14-15 mammario_ott 06c 6-09-2006 15:43 Pagina 14 STORIA DELLA MEDICINA LA RICERCA CONTINUA Il tumore mammario, un modello per la RICERCA di Maria Giovanna Luini ultimo secolo ha visto una nesi, direttore scientifico delnotevole evoluzione nella l’IEO e pioniere della senologia. Per adattare selettivamente le cura del cancro al seno che ha portato a grandi progressi terapie alle persone è necessario nella chirurgia, nella farmaco- avere ben chiaro il profilo genelogia e anche nella radioterapia: tico dei tumori: la strada intrapresa dalla ricerca oggi è possibile curare con una Un secolo fa è quella giusta, maggiore preci- un medico disse grazie allo sviluppo di tecniche sione, elaborando un piano tera- per la prima volta sempre più sofiche il tumore sticate di biologia peutico adatto sia alla malattia sia si può curare molecolare. alla paziente. “Il cancro è una malattia I PIONIERI DELLA CURA complessa, capace di adottare È il 1894 quando il medico diverse tecniche di difesa che statunitense William Steward rendono le sue cellule difficili da Halsted ipotizza per la prima distruggere definitivamente: per volta che il tumore maligno questa ragione la battaglia deve della mammella sia una malatessere volta a personalizzare le tia curabile: è lui infatti l’inventerapie, perché non esiste una tore della mastectomia radicapersona uguale all’altra e non le, l’intervento di asportazione esistono livelli di rischio tra loro del seno e dei muscoli sottoidentici” spiega Umberto Vero- stanti che oggi tende progressi- L’ 14 Fondamentale ottobre 2006 Corbis In un secolo si è passati dalla chirurgia radicale alla terapia mirata e all’analisi genetica: il cancro del seno è un esempio di quanto può fare la ricerca per migliorare la prognosi di una malattia vamente a scomparire ma che, per quel tempo, era una vera innovazione. Da quel momento, molti contributi scientifici arricchiscono progressivamente la conoscenza di questa patologia, con importanti risvolti sulla cura. Nel 1902, più di un secolo fa, lo scienziato tedesco Theodor Boveri pubblica la sua importante teoria secondo la quale il tumore prenderebbe origine da una mutazione “somatica”, cioè, secondo il linguaggio della scienza di oggi, una mutazione genetica a livello del DNA di una cellula: si tratta di un’idea rivoluzionaria per quei tempi, ed è impressionante pensare che essa sia straordinariamente valida anche oggi. Nel 1932 il medico francese Antoine Lacassagne, geniale scienziato, dimostra che som- ministrando a topi maschi alte dosi di estrogeni è possibile stimolare la formazione di un tumore mammario: la sensibilità agli estrogeni della maggioranza dei carcinomi del seno viene così dimostrata in un modello animale, e successivamente confermata anche nell’uomo. È da questa scoperta che deriva la terapia con tamoxifene, farmaco in grado di bloccare i recettori per gli estrogeni, che impedisce l’effetto negativo di questi ormoni sul tumore del seno. Oggi il tamoxifene viene usato per prevenire le ricadute della malattia ed è in sperimentazione anche per la prevenzione del primo tumore: un bel passo avanti che ha richiesto quasi trent’anni di lavoro, dato che la sintesi del tamoxifene risale al 1973. IL FARMACO BIOLOGICO “Nel 1996 viene scoperto HER2, un recettore posto sulla membrana delle cellule che è all’origine della rivoluzione più recente nella terapia del carcinoma mammario” spiega Sylvie Ménard, direttore dell’Unità operativa Bersagli Molecolari del Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto nazionale tumori di Milano. “Questa proteina è stata studiata con estrema attenzione dagli scienziati, che ne conoscono l’esatta conformazione sulla superficie delle cellule tumorali e sono stati in grado di sintetizzare una molecola (chiamata trastuzumab) diretta esclusivamente contro HER2 per distruggere le cellule tumorali. In pratica, quando la proteina è presente sulla