UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA DELLA FACOLTÀ DI
MEDICINA E CHIRURGIA
Curriculum: Scienze biologiche e cliniche specialistiche
XIV ciclo
L’ENZIMA NICOTINAMIDE N-METILTRASFERASI: UN NUOVO
MARKER DIAGNOSTICO E TARGET TERAPEUTICO NEL
CARCINOMA UROTELIALE DELLA VESCICA
Dottorando:
Relatore:
Dott.ssa Giulia Di Ruscio
Chiar.ma Prof.ssa
Monica Emanuelli
Referente:
Chiar.mo Prof. Gian Marco Giuseppetti
Triennio 2012-2015
INDICE
1 INTRODUZIONE
1.1
1.2
1.3
5
IL CANCRO DELLA VESCICA
1.1.1
Epidemiologia
6
1.1.2
Il carcinoma uroteliale della vescica in Italia
7
1.1.3
Classificazione istopatologica e caratteristiche citogenetiche
8
1.1.4
Eziologia e fattori di rischio
11
1.1.5
Sintomatologia e diagnosi clinica
15
1.1.6
Stadiazione
17
1.1.7
Grado
20
1.1.8
Storia naturale e prognosi
20
1.19
Terapia
24
NICOTINAMIDE N-METILTRASFERASI
1.2.1
Il metabolismo dei farmaci
27
1.2.2
Omeostasi della nicotinammide
29
1.2.3
Caratterizzazione dell'NNMT umana
31
1.2.4
Polimorfismi
40
1.2.5
Ruolo dell'NNMT nelle patologie non neoplastiche
43
1.2.6
NNMT e la malattia di Parkinson
47
1.2.7
Ruolo dell'NNMT nelle patologie neoplastiche
49
SCOPO DEL LAVORO
59
2
2 MATERIALI E METODI
2.1
2.2
61
ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI TISSUTALI
2.1.1
Raccolta dei campioni di tessuto vescicale
62
2.1.2
Estrazione dell’RNA totale
64
2.1.3
cDNA macroarray
64
2.1.4
RT-PCR semiquantitativa
66
2.1.5
Real-Time PCR
67
2.1.6
Western blot
68
2.1.7
Determinazione dell’attività nicotinamide N-metiltrasferasica
70
ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI URINARI
2.2.1
Raccolta dei campioni urinari
2.2.2
Trattamento dei campioni urinari: estrazione dell’RNA totale e
73
75
retro trascrizione
2.2.3
Real-Time PCR
75
2.2.4
Analisi statistiche
76
2.2.5
Curva ROC
77
3 RISULTATI
3.1
81
ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI TISSUTALI
3.1.1
Valutazione qualitativa e quantitativa dell’RNA totale isolato dal
82
tessuto vescicale
3.1.2
Identificazione dell’NNMT mediante cDNA macroarray
85
3.1.3
Valutazione semiquantitativa e quantitativa dell’RNA
87
3
messaggero dell’NNMT
3.1.4
Analisi di espressione dell’NNMT a livello proteico
3.1.5
Determinazione dei livelli di attività nicotinamide
88
90
N-metiltrasferasica
3.2
ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI URINARI
3.2.1
Livelli di espressione dell’NNMT urinaria
92
3.2.2
Correlazioni clinico-biologiche
94
3.2.3
Analisi della curva ROC
95
4 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
98
5 ABBREVIAZIONI
107
6 BIBLIOGRAFIA
111
4
Capitolo 1 Introduzione
5
1.1 IL CANCRO DELLA VESCICA
1.1.1 Epidemiologia
Il carcinoma della vescica è uno dei tumori urologici di più frequente riscontro, con
un’incidenza di 429.800 nuovi casi e più di 165.100 decessi ogni anno, registrati nel
mondo nel 2012 (1). Questa neoplasia è maggiormente riscontrabile nel sesso maschile,
dove costituisce il 4,5% di tutti i casi di cancro, mentre nella donna rappresenta il 1,5% di
tutte le neoplasie. L’età media di insorgenza è di 69 anni per gli uomini e di 71 anni per le
donne. (2). L’incidenza sesso-correlata sembrerebbe essere collegata a fattori genetici,
ormonali ed anatomici, come la maggiore ritenzione urinaria negli uomini anziani, dovuta
alla presenza di ipertrofia prostatica (3). La frequenza del carcinoma della vescica non
varia solo in relazione al sesso e all’età, ma anche in relazione alla distribuzione
geografica e alla razza. Si riportano infatti maggiori tassi di incidenza nei paesi
industrializzati, come Europa, Nord America, Asia occidentale e l’Africa occidentale (1, 4).
In Europa, l’incidenza più elevata si registra in Spagna, mentre quella più bassa si registra
in Finlandia (2). Per quanto riguarda la differenza di razza, negli uomini di razza bianca il
tumore della vescica è circa due volte più frequente rispetto agli uomini di razza nera e 1,5
volte più comune nelle donne bianche rispetto a quelle nere (5). Negli ultimi anni risulta
diminuita l’incidenza del cancro della vescica e la ragione è plausibilmente riconducibile al
minore impatto dei fattori di rischio, primi tra i quali il fumo di sigaretta e l’esposizione
occupazionale ad agenti cancerogeni (6).
In Europa il tasso di mortalità per questa neoplasia si è ridotto di circa il 16% per gli uomini
e del 12% per le donne, decremento che può essere ricondotto al perfezionamento delle
6
strategie terapeutiche. La mortalità registrata è di 8/100.000 per l’uomo e di 3/100.000 per
la donna (3, 2).
1.1.2 Il carcinoma uroteliale della vescica in Italia
In Italia, dalla fine degli anni '90, si è osservato una riduzione dell’incidenza del tumore
della vescica nel sesso maschile ed un leggero, ma costante aumento nel sesso
femminile. Negli uomini questa neoplasia presenta valori di incidenza simili in tutto il
territorio nazionale, circa 48 casi ogni 100.000 uomini/anno. Nelle donne invece si
osservano valori di incidenza simili al Nord e al Centro Italia (circa 10 casi ogni 100.000
donne/anno) e valori inferiori al Sud (-26%).
La mortalità in Italia rappresenta il 3% del totale dei decessi oncologici, con valori che si
attestano al 5% tra gli uomini e scendono al 2% tra le donne. Fra gli uomini questo tumore
presenta valori di mortalità simili nelle aree del Centro-Nord (circa 10 casi ogni 100.000
uomini/anno), e superiori al Sud (+26% rispetto al Nord). Nel sesso femminile invece si
osservano valori simili nelle varie aree del paese (circa 1,5-2,0 casi ogni 100.000
donne/anno).
Una caratteristica tipica del cancro della vescica è quella di dare numerose recidive,
presentando al tempo stesso una bassa mortalità. In Italia risiedono circa 223.550 persone
con pregressa diagnosi di tumore della vescica, delle quali l’81% è di sesso maschile. Il
60% di questi casi è costituito da pazienti a cui la diagnosi di carcinoma vescicale è stata
effettuata oltre i 5 anni antecedenti.
7
Il rischio di sviluppare recidive nel tumore uroteliale della vescica è correlata all'aumentare
dell'età [http://www.registritumori.it/PDF/AIOM2012/I_numeri_del_cancro_2012.pdf PAG
15-58;105-109].
1.1.3 Classificazione istopatologica e caratteristiche citogenetiche
Il tessuto che riveste la vescica, gli ureteri e la pelvi renale prende il nome di epitelio
uroteliale. Esso è composto da cellule transizionali disposte in strati (da 3 a 7) che
poggiano su una membrana basale di lamina propria. Le cellule transizionali sono
orientate in modo da avere l’asse maggiore del nucleo perpendicolare alla membrana
basale. Lo strato più superficiale del tessuto è composto da cellule a larga superficie
chiamate “cellule ad ombrello” che hanno il compito di rendere impermeabile l’epitelio
dall’urina.
Dal punto di vista istologico, il carcinoma vescicale può essere distinto in diverse tipologie:
1. carcinoma uroteliale (o a cellule transazionali),
2. carcinoma squamoso,
3. adenocarcinoma,
4. carcinoma neuroendocrino (carcinoma a piccole cellule e paraganglioma),
5. tumori non epiteliali (leiomiosarcoma, linfoma, melanoma, rabdomiosarcoma, etc.).
Più del 90% dei tumori della vescica sono carcinomi uroteliali (UC), mentre il restante 10%
comprende i carcinomi squamocellulari e gli adenocarcinomi.
Durante i lavori della Consensus Conference del 1997, Mostolfi e il gruppo di specialisti da
lui congiunto ha tentato di redigere una nuova classificazione delle neoplasie uroteliali (8).
8
Epitelio normale: comprende le lesioni piane con citologia normale e minimi disordini che
in passato venivano classificate come displasie di tipo lieve.
Iperplasia uroteliale.
-
Piana: caratterizzato da un notevole aumento degli strati cellulari, può ritrovarsi
anche in vicinanza di lesioni papillari di basso grado, ma riscontrata da sola non ha
alcun potenziale neoplastico.
-
Papillare: presenta un ispessimento degli strati a struttura papillare con un core
fibrovascolare ben sviluppato, senza atipie cellulari. La sua relazione con la
neoplasia papillare è controversa, ma è raccomandabile il follow-up.
Lesione piana.
-
Atipia reattiva: si individuano alterazioni nucleari ed è caratterizzata da
infiammazione acuta o cronica.
-
Atipia di incerto significato: è la definizione impiegata quando non è possibile
differenziare tra una forma reattiva e una neoplastica.
Displasia (neoplasia intrauroteliale di basso grado): sono comprovabili alterazioni
citologiche e architetturali ed è considerata un precursore della neoplasia. Il carcinoma in
situ appartiene a tale categoria ed è caratterizzato dalla presenza di cellule con nuclei
allargati, irregolari e ipercromatici con attività mitotica; esso racchiude le lesioni che un
tempo venivano raggruppate con il termine di displasia severa. Il carcinoma in situ, dal
punto di vista clinico, viene comunque considerato come carcinoma invasivo.
Neoplasie uroteliali papillari.
9
-
Papilloma uroteliale: è una lesione benigna a crescita esofitica, costituita da un
asse fibrovascolare rivestito da epitelio dall’aspetto apparentemente normale. La
maggior parte dei papillomi sono solitari e si presentano in pazienti più giovani
(uomini di 46 anni); può recidivare ma comunque non progredisce.
-
Papilloma uroteliale invertito: il termine invertito si riferisce alla modalità di crescita
delle cellule verso lo stroma fibrovascolare della vescica piuttosto che verso il lume;
può presentare atipia celulare minima o assente.
-
Neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità (PUNLMP): si diversifica dal
papilloma per uno spessore aumentato dell’epitelio e/o la presenza di nuclei
significativamente aumentati, con rare mitosi nello strato basale.
-
Carcinoma uroteliale di basso grado: viene conservato l’ordine dell’epitelio anche
se sono riconoscibili le alterazioni architetturali e cellulari, fino alla scanning
magnification; le mitosi sono rare e generalmente nella metà inferiore dell’epitelio.
-
Carcinoma uroteliale di alto grado: l’epitelio è totalmente disorganizzato con
spiccate atipie cellulari e numerose figure mitotiche sparse in tutti gli strati.
Neoplasie uroteliali invasive:
-
della lamina propria,
-
della muscolare propria (muscolo detrusore).
Questi due tipi di invasione sono difficilmente distinguibili, soprattutto quando i campioni
sono prelevati tramite biopsia endoscopica o resezione transuretrale, in quanto non
sempre è possibile prelevare la tonaca muscolare attraverso l’atto endoscopico.
I carcinomi a cellule squamose consistono di isole di tessuto cheratinizzato che
contengono caratteristici aggregati cellulari chiamati “perle cornee”. Si possono avere
diversi gradi di differenziazione che correlano strettamente con la prognosi, a differenza di
10
quanto avviene per i carcinomi uroteliali. Questo tipo di tumore si associa più
frequentemente alla metaplasma squamosa più che al carcinoma in situ.
Gli adenocarcinomi si definiscono primitivi, se originano da diverse zone della vescica
(soprattutto il trigono e la parete posteriore), oppure secondari, qualora derivino da
processi metastatici di carcinomi del retto, dello stomaco, dell’endometrio, della
mammella, della prostata e dell’ovaio.
Gli adenocarcinomi hanno una crescita papillifera o solida, e nelle fasi iniziali mostrano un
epitelio apparentemente normale, colonnare, che produce muco, e invariabilmente
associato alla cistite ghiandolare. La progressione della neoplasia è più rapida rispetto a
quella dei carcinomi a cellule transizionali e la comparsa dell’infiltrazione della muscolare
ne testimonia la malignità.
Gli adenocarcinomi dell’uraco, frequenti nei soggetti che presentano uraco pervio ed
estrofia vescicale, insorgono prevalentemente nella cupola e nella parete anteriore, a
livello intramurale con successivo coinvolgimento della mucosa. Raramente l’uraco è
coinvolto da carcinomi uroteliali. Gli Adenocarcinomi sono estremamente rari pertanto
andrebbe sempre prima valutata la possibilità che si tratti di una metastasi (9).
1.1.4 Eziologia e fattori di rischio
La patogenesi del cancro della vescica, come per tutte le patologie tumorali, è
multifattoriale, ovvero sono numerosi i fattori che concorrono alla genesi della neoplasia.
I più rilevanti fattori di rischio sono:
1. Il fumo da sigaretta,
11
2. l’esposizione occupazionale ad agenti mutageni,
3. la predisposizione genetica,
4. la presenza di patologie urologiche predisponenti,
5. l’esposizione a radiazioni ionizzanti,
6. l’assunzione prolungata di particolari categorie di farmaci.
Altre condizioni che possono predisporre l’individuo ad un maggiore rischio di sviluppo di
tale neoplasia sono: l’età (> 50 anni), il sesso (maschile), il diabete mellito, l’abuso di thè e
caffè, l’assunzione prolungata di edulcoranti artificiali e la dieta.
Aspetto peculiare di questo tipo di carcinoma è il periodo di latenza che intercorre tra
l'esposizione al fattore di rischio ed il manifestarsi della malattia; il lasso di tempo può
variare dai 6 ai 20 anni e raggiungere oltre 45 anni. Si ritiene che oltre il 30% dei tumori
vescicali diagnosticati negli Stati Uniti sia legato a cause professionali e che i soggetti più
a rischio siano fumatori e i soggetti esposti a fattori ambientali.
Il fattore di rischio più rilevante è il fumo di sigaretta; si stima infatti che negli uomini circa il
50% di questi tumori sia dovuto al fumo, mentre nelle donne solo un 30% dei casi è
riconducibile ad esso (10). Il fumo di sigaretta contiene sostanze dannose come amine
aromatiche e idrocarburi policiclici aromatici, che entrando in contatto con l’urotelio
possono provocare danni a carico del DNA delle cellule uroteliali (11).
L’incidenza del carcinoma della vescica risulta quattro-cinque volte maggiore nei fumatori
rispetto ai non-fumatori ed è parzialmente inferiore negli ex-fumatori rispetto ai fumatori
(12). Studi retrospettivi hanno dimostrato che il rischio di recidive è più elevato nei fumatori
persistenti rispetto ai non fumatori e agli ex-fumatori; la stessa tendenza si osserva in
merito alla progressione della malattia e alla comparsa di metastasi. Il rischio è correlato
alla quantità di sigarette fumate, al totale degli anni in cui si fuma e al grado di inalazione
sostenuto (13).
12
Nei soggetti che smettono di fumare si assiste ad una riduzione del rischio rispetto a
coloro che invece conservano tale abitudine. Infatti il rischio relativo di sviluppare la
malattia fra i fumatori e i non fumatori è 3:1, mentre per i fumatori che abbandonano il
fumo scende a 1,9:1. In ogni caso la diminuzione del rischio si osserva dopo un periodo
piuttosto ingente (circa 20 anni) dalla cessazione di tale abitudine.
Il secondo fattore di rischio è rappresentato dall'esposizione occupazionale ai coloranti a
base di anilina e alle amine aromatiche, fattore che rende conto di circa il 25% dei casi di
tumore alla vescica a livello globale. Le sostanze coinvolte sono la 2-naftilamina, il 4aminodifenile4-aminodifenile, il 4-nitrobifenile, il naftolo e la benzidina (4,4-diaminobifenile)
(14). La benzidina, l'amina aromatica più cancerogena, è stata in prima istanza utilizzata
nella produzione di coloranti e come indurente nell'industria della gomma. Il periodo di
latenza fra l'esposizione e lo sviluppo del tumore è solitamente lungo. Attualmente
l’impiego di amine aromatiche è vietato dalla legge, ma i soggetti esposti alle sostanze
chimiche derivanti dalla combustione del carbone hanno comunque un rischio aumentato
di contrarre il tumore vescicale. Il carcinoma della vescica attribuibile all'esposizione
occupazionale è stato osservato anche nei lavoratori del gas, del cuoio, dell'industria
chimica, del tessile, della plastica, nei decoratori, negli operai delle cartiere e delle
fabbriche di cordame, nei tecnici odontoiatri, nei tinteggiatori e nei parrucchieri (15).
Il carcinoma uroteliale della vescica generalmente non è considerato ereditabile, neanche
nei casi di famiglie che presentano una elevata incidenza di tale neoplasia, nonostante ci
sia un rischio moderatamente più alto di sviluppare la malattia nei parenti di primo grado
(16). E’ documentato invece un aumento del rischio di carcinomi uroteliali, specie a carico
del tratto superiore (pelvi renale ed uretere), in famiglie con carcinoma colorettale
ereditario non poliposico (Sindrome di Lynch) (17, 18). Pertanto è inadeguato parlare di
ereditarietà come fattore di rischio; sarebbe infatti corretto pensare ad una esposizione ad
alcuni fattori di rischio all’interno dello stesso ambito familiare.
13
Diversi studi hanno dimostrato la frequente presenza di alterazioni genetiche
patognomoniche: in particolare sono coinvolti gli oncosoppressori p53 ed Rb e l’oncogene
Ras. p53 è coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare, controlla l’integrità del genoma.
Ras è una proteina ad attività GTPasica coinvolta nella trasduzione del segnale e regola
eventi della vita cellulare, quali la sopravvivenza e la proliferazione. Mutazioni a carico di
Ras e p53 si riscontrano nelle forme a più alto grado istologico (19).
Il rischio di sviluppare il cancro della vescica è aumentato anche dalla presenza di
patologie urologiche quali, infezioni croniche delle vie urinarie (soprattutto nei portatori di
catetere) e la calcolosi vescicale. Tra le infezioni croniche, è doveroso citare la cistite da
Schistosoma haematobium. In Egitto, dove la schistosomiasi vescicale è endemica nel
sesso maschile, il carcinoma a cellule squamose (cancro vescicale da Bilharzia) è il
tumore di più frequente riscontro. Ciò nonostante, negli uomini affetti da schistosomiasi si
osserva anche un incremento dell'incidenza di carcinoma a cellule transizionali. Diversi
studi hanno dimostrato l’associazione tra l’infezione suddetta e il cancro della vescica, in
particolar modo l’istotipo a cellule squamose (20).
La radioterapia a livello della regione pelvica, impiegata per il trattamento di neoplasie
tipiche dello scavo pelvico (il carcinoma della cervice uterina nella donna ed il carcinoma
prostatico nell’uomo) aumentano il rischio di insorgenza di cancro della vescica da due a
quattro volte e, all’atto della diagnosi, la neoplasia si presenta ad uno stadio già avanzato
(21, 22). Anche in questo caso, il tempo di latenza tra l’esposizione alle radiazioni e
l’insorgenza della neoplasia è abbastanza lungo; per tale motivo i pazienti a più alto rischio
sono quelli trattati con radiazioni in età giovanile, che quindi dovranno essere sottoposti ad
un follow-up più accurato (23).
L’assunzione di chemioterapici (ciclofosfamide) e di antidiabetici (pioglitazone) è
considerato un fattore di rischio del tumore vescicale (24). Inoltre, anche l’impiego di
14
quantità importanti (5-15 Kg in 10 anni) di analgesici come la fenacetina aumenta il rischio
di sviluppare la neoplasia vescicale (25).
1.1.5 Sintomatologia e diagnosi clinica
Il principale sintomo del tumore della vescica è la comparsa di ematuria inspiegabile,
spesso associata a pollachiuria, minzione imperiosa e disuria, soprattutto se si è in
presenza di un carcinoma in situ o già invasivo, mentre più rari sono il dolore lombare da
ostruzione ureterale, l’edema degli arti inferiori e la presenza di massa pelvica. Solo
occasionalmente si hanno i segni di malattia avanzata come la perdita di peso e il dolore
addominale o osseo.
Nell’iter diagnostico, l’esame cistoscopico e l’esame citologico del sedimento urinario o dei
lavaggi vescicali, rappresentano il gold standard nella diagnosi delle neoplasie uroteliali
(26).
