗ ∈ B(H) tale che E(ω 0 ) ≤ T ≤ E(ω) per ogni ω 0 compatto contenuto in ω . Facciamo vedere che T = E(ω). ∀x ∈ H ⇒ (E(ω 0 )x, x) ≤ (T x, x) ≤ (E(ω)x, x) ⇒ Z Z χω0 dµx,x ≤ (T x, x) ≤ χω dµx,x ⇒ ∆ ∆ µx,x (ω 0 ) ≤ (T x, x) ≤ µx,x (ω). Poichè µx,x è regolare allora sup µx,x (ω 0 ) ≤ (T x, x) ≤ µx,x (ω). Allora (T x, x) = (E(ω)x, x) e (T x, y) = (E(ω)x, y) per polarizzazione. Analogamente si verica la proprietà per l'inf . (5) Sia f funzione continua con supporto in ω e tale che |f | ≤ 1. Se x ∈ H si ha: Z Z kTf xk2 = T|f |2 x,x = |f |2 dµx,x ≤ ∆ dµx,x = (E(ω)x, x). ω Se f non è identicamente nulla allora esiste x ∈ H tale che Tf x 6= 0 e quindi E(ω) 6= 0. Denizione 2.5.8. Sia ∆ uno spazio topologico (localmente) compatto e sia H uno spazio di Hilbert. Una funzione E denita sulla σ -algebra dei boreliani di ∆ a valori nei proiettori ortogonali su H è detta risoluzione dell'identità di H relativa a ∆ se soddisfa le proprietà (1)-(4) del Lemma precedente. 38 2.5 Il teorema spettrale Denizione 2.5.9. Se E è risoluzione dell'identità di H relativa a ∆, data f ∈ B(∆), allora si denisce Z Tf = f dE ∆ l'operatore lineare tale che Z f dµx,y ∀x, y ∈ H. (Tf x, y) = ∆ Valgono le seguenti proprietà: (1) Tf è limitato e kTf k ≤ kf k∞ ; (2) Tf Tg = Tf g ; (3) se K = {f ∈ B(∆) : Tf = 0} allora f ∈ K ⇔ f = 0 µx,x q.o. , inoltre K è ideale bilatero di B(∆) chiuso e invariante per coniugazione. Dimostriamo la (3): ∀x ∈ H si ha: Z |f |2 dµx,x = (Tf∗ Tf x, x) = kTf xk2 ∆ e quindi vale la caratterizzazione di K . Se f ∈ K e g ∈ B(Ω) allora f g è µx,x q.o nulla e quindi f g ∈ K . Analogamente si dimostra che f ∈ K se f ∈ K . Per concludere si osservi che K è il nucleo dell'operatore continuo f → Tf e quindi K è chiuso. Ciò posto consideriamo la C ∗ -algebra B(∆)/K con la norma dell'algebra quoziente: Denizione 2.5.10. Posto L∞ (∆, E) := B(∆)/K, la norma di un elemento f + K di B(∆)/K l'estremo superiore essenziale di |f | rispetto alla misura E , ossia: kf k∞,E = ess sup |f (x)| = inf{M > 0 : E({λ ∈ ∆, |f (λ)| > M ) = 0}) 39 2.5 Il teorema spettrale Teorema 2.5.11. Sia E risoluzione dell'identità di H su ∆. e : f → Tf denito su L∞ (∆, E) a valori in B(H) è uno ∗ -isomorsmo Allora Φ isometrico di L∞ (∆, E) nella sua immagine in B(H) . Viceversa, se A è una C ∗ -algebra contenuta in B(H) commutativa e con unità allora ∃! risoluzione dell'identità di H su ∆ = ∆(A) (spazio dei caratteri), tale che E(ω) 6= 0 se R e ω è aperto non vuoto e U = ∆ U dE ∀U ∈ A. Inoltre se S ∈ B(H) allora sono equivalenti le seguenti: (1) S commuta con ogni elemento di A; (2) S commuta con ogni E(ω) con ω boreliano; e ∞ (∆, E)). (3) S commuta con Φ(L e è isometrico. Dimostrazione. Proviamo, per la prima