UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA DELLA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Curriculum: Scienze biologiche e cliniche specialistiche XIV ciclo L’ENZIMA NICOTINAMIDE N-METILTRASFERASI: UN NUOVO MARKER DIAGNOSTICO E TARGET TERAPEUTICO NEL CARCINOMA UROTELIALE DELLA VESCICA Dottorando: Relatore: Dott.ssa Giulia Di Ruscio Chiar.ma Prof.ssa Monica Emanuelli Referente: Chiar.mo Prof. Gian Marco Giuseppetti Triennio 2012-2015 INDICE 1 INTRODUZIONE 1.1 1.2 1.3 5 IL CANCRO DELLA VESCICA 1.1.1 Epidemiologia 6 1.1.2 Il carcinoma uroteliale della vescica in Italia 7 1.1.3 Classificazione istopatologica e caratteristiche citogenetiche 8 1.1.4 Eziologia e fattori di rischio 11 1.1.5 Sintomatologia e diagnosi clinica 15 1.1.6 Stadiazione 17 1.1.7 Grado 20 1.1.8 Storia naturale e prognosi 20 1.19 Terapia 24 NICOTINAMIDE N-METILTRASFERASI 1.2.1 Il metabolismo dei farmaci 27 1.2.2 Omeostasi della nicotinammide 29 1.2.3 Caratterizzazione dell'NNMT umana 31 1.2.4 Polimorfismi 40 1.2.5 Ruolo dell'NNMT nelle patologie non neoplastiche 43 1.2.6 NNMT e la malattia di Parkinson 47 1.2.7 Ruolo dell'NNMT nelle patologie neoplastiche 49 SCOPO DEL LAVORO 59 2 2 MATERIALI E METODI 2.1 2.2 61 ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI TISSUTALI 2.1.1 Raccolta dei campioni di tessuto vescicale 62 2.1.2 Estrazione dell’RNA totale 64 2.1.3 cDNA macroarray 64 2.1.4 RT-PCR semiquantitativa 66 2.1.5 Real-Time PCR 67 2.1.6 Western blot 68 2.1.7 Determinazione dell’attività nicotinamide N-metiltrasferasica 70 ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI URINARI 2.2.1 Raccolta dei campioni urinari 2.2.2 Trattamento dei campioni urinari: estrazione dell’RNA totale e 73 75 retro trascrizione 2.2.3 Real-Time PCR 75 2.2.4 Analisi statistiche 76 2.2.5 Curva ROC 77 3 RISULTATI 3.1 81 ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI TISSUTALI 3.1.1 Valutazione qualitativa e quantitativa dell’RNA totale isolato dal 82 tessuto vescicale 3.1.2 Identificazione dell’NNMT mediante cDNA macroarray 85 3.1.3 Valutazione semiquantitativa e quantitativa dell’RNA 87 3 messaggero dell’NNMT 3.1.4 Analisi di espressione dell’NNMT a livello proteico 3.1.5 Determinazione dei livelli di attività nicotinamide 88 90 N-metiltrasferasica 3.2 ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI URINARI 3.2.1 Livelli di espressione dell’NNMT urinaria 92 3.2.2 Correlazioni clinico-biologiche 94 3.2.3 Analisi della curva ROC 95 4 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 98 5 ABBREVIAZIONI 107 6 BIBLIOGRAFIA 111 4 Capitolo 1 Introduzione 5 1.1 IL CANCRO DELLA VESCICA 1.1.1 Epidemiologia Il carcinoma della vescica è uno dei tumori urologici di più frequente riscontro, con un’incidenza di 429.800 nuovi casi e più di 165.100 decessi ogni anno, registrati nel mondo nel 2012 (1). Questa neoplasia è maggiormente riscontrabile nel sesso maschile, dove costituisce il 4,5% di tutti i casi di cancro, mentre nella donna rappresenta il 1,5% di tutte le neoplasie. L’età media di insorgenza è di 69 anni per gli uomini e di 71 anni per le donne. (2). L’incidenza sesso-correlata sembrerebbe essere collegata a fattori genetici, ormonali ed anatomici, come la maggiore ritenzione urinaria negli uomini anziani, dovuta alla presenza di ipertrofia prostatica (3). La frequenza del carcinoma della vescica non varia solo in relazione al sesso e all’età, ma anche in relazione alla distribuzione geografica e alla razza. Si riportano infatti maggiori tassi di incidenza nei paesi industrializzati, come Europa, Nord America, Asia occidentale e l’Africa occidentale (1, 4). In Europa, l’incidenza più elevata si registra in Spagna, mentre quella più bassa si registra in Finlandia (2). Per quanto riguarda la differenza di razza, negli uomini di razza bianca il tumore della vescica è circa due volte più frequente rispetto agli uomini di razza nera e 1,5 volte più comune nelle donne bianche rispetto a quelle nere (5). Negli ultimi anni risulta diminuita l’incidenza del cancro della vescica e la ragione è plausibilmente riconducibile al minore impatto dei fattori di rischio, primi tra i quali il fumo di sigaretta e l’esposizione occupazionale ad agenti cancerogeni (6). In Europa il tasso di mortalità per questa neoplasia si è ridotto di circa il 16% per gli uomini e del 12% per le donne, decremento che può essere ricondotto al perfezionamento delle 6 strategie terapeutiche. La mortalità registrata è di 8/100.000 per l’uomo e di 3/100.000 per la donna (3, 2). 1.1.2 Il carcinoma uroteliale della vescica in Italia In Italia, dalla fine degli anni '90, si è osservato una riduzione dell’incidenza del tumore della vescica nel sesso maschile ed un leggero, ma costante aumento nel sesso femminile. Negli uomini questa neoplasia presenta valori di incidenza simili in tutto il territorio nazionale, circa 48 casi ogni 100.000 uomini/anno. Nelle donne invece si osservano valori di incidenza simili al Nord e al Centro Italia (circa 10 casi ogni 100.000 donne/anno) e valori inferiori al Sud (-26%). La mortalità in Italia rappresenta il 3% del totale dei decessi oncologici, con valori che si attestano al 5% tra gli uomini e scendono al 2% tra le donne. Fra gli uomini questo tumore presenta valori di mortalità simili nelle aree del Centro-Nord (circa 10 casi ogni 100.000 uomini/anno), e superiori al Sud (+26% rispetto al Nord). Nel sesso femminile invece si osservano valori simili nelle varie aree del paese (circa 1,5-2,0 casi ogni 100.000 donne/anno). Una caratteristica tipica del cancro della vescica è quella di dare numerose recidive, presentando al tempo stesso una bassa mortalità. In Italia risiedono circa 223.550 persone con pregressa diagnosi di tumore della vescica, delle quali l’81% è di sesso maschile. Il 60% di questi casi è costituito da pazienti a cui la diagnosi di carcinoma vescicale è stata effettuata oltre i 5 anni antecedenti. 7 Il rischio di sviluppare recidive nel tumore uroteliale della vescica è correlata all'aumentare dell'età [http://www.registritumori.it/PDF/AIOM2012/I_numeri_del_cancro_2012.pdf PAG 15-58;105-109]. 1.1.3 Classificazione istopatologica e caratteristiche citogenetiche Il tessuto che riveste la vescica, gli ureteri e la pelvi renale prende il nome di epitelio uroteliale. Esso è composto da cellule transizionali disposte in strati (da 3 a 7) che poggiano su una membrana basale di lamina propria. Le cellule transizionali sono orientate in modo da avere l’asse maggiore del nucleo perpendicolare alla membrana basale. Lo strato più superficiale del tessuto è composto da cellule a larga superficie chiamate “cellule ad ombrello” che hanno il compito di rendere impermeabile l’epitelio dall’urina. Dal punto di vista istologico, il carcinoma vescicale può essere distinto in diverse tipologie: 1. carcinoma uroteliale (o a cellule transazionali), 2. carcinoma squamoso, 3. adenocarcinoma, 4. carcinoma neuroendocrino (carcinoma a piccole cellule e paraganglioma), 5. tumori non epiteliali (leiomiosarcoma, linfoma, melanoma, rabdomiosarcoma, etc.). Più del 90% dei tumori della vescica sono carcinomi uroteliali (UC), mentre il restante 10% comprende i carcinomi squamocellulari e gli adenocarcinomi. Durante i lavori della Consensus Conference del 1997, Mostolfi e il gruppo di specialisti da lui congiunto ha tentato di redigere una nuova classificazione delle neoplasie uroteliali (8). 8 Epitelio normale: comprende le lesioni piane con citologia normale e minimi disordini che in passato venivano classificate come displasie di tipo lieve. Iperplasia uroteliale. - Piana: caratterizzato da un notevole aumento degli strati cellulari, può ritrovarsi anche in vicinanza di lesioni papillari di basso grado, ma riscontrata da sola non ha alcun potenziale neoplastico. - Papillare: presenta un ispessimento degli strati a struttura papillare con un core fibrovascolare ben sviluppato, senza atipie cellulari. La sua relazione con la neoplasia papillare è controversa, ma è raccomandabile il follow-up. Lesione piana. - Atipia reattiva: si individuano alterazioni nucleari ed è caratterizzata da infiammazione acuta o cronica. - Atipia di incerto significato: è la definizione impiegata quando non è possibile differenziare tra una forma reattiva e una neoplastica. Displasia (neoplasia intrauroteliale di basso grado): sono comprovabili alterazioni citologiche e architetturali ed è considerata un precursore della neoplasia. Il carcinoma in situ appartiene a tale categoria ed è caratterizzato dalla presenza di cellule con nuclei allargati, irregolari e ipercromatici con attività mitotica; esso racchiude le lesioni che un tempo venivano raggruppate con il termine di displasia severa. Il carcinoma in situ, dal punto di vista clinico, viene comunque considerato come carcinoma invasivo. Neoplasie uroteliali papillari. 9 - Papilloma uroteliale: è una lesione benigna a crescita esofitica, costituita da un asse fibrovascolare rivestito da epitelio dall’aspetto apparentemente normale. La maggior parte dei papillomi sono solitari e si presentano in pazienti più giovani (uomini di 46 anni); può recidivare ma comunque non progredisce. - Papilloma uroteliale invertito: il termine invertito si riferisce alla modalità di crescita delle cellule verso lo stroma fibrovascolare della vescica piuttosto che verso il lume; può presentare atipia celulare minima o assente. - Neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità (PUNLMP): si diversifica dal papilloma per uno spessore aumentato dell’epitelio e/o la presenza di nuclei significativamente aumentati, con rare mitosi nello strato basale. - Carcinoma uroteliale di basso grado: viene conservato l’ordine dell’epitelio anche se sono riconoscibili le alterazioni architetturali e cellulari, fino alla scanning magnification; le mitosi sono rare e generalmente nella metà inferiore dell’epitelio. - Carcinoma uroteliale di alto grado: l’epitelio è totalmente disorganizzato con spiccate atipie cellulari e numerose figure mitotiche sparse in tutti gli strati. Neoplasie uroteliali invasive: - della lamina propria, - della muscolare propria (muscolo detrusore). Questi due tipi di invasione sono difficilmente distinguibili, soprattutto quando i campioni sono prelevati tramite biopsia endoscopica o resezione transuretrale, in quanto non sempre è possibile prelevare la tonaca muscolare attraverso l’atto endoscopico. I carcinomi a cellule squamose consistono di isole di tessuto cheratinizzato che contengono caratteristici aggregati cellulari chiamati “perle cornee”. Si possono avere diversi gradi di differenziazione che correlano strettamente con la prognosi, a differenza di 10 quanto avviene per i carcinomi uroteliali. Questo tipo di tumore si associa più frequentemente alla metaplasma squamosa più che al carcinoma in situ. Gli adenocarcinomi si definiscono primitivi, se originano da diverse zone della vescica (soprattutto il trigono e la parete posteriore), oppure secondari, qualora derivino da processi metastatici di carcinomi del retto, dello stomaco, dell’endometrio, della mammella, della prostata e dell’ovaio. Gli adenocarcinomi hanno una crescita papillifera o solida, e nelle fasi iniziali mostrano un epitelio apparentemente normale, colonnare, che produce muco, e invariabilmente associato alla cistite ghiandolare. La progressione della neoplasia è più rapida rispetto a quella dei carcinomi a cellule transizionali e la comparsa dell’infiltrazione della muscolare ne testimonia la malignità. Gli adenocarcinomi dell’uraco, frequenti nei soggetti che presentano uraco pervio ed estrofia vescicale, insorgono prevalentemente nella cupola e nella parete anteriore, a livello intramurale con successivo coinvolgimento della mucosa. Raramente l’uraco è coinvolto da carcinomi uroteliali. Gli Adenocarcinomi sono estremamente rari pertanto andrebbe sempre prima valutata la possibilità che si tratti di una metastasi (9). 