superficie delle cellule tumorali il trastuzumab può essere efficacemente impiegato nella terapia. I risultati finora ottenuti con questa terapia biologica sono molto convincenti”. CAMBIA LA RICERCA I più recenti progressi nel trattamento del carcinoma mammario nascono dalla decifrazione del genoma umano e dalla sempre più stretta interazione tra ricerca di base e attività clinica, cioè quella del medico dedito alla cura dei pazienti. Lo studio dei geni è diventato una branca dell’oncologia che applica tecniche di biologia molecolare per analisi utili alla prevenzione, alla diagnosi e alla prognosi. Da questa collaborazione sono già nate alcune importanti scoperte: i geni BRCA 1 e 2, il ‘profilo genetico’ (una sorta di carta d’identità del tumore), la conoscenza della proteina HER2. “BRCA 1 e 2 sono geni, posti rispettivamente sui cromosomi 17 e 13, la cui mutazione è molto rara nella popolazione generale (0,2 per cento): quando presente, essa è responsabile di un rischio notevolmente aumentato di tumore della mammella (e in molti casi anche dell’ovaio)” spiega Veronesi. “Il punto cruciale, di fronte a una donna portatrice della mutazione di uno dei due geni, è decidere come affrontare il rischio: la mastectomia profilattica (cioè l’asportazione del seno quando è ancora sano per evitare che il cancro si formi) non è certo un trionfo della scienza, perché è una tecnica mutilante e psicologicamente difficile da accettare. Bisogna quindi individuare metodi di prevenzione adeguati ma non sproporzionati. Per esempio si può lavorare sulla chemioprevenzione, cioè sull’individuazione di farmaci in grado di impedire lo sviluppo del tumore. Nel caso del seno, uno studio di questo tipo è in corso con la fenretinide, un derivato della vitamina A”. Lo studio del profilo genetico consiste nel costruire mappe genetiche, cioè vere e proprie fotografie del DNA dei tumori da mettere in relazione con l’evoluzione della malattia. “Identificare quali profili genetici siano più propensi a provocare metastasi significa conoscere in tempo la prognosi della singola paziente, quindi adottare terapie adeguate al livello reale di rischio” continua Veronesi. “Le terapie, grazie al profilo genetico, saranno estremamente personalizzate e non risponderanno più a protocolli standard che non sono in grado di tener conto delle particolarità”. “Per quanto riguarda la proteina HER2, si può dire che la sua scoperta è stata molto Sylvie Ménard Istituto nazionale tumori di Milano importante non solo per il beneficio in termini di cura della malattia, ma anche perché rappresenta il primo modello di farmaco intelligente e mirato attualmente esistente per il cancro della mammella, premessa per lo sviluppo futuro di molte altre molecole” aggiunge Ménard. LE NUOVE FRONTIERE Nel futuro saranno probabilmente fondamentali gli studi sulle cellule staminali tumorali (vedi pagine 4 e 5), il cui modello sembra in grado di spiegare il comportamento subdolo e imprevedibile dei tumori: le staminali sono probabilmente all’origine di tutte le masse tumorali, e hanno la capacità di resistere ai trattamenti e rimanere ‘nascoste’ anche per molti anni dopo che un tumore è stato curato con chirurgia, radioterapia e terapia farmacologica. Le cellule staminali si autorinnovano e sono in grado di formare un tumore primitivo oppure una metastasi: sono state identificate in alcuni tumori maligni, compreso il carcinoma mammario. “L’aspetto inquietante di queste cellule è che possiedono risorse per resistere alle terapie e per riparare il danno al DNA: per questo sono molto difficili da distruggere definitivamente” spiega Veronesi. “La consapevolezza che all’interno dei tumori esiste una quota di cellule staminali dovrebbe portare gli scienziati a sviluppare tecniche per riconoscerle all’interno degli organi o dei linfonodi colpiti da tumore, per modulare adeguatamente le terapie”. Fondamentale ottobre 2006 15