aermazione, che Φ Proviamo la disuguaglianza kTf k ≥ kf k∞,E . È suciente considerare il caso f ≥ 0 perché kTf k2 = kTf∗ T f k = kT|f |2 k. Sia > 0. Consideriamo l'insieme ω = {λ ∈ ∆ : |f (λ)| > kf k∞,E − }. Per denizione di sup essenziale, quest'insieme ha misura non nulla, cioè E(ω ) > 0. Esiste dunque un vettore x ∈ H , kxk = 1 tale che E(ω )x = x Questo implica che µx,x (ω ) = kxk2 = 1. Quindi, Z Z f dµx,x ≥ (kf k∞,E )µx,x (ω ) = kf k∞,E . f dµx,x ≥ (Tf x, x) = ∆ ω L'arbitrarietà di implica l'asserto. Il teorema precedente è particolarmente interessante quando la C ∗ -algebra è generata da un operatore normale T e dal suo aggiunto T ∗ e dall'identità. Sia A questa C*-algebra. Lo spazio dei caratteri di A, ∆(A) coincide con lo spettro di T . Infatti, l'applicazione Tb : φ ∈ ∆(A) → φ(T ) ∈ σ(T ) è iniettiva: se φ(T ) = ψ(T ) con φ, ψ ∈ ∆(A), allora φ e ψ coinciderebbero su tutti i polinomi in T che costituiscono un insieme denso un A; il che implica che φ = ψ . Inoltre, se λ ∈ σ(T ) esiste φ ∈ ∆(A) tale che λ = φ(T ). Quindi Tb è biunivoca e continua. Inoltre essendo ∆(A) e σ(T ) compatti, essa è un omeomorsmo. Denizione 2.5.12. La misura E su σ(T ) è detta misura spettrale di T . Teorema 2.5.13. Sia T ∈ B(H) un operatore normale, sia A la C ∗ -algebra con unità generata da T e dal suo aggiunto T ∗ e sia E la misura spettrale di T . Allora per ogni U ∈ A ∃! f ∈ C(σ(T )) tale che U = f (T ) nel senso che Z U= f (λ)dE(λ). σ(T ) 40 2.5 Il teorema spettrale In particolare: Z T = λdE(λ), σ(T ) Z ∗ T = λdE(λ), σ(T ) ∗ Z p(λ, λ)dE(λ) p(T, T ) = σ(T ) per ogni polinomio p. Inoltre ogni S ∈ B(H) commuta con T , con T ∗ , con ogni proiettore E(ω) e con ogni operatore f (T ) con f ∈ L∞ (σ(T ), E). Esempio 2.5.14. Nel Capitolo 3 si è visto che se A è un operatore simmetrico compatto, lo spazio di Hilbert H si decompone nella somma diretta H = H0 ⊕ H1 ⊕ · · · ⊕ Hk ⊕ · · · dove Hk è l'autospazio relativo all'autovalore λk (e λ0 = 0, se 0 è un autovalore. Indicando con Qk il proiettore sul sottospazio Hk si è pervenuti alla rappresentazione spettrale di A nella forma Ax = ∞ X λk Qk x, ∀x ∈ H. k=1 Il teorema 2.5.13 non è altro che una generalizzazione di questo risultato. Infatti, se indichiamo con Gλ il sottospazio generato da tutti gli autovettori di A corrispondenti agli autovalori λk con λk ≤ λ e con E(λ) il proiettore su Gλ , si ha: se λ < µ, E(λ) ≤ E(µ), perché Gλ ⊆ Gµ ; per ogni λ ∈ R esistono i limiti (in senso forte) lim E(λ + ), ↓0 lim E(λ − ) ↓0 ed in particolare lim E(λ + ) = E(λ), ↓0 λ ∈ R. (2.2) 41 2.5 Il teorema spettrale L'esistenza dei due limiti è conseguenza della monotonia e della limitatezza della famiglia {E(λ)} di proiettori. Per provare la (2.2), calcoliamo per > 0 la dierenza E(λ + ) − E(λ). Si ha X E(λ + ) − E(λ) = X Qk − k:λk ≤λ+ X Qk = k:λk ≤λ Qk . k:λ<λk ≤λ+ Chiaramente per → 0, questa somma tende a 0 non essendovi autovalori λk tali che λ < λk ≤ λ + con arbitrariaramente piccolo. Diversa è la situazione se consideriamo il limite da sinistra. In questo caso X E(λ) − E(λ − ) = Qk − k:λk ≤λ X X Qk = k:λk ≤λ− Qk . k:λ−<λk ≤λ Se λ è un autovalore λ = λh , allora λh stesso soddisfa la condizione che fornisce gli indice della somma, per ogni valore di > 0. Dunque, per ogni autovalore λh , E(λk ) − E(λ−k ) = Qk . Se λ non è autovalore, E(λ) − E(λ− ) = 0. Ne segue che Z x= dE(λ)x = σ(A) e Z Ax = λdE(λ)x = σ(A) ∞ X Qk x k=0 ∞ X λk Qk x. k=1 Le proprietà di monotonia e di continuità a destra che abbiamo ricavato in quest'esempio sono soddisfatte dalle famiglie spettrali associate ad un operatore autoggiunto (limitato o non limitato) come vedremo più avanti. Capitolo 3 Il Teorema di Gelfand - Naimark 3.1 Rappresentazioni Denizione 3.1.1. Sia A una *-algebra. Una ∗ − rappresentazione % di A è uno ∗ -omomorsmo di A nella C ∗ -algebra B(H) di tutti gli operatori limitati e lineari nello spazio di Hilbert H . Una rappresentazione (detta anche ∗ -rappresentazione) è quindi un'applicazione % : A → B(H) tale che: %(λa + µb) = λ%(a) + µ%(b) %(ab) = %(a)%(b) %(a∗ ) = %(a)∗ %(e) = I. Osservazione 3.1.2. Se A è una ∗ -algebra allora non è detto che esista una rappresentazione di A. Se invece A è una C ∗ -algebra allora esiste una rappresentazione di A. Denizione 3.1.3. Una rappresentazione % di A è detta f edele se è iniettiva. Denizione 3.1.4. Un funzionale lineare f : A → C è detto f unzionale lineare positivo se f (a∗ a) ≥ 0 ∀a ∈ A. Lemma 3.1.5. Sia A una ∗ -algebra e sia f un funzionale lineare positivo in A. Allora valgono le seguenti: (i) f (b∗ a) = f (a∗ b) ∀a, b ∈ A; (ii) |f (b∗ a)|2 ≤ f (a∗ a)f (b∗ b) ∀a, b ∈ A (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz). 42 43 3.1 Rappresentazioni Dimostrazione. (i) Per polarizzazione ∀a, b ∈ A si ha: 4b∗ a = (a + b)∗ (a + b) − (a − b)∗ (a − b) + i(a + ib)∗ (a + ib) − i(a − ib)∗ (a − ib), 4a∗ b = (a + b)∗ (a + b) − (a − b)∗ (a − b) − i(a + ib)∗ (a + ib) + i(a − ib)∗ (a − ib). Per ipotesi F è un funzionale positivo e linerare quindi: 4f (a∗ b) = f ((a + b)∗ (a + b)) − f ((a − b)∗ (a − b))+ +if ((a + ib)∗ (a + ib)) − if ((a − ib)∗ (a − ib)) = 4f (b∗ a). (ii) Si dimostra in modo simile alla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz per gli operatori. Osservazione 3.1.6. In particolare se b = e, con e unità di A, allora si ottiene: (i) f (a) = f (a∗ ); (ii) |f (a)|2 ≤ f (a∗ a)f (e). Esempio 3.1.7. Sia A una ∗ -algebra di Banach simmetrica e commutati- va (per esempio, una C*-algebra). Allora ogni carattere φ ∈ ∆(A) è un funzionale positivo, infatti: φ(x∗ x) = φ(x∗ )φ(x) = φ(x)φ(x) = |φ(x)|2 ≥ 0. Il viceversa non vale, infatti se in C([0, 1]) consideriamo φ(f ) = ha: ∗ Z1 Z1 φ(f f ) = f (x)f (x)dx = 0 R1 0 f (x)dx si |f (x)|2 dx ≥ 0. 