Ponti di misura - 1 Ponti di misura 1 - Il ponte di Wheatstone Schema generale Il ponte di Wheatstone trova numerose applicazioni nel campo delle misure elettriche per la determinazione di parametri resistivi. Il suo impiego è particolarmente diffuso nel campo dei trasduttori che associano a una variazione della grandezza fisica di interesse una variazione di resistenza. Nel suo schema essenziale un ponte di Wheatstone è costituito da quattro resistenze collegate come in Fig.1.1A, alimentate da un generatore di tensione costante E. Fig.1.1 - Ponte di Wheatstone (A) e circuito equivalente di Thevenin (B). Il ponte è detto in equilibrio quando la tensione a vuoto fra i punti A e B è nulla: VAB = 0 ⇒ ⎧ I ' ' R1 = I ' R3 ⎨ ⎩ I ' ' R2 = I ' R4 ⇒ R1 R3 = =k R2 R4 (1.1) La condizione di equilibrio viene segnalata dal rivelatore di zero (null detector), tipicamente un voltmetro ad alta sensibilità. In tali condizioni, il ponte consente di determinare il valore di una delle quattro resistenze (ad esempio R2), quando siano noti i valori delle altre tre. In pratica si procede fissando, ad esempio, le resistenze R3 ed R4, in modo da ottenere un idoneo rapporto k, quindi si varia la resistenza R1 finchè il ponte raggiunge l’equilibrio. In tal modo il valore della resistenza incognita risulta R2 =R1/k. In queste applicazioni, la resistenza R1 è variata con opportuni sistemi (resistori a decadi: 1000Ω, 100Ω, 10Ω, 1Ω, 0.1Ω, 0.01Ω ecc.) con i quali è possibile inserire resistenze note a priori con elevata accuratezza. L’impiego del ponte in condizioni di equilibrio è usuale nei sistemi da laboratorio o nelle apparecchiature che realizzano il controllo automatico a microprocessore della procedura di azzeramento. © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 2 Il ponte sbilanciato Negli impieghi con trasduttori, il ponte non viene utilizzato in condizioni di perfetto equilibrio, bensì nell’intorno delle condizioni di equilibrio. Si supponga pertanto che, rispetto alle condizioni di equilibrio la resistenza R2 nella Fig.1.1 subisca una piccola variazione δR, portandosi al valore: R2′ = R2 + δR = R2 (1 + x) posto x= δR R2 (1.2) Per il ponte di misura in tali condizioni risulta utile la rappresentazione con il circuito equivalente secondo Thevenin, riportata in Fig.1.1B. La tensione e la resistenza del generatore equivalente secondo Thevenin, visti dai punti A e B, sono dati rispettivamente da: V AB0 = V AD0 − VBD0 = E E R2′ − R4 R3 + R4 R1 + R2′ R0 = R1 R2′ + R3 R4 (1.3) Per la valutazione della resistenza equivalente R0 è stata trascurata, per semplicità, la resistenza interna della batteria. Considerare il ponte nell’intorno dell’equilibrio significa ammettere che le variazioni di x siano molto piccole (x<<1). La tensione a vuoto V AB0 può pertanto esprimersi nella forma: E E R2 (1 + x) − R4 R1 + R2 (1 + x) R3 + R4 kx kx =E ≅E [k + (1 + x)] (k + 1) (k + 1) 2 V AB0 = (1.4) Nell’espressione precedente si nota che, se le variazioni di x sono molto piccole (x<<1), allora la tensione a vuoto V AB0 può approssimarsi con una funzione lineare in x. Sensibilità del ponte Definiamo la sensibilità del ponte intorno all’equilibrio come il rapporto fra la tensione in uscita V AB0 e la corrispondente variazione del parametro x di interesse: S= V AB0 x =E k k ≅E [k + (1 + x)] (k + 1) (k + 1) 2 se ( x << 1) (1.5) Appare interessante determinare quando la sensibilità del ponte è massima, per un funzionamento intorno all’equilibrio. A tale scopo è sufficiente annullare la derivata della sensibilità S rispetto al parametro k. Se trascuriamo x rispetto all’unità, si ottiene: ∂S = 0 ⇒ k = 1 ⇒ R1 = R2 ∂k ; R3 = R4 (1.6) In tale ipotesi la tensione a vuoto del ponte è: VAB0 ≅ E E δR x= 4 4 R2 (1.7) e si ha la massima sensibilità. © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 3 L’approssimazione introdotta nell’espressione della