1.1.4 Eziologia e fattori di rischio La patogenesi del cancro della vescica, come per tutte le patologie tumorali, è multifattoriale, ovvero sono numerosi i fattori che concorrono alla genesi della neoplasia. I più rilevanti fattori di rischio sono: 1. Il fumo da sigaretta, 11 2. l’esposizione occupazionale ad agenti mutageni, 3. la predisposizione genetica, 4. la presenza di patologie urologiche predisponenti, 5. l’esposizione a radiazioni ionizzanti, 6. l’assunzione prolungata di particolari categorie di farmaci. Altre condizioni che possono predisporre l’individuo ad un maggiore rischio di sviluppo di tale neoplasia sono: l’età (> 50 anni), il sesso (maschile), il diabete mellito, l’abuso di thè e caffè, l’assunzione prolungata di edulcoranti artificiali e la dieta. Aspetto peculiare di questo tipo di carcinoma è il periodo di latenza che intercorre tra l'esposizione al fattore di rischio ed il manifestarsi della malattia; il lasso di tempo può variare dai 6 ai 20 anni e raggiungere oltre 45 anni. Si ritiene che oltre il 30% dei tumori vescicali diagnosticati negli Stati Uniti sia legato a cause professionali e che i soggetti più a rischio siano fumatori e i soggetti esposti a fattori ambientali. Il fattore di rischio più rilevante è il fumo di sigaretta; si stima infatti che negli uomini circa il 50% di questi tumori sia dovuto al fumo, mentre nelle donne solo un 30% dei casi è riconducibile ad esso (10). Il fumo di sigaretta contiene sostanze dannose come amine aromatiche e idrocarburi policiclici aromatici, che entrando in contatto con l’urotelio possono provocare danni a carico del DNA delle cellule uroteliali (11). L’incidenza del carcinoma della vescica risulta quattro-cinque volte maggiore nei fumatori rispetto ai non-fumatori ed è parzialmente inferiore negli ex-fumatori rispetto ai fumatori (12). Studi retrospettivi hanno dimostrato che il rischio di recidive è più elevato nei fumatori persistenti rispetto ai non fumatori e agli ex-fumatori; la stessa tendenza si osserva in merito alla progressione della malattia e alla comparsa di metastasi. Il rischio è correlato alla quantità di sigarette fumate, al totale degli anni in cui si fuma e al grado di inalazione sostenuto (13). 12 Nei soggetti che smettono di fumare si assiste ad una riduzione del rischio rispetto a coloro che invece conservano tale abitudine. Infatti il rischio relativo di sviluppare la malattia fra i fumatori e i non fumatori è 3:1, mentre per i fumatori che abbandonano il fumo scende a 1,9:1. In ogni caso la diminuzione del rischio si osserva dopo un periodo piuttosto ingente (circa 20 anni) dalla cessazione di tale abitudine. Il secondo fattore di rischio è rappresentato dall'esposizione occupazionale ai coloranti a base di anilina e alle amine aromatiche, fattore che rende conto di circa il 25% dei casi di tumore alla vescica a livello globale. Le sostanze coinvolte sono la 2-naftilamina, il 4aminodifenile4-aminodifenile, il 4-nitrobifenile, il naftolo e la benzidina (4,4-diaminobifenile) (14). La benzidina, l'amina aromatica più cancerogena, è stata in prima istanza utilizzata nella produzione di coloranti e come indurente nell'industria della gomma. Il periodo di latenza fra l'esposizione e lo sviluppo del tumore è solitamente lungo. Attualmente l’impiego di amine aromatiche è vietato dalla legge, ma i soggetti esposti alle sostanze chimiche derivanti dalla combustione del carbone hanno comunque un rischio aumentato di contrarre il tumore vescicale. Il carcinoma della vescica attribuibile all'esposizione occupazionale è stato osservato anche nei lavoratori del gas, del cuoio, dell'industria chimica, del tessile, della plastica, nei decoratori, negli operai delle cartiere e delle fabbriche di cordame, nei tecnici odontoiatri, nei tinteggiatori e nei parrucchieri (15). Il carcinoma uroteliale della vescica generalmente non è considerato ereditabile, neanche nei casi di famiglie che presentano una elevata incidenza di tale neoplasia, nonostante ci sia un rischio moderatamente più alto di sviluppare la malattia nei parenti di primo grado (16). E’ documentato invece un aumento del rischio di carcinomi uroteliali, specie a carico del tratto superiore (pelvi renale ed uretere), in famiglie con carcinoma colorettale ereditario non poliposico (Sindrome di Lynch) (17, 18). Pertanto è inadeguato parlare di ereditarietà come fattore di rischio; sarebbe infatti corretto pensare ad una esposizione ad alcuni fattori di rischio all’interno dello stesso ambito familiare. 13 Diversi studi hanno dimostrato la frequente presenza di alterazioni genetiche patognomoniche: in particolare sono coinvolti gli oncosoppressori p53 ed Rb e l’oncogene Ras. p53 è coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare, controlla l’integrità del genoma. Ras è una proteina ad attività GTPasica coinvolta nella trasduzione del segnale e regola eventi della vita cellulare, quali la sopravvivenza e la proliferazione. Mutazioni a carico di Ras e p53 si riscontrano nelle forme a più alto grado istologico (19). Il rischio di sviluppare il cancro della vescica è aumentato anche dalla presenza di patologie urologiche quali, infezioni croniche delle vie urinarie (soprattutto nei portatori di catetere) e la calcolosi vescicale. Tra le infezioni croniche, è doveroso citare la cistite da Schistosoma haematobium. In Egitto, dove la schistosomiasi vescicale è endemica nel sesso maschile, il carcinoma a cellule squamose (cancro vescicale da Bilharzia) è il tumore di più frequente riscontro. Ciò nonostante, negli uomini affetti da schistosomiasi si osserva anche un incremento dell'incidenza di carcinoma a cellule transizionali. Diversi studi hanno dimostrato l’associazione tra l’infezione suddetta e il cancro della vescica, in particolar modo l’istotipo a cellule squamose (20). La radioterapia a livello della regione pelvica, impiegata per il trattamento di neoplasie tipiche dello scavo pelvico (il carcinoma della cervice uterina nella donna ed il carcinoma prostatico nell’uomo) aumentano il rischio di insorgenza di cancro della vescica da due a quattro volte e, all’atto della diagnosi, la neoplasia si presenta ad uno stadio già avanzato (21, 22). Anche in questo caso, il tempo di latenza tra l’esposizione alle radiazioni e l’insorgenza della neoplasia è abbastanza lungo; per tale motivo i pazienti a più alto rischio sono quelli trattati con radiazioni in età giovanile, che quindi dovranno essere sottoposti ad un follow-up più accurato (23). L’assunzione di chemioterapici (ciclofosfamide) e di antidiabetici (pioglitazone) è considerato un fattore di rischio del tumore vescicale (24). Inoltre, anche l’impiego di 14 quantità importanti (5-15 Kg in 10 anni) di analgesici come la fenacetina aumenta il rischio di sviluppare la neoplasia vescicale (25). 1.1.5 Sintomatologia e diagnosi clinica Il principale sintomo del tumore della vescica è la comparsa di ematuria inspiegabile, spesso associata a pollachiuria, minzione imperiosa e disuria, soprattutto se si è in presenza di un carcinoma in situ o già invasivo, mentre più rari sono il dolore lombare da ostruzione ureterale, l’edema degli arti inferiori e la presenza di massa pelvica. Solo occasionalmente si hanno i segni di malattia avanzata come la perdita di peso e il dolore addominale o osseo. Nell’iter diagnostico, l’esame cistoscopico e l’esame citologico del sedimento urinario o dei lavaggi vescicali, rappresentano il gold standard nella diagnosi delle neoplasie uroteliali (26). La cistoscopia permette una visione diretta alla cavità vescicale e, oltre ad essere una procedura diagnostica, può essere al tempo stesso anche terapeutica e stadiante. Alla cistoscopia si affianca la citologia urinaria dove le cellule uroteliali maligne ottenute del sedimento urinario o dai lavaggi vescicali, presentano nuclei irregolari ed ingranditi, con cromatina diffusa. Tuttavia bisogna specificare che mentre la cistoscopia, seppur invasiva e poco gradita al paziente, resta fondamentale per diagnosi di tale neoplasia, sull’esame citologico si hanno molteplici riserve. I limiti della citologia microscopica sono dovuti al fatto che le cellule provenienti dai tumori ben differenziati hanno un aspetto citologico normale e sono maggiormente adese alla superficie mucosa per cui vengono eliminate meno facilmente nelle urine. Di conseguenza tale esame si caratterizza per elevati livelli di 15 specificità e sensibilità nel diagnosi dei tumori di alto grado, mentre tali parametri si riducono notevolmente nei tumori di basso grado, con una percentuale di falsi positivi e falsi negativi maggiore del 10%. La diagnosi clinica del carcinoma vescicale si può avvalere dell’ausilio dell’esame ecografico, che consente la visualizzazione del tumore e fornisce indicazioni utili sulla sede ed il numero delle lesioni. Permette inoltre una valutazione della via escretrice superiore, segnalando l’eventuale idronefrosi, mono- o bilaterale, e permette di valutare la presenza di eventuali localizzazioni secondarie addominali (27). Un’indagine strumentale comunemente impiegata fino a qualche anno fa è l’urografia, eseguita in tutti i pazienti con ematuria o evidenza cistoscopica di cancro della vescica. Il principale segno urografico del tumore è rappresentato dal difetto di riempimento vescicale. Oltre alla presenza di neoformazioni, l'urografia può fornire segni indiretti dell'infiltrazione della parete (rigidità della parete e deformazioni della struttura vescicale) o di coinvolgimento degli osti ureterali (idroureteronefrosi e esclusione funzionale del rene). L'urografia ha una sensibilità bassa per i tumori di piccole dimensioni; inoltre non è in grado di mettere in evidenza le forme piatte; invece risulta indispensabile per escludere la coesistenza di tumori delle vie urinarie superiori (28). La Tomografia Computerizzata (TC) è il solo esame che consente la stadiazione linfonodale della malattia valutando l’eventuale presenza di linfoadenopatie pelviche e para-aortiche e di metastasi epatiche e/o surrenaliche. Al fine diagnostico è comunque indispensabile l'uso del mezzo di contrasto endovenoso che permette di mostrare la vivace impregnazione della neoplasia legata alla notevole neoangiogenesi caratteristica delle forme uroteliali. Con l’impiego del mezzo di contrasto in TC si possono quindi rilevare neoplasie anche di dimensioni estremamente piccole, a patto che si eseguano sulla vescica scansioni estremamente precoci, cioè tipiche della fase arteriosa (29). 