0 Tuttavia l'integrale non è moltiplicativo e quindi non può essere un carattere. Denizione 3.1.8. Sia A una C ∗ -algebra. Un elemento a ∈ A è detto positivo se a = a∗ e σ(a) ⊂ [0, +∞[. Indichiamo con A+ l'insieme di tutti gli elementi positivi dell'algebra A. Proprietà di A+ = {a ∈ A : a ≥ 0}: (i) ∀a, b ∈ A+ ⇒ a + b ∈ A+ ; (ii) ∀λ ≥ 0 , ∀a ∈ A+ ⇒ λa ∈ A+ ; (iii) A+ ∩ {−A+ } = {0}. 44 3.1 Rappresentazioni Osservazione 3.1.9. Le suddette proprietà deniscono un cono. Dimostriamo la (iii): x ∈ A+ ∩ {−A+ } ⇒ x ∈ A+ , −x ∈ A+ , σ(x) ⊂ [0, +∞[ e σ(−x) ⊂ [0, +∞[. Si ha che: λ ∈ σ(x) ⇔ −λ ∈ σ(−x). Infatti x − λe non è invertibile ⇔ −x + λe non è invertibile. Quindi: σ(−x) = −σ(x). In conclusione σ(x) = 0 ⇒ r(x) = 0. Ma per un elemento x = x∗ è noto che r(x) = kxk. Pertanto kxk = 0 ⇒ x = 0. Prima di procedere con il teorema successivo, sia A una C ∗ -algebra e indichiamo con As = {a ∈ A : a = a∗ } . Ciò posto introduciamo un ordine: siano a, b ∈ As , a ≤ b ⇔ b − a ≥ 0. Consideriamo a questo punto la C ∗ -algebra generata da x = x∗ ∈ A e dall'unità e di A. Indichiamo con Mx tale C ∗ -algebra. Una ovvia proprietà delle funzioni continue aerma che se f (t) è continua allora −kf k∞ ≤ f (t) ≤ kf k∞ , ∀t. Applichiamo tale proprietà alla trasformata di Gelfand dell'elemento x ∈ Mx : −kb xk∞ ≤ x b ≤ kb xk ∞ . Ciò posto mostriamo che in ogni C ∗ -algebra commutativa si ha: x≥y⇔x b ≥ yb. Infatti, x ≥ y ⇔ x − y ≥ 0 ⇔ σ(x − y) ⊂ R+ ⇔ ⇔ φ(x − y) ≥ 0 ∀φ ∈ ∆ ⇔ φ(x) − φ(y) ≥ 0 ∀ ⇔ ⇔ φ(x) ≥ φ(y) ∀φ ∈ ∆ ⇔ x b ≥ yb. Tenuto conto del fatto che la trasformata di Gelfand è un'isometria, si conclude che, se x = x∗ , −kxke ≤ x ≤ kxke. 45 3.1 Rappresentazioni Lemma 3.1.10. Sia A una C*-algebra e a un elemento di A con a = a∗ . a è positivo se e soltanto se a = b∗ b con b ∈ Ma (la C*-sottoalgebra generata da a). Dimostrazione. Se a = b∗ b con b ∈ Ma per ogni carattere φ ∈ ∆(Ma ) risulta φ(a) = φ(b∗ b) = φ(b∗ )φ(b) = |φ(b)2 |2 ≥ 0. Dato che σ(a) = {φ(a); φ ∈ ∆(Ma ) concludiamo che σ(a) ⊆ [0, +∞[. Viceversa, a ≥ 0 ⇔ ba ≥ 0. Sia b un elemento di Ma tale che bb = ba1/2 . È allora chiaro che a = b2 . Lemma 3.1.11. Sia φ un funzionale lineare su A. φ è positivo se, e soltanto se, φ(a) ≥ 0 per ogni a ∈ A+ . La dimostrazione segue immediatamente dal Lemma precedente. Teorema 3.1.12. Sia A una C ∗ -algebra con unità e e sia φ un funzionale lineare su A. Allora si ha: φ è positivo ⇔ φ è continuo e kφk = φ(e). Dimostrazione. Supponiamo che φ sia un funzionale lineare positivo. Adoperando la disuguaglianza di Cauchy - Schwarz (Osservazione 22. (ii) sui funzionali lineari positivi nel caso in cui b = e), si ha |φ(x)| = |φ(ex)| ≤ φ(e)1/2 φ(x∗ x)1/2 . Poichè x∗ x ≤ kx∗ xke ⇒ kx∗ xke − x∗ x ≥ 0 ⇒ φ(x∗ x) ≤ kx∗ xkφ(e). Sostituendo si ha: |φ(x)| ≤ φ(e)1/2 φ(x∗ x)1/2 ≤ φ(e)1/2 kxkφ(e)1/2 = φ(e)kxk. Quindi: kφk ≤ φ(e). D'altro canto kφk = supkxk≤1 |φ(x)| ⇒ φ(e) ≤ kφk. Quindi: kφk = φ(e). Viceversa, mostriamo che φ(h) ⊂ R, per ogni h ∈ A, h = h∗ . Sia φ = φ1 +iφ2 con φ1 , φ2 hermitiani (ossia φ(x∗ ) = φ(x)). Tale decomposizione si ottiene ponendo φ1 (x) = φ(x) + φ(x∗ ) , 2 φ2 (x) = φ(x) − φ(x∗ ) . 2i 46 3.1 Rappresentazioni Si può supporre che φ(e) = 1 (se così non fosse, basterebbe sostituire φ con φ il funzionale ψ = φ(e) ). Si ha: φ(e) = φ1 (e) + iφ2 (e) ⇒ φ2 (e) = 0, φ1 (e) = 1. Sia, dunque, h = h∗ ∈ A e x = αe − ih, α ∈ R. Si ha: kxk2 = kx∗ xk = k(αe + ih)(αe − ih)k = kα2 e + h2 k ≤ α2 + khk2 . Ma |φ(x)|2 = |φ(αe − ih)|2 = |αφ(e) − iφ(h)|2 = = |αφ1 (e) − iφ1 (h) + φ2 (h)|2 = (αφ1 (e) + φ2 (h))2 + φ1 (h)2 = α2 + 2αφ2 (h) + φ2 (h)2 + φ1 (h)2 . Quindi: α2 ≤ |φ(x)|2 − 2αφ2 (h). Pertanto: kxk2 ≤ |φ(x)|2 − 2αφ2 (h) + khk2 ≤ kxk2 − 2αφ2 (h) + khk2 (poichè |φ(x)| ≤ φ(e)kxk con φ(e) = 1 per ipotesi). Quindi, 2αφ2 (h) ≤ khk2 , ∀α ∈ R Questo implica che φ2 (h) = 0 ed, in conclusione, che φ(h) è reale. Proviamo adesso la positività di φ. Supponiamo, per assurdo, che esista x tale che kx∗ xk < 1 e φ(x∗ x) < 0. Allora, 1 = φ(e) = φ(e−x∗ x+x∗ x) = φ(e−x∗ x)+φ(x∗ x) < φ(e−x∗ x) ≤ ke−x∗ xk ≤ 1 che è assurdo. In conclusione, φ è positivo. Corollario 3.1.13. Sia A una C ∗ -algebra con unità e ed f un funzionale lineare positivo su A. Allora, ∀x, y ∈ A si ha: |f (y ∗ xy)| ≤ kxkf (y ∗ y), ∀x, y ∈ A. Dimostrazione. Sia g(a) = f (y∗ ay). Poichè per ipotesi f è un funzionale lineare positivo, si ha: g(a∗ a) = f (y ∗ a∗ ay) ≥ 0. Quindi anche g è un funzionale lineare positivo e per il teorema precedente (T eorema 3.1.1.) si ha: kgk = g(e) = f (y ∗ ey) = f (y ∗ y). Pertanto, |f (y ∗ xy)| = |g(x)| ≤ kgk · kxk = kxk · f (y ∗ y) ∀x, y ∈ A. 47 3.1 Rappresentazioni Lemma 3.1.14. Sia % una rappresentazione di A in H e sia ξ un vettore unitario di H . Allora la funzione f : A → C denita come : f (a) = (%(a)ξ, ξ) soddisfa le seguenti: (i) f è un funzionale lineare, (ii) f (a∗ a) ≥ 0 ∀a ∈ A; (iii) f (e) = 1; (iv) f è continua; (v) kf k = 1. Dimostrazione. (i) f è evidentemente un funzionale. Proviamo che f è lineare: ∀a1 , a2 ∈ A, ∀λ, µ ∈ C si ha f (λa1 + µa2 ) = (%(λa1 + µa2 )ξ, ξ) = = (λ%(a1 )ξ + µ%(a2 )ξ, ξ) = (λ%(a1 )ξ, ξ) + (µ%(a2 )ξ, ξ) = = λf (a1 ) + µf (a2 ). (ii) f (a∗ a) = (%(a∗ a)ξ, ξ) = (%(a∗ )%(a)ξ, ξ) = k%(a)ξk2 ≥ 0. (iii) f (e) = (%(e)ξ, ξ) = (ξ, ξ) = kξk2 = 1. (iv) f è continua in virtù del T eorema 2.1.1.. (v) E' una semplice applicazione del teorema precedente (T eorema 3.1.1.) tenendo presente che f (e) = 1 ovvero la (iii). Denizione 3.1.15. Se f soddisfa le proprietà (i) − (v) del Lemma precedente allora f è detto stato di A. Osservazione 3.1.16. In virtù della (ii) del Lemma precedente, uno stato f è in particolare un funzionale lineare positivo. Osservazione 3.1.17. Per il lemma precedente (Lemma 3.2.) è chiaro che da ogni rappresentazione è possibile costruire almeno uno stato. L'obiettivo della costruzione G.N.S. è proprio il processo inverso. 48 3.2 Il teorema G.N.S. 3.2 Il teorema G.N.S. Lemma 3.2.1. Sia A una C ∗ -algebra con unità e e sia f un funzionale lineare positivo. Indichiamo con N = {x ∈ A : f (x∗ x) = 0} . Allora N è un ideale sinistro di A e se indichiamo con [a] la classe di equivalenza di a nello spazio quoziente A/N allora: ([a], [b]) = f (b∗ a) denisce un prodotto interno in A/N . Dimostrazione. Se x ∈ N ⇒ per la proprietà (ii) dei funzionali lineari positivi |f (a∗ x)|2 ≤ f (x∗ x)f (a∗ a) = 0 ∀a ∈ A. Quindi si ha: N = {x : f (a∗ x) = 0 ∀a ∈ A} . Con questa caratterizzazione di N è chiaro che N è un ideale sinistro, infatti se z ∈ A e x ∈ N allora: f (a∗ (zx)) = f ((a∗ z)x) = 0 ⇒ zx ∈ N. Consideriamo pertanto A/N lo spazio quoziente e osserviamo che i suoi elementi sono classi di equivalenza [a] = a + N . Ciò posto mostriamo che f (b∗ a) dipende solo dalle classi di a e b. Usando la proprietà (i) dei funzionali lineari positivi ∀x, y ∈ N si ha: f ((b + y)∗ (a + x)) = f (b∗ a) + f (b∗ x) + f (y ∗ (a + x)) = = f (b∗ a) + f (b∗ x) + f ((a + x)∗ y) = f (b∗ a). Quindi la relazione ([a], [b]) = f (b∗ a) è ben denita. Proviamo che essa denisce un prodotto interno: (1) (λ[a] + µ[b], [c]) = f (c∗ (λa + µb)) = f (c∗ λa + c∗ µb) = = f (c∗ λa) + f (c∗ µb) = λf (c∗ a) + µf (c∗ b) = λ([a], [c]) + µ([b], [c]); (2) ([a], [b]) = f (b∗ a) = f (a∗ b) = ([b], [a]); (3) ([a], [a]) = f (a∗ a) ≥ 0 ∀a ∈ A; (4) ([a], [a]) = 0 ⇒ f (a∗ a) = 0 ⇒ a ∈ N ⇒ [a] = 0. 49 3.2 Il teorema G.N.S. Il Lemma precedente mostra che A/N è uno spazio pre-hilbertiano rispetto alla norma k · k denita dal suddetto prodotto interno, ossia: 1 1 k[x]kA/N = ([x], [x]) 2 = f (x∗ x) 2 . Ciò posto è possibile completare A/N a spazio di Hilbert e indichiamo con Hf il suo completamento. Teorema 3.2.2. (Gelfand-Naimark-Segal) Dato uno stato f di una C ∗ algebra con unità allora esistono una rappresentazione %f in uno spazio di Hilbert Hf ed un vettore ξf ∈ Hf , tali che f (a) = (%f (a)ξf , ξf ). Il vettore ξf è ciclico per %f , nel senso che il