tensione di sbilanciamento è valida se, come accade nella pratica, le variazioni δR risultano molto minori di R2 (x<<1). È opportuno osservare che solo in tali ipotesi l’uscita del ponte può ritenersi lineare con δR. Infine, per misurare la tensione VAB a vuoto, cioè senza che vi sia un effetto di carico introdotto sul sistema dal voltmetro, è necessario l’impiego di un dispositivo di misura con elevato valore dell’impedenza d’ingresso, tipicamente un amplificatore per strumentazione. La condizione di massima sensibilità del ponte può essere ottenuta facendo le resistenze tutte uguali, R1 = R2 = R3 = R4, con valore R pari a quello dell’elemento sensibile a riposo. Compensazione delle connessioni In certi casi, come quelli in cui il ponte viene utilizzato in un sistema di trasduzione con variazioni resistive e qualora l’elemento sensibile risulti lontano dal ponte di misura, bisogna considerare anche la resistenza Rc dei cavetti di collegamento (vedi Fig.1.2A). Fig.1.2 - Compensazione dei collegamenti al ponte. Per la corretta compensazione del ponte in condizioni di equilibrio (δR=0), il lato CA dello schema di Fig.1.2A dovrebbe contenere una resistenza di valore R’=R+2Rc Un affinamento dello schema di Fig.1.2A, che evita la necessità di determinare la resistenza dei cavetti per poterne tener conto, può essere realizzato con la connessione a tre cavetti (metodo Siemens, rappresentato in Fig.1.2B). Con tale connessione si compensano, oltre alle resistenze proprie dei cavetti anche le loro eventuali variazioni termiche, mentre il terzo cavetto che porta al voltmetro è ininfluente, risultando una sonda praticamente non percorsa da corrente. 2 - Il rivelatore di sbilanciamento Misura della tensione di sbilanciamento Si consideri un ponte sbilanciato e supponiamo di prelevare la tensione fra i punti A e B, dovuta alla variazione di resistenza δR, tramite un amplificatore per strumentazione (Fig.2.1). Nei casi pratici la tensione E di alimentazione del ponte è riferita alla massa comune e risulta pertanto importante analizzare il comportamento dello stadio differenziale nei riguardi della tensione di modo comune. A tale scopo, per ciascun punto A e B del ponte si possono determinare i generatori equivalenti di Thevenin, riferiti alla massa comune. © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 4 Fig.2.1 - Ponte sbilanciato con amplificatore per strumentazione. Questi sono rappresentati dalle tensioni a vuoto VA0 e VB0 e dalle resistenze equivalenti RA0 e RB0 (Fig.2.1). Dall’analisi del circuito risulta, ponendo x=δR/R: 1+ x E ( R + δR) = E 2 R + δR 2+ x E E R= = 2R 2 V A0 = VB 0 1+ x R( R + δR) =R 2 R + δR 2+ x R = 2 R A0 = RB 0 (2.1) Si nota che, per piccoli valori di x (x<<1), la tensione di modo comune VC e la tensione differenziale VD si possono approssimare rispettivamente a: E 1 VC = (V A0 + VB 0 ) ≅ 2 2 VD = (V A0 − VB 0 ) ≅ Ex 4 (2.2) Le resistenze sugli ingressi dello stadio differenziale sono date rispettivamente dalle resistenze RA0 ed RB0 e queste, in prima approssimazione, valgono entrambe R/2 (per x<<1). Per la misura della tensione a vuoto fra i punti A e B del ponte sbilanciato, si preferisce un amplificatore per strumentazione, in quanto presenta una reiezione del modo comune normalmente migliore rispetto alle configurazioni semplicemente differenziali. Un circuito per linearizzare il ponte Si è detto che il ponte sbilanciato presenta una tensione d’uscita che non risulta lineare con la variazione parametrica x, a meno che questa non risulti sufficientemente piccola. Quando si è interessati a una linearizzazione dell’uscita del ponte di misura, si può ricorrere a circuiti appositi, come quello rappresentato in Fig.2.3. Fig.2.3 - Un circuito per linearizzare il ponte. Indichiamo al solito x=δR/R. Considerando ideale il comportamento degli amplificatori © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 5 operazionali e per effetto della massa virtuale in ingresso a OP1 e OP2, risulta: E R V1 = −i2 R (1 + x) = − E (1 + x) VA = VB = 0 i3 = i1 = E = i2 R (2.3) Dall’esame del circuito si ottiene inoltre: i4 = − V1 E = (1 + x) R R (2.4) E E E i5 = i4 − i3 = (1 + x) − = x R R R La tensione V2 in uscita dall’amplificatore operazionale OP2 risulta infine: V2 = Ri5 = Ex (2.5) che mostra come si sia ottenuta la desiderata linearizzazione dell’uscita del ponte. 