La cistoscopia permette una visione diretta alla cavità vescicale e, oltre ad essere una
procedura diagnostica, può essere al tempo stesso anche terapeutica e stadiante. Alla
cistoscopia si affianca la citologia urinaria dove le cellule uroteliali maligne ottenute del
sedimento urinario o dai lavaggi vescicali, presentano nuclei irregolari ed ingranditi, con
cromatina diffusa. Tuttavia bisogna specificare che mentre la cistoscopia, seppur invasiva
e poco gradita al paziente, resta fondamentale per diagnosi di tale neoplasia, sull’esame
citologico si hanno molteplici riserve. I limiti della citologia microscopica sono dovuti al
fatto che le cellule provenienti dai tumori ben differenziati hanno un aspetto citologico
normale e sono maggiormente adese alla superficie mucosa per cui vengono eliminate
meno facilmente nelle urine. Di conseguenza tale esame si caratterizza per elevati livelli di
15
specificità e sensibilità nel diagnosi dei tumori di alto grado, mentre tali parametri si
riducono notevolmente nei tumori di basso grado, con una percentuale di falsi positivi e
falsi negativi maggiore del 10%.
La diagnosi clinica del carcinoma vescicale si può avvalere dell’ausilio dell’esame
ecografico, che consente la visualizzazione del tumore e fornisce indicazioni utili sulla
sede ed il numero delle lesioni. Permette inoltre una valutazione della via escretrice
superiore, segnalando l’eventuale idronefrosi, mono- o bilaterale, e permette di valutare la
presenza di eventuali localizzazioni secondarie addominali (27).
Un’indagine strumentale comunemente impiegata fino a qualche anno fa è l’urografia,
eseguita in tutti i pazienti con ematuria o evidenza cistoscopica di cancro della vescica. Il
principale segno urografico del tumore è rappresentato dal difetto di riempimento
vescicale. Oltre alla presenza di neoformazioni, l'urografia può fornire segni indiretti
dell'infiltrazione della parete (rigidità della parete e deformazioni della struttura vescicale) o
di coinvolgimento degli osti ureterali (idroureteronefrosi e esclusione funzionale del rene).
L'urografia ha una sensibilità bassa per i tumori di piccole dimensioni; inoltre non è in
grado di mettere in evidenza le forme piatte; invece risulta indispensabile per escludere la
coesistenza di tumori delle vie urinarie superiori (28).
La Tomografia Computerizzata (TC) è il solo esame che consente la stadiazione
linfonodale della malattia valutando l’eventuale presenza di linfoadenopatie pelviche e
para-aortiche e di metastasi epatiche e/o surrenaliche. Al fine diagnostico è comunque
indispensabile l'uso del mezzo di contrasto endovenoso che permette di mostrare la
vivace impregnazione della neoplasia legata alla notevole neoangiogenesi caratteristica
delle forme uroteliali. Con l’impiego del mezzo di contrasto in TC si possono quindi rilevare
neoplasie anche di dimensioni estremamente piccole, a patto che si eseguano sulla
vescica scansioni estremamente precoci, cioè tipiche della fase arteriosa (29).
16
Un ulteriore esame diagnostico è rappresentato dalla Risonanza Magnetica Nucleare
(RMN). Nella stadiazione locale della neoplasia vescicale tale procedura presenta un
vantaggio rispetto alla TC, in quanto consente di selezionare un piano di scansione
perpendicolare alla base del tumore, che consente di visualizzare in maniera ottimale la
profondità di infiltrazione della parete vescicale.
Pertanto è possibile, anche se non definitivamente dimostrato, che la profondità di
invasione muscolare e l’estensione perivescicale possano essere studiate con maggiore
accuratezza con la RMN piuttosto che con la TC. La risoluzione delle immagini relative ai
tessuti molli può essere aumentata adoperando mezzi di contrasto paramagnetici,
incrementando l’accuratezza diagnostica dell’esame, soprattutto rendendo più agevole la
distinzione tra le categorie T1 e T2a-T2b (30).
L'endoscopia rappresenta la procedura gold standard nella diagnosi del carcinoma
vescicale, in quanto consente l'accesso diretto alla vescica; tale procedura non ha una
valenza esclusivamente diagnostica ma può essere impiegata sia per la stadiazione sia
per la terapia. Neoformazioni papillari o sessili sono facilmente riconoscibili, anche se di
dimensioni molto piccole, mentre è più difficile da dimostrare la presenza del carcinoma in
situ. Infatti, la mucosa interessata può apparire macroscopicamente del tutto normale o
dimostrare delle alterazioni aspecifiche, proprie anche di lesioni infiammatorie (31).
1.1.6 Stadiazione
Definire lo stadio di un tumore significa cercare di stimare l’estensione della lesione al
momento della diagnosi, dove per estensione si intende la dimensione e la localizzazione
della lesione stessa.
17
Più specificatamente, in questo caso, si tratta di definire se la neoplasia è all’interno della
vescica, se ha invaso i tessuti circostanti oppure se vi sono metastasi in altre parti del
corpo.
La stadiazione rappresenta un punto fondamentale dell’iter diagnostico in quanto su di
essa si basa la futura scelta del trattamento.
Una corretta stadiazione iniziale non può prescindere da un esame fisico generale
accurato, da un’esplorazione rettale, dall’analisi dei prelievi bioptici, da esami quali TC o
RMN di addome e pelvi, dall’Rx al torace e dalla scintigrafia ossea.
È importante distinguere tra “stadiazione clinica” e “stadiazione patologica” di una
neoplasia. La stadiazione clinica viene effettuata dal medico in base ai dati clinicistrumentali e prima dell’intervento chirurgico; la stadiazione patologica, definita in seguito
all’asportazione della vescica ed eventuale linfoadenectomia, valuta la vera estensione
della neoplasia.
Nella maggior parte dei casi i due stadi non coincidono, per cui per una valutazione
corretta bisognerebbe sempre poter disporre dell’esame istopatologico.
Esistono diversi metodi di stadiazione, ma la classificazione TNM è sicuramente la più
utilizzata. Tale classificazione valuta lo stato dell’organo sede del tumore primario (T),
l’interessamento linfonodale (N) e la presenza di metastasi a distanza (M). La
classificazione TMN proposta dalla WHO nel 2009 rappresenta la versione più recente ed
universalmente accettata (32).
18
T - Tumore primitivo o primario
Tx: il tumore non può essere evidenziato
T0: nessuna evidenza del tumore
Ta: carcinoma non invasivo (non infiltrate la tonaca sottomucosa)
Tis: carcinoma in situ
T1: il tumore invade il connettivo subepiteliale
T2: il tumore invade la tonaca muscolare
T2a: invasione di meno della metà della muscolare
T2b: invasione di più della metà della muscolare
T3: il tumore invade i tessuti perivescicali
T3a: infiltrazione microscopica
T3b: infiltrazione macroscopica
T4: invasione da parte del tumore di strutture vicine
T4a: prostata, vescicole seminali, utero, vagina
T4b: parete pelvica e/o addominale
N - Linfonodi regionali
Nx: il coinvolgimento linfonodale non può essere accertato
N0: assenza di metastasi linfonodali
N1: metastasi in un singolo linfonodo pelvico
N2: metastasi in più linfonodi pelvici
N3: metastasi in più linfonodi iliaci comuni
M - Metastasi a distanza
M0: non ci sono metastasi a distanza
M1: metastasi a distanza presenti
19
1.1.7 Grado
Tale parametro valuta il grado di differenziazione della neoplasia ed esprime la misura di
quanto la morfologia del tumore è riconducibile a quella del tessuto normale da cui si è
originato.
Generalmente, i tumori ad alto grado crescono più velocemente e tendono a diffondere più
precocemente nelle strutture limitrofe rispetto a quelli di basso grado i quali, al contrario,
hanno un accrescimento più lento e presentano una scarsa tendenza all’invasione.
Il sistema di classificazione del grado del carcinoma della vescica attualmente più
utilizzato è quello proposto dalla WHO nel 2004 (33) e prevede la suddivisione in 4 livelli:
 papilloma uroteliale
 neoplasia uroteliale papillare a basso potenziale di malignità (PUNLMP)
 carcinoma uroteliale di basso grado
 carcinoma uroteliale di alto grado
I tumori ben differenziati mantengono ancora delle somiglianze con il tessuto normale,
mentre quelli ad alto grado hanno delle alterazioni architetturali e cellulari marcate che ne
rendono più agevole la diagnosi.
1.1.8 Storia naturale e prognosi
Circa il 70-75% dei tumori vescicali diagnosticati è rappresentato da forme superficiali di
carcinoma a cellule transizionali; di questi il 70-75% è confinato alla mucosa e il 30%
infiltra la lamina propria.
20
Solo il 2-4% dei tumori confinati alla mucosa (generalmente ad alto grado) mostra
potenzialità di progressione, al contrario dei tumori allo stadio T1 che esprimono
potenzialità maligna nel 30-35% dei casi. Tuttavia il comportamento aggressivo è limitato a
quei tumori di alto grado, che hanno invaso estesamente la lamina propria e mostrano
carcinoma in situ, sia nell’epitelio adiacente alla lesione primitiva sia in sedi distanti.
La maggior parte delle neoplasie della vescica (quasi tutte quelle confinate alla mucosa e
il 50-70% di quelle infiltranti la lamina propria) non mostra tendenza a progredire; d’altra
parte il 70-75% di tutti i tumori “papillari” tende invece a recidivare (34).
Le recidive riflettono le caratteristiche neoplastiche iniziali, mentre il 16-25% recidiva sotto
forma di tumori ad alto grado.
Circa il 10% dei pazienti con tumori papilliferi superficiali sviluppa successivamente un
cancro invasivo e metastatico, anche se raro per tumori di grado I e confinati alla mucosa.
Il restante 25-30% dei carcinomi diagnosticati si presenta come una lesione ad alto grado,
dove in più della metà dei casi si ha infiltrazione della muscolare o la malattia è ancora più
diffusa (35).
Per comprendere meglio questi dati bisogna tener presente che, le recidive tardive di tipo
invasivo possono verificarsi dopo un periodo prolungato di remissione (anche superiore ai
cinque anni), persino nei casi in cui la neoplasia risultava ben differenziata e superficiale.
Quasi il 25% dei pazienti con carcinoma della vescica appena diagnosticato presenta
invasione muscolare e il tumore risulta istologicamente di alto grado.
La maggior parte dei pazienti (80-85%) con cancro vescicale infiltrante la muscolare, con o
senza pregresso trattamento endoscopico, presenta già questo livello di infiltrazione alla
diagnosi e circa il 50% di questi presenta metastasi occulte a distanza, che molto spesso
si rendono clinicamente manifeste entro un anno dalla diagnosi stessa.
Quasi tutti i pazienti con cancro metastatico della vescica muoiono entro due anni e solo
nel 5% dei casi il cancro metastatico è a lenta evoluzione, con un decorso clinico che
21
permette la sopravvivenza oltre i cinque anni. Tra il 10 e il 35% dei pazienti con metastasi
limitate ai linfonodi regionali sopravvive cinque anni o più, senza evidenza di metastasi a
distanza dopo l’intervento di cistectomia radicale e linfadenectomia pelvica (36) .
La comparsa di recidiva è uno degli eventi più frequenti nel trattamento delle neoplasie
non invasive. Questo è dovuto sia al fenomeno noto come “carcinogenesi di campo”, che
caratterizza il processo di tumorigenesi dell’urotelio, sia all’impianto di cellule tumorali
durante il processo di accrescimento della lesione o per la diffusione di tali cellule durante
le manovre di resezione endoscopica.
I fattori prognostici a cui si fa riferimento sono il grado, lo stadio (dimensioni del tumore,
invasione linfatica e presenza di metastasi a distanza), la presenza di carcinoma in situ, la
risposta al trattamento endovescicale e la tipologia di neoplasia (solida o papillifera,
recidiva o multifocale). Lo stadio rappresenta il fattore prognostico più importante, in
quanto la sopravvivenza decresce rapidamente quando il tumore penetra la parete
muscolare e infiltra il grasso perivescicale o gli organi adiacenti quali prostata, retto,
vagina o utero.
L’analisi di pazienti cistectomizzati effettuata da Gschwend et al. ha rivelato che la
sopravvivenza malattia-specifica è significativamente superiore nelle forme organoconfinate rispetto a quelle non organo-confinate (37).
Nonostante i pazienti con invasione dei linfonodi regionali vengano considerati a prognosi
infausta (38), studi più recenti hanno dimostrato che la chirurgia radicale in associazione
alla linfadenectomia regionale può, in alcuni casi, favorire la sopravvivenza a lungo
termine. Tuttavia i pazienti che traggono maggiore beneficio dal trattamento chirurgico
sono quelli con stadio patologico favorevole e/o con interessamento linfonodale limitato o
microscopico (39).
La sopravvivenza risulta inversamente correlata al grado di estensione della neoplasia e al
volume del tumore nei linfonodi loco-regionali. In un’analisi dettagliata condotta da
22
Gschwend, i pazienti con interessamento neoplastico di un solo linfonodo (pN1)
presentavano una sopravvivenza a cinque anni del 33%; tale valore scendeva al 22% nei
pazienti con interessamento di più di due linfonodi (pN2), mentre nessun sopravvissuto si
riscontrava tra i pazienti con più linfonodi coinvolti e di diametro maggiore di 3 cm (40).
Tra i markers molecolari del carcinoma vescicale a carattere prognostico si annoverano
molecole di diversa natura e funzione. La timidilato sintetasi è un enzima chiave che
catalizza la reazione di metilazione del deossiuridinamonofosfato (dUMP) convertendolo in
deossitimidinamonofosfato (dTMP), tappa importante nel processo di sintesi del DNA.
L’attività della timidilato sintetasi è dieci volte superiore nel carcinoma della vescica
rispetto a quella del tessuto normale (41); inoltre l’espressione di tale enzima è più elevata
nei tumori scarsamente differenziati rispetto alle forme ben differenziate (42).
Le metalloproteinasi appartengono ad una classe di enzimi proteolitici direttamente
coinvolti nella carcinogenesi. Un aumento notevole di tali enzimi si osserva in diversi
tessuti tumorali a livello dei quali promuovono l’invasione delle cellule maligne.
Generalmente l’aumento dell’espressione delle metalloproteinasi si accompagna ad una
prognosi sfavorevole e ad una minore sopravvivenza. L’aumento dei livelli di tali enzimi
oltre che nei tessuti è stato osservato anche nel siero e nelle urine dei soggetti con cancro
della vescica (43).
Le ialuronidasi sono delle endoglicosidasi che scindono l’acido ialuronico. L’acido
ialuronico è un glicosaminoglicano non contenente solfato presente nei tessuti normali e
nei fluidi extratissutali, i cui livelli risultano molto elevati nelle lesioni neoplastiche, tra le
quali il tumore della vescica. Nei tessuti tumorali l’acido ialuronico promuove il processo di
metastatizzazione e può interferire con le difese immunitarie del paziente. Tali studi
dimostrano che la valutazione quantitativa sia dell’acido ialuronico sia delle ialuronidasi è
utile per rivelare l’insorgenza e la recidiva del cancro della vescica (44).
23
Il recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) è una proteina transmembranaria
con attività tirosin-chinasica, la cui espressione risulta frequentemente aumentata nel
carcinoma della vescica. Il livello della sua espressione è associato ad uno stadio elevato
e alla scarsa differenziazione del tumore nelle forme superficiali (45).
1.1.9 Terapia
Le strategie terapeutiche per il carcinoma della vescica variano a seconda del livello di
infiltrazione del tumore ed è quasi esclusivamente di pertinenza chirurgica.
Il “gold standard” terapeutico per le forme invasive è rappresentato dalla cistectomia
radicale, mentre rimane ancora controverso il trattamento delle forme superficiali. Per i
tumori superficiali papillari il trattamento solitamente indicato è quello endoscopico e
consiste nella resezione transuretrale della vescica (TURV); l’intervento ha l’obiettivo
primario di rimuovere la neoplasia visibile e in secondo luogo di ottenere tessuto per
l’esame istologico. L’alto tasso di recidiva post TURV ha fatto emergere la necessità di
una terapia adiuvante allo scopo di prevenire la comparsa di recidive e la progressione
neoplastica (46). I diversi trattamenti utilizzati includono la chemioterapia intravescicale, la
chemioterapia sistemica, l’immunoterapia intravescicale con interferone, con bacillo di
Calmette-Guérin (BCG) (47), l’immunoterapia orale con sostanze come la bropiramina (un
induttore dell’interferone), la terapia biologica intravescicale con sostanze come il TP40 e
le strategie chemiopreventive con vitamine o inibitori della sintesi delle poliamine (48).
Numerosi studi hanno dimostrato che la chemioterapia endovescicale e l’immunoterapia
intravescicale sono indicate nei pazienti ad alto rischio di recidive tumorali per la presenza
di tumori multipli, pregresse recidive, tumori scarsamente differenziati associati ad atipia
24
uroteliale. Il trattamento dei carcinomi uroteliali infiltranti è nella maggior parte dei casi
chirurgico ed è rappresentato dalla cistectomia radicale, ossia la cistectomia totale
associata all'exeresi dei linfonodi regionali.
La cistectomia totale prevede nel maschio l'asportazione in blocco della vescica, della
prostata e delle vescichette seminali, mentre nella femmina comporta l'exeresi della
vescica, dell'utero, degli annessi, dell'uretra e della parete vaginale anteriore (49). I
farmaci chemioterapici utilizzati a scopo profilattico sono numerosi, ma solo alcuni si sono
dimostrati efficaci. Di questi solo la mitomicina C, la doxorubicina ed l’epirubicina hanno
ottenuto in Italia l’approvazione ministeriale per uso endovescicale (50). Il trattamento
endovescicale con BCG è limitato ai pazienti con tumore vescicale superficiale e
multifocale, e più precisamente in caso di carcinoma in situ, di carcinoma papillare non
infiltrante il connettivo sottouroteliale, di tumore residuo ad incompleta resezione e
fallimento della chemioterapia intravescicale (51).
Oosterlinck et al. insieme alla European Association of Urology hanno tentato di indicare
delle linee guida per il trattamento del carcinoma vescicale. Nelle forme tumorali
superficiali (Ta-T1) il trattamento dovrebbe essere mirato alla prevenzione della recidiva e
della progressione tramite resezione endoscopica (TURV) e instillazione endovescicale di
chemioterapici.
Il carcinoma in situ, essendo una lesione potenzialmente maligna, può essere trattata con
instillazioni endovescicali di BCG, ottenendo una remissione fino al 70% dei casi. Se la
citologia e la biopsia rimangono positive si può tentare un altro ciclo di sei settimane che
aggiunge un 15% di remissione completa; tuttavia anche se questo secondo ciclo fallisce
è indicata la cistectomia radicale.
La neoplasia T1G3 indica una lesione con un’alta tendenza alla progressione, quindi
sarebbe opportuno effettuare l’asportazione precoce della vescica. Dall’altra parte è stato
25
dimostrato che nel 50% dei casi è sufficiente la sola instillazione di chemioterapici o BCG
per poter preservare la vescica.
Le indicazioni volte alla cistectomia quindi rimangono per tutte le forme neoplastiche che
presentano l’invasione della muscolare (T2-T4a, N0-Nx, M0) (52).
La scelta tra il trattamento conservativo e la cistectomia precoce dipende dallo stadio
clinico del tumore e può essere inizialmente influenzata da una insufficiente o errata
valutazione del grado di infiltrazione parietale (53).
A causa della progressione dello stadio e della sottostadiazione clinica dei tumori vescicali
superficiali, la cistectomia radicale precoce è stata sostenuta da Freeman, al fine di
migliorare la sopravvivenza di pazienti con tumori superficiali aggressivi. Inoltre, non solo
la progressione di stadio e/o la sottostadiazione clinica, ma anche lo sviluppo di
micrometastasi dovute al trattamento ritardato può influire sulla sopravvivenza (54).
La cistectomia parziale non costituisce un approccio chirurgico oncologicamente corretto,
data la frequente multifocalità della neoplasia vescicale. Questo trattamento può
comunque essere a volte indicato in pazienti con tumori sicuramente monofocali, di stadio
T2-T3a, di diametro non superiore a 3 cm e localizzato in una zona facilmente aggredibile,
come la cupola vescicale.
La radioterapia, che in un recente passato aveva suscitato notevole ottimismo come
trattamento alternativo alla cistectomia, appare oggi ridimensionata ad un ruolo più
limitato. Il trattamento radiante viene infatti riservato generalmente a pazienti inoperabili o
che rifiutano l'intervento chirurgico.
Anche la chemioterapia sistemica trova applicazioni limitate e viene effettuata soprattutto a
scopo palliativo nei casi molto avanzati di carcinoma metastatico (55).
26
1.2 NICOTINAMIDE N-METILTRASFERASI
1.2.1 Il metabolismo dei farmaci
I farmaci sono definiti composti xenobiotici, ovvero molecole estranee che vengono
introdotte dall’organismo e tendono ad essere escrete. Alcuni farmaci possono essere
eliminati come tali oppure subire modifiche strutturali che ne favoriscono l’espulsione.