16 Un ulteriore esame diagnostico è rappresentato dalla Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Nella stadiazione locale della neoplasia vescicale tale procedura presenta un vantaggio rispetto alla TC, in quanto consente di selezionare un piano di scansione perpendicolare alla base del tumore, che consente di visualizzare in maniera ottimale la profondità di infiltrazione della parete vescicale. Pertanto è possibile, anche se non definitivamente dimostrato, che la profondità di invasione muscolare e l’estensione perivescicale possano essere studiate con maggiore accuratezza con la RMN piuttosto che con la TC. La risoluzione delle immagini relative ai tessuti molli può essere aumentata adoperando mezzi di contrasto paramagnetici, incrementando l’accuratezza diagnostica dell’esame, soprattutto rendendo più agevole la distinzione tra le categorie T1 e T2a-T2b (30). L'endoscopia rappresenta la procedura gold standard nella diagnosi del carcinoma vescicale, in quanto consente l'accesso diretto alla vescica; tale procedura non ha una valenza esclusivamente diagnostica ma può essere impiegata sia per la stadiazione sia per la terapia. Neoformazioni papillari o sessili sono facilmente riconoscibili, anche se di dimensioni molto piccole, mentre è più difficile da dimostrare la presenza del carcinoma in situ. Infatti, la mucosa interessata può apparire macroscopicamente del tutto normale o dimostrare delle alterazioni aspecifiche, proprie anche di lesioni infiammatorie (31). 1.1.6 Stadiazione Definire lo stadio di un tumore significa cercare di stimare l’estensione della lesione al momento della diagnosi, dove per estensione si intende la dimensione e la localizzazione della lesione stessa. 17 Più specificatamente, in questo caso, si tratta di definire se la neoplasia è all’interno della vescica, se ha invaso i tessuti circostanti oppure se vi sono metastasi in altre parti del corpo. La stadiazione rappresenta un punto fondamentale dell’iter diagnostico in quanto su di essa si basa la futura scelta del trattamento. Una corretta stadiazione iniziale non può prescindere da un esame fisico generale accurato, da un’esplorazione rettale, dall’analisi dei prelievi bioptici, da esami quali TC o RMN di addome e pelvi, dall’Rx al torace e dalla scintigrafia ossea. È importante distinguere tra “stadiazione clinica” e “stadiazione patologica” di una neoplasia. La stadiazione clinica viene effettuata dal medico in base ai dati clinicistrumentali e prima dell’intervento chirurgico; la stadiazione patologica, definita in seguito all’asportazione della vescica ed eventuale linfoadenectomia, valuta la vera estensione della neoplasia. Nella maggior parte dei casi i due stadi non coincidono, per cui per una valutazione corretta bisognerebbe sempre poter disporre dell’esame istopatologico. Esistono diversi metodi di stadiazione, ma la classificazione TNM è sicuramente la più utilizzata. Tale classificazione valuta lo stato dell’organo sede del tumore primario (T), l’interessamento linfonodale (N) e la presenza di metastasi a distanza (M). La classificazione TMN proposta dalla WHO nel 2009 rappresenta la versione più recente ed universalmente accettata (32). 18 T - Tumore primitivo o primario Tx: il tumore non può essere evidenziato T0: nessuna evidenza del tumore Ta: carcinoma non invasivo (non infiltrate la tonaca sottomucosa) Tis: carcinoma in situ T1: il tumore invade il connettivo subepiteliale T2: il tumore invade la tonaca muscolare T2a: invasione di meno della metà della muscolare T2b: invasione di più della metà della muscolare T3: il tumore invade i tessuti perivescicali T3a: infiltrazione microscopica T3b: infiltrazione macroscopica T4: invasione da parte del tumore di strutture vicine T4a: prostata, vescicole seminali, utero, vagina T4b: parete pelvica e/o addominale N - Linfonodi regionali Nx: il coinvolgimento linfonodale non può essere accertato N0: assenza di metastasi linfonodali N1: metastasi in un singolo linfonodo pelvico N2: metastasi in più linfonodi pelvici N3: metastasi in più linfonodi iliaci comuni M - Metastasi a distanza M0: non ci sono metastasi a distanza M1: metastasi a distanza presenti 19 1.1.7 Grado Tale parametro valuta il grado di differenziazione della neoplasia ed esprime la misura di quanto la morfologia del tumore è riconducibile a quella del tessuto normale da cui si è originato. Generalmente, i tumori ad alto grado crescono più velocemente e tendono a diffondere più precocemente nelle strutture limitrofe rispetto a quelli di basso grado i quali, al contrario, hanno un accrescimento più lento e presentano una scarsa tendenza all’invasione. Il sistema di classificazione del grado del carcinoma della vescica attualmente più utilizzato è quello proposto dalla WHO nel 2004 (33) e prevede la suddivisione in 4 livelli: papilloma uroteliale neoplasia uroteliale papillare a basso potenziale di malignità (PUNLMP) carcinoma uroteliale di basso grado carcinoma uroteliale di alto grado I tumori ben differenziati mantengono ancora delle somiglianze con il tessuto normale, mentre quelli ad alto grado hanno delle alterazioni architetturali e cellulari marcate che ne rendono più agevole la diagnosi. 1.1.8 Storia naturale e prognosi Circa il 70-75% dei tumori vescicali diagnosticati è rappresentato da forme superficiali di carcinoma a cellule transizionali; di questi il 70-75% è confinato alla mucosa e il 30% infiltra la lamina propria. 20 Solo il 2-4% dei tumori confinati alla mucosa (generalmente ad alto grado) mostra potenzialità di progressione, al contrario dei tumori allo stadio T1 che esprimono potenzialità maligna nel 30-35% dei casi. Tuttavia il comportamento aggressivo è limitato a quei tumori di alto grado, che hanno invaso estesamente la lamina propria e mostrano carcinoma in situ, sia nell’epitelio adiacente alla lesione primitiva sia in sedi distanti. La maggior parte delle neoplasie della vescica (quasi tutte quelle confinate alla mucosa e il 50-70% di quelle infiltranti la lamina propria) non mostra tendenza a progredire; d’altra parte il 70-75% di tutti i tumori “papillari” tende invece a recidivare (34). Le recidive riflettono le caratteristiche neoplastiche iniziali, mentre il 16-25% recidiva sotto forma di tumori ad alto grado. Circa il 10% dei pazienti con tumori papilliferi superficiali sviluppa successivamente un cancro invasivo e metastatico, anche se raro per tumori di grado I e confinati alla mucosa. Il restante 25-30% dei carcinomi diagnosticati si presenta come una lesione ad alto grado, dove in più della metà dei casi si ha infiltrazione della muscolare o la malattia è ancora più diffusa (35). Per comprendere meglio questi dati bisogna tener presente che, le recidive tardive di tipo invasivo possono verificarsi dopo un periodo prolungato di remissione (anche superiore ai cinque anni), persino nei casi in cui la neoplasia risultava ben differenziata e superficiale. Quasi il 25% dei pazienti con carcinoma della vescica appena diagnosticato presenta invasione muscolare e il tumore risulta istologicamente di alto grado. La maggior parte dei pazienti (80-85%) con cancro vescicale infiltrante la muscolare, con o senza pregresso trattamento endoscopico, presenta già questo livello di infiltrazione alla diagnosi e circa il 50% di questi presenta metastasi occulte a distanza, che molto spesso si rendono clinicamente manifeste entro un anno dalla diagnosi stessa. Quasi tutti i pazienti con cancro metastatico della vescica muoiono entro due anni e solo nel 5% dei casi il cancro metastatico è a lenta evoluzione, con un decorso clinico che 21 permette la sopravvivenza oltre i cinque anni. Tra il 10 e il 35% dei pazienti con metastasi limitate ai linfonodi regionali sopravvive cinque anni o più, senza evidenza di metastasi a distanza dopo l’intervento di cistectomia radicale e linfadenectomia pelvica (36) . La comparsa di recidiva è uno degli eventi più frequenti nel trattamento delle neoplasie non invasive. Questo è dovuto sia al fenomeno noto come “carcinogenesi di campo”, che caratterizza il processo di tumorigenesi dell’urotelio, sia all’impianto di cellule tumorali durante il processo di accrescimento della lesione o per la diffusione di tali cellule durante le manovre di resezione endoscopica. I fattori prognostici a cui si fa riferimento sono il grado, lo stadio (dimensioni del tumore, invasione linfatica e presenza di metastasi a distanza), la presenza di carcinoma in situ, la risposta al trattamento endovescicale e la tipologia di neoplasia (solida o papillifera, recidiva o multifocale). Lo stadio rappresenta il fattore prognostico più importante, in quanto la sopravvivenza decresce rapidamente quando il tumore penetra la parete muscolare e infiltra il grasso perivescicale o gli organi adiacenti quali prostata, retto, vagina o utero. L’analisi di pazienti cistectomizzati effettuata da Gschwend et al. ha rivelato che la sopravvivenza malattia-specifica è significativamente superiore nelle forme organoconfinate rispetto a quelle non organo-confinate (37). Nonostante i pazienti con invasione dei linfonodi regionali vengano considerati a prognosi infausta (38), studi più recenti hanno dimostrato che la chirurgia radicale in associazione alla linfadenectomia regionale può, in alcuni casi, favorire la sopravvivenza a lungo termine. Tuttavia i pazienti che traggono maggiore beneficio dal trattamento chirurgico sono quelli con stadio patologico favorevole e/o con interessamento linfonodale limitato o microscopico (39). La sopravvivenza risulta inversamente correlata al grado di estensione della neoplasia e al volume del tumore nei linfonodi loco-regionali. In un’analisi dettagliata condotta da 22 Gschwend, i pazienti con interessamento neoplastico di un solo linfonodo (pN1) presentavano una sopravvivenza a cinque anni del 33%; tale valore scendeva al 22% nei pazienti con interessamento di più di due linfonodi (pN2), mentre nessun sopravvissuto si riscontrava tra i pazienti con più linfonodi coinvolti e di diametro maggiore di 3 cm (40). Tra i markers molecolari del carcinoma vescicale a carattere prognostico si annoverano molecole di diversa natura e funzione. La timidilato sintetasi è un enzima chiave che catalizza la reazione di metilazione del deossiuridinamonofosfato (dUMP) convertendolo in deossitimidinamonofosfato (dTMP), tappa importante nel processo di sintesi del DNA. L’attività della timidilato sintetasi è dieci volte superiore nel carcinoma della vescica rispetto a quella del tessuto normale (41); inoltre l’espressione di tale enzima è più elevata nei tumori scarsamente differenziati rispetto alle forme ben differenziate (42). Le metalloproteinasi appartengono ad una classe di enzimi proteolitici direttamente coinvolti nella carcinogenesi. Un aumento notevole di tali enzimi si osserva in diversi tessuti tumorali a livello dei quali promuovono l’invasione delle cellule maligne. Generalmente l’aumento dell’espressione delle metalloproteinasi si accompagna ad una prognosi sfavorevole e ad una minore sopravvivenza. L’aumento dei livelli di tali enzimi oltre che nei tessuti è stato osservato anche nel siero e nelle urine dei soggetti con cancro della vescica (43). Le ialuronidasi sono delle endoglicosidasi che scindono l’acido ialuronico. L’acido ialuronico è un glicosaminoglicano non contenente solfato presente nei tessuti normali e nei fluidi extratissutali, i cui livelli risultano molto elevati nelle lesioni neoplastiche, tra le quali il tumore della vescica. Nei tessuti tumorali l’acido ialuronico promuove il processo di metastatizzazione e può interferire con le difese immunitarie del paziente. Tali studi dimostrano che la valutazione quantitativa sia dell’acido ialuronico sia delle ialuronidasi è utile per rivelare l’insorgenza e la recidiva del cancro della vescica (44). 