3 - Un esempio di applicazione dei circuiti a ponte Gli estensimetri Gli estensimetri (strain gauges) sono trasduttori che si basano sull’effetto piezoresistivo, ossia la proprietà dei materiali di variare la propria resistenza elettrica con la deformazione. Gli estensimetri più comuni sono metallici, costituiti da un sottilissimo filo conduttore (diametro dell’ordine dei 50 μm) disposto come nello schema di Fig.3.1A e tenuto in posizione da un sottile strato di resina. Sono realizzati con leghe come, ad esempio, manganina (84% Cu, 12% Mn, 4% Ni) o costantana (60% Cu, 40% Ni). Con sufficiente approssimazione e trascurando fenomeni secondari, si può ritenere che la variazione relativa di resistenza (δR/R) sia proporzionale alla deformazione (ε = δl/l = strain): δR δl = KG = KG ε R l (3.1) Il coefficiente di proporzionalità KG è detto gauge factor. Per gli estensimetri realizzati con metalli, il gauge factor KG è dell’ordine di 2. Fig.3.1 - Estensimetri: A) Schema; B) Applicazione. Gli strain gauges sono commercialmente disponibili con diversi valori di resistenza; i più © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 6 comuni sono di 120 Ω, 350 Ω e 1000 Ω. Spesso vengono impiegati anche materiali semiconduttori, caratterizzati da una maggiore variazione relativa della resistenza con la deformazione. Un’applicazione degli estensimetri Un impiego classico degli estensimetri si ha nel rilievo sperimentale della deformazione di una struttura elastica, tipicamente metallica. Facendo riferimento alla Fig.3.1B, l’estensimetro viene incollato con resine epossidiche sulla struttura soggetta a deformazione. Nell’esempio in figura si tratta di un provino cilindrico, per esempio d’acciaio, di sezione A e lunghezza utile L, sottoposto a uno forza F di trazione assiale. In conseguenza della sollecitazione di trazione, il provino risulta sede di uno sforzo σ (forza per unità di area) e subisce una deformazione ε corrispondente all’allungamento relativo δL/L. Naturalmente, la deformazione δL/L dell’asta è uguale a quella δl/l dell’estensimetro ad esso solidale (si tratta infatti di variazioni relative). Pertanto, la sollecitazione di sforzo σ e la deformazione ε risultano rispettivamente: σ= F A ε= δL δl 1 δR = = L l KG R (3.2) Così, da una misura di variazione della resistenza δR è possibile risalire alla misura della deformazione ε. Queste considerazioni trovano un’interessante applicazione pratica nella determinazione del diagramma sforzo-deformazione (σ-ε) che caratterizza la resistenza dei materiali (almeno nella parte lineare). Lo sforzo σ si può determinare conoscendo la sezione A e misurando la forza applicata F. La deformazione ε si misura da una variazione di resistenza δR. Un andamento tipico del diagramma sforzo-deformazione per gli acciai è riportato in Fig.3.2B. Il primo tratto di tale diagramma (σ-ε) rappresenta il campo di comportamento elastico, caratterizzato dalla proporzionalità tra sforzi e deformazioni per mezzo del modulo di elasticità EM caratteristico di ciascun materiale: σ = EM ε (legge di Hooke). L’applicazione di uno sforzo in tale campo non lascia deformazioni permanenti nel materiale, quando lo sforzo viene riportato a zero. Viceversa si hanno deformazioni residue permanenti quando viene superato del limite di snervamento σsn e si riporta a zero lo sforzo. Fig.3.2 - Estensimetri: A) Applicazione; B) Diagramma (σ-ε). Naturalmente, oltre la zona di snervamento, le deformazioni irreversibili subite sia dal provino che dall’estensimetro rendono quest’ultimo non più utilizzabile. Alla fine, al crescere dello sforzo applicato e delle conseguenti deformazioni, il provino giunge al punto di rottura. © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 7 Celle di carico Un’altra applicazione tipica degli estensimetri si ha nella misura di forze. Infatti, montando un estensimetro su una struttura metallica di cui sia noto il modulo di elasticità EM e che abbia delle dimensioni note e lavori rigorosamente in campo elastico, si può determinare la forza applicata dalle variazioni di resistenza δR, essendo: F = σ A = EM ε A = E M A δR ⋅ KG R (3.3) Quindi anche una forza F può essere determinata con una misura di resistenza δR. Tale principio porta alla realizzazione delle cosiddette celle di carico: apparecchiature assai diffuse e impiegate nella costruzione delle bilance elettroniche per la misura di forze. Osserviamo infine che, nell’impiego pratico degli estensimetri, particolare cura deve essere posta nel garantire che la struttura sotto sforzo trasmetta realmente le proprie deformazioni all’estensimetro: pertanto l’incollaggio dovrà essere a regola d’arte, stabile nel tempo e con la temperatura, sufficientemente elastico. Ponte linearizzato Quando il comportamento del ponte sbilanciato risulta eccessivamente non lineare, compromettendo la qualità della misura, si provvede con tecniche di linearizzazione. Un caso interessante, che consente un ottimo comportamento lineare del sistema di misura, si presenta nella costruzione delle celle di carico. In tali dispositivi si impiega spesso una struttura elastica in acciaio inox (vedi la Fig.3.3), realizzata con un’asta incastrata e inflessa. In tal modo il carico della forza F determina, nella sezione dell’asta, uno stato di sforzo simmetrico rispetto all’asse neutro. Allora risulta conveniente disporre sull’asta due estensimetri identici e sottoporli a sollecitazioni uguali ed opposte, per esempio di trazione e di compressione, corrispondenti rispettivamente a (R+δR) e (R-δR). Tali estensimetri saranno quindi inseriti su due lati adiacenti del ponte di misura (Fig.3.3A). Fig.3.3 - Schemi con montaggio simmetrico, per linearizzare il ponte. Indicando con x=δR/R la variazione relativa di resistenza, si verifica facilmente, con riferimento alla Fig.3.3A, che la tensione a vuoto in uscita dal ponte risulta: V AB0 = V AD0 − VBD0 = E E E R (1 + x) − R= x 2R 2 R (1 + x) + R(1 − x) (3.4) Pertanto, oltre a realizzare la linearità fra tensione d’uscita e variazione di resistenza, si © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 8 raddoppia anche la sensibilità del dispositivo. Con riferimento invece alla disposizione full-bridge, rappresentata in Fig.3.3B, si raggiunge una situazione ancora migliore, in quanto, mantenendo la linearità, si raddoppia ulteriormente la sensibilità. Infatti: V AB0 = V AD0 − VBD0 = E [ R (1 + x ) − R (1 − x )] = Ex 2R (3.5) Entrambe le soluzioni rappresentate in Fig.3.3 hanno inoltre il pregio di essere insensibili alle variazioni di temperatura, se queste interessano in uguale misura tutti gli estensimetri. Esempio Supponiamo una struttura elastica sulla quale è incollato un estensimetro, che abbia una deformazione ε = δL/L = 10-3. Supponiamo inoltre che l’estensimetro abbia resistenza di 350 Ω e gauge factor KG pari a 2. La variazione di resistenza dovuta alla deformazione risulta: δR = R⋅ε⋅KG = 350Ω⋅10-3⋅2 = 0,7Ω; corrispondente a x = δR/R = 0,002 = 0,2%. Per misurare tali variazioni si impieghi una struttura a ponte sbilanciato full-bridge costituita. Se il ponte è alimentato con la tensione E = 10 V, allora la tensione a vuoto in uscita dalla migliore configurazione del ponte (la più sensibile) è pari a: V AB0 = Ex = 10 ⋅ 0,002 = 20 mV . 