Con il termine metabolismo dei farmaci si intende l’insieme dei meccanismi che
contribuiscono alla realizzazione del processo di biotrasformazione di tali composti. Le
reazioni appartenenti a questo pathway rientrano in un complesso meccanismo di difesa
che l’organismo umano attua quando si trova in condizioni ambientali sfavorevoli, come ad
esempio l’esposizione a sostanze xenobiotiche.
Pertanto, affinché un farmaco possa svolgere la propria azione terapeutica è necessario
che, una volta assorbito, raggiunga il distretto bersaglio e che solo dopo sia eliminato
dall’organismo. I composti a carattere farmacologico, per poter essere assorbiti e
correttamente distribuiti, devono possedere caratteristiche chimico-fisiche che contrastano
la loro escrezione.
La natura lipofila e l’assenza di cariche elettriche favoriscono l’assorbimento e il
raggiungimento del sito specifico d’azione. Pertanto, affinché tali sostanze possano essere
eliminate, è importante che l’organismo provveda alla loro biotrasformazione in molecole a
maggior carattere idrofilo. Mentre i farmaci somministrati per via orale vengono dapprima
disciolti nei fluidi del tratto gastro-intestinale, poi assorbiti dell’epitelio intestinale attraverso
i villi e solo in fine riversati nel sangue, la somministrazione diretta di un farmaco nel
27
torrente circolatorio, per via endovenosa o intramuscolare, assicura l’arrivo nella
circolazione sistemica dell’intera dose somministrata, che raggiunge sia il sito bersaglio,
sia la sede in cui verrà metabolizzata.
Ogni tessuto è dotato di una certa capacità di metabolizzare i farmaci. Possiedono una
significativa attività detossificante i polmoni, l’intestino e il rene, ma il fegato rappresenta
l’organo di elezione per l’espletamento di tale pathway metabolico. Le cellule epatiche
infatti posseggono un corredo enzimatico in grado di catalizzare reazioni ascrivibili a due
distinte fasi.
Il metabolismo di fase I include reazioni di funzionalizzazione. Gli enzimi che intervengono
in questa fase si trovano localizzati a livello del reticolo endoplasmatico (enzimi
microsomiali) e catalizzano reazioni di idrolisi (arilesterasi, colinesterasi, epossido idrolasi)
e di ossidoriduzione (citocromo P450 monossigenasi, flavina monossigenasi, monoamina
ossidasi, alcool deidrogenasi, aldeide deidrogenasi). I metaboliti di fase I possono essere
escreti dall’organismo se possiedono un sufficiente carattere polare, se ciò non avviene
entra in giuoco la fase successiva.
Le reazioni caratterizzanti la fase II sono reazioni di coniugazione, nelle quali il composto
esogeno o un metabolita derivato dalle reazioni di fase I si lega in maniera covalente ad
una molecola endogena fortemente polare. La reazione di catalisi è svolta da enzimi a
localizzazione
sulfotrasferasi,
principalmente
citosolica
UDP-glucuroniltrasferasi,
(glutatione
S-trasferasi,
metiltrasferasi)
(56).
N-acetiltrasferasi,
Nei
processi
di
biotrasformazione che caratterizzano la fase II, un importante ruolo viene svolto dagli
enzimi coinvolti nelle reazioni di metilazione: le metiltrasferasi. Si ritiene infatti che le
reazioni di trasferimento di gruppi metilici siano alla base del metabolismo di numerosi
farmaci, di composti xenobiotici e di neurotrasmettitori (57). La reazione di metilazione dei
composti piridinici è stata descritta per la prima volta nel 1884 da Wilhelm His.
28
Le metiltrasferasi nell’uomo sono in grado di catalizzare le reazioni di S-metilazione, di Ometilazione e di N-metilazione. Nei processi di S-metilazione vengono metabolizzati
farmaci quali la 6-mercaptopurina (antineoplastico), la D-penicillamina (antireumatico), e il
captopril (antiipertensivo), per mezzo della catalisi effettuata da due enzimi: la tiolo
metiltrasferasi (TMT, E.C. 2.1.1.9) e la tiopurina metiltrasferasi (TPMT, E.C. 2.1.1.67). Gli
enzimi catecol-O-metiltrasferasi (COMT, E.C. 2.1.1.6) e fenol O-metiltrasferasi (POMT,
E.C. 2.1.1.25) catalizzano le reazioni di O-metilazione che coinvolgono i gruppi fenolici
delle catecolamine e dei composti strutturalmente correlati (neurotrasmettitori). Le reazioni
di N-metilazione sono catalizzate dagli enzimi istamina N-metiltrasferasi (HNMT, E.E.
2.1.1.8) e dalla nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT, E.C. 2.1.1.1) (58).
1.2.2 Omeostasi della nicotinamide
La vitamina B3, conosciuta anche come vitamina PP o niacina, effettua la sua funzione
biologica grazie all’azione svolta da due composti distinti per quanto concerne la loro
struttura, ma funzionalmente correlati: l’acido nicotinico e la nicotinamide (amide dell’acido
nicotinico). La nicotinamide rappresenta il precursore di coenzimi piridinici, quali il NAD+
(Nicotinamide Adenin Dinucleotide) e il NADP+ (Nicotinamide Adenin Dinucleotide
Fosfato). Tali molecole rivestono un ruolo fondamentale nella vita della cellula in quanto
intervengono nella maggior parte delle reazioni metaboliche a carattere ossido riduttivo, in
qualità di vettori di ioni idrogeno e di elettroni. Inoltre il NAD+ e il NADP+ prendono parte a
molteplici meccanismi non-redox che conducono alla rottura del legame β-N-glicosidico,
con conseguente liberazione della nicotinamide, e che sono associati a processi cellulari
quali:
29
 l’ADP-ribosilazione delle proteine ad opera delle mono-ADP-ribosiltrasferasi (ARTs)
e delle poli(ADP-riboso) polimerasi (PARPs) (59),
 la mobilizzazione delle riserve intracellulari di calcio mediata da cADPR e da
NaADP+ (60), quali effettori secondari prodotti in seguito all’attività catalitica della
molecola CD38,
 la deacetilazione degli istoni e dei fattori trascrizionali catalizzata da enzimi NADdipendenti (sirtuine o istone-deacetilasi) (61, 62).
La niacina può essere assorbita a livello dello stomaco e dell’intestino mediante un
meccanismo di trasporto facilitato dipendente dal sodio in caso di basse concentrazioni
della vitamina, o mediante diffusione passiva in caso di elevate quantità (63). Il suo
reclutamento, sottoforma di acido nicotinico e nicotinamide, non avviene esclusivamente
attraverso la dieta, ma anche mediante la conversione del triptofano presente nelle
proteine. In condizioni di scarsa disponibilità di niacina, si attiva infatti nei mammiferi la via
di sintesi di nucleotidi piridinici attraverso il pathway della chinurenina. L’attivazione di tale
via metabolica permette la sintesi dell’acido chinolinico e successivamente del NAD+ a
partire da L-triptofano (64). Tuttavia, il contributo di quest’ultimo alla sintesi della
nicotinamide risulta essere piuttosto ridotto in quanto l’efficacia di conversione segue un
rapporto di 60:1 a sfavore della vitamina (65). Si desume quindi che il triptofano disponibile
nell’organismo viene utilizzato in maniera prioritaria per la sintesi proteica mentre, solo se
disponibile in quantità elevate, viene destinato alla sintesi della nicotinamide e dei suoi
derivati piridinici. Un’aggiuntiva
fonte
di approvvigionamento di nicotinamide
è
rappresentata dalle riserve di NAD+ presenti nel fegato (storage NAD+); mediante l’azione
delle NAD-glicoidrolasi epatiche, lo “storage NAD+” può essere idrolizzato, favorendo così
il rilascio di nicotinamide a livello ematico.
La nicotinamide presente in eccesso viene destinata al fegato dove subisce metilazione
dell’azoto piridinico. In seguito a tale modifica la nicotinamide non può più essere ribosilata
30
in posizione 1 e viene così concentrata a livello renale e successivamente escreta per via
urinaria.
Nell’organismo umano, il percorso catabolico della nicotinamide può proseguire con il
processo dell’ossidazione, a livello epatico, del metil-derivato e con la conseguente
formazione di composti di natura piridonica, anch’essi eliminati con le urine. In relazione a
quanto sopra descritto, il fegato si configura quale principale organo responsabile del
mantenimento costante dei livelli sierici della nicotinamide, elemento chiave che regola il
livello dei nucleotidi piridinici nei tessuti (66).
1.2.3 Caraterizzazione dell’NNMT umana
La Nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT) è un enzima citosolico S-adenosil-L-metionina
dipendente, appartenente alla categoria degli enzimi del metabolismo di fase II, e svolge
un ruolo di primaria importanza nei processi di biotrasformazione e detossificazione di
numerosi farmaci e di composti xenobiotici (58). Questo enzima catalizza la reazione di Nmetilazione della nicotinamide (Figura 1), della piridina e di altri composti strutturalmente
correlati, convertendoli in ioni piridinio (67), destinati all’escrezione attraverso la via
urinaria.
Nell’uomo, il prodotto di reazione N1-metilnicotinamide (MNA) può essere eliminato
dell’organismo come tale oppure subire ossidazione a livello epatico ad opera dell’enzima
aldeide ossidasi con formazione dell’N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide ed N1–metil-4piridone-3-carbossiamide, anch’essi escreti per via urinaria (68).
Nonostante altre metiltrasferasi siano in grado di catalizzare la reazione di N-metilazione
di composti azaeterociclici, solo l’NNMT utilizza la nicotinamide quale accettore di gruppo
31
metilico, svolgendo un ruolo fondamentale nel destino catabolico di quest’ultima (69, 70).
In seguito alla reazione catalizzata dall’enzima, l’S-adenosil-L-metionina, che funge da
donatore
di
gruppo
metilico,
viene
convertita
in
S-adenosil-L-omocisteina,
successivamente idrolizzata e trasformata in omocisteina ed adenosina.
32
NH2
N
N
N
N
C 2
O CH
CH 3
S
+
O
CH
H2
CH2
CH
C
O
+
N H3
OH OH
S-adenosil-L-metionina
NH 2
N
O
N
N
N
C 2
O CH
NH 2
O
S
CH 2
CH 2
CH
C
+
N H3
N
O
OH OH
NNMT
S-adenosil-L-omocisteina
Nicotinamide
O
NH 2
N
+
CH 3
N1-metilnicotinamide
N1-metilnicotinamide
ALDEIDE
OSSIDASI
O
O
NH 2
O
N
CH 3
N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide
N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide
O
NH 2
N
CH 3
N1-metil-4-piridone-3-carbossiamide
N1-metil-4-piridone-3-carbossiamide
Figura 1 Reazioni di metilazione della nicotinamide e di ossidazione dell’N1metilnicotinamide catalizzate rispettivamente dall’NNMT e dall’aldeide ossidasi.
33
1
1
49
17
97
33
145
49
193
65
241
81
289
97
337
113
385
129
433
145
481
161
529
177
577
193
625
209
673
225
721
241
769
257
atggaatcaggcttcacctccaaggacacctatctaagccattttaac
M E S G F T S K D T Y L S H F N
cctcgggattacctagaaaaatattacaagtttggttctaggcactct
P R D Y L E K Y Y K F G S R H S
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Q S Q P L G A V P L P P A D C V
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L S T L C L D A A C P D L P T Y
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C R A L R N L G S L L K P G G F
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L V I M D A L K S S Y Y M I G E
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Q K F S S L P L G R E A V E A A
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V K E A G Y T I E W F E V I S Q
agttattcttccaccatggccaacaacgaaggacttttctccctggtg
S Y S S T M A N N E G L F S L V
gcgaggaagctgagcagacccctgtga 792
A R K L S R P L - 264
48
16
96
32
144
48
192
64
240
80
288
96
336
112
384
128
432
144
480
160
528
176
576
192
624
208
672
224
720
240
768
256
Figura 2. Porzione codificante della sequenza nucleotidica relativa al cDNA per l’NNMT
umana (gli esoni sono evidenziati con colori diversi) e sequenza aminoacidica della
proteina tradotta.
34
L’NNMT umana è stata studiata a partire da estratti ottenuti da campioni di tessuto epatico
e la sua caratterizzazione è stata ottenuta in seguito alla messa a punto di un saggio per
la determinazione dell’attività catalitica. Il saggio prevede i seguenti passaggi:
1. l’allestimento di una miscela di saggio impiegando [14CH3]S-adenosil-L-metionina;
2. l’estrazione del prodotto di reazione (N1-metilnicotinamide) in alcol isoamilico al
60% in toluene, in presenza di acido 1-eptansolfonico quale modificatore di fase;
3. la separazione e l’identificazione dell’N1-metilnicotinamide mediante cromatografia
a fase inversa in HPLC;
4. il dosaggio della radioattività mediante l’impiego di uno scintillatore liquido.
L’enzima mostra una distribuzione subcellulare citoplasmatica e in condizioni ottimali la
sua attività si espleta ad un valore di pH pari a 7,4. I valori di Km determinati per la
nicotinamide e l’S-adenosil-L-metionina sono rispettivamente 347 μM e 1,76 μM. L’attività
specifica calcolata negli estratti epatici è pari a 51,5 ± 32,5 U/mg e i valori dei singoli
campioni presentano una notevole variabilità (71). Le seguenti variazioni individuali sono
state riscontrate a carico dell’attività di altre metiltrasferasi umane e sono state imputate a
fenomeni di polimorfismo genetico (72, 73). All’interno della popolazione analizzata la
distribuzione di frequenza delle attività presenta un andamento di tipo bimodale e il 25%
dei campioni mostra elevati valori di attività specifica. Questi risultati sono a sostegno
dell’ipotesi secondo la quale i meccanismi di regolazione dell’attività nicotinamide Nmetiltraferasica possano essere regolati dalla presenza di polimorfismi a carico del gene
per l’NNMT. L’analisi dell’influenza sull’attività dell’enzima esercitata dai prodotti di
reazione, dagli inibitori di altre metiltrasferasi e dagli ioni metallici ha messo in evidenza
che la maggiore inibizione è esercitata dall’N1-metilnicotinamide e dall’S-adenosil-Lomocisteina (71).
Da tessuto epatico è stata ottenuta la proteina parzialmente purificata mediante
cromatografia a scambio ionico seguita da gel filtrazione. La preparazione ottenuta è stata
35
assoggettata a elettroforesi in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) e in seguito a
“photoaffinity labeling” è stato possibile identificare un peptide di massa molecolare pari a
29 kDa corrispondente all’NNMT. La proteina è stata quindi sottoposta a digestione
chimico-enzimatica e la successiva analisi aminoacidica dei frammenti ottenuti ha
consentito di risalire al cDNA relativo. Tale cDNA è costituito da una regione di 792 bp che
codifica per una proteina di 264 aminoacidi (Figura 2) avente una massa molecolare
corrispondente a circa 29600 Da. Il cDNA, amplificato mediante PCR, è stato in seguito
clonato nel vettore p91023 (B) e il costrutto ottenuto è stato utilizzato per trasfettare cellule
COS-1 ed esprimere la proteina ricombinante in tale sistema eucariotico. La
caratterizzazione biochimica dell’NNMT è stata eseguita sulla preparazione non
omogenea da tessuto epatico per quanto riguarda l’enzima nativo e su un lisato di cellule
COS-1 per quanto concerne la proteina ricombinante. L’analisi comparativa ha permesso
la determinazione dei seguenti parametri cinetici, relativi rispettivamente all’enzima nativo
e a quello ricombinante:
 le Km per la nicotinamide pari a 0,43 mM e 0,38 mM;
 le Km per l’S-adenosil-L-metionina pari a 1,8 μM e 2,2 μM;
 le IC50 per l’N1-metilnicotinamide pari a 60 μM e 30 μM (74).
L’assenza di differenze nella sequenza del cDNA codificante l’NNMT in soggetti che
presentavano attività nicotinamide N-metiltrasferasiche significativamente diverse tra loro
e l’individuazione di una correlazione tra i livelli di attività enzimatica e l’entità della sua
espressione genica (RNA messaggero e proteina) nei soggetti analizzati ha predisposto
alla ricerca di eventuali polimorfismi genetici nella porzione non codificante del gene (75).
Il gene codificante l’NNMT è localizzato nella regione cromosomica 11q23.1, presenta una
sequenza nucleotidica di 16,5 Kb ed è organizzato in 3 esoni e 2 introni. A livello della
regione al 5’, fiancheggiante la prima tripletta codificante la proteina, è stato individuato il
punto di inizio della trascrizione (alla posizione -108), situato 30 nucleotidi a valle di
36
un’atipica sequenza TATA box (TCTAA) (76). Il gene è sottoposto al controllo di un
promotore forte che risiede in una sequenza di 700 nucleotidi a monte del punto in cui
inizia la trascrizione.
Recenti studi hanno mostrato che l’attività di tale promotore risulta essere regolata da
fattori trascrizionali quali HNF-1β, TGF-β1, STAT3.
Analisi riguardanti il fattore trascrizionale STAT3, attivo in forma fosforilata, sono stati
condotti su cellule embrionali renali. In seguito all’attivazione di STAT3 con LIF (Leukemia
Inhibitory Factor) le cellule sono state trasfettate utilizzando un plasmide contenente la
regione del promotore relativa all’NNMT. I risultati ottenuti hanno evidenziato elevati livelli
di NNMT imputabili ad un’aumentata attività del promotore indotta da STAT3. STAT3 può
essere stimolato oltre che da LIF anche da IL-6 (interleukin 6). Studi condotti su linee
cellulari di carcinoma mammario, epatico e del colon-retto assoggettate a trattamento con
tale citochina hanno mostrato un’overespressione dell’NNMT.
Analisi immunoistochimiche e mediante Real-Time PCR condotte su campioni bioptici di
tumore del colon hanno validato i risultati ottenuti nelle linee cellulari, confermando
l’azione di attivatore trascrizionale espletata da STAT3 (77).
L’espressione dell’NNMT sembra essere regolata anche dal fattore trascrizionale HNF-1β.
Studi sono stati effettuati su cellule di carcinoma tiroideo di tipo papillare nelle quali sono
stati riscontrati elevati livelli di espressione dell’HNF-1β e dell’NNMT. Sono state pertanto
inserite mutazioni a livello della regione del promotore dell’enzima NNMT in
corrispondenza del sito di legame per l’HNF-1β. Tali mutazioni hanno portato ad una
diminuzione dell’attività del promotore dell’enzima, a testimonianza dell’importanza svolta
dall’HNF-1β, quale fattore trascrizionale dell’NNMT (78). Successivi esperimenti effettuati
su un’altra linea cellulare di carcinoma tiroideo papillare hanno mostrato una ridotta
espressione dell’NNMT sia a carico del messaggero, sia della proteina, in seguito a
trattamento con depsipeptide, un inibitore delle deacetilasi istoniche. Studi ulteriori hanno
37
consentito di dimostrare che tale meccanismo di repressione agisce preliminarmente a
livello dell’HNF-1β, determinando una downregolazione di tale attivatore trascrizionale
(79).
L’NNMT sembrerebbe inoltre un gene target di TGF-β1. Infatti, nell’insulinoma, dove
l’espressione di tale fattore di crescita risulta diminuita rispetto al tessuto sano di controllo
(RNA messaggero e proteina), sono stati osservati ridotti livelli di NNMT (80).
Al fine di identificare eventuali polimorfismi potenzialmente responsabili della presenza di
variazioni individuali di attività catalitica, è stata eseguita l’analisi della sequenza del gene
per l’NNMT, relativamente alle porzioni esoniche, introniche, 3’- e 5’-UTR e del promotore.
I risultati ottenuti fino ad oggi non hanno messo in evidenza la presenza di polimorfismi
correlabili alle differenze nei livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica dei relativi
soggetti (81, 82). L’RNA messaggero dell’NNMT umana è particolarmente rappresentato
nel fegato, ma è stato riscontrato anche in altri organi e tessuti quali la placenta, il rene, il
polmone, il muscolo scheletrico, il cuore, la milza, la prostata, il timo, il testicolo, l’intestino,
l’ovaia, lo stomaco, la tiroide, il midollo spinale, i linfonodi, la trachea, la ghiandola
surrenale, il midollo osseo (74, 81) e in particolari aree del sistema nervoso.
Recenti studi hanno portato alla risoluzione della struttura tridimensionale dell’NNMT
umana ricombinante. I dati ottenuti sono stati successivamente validati mediante
esperimenti di mutagenesi sito-diretta che hanno consentito di arrivare a definire le
caratteristiche del sito attivo dell’enzima, nonché di identificare gli aminoacidi (Y20 e
D197) che risultano fondamentali per l’espletamento della catalisi enzimatica (Figura 3)
(83).