23 Il recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) è una proteina transmembranaria con attività tirosin-chinasica, la cui espressione risulta frequentemente aumentata nel carcinoma della vescica. Il livello della sua espressione è associato ad uno stadio elevato e alla scarsa differenziazione del tumore nelle forme superficiali (45). 1.1.9 Terapia Le strategie terapeutiche per il carcinoma della vescica variano a seconda del livello di infiltrazione del tumore ed è quasi esclusivamente di pertinenza chirurgica. Il “gold standard” terapeutico per le forme invasive è rappresentato dalla cistectomia radicale, mentre rimane ancora controverso il trattamento delle forme superficiali. Per i tumori superficiali papillari il trattamento solitamente indicato è quello endoscopico e consiste nella resezione transuretrale della vescica (TURV); l’intervento ha l’obiettivo primario di rimuovere la neoplasia visibile e in secondo luogo di ottenere tessuto per l’esame istologico. L’alto tasso di recidiva post TURV ha fatto emergere la necessità di una terapia adiuvante allo scopo di prevenire la comparsa di recidive e la progressione neoplastica (46). I diversi trattamenti utilizzati includono la chemioterapia intravescicale, la chemioterapia sistemica, l’immunoterapia intravescicale con interferone, con bacillo di Calmette-Guérin (BCG) (47), l’immunoterapia orale con sostanze come la bropiramina (un induttore dell’interferone), la terapia biologica intravescicale con sostanze come il TP40 e le strategie chemiopreventive con vitamine o inibitori della sintesi delle poliamine (48). Numerosi studi hanno dimostrato che la chemioterapia endovescicale e l’immunoterapia intravescicale sono indicate nei pazienti ad alto rischio di recidive tumorali per la presenza di tumori multipli, pregresse recidive, tumori scarsamente differenziati associati ad atipia 24 uroteliale. Il trattamento dei carcinomi uroteliali infiltranti è nella maggior parte dei casi chirurgico ed è rappresentato dalla cistectomia radicale, ossia la cistectomia totale associata all'exeresi dei linfonodi regionali. La cistectomia totale prevede nel maschio l'asportazione in blocco della vescica, della prostata e delle vescichette seminali, mentre nella femmina comporta l'exeresi della vescica, dell'utero, degli annessi, dell'uretra e della parete vaginale anteriore (49). I farmaci chemioterapici utilizzati a scopo profilattico sono numerosi, ma solo alcuni si sono dimostrati efficaci. Di questi solo la mitomicina C, la doxorubicina ed l’epirubicina hanno ottenuto in Italia l’approvazione ministeriale per uso endovescicale (50). Il trattamento endovescicale con BCG è limitato ai pazienti con tumore vescicale superficiale e multifocale, e più precisamente in caso di carcinoma in situ, di carcinoma papillare non infiltrante il connettivo sottouroteliale, di tumore residuo ad incompleta resezione e fallimento della chemioterapia intravescicale (51). Oosterlinck et al. insieme alla European Association of Urology hanno tentato di indicare delle linee guida per il trattamento del carcinoma vescicale. Nelle forme tumorali superficiali (Ta-T1) il trattamento dovrebbe essere mirato alla prevenzione della recidiva e della progressione tramite resezione endoscopica (TURV) e instillazione endovescicale di chemioterapici. Il carcinoma in situ, essendo una lesione potenzialmente maligna, può essere trattata con instillazioni endovescicali di BCG, ottenendo una remissione fino al 70% dei casi. Se la citologia e la biopsia rimangono positive si può tentare un altro ciclo di sei settimane che aggiunge un 15% di remissione completa; tuttavia anche se questo secondo ciclo fallisce è indicata la cistectomia radicale. La neoplasia T1G3 indica una lesione con un’alta tendenza alla progressione, quindi sarebbe opportuno effettuare l’asportazione precoce della vescica. Dall’altra parte è stato 25 dimostrato che nel 50% dei casi è sufficiente la sola instillazione di chemioterapici o BCG per poter preservare la vescica. Le indicazioni volte alla cistectomia quindi rimangono per tutte le forme neoplastiche che presentano l’invasione della muscolare (T2-T4a, N0-Nx, M0) (52). La scelta tra il trattamento conservativo e la cistectomia precoce dipende dallo stadio clinico del tumore e può essere inizialmente influenzata da una insufficiente o errata valutazione del grado di infiltrazione parietale (53). A causa della progressione dello stadio e della sottostadiazione clinica dei tumori vescicali superficiali, la cistectomia radicale precoce è stata sostenuta da Freeman, al fine di migliorare la sopravvivenza di pazienti con tumori superficiali aggressivi. Inoltre, non solo la progressione di stadio e/o la sottostadiazione clinica, ma anche lo sviluppo di micrometastasi dovute al trattamento ritardato può influire sulla sopravvivenza (54). La cistectomia parziale non costituisce un approccio chirurgico oncologicamente corretto, data la frequente multifocalità della neoplasia vescicale. Questo trattamento può comunque essere a volte indicato in pazienti con tumori sicuramente monofocali, di stadio T2-T3a, di diametro non superiore a 3 cm e localizzato in una zona facilmente aggredibile, come la cupola vescicale. La radioterapia, che in un recente passato aveva suscitato notevole ottimismo come trattamento alternativo alla cistectomia, appare oggi ridimensionata ad un ruolo più limitato. Il trattamento radiante viene infatti riservato generalmente a pazienti inoperabili o che rifiutano l'intervento chirurgico. Anche la chemioterapia sistemica trova applicazioni limitate e viene effettuata soprattutto a scopo palliativo nei casi molto avanzati di carcinoma metastatico (55). 26 1.2 NICOTINAMIDE N-METILTRASFERASI 1.2.1 Il metabolismo dei farmaci I farmaci sono definiti composti xenobiotici, ovvero molecole estranee che vengono introdotte dall’organismo e tendono ad essere escrete. Alcuni farmaci possono essere eliminati come tali oppure subire modifiche strutturali che ne favoriscono l’espulsione. Con il termine metabolismo dei farmaci si intende l’insieme dei meccanismi che contribuiscono alla realizzazione del processo di biotrasformazione di tali composti. Le reazioni appartenenti a questo pathway rientrano in un complesso meccanismo di difesa che l’organismo umano attua quando si trova in condizioni ambientali sfavorevoli, come ad esempio l’esposizione a sostanze xenobiotiche. Pertanto, affinché un farmaco possa svolgere la propria azione terapeutica è necessario che, una volta assorbito, raggiunga il distretto bersaglio e che solo dopo sia eliminato dall’organismo. I composti a carattere farmacologico, per poter essere assorbiti e correttamente distribuiti, devono possedere caratteristiche chimico-fisiche che contrastano la loro escrezione. La natura lipofila e l’assenza di cariche elettriche favoriscono l’assorbimento e il raggiungimento del sito specifico d’azione. Pertanto, affinché tali sostanze possano essere eliminate, è importante che l’organismo provveda alla loro biotrasformazione in molecole a maggior carattere idrofilo. Mentre i farmaci somministrati per via orale vengono dapprima disciolti nei fluidi del tratto gastro-intestinale, poi assorbiti dell’epitelio intestinale attraverso i villi e solo in fine riversati nel sangue, la somministrazione diretta di un farmaco nel 27 torrente circolatorio, per via endovenosa o intramuscolare, assicura l’arrivo nella circolazione sistemica dell’intera dose somministrata, che raggiunge sia il sito bersaglio, sia la sede in cui verrà metabolizzata. Ogni tessuto è dotato di una certa capacità di metabolizzare i farmaci. Possiedono una significativa attività detossificante i polmoni, l’intestino e il rene, ma il fegato rappresenta l’organo di elezione per l’espletamento di tale pathway metabolico. Le cellule epatiche infatti posseggono un corredo enzimatico in grado di catalizzare reazioni ascrivibili a due distinte fasi. Il metabolismo di fase I include reazioni di funzionalizzazione. Gli enzimi che intervengono in questa fase si trovano localizzati a livello del reticolo endoplasmatico (enzimi microsomiali) e catalizzano reazioni di idrolisi (arilesterasi, colinesterasi, epossido idrolasi) e di ossidoriduzione (citocromo P450 monossigenasi, flavina monossigenasi, monoamina ossidasi, alcool deidrogenasi, aldeide deidrogenasi). I metaboliti di fase I possono essere escreti dall’organismo se possiedono un sufficiente carattere polare, se ciò non avviene entra in giuoco la fase successiva. Le reazioni caratterizzanti la fase II sono reazioni di coniugazione, nelle quali il composto esogeno o un metabolita derivato dalle reazioni di fase I si lega in maniera covalente ad una molecola endogena fortemente polare. La reazione di catalisi è svolta da enzimi a localizzazione sulfotrasferasi, principalmente citosolica UDP-glucuroniltrasferasi, (glutatione S-trasferasi, metiltrasferasi) (56). N-acetiltrasferasi, Nei processi di biotrasformazione che caratterizzano la fase II, un importante ruolo viene svolto dagli enzimi coinvolti nelle reazioni di metilazione: le metiltrasferasi. Si ritiene infatti che le reazioni di trasferimento di gruppi metilici siano alla base del metabolismo di numerosi farmaci, di composti xenobiotici e di neurotrasmettitori (57). La reazione di metilazione dei composti piridinici è stata descritta per la prima volta nel 1884 da Wilhelm His. 28 Le metiltrasferasi nell’uomo sono in grado di catalizzare le reazioni di S-metilazione, di Ometilazione e di N-metilazione. Nei processi di S-metilazione vengono metabolizzati farmaci quali la 6-mercaptopurina (antineoplastico), la D-penicillamina (antireumatico), e il captopril (antiipertensivo), per mezzo della catalisi effettuata da due enzimi: la tiolo metiltrasferasi (TMT, E.C. 2.1.1.9) e la tiopurina metiltrasferasi (TPMT, E.C. 2.1.1.67). Gli enzimi catecol-O-metiltrasferasi (COMT, E.C. 2.1.1.6) e fenol O-metiltrasferasi (POMT, E.C. 2.1.1.25) catalizzano le reazioni di O-metilazione che coinvolgono i gruppi fenolici delle catecolamine e dei composti strutturalmente correlati (neurotrasmettitori). Le reazioni di N-metilazione sono catalizzate dagli enzimi istamina N-metiltrasferasi (HNMT, E.E. 2.1.1.8) e dalla nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT, E.C. 2.1.1.1) (58). 