4 - Considerazioni sull’approssimazione di linearità Riprendiamo brevemente l’approssimazione di linearità, che viene spesso adottata per motivi di semplicità. Questa approssimazione risulta tanto meno accettabile quanto più ci si allontana dalla condizione di equilibrio e quindi al crescere della variazione parametrica x = δR/R. Abbiamo già stabilito che le espressioni esatta e approssimata per la tensione Vm misurata in uscita dal ponte sono: R⎤ R ⋅ δR ⎡ R + δR =E = Vm = V AD − VBD = E ⎢ − ⎥ 2 R ⋅ (2 R + δR ) ⎣ 2 R + δR 2 R ⎦ E δR / R E x = ⋅ = ⋅ 2 (2 + δR / R ) 2 2 + x Vm ≅ E δR E = x 4 R 4 (4.1) (4.2) avendo indicando con E è la tensione di alimentazione, e supponendo che tutte le resistenze siano uguali e di valore R. Di fatto, si misura sempre la tensione effettiva Vm e da questa dobbiamo risalire alla variazione parametrica x = δR/R e poi alla grandezza di interesse. Esaminiamo cosa comporta usare la relazione esatta oppure quella approssimata. Esempio con un sensore di temperatura Nei sistemi di trasduzione, la variazione resistiva δR è conseguenza di una corrispondente variazione di un’altra grandezza fisica che ci interessa misurare. Consideriamo come esempio un sensore di temperatura molto diffuso: la sonda al Platino © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Ponti di misura - 9 PT100 (della quale si parlerà più diffusamente in un altro capitolo). In questo caso, la variazione di resistenza δR del sensore è proporzionale alla temperatura T da misurare con una semplice relazione del tipo: δR = RαT. Dove: • R è la resistenza alla temperatura di 0°C, pari appunto a R = 100 Ω, • T è la temperatura in °C, • α è il coefficiente di variazione della resistenza del sensore che vale α = 0,004 Ω/(Ω⋅°C). L’espressione esatta della variazione parametrica si ottiene dalla 4.1: x (1 − 2Vm 4V 4Vm )= m; x= E E E − 2Vm ⇒ δR = R ⋅ 4Vm E − 2Vm (4.3) L’ espressione approssimata per la variazione parametrica si ottiene dalla 4.2: x stima = 4Vm E ⇒ δRstima = R ⋅ 4Vm E (4.4) Per quanto riguarda la temperatura, le espressioni esatta e approssimata sono: T (°C) = 1 δR 1 1 4Vm 1 4Vm = x= ⋅ = ⋅ α R α α E − 2Vm 0,004 E − 2Vm 1 δRstima 1 1 4V 1 4V = x stima = ⋅ m = ⋅ m Tstima (°C) = α R α α E 0,004 E (4.5) I valori numerici Per valutare l’errore che si commette nell’impiego della relazione approssimata, consideriamo un’applicazione in cui il range di temperatura sia fra –100 °C e +200 °C. La condizione di equilibrio sia per T = 0 °C e la tensione di alimentazione sia E = 2 V. Riportiamo i valori di interesse nella tabella seguente. In particolare, la tensione Vm esposta nella tabella è quella realmente misurata con un voltmetro (oppure determinata con l’espressione esatta). T x = δR/R = αT Vm (°C) (-) (mV) -100 -0,40 -250,0 0 0 0 +100 +200 +0,40 +0,80 +166,7 +285,7 Tstima (°C) ΔT = (Tstima – T) (°C) ΔT/T (%) -125,0 -25,0 -25,0 0 0 0 +83,3 +142,9 -16,7 -57,2 -16,7 -28,6 Si nota che l’errore relativo ΔT/T per la temperatura Tstima risulta molto elevato, soprattutto agli estremi del range. Nel grafico di Fig.4.1 si riporta, in funzione della variazione x = δR/R, l’andamento della tensione Vm realmente misurabile (linea nera) e la sua approssimazione lineare (linea rossa). A commento del grafico e della tabella, osserviamo che, alla temperatura effettiva di +100 °C, si avrebbe una variazione parametrica x di +0,4 e il voltmetro segnerebbe +166,7 mV. Deducendo la stima della temperatura da questa lettura di tensione, e impiegando la relazione approssimata, si avrebbe una Tstima = +83,3 °C. Si commette un errore del 16,7% in difetto. © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure Tensione (mV) Ponti di misura - 10 500 400 300 200 100 0 -100 -200 -300 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 x=δR/R Fig.4.1 - Legame fra tensione misurata Vm e variazione parametrica x = δR/R. © 2005, Nicola Locci Complementi di Misure