sottospazio {%f (a)ξf , a ∈ A} è denso in Hf . Dimostrazione. Per ogni [x] ∈ A/N e a ∈ A deniamo: %f (a)[x] = [ax]. Poichè N è un ideale sinistro allora %f (a) : A/N → A/N è un'applicazione ben denita, infatti: [x] = [y] ⇔ x − y ∈ N ⇒ a(x − y) ∈ N ⇔ [ax] = [ay]. Ovviamente %f (a) è lineare, infatti: %f (a)[λx + µy] = [a(λx + µy)] = = [aλx] + [aµy] = λ[ax] + µ[ay] = λ%f (a)[x] + µ%f (a)[y]. Mostriamo che k%(a)k ≤ kak (non è possibile utilizzare il T eorema 2.1.1. poichè A/N non è, in generale, completo e quindi B(A/N ) non è C ∗ -algebra): k%f (a)[x]k2 = k[ax]k2 = f (x∗ a∗ ax) ≤ ≤ ka∗ akf (x∗ x) ≤ kak2 ([x], [x]) = kak2A · k[x]k2A/N . Si osservi che f (x∗ a∗ ax) ≤ ka∗ akf (x∗ x) in virtù del Corollario 3.1. Quindi %f (a) è un operatore lineare e limitato su A/N . Ma A/N è denso in Hf e quindi %f (a) si estende per continuità ad un operatore limitato su Hf . Ciò posto, osserviamo che l'applicazione a → %f (a) è un omomorsmo. Infatti, omessa la facile verica dell'uguaglianza %(λa + µb) = λ%(a) + µ%(b), per ogni 50 3.2 Il teorema G.N.S. a, b ∈ A e λ, µ ∈ C, proviamo che %(a∗ ) = %(a)∗ , per ogni a ∈ A. Si ha, infatti, (%f (a)[x], [y]) = ([ax], [y]) = f (y ∗ ax) = f ((a∗ y)∗ x) = ([x], [a∗ y]) = ([x], %f (a∗ )[y]). Quindi %f (a)∗ = %f (a∗ ) nel sottospazio denso A/N di Hf e, dunque, poichè essi sono operatori limitati, sono uguali. Inoltre, (%f (ab)[x], [y]) = f (y ∗ (ab)x) = f ((y ∗ a)(bx)) = ([bx], ][a∗ y]) = (%f (b)[x], %f (a∗ )[y]) = (%f (b)[x], %f (a)∗ [y]) = (%f (a)%f (b)[x], [y]). Dunque %f (ab) = %f (a)%f (b), per ogni a, b ∈ A. Si vede facilmente, inoltre, che %f (e) è l'operatore identità su A/N . Pertanto %f è una rappresentazione di A in Hf . Poniamo ξf := [e]. Si ha, allora, (%f (a)ξf , ξf ) = (%f (a)[e], [e]) = ([a], [e]) = f (a) e poichè f è uno stato allora kξf k2Hf = f (e∗ e) = f (e) = 1. Inne, risulta, evidentemente, {%f (a)ξf , a ∈ A} = {[a], a ∈ A} e quest'ultimo sottospazio è denso in Hf per costruzione. Teorema 3.2.3. La rappresentazione %f è unica a meno di equivalenze unitarie: cioè, se {H 0 f, %0f , ξf0 } è una seconda terna costituita, nell'ordine, da uno spazio di Hilbert, una *-rappresentazione di A, un vettore ξf0 ∈ Hf , ciclico, per i quali si verica che f (a) = (%0f (a)ξf0 , ξf0 ), ∀a ∈ A, allora usiste un operatore unitario U : Hf → Hf0 tale che %0f (a) = U %f (a)U −1 , per ogni a ∈ A. Dimostrazione. Supponiamo che esistano Hf0 , %0f , ξf0 ∈ Hf0 soddisfacenti le condizioni dell'enunciato. Sia U : %f (a)ξ → %0f (a)ξ 0 . Proviamo che U è ben posta. Infatti, %f (a)ξ = %f (b)ξf ⇒ %f (a − b)ξf = 0. 