1.2.2 Omeostasi della nicotinamide La vitamina B3, conosciuta anche come vitamina PP o niacina, effettua la sua funzione biologica grazie all’azione svolta da due composti distinti per quanto concerne la loro struttura, ma funzionalmente correlati: l’acido nicotinico e la nicotinamide (amide dell’acido nicotinico). La nicotinamide rappresenta il precursore di coenzimi piridinici, quali il NAD+ (Nicotinamide Adenin Dinucleotide) e il NADP+ (Nicotinamide Adenin Dinucleotide Fosfato). Tali molecole rivestono un ruolo fondamentale nella vita della cellula in quanto intervengono nella maggior parte delle reazioni metaboliche a carattere ossido riduttivo, in qualità di vettori di ioni idrogeno e di elettroni. Inoltre il NAD+ e il NADP+ prendono parte a molteplici meccanismi non-redox che conducono alla rottura del legame β-N-glicosidico, con conseguente liberazione della nicotinamide, e che sono associati a processi cellulari quali: 29 l’ADP-ribosilazione delle proteine ad opera delle mono-ADP-ribosiltrasferasi (ARTs) e delle poli(ADP-riboso) polimerasi (PARPs) (59), la mobilizzazione delle riserve intracellulari di calcio mediata da cADPR e da NaADP+ (60), quali effettori secondari prodotti in seguito all’attività catalitica della molecola CD38, la deacetilazione degli istoni e dei fattori trascrizionali catalizzata da enzimi NADdipendenti (sirtuine o istone-deacetilasi) (61, 62). La niacina può essere assorbita a livello dello stomaco e dell’intestino mediante un meccanismo di trasporto facilitato dipendente dal sodio in caso di basse concentrazioni della vitamina, o mediante diffusione passiva in caso di elevate quantità (63). Il suo reclutamento, sottoforma di acido nicotinico e nicotinamide, non avviene esclusivamente attraverso la dieta, ma anche mediante la conversione del triptofano presente nelle proteine. In condizioni di scarsa disponibilità di niacina, si attiva infatti nei mammiferi la via di sintesi di nucleotidi piridinici attraverso il pathway della chinurenina. L’attivazione di tale via metabolica permette la sintesi dell’acido chinolinico e successivamente del NAD+ a partire da L-triptofano (64). Tuttavia, il contributo di quest’ultimo alla sintesi della nicotinamide risulta essere piuttosto ridotto in quanto l’efficacia di conversione segue un rapporto di 60:1 a sfavore della vitamina (65). Si desume quindi che il triptofano disponibile nell’organismo viene utilizzato in maniera prioritaria per la sintesi proteica mentre, solo se disponibile in quantità elevate, viene destinato alla sintesi della nicotinamide e dei suoi derivati piridinici. Un’aggiuntiva fonte di approvvigionamento di nicotinamide è rappresentata dalle riserve di NAD+ presenti nel fegato (storage NAD+); mediante l’azione delle NAD-glicoidrolasi epatiche, lo “storage NAD+” può essere idrolizzato, favorendo così il rilascio di nicotinamide a livello ematico. La nicotinamide presente in eccesso viene destinata al fegato dove subisce metilazione dell’azoto piridinico. In seguito a tale modifica la nicotinamide non può più essere ribosilata 30 in posizione 1 e viene così concentrata a livello renale e successivamente escreta per via urinaria. Nell’organismo umano, il percorso catabolico della nicotinamide può proseguire con il processo dell’ossidazione, a livello epatico, del metil-derivato e con la conseguente formazione di composti di natura piridonica, anch’essi eliminati con le urine. In relazione a quanto sopra descritto, il fegato si configura quale principale organo responsabile del mantenimento costante dei livelli sierici della nicotinamide, elemento chiave che regola il livello dei nucleotidi piridinici nei tessuti (66). 1.2.3 Caraterizzazione dell’NNMT umana La Nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT) è un enzima citosolico S-adenosil-L-metionina dipendente, appartenente alla categoria degli enzimi del metabolismo di fase II, e svolge un ruolo di primaria importanza nei processi di biotrasformazione e detossificazione di numerosi farmaci e di composti xenobiotici (58). Questo enzima catalizza la reazione di Nmetilazione della nicotinamide (Figura 1), della piridina e di altri composti strutturalmente correlati, convertendoli in ioni piridinio (67), destinati all’escrezione attraverso la via urinaria. Nell’uomo, il prodotto di reazione N1-metilnicotinamide (MNA) può essere eliminato dell’organismo come tale oppure subire ossidazione a livello epatico ad opera dell’enzima aldeide ossidasi con formazione dell’N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide ed N1–metil-4piridone-3-carbossiamide, anch’essi escreti per via urinaria (68). Nonostante altre metiltrasferasi siano in grado di catalizzare la reazione di N-metilazione di composti azaeterociclici, solo l’NNMT utilizza la nicotinamide quale accettore di gruppo 31 metilico, svolgendo un ruolo fondamentale nel destino catabolico di quest’ultima (69, 70). In seguito alla reazione catalizzata dall’enzima, l’S-adenosil-L-metionina, che funge da donatore di gruppo metilico, viene convertita in S-adenosil-L-omocisteina, successivamente idrolizzata e trasformata in omocisteina ed adenosina. 32 NH2 N N N N C 2 O CH CH 3 S + O CH H2 CH2 CH C O + N H3 OH OH S-adenosil-L-metionina NH 2 N O N N N C 2 O CH NH 2 O S CH 2 CH 2 CH C + N H3 N O OH OH NNMT S-adenosil-L-omocisteina Nicotinamide O NH 2 N + CH 3 N1-metilnicotinamide N1-metilnicotinamide ALDEIDE OSSIDASI O O NH 2 O N CH 3 N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide N1-metil-2-piridone-5-carbossiamide O NH 2 N CH 3 N1-metil-4-piridone-3-carbossiamide N1-metil-4-piridone-3-carbossiamide Figura 1 Reazioni di metilazione della nicotinamide e di ossidazione dell’N1metilnicotinamide catalizzate rispettivamente dall’NNMT e dall’aldeide ossidasi. 33 1 1 49 17 97 33 145 49 193 65 241 81 289 97 337 113 385 129 433 145 481 161 529 177 577 193 625 209 673 225 721 241 769 257 atggaatcaggcttcacctccaaggacacctatctaagccattttaac M E S G F T S K D T Y L S H F N cctcgggattacctagaaaaatattacaagtttggttctaggcactct P R D Y L E K Y Y K F G S R H S gcagaaagccagattcttaagcaccttctgaaaaatcttttcaagata A E S Q I L K H L L K N L F K I ttctgcctagacggtgtgaagggagacctgctgattgacatcggctct F C L D G V K G D L L I D I G S ggccccactatctatcagctcctctctgcttgtgaatcctttaaggag G P T I Y Q L L S A C E S F K E atcgtcgtcactgactactcagaccagaacctgcaggagctggagaag I V V T D Y S D Q N L Q E L E K tggctgaagaaagagccagaggcctttgactggtccccagtggtgacc W L K K E P E A F D W S P V V T tatgtgtgtgatcttgaagggaacagagtcaagggtccagagaaggag Y V C D L E G N R V K G P E K E gagaagttgagacaggcggtcaagcaggtgctgaagtgtgatgtgact E K L R Q A V K Q V L K C D V T cagagccagccactgggggccgtccccttacccccggctgactgcgtg Q S Q P L G A V P L P P A D C V ctcagcacactgtgtctggatgccgcctgcccagacctccccacctac L S T L C L D A A C P D L P T Y tgcagggcgctcaggaacctcggcagcctactgaagccagggggcttc C R A L R N L G S L L K P G G F ctggtgatcatggatgcgctcaagagcagctactacatgattggtgag L V I M D A L K S S Y Y M I G E cagaagttctccagcctccccctgggccgggaggcagtagaggctgct Q K F S S L P L G R E A V E A A gtgaaagaggctggctacacaatcgaatggtttgaggtgatctcgcaa V K E A G Y T I E W F E V I S Q agttattcttccaccatggccaacaacgaaggacttttctccctggtg S Y S S T M A N N E G L F S L V gcgaggaagctgagcagacccctgtga 792 A R K L S R P L - 264 48 16 96 32 144 48 192 64 240 80 288 96 336 112 384 128 432 144 480 160 528 176 576 192 624 208 672 224 720 240 768 256 Figura 2. Porzione codificante della sequenza nucleotidica relativa al cDNA per l’NNMT umana (gli esoni sono evidenziati con colori diversi) e sequenza aminoacidica della proteina tradotta. 34 L’NNMT umana è stata studiata a partire da estratti ottenuti da campioni di tessuto epatico e la sua caratterizzazione è stata ottenuta in seguito alla messa a punto di un saggio per la determinazione dell’attività catalitica. Il saggio prevede i seguenti passaggi: 1. l’allestimento di una miscela di saggio impiegando [14CH3]S-adenosil-L-metionina; 2. l’estrazione del prodotto di reazione (N1-metilnicotinamide) in alcol isoamilico al 60% in toluene, in presenza di acido 1-eptansolfonico quale modificatore di fase; 3. la separazione e l’identificazione dell’N1-metilnicotinamide mediante cromatografia a fase inversa in HPLC; 4. il dosaggio della radioattività mediante l’impiego di uno scintillatore liquido. L’enzima mostra una distribuzione subcellulare citoplasmatica e in condizioni ottimali la sua attività si espleta ad un valore di pH pari a 7,4. I valori di Km determinati per la nicotinamide e l’S-adenosil-L-metionina sono rispettivamente 347 μM e 1,76 μM. L’attività specifica calcolata negli estratti epatici è pari a 51,5 ± 32,5 U/mg e i valori dei singoli campioni presentano una notevole variabilità (71). Le seguenti variazioni individuali sono state riscontrate a carico dell’attività di altre metiltrasferasi umane e sono state imputate a fenomeni di polimorfismo genetico (72, 73). All’interno della popolazione analizzata la distribuzione di frequenza delle attività presenta un andamento di tipo bimodale e il 25% dei campioni mostra elevati valori di attività specifica. Questi risultati sono a sostegno dell’ipotesi secondo la quale i meccanismi di regolazione dell’attività nicotinamide Nmetiltraferasica possano essere regolati dalla presenza di polimorfismi a carico del gene per l’NNMT. L’analisi dell’influenza sull’attività dell’enzima esercitata dai prodotti di reazione, dagli inibitori di altre metiltrasferasi e dagli ioni metallici ha messo in evidenza che la maggiore inibizione è esercitata dall’N1-metilnicotinamide e dall’S-adenosil-Lomocisteina (71). Da tessuto epatico è stata ottenuta la proteina parzialmente purificata mediante cromatografia a scambio ionico seguita da gel filtrazione. La preparazione ottenuta è stata 35 assoggettata a elettroforesi in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) e in seguito a “photoaffinity labeling” è stato possibile identificare un peptide di massa molecolare pari a 29 kDa corrispondente all’NNMT. La proteina è stata quindi sottoposta a digestione chimico-enzimatica e la successiva analisi aminoacidica dei frammenti ottenuti ha consentito di risalire al cDNA relativo. Tale cDNA è costituito da una regione di 792 bp che codifica per una proteina di 264 aminoacidi (Figura 2) avente una massa molecolare corrispondente a circa 29600 Da. Il cDNA, amplificato mediante PCR, è stato in seguito clonato nel vettore p91023 (B) e il costrutto ottenuto è stato utilizzato per trasfettare cellule COS-1 ed esprimere la proteina ricombinante in tale sistema eucariotico. La caratterizzazione biochimica dell’NNMT è stata eseguita sulla preparazione non omogenea da tessuto epatico per quanto riguarda l’enzima nativo e su un lisato di cellule COS-1 per quanto concerne la proteina ricombinante. L’analisi comparativa ha permesso la determinazione dei seguenti parametri cinetici, relativi rispettivamente all’enzima nativo e a quello ricombinante: le Km per la nicotinamide pari a 0,43 mM e 0,38 mM; le Km per l’S-adenosil-L-metionina pari a 1,8 μM e 2,2 μM; le IC50 per l’N1-metilnicotinamide pari a 60 μM e 30 μM (74). L’assenza di differenze nella sequenza del cDNA codificante l’NNMT in soggetti che presentavano attività nicotinamide N-metiltrasferasiche significativamente diverse tra loro e