38
A
B
Figura 3. Immagine rappresentativa della struttura tridimensionale dell’NNMT umana
ricombinante in complesso con nicotinamide e S-adenosil-L-metionina (A). I residui
aminoacidici Y20 e D197, appartenenti al sito attivo, rivestono un ruolo cruciale
nell’espletamento della catalisi enziamtica (B).
39
1.2.4 Polimorfismi
E’ nota l’associazione tra la moderata iperomocisteinemia plasmatica e il rischio di
sviluppare patologie quali la trombosi venosa, l’infarto miocardico, l’ictus, l’insufficienza
cardiaca congestizia, l’osteoporosi, l’aterosclerosi e il morbo di Alzheimer. Screening
effettuati a livello del genoma di 398 individui appartenenti a 21 famiglie di nazionalità
spagnola, in cui si osservavano significative alterazioni dei livelli di omocisteina
plasmatica, hanno rivelato la presenza di un determinante genetico nella regione 11q23
dove è localizzato il gene codificante l’NNMT. Attraverso l’indagine aplotipica sono stati
identificati 10 differenti SNPs, uno dei quali è risultato essere associato ai livelli plasmatici
di omocisteina. Questo SNP si trova localizzato a livello del primo introne del gene
codificante l’NNMT e il suo significato funzionale non è a tutt’oggi ancora stato chiarito. È
possibile ipotizzare che tale polimorfismo sia coinvolto nella regolazione della trascrizione
dell’NNMT, modulando pertanto i livelli della sua attività enzimatica all’interno della cellula.
Seppur in maniera indiretta l’NNMT è coinvolta nella sintesi dell’omocisteina; per tale
ragione la regolazione della sua attività ad opera di meccanismi genetici potrebbe giocare
un ruolo chiave nella modulazione dei livelli plasmatici di omocisteina nelle patologie sopra
citate (84, 85).
Più recentemente, è stato inoltre ipotizzato che un polimorfismo a carico del gene per
l’NNMT sia in grado di influenzare il rischio di insorgenza di difetti cardiaci congeniti nei
bambini. Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’Erasmus University
Medical Center a Rotterdam su 292 casi e 316 famiglie di controllo. La ricerca ha
evidenziato che l’assunzione di farmaci durante il periodo periconcezionale, assieme a
una bassa assunzione di nicotinamide con la dieta e al genotipo dell’NNMT AG/AA (allele
NNMT A) è associata ad un rischio otto volte maggiore (86).
40
Un ulteriore studio sulla ricerca di varianti del gene per l’NNMT ha riguardato la
genotipizzazione di 252 neonati con spina bifida e 335 controlli, in quanto è stato visto che
una moderata iperomocisteinemia può rappresentare un possibile fattore di rischio
d’insorgenza dei difetti del tubo neurale. Sebbene siano stati indagati 11 SNPs a carico
dell’enzima, non è emersa nessuna associazione significata tra le varianti del gene NNMT
nei neonati ed il rischio di spina bifida (87).
Diversi studi suggeriscono l’esistenza di una possibile associazione tra l’aneurisma aortico
addominale (AAA) e l’iperomocisteinemia. Varianti geniche dell’NNMT potrebbero
rappresentare un possibile fattore di rischio per l’AAA. Per valutare questa possibile
associazione sono stati analizzati, mediante multiplex PCR (88), 56 polimorfismi a carico
di 17 geni coinvolti nel metabolismo della metionina, in 423 pazienti affetti da AAA e 423
controlli. Solo 7 geni, incluso l’NNMT, avevano almeno un aplotipo predisponente l’AAA e
l’influenza di ogni singolo gene in tale patologia era indipendente dal ruolo svolto nel
metabolismo dell’omocisteina (89).
Dallo stesso gruppo di ricerca è stato svolto un ulteriore ed analogo studio cha ha
interessato 501 pazienti sopravvissuti ad un infarto ischemico e 1211 controlli sani.
Tuttavia dai risultati ottenuti non è emersa nessuna associazione significativa tra le varianti
del gene NNMT e tale patologia (90). Studi più recenti hanno evidenziato come
polimorfismi di geni appartenenti al pathway del folato siano associati al rischio
d’insorgenza di leucemia linfoblastica acuta (ALL). Analisi condotte su 245 pazienti in età
pediatrica (<18 anni) con ALL hanno mostrato come singoli polimorfismi a carico dei geni
MTHFR (C677C), RFC1 (G80A), NNMT (IVS C-151T) ed una loro associazione sia
correlata al rischio di ALL. In particolare, a carico dell’NNMT esistono specifici polimorfismi
(NNMT IVS-151TT e NNMT IVS-151 CT+TT/RFC1 80AA) in grado di predisporre
all’insorgenza di tale patologia. Tali polimorfismi potrebbero condurre ad una diminuzione
dei livelli cellulari di folato e ad un cambiamento dello status di metilazione (91).
41
In uno studio successivo sono stati raccolti ed esaminati tutti i risultati ottenuti da studi
precedenti allo scopo di valutare l’associazione tra i polimorfismi di geni del pathway del
folato e la suscettibilità a leucemia linfoblastica acuta. Dall’analisi complessiva sono
emersi risultati a volte contrastanti, poiché è stato osservato come ci sia un diverso
impatto dei polimorfismi dei geni del folato sulla suscettibilità ad ALL, in funzione del tipo di
popolazione esaminata e a seconda che si tratti di ALL in adulti o in età pediatrica (92).
In uno studio condotto a carico del gene per l’NNMT umano è stato dimostrato che gli
SNPs rs694539 (precedentemente associato ad iperomocisteinemia) e rs1941404
risultano associati alla schizofrenia. Inoltre, a livello della corteccia frontale dei pazienti
affetti da tale disturbo psichiatrico, i livelli di mRNA per l’NNMT risultano ridotti del 35%
rispetto ai controlli. Tali evidenze sembrerebbero suggerire un potenziale coinvolgimento
dell’NNMT nell’eziologia della schizofrenia (93). Una recente analisi condotta a carico di
una popolazione cinese ha confermato la presenza di una correlazione tra il polimorfismo
rs694539 e la schizofrenia, evidenziando ancora una volta che l’NNMT potrebbe prendere
parte alla patogenesi di tale disturbo psichiatrico (94). Nell’ambito delle patologie a
carattere psichiatrico, lo SNP rs694539 risulta essere significativamente associato ai
disturbi bipolari, evidenza che supporta l’ipotesi secondo la quale tale polimorfismo a
carico del gene per l’NNMT espone gli individui ad un aumentato rischio si insorgenza di
tali disordini (95).
Il medesimo polimorfismo (rs694539) risulta significativamente associato alla steatoepatite
non alcolica (NASH), forma progressiva della steatosi epatica non alcolica (NAFLD).
Pertanto, la variante allelica sembrerebbe costituire un fattore predisponente lo sviluppo di
tale disturbo (96).
42
1.2.5 Ruolo dell'NNMT nelle patologie non neoplastiche
Analisi effettuate in pazienti affetti da cirrosi hanno messo in evidenza un elevato livello
basale
di
N1-metilnicotinamide
serica
rispetto
ai
soggetti
sani.
In
seguito
a
somministrazione orale di nicotinamide il tasso di N1-metilnicotinamide risultava
significativamente più elevato sia nel plasma, sia nelle urine dei soggetti patologici rispetto
ai controlli sani. Tali risultati hanno dimostrato che il processo di metilazione della
nicotinammide è esaltato dallo stato cirrotico (97). Solo recentemente sono state messe in
evidenza le proprietà antinfiammatorie dell’N1-metilnicotinamide. La possibile valenza
terapeutica di tale molecola è stata ipotizzata in seguito all’applicazioni topica per la cura
di patologie dermatologiche come l'acne vulgaris e le dermatiti da contatto (98). L'azione
antinfiammatoria espletata dall'N1-metilnicotinamide potrebbe essere imputabile alla sua
capacità di ridurre l'adesione delle cellule pro-infiammatorie all'endotelio vascolare (99).
L'N1-metilnicotinamide ha mostrato anche un'attività antitrombotica nei confronti di topi
affetti da trombosi arteriosa e venosa. Il prodotto di metilazione della nicotinamide esercita
il suo effetto antitrombotico mediante l'azione dalla prostaciclina (PGI2) formata via
cicloossigenasi-2 (COX-2). A tutt'oggi questo meccanismo di rilascio non è ancora
interamente compreso (100). Analisi condotte su topi con aterosclerosi hanno evidenziato
come la progressione della malattia sia associata ad un aumento dell'attività epatica
dell'NNMT e dei livelli plasmatici di MNA. Date le proprietà antitrombotiche e
antinfiammatorie dell’MNA, l'aumentata espressione dell’NNMT nell'aterosclerosi potrebbe
rappresentare un importante meccanismo compensatorio che tende a contrastare i
processi di infiammazione vascolare (101). Analisi condotte su topi con epatite indotta in
seguito a somministrazione di concanavalina (ConA) hanno ugualmente sottolineato
un'aumentata attività catalitica dell’NNMT a livello epatico e un incremento della
43
concentrazione di N1-metilnicotinamide nel plasma durante la progressione della
patologia. Tali risultati mettono in luce il ruolo antinfiammatorio e epatoprotettivo che l'N1metilnicotinamide esplica mediante meccanismi PGI2-dipendenti (102). A carico di
esemplari murini sottoposti ad esercizio fisico prolungato è stato rilevato un aumento
dell'attività dell’NNMT nel fegato, con conseguente incremento dell’MNA plasmatica. Lo
stesso trattamento in topi knockout per IL-6 non ha invece prodotto cambiamenti
nell'attività epatica dell'NNMT, mentre si assiste ad un aumento dell’MNA nel plasma. Tali
evidenze suggeriscono che IL-6 è in grado di innescare l'attività catalitica dell'NNMT nel
fegato e che, oltre al distretto epatico, altri tessuti concorrono alla determinazione
dell’MNA plasmatica (103). Un recente studio condotto su topi IL-6(+) e IL-6(-), nei quali è
stata indotta l’epatite mediante ConA, ha messo in evidenza come il rilascio dell’MNA nelle
fase precoce di tale disturbo sia IL-6 dipendente (104). L’induzione dell’espressione delle
proteine del core del virus dell’epatite C (HCV) in linee cellulari trasformate di epatoma
umano (Huh7) conduce all’overespressione dei messaggeri relativi alla nicotinamide Nmetiltrasferasi e ad una proteina glutatione perossidasi-simile. Tali evidenze suggeriscono
che l’espressione delle proteine del core virale dell’HCV inducono uno stress ossidativo
intracellulare che tende ad essere contrastato dall’attivazione di meccanismi antiossidanti
(105). Un'elevata espressione del gene per l'NNMT è stata evidenziata a carico del suo
mRNA in campioni bioptici di tessuto renale umano asportato in seguito a rigetto acuto
dopo allotrapianto (106). L'enzima è risultato inoltre espresso nel tessuto bioptico
endometriale di donne che sono risultate gravide in seguito a microiniezione
intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI). Tale risultato evidenzia come l’NNMT possa
svolgere un ruolo importante a livello endometriale, favorendo il processo dell’impianto
della cellula uovo fecondata nell’utero (107, 108). Studi condotti su cellule stromali
endometriali fatte crescere in un terreno contenente fattori di rilascio di cellule
macrofagiche hanno evidenziato una overespressione dell’enzima a livello cellulare.
44
L’interazione delle cellule con i macrofagi stimolerebbe l’espressione di determinati geni
nelle cellule stromali endometriali che favorirebbero l’insorgenza dell’endometriosi. In
questo senso l’aumentata espressione dell’NNMT a livello cellulare potrebbe essere legata
al meccanismo di proliferazione e invasione delle cellule endometriali che si verifica
durante tale patologia (109). Un’elevata espressione dell'NNMT è stata riscontrata nel
tessuto muscolare di soggetti affetti da ostruzione cronica polmonare (COPD) rispetto ai
controlli sani (110). Analisi condotte a carico del tessuto polmonare di pazienti affetti da
COPD hanno evidenziato un’aumentata espressione dell’NNMT. Tale aumento risulta
essere correlato alla gravità della patologia (111). Studi condotti successivamente su
cellule mioblastiche in coltura hanno mostrato come l’overespressione dell’NNMT conduca
ad un aumento della capacità proliferativa e della migrazione cellulare, e protegga tali
cellule dai danni indotti dai radicali liberi dell’ossigeno. Questi risultati suggeriscono che
l’elevata espressione dell’enzima nei muscoli scheletrici di pazienti affetti da COPD
probabilmente tende a favorire la rigenerazione muscolare e rappresenta un meccanismo
di difesa contro lo stress ossidativo (112). Il ruolo protettivo dell’NNMT contro le specie
reattive dell’ossigeno (ROS) è stato inoltre dimostrato nella patogenesi del danno delle
cellule tubulari prossimali renali e nella conseguente disfunzione renale. In particolare è
stato messo in luce come l’MNA sia in grado di ridurre la lipotossicità, in termini di stress
ossidativo, apoptosi, necrosi, infiammazione e fibrosi, a carico delle cellule tubulari renali
(113). Tuttavia non sempre un aumento di espressione dell'enzima risulta associato a
meccanismi di difesa nei confronti dei ROS. Uno studio condotto su topi trattati con
fenobarbitolo, noto per indurre lo stress ossidativo mediante l'attivazione degli enzimi della
famiglia del citocromo P450, ha messo in evidenza che tale molecola induce un aumento
dell'attività dell’NNMT. Questo evento conduce ad una riduzione dei livelli di nicotinamide
destinata alla sintesi di NADH e NADPH, cofattori che prendono parte alla catalisi di
enzimi
che
svolgono
funzioni
antiossidanti.
Sulla
base
di
tali
considerazioni,
45
l'overespressione dell'NNMT si tradurrebbe in una perdita dei sistemi di protezione nei
confronti dello stress ossidativo (114).
Diversi studi sono stati condotti per valutare l'esistenza di una possibile correlazione tra
l'NNMT e il fenomeno dell'iperomocisteinemia, essendo l'omocisteina il derivato di un
prodotto di reazione dell'enzima. Analisi effettuate su campioni di tessuto adiposo umano
e murino e su adipociti murini hanno evidenziato elevati livelli di espressione e di attività
dell'enzima e conseguente rilascio di omocisteina. Alimentando i topi con una dieta ricca di
grassi si è osservato un aumento dell'attività enzimatica; questo ha permesso di ipotizzare
che l'obesità possa essere associata ad una maggiore espressione e attività catalitica
dell'enzima.
Un
aumento
dei
livelli
di
attività
nicotinamide
N-metiltrasferasica
determinerebbe una maggiore produzione e rilascio di omocisteina, condizione che
potrebbe aumentare il rischio d’insorgenza di malattie cardiovascolari (115).
Un recente studio ha evidenziato che l’espressione dell’NNMT risulta aumentata nel
tessuto adiposo bianco e nel fegato di topi diabetici ed obesi, rispetto ai controlli. Il
successivo knockdown dell’enzima sembra esercitare un effetto protettivo nei confronti dei
danni correlati all’obesità indotta dalla dieta, mediante l’induzione dell’aumento del
dispendio energetico cellulare (116). Un recente lavoro, svolto sul tessuto adiposo di
soggetti affetti da insulino-resistenza, è stato dimostrato che l’espressione dell’NNMT
aumenta nei soggetti patologici e che tale incremento è significativamente correlato alla
gravità del disturbo (117).
Aumentati livelli di espressione dell’NNMT (messaggero a livello tissutale e proteina a
livello serico) sono stati rilevati in pazienti affetti da arteriopatia obliterante periferica
rispetto ai soggetti sani. Tali evidenze suggeriscono che l’enzima possa svolgere un
importante ruolo quale biomarcatore di tale vasculopatia (118). Allo scopo di esplorare il
ruolo dell’NNMT nella sindrome metabolica, i livelli di espressione dell’enzima sono stati
valutati nel tessuto adiposo di ratti Wistar Ottawa Karlsburg W (WOKW), che
46
rappresentano un modello animale di sindrome metabolica, e di ratti Dark Agouti (DA) di
controllo. Gli aumentati livelli di mRNA, della proteina e dell’attività catalitica dell’enzima
rilevati nel tessuto adiposo dei ratti WOKW hanno messo in luce l’importante ruolo svolto
dall’enzima nella patogenesi della sindrome metabolica. (119).
Nonostante il fegato rappresenti l’organo nel quale l’NNMT è maggiormente espressa, non
è stato ancora chiarito il coinvolgimento dell’enzima nel metabolismo degli epatociti. Un
recente studio, condotto su epatociti murini, ha dimostrato che la modulazione dei livelli di
espressione dell’NNMT è in grado di condurre ad alterazioni del metabolismo del glucosio
e del colesterolo, e che tali effetti sono mediati dall’MNA. In particolare, il trattamento con
MNA di topi assoggettati ad una dieta ricca di lipidi conduce ad una riduzione dei livelli di
colesterolo (serico ed epatico) e di trigliceridi (a livello epatico). Tali effetti si esplicano
attraverso la stabilizzazione della proteina SIRT1 da parte dell’MNA che è in grado di
ridurre la degradazione dell’istone deacetilasi, impedendone l’ubiquitinazione (120).
1.2.6 NNMT e la malattia di Parkinson
Nelle cellule neuronali di diverse regioni del sistema nervoso centrale, l’NNMT è espresso
in modo costitutivo. In soggetti sani l’RNA messaggero relativo all’NNMT è presente ad
elevati livelli nel midollo spinale, nel lobo temporale e nella medulla, mentre bassi livelli si
riscontrano nei nuclei subtalamico e caudato, e nella porzione cerebellare. Sia la proteina
che la sua attività enzimatica sono ugualmente rilevabili nel lobo temporale e nel midollo
spinale. (121). In soggetti deceduti a causa della malattia di Parkinson è stato evidenziato
un aumento dei livelli di espressione della proteina NNMT nell’area cerebellare. Tale
evidenza ha consentito così di formulare un possibile coinvolgimento dell’enzima nella
47
patogenesi di tale disturbo o della neurodegenerativo (122). Nell’ambito delle cause
associate all’insorgenza di tale malattia, numerosi studi hanno speculato in merito alla
possibile neurotossicità associata al composto N1-metilnicotinamide e/o alle conseguenze
metaboliche derivanti dalla catalisi espletata dell’NNMT nei confronti del suo substrato di
elezione o di possibili substrati alternativi (122-126). Tuttavia, sembrerebbe che l’NNMT
sia in grado di indurre una risposta cellulare che contrasta la condizione di stress
associata a tale disturbo. Uno studio condotto su una linea cellulare di neuroblastoma
umano (SHSY5Y) ha infatti dimostrato che l’overespressione dell’NNMT determina una
riduzione della morte cellulare attraverso l’incremento di attività del complesso I
mitocondriale. All’interno di tali cellule è riscontrabile un aumento dei livelli intracellulari di
ATP e del rapporto ATP/ADP che costituisce un indice della disponibilità energetica. Gli
effetti evidenziati sono inoltre replicati attraverso l’incubazione delle cellule SH-SY5Y,
prive di espressione endogena di NNMT, con il composto N1-metilnicotinamide. L’N1metilnicotinamide agirebbe determinando un decremento del catabolismo proteico,
consentendo così di mantenere stabili i livelli di espressione delle subunità del complesso I
mitocondriale (127). Ulteriori studi condotti sulla medesima linea di neuroblastoma e su
neuroni dopaminergici mesencefalici murini hanno evidenziato come l'induzione di
espressione dell'NNMT, così come il trattamento delle cellule parentali con MNA, siano in
grado di modulare la morfologia neuronale, determinando un incremento del numero e
delle ramificazioni degli assoni (128). Recenti studi, condotti sempre sulla linea cellulare
SHSY5Y, hanno da un lato evidenziato l’effetto citoprotettivo dell’NNMT nei confronti di
composti ad azione neurotossica (129), dall’altro identificato che la promozione dell’attività
del complesso I mitocondriale e della sintesi di ATP, indotte dall’NNMT, sono entrambe
nediate dalla sirtuina 3 (130).
Tali evidenze sembrerebbero rivalutare il ruolo svolto dall’enzima, nonché dal suo prodotto
di
reazione,
nella
malattia
di
Parkinson,
mettendo
in
discussione
le
ipotesi
48
precedentemente formulate. L’NNMT infatti sembrerebbe entrare in giuoco nell’ambito di
meccanismi compensatori o di difesa piuttosto che promuovere e sostenere la patogenesi
di tale disturbo.