51 3.2 Il teorema G.N.S. Dunque, 0 = k%(a − b)ξf k2 = f ((a − b)∗ (a − b)) = k%0f (a − b)ξf0 k2 , che implica %0f (a)ξf0 = %0f (b)ξf0 . Inoltre, k%f (a)ξf k2 = (%f (a)ξf , %f (a)ξf ) = (%f (a∗ a)ξf , ξf ) = f (a∗ a) = (%f (a∗ a)0 ξf0 , ξf0 ) = (%0f (a∗ )%0f (a)ξf0 , ξf0 ) = k%0f (a)ξf0 k2 . Quindi U è ben denita e conserva prodotto scalare e norma. U è, dunque, isometrico e invertibile e, quindi, è unitario. Teorema 3.2.4. Sia A una C ∗ -algebra con unità e e sia a ∈ A. Allora esiste un funzionale lineare positivo f tale che f (e) = 1 e f (a∗ a) = kak2 . Dimostrazione. Sia B = {αe + βa∗ a : α, β ∈ C} il sottospazio vettoriale di A generato da e e da a∗ a. Sia g il funzionale lineare su B denito da g(αe + βa∗ a) = α + βkak2 . Mostriamo che g che è limitato. Si ha, |g(αe + βa∗ a)| = |α + βkak2 | ≤ sup {|α + βλ| : λ ∈ σ(a∗ a)} = r(α + βa∗ a) = kα + βa∗ ak. Dalla disuguaglianza segue anche che kgk ≤ 1. Ma g(e) = 1 e, dunque, kgk = 1. Il teorema di Hahn-Banach assicura allora l'esistenza di un funzionale lineare continuo f su A che estende g e tale che kf k = kgk = g(e) = 1. Per il T eorema 3.1.1., f è positivo e f (a∗ a) = g(a∗ a) = kak2 . Denizione 3.2.5. Siano Hα , α ∈ I , spazi di Hilbert. Posto ( M Hα := ) (ξα ) : α ∈ I, ξα ∈ Hα , α L α X kξα k2 < ∞ , α Hα è spazio di Hilbert, detto spazio somma diretta degli Hα , rispetto al prodotto interno: ((ξα ), (ηα )) = X α (ξα , ηα ). 52 3.2 Il teorema G.N.S. Lemma 3.2.6. Sia {Hα , α ∈ I} una famiglia di spazi di Hilbert. Per ogni α ∈ I , sia %α : A → B(Hα ) una *-rappresentazione di A in Hα . Posto %(a)(ξα ) = (%α (a)ξα ), L % è una *-rappresentazione di A in α Hα . a ∈ A, La rappresentazione % così costruita è detta somma diretta delle %α ed indicata anche con % := ⊕α %α . Dimostrazione. Ci limitiamo a provare che, per ogni a ∈ A, (⊕α %α )(a) è un L operatore limitato in α Hα . Si ha, per a ∈ A, k(⊕α %α )(a)(ξα )k2 = X k%α (a)ξα k2 ≤ kak2 X α kξα k2 , α dove si è tenuto conto che, per il teorema 2.2.4, risulta k%(α)(a)k ≤ kak. Teorema 3.2.7. (Gelfand-Naimark) Ogni C ∗ -algebra con unità e è isometricamente isomorfa ad una sotto-C ∗ -algebra di B(H). Dimostrazione. Sia F la famiglia di tutti i funzionali lineari positivi f con f (e) = 1, cioè degli stati su A. Per ogni f ∈ F , costruiamo la rappresentazione GNS %f nello spazio di Hilbert Hf con vettore ciclico ξf . Deniamo M Hf , H= f ∈F e %= M %f . f ∈F Per il T eorema 3.2.3., per ogni a ∈ A esiste fa ∈ F tale che fa (a∗ a) = kak2 . Si ha k%fa (a)k2 ≥ k%fa (a)ξfa k2 = fa (a∗ a) = kak2 . Inoltre, k%fa (a)k ≤ k%(a)k ≤ kak. Dunque k%(a)k = kak, per ogni a ∈ A. Quindi % ha nucleo nullo ed è ∗ isomorsmo nella sua immagine %(A) che è C ∗ -algebra. Osservazione 3.2.8. Il T eorema 3.2.4. può essere enunciato equivalentemente nel seguente modo: Ogni C ∗ -algebra ammette una rappresentazione fedele.