l’individuazione di una correlazione tra i livelli di attività enzimatica e l’entità della sua espressione genica (RNA messaggero e proteina) nei soggetti analizzati ha predisposto alla ricerca di eventuali polimorfismi genetici nella porzione non codificante del gene (75). Il gene codificante l’NNMT è localizzato nella regione cromosomica 11q23.1, presenta una sequenza nucleotidica di 16,5 Kb ed è organizzato in 3 esoni e 2 introni. A livello della regione al 5’, fiancheggiante la prima tripletta codificante la proteina, è stato individuato il punto di inizio della trascrizione (alla posizione -108), situato 30 nucleotidi a valle di 36 un’atipica sequenza TATA box (TCTAA) (76). Il gene è sottoposto al controllo di un promotore forte che risiede in una sequenza di 700 nucleotidi a monte del punto in cui inizia la trascrizione. Recenti studi hanno mostrato che l’attività di tale promotore risulta essere regolata da fattori trascrizionali quali HNF-1β, TGF-β1, STAT3. Analisi riguardanti il fattore trascrizionale STAT3, attivo in forma fosforilata, sono stati condotti su cellule embrionali renali. In seguito all’attivazione di STAT3 con LIF (Leukemia Inhibitory Factor) le cellule sono state trasfettate utilizzando un plasmide contenente la regione del promotore relativa all’NNMT. I risultati ottenuti hanno evidenziato elevati livelli di NNMT imputabili ad un’aumentata attività del promotore indotta da STAT3. STAT3 può essere stimolato oltre che da LIF anche da IL-6 (interleukin 6). Studi condotti su linee cellulari di carcinoma mammario, epatico e del colon-retto assoggettate a trattamento con tale citochina hanno mostrato un’overespressione dell’NNMT. Analisi immunoistochimiche e mediante Real-Time PCR condotte su campioni bioptici di tumore del colon hanno validato i risultati ottenuti nelle linee cellulari, confermando l’azione di attivatore trascrizionale espletata da STAT3 (77). L’espressione dell’NNMT sembra essere regolata anche dal fattore trascrizionale HNF-1β. Studi sono stati effettuati su cellule di carcinoma tiroideo di tipo papillare nelle quali sono stati riscontrati elevati livelli di espressione dell’HNF-1β e dell’NNMT. Sono state pertanto inserite mutazioni a livello della regione del promotore dell’enzima NNMT in corrispondenza del sito di legame per l’HNF-1β. Tali mutazioni hanno portato ad una diminuzione dell’attività del promotore dell’enzima, a testimonianza dell’importanza svolta dall’HNF-1β, quale fattore trascrizionale dell’NNMT (78). Successivi esperimenti effettuati su un’altra linea cellulare di carcinoma tiroideo papillare hanno mostrato una ridotta espressione dell’NNMT sia a carico del messaggero, sia della proteina, in seguito a trattamento con depsipeptide, un inibitore delle deacetilasi istoniche. Studi ulteriori hanno 37 consentito di dimostrare che tale meccanismo di repressione agisce preliminarmente a livello dell’HNF-1β, determinando una downregolazione di tale attivatore trascrizionale (79). L’NNMT sembrerebbe inoltre un gene target di TGF-β1. Infatti, nell’insulinoma, dove l’espressione di tale fattore di crescita risulta diminuita rispetto al tessuto sano di controllo (RNA messaggero e proteina), sono stati osservati ridotti livelli di NNMT (80). Al fine di identificare eventuali polimorfismi potenzialmente responsabili della presenza di variazioni individuali di attività catalitica, è stata eseguita l’analisi della sequenza del gene per l’NNMT, relativamente alle porzioni esoniche, introniche, 3’- e 5’-UTR e del promotore. I risultati ottenuti fino ad oggi non hanno messo in evidenza la presenza di polimorfismi correlabili alle differenze nei livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica dei relativi soggetti (81, 82). L’RNA messaggero dell’NNMT umana è particolarmente rappresentato nel fegato, ma è stato riscontrato anche in altri organi e tessuti quali la placenta, il rene, il polmone, il muscolo scheletrico, il cuore, la milza, la prostata, il timo, il testicolo, l’intestino, l’ovaia, lo stomaco, la tiroide, il midollo spinale, i linfonodi, la trachea, la ghiandola surrenale, il midollo osseo (74, 81) e in particolari aree del sistema nervoso. Recenti studi hanno portato alla risoluzione della struttura tridimensionale dell’NNMT umana ricombinante. I dati ottenuti sono stati successivamente validati mediante esperimenti di mutagenesi sito-diretta che hanno consentito di arrivare a definire le caratteristiche del sito attivo dell’enzima, nonché di identificare gli aminoacidi (Y20 e D197) che risultano fondamentali per l’espletamento della catalisi enzimatica (Figura 3) (83). 38 A B Figura 3. Immagine rappresentativa della struttura tridimensionale dell’NNMT umana ricombinante in complesso con nicotinamide e S-adenosil-L-metionina (A). I residui aminoacidici Y20 e D197, appartenenti al sito attivo, rivestono un ruolo cruciale nell’espletamento della catalisi enziamtica (B). 39 1.2.4 Polimorfismi E’ nota l’associazione tra la moderata iperomocisteinemia plasmatica e il rischio di sviluppare patologie quali la trombosi venosa, l’infarto miocardico, l’ictus, l’insufficienza cardiaca congestizia, l’osteoporosi, l’aterosclerosi e il morbo di Alzheimer. Screening effettuati a livello del genoma di 398 individui appartenenti a 21 famiglie di nazionalità spagnola, in cui si osservavano significative alterazioni dei livelli di omocisteina plasmatica, hanno rivelato la presenza di un determinante genetico nella regione 11q23 dove è localizzato il gene codificante l’NNMT. Attraverso l’indagine aplotipica sono stati identificati 10 differenti SNPs, uno dei quali è risultato essere associato ai livelli plasmatici di omocisteina. Questo SNP si trova localizzato a livello del primo introne del gene codificante l’NNMT e il suo significato funzionale non è a tutt’oggi ancora stato chiarito. È possibile ipotizzare che tale polimorfismo sia coinvolto nella regolazione della trascrizione dell’NNMT, modulando pertanto i livelli della sua attività enzimatica all’interno della cellula. Seppur in maniera indiretta l’NNMT è coinvolta nella sintesi dell’omocisteina; per tale ragione la regolazione della sua attività ad opera di meccanismi genetici potrebbe giocare un ruolo chiave nella modulazione dei livelli plasmatici di omocisteina nelle patologie sopra citate (84, 85). Più recentemente, è stato inoltre ipotizzato che un polimorfismo a carico del gene per l’NNMT sia in grado di influenzare il rischio di insorgenza di difetti cardiaci congeniti nei bambini. Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’Erasmus University Medical Center a Rotterdam su 292 casi e 316 famiglie di controllo. La ricerca ha evidenziato che l’assunzione di farmaci durante il periodo periconcezionale, assieme a una bassa assunzione di nicotinamide con la dieta e al genotipo dell’NNMT AG/AA (allele NNMT A) è associata ad un rischio otto volte maggiore (86). 40 Un ulteriore studio sulla ricerca di varianti del gene per l’NNMT ha riguardato la genotipizzazione di 252 neonati con spina bifida e 335 controlli, in quanto è stato visto che una moderata iperomocisteinemia può rappresentare un possibile fattore di rischio d’insorgenza dei difetti del tubo neurale. Sebbene siano stati indagati 11 SNPs a carico dell’enzima, non è emersa nessuna associazione significata tra le varianti del gene NNMT nei neonati ed il rischio di spina bifida (87). Diversi studi suggeriscono l’esistenza di una possibile associazione tra l’aneurisma aortico addominale (AAA) e l’iperomocisteinemia. Varianti geniche dell’NNMT potrebbero rappresentare un possibile fattore di rischio per l’AAA. Per valutare questa possibile associazione sono stati analizzati, mediante multiplex PCR (88), 56 polimorfismi a carico di 17 geni coinvolti nel metabolismo della metionina, in 423 pazienti affetti da AAA e 423 controlli. Solo 7 geni, incluso l’NNMT, avevano almeno un aplotipo predisponente l’AAA e l’influenza di ogni singolo gene in tale patologia era indipendente dal ruolo svolto nel metabolismo dell’omocisteina (89). Dallo stesso gruppo di ricerca è stato svolto un ulteriore ed analogo studio cha ha interessato 501 pazienti sopravvissuti ad un infarto ischemico e 1211 controlli sani. Tuttavia dai risultati ottenuti non è emersa nessuna associazione significativa tra le varianti del gene NNMT e tale patologia (90). Studi più recenti hanno evidenziato come polimorfismi di geni appartenenti al pathway del folato siano associati al rischio d’insorgenza di leucemia linfoblastica acuta (ALL). Analisi condotte su 245 pazienti in età pediatrica (<18 anni) con ALL hanno mostrato come singoli polimorfismi a carico dei geni MTHFR (C677C), RFC1 (G80A), NNMT (IVS C-151T) ed una loro associazione sia correlata al rischio di ALL. In particolare, a carico dell’NNMT esistono specifici polimorfismi (NNMT IVS-151TT e NNMT IVS-151 CT+TT/RFC1 80AA) in grado di predisporre all’insorgenza di tale patologia. Tali polimorfismi potrebbero condurre ad una diminuzione dei livelli cellulari di folato e ad un cambiamento dello status di metilazione (91). 41 In uno studio successivo sono stati raccolti ed esaminati tutti i risultati ottenuti da studi precedenti allo scopo di valutare l’associazione tra i polimorfismi di geni del pathway del folato e la suscettibilità a leucemia linfoblastica acuta. Dall’analisi complessiva sono emersi risultati a volte contrastanti, poiché è stato osservato come ci sia un diverso impatto dei polimorfismi dei geni del folato sulla suscettibilità ad ALL, in funzione del tipo di popolazione esaminata e a seconda che si tratti di ALL in adulti o in età pediatrica (92). In uno studio condotto a carico del gene per l’NNMT umano è stato dimostrato che gli SNPs rs694539 (precedentemente associato ad iperomocisteinemia) e rs1941404 risultano associati alla schizofrenia. Inoltre, a livello della corteccia frontale dei pazienti affetti da tale disturbo psichiatrico, i livelli di mRNA per l’NNMT risultano ridotti del 35% rispetto ai controlli. Tali evidenze sembrerebbero suggerire un potenziale coinvolgimento dell’NNMT nell’eziologia della schizofrenia (93). Una recente analisi condotta a carico di una popolazione cinese ha confermato la presenza di una correlazione tra il polimorfismo rs694539 e la schizofrenia, evidenziando ancora una volta che l’NNMT potrebbe prendere parte alla patogenesi di tale disturbo psichiatrico (94). Nell’ambito delle patologie a carattere psichiatrico, lo SNP rs694539 risulta essere significativamente associato ai disturbi bipolari, evidenza che supporta l’ipotesi secondo la quale tale polimorfismo a carico del gene per l’NNMT espone gli individui ad un aumentato rischio si insorgenza di tali disordini (95). Il medesimo polimorfismo (rs694539) risulta significativamente associato alla steatoepatite non alcolica (NASH), forma progressiva della steatosi epatica non alcolica (NAFLD). Pertanto, la variante allelica sembrerebbe costituire un fattore predisponente lo sviluppo di tale disturbo (96). 