1.2.7 Ruolo dell'NNMT nelle patologie neoplastiche
Studi di espressione genica condotti su campioni di glioblastoma multiforme (GBM) hanno
mostrato elevati livelli di messaggero per l'NNMT rispetto ai controlli, costituiti da campioni
di tessuto cerebrale rimossi chirurgicamente da pazienti affetti da forme epilettiche
particolarmente severe (131). Elevati livelli di attività dell’enzima e del suo prodotto di
reazione N1-metilnicotinamide sono stati inoltre riscontrati in linee cellulari di glioma
umano trattate con interferone gamma (132). L’induzione dell’espressione dell’NNMT nella
linea cellulare di neuroblastoma umano SH-SY5Y è associata una diminuzione
significativa della morte cellulare. Inoltre sia il trattamento con MNA sia l’espressione
dell’NNMT conferiscono alle cellule una maggior protezione nei confronti dell’effetto
citotossico indotto da inibitori del complesso I, quali l’MPP+ e il rotenone (127, 129).
Studi condotti su cellule in coltura di carcinoma mammario hanno evidenziato la presenza
dell'NNMT in linee cellulari adriamicina-resistenti (MCF-7/ADR). L'espressione di tale
enzima non è stata invece rilevata a livello delle cellule progenitrici (MCF-7) sensibili al
trattamento con tale fattore chemioterapico (133, 134).
Allo scopo di chiarire i meccanismi molecolari relativi alla patogenesi del cancro della
tiroide, sono stati analizzati i profili di espressione genica di linee cellulari di carcinoma
tiroideo di tipo papillare, anaplastico, follicolare e midollare. I risultati hanno evidenziato
un'overespressione del gene per l'NNMT nella tipologia papillare. Successive indagini
49
condotte a carico della proteina hanno dimostrato elevati valori di attività enzimatica a
livello delle cellule di carcinoma tiroideo di tipo papillare rispetto a quelli ottenuti in altre
tipologie cellulare, nel tessuto sano e nelle colture primarie di cellule tiroidee. Per quanto
riguarda l'esplorazione dell'accumulo della proteina a livello cellulare, le analisi
immunoistochimiche hanno prodotto risultati che sono in accordo con il dato relativo
all'attività catalitica. A livello tissutale la proteina è abbondante nel carcinoma papillare e
follicolare, mentre non viene rilevata nel tessuto sano e nell'adenoma follicolare. Tali
indagini immunoistochimiche hanno inoltre confermato la localizzazione citoplasmatica
dell'NNMT ed evidenziato una blanda positività anticorpale a livello nucleare, positività
riscontrata soprattutto nei controlli e probabilmente ascrivibile a reattività aspecifica
dell'anticorpo policlonale utilizzato nel saggio (135).
Uno studio recente si è occupato di analizzare la funzione biologica dell’NNMT in diverse
linee cellulari di carcinoma mammario. La downregolazione dell’enzima nelle linee cellulari
Bcap-37 e MDA-MB-2 ha comportato una significativa riduzione della crescita cellulare e
della capacità di formare colonie, in vitro, e della tumorigenicità in vivo. Inoltre, nelle linee
assoggettate a silenziamento si riscontra una maggiore percentuale di cellule che vanno
incontro ad apoptosi ed un significativo aumento della produzione di ROS rispetto alle
cellule di controllo. Al contrario, l’overespressione dell’NNMT nelle linee cellulari MCF-7 e
SK-BR-3 è associata ad un’aumentata proliferazione cellulare, ad una maggiore capacità
di formare colonie ed una riduzione dell’apoptosi rispetto al controllo. Tali risultati
sembrano suggerire che il silenziamento genico dell’NNMT possa rappresentare una
strategia molecolare per il trattamento del cancro alla mammella (136).
L'analisi dei profili di espressione genica effettuata a partire dall'RNA isolato dal succo
pancreatico, ha evidenziato un'elevata espressione del gene per l'NNMT nei pazienti affetti
da carcinoma del pancreas rispetto ai soggetti affetti da patologie non neoplastiche a
carico del tratto gastrointestinale superiore (137). Sempre a livello pancreatico sono stati
50
condotti studi di profili di espressione genica dell’insulinoma. I risultati ottenuti evidenziano
che l’NNMT è un gene target del TGF-β1, i cui livelli di espressione in tale patologia
risultano essere diminuiti rispetto al controllo, portando di conseguenza ad una
diminuzione anche dei livelli dell’NNMT (80). Analisi condotte sulla linea cellulare
pancreatica PANC-1, sottoposta a deprivazione di glucosio, hanno dimostrato che il
silenziamento dell’NNMT determina una riduzione della proliferazione delle cellule
tumorali, mentre l’overespressione dell’enzima ne promuove la crescita e l’invasività. I
risultati ottenuti consentono dunque di attribuire all’NNMT un ruolo nella proliferazione
cellulare e nel potenziale metastatico delle cellule cancerose pancreatiche sottoposte a
stress metabolico. (138).
In un recente studio condotto a carico della linea cellulare di carcinoma pancreatico
PANC-1 esprimente il miR-1291, l’analisi del metaboloma mediante cromatografia liquida
accoppiata a spettrometria di massa (LC-MS) ha portato all’identificazione di elevati livelli
di N1-metilnicotinamide, aumento che risulta correlato ad un marcato incremento dei livelli
di mRNA per l’NNMT. In seguito all’induzione dell’espressione del miR-1291, le cellule
PANC1 hanno mostrato una ridotta capacità di migrazione ed invasione rispetto alle
cellule di controllo. Inoltre, inoculando in topi nudi le cellule PANC-1 che esprimevano il
miR1291 e le cellule di controllo, è stata identificata una correlazione inversa tra
l’espressione dell’mRNA per l’NNMT e la dimensione del tumore ottenuto in seguito a
xenotrapianto (139).
Nell'ambito delle neoplasie dell'apparato digerente l'espressione dell'enzima è stata
valutata nel carcinoma colorettale (CRC), del pancreas e dello stomaco. Analisi condotte a
carico di campioni tissutali relativi a soggetti affetti da carcinoma colorettale hanno
evidenziato elevati livelli proteici di NNMT nel tessuto canceroso rispetto a quello sano.
Allo scopo di candidare l'enzima quale potenziale marker periferico del carcinoma
colorettale, è stato effettuato uno screening a livello serico in un elevato numero di
51
campioni di sangue, provenienti da soggetti sani e da pazienti. I risultati prodotti hanno
rivelato la presenza di elevati livelli di NNMT nel siero dei soggetti patologici. Nonostante
l'NNMT sia una proteina citosolica non soggetta a secrezione, il suo rilevamento nel siero
fa ipotizzare che nei soggetti patologici la lesione neoplastica intestinale possa
determinare un rilascio dell'enzima a livello periferico o che la presenza di disturbi epatici
non manifesti (micrometastasi associata a necrosi degli epatociti) induca la traslocazione
di parte della proteina nel siero. Pertanto la determinazione dei livelli plasmatici dell'NNMT
potrebbe avere un'importante valenza nella diagnosi precoce del carcinoma colorettale
(140). Analisi mediante test ELISA sono state condotte successivamente allo scopo di
identificare la presenza di auto-anticorpi contro l’NNMT nel siero di pazienti affetti da
carcinoma colorettale e in quello di soggetti sani; tuttavia la ridotta sensibilità della
metodica non ha consentito di ottenere risultati soddisfacenti (141).
Uno studio recente si è occupato di analizzare la funzione biologica dell’NNMT in linee
cellulari di carcinoma del colon-retto. Esperimenti di silenziamento sulla linea cellulare HT29 e di overespressione sulla linea cellulare SW480, hanno indicato che l’upregolazione
dell’NNMT promuove significativamente la proliferazione cellulare, aumenta la capacità di
formare colonie in vitro e la tumorigenesi in vivo. L’overespressione dell’enzima induce
inoltre una riduzione dell’apoptosi e dei livelli intracellulari ROS, mentre porta ad un
aumento dei livelli di ATP. Il trattamento con N1-metilnicotinamide, prodotto di reazione
dell’NNMT, produce gli stessi effetti ottenuti in seguito all’overespressione dell’enzima. I
risultati ottenuti in seguito a tali analisi hanno consentito di rilevare un potenziale ruolo
dell’NNMT nel bilancio energetico della cellula e nella produzione di ROS (142).
Studi di natura proteomica effettuati in campioni di carcinoma gastrico hanno consentito di
rilevare elevati livelli di NNMT nel tessuto canceroso rispetto a quello sano in pazienti
affetti da tale patologia (143). Successive analisi hanno da un lato confermato tali risultati,
dall’altro evidenziato la presenza di un singolo segnale per l’NNMT a livello del tessuto
52
gastrico sano o ulceroso, e di 4 o 5 diversi segnali a carico del tessuto tumorale. Tale
risultato ha successivamente consentito di ipotizzare la presenza di forme fosforilate di
NNMT nel tessuto gastrico canceroso, forme che verrebbero prodotte in seguito a processi
di modificazione post-traduzionale a carico della proteina (144).
Esperimenti ELISA hanno rilevato la presenza di elevati livelli serici di NNMT in pazienti
affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) rispetto a soggetti sani e a
pazienti affetti da COPD. Successive analisi statistiche hanno inoltre evidenziato come la
valutazione dei livelli serici dell'NNMT e del CEA (carcinoembryonic antigen), marcatore
serico attualmente impiegato nell’ambito del NSCLC, aumenti la sensibilità per la
determinazione di questo tipo di neoplasia (145).
In uno studio successivo sono stati analizzati i livelli di espressione dell’enzima NNMT in
campioni di tessuto appartenenti a soggetti affetti da NSCLC, mediante Real Time PCR,
analisi Western blot e saggio per la determinazione dell’attività catalitica. Le indagini sono
state condotte nel tessuto tumorale e nel tessuto peritumorale prelevato vicino (1-2 cm) e
lontano (> 5 cm) rispetto al margine della neoplasia. L’attività dell’enzima è stata poi
correlata alle caratteristiche clinico-patologiche. I risultati hanno indicato un aumento
statisticamente significativo dell’espressione dell’NNMT sia a livello di messaggero che di
proteina nel tumore rispetto al tessuto peritumorale. In linea con tali risultati, i valori di
attività specifica rilevati a livello del tessuto polmonare tumorale sono risultati
significativamente più elevati rispetto quelli determinati nel tessuto peritumorale,
candidando l’enzima quale potenziale marcatore molecolare del carcinoma polmonare non
a piccole cellule (146). Successive analisi immunoistochimiche hanno confermato
l’overespressione dell’NNMT nel tessuto polmonare tumorale rispetto al tessuto
peritumorale prossimo e lontano rispetto al margine della neoplasia. Inoltre, sono stati
condotti esperimenti di silenziamento genico dell’enzima nella linea cellulare di carcinoma
polmonare non a piccole cellule A549 ed è stato valutato l’effetto che tale silenziamento ha
53
avuto sul fenotipo della cellula neoplastica. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il
knockdown dell’NNMT conduce ad una sensibile riduzione della tumorigenicità in vitro
(147).
Esperimenti di Real-Time PCR hanno mostrato una marcata diminuzione dei livelli di
messaggero per l'NNMT in campioni di carcinoma epatocellulare rispetto al tessuto sano
adiacente. Analisi statistiche hanno tuttavia evidenziato l'esistenza di una correlazione
diretta tra l'espressione dell'NNMT e lo stadio tumorale e una correlazione inversa con la
sopravvivenza suggerendo un possibile ruolo dell'enzima quale marcatore prognostico
(148). Linee cellulari di carcinoma epatocellulare trasfettate con il gene dell'NNMT hanno
mostrato maggiori capacità invasive e adesive (149).
Un’elevata espressione dell’NNMT è stata inoltre riscontrata in campioni tissutali di
carcinoma squamoso del cavo orale (OSCC) rispetto ai controlli. In particolare, è stata
evidenziata una correlazione inversa tra l’entità dell’overespressione dell’NNMT e la
presenza di metastasi (150). Successive analisi immunoistochimiche hanno dimostrato
che i livelli di espressione dell’NNMT risultano maggiori nei tumori di basso grado (151).
Recenti studi hanno evidenziato elevati livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica
(tessuto canceroso vs tessuto sano) in pazienti affetti da OSCC. Successivi esperimenti
mediante Western blot hanno inoltre mostrato un’aumentata espressione dell’NNMT nella
saliva dei pazienti rispetto ai soggetti sani, suggerendo un potenziale impiego dell’enzima
nella diagnosi precoce e non invasiva di tale neoplasia (152). Allo scopo di valutare il ruolo
svolto dall’NNMT nel metabolismo della cellula tumorale, sono stati eseguiti esperimenti di
silenziamento dell’enzima, attraverso il meccanismo dell’RNA interfrence (RNAi), nella
linea cellulare KB. La riduzione di espressione dell’NNMT ha comportato una diminuzione
della crescita cellulare e del potenziale tumorigenico in vivo, evidenziando un possibile
coinvolgimento dell’enzima nel processo di proliferazione e nei meccanismi di
tumorigenicità della cellula neoplastica (153, 154).
54
Elevati livelli di NNMT sono stati riscontrati in campioni tissutali di carcinoma nasofaringeo.
Successive analisi, volte all’esplorazione di correlazioni tra il grado di espressione
dell’NNMT e i parametri clinico-patologici, hanno evidenziato un importante ruolo quale
marcatore prognostico di tale neoplasia (155).
Nonostante l’upregolazione dell’NNMT sia stata rilevata in diverse neoplasie, il ruolo svolto
dall’enzima nel processo di tumorigenesi risulta ancora sconosciuto. Un recente studio a
carattere metabolomico ha evidenziato che nelle cellule cancerose che mostrano
un’esaltata attività nicotinamide N-metiltrasferasica, si ha sottrazione di gruppi metilici
all’S-adenosil-L-metionina (SAM) con conseguente alterazione dello stato di metilazione.
Tale condizione sembra modificare il quadro epigenetico della cellula neoplastica,
determinando uno stato di ipometilazione degli istoni e un aumento dell’espressione di
fattori protumorigenici (156, 157).
Nel campo delle neoplasie urologiche, analisi relative all'enzima sono state eseguite a
carico del tumore della vescica e del carcinoma renale. Analisi condotte su una linea di
carcinoma vescicale radioresistente (MGH-UI) hanno evidenziato elevati livelli di
messaggero per l'NNMT rispetto al suo subclone radiosensibile (S40b). Tali risultati
indicano un ruolo dell'enzima nella responsività cellulare al trattamento radioterapico. Il
possibile coinvolgimento dell’NNMT nel determinare radioresistenza nella cellula
neoplastica potrebbe essere dovuto alla sua attività catalitica. Un’iperespressione
dell’enzima potrebbe infatti determinare una riduzione intracellulare dei livelli di
nicotinamide, noto radiosensibilizzante in grado di amplificare a livello cellulare il danno
prodotto dalle radiazioni (158). In tale ambito di ricerca, i successivi studi sono stati
condotti su cellule staminali tumorali (cancer stem cells). Cloni di cellule staminali tumorali
di origine mesenchimale overesprimenti l’NNMT hanno infatti mostrato una spiccata
resistenza al trattamento radioterapico, facendo ipotizzare che gli elevati livelli di enzima
possano
essere
responsabili
di
tale
radioresistenza.
L’attività
nicotinamide
N-
55
metiltrasferasica infatti, abbassando i livelli intracellulari di nicotinamide, rimuove
l’inibizione operata nei confronti della PARP e consente a quest’ultima di espletare la sua
azione riparatrice nei confronti del DNA danneggiato. A carico dei cloni radioresistenti,
sono stati inoltre rilevati elevati livelli di espressione di NAMPT, enzima coinvolto nella
sintesi del NAD+ partendo dalla nicotinamide. Elevati livelli di NAMPT si tradurrebbero in
una maggiore disponibilità di NAD+, che cotituisce il substrato della PARP nei processi di
poli-ADP-ribosilazione (159).
Per quanto riguarda l’analisi dell’NNMT in associazione alle CSCs, è stato recentemente
condotto uno studio di espressione dell’enzima nelle cellule tumorali staminali purificate
dalla linea cellulare di carcinoma della laringe Hep-2. I dati ottenuti evidenziano
un’overespressione dell’NNMT nelle popolazioni arricchite in CSCs rispetto alle cellule
parentali e attribuiscono all’enzima un ruolo particolarmente rilevante nel metabolismo
della cellula tumorale, in considerazione del fatto che le CSCs vengono considerate le
principali responsabili dei fenomeni di chemio- e radioresistenza e ad esse si attribuisce la
capacità che il tumore ha di recidivare. (160).
Studi condotti su campioni di tessuto vescicale canceroso hanno mostrato una
correlazione tra i livelli di espressione dell'enzima e lo stadio del tumore. Successivi
esperimenti di silenziamento dell'NNMT in linee cellulari di carcinoma della vescica hanno
mostrato una riduzione della migrazione e della proliferazione cellulare, indicando un
possibile ruolo dell'enzima nella progressione tumorale (161).
Un recente studio ha evidenziato alti livelli di espressione e di attività enzimatica
dell'NNMT in campioni di tessuto canceroso vescicale di pazienti sottoposti a cistectomia
per il trattamento del carcinoma uroteliale della vescica. L'espressione genica, a livello sia
di messaggero che di proteina, è stata inoltre valutata nelle cellule di sfaldamento
dell'urotelio vescicale ottenute da campioni urinari di pazienti e soggetti sani. I risultati
ottenuti hanno mostrato un aumento dei livelli di espressione dell’NNMT nei campioni
56
tumorali rispetto ai controlli. Tali evidenze suggeriscono che la determinazione dei livelli di
espressione urinaria dell'enzima possa essere usata nella diagnosi precoce e noninvasiva del carcinoma uroteliale della vescica (162). Un’ulteriore analisi, condotta sul
carcinoma vescicale, ha evidenziato un’overespressione dell'NNMT nelle forme di tumore
che si estendono alla tonaca muscolare (163).
Elevati livelli di messaggero sono stati rilevati nel tessuto canceroso, rispetto a quello
sano, di pazienti affetti da carcinoma renale. L'analisi statistica ha evidenziato una
correlazione inversa tra l’entità di tale overespressione e le dimensioni del tumore,
suggerendo quindi un coinvolgimento dell'enzima nelle fasi iniziali della carcinogenesi
(164, 165). Analisi immunoistochimiche condotte su campioni di carcinoma renale hanno
mostrato una correlazione inversa tra i livelli di espressione dell'enzima e la sopravvivenza
dei pazienti. Tale analisi ha inoltre evidenziato la presenza di un'overespressione
dell'NNMT nel carcinoma renale a cellule chiare rispetto all'istotipo cromofobo (166).
Analisi immunoistochimiche e mediante 2D-Page hanno mostrato la presenza di elevati
livelli di NNMT nei campioni di carcinoma renale rispetto ai campioni di controllo, in
particolare nell’istotipo a cellule chiare dove è stata riscontrata una correlazione inversa
con il grado. Successivi test ELISA effettuati sul plasma di pazienti affetti da carcinoma
renale e soggetti sani hanno confermato la presenza di un maggiore quantitativo di enzima
nei campioni tumorali (167).
Indagini condotte su liquido interstiziale perirenale di tessuto sano e canceroso (carcinoma
a cellule chiare) hanno evidenziato elevati livelli di NNMT nel tumore rispetto al controllo
(168).
Un recente studio condotto su linee cellulari di carcinoma renale a cellule chiare ha
dimostrato che l’espressione dell’NNMT è associata alla capacità invasiva della cellula. Si
è osservato inoltre che, in seguito al silenziamento dell’NNMT si assiste ad una
57
diminuizione della crescita tumorale e del potenziale metastatico in vivo della cellula
tumorale (169).
Un ulteriore studio condotto sul carcinoma renale ha evidenziato elevati livelli sierici di
NNMT nei soggetti patologici rispetto ai controlli, candidando l'NNMT quale promettente
biomarker per la diagnosi precoce dei tumori renali, sia in termini di specificità sia di
sensibilità (170).
Studi eseguiti mediante analisi immunoistochimica hanno evidenziato un’overespressione
dell’NNMT nel carcinoma prostatico rispetto all’iperplasia prostatica benigna, patologia in
cui l’enzima risultava debolmente espresso. Le analisi volte all’identificazione di
correlazioni tra i livelli dell’NNMT e i parametri clinico-patologi hanno evidenziato che
l’espressione dell’enzima è inversamente correlata al grado di differenziamento (Gleason
score), suggerendo un potenziale coinvolgimento dell’NNMT nelle fasi precoci della
trasformazione maligna del tessuto prostatico. Successive analisi, condotte a carico di
soggetti affetti da forme più avanzate, hanno dimostrato che esiste una correlazione
diretta tra i livelli di espressione dell’NNMT e la sopravvivenza, indicando che l’analisi
dell’espressione dell’enzima potrebbe essere utilizzata a fini progostici (171).
58
1.3
SCOPO DEL LAVORO
Il cancro della vescica è la neoplasia più comune delle vie urinarie, oltre a rappresentare la
principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da neoplasie a carico di tale
distretto. L’assenza di procedure diagnostiche affidabili e non invasive per la diagnosi
precoce di questo tumore, assieme alle problematicità associate alla sua pratica clinica,
sono alla base degli sforzi compiuti dalla ricerca scientifica in campo urologico, volti
all’identificazione di biomarcatori che fungano da indicatori della presenza del processo
neoplastico in atto.
Al raggiungimento di tale scopo risulta necessaria l’individualizzazione di siti di indagine
diagnostica a ridotta invasività che consentano di effettuare un monitoraggio clinico
accurato e prolungato nel tempo, e procedure che siano informative sulle complesse
proprietà biologiche della cellula neoplastica.
L’identificazione di tali caratteristiche può derivare dall’integrazione di numerosi tratti
fenotipici, mediante la tracciatura di specifici profili biomolecolari. Gli approcci della
genomica, della trascrittomica e della proteomica fornisco importanti informazioni per la
tipizzazione dei tumori. Tuttavia, molte conoscenze sono ancora ad uno stadio iniziale,
soprattutto per quanto concerne la predizione della risposta clinica a vari agenti terapeutici
o l’evoluzione biologica del tumore. L’individuazione delle alterazioni molecolari che
caratterizzano la cellula neoplastica e il loro possibile ruolo, quali bersagli di appropriati
interventi correttivi, sono indispensabili per una idonea strategia terapeutica della malattia.
Dall’analisi dei dati presenti in letteratura si evince un sostanziale incremento
dell’espressione dell’enzima in molteplici neoplasie. E’ risultato pertanto interessante
affrontare uno studio volto alla valutazione dei livelli dell’NNMT nel carcinoma vescicale.
59
Il presente lavoro di ricerca, svolto all’interno del Dipartimento di Scienze Cliniche
Specialistiche e Odontostomatologiche, in seguito alla collaborazione tra la Sezione di
Biochimica, Biologia e Fisica (Biochimica) e quella delle Scienze Cliniche (Urologia)
dell'Università Politecnica delle Marche, ha avuto come scopo l’esplorazione dei profili di
espressione dei geni coinvolti nel trasporto e nel metabolismo dei farmaci, in campioni
tissutali sani e cancerosi di pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica. L’analisi
mediante cDNA macroarray ha consentito di individuare un’overespressione a carico del
gene codificante l’enzima NNMT nel tessuto tumorale.
Al fine di validare i risultati ottenuti, l’analisi di espressione dell’NNMT è stata estesa ad
una coorte di pazienti che presentavano carcinoma uroteliale della vescicale e che erano
stati sottoposti a cistectomia totale.
Allo scopo di verificare se la valutazione dei livelli di NNMT potesse essere impiegata nella
diagnosi precoce e non invasiva di tale neoplasia, l’attività di ricerca si è successivamente
focalizzata sull’analisi di espressione dell'enzima in campioni urinari ottenuti da pazienti
affetti da carcinoma uroteliale della vescica e da soggetti sani. E’ stata dapprima valutata
l’esistenza di differenze significative nei livelli di espressione dell'NNMT tra i campioni
patologici e quelli di controlli, al fine di poter stabilire un valore soglia (cut-off) da poter
impiegare per discriminare i soggetti malati dai sani. Successive analisi hanno consentito
di esplorare l’esistenza di eventuali correlazioni tra i dati ottenuti a carico dei campioni
patologici e le caratteristiche cliniche dei pazienti presi in esame.
60
Capitolo 2 Materiali e Metodi
61
2.1 ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI
TISSUTALI
2.1.1 Raccolta dei campioni di tessuto vescicale
I campioni di tessuto vescicale sono stati prelevati da pazienti sottoposti a cistectomia
totale presso la Clinica Urologica dell’Università Politecnica delle Marche. I campioni,
raccolti nel periodo compreso tra Gennaio 2006 e Ottobre 2008, sono stati
tempestivamente congelati in azoto liquido dopo il prelievo chirurgico e successivamente
conservati a -80°C (Tabella 1).
62
Tabella 1. Caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti presi in esame.
Numero di pazienti
28
Età media (range)
69 (43-80)
Sesso (uomini:donne)
24:4
Grado istologico
G1
0
G2
0
G3
28
Metastasi linfonodali
N0
16
N+
12
Classificazione pT
pT1
2
pT2
4
pT3
18
pT4
4
63
2.1.2 Estrazione dell’RNA totale
Il materiale di laboratorio impiegato per l’estrazione dell’RNA totale è stato trattato con una
soluzione di DEPC allo 0,1% in acqua milliQ e successivamente autoclavato a 120°C per
30’. Gli strumenti non autoclavabili ed il piano di lavoro sono stati trattati con RNase ZAP
(Sigma). Mediante l’impiego del Kit SV Total RNA Isolation System (Promega) è stato
possibile isolare l’RNA totale dal tessuto vescicale sano e tumorale (~30 mg).
La concentrazione e la qualità del materiale ottenuto è stata verificata sottoponendo l’RNA
isolato ad analisi spettrofotometrica mediante l’utilizzo dello strumento NanoDrop 1000
(Thermo Scientific). Tale analisi ha previsto la valutazione dei valori di assorbanza a 3
differenti lunghezze d’onda: 230, 260 e 280 nm. Sono stati inoltre verificati i rapporti tra i
valori di assorbanza misurati alle differenti lunghezze d’onda (260/280 nm e 260/230 nm)
al fine di valutare possibili contaminazioni dei campioni da parte di proteine o di guanidina
tiocianato.
La valutazione e l’integrità dei campioni di RNA isolato (1 μg) è stata confermata mediante
elettroforesi su gel di agarosio all’1% in TBE.
2.1.3 cDNA macroarray
L’analisi dei profili di espressione dei geni coinvolti nel trasporto e nel metabolismo dei
farmaci è stata condotta mediante il cDNA macroarray, a carico del tessuto sano e
canceroso di un paziente affetto da carcinoma uroteliale della vescica.
La tecnologia del cDNA macroarray (SupeArray) permette di valutare in unico esperimento
l’espressione di numerosi geni, coinvolti in uno stesso pathway metabolico.
64
La tecnica si articola in 4 passaggi:
1. sintesi e marcatura della sonda,
2. ibridazione della sonda su un filtro di nylon,
3. rilevazione del segnale chemiluminescente,
4. analisi dell’immagine ed elaborazione dei dati.
I filtri di nylon impiegati per lo svolgimento di tale analisi (GEArray Q Series Human Drug
Metabolism, SuperArray) presentano immobilizzati sulla superficie, sottoforma di tetraspot,
i frammenti di cDNA relativi ai 96 geni coinvolti nel trasporto e nel metabolismo dei
farmaci.
Il cDNA ottenuto in seguito alla retrotrascrizione dell’RNA totale estratto dal tessuto
vescicale sano e canceroso del paziente preso in esame, è stato impiegato per la sintesi
della sonda molecolare utilizzando il kit GEArray AmpoLabeling-LPR (SuperArray),
secondo il protocollo operativo per la rivelazione del segnale in chemiluminescenza.
Una volta sintetizzata la sonda e dopo aver verificato che la reazione di sintesi fosse
avvenuta con una efficienza adeguata, ovvero che a termine del processo fosse stata
incorporata nella sonda una sufficiente quantità di uracile biotinilato, si è proceduto allo
svolgimento delle fasi di pre-ibridazione ed ibridazione dei filtri di nylon con la sonda
ottenuta. Dopo aver rimosso l’eccesso di sonda sottoponendo i filtri a diversi lavaggi, si è
proceduto al bloccaggio e all’incubazione con una soluzione contenente streptoavidina
legata alla fosfatasi alcalina. In seguito ad una serie di lavaggi volti a rimuovere la
streptoavidina eccedente si è proceduto alla riequilibrazione dei filtri e alla rivelazione del
segnale relativo a ciascun gene in seguito ad incubazione con un opportuno substrato
che, reagendo in presenza della fosfatasi alcalina, genera chemiluminescenza. Le
immagini sono state acquisite a diversi tempi di esposizione mediante l’utilizzo del
ChemiDoc (Bio-Rad). La valutazione dell’espressione genica differenziale nel tessuto sano
e tumorale è stata effettuata con l’impiego dei softwares Quantity One (Bio-Rad),
65
ScanAlyze (SuperArray) e GEArrayAnalyzer (SuperArray), utilizzando la β-actina quale
gene per la normalizzazione.
2.1.4 RT-PCR semiquantitativa
La valutazione dei livelli dell’RNA messaggero per l’NNMT è stata effettuata partendo
dall’RNA totale isolato dal tessuto sano e cancerosi dei 28 pazienti analizzati. L’RNA totale
è stato retrotrascitto utilizzando M-MLV Reverse Transcriptase (Promega) e nonameri
quali primers. Un’aliquota della miscela di retrotrascrizione (1μl) è stata usata come
stampo per l’amplificazione mediante PCR di una porzione del cDNA per l’NNMT. La
reazione di PCR è stata eseguita in un volume di 25 μl mediante l’impiego della DNA
Polymerase (Biotools) applicando le seguenti condizioni di reazione:
1. denaturazione a 94°C per 3’
2. denaturazione a 94°C per 30’’
35 cicli di amplificazione
3. annealing a 56°C per 30’’
4. polimerizzazione a 72°C per 5’
Il gene housekeeping β-actina è stato impiegato per la normalizzazione dei risultati. I
primers usati per l’amplificazione delle porzioni relative al cDNA per i 2 geni (NNMT e βactina) possiedono le seguenti sequenze nucleotidiche:

NNMTf → 5’-TGGCTTCTGGAGGAAAGAGA-3’,

NNMTr → 5’-AATCAGCAGGTCTCCCTTCA-3’,

β-actinaf → 5’-CTCTTCCAGCCTTCCTTCCT-3’,

β-actinar → 5’-TGTTGGCGTACAGGTCTTTG-3’.
66
Questi nucleotidi consentono di amplificare un frammento di 238 bp per l’NNMT e uno di
109 bp per la β-actina. I prodotti di PCR sono stati visualizzati dopo elettroforesi su gel di
agarosio al 2% in TAE.
2.1.5 Real-Time PCR
L’entità dell’espressione dell’NNMT nel tessuto tumorale rispetto a quello sano è stata
valutata mediante Real-Time PCR. Questa metodica consente infatti la simultanea
amplificazione e quantizzazione del templato utilizzato quale stampo, grazie alla presenza
di molecole fluorescenti che vanno ad intercalarsi a livello dei prodotti di amplificazione.
In una reazione di amplificazione, la quantità di prodotto che si forma dopo un ciclo
termico raddoppia al ciclo successivo. Pertanto è possibile ottenere una curva di
amplificazione del templato di interesse, misurando l’incremento di fluorescenza dovuto
alla formazione di nuovo prodotto all’avanzare dei cicli termici. Tale curva ha un
andamento sigmoide e presenta una fase esponenziale crescente nella quale è possibile
individuare un ciclo di amplificazione ottimale a cui corrisponde un valore di fluorescenza
che è la misura della quantità di prodotto che si è formato: ciclo soglia (Ct). Il valore di Ct è
rappresentato dalla proiezione sull’asse delle ascisse del punto in cui la curva di
amplificazione si interseca con la linea che definisce il segnale relativo alla fluorescenza di
base (172).
Il templato sottoposto all’analisi mediante Real-Time PCR è rappresentato dal cDNA
ottenuto dalla retrostrascrizione dell’RNA messaggero isolato dal tessuto vescicale sano e
tumorale, secondo quanto descritto in precedenza. Tale cDNA è stato amplificato
mediante PCR con primers specifici per il gene di interesse (NNMT) e per il gene
67
housekeeping (β-actina). In ciascuno dei soggetti presi in esame, la determinazione dei
livelli espressione relativa dell’NNMT (tessuto neoplastico rispetto a quello tumorale) è
stata effettuata mediante il calcolo dei valori di Ct relativi ai 2 geni e mediante l’impiego
della formula 2-ΔΔCt, dove ΔCt = (Ct NNMT – Ct β-actina), mentre S e C si riferiscono
rispettivamente al tessuto tumorale e a quello sano. L’analisi è stata effettuata utilizzando
il Rotor-Gene 3000 (Corbett Research) e la chimica adottata per la rilevazione dei prodotti
di amplificazione ha previsto l’impiego del SYBR Green.
La reazione di amplificazione è stata allestita in miscele da 25 μl (in duplicato), utilizzando
la JumpStar Taq DNA Polymerase (Sigma) e il cDNA da tessuto vescicale quale stampo.
Le sequenze nucleotidiche relative alle coppie di primers impiegate per l’amplificazione
dell’NNMT e della β-actina sono le seguenti:

NNMTf → 5’-GAATCAGGCTTCACCTCCAA-3’,

NNMTr → 5’-TCACACCGTCTAGGCAGAAT-3’,

β-actinaf → 5’-CTCTTCCAGCCTTCCTTCCT-3’,

β-actinar → 5’-TGTTGGCGTACAGGTCTTTG-3’.
Sono stati effettuati 40 cicli di amplificazione, ciascuno dei quali costituito da una fase di
denaturazione a 94°C per 30” e da una fase di annealing-elongazione a 56°C per 30”.
2.1.6 Western blot
Un quantitativo di circa 30 mg di tessuto vescicale normale e tumorale sono stati
omogenizzati mediante cavitron e potter in 1 ml di tampone PBS 1X, contenente NonidetP40 10 mg/ml, desossicolato di sodio 5 mg/ml, SDS 1 mg/ml, ortovanadato di sodio 1 mM,
PMSF 1 mM, aprotinina 2 μg/ml.
68
I campioni sono stati centrifugati per 10’ a 16000 xg a 4°C. Il surnatante è stato recuperato
e sottoposto al saggio di Bradford per la valutazione della concentrazione proteica (173).
50 μg dell’estratto proteico, ottenuto da ciascun campione, sono stati assoggettati ad
elettroforesi in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) secondo il metodo Laemmli,
impiegando un running gel ad una concentrazione di poliacrilamide pari al 15%.
Terminata la corsa elettroforetica è stato effettuato il trasferimento delle proteine dal gel
alla membrana di PVDF. Essendo questa membrana altamente idrofobica, è stata
dapprima immersa in metanolo 100% per alcuni secondi, quindi in acqua per 2-3 minuti ed
infine nel tampone di trasferimento (CAPS 10 mM, metanolo al 10%, pH 11) per 30’. Il gel
è stato invece mantenuto in tampone CAPS per 10’.
Successivamente è stato effettuato l’assemblaggio del sistema di trasferimento che
consiste in un supporto di plastica, formato da due lastre dove vengono deposte, in
successione uno sull’altro, una spugnetta e due pezzi di carta da filtro, imbevuti di
tampone di trasferimento. Di seguito sono stati aggiunti il gel, la membrana di PVDF
(aventi le stesse dimensioni) e altri due pezzi di carta da filtro e un’altra spugnetta sempre
imbevuti di tampone CAPS.
Il dispositivo di trasferimento assemblato viene posto tra due elettrodi paralleli all’interno di
una vaschetta per elettroforesi contenente il tampone di trasferimento, rivolgendo il lato
relativo alla membrana di PVDF verso l’anodo. In questo modo le proteine, cariche
negativamente, migreranno verso il polo positivo passando dal gel alla membrana. Il
trasferimento è stato protratto per 30’ a 250 mA, a 4°C.
La membrana sulla quale sono state trasferite le proteine è stata dapprima sottoposta a
procedura di bloccaggio, mediante incubazione (overnight a 4°C) con PBS 1X, Tween-20
allo 0,05% e siero di latte al 5% (soluzione A). Successivamente, sono stati effettuati 3
lavaggi della durata di 5’ ciascuno con PBS 1X e Tween-20 0,05% (soluzione B), a cui è
seguita un’incubazione di un’ora con anticorpi policlonali di coniglio anti-NNMT (Sigma),
69
diluiti 1:1000 in soluzione A. Sono stati quindi eseguiti 5 lavaggi da 5’ ciascuno con la
soluzione B ed è stata effettuata un’incubazione di un’ora con gli anticorpi secondari antirabbit coniugati con la perossidasi (Pierce), diluiti 1:2000 in soluzione A. Sono stati quindi
eseguiti altri 5 lavaggi da 5’ ciascuno in soluzione B e si è proceduto alla rivelazione del
segnale chemiluminescente relativo all’NNMT mediante l’impiego del kit SuperSignal West
Femto Maximum Sensitivity Substrate (Pierce). L’acquisizione delle immagini relative alle
membrane PVDF ha previsto l’impiego del ChemiDoc (Bio-Rad) e del software Quantity
One (Bio-Rad).
2.1.7 Determinazione dell’attività nicotinamide N-metiltrasferasica
L’attività catalitica dell’NNMT nel tessuto vescicale sano e canceroso è stata determinata
mediante la valutazione quantitativa di uno dei due prodotti di reazione, l’N1metilnicotinamide, attraverso un sistema HPLC. L’HPLC impiegata appartiene alla serie
LC-20A prominence (Shimadzu) ed è provvisto di un SPD-M20A UV/Vis Photodiode Array
Detector (Shimadzu) che consente di visualizzare per ogni punto del cromatogramma il
corrispondente spettro di assorbimento. La separazione è stata realizzata mediante
l’utilizzo della colonna Supelcosil LC-18-S (Supelco), avente dimensioni pari a 25 cm di
lunghezza e 4,6 mm didiametro, e costituita da una matrice di silice a cui è legata una fase
stazionaria formata da catene idrocarburiche a 18 atomi di carbonio. L’utilizzo di tale
colonna ha consentito di operare una separazione dell’analita di interesse mediante il
principio della cromatografia di adsorbimento a fase inversa in cui, la fase mobile,
rappresentata da una soluzione acquosa, possiede una polarità maggiore di quella
70
stazionaria, condizione che determina un’elevata interazione di tipo idrofobico tra
quest’ultima ed il campione.
La colonna è stata equilibrata in tampone A contenente 0,1 M KH 2PO4 pH 6; l’eluizione del
campione è avvenuta mediante il tampone A ed il tampone B, costituito dall’80% del
tampone A e dal 20% di metanolo. Il monitoraggio dell’eluato è stato effettuato mediante
valutazione dell’assorbanza a 260 nm.
Ciascuna aliquota di tessuto vescicale sano e patologico (40-60 mg) è stata omogenizzata
mediante potter in 2-3 volumi di tampone Tris-HCl 50 mM pH 8,6 contenente aprotinina 2
μg/ml, PMSF 1mM e ditiotreitolo (DTT) 1mM. L’omogenato ottenuto è stato quindi
centrifugato a 16000 xg per 30’ a 4°C e la determinazione dell’attività nicotinamide Nmetiltrasferasica è stata effettuata utilizzando il sovranatante quale campione enzimatico.
La miscela di reazione (200 μl) conteneva Tris-HCl 50 mM pH 8,6, DTT 1mM, S-adenosilL-metionina 0,5 mM, Nicotinamide 5 mM e un opportuno volume di sovranatante. La
reazione enzimatica è iniziata in seguito all’aggiunta di S-adenosil-L-metionina e
l’incubazione della miscela è stata effettuata a 37°C per tempi diversi compresi tra 0’ e 60’.
La reazione è stata interrotta aggiungendo 25 μl di HClO 4 1,2 M freddo a 50 μl di miscela
prelevata. La soluzione acida è stata mantenuta in ghiaccio per 5’ e dopo una
centrifugazione a 16000 x g per 1’, un volume pari a 65 μl del sovranatante è stato
prelevato e neutralizzato con 14 μl di K2CO3 0,8 M. Il KClO4 formatosi in seguito alla
reazione acido-base è stato rimosso mediante centrifugazione a 16000 x g per 1’. Al
sovranatante neutralizzato sono stati aggiunti 65 μl di tampone A e, di questa miscela, un
volume pari a 100 μl è stato iniettato in HPLC, impostando un flusso di eluizione pari a 1,3
ml/min. L’eluizione del campione è avvenuta applicando un metodo di separazione della
durata di 20’, costituito da una prima fase isocratica al 100% di A e una seconda fase
isocratica al 100% di B alla quale fa seguito, al termine della corsa, una riequilibrazione
della colonna cromatografica con il tampone A.
71
Per l’NNMT si definisce unità di attività enzimatica la quantità di enzima che catalizza la
reazione di formazione di 1 nmole di N1-metilnicotinamide in 1 ora a 37°C.
72
2.2 ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI
URINARI
2.2.1 Raccolta dei campioni urinari
A partire da 55 pazienti con evidenza di carcinoma vescicale, ricoverati presso la Clinica
Urologica dell'Università Politecnica delle Marche nel periodo compreso tra Gennaio 2012
e Luglio 2014, sono stati ottenuti i campioni urinari patologici presi in esame in questo
lavoro. Tali campioni sono stati raccolti prima che i pazienti fossero sottoposti a resezione
endoscopica transuretrale della vescica. L'esame istologico del tessuto vescicale
asportato in seguito all’intervento chirurgico ha confermato la presenza di carcinoma
uroteliale di alto o basso grado di malignità (Tabella 2).
I campioni urinari costituenti il gruppo di controllo sono stati ottenuti da 107 soggetti sani,
una parte dei quali è rappresentata da volontari appartenenti all’Associazione “Infinito
Vita”, afferente alla Banca di Credito Cooperativo (BCC) di Recanati e Colmurano.
I campioni urinari, sia patologici sia di controllo, rappresentanti il secondo mitto del
mattino, sono stati raccolti in contenitori sterili e trasferiti a temperatura controllata (4°C)
dai centri di raccolta alla Sezione di Biochimica, Biologia e Fisica del Dipartimento di
Scienze Cliniche Specialistiche e Odontostomatologiche dell’Università Politecnica delle
Marche, dove sono stati opportunamente trattati.
73
Tabella 2. Caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti presi in esame.
Numero di pazienti
55
Classificazione pT
pTa
26
pT1
27
pT2
1
pT3
1
Metastasi linfonodali
N0
55
N+
0
Metastasi a distanza
M0
55
M+
0
Grado istologico
Classificazione WHO 1973
G1
30
G2
0
G3
25
Classificazione WHO 2004
PUNLMP
0
Basso grado
28
Alto grado
27
Diagnosi della neoplasia
Tumore primario
28
Recidiva
27
Trattamento ricevuto
Terapia intravescicale
27
Nessun trattamento
28
74
2.2.2 Trattamento dei campioni urinari: estrazione dell’RNA totale e
retrotrascrizione
Con l’obiettivo di isolare l’RNA totale da cellule di sfaldamento della vescica presenti nelle
urine raccolte, circa 100 ml di ciascun campione urinario sono stati centrifugati per 15’ a
1400 xg a 4°C. Al termine di tale procedura gran parte del surnatante è stato eliminato,
tranne un volume pari a circa 4-5 ml che è stato utilizzato per risospendere il pellet. Il
campione è stato quindi sottoposto ad una successiva centrifugazione nelle medesime
condizioni, a termine della quale il surnatante è stato comoletamente e definitivamente
scartato. Il pellet formatosi è stato quindi assoggettato all’isolamento dell’RNA totale
mediante l’impiego del RNeasy Micro Kit (Qiagen). Ciascun campione di RNA totale
isolato è stato successivamente retrotrascritto, secondo la metodica descritta in
precedenza.
2.2.3 Real-Time PCR
La Real Time PCR è stata eseguita al fine di determinare quantitativamente i livelli di
espressione dell’NNMT nelle urine di soggetti sani e in quelle di pazienti con neoplasia
vescicale. L’analisi dell’espressione dell’NNMT è stata condotta utilizzando il CFX96 RealTime PCR Detection System (Bio-Rad) e l’impiego della SsoFast EvaGreen Supermix
(Bio-Rad).
Le sequenze nucleotidiche relative alle coppie di primers impiegate per l’amplificazione
dell’NNMT e della β-actina sono le seguenti:

NNMTf → 5’-GAATCAGGCTTCACCTCCAA-3’,

NNMTr → 5’-TCACACCGTCTAGGCAGAAT-3’,
75

β-actinaf → 5’-TCCTTCCTGGGCATGGAGT-3’,

β-actinar → 5’-AGCACTGTGTTGGCGTACAG-3’.
Le condizioni di reazione hanno previsto una denaturazione iniziale a 95ºC per 30 secondi
la cui funzione è quella di permettere l’attivazione dell’enzima DNA polimerasi. Hanno fatto
poi seguito 40 cicli di amplificazione, ciascuno dei quali costituito da una fase di
denaturazione a 95ºC per 30 secondi e da una fase di annealing-extension a 58°C per 30
secondi.
2.2.4 Analisi statistiche
Le analisi statistiche sono state condotte mediante l’utilizzo del software IBM SPSS
Statistics (IBM) e il livello di significatività (p) fissato è pari a 0,05.
I dati ottenuti dall’analisi dell’attività dell’NNMT nel tessuto sano e canceroso dei campioni
esaminati sono stati elaborati mediante il test non parametrico di Wilcoxon, che consente
di paragonare due serie di valori appaiati tra loro e relativi ad uno stesso parametro.
L’esistenza di correlazioni statisticamente significative tra i dati relativi all’incremento
dell’attività dell’NNMT nel tessuto patologico rispetto al tessuto sano adiacente, e le
caratteristiche clinico-patologiche del tumore (pT e metastasi linfonodali) è stata esplorata
mediante il test U di Mean-Whitney e il test di Kruskal-Wallis. Tali test non parametrici
consentono di paragonare, rispettivamente, due o più serie di valori non appaiati tra loro e
relativi ad una stessa variabile. Nel nostro caso è stato esplorato se gli incrementi
dell’attività dell’NNMT erano differenti tra tumori di diverso stadio (T1 vs T2 vs T3 vsT4),
tra tumori che presentano metastasi linfonodali (N+) e quelli che non le presentano (N0),
e, da ultimo, tra tumori organo (T1-3) e non organo confinati (T4).
76
L’esistenza di differenze significative nei livelli di espressione dell’NNMT nei campioni
urinari patologici e di controllo, sono state valutate mediante il test U di Mann-Whitney. La
presenza di eventuali correlazioni tra i valori di espressione dell’NNMT nelle urine
patologiche e le caratteristiche cliniche dei pazienti analizzati, quali il grado istologico e il
pT, è stata saggiata mediante test U di Mann-Whitney. L’esplorazione del valore
diagnostico di un test che si basa sulla valutazione dei livelli urinari del messaggero per
l’NNMT è stato valutato mediante l’allestimento della curva ROC (Receiver Operating
Characteristics).
2.2.5 Curva ROC
Nella pratica clinica i test diagnostici rappresentano degli elementi fondamentali, e spesso
determinanti, nel processo decisionale volto a confermare (o escludere) la presenza di una
specifica malattia già sospettata in base ai dati clinici. Con il termine “golden standard” si
definiscono i test diagnostici capaci di discriminare perfettamente i soggetti sani da quelli
malati. Questi test sono quindi capaci di classificare, con assoluta certezza, gli individui
come affetti o non affetti dalla malattia di interesse.
Nel momento in cui un test diagnostico non discrimina in maniera netta gli ammalati dai
sani, cioè quando le distribuzioni dei risultati del test sono parzialmente sovrapposte negli
individui affetti e non affetti da una specifica malattia, è necessario calcolare il grado di
incertezza della classificazione. Se il risultato di un test diagnostico è costituito da un
valore che varia in maniera continua all’interno di un range, per determinare l’accuratezza
del suddetto test è indispensabile ricorrere all’analisi della curva ROC.
77
L’analisi della curva ROC rappresenta il sistema di elezione per la validazione di un test
diagnostico in quanto permette di valutarne il grado di attendibilità del test stesso, cioè
quanto ciascun risultato ottenuto sia informativo della presenza/assenza di una specifica
malattia. La curva ROC consente inoltre di identificare il valore soglia (cut-off) che è in
grado di massimizzare la differenza tra i veri positivi (gli individui affetti da malattia che
presentano un valore alterato del test) e i falsi positivi (gli individui che pur avendo un
valore alterato del test non sono affetti dalla malattia di interesse).
Con l’ausilio di un opportuno software, i valori di un parametro relativo ad un test effettuato
su soggetti affetti e non da una patologia di interesse, è possibile ottenere il grafico
corrispondente alla curva ROC. La curva ROC viene allestita prendendo in considerazione
tutti i possibili valori del test e, relativamente a ciascuno di questi, si calcola la percentuale
di veri positivi (la sensibilità) e la percentuale di falsi positivi (1-specificità). Congiungendo i
punti che mettono in relazione i veri e i falsi positivi (le coordinate) si ottiene la curva ROC.
La capacità discriminante di un test, ossia la sua attitudine a distinguere propriamente la
popolazione dei “malati” e da quella dei “sani”, è proporzionale all’estensione dell’area
sottesa alla curva ROC ed equivale alla probabilità che il risultato di un test su un individuo
estratto a caso dal gruppo dei malati sia superiore a quello di uno estratto a caso dal
gruppo dei non-malati. Pertanto, l’area sottostante la curva ROC, definita AUC (Area
Under the Curve) rappresenta una misura dell’accuratezza diagnostica.
Nel caso in cui un test discriminasse perfettamente i malati dai sani, l’area della curva
ROC avrebbe valore 1, cioè il 100% di accuratezza (Figura 4, grafico a sinistra). Nel caso
in cui il test non fosse in grado di discriminare affatto i malati dai sani, la curva ROC
avrebbe un’area pari a 0,5 (accuratezza del 50%) che coinciderebbe con l’area sottostante
la diagonale del grafico (Figura 4, grafico a destra).
78
Figura 4. Rappresentazione grafica di curve ROC relative a un test perfettamente
discriminante (sinistra) e a un test non discriminante (destra).
79
L’area sottesa alla curva ROC può assumere valori compresi tra 0,5 e 1. Maggiore è il
valore di AUC, maggiore è il potere discriminante del test. I valori di riferimento sono i
seguenti:
1) AUC=0,5 → test non informativo;
2) 0,5<AUC≤0,7 → test poco accurato;
3) 0,7<AUC≤0,9 → test moderatamente accurato;
4) 0,9<AUC<1 → test altamente accurato;
5) AUC=1 → test perfetto.
In generale, un test diagnostico viene considerato adeguato se l’area sottesa alla curva ha
un valore ≥0,8 (174).
Nel presente lavoro, l’allestimento della curva di ROC ha consentito di identificare
l’attendibilità di un test per la diagnosi del carcinoma della vescica basato sulla valutazione
dei livelli di NNMT nelle cellule uroteliali di sfaldamento ottenute dalle urine. Tale analisi ha
inoltre consentito di determinare il valore soglia relativo al ΔCt dell’NNMT che meglio
discrimina i soggetti sani dai malati.
80
Capitolo 3 Risultati
81
3.1 ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI TISSUTALI
3.1.1 Valutazione qualitativa e quantitativa dell’RNA totale isolato dal
tessuto vescicale
La qualità e la concentrazione dell’RNA totale isolato dai campioni di tessuto vescicale
sani e cancerosi è stata effettuata mediante l’analisi spettrofotometrica. Le misure di
densità ottica relative a 3 diverse lunghezze d’onda (230, 260 e 280 nm) sono state
ottenute dallo spettro di assorbimento e i loro valori sono stati utilizzati sia per calcolare la
concentrazione dell’RNA totale in soluzione, sia per verificare la purezza del materiale
estratto. Dallo spettro di assorbimento relativo ad uno dei campioni esaminati (Figura 5A)
è possibile apprezzare un picco di assorbimento a 260 nm. L’RNA non presenta
contaminazioni né di natura proteica né da guanidina tiocianato, informazione che si ricava
dai seguenti rapporti:

assorbanza a 260 nm/assorbanza a 280 nm = 1,9,

assorbanza a 260 nm/assorbanza a 230 nm = 1,7.
Il numero puro risultante dal primo rapporto deve essere compreso nell’intervallo 1,7-2,1 e
qualsiasi valore inferiore indica la presenza di un’eventuale contaminazione da proteine.
Per quanto concerne il secondo rapporto, un basso quoziente è indice di una
contaminazione da guanidina tiocianato, che potrebbe interferire con le applicazioni
successive. Pertanto, i valori relativi ad entrambi i parametri sono risultati di fatto compresi
nell’intervallo ottimale, testimoniando così la purezza dell’RNA ottenuto dall’estrazione.
Tenendo conto che, 1 unità di assorbanza a 260 nm equivale a 40 μg/ml di RNA è stato
possibile calcolare la concentrazione dell’acido nucleico in soluzione.
82
La migrazione elettroforetica del campione di RNA mostrata in Figura 5B mette in
evidenza la presenza di due bande corrispondenti agli rRNA da 28 e 18S, presenti in
rapporto 2:1 a favore del ribosomiale a più alto peso molecolare. Tale evidenza, congiunta
all’assenza di smear al di sotto della banda relativa all’rRNA 18S, depone a favore
dell’integrità dell’RNA isolato.
83
A
0,5
0,5
0,4
Densità ottica
0,3
0,2
0,1
0,000
0,000
210
248
286
324
362
400
Lunghezza d’onda (nm)
B
rRNA 28 S
(4,8 Kb)
rRNA 18 S
(1,8 Kb)
B
Figura 5. Spettro di assorbimento (210-400 nm) dell’RNA estratto come descritto in
Materiali e Metodi (A). Campione di RNA totale assoggettato ad elettroforesi su gel di
agarosio all’1% in TBE 1X (B).
84
3.1.2 Identificazione dell’NNMT mediante cDNA macroarray
L’analisi mediante cDNA macroarray, effettuata sul campione tessutale sano e canceroso
di un paziente affetto da tumore uroteliale della vescica, ha consentito di valutare il profilo
di espressione dei geni che intervengono nei meccanismi di trasporto e nel metabolismo
dei farmaci. Dei 96 geni presi in esame, 20 hanno mostrato una differente espressione nel
tessuto canceroso rispetto a quello sano. In particolare, sono stati considerati down- o
upregolati i geni la cui espressione normalizzata, nel tessuto patologico rispetto a quello
sano, era rispettivamente ≤ 0,5 o ≥ 2.
Considerando il cut-off stabilito, 2 geni risultavano espressi a livelli ridotti nel tumore
rispetto al tessuto sano, mentre 18 geni risultavano upregolati nel tessuto neoplastico. In
particolare, il gene codificante l’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi mostrava un livello
di espressione maggiore nel tessuto tumorale rispetto a quello sano (Figure 6-7).
Figura 6. cDNA macroarray: immagini dei filtri relativi al tessuto vescicale sano (A) e
canceroso (B). I tetraspots messi in evidenza sono relativi al gene codificante l’NNMT.
85
86
3.1.3 Valutazione semiquantitativa e quantitativa dell’RNA messaggero
dell’NNMT
I risultati ottenuti dalle indagini mediante cDNA macroarray sono stati validati estendendo
l’analisi dell’espressione dell’NNMT ad una coorte più ampia di pazienti. Si è quindi
proceduto alla determinazione dei livelli dell’RNA messaggero relativo all’NNMT attraverso
l’analisi di RT-PCR semiquantitativa, mediante l’amplificazione di un frammento da 238 bp
relativo al cDNA di tale gene. I risultati ottenuti hanno evidenziato un aumento
dell’espressione dell’NNMT in tutti i casi di carcinoma vescicale in relazione ai rispettivi
tessuti normali di controllo (Figura 8).
L’analisi mediante Real-Time PCR è stata effettuata su un numero inferiore di campioni a
causa del limitato quantitativo di tessuto a disposizione, tuttavia i risultati ottenuti hanno
confermato l’aumento dell’espressione dell’NNMT nel tessuto tumorale. E’ stato possibile
valutare quantitativamente l’entità di tale espressione differenziale mediante il calcolo
dell’espressione relativa dell’NNMT nel tumore rispetto al tessuto sano (Tabella 3).
L’incremento dei livelli di trascritto per l’enzima nel tumore varia all’interno di un range
compreso tra 1,7 e 17,6 volte con un valore medio pari a 6,7.
Tessuto
NNMT
β-actina
Figura 8. L’immagine mostra i livelli di espressione dell’NNMT (mRNA) nelle coppie di
tessuto vescicale sano (N) e canceroso (T).
87
Tabella 3. Analisi dei livelli di espressione dell’NNMT mediante Real-Time PCR.
Caso
Espressione dell’NNMT
(tumore vs sano)
1
4,5
2
1,8
3
4,4
4
11,7
5
12,1
6
2,3
7
3,3
8
17,6
9
2,3
10
2,6
11
1,7
12
16,2
3.1.4 Analisi di espressione dell’NNMT a livello proteico
Le analisi mediante Western blot sono state condotte allo scopo di verificare se agli elevati
livelli di RNA messaggero per il gene dell’NNMT corrispondesse un effettivo accumulo di
proteina tradotta. Negli estratti proteici ottenuti da tessuto vescicale tumorale è stata
88
evidenziata un’overespressione della proteina rispetto al tessuto sano adiacente. La
banda chemiluminescente che si rileva nel tessuto tumorale (di circa 30 kDa, valore che
corrisponde alla massa molecolare dell’NNMT) risulta significativamente più marcata
rispetto a quella del corrispondente tessuto sano, nel quale, in alcuni casi, è difficilmente
apprezzabile (Figura 9).
89
Tessuto
NNMT
Tessuto
NNMT
Tessuto
NNMT
Tessuto
NNMT
Figura 9. Livelli di espressione dell’NNMT (proteina) nel tessuto normale (N) e nel tessuto
tumorale (T).
3.1.5
Determinazione
dei
livelli
di
attività
nicotinamide
N-
metiltrasferasica
L’aumento dell’attività enzimatica dell’NNMT è stata verificata su un totale di 28 campioni,
mediante valutazione quantitativa di uno dei prodotti di reazione, l’N1-metilnicotinamide
(N1MN). La separazione ottenuta tramite cromatografia a fase inversa e l’accurata
identificazione del picco dell’N1MN è stata resa possibile, in virtù della presenza del
rivelatore a diode array. Questo dispositivo consente di registrare, in ogni punto del
cromatogramma, lo spettro di assorbimento di ciascun composto eluito dalla colonna.
90
In linea con i dati ottenuti in precedenza, i valori di attività specifica rilevati nel tessuto
patologico sono risultati più elevati rispetto a quelli determinati nel tessuto sano. Tale
incremento varia all’interno di un range compreso tra 1,3 e 383, con un valore medio pari a
50,99 (Figura 10).
14
Numero di pazienti
12
10
8
6
4
2
0
<10
10-100
>100
Incremento dell’attività enzimatica dell’NNMT
nel tessuto tumorale rispetto a quello sano
Figura 10. Diagramma a barre che mostra la distribuzione della variabilità dell’incremento
dell’attività dell’NNMT nel tumore rispetto al tessuto di controllo, nei 28 casi esaminati.
91
3.2 ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI URINARI
3.2.1 Livelli di espressione dell’NNMT urinaria
Il quantitativo medio di urina raccolto nei pazienti con tumore vescicale era di 86,4 ml
(range compreso tra 10 e 125 ml) e quello dei volontari sani era di 82,4 ml (range
compreso tra 30 e 200 ml). Relativamente a ciascun campione preso in esame (sano e
patologico), è stato calcolato il valore del ΔCt. Come è possibile apprezzare nella Figura
11, il ΔCt del gruppo patologico è pari a 11,68 ± 2,16 (media ± deviazione standard),
mentre quello del gruppo di controllo è 14,94 ± 1,63 (media ± deviazione standard).
L’analisi statistica dei risultati ottenuti mediante l’analisi Real Time PCR hanno messo in
evidenza un significativo (p<0,05) aumento dell’espressione dell’NNMT nel gruppo
patologico rispetto a quella rilevata nei soggetti di controllo.
92
Figura 11. Livelli di espressione dell’NNMT (ΔCt) nei campioni urinari ottenuti dai pazienti
affetti da carcinoma (Patologici) e dai soggetti di controllo (Controlli). La differenza tra i
due gruppi risulta statisticamente significative (p<0,05).
93
3.2.2 Correlazioni clinico-biologiche
Le analisi volte all’esplorazione dell’esistenza di correlazioni tra i valori di espressione
dell’NNMT nei campioni patologici e le caratteristiche cliniche dei pazienti analizzati,
hanno mostrato che c’è una correlazione inversa statisticamente significativa (p<0,05) tra
il livelli dell’NNMT e il grado istologico (Figura 12). L’analisi statistica è stata condotta
prendendo in considerazione entrambe le classificazioni WHO relative al grado istologico,
ovvero quella del 2004 (Figura 12A) e quella del 1973 (Figura 12B).
Figura 12. Diagramma a barre che mostra il livello di espressione dell’NNMT (ΔCt) in
relazione al grado istologico, secondo la classificazione WHO del 2004 (A) e del 1973 (B).
In entrambi i casi la differenza tra i due gruppi risulta statisticamente significativa (p<0,05).
94
3.2.3 Analisi della curva ROC
Con l’analisi della curva ROC è stato esplorato il valore diagnostico relativo ad un test
basato sulla valutazione dei livelli di espressione dell’NNMT nelle urine. L’analisi ha
permesso di valutare quanto ogni risultato ottenuto dalla misurazione fosse informativo
della presenza o assenza del carcinoma uroteliale della vescica, nonché di identificare il
valore di cut-off in grado di massimizzare la differenza tra i veri positivi e i falsi positivi.
L’allestimento della curva ROC ha permesso di determinare un valore di accuratezza
diagnostica (AUC) pari a 0,913, con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0,870
e 0,956 (Figura 13). Tale valore di AUC indica che, in seguito ad un ipotetico esperimento,
nel 91.3% dei casi il dato che si ottiene risulta più elevato nei pazienti rispetto ai soggetti
sani. L’intervallo di confidenza al 95% risulta piuttosto ristretto e risulta piuttosto lontano
dal valore 0,5 che rappresenta la soglia di indifferenza diagnostica. Tenendo in
considerazione i risultati ottenuti, la valutazione dei livelli di NNMT, effettuata secondo le
modalità descritte in questo studio, presenta un’ottima affidabilità nel discriminare i
soggetti sani da quelli affetti da carcinoma uroteliale della vescica.
Relativamente al valore di ΔCt per l’NNMT che meglio discrimina il gruppo patologico da
quello di controllo, il cut-off calcolato è pari a 13,3 e ad esso sono associati i livelli più
elevati di sensibilità (84%) e di specificità (84%) (Tabella 4).
95
Figura 13. Curva ROC.
96
Tabella 4. Sensibilità e specificità associate ai valori (cut-off) di ΔCt per l’NNMT urinaria,
nella diagnosi di carcinoma vescicale.
Cut-off per l’NNMT (ΔCt)
Sensibilità (%)
Specificità (%)
13,1
85
80
13,2
84
82
13,3
84
84
13,4
81
84
13,5
80
86
97
Capitolo 4 Discussione e conclusioni
98
Il carcinoma della vescica è la forma neoplastica maligna maggiormente riscontrata nelle
vie urinarie. In Europa tale tumore rappresenta la quarta neoplasia più frequente tra la
popolazione maschile con una percentuale del 7% tra tutti i tumori (2).
La diagnosi del cancro alla vescica nella maggior parte dei pazienti (80-85% dei casi)
avviene quando il carcinoma si è già esteso alla tonaca muscolare e nel 50% circa si ha
già lo sviluppo di metastasi (11).
I test diagnostici attualmente in uso nella pratica clinica sono la citologia urinaria e la
cistoscopia. Entrambe le procedure presentano delle limitazioni. La citologia urinaria
consiste nell’osservazione microscopica delle cellule presenti nel sedimento urinario ed è
caratterizzata da elevate sensibilità e specificità per le neoplasie di alto grado, mentre
risulta scarsamente sensibile nel rilevare le forme neoplastiche di basso grado (26). La
cistoscopia è la procedura di elezione per la diagnosi del carcinoma della vescica poiché
consente l'ispezione visiva diretta della cavità vescicale. Tale metodica risulta piuttosto
invasiva e pertanto poco gradita al paziente, oltre ad esporre il paziente ad un rischio di
sviluppo di infezioni alle vie urinarie (31).
Il cancro della vescica è una neoplasia caratterizzata da frequenti recidive, pertanto i
pazienti vengono sottoposti ad un monitoraggio che prevede periodiche cistoscopie.
L’elevato costo associato allo svolgimento di tali procedure diagnostiche determinano la
classificazione del carcinoma vescicale al primo posti tra i tumori più costosi da trattare
(175).
Nonostante i significativi progressi nella comprensione dei meccanismi molecolari che si
sono alla base della carcinogenesi della tumore della vescica, la gestione dei pazienti
affetti da tale neoplasia continua a rappresentare una grande sfida per gli oncologi clinici,
oltre a rappresentare un notevole costo a carico del sistema sanitario (176).
Alla luce di tali considerazioni, si è fatta sempre più urgente la necessità di identificare e
validare biomarcatori tumorali che possano essere impiegati nella diagnosi precoce e non
99
invasiva del carcinoma della vescica, e che permettano la rilevazione delle recidive al fine
di ridurre i costi sanitari, nonché di migliorare la prognosi della malattia.
Un marcatore tumorale è rappresentato da una molecola il cui livello può essere misurato
nei tessuti e/o nei fluidi corporei (siero, plasma, sangue intero, saliva e urina) e che
consente di rivelare la presenza di cellule neoplastiche o di una neoplasia in atto. Nel
corso degli ultimi decenni, sono stati fatti grandi sforzi per identificare nuovi markers
tumorali da impiegare nella pratica clinica. Tuttavia, esiste una differenza notevole tra la
quantità di molecole recentemente scoperte e il numero di biomarcatori che sono stati
accreditati. Ciò è dovuto al fatto che il processo di validazione di nuovi markers risulta
essere complesso, costoso e molto lungo.
Infatti, in seguito all’identificazione di un potenziale biomarcatore tumorale, è necessario
sviluppare un test, basato sulla misurazione dei suoi livelli, che ne esprima la performance
clinica. La performance clinica di un test di laboratorio può essere definita come
accuratezza diagnostica, ovvero la capacità di classificare correttamente i soggetti in
sottogruppi clinicamente rilevanti (ad esempio sani e malati). La sensibilità e la specificità
sono entrambi misure intrinseche dell’accuratezza diagnostica di un test. La sensibilità è la
capacità di identificare correttamente i pazienti affetti da una specifica malattia (frazione
dei veri positivi), mentre la specificità è la capacità di individuare i pazienti senza la
malattia d’interesse (frazione dei veri negativi). Entrambi i parametri dipendono dal valore
soglia (cut-off) capace di discriminare con precisione la popolazione dei malati da quella
dei sani. L’analisi della curva ROC è un importante strumento statistico impiegato al fine di
valutare l'accuratezza diagnostica di un test ed è fondamentale per la selezione del miglior
valore di cut-off.
L'area sottesa alla curva (AUC), che consente di misurare in maniera combinata i valori di
sensibilità e specificità associati ai differenti cut-off, è un indicatore utile della accuratezza
diagnostica complessiva del test (177).
100
Nel presente lavoro è stato analizzato il profilo di espressione genica del tessuto sano e
canceroso, ottenuti da un paziente affetto da carcinoma uroteliale della vescica sottoposto
a cistectomia. Tale indagine è stata effettuata mediante l’impiego di un array progettato
per lo studio dell’espressione di 96 geni coinvolti nei meccanismi di trasporto e nel
metabolismo dei farmaci. I risultati prodotti da tale analisi hanno consentito di osservare
nel tessuto tumorale un significativo aumento dell’espressione del gene codificante
l’enzima Nicotinamide N-Metiltrasferasi. Allo scopo di validare i risultati ottenuti
relativamente al singolo soggetto, l’analisi dell’espressione dell’NNMT è stata estesa a 28
pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica. I risultati ottenuti in seguito alle
indagini intraprese sia a carico del messaggero, sia a carico della proteina, hanno
evidenziato un’overespressione dell’NNMT nel 100% dei casi esaminati.
Lo studio dell’espressione dell’NNMT è stata inoltre condotta mediante Real-Time PCR
sulle cellule di sfaldamento dell’urotelio vescicale, ottenute da campioni urinari di 55
pazienti affetti da carcinoma della vescica e di 107 soggetti sani. I risultati conseguiti
hanno mostrato un significativo aumento dell'espressione dell'NNMT nei soggetti affetti da
neoplasia rispetto ai controlli.
Allo scopo di esplorare il valore diagnostico derivante dalla valutazione dei livelli urinari
dell'NNMT, i dati ottenuti sono stati assoggettati ad analisi mediante curva ROC. L’analisi
ha consentito di determinare un valore di accuratezza diagnostica (AUC) pari a 0,913, con
un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0,870 e 0,956. Il valore soglia individuato
(ΔCt per l’NNMT) è pari a 13,3 e presenta una sensibilità dell’84% ed una specificità
dell’84%.
Le analisi statistiche, volte all’esplorazione dell’esistenza di eventuali correlazioni tra i
valori di espressione dell’NNMT urinaria nei campioni patologici e le caratteristiche clinico
dei pazienti analizzati, hanno mostrato maggiori livelli di espressione dell’NNMT nei tumori
di basso grado.
101
Tali evidenze candidano l'NNMT quale potenziale marcatore molecolare del carcinoma
uroteliale della vescica e suggeriscono un suo possibile impiego nella diagnosi precoce e
non invasiva di tale neoplasia.
L'NNMT è un enzima citosolico che, utilizzando la S-adenosil-L-metionina come donatore
di gruppi metile (83), catalizza la reazione di N-metilazione della nicotinamide, di alcuni
composti piridinici e di altri analoghi strutturali, svolgendo un ruolo chiave nei processi di
biotrasformazione dei farmaci e dei composti a carattere xenobiotico (71). Il fegato è
l’organo in cui l’NNMT umana è prevalentemente espressa, mentre ridotti livelli dell’enzima
sono riscontrabili nel rene, nel polmone, nel muscolo scheletrico, nella placenta, nel cuore
e nel cervello (73).
L’overespressione dell’NNMT è stata osservata in diverse neoplasie come nel carcinoma
colorettale (140), nel carcinoma gastrico (143), nel carcinoma pancreatico (137), nel
carcinoma tiroideo di tipo papillare (135), nel carcinoma renale (165), nel carcinoma
polmonare (146, 147) e nel carcinoma orale (150, 151).
Nonostante numerosi studi riportano un’overespressione dell’NNMT in diversi tumori, non
è stato ancora completamente chiarito il ruolo svolto dall’enzima nel metabolismo della
cellula neoplastica. In un recente studio condotto su cellule mioblastiche in coltura è stato
dimostrato che l’overespressione dell’NNMT induce un aumento della capacità
proliferativa e della migrazione cellulare, e protegge le cellule dai danni causati dai radicali
liberi dell’ossigeno. Questi risultati suggeriscono che l’elevata espressione dell’enzima nei
muscoli scheletrici probabilmente tende a favorire la rigenerazione muscolare e
rappresenta un meccanismo di difesa contro lo stress ossidativo (112).
In esperimenti svolti su una linea umana di cellule di carcinoma della vescica, in seguito al
silenziamento dell’NNMT è stata evidenziata una significativa riduzione della migrazione
delle cellule, indicando un possibile ruolo dell'enzima nell’invasione tumorale e nella
formazione di metastasi (161).
102
In linee cellulari di carcinoma renale a cellule chiare è stato dimostrato che l’espressione
dell’NNMT risulta essere associata alla capacità invasiva della cellula, mentre in seguito al
knockdown dell’NNMT si evidenzia una diminuzione della crescita tumorale e del
potenziale metastatico (169).
Studi intrapresi al fine di indagare le modalità con cui l’enzima sia coinvolto nel
mantenimento della vitalità cellulare, hanno impiegato la linea cellulare di neuroblastoma
umano SH-SY5Y e rivelato che, l’induzione dell’espressione dell’NNMT e il trattamento
con MNA conducano alla riduzione della morte cellulare (122).
Uno studio recente, svolto sulle linee di carcinoma mammario BCAP-37 e MDA-MB-231,
ha dimostrato che la downregolazione dell’NNMT diminuisce in maniera significativa la
crescita delle cellule, inibendone il potenziale tumorigenico e inducendo l’apoptosi. È
interessante notare che l'effetto opposto è stato osservato in seguito all’overespressione
dell’NNMT nella linee cellulari di carcinoma della mammella MCF-7 e SK-BR-3, che non
esprimono in maniera costitutiva l’enzima NNMT (136).
In un recente lavoro, è stato dimostrato che il silenziamento dell’NNMT è in grado di
indurre una significativa riduzione della tumorigenicità, sia in vitro sia in vivo, nelle cellule
di carcinoma orale PE/CA-PJ15 (154).
L’attività catalitica svolta dall’NNMT ha ruolo fondamentale nel destino catabolico della
nicotinamide. La sua forma metilata è infatti idonea ad essere escreta per via urinaria e
l’NNMT è l’unico enzima in grado di utilizzare questo substrato come accettore del gruppo
metilico. Di recente è stato associato alla nicotinamide il ruolo di potente inibitore di
enzimi, come le poli (ADP-riboso) polimerasi, che intervengono nei meccanismi di risposta
cellulare al danneggiamento del DNA (59), e le sirtuine, proteine che prendono parte al
silenziamento genico, alla risposta allo stress e alla regolazione dell’apoptosi (61, 62).
Pertanto è richiesto che i livelli intracellulari di nicotinamide siano sottoposti ad un
sofisticato meccanismo di controllo. A tal riguardo l’NNMT potrebbe partecipare a questa
103
regolazione modulando, attraverso la sua attività metilante, l’entità dell’escrezione urinaria
della nicotinamide. L’aumento dell’espressione dell’NNMT potrebbe quindi avere delle
ricadute su tutti gli eventi cellulari che vedono coinvolta la nicotinamide. Recenti studi
condotti su linee cellulari di carcinoma della vescica (158) e su cloni di cellule staminali
tumorali
di
origine
mesenchimale
(159),
sembrano
mostrare
che
la
spiccata
radioresistenza osservata in tali linee cellulari possa essere ricondotta agli elevati livelli
dell’enzima. L’azione enzimatica dell’NNMT, infatti, porterebbe ad una diminuzione dei
livelli intracellulari di nicotinamide, riducendone l’attività inibitoria nei confronti delle
PARPs. Tali enzimi potrebbero quindi esplicare la loro funzione di riparazione dei danni a
singolo filamento indotti sul DNA dalle radiazioni ionizzanti e consentire così alle cellule
tumorali di sopravvivere a tale trattamento. In uno studio condotto su linfociti B isolati da
pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (CLL), il trattamento con nicotinamide provoca
l’inibizione dell’attività di SIRT1, con conseguente blocco della proliferazione cellulare e
induzione dell’apoptosi (178). In tal caso, la riduzione dei livelli intracellulari della
nicotinamide, situazione che si verifica nella cellula tumorale in seguito all’overespressione
dell’NNMT, consentirebbe a SIRT1 di indurre tali effetti a livello cellulare, mediante
l’espletamento della sua catalisi enzimatica.
Oltre a partecipare all’omeostasi della nicotinamide, l’NNMT potrebbe prendere parte alla
regolazione dei processi di transmetilazione che vedono implicata l’S-adenosil-Lmetionina. Il parametro determinante la regolazione dell’attività transmetilante è costituito
infatti dal rapporto tra le concentrazioni di S-adenosil-L-metionina e di S-adenosil-Lomocisteina. Questo parametro è un marcatore del potenziale di metilazione della cellula e
una sua variazione può avere importanti ripercussioni sullo stato di metilazione del DNA
(179). A tal proposito è stato dimostrato che l’overespressione dell’NNMT nella cellula
neoplastica porta ad una diminuzione della concentrazione di S-adenosil-L-metionina,
causando un decremento del suddetto rapporto. Tale situazione è associata ad uno stato
104
di ipometilazione degli istoni, con conseguente aumento dell’attività trascrizionale e
potenziale attivazione dell’espressione di fattori protumorigenici (156, 157).
L’NNMT è inoltre coinvolta nella regolazione dei livelli endogeni dell’N1-metilnicotinamide,
composto al quale sono state attribuite proprietà vasoprotettive (180), gastroprotettive
(181), anti-infiammatorie (98, 99), neuroprotettive (129) e anti-trombotiche (100).
Alla luce di questi risultati, potrebbe essere interessante speculare l’eventuale capacità
dell’N1-metilnicotinamide di esercitare, nelle cellule tumorali, un effetto citoprotettivo
contro i composti antitumorali. Infatti, la marcata overespressione dell’NNMT osservata
nelle patologie neoplastiche, alla quale è associata l’innalzamento dei livelli intracellulari di
N1-metilnicotinamide, potrebbe conferire un vantaggio adattativo alle cellule tumorali.
In ambito farmacologico, l'overespressione dell'NNMT potrebbe svolgere un ruolo
importante nel metabolismo cellulare dei farmaci ad azione antineoplastica. L’enzima,
infatti, presenta una ridotta specificità di substrato che rende plausibile l'ipotesi secondo la
quale la sua attività metilante possa essere espletata nei confronti dei principi attivi delle
sostanze
chemioterapiche,
riducendone
l'efficacia
terapeutica
e/o
facilitandone
l'eliminazione.
In conclusione, il lavoro riportato in questa tesi rappresenta il primo studio volto a valutare
l'accuratezza diagnostica di un test delle urine, basato sull'analisi dell'espressione dei
livelli di RNA messaggero dell’NNMT in cellule di sfaldamento ricavate dai campioni di
urina. Dall'analisi statistica della curva ROC è stato ricavato il miglior valore di cut-off, al
quale sono associati elevati livelli di sensibilità e specificità, e il valore di AUC che ha
evidenziato un elevato potenziale discriminatorio del test condotto.
Pertanto, i risultati ottenuti e mostrati nel presente lavoro di ricerca candidano l’enzima
NNMT quale potenziale marker molecolare del carcinoma uroteliale della vescica e aprono
la strada all’opportunità di utilizzare le urine come campione di indagine per la diagnosi
precoce e non invasiva di tale neoplasia. Inoltre, la presenza di una correlazione inversa
105
tra il livello di espressione dell’NNMT e il grado della neoplasia, indica un coinvolgimento
dell’enzima nelle fasi precoci dell’oncogenesi vescicale.
La disponibilità futura di un intervallo temporale adeguato per poter eseguire il follow-up
dei pazienti presi in considerazione consentirà di verificare l’esistenza di un’eventuale
correlazione tra i livelli di espressione dell’NNMT ed il decorso clinico della neoplasia, così
da poter stabilire l’esistenza di un ruolo svolto da tale enzima anche quale potenziale
marcatore prognostico.
Per poter impiegare la valutazione dei livelli urinari di NNMT nell’ambito della diagnosi del
carcinoma della vescica, ulteriori analisi dovranno essere estese ad un maggior numero di
pazienti e dovranno anche esser prese in considerazione altre patologie dell’apparato
urinario, sia a carattere neoplastico sia non neoplastico.
La valutazione in fase preoperatoria dei livelli urinari di NNMT, associata alle attuali
indagini cliniche, potrebbe aiutare il chirurgo nella scelta terapeutica più appropriata
(radicale o conservativa). Nel periodo postoperatorio, nel caso in cui il paziente non abbia
subito una cistectomia radicale, la determinazione dell’NNMT urinaria ed il confronto con i
valori pre-intervento, potrebbero essere utilizzati per il follow-up e per individuare una
recidiva della malattia o una progressione della stessa.
106
Capitolo 5 Abbreviazioni
107
AAA
Aneurisma Aortico Addominale
ADP
Adenosina 5'-difosfato
ALL
Leucemia linfoblastica acuta
ART
Mono-ADP-ribosiltrasferasi
ATP
Adenosina 5'-trifosfato
AUC
Area Under Curve
BCG
Bacillo di Calmette-Guérin
cADPR
Adenosina 5'-difosfato riboso ciclico
cDNA
DNA complementare
COMT
Catecol-O-metiltrasferasi
ConA
Concanavalina
COPD
Ostruzione cronica polmonare
COX-2
Cicloossigenasi-2
CR
Restrizione calorica
DEPC
Dietilpirocarbonato
DMPP+
2,3-diidro-1-metil-4-fenilpiridina
dTMP
deossitimidina 5'-monofosfato
dUMP
deossiuridina 5'-monofosfato
EGFR
Recettore per il fattore di crescita epidermico
ELISA
Enzyme-Linked Immunosorbent Assay
GBM
Glioblastoma Multiforme
GOI
Gene of interest
HCV
Virus dell'epatite C
HKG
Gene housekeeping
HNF-1β
Hepatocyte nuclear factor beta 1
HNMT
Istamina N-metiltrasferasi
108
HPLC
Cromatografia liquida ad alte prestazioni
ICSI
Iniezione intracitoplasmatica di spermatozoo
IL-6
Interleuchina-6
LIF
Leukemia Inhibitory Factor
MAO-B
Monoaminoossidasi-B
MNA
N1-metilnicotinamide
MPP+
1-metil4-fenilpiridinio
MPTP
1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina
mRNA
RNA messaggero
MTHFR
Metilentetraidrofolatoreduttasi
NAD(H)
Nicotinamide adenina dinucleotide (ridotto)
NADP(H)
Nicotinamide adenina dinucleotide fosfato(ridotto)
NAFLD
Steatosi epatica non alcolica
NNMT
Nicotinamide N-metiltrasferasi
NSCLC
Carcinoma polmonare non a piccole cellule
OSCC
Oral Squamous Cell Carcinoma
PARP
Poli (ADP-ribosio) polimerasi
PCR
Reazione a catena della polimerasi
PEITC
Fenetil-isotiocianato
POMT
Fenol-O-metiltrasferasi
PP
4-fenilpiridina
PTC
Cellule tubulari prossimali
PUNLMP
Neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità
RMN
Risonanza Magnetica Nucleare
RNA
Acido ribonucleico
RNAi
Interferenza da RNA
109
ROC
Receiver-Operative Curve
SAH
S-adenosil-L-omocisteina
SAM
S-adenosil-L-metionina
Sir2
Sirtuine
SNP
Poliformismo a singolo nucleotide
TAE
Tris-acetato, EDTA
TC
Tomografia Computerizzata
TCC
Carcinoma a cellule transizionali
TGF-β1
Transforming growth factor beta 1
TLI
3ᴴ-Timidina
TMT
Tiolo metiltrasferasi
TPMT
Tiopurina metiltrasferasi
TUR
Resezione endoscopica
TURV
Resezione transuretrale della vescica
UC
Carcinoma uroteliale
UTR
Untranslated region
WHO
Organizzazione Mondiale della Sanità
110
Capitolo 6 Bibliografia
111
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