42 1.2.5 Ruolo dell'NNMT nelle patologie non neoplastiche Analisi effettuate in pazienti affetti da cirrosi hanno messo in evidenza un elevato livello basale di N1-metilnicotinamide serica rispetto ai soggetti sani. In seguito a somministrazione orale di nicotinamide il tasso di N1-metilnicotinamide risultava significativamente più elevato sia nel plasma, sia nelle urine dei soggetti patologici rispetto ai controlli sani. Tali risultati hanno dimostrato che il processo di metilazione della nicotinammide è esaltato dallo stato cirrotico (97). Solo recentemente sono state messe in evidenza le proprietà antinfiammatorie dell’N1-metilnicotinamide. La possibile valenza terapeutica di tale molecola è stata ipotizzata in seguito all’applicazioni topica per la cura di patologie dermatologiche come l'acne vulgaris e le dermatiti da contatto (98). L'azione antinfiammatoria espletata dall'N1-metilnicotinamide potrebbe essere imputabile alla sua capacità di ridurre l'adesione delle cellule pro-infiammatorie all'endotelio vascolare (99). L'N1-metilnicotinamide ha mostrato anche un'attività antitrombotica nei confronti di topi affetti da trombosi arteriosa e venosa. Il prodotto di metilazione della nicotinamide esercita il suo effetto antitrombotico mediante l'azione dalla prostaciclina (PGI2) formata via cicloossigenasi-2 (COX-2). A tutt'oggi questo meccanismo di rilascio non è ancora interamente compreso (100). Analisi condotte su topi con aterosclerosi hanno evidenziato come la progressione della malattia sia associata ad un aumento dell'attività epatica dell'NNMT e dei livelli plasmatici di MNA. Date le proprietà antitrombotiche e antinfiammatorie dell’MNA, l'aumentata espressione dell’NNMT nell'aterosclerosi potrebbe rappresentare un importante meccanismo compensatorio che tende a contrastare i processi di infiammazione vascolare (101). Analisi condotte su topi con epatite indotta in seguito a somministrazione di concanavalina (ConA) hanno ugualmente sottolineato un'aumentata attività catalitica dell’NNMT a livello epatico e un incremento della 43 concentrazione di N1-metilnicotinamide nel plasma durante la progressione della patologia. Tali risultati mettono in luce il ruolo antinfiammatorio e epatoprotettivo che l'N1metilnicotinamide esplica mediante meccanismi PGI2-dipendenti (102). A carico di esemplari murini sottoposti ad esercizio fisico prolungato è stato rilevato un aumento dell'attività dell’NNMT nel fegato, con conseguente incremento dell’MNA plasmatica. Lo stesso trattamento in topi knockout per IL-6 non ha invece prodotto cambiamenti nell'attività epatica dell'NNMT, mentre si assiste ad un aumento dell’MNA nel plasma. Tali evidenze suggeriscono che IL-6 è in grado di innescare l'attività catalitica dell'NNMT nel fegato e che, oltre al distretto epatico, altri tessuti concorrono alla determinazione dell’MNA plasmatica (103). Un recente studio condotto su topi IL-6(+) e IL-6(-), nei quali è stata indotta l’epatite mediante ConA, ha messo in evidenza come il rilascio dell’MNA nelle fase precoce di tale disturbo sia IL-6 dipendente (104). L’induzione dell’espressione delle proteine del core del virus dell’epatite C (HCV) in linee cellulari trasformate di epatoma umano (Huh7) conduce all’overespressione dei messaggeri relativi alla nicotinamide Nmetiltrasferasi e ad una proteina glutatione perossidasi-simile. Tali evidenze suggeriscono che l’espressione delle proteine del core virale dell’HCV inducono uno stress ossidativo intracellulare che tende ad essere contrastato dall’attivazione di meccanismi antiossidanti (105). Un'elevata espressione del gene per l'NNMT è stata evidenziata a carico del suo mRNA in campioni bioptici di tessuto renale umano asportato in seguito a rigetto acuto dopo allotrapianto (106). L'enzima è risultato inoltre espresso nel tessuto bioptico endometriale di donne che sono risultate gravide in seguito a microiniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI). Tale risultato evidenzia come l’NNMT possa svolgere un ruolo importante a livello endometriale, favorendo il processo dell’impianto della cellula uovo fecondata nell’utero (107, 108). Studi condotti su cellule stromali endometriali fatte crescere in un terreno contenente fattori di rilascio di cellule macrofagiche hanno evidenziato una overespressione dell’enzima a livello cellulare. 44 L’interazione delle cellule con i macrofagi stimolerebbe l’espressione di determinati geni nelle cellule stromali endometriali che favorirebbero l’insorgenza dell’endometriosi. In questo senso l’aumentata espressione dell’NNMT a livello cellulare potrebbe essere legata al meccanismo di proliferazione e invasione delle cellule endometriali che si verifica durante tale patologia (109). Un’elevata espressione dell'NNMT è stata riscontrata nel tessuto muscolare di soggetti affetti da ostruzione cronica polmonare (COPD) rispetto ai controlli sani (110). Analisi condotte a carico del tessuto polmonare di pazienti affetti da COPD hanno evidenziato un’aumentata espressione dell’NNMT. Tale aumento risulta essere correlato alla gravità della patologia (111). Studi condotti successivamente su cellule mioblastiche in coltura hanno mostrato come l’overespressione dell’NNMT conduca ad un aumento della capacità proliferativa e della migrazione cellulare, e protegga tali cellule dai danni indotti dai radicali liberi dell’ossigeno. Questi risultati suggeriscono che l’elevata espressione dell’enzima nei muscoli scheletrici di pazienti affetti da COPD probabilmente tende a favorire la rigenerazione muscolare e rappresenta un meccanismo di difesa contro lo stress ossidativo (112). Il ruolo protettivo dell’NNMT contro le specie reattive dell’ossigeno (ROS) è stato inoltre dimostrato nella patogenesi del danno delle cellule tubulari prossimali renali e nella conseguente disfunzione renale. In particolare è stato messo in luce come l’MNA sia in grado di ridurre la lipotossicità, in termini di stress ossidativo, apoptosi, necrosi, infiammazione e fibrosi, a carico delle cellule tubulari renali (113). Tuttavia non sempre un aumento di espressione dell'enzima risulta associato a meccanismi di difesa nei confronti dei ROS. Uno studio condotto su topi trattati con fenobarbitolo, noto per indurre lo stress ossidativo mediante l'attivazione degli enzimi della famiglia del citocromo P450, ha messo in evidenza che tale molecola induce un aumento dell'attività dell’NNMT. Questo evento conduce ad una riduzione dei livelli di nicotinamide destinata alla sintesi di NADH e NADPH, cofattori che prendono parte alla catalisi di enzimi che svolgono funzioni antiossidanti. Sulla base di tali considerazioni, 45 l'overespressione dell'NNMT si tradurrebbe in una perdita dei sistemi di protezione nei confronti dello stress ossidativo (114). Diversi studi sono stati condotti per valutare l'esistenza di una possibile correlazione tra l'NNMT e il fenomeno dell'iperomocisteinemia, essendo l'omocisteina il derivato di un prodotto di reazione dell'enzima. Analisi effettuate su campioni di tessuto adiposo umano e murino e su adipociti murini hanno evidenziato elevati livelli di espressione e di attività dell'enzima e conseguente rilascio di omocisteina. Alimentando i topi con una dieta ricca di grassi si è osservato un aumento dell'attività enzimatica; questo ha permesso di ipotizzare che l'obesità possa essere associata ad una maggiore espressione e attività catalitica dell'enzima. Un aumento dei livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica determinerebbe una maggiore produzione e rilascio di omocisteina, condizione che potrebbe aumentare il rischio d’insorgenza di malattie cardiovascolari (115). Un recente studio ha evidenziato che l’espressione dell’NNMT risulta aumentata nel tessuto adiposo bianco e nel fegato di topi diabetici ed obesi, rispetto ai controlli. Il successivo knockdown dell’enzima sembra esercitare un effetto protettivo nei confronti dei danni correlati all’obesità indotta dalla dieta, mediante l’induzione dell’aumento del dispendio energetico cellulare (116). Un recente lavoro, svolto sul tessuto adiposo di soggetti affetti da insulino-resistenza, è stato dimostrato che l’espressione dell’NNMT aumenta nei soggetti patologici e che tale incremento è significativamente correlato alla gravità del disturbo (117). Aumentati livelli di espressione dell’NNMT (messaggero a livello tissutale e proteina a livello serico) sono stati rilevati in pazienti affetti da arteriopatia obliterante periferica rispetto ai soggetti sani. Tali evidenze suggeriscono che l’enzima possa svolgere un importante ruolo quale biomarcatore di tale vasculopatia (118). Allo scopo di esplorare il ruolo dell’NNMT nella sindrome metabolica, i livelli di espressione dell’enzima sono stati valutati nel tessuto adiposo di ratti Wistar Ottawa Karlsburg W (WOKW), che 46 rappresentano un modello animale di sindrome metabolica, e di ratti Dark Agouti (DA) di controllo. Gli aumentati livelli di mRNA, della proteina e dell’attività catalitica dell’enzima rilevati nel tessuto adiposo dei ratti WOKW hanno messo in luce l’importante ruolo svolto dall’enzima nella patogenesi della sindrome metabolica. (119). Nonostante il fegato rappresenti l’organo nel quale l’NNMT è maggiormente espressa, non è stato ancora chiarito il coinvolgimento dell’enzima nel metabolismo degli epatociti. Un recente studio, condotto su epatociti murini, ha dimostrato che la modulazione dei livelli di espressione dell’NNMT è in grado di condurre ad alterazioni del metabolismo del glucosio e del colesterolo, e che tali effetti sono mediati dall’MNA. In particolare, il trattamento con MNA di topi assoggettati ad una dieta ricca di lipidi conduce ad una riduzione dei livelli di colesterolo (serico ed epatico) e di trigliceridi (a livello epatico). Tali effetti si esplicano attraverso la stabilizzazione della proteina SIRT1 da parte dell’MNA che è in grado di ridurre la degradazione dell’istone deacetilasi, impedendone l’ubiquitinazione (120). 1.2.6 NNMT e la malattia di Parkinson Nelle cellule neuronali di diverse regioni del sistema nervoso centrale, l’NNMT è espresso in modo costitutivo. In soggetti sani l’RNA messaggero relativo all’NNMT è presente ad elevati livelli nel midollo spinale, nel lobo temporale e nella medulla, mentre bassi livelli si riscontrano nei nuclei subtalamico e caudato, e nella porzione cerebellare. Sia la proteina che la sua attività enzimatica sono ugualmente rilevabili nel lobo temporale e nel midollo spinale. (121). In soggetti deceduti a causa della malattia di Parkinson è stato evidenziato un aumento dei livelli di espressione della proteina NNMT nell’area cerebellare. Tale evidenza ha consentito così di formulare un possibile coinvolgimento dell’enzima nella 47 patogenesi di tale disturbo o della neurodegenerativo (122). Nell’ambito delle cause associate all’insorgenza di tale malattia, numerosi studi hanno speculato in merito alla possibile neurotossicità associata al composto N1-metilnicotinamide e/o alle conseguenze metaboliche derivanti dalla catalisi espletata dell’NNMT nei confronti del suo substrato di elezione o di possibili substrati alternativi (122-126). Tuttavia, sembrerebbe che l’NNMT sia in grado di indurre una risposta cellulare che contrasta la condizione di stress associata a tale disturbo. Uno studio condotto su una linea cellulare di neuroblastoma umano (SHSY5Y) ha infatti dimostrato che l’overespressione dell’NNMT determina una riduzione della morte cellulare attraverso l’incremento di attività del complesso I mitocondriale. All’interno di tali cellule è riscontrabile un aumento dei livelli intracellulari di ATP e del rapporto ATP/ADP che costituisce un indice della disponibilità energetica. Gli effetti evidenziati sono inoltre replicati attraverso l’incubazione delle cellule SH-SY5Y, prive di espressione endogena di NNMT, con il composto N1-metilnicotinamide. L’N1metilnicotinamide agirebbe determinando un decremento del catabolismo proteico, consentendo così di mantenere stabili i livelli di espressione delle subunità del complesso I mitocondriale (127). Ulteriori studi condotti sulla medesima linea di neuroblastoma e su neuroni dopaminergici mesencefalici murini hanno evidenziato come l'induzione di espressione dell'NNMT, così come il trattamento delle cellule parentali con MNA, siano in grado di modulare la morfologia neuronale, determinando un incremento del numero e delle ramificazioni degli assoni (128). Recenti studi, condotti sempre sulla linea cellulare SHSY5Y, hanno da un lato evidenziato l’effetto citoprotettivo dell’NNMT nei confronti di composti ad azione neurotossica (129), dall’altro identificato che la promozione dell’attività del complesso I mitocondriale e della sintesi di ATP, indotte dall’NNMT, sono entrambe nediate dalla sirtuina 3 (130). Tali evidenze sembrerebbero rivalutare il ruolo svolto dall’enzima, nonché dal suo prodotto di reazione, nella malattia di Parkinson, mettendo in discussione le ipotesi 48 precedentemente formulate. L’NNMT infatti sembrerebbe entrare in giuoco nell’ambito di meccanismi compensatori o di difesa piuttosto che promuovere e sostenere la patogenesi di tale disturbo. 1.2.7 Ruolo dell'NNMT nelle patologie neoplastiche Studi di espressione genica condotti su campioni di glioblastoma multiforme (GBM) hanno mostrato elevati livelli di messaggero per l'NNMT rispetto ai controlli, costituiti da campioni di tessuto cerebrale rimossi chirurgicamente da pazienti affetti da forme epilettiche particolarmente severe (131). Elevati livelli di attività dell’enzima e del suo prodotto di reazione N1-metilnicotinamide sono stati inoltre riscontrati in linee cellulari di glioma umano trattate con interferone gamma (132). L’induzione dell’espressione dell’NNMT nella linea cellulare di neuroblastoma umano SH-SY5Y è associata una diminuzione significativa della morte cellulare. Inoltre sia il trattamento con MNA sia l’espressione dell’NNMT conferiscono alle cellule una maggior protezione nei confronti dell’effetto citotossico indotto da inibitori del complesso I, quali l’MPP+ e il rotenone (127, 129). Studi condotti su cellule in coltura di carcinoma mammario hanno evidenziato la presenza dell'NNMT in linee cellulari adriamicina-resistenti (MCF-7/ADR). L'espressione di tale enzima non è stata invece rilevata a livello delle cellule progenitrici (MCF-7) sensibili al trattamento con tale fattore chemioterapico (133, 134). Allo scopo di chiarire i meccanismi molecolari relativi alla patogenesi del cancro della tiroide, sono stati analizzati i profili di espressione genica di linee cellulari di carcinoma tiroideo di tipo papillare, anaplastico, follicolare e midollare. I risultati hanno evidenziato un'overespressione del gene per l'NNMT nella tipologia papillare. Successive indagini 49 condotte a carico della proteina hanno dimostrato elevati valori di attività enzimatica a livello delle cellule di carcinoma tiroideo di tipo papillare rispetto a quelli ottenuti in altre tipologie cellulare, nel tessuto sano e nelle colture primarie di cellule tiroidee. Per quanto riguarda l'esplorazione dell'accumulo della proteina a livello cellulare, le analisi immunoistochimiche hanno prodotto risultati che sono in accordo con il dato relativo all'attività catalitica. A livello tissutale la proteina è abbondante nel carcinoma papillare e follicolare, mentre non viene rilevata nel tessuto sano e nell'adenoma follicolare. Tali indagini immunoistochimiche hanno inoltre confermato la localizzazione citoplasmatica dell'NNMT ed evidenziato una blanda positività anticorpale a livello nucleare, positività riscontrata soprattutto nei controlli e probabilmente ascrivibile a reattività aspecifica dell'anticorpo policlonale utilizzato nel saggio (135). Uno studio recente si è occupato di analizzare la funzione biologica dell’NNMT in diverse linee cellulari di carcinoma mammario. La downregolazione dell’enzima nelle linee cellulari Bcap-37 e MDA-MB-2 ha comportato una significativa riduzione della crescita cellulare e della capacità di formare colonie, in vitro, e della tumorigenicità in vivo. Inoltre, nelle linee assoggettate a silenziamento si riscontra una maggiore percentuale di cellule che vanno incontro ad apoptosi ed un significativo aumento della produzione di ROS rispetto alle cellule di controllo. Al contrario, l’overespressione dell’NNMT nelle linee cellulari MCF-7 e SK-BR-3 è associata ad un’aumentata proliferazione cellulare, ad una maggiore capacità di formare colonie ed una riduzione dell’apoptosi rispetto al controllo. Tali risultati sembrano suggerire che il silenziamento genico dell’NNMT possa rappresentare una strategia molecolare per il trattamento del cancro alla mammella (136). L'analisi dei profili di espressione genica effettuata a partire dall'RNA isolato dal succo pancreatico, ha evidenziato un'elevata espressione del gene per l'NNMT nei pazienti affetti da carcinoma del pancreas rispetto ai soggetti affetti da patologie non neoplastiche a carico del tratto gastrointestinale superiore (137). Sempre a livello pancreatico sono stati 50 condotti studi di profili di espressione genica dell’insulinoma. I risultati ottenuti evidenziano che l’NNMT è un gene target del TGF-β1, i cui livelli di espressione in tale patologia risultano essere diminuiti rispetto al controllo, portando di conseguenza ad una diminuzione anche dei livelli dell’NNMT (80). Analisi condotte sulla linea cellulare pancreatica PANC-1, sottoposta a deprivazione di glucosio, hanno dimostrato che il silenziamento dell’NNMT determina una riduzione della proliferazione delle cellule tumorali, mentre l’overespressione dell’enzima ne promuove la crescita e l’invasività. I risultati ottenuti consentono dunque di attribuire all’NNMT un ruolo nella proliferazione cellulare e nel potenziale metastatico delle cellule cancerose pancreatiche sottoposte a stress metabolico. (138). In un recente studio condotto a carico della linea cellulare di carcinoma pancreatico PANC-1 esprimente il miR-1291, l’analisi del metaboloma mediante cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa (LC-MS) ha portato all’identificazione di elevati livelli di N1-metilnicotinamide, aumento che risulta correlato ad un marcato incremento dei livelli di mRNA per l’NNMT. In seguito all’induzione dell’espressione del miR-1291, le cellule PANC1 hanno mostrato una ridotta capacità di migrazione ed invasione rispetto alle cellule di controllo. Inoltre, inoculando in topi nudi le cellule PANC-1 che esprimevano il miR1291 e le cellule di controllo, è stata identificata una correlazione inversa tra l’espressione dell’mRNA per l’NNMT e la dimensione del tumore ottenuto in seguito a xenotrapianto (139). Nell'ambito delle neoplasie dell'apparato digerente l'espressione dell'enzima è stata valutata nel carcinoma colorettale (CRC), del pancreas e dello stomaco. Analisi condotte a carico di campioni tissutali relativi a soggetti affetti da carcinoma colorettale hanno evidenziato elevati livelli proteici di NNMT nel tessuto canceroso rispetto a quello sano. Allo scopo di candidare l'enzima quale potenziale marker periferico del carcinoma colorettale, è stato effettuato uno screening a livello serico in un elevato numero di 51 campioni di sangue, provenienti da soggetti sani e da pazienti. I risultati prodotti hanno rivelato la presenza di elevati livelli di NNMT nel siero dei soggetti patologici. Nonostante l'NNMT sia una proteina citosolica non soggetta a secrezione, il suo rilevamento nel siero fa ipotizzare che nei soggetti patologici la lesione neoplastica intestinale possa determinare un rilascio dell'enzima a livello periferico o che la presenza di disturbi epatici non manifesti (micrometastasi associata a necrosi degli epatociti) induca la traslocazione di parte della proteina nel siero. Pertanto la determinazione dei livelli plasmatici dell'NNMT potrebbe avere un'importante valenza nella diagnosi precoce del carcinoma colorettale (140). Analisi mediante test ELISA sono state condotte successivamente allo scopo di identificare la presenza di auto-anticorpi contro l’NNMT nel siero di pazienti affetti da carcinoma colorettale e in quello di soggetti sani; tuttavia la ridotta sensibilità della metodica non ha consentito di ottenere risultati soddisfacenti (141). Uno studio recente si è occupato di analizzare la funzione biologica dell’NNMT in linee cellulari di carcinoma del colon-retto. Esperimenti di silenziamento sulla linea cellulare HT29 e di overespressione sulla linea cellulare SW480, hanno indicato che l’upregolazione dell’NNMT promuove significativamente la proliferazione cellulare, aumenta la capacità di formare colonie in vitro e la tumorigenesi in vivo. L’overespressione dell’enzima induce inoltre una riduzione dell’apoptosi e dei livelli intracellulari ROS, mentre porta ad un aumento dei livelli di ATP. Il trattamento con N1-metilnicotinamide, prodotto di reazione dell’NNMT, produce gli stessi effetti ottenuti in seguito all’overespressione dell’enzima. I risultati ottenuti in seguito a tali analisi hanno consentito di rilevare un potenziale ruolo dell’NNMT nel bilancio energetico della cellula e nella produzione di ROS (142). Studi di natura proteomica effettuati in campioni di carcinoma gastrico hanno consentito di rilevare elevati livelli di NNMT nel tessuto canceroso rispetto a quello sano in pazienti affetti da tale patologia (143). Successive analisi hanno da un lato confermato tali risultati, dall’altro evidenziato la presenza di un singolo segnale per l’NNMT a livello del tessuto 52 gastrico sano o ulceroso, e di 4 o 5 diversi segnali a carico del tessuto tumorale. Tale risultato ha successivamente consentito di ipotizzare la presenza di forme fosforilate di NNMT nel tessuto gastrico canceroso, forme che verrebbero prodotte in seguito a processi di modificazione post-traduzionale a carico della proteina (144). Esperimenti ELISA hanno rilevato la presenza di elevati livelli serici di NNMT in pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) rispetto a soggetti sani e a pazienti affetti da COPD. Successive analisi statistiche hanno inoltre evidenziato come la valutazione dei livelli serici dell'NNMT e del CEA (carcinoembryonic antigen), marcatore serico attualmente impiegato nell’ambito del NSCLC, aumenti la sensibilità per la determinazione di questo tipo di neoplasia (145). In uno studio successivo sono stati analizzati i livelli di espressione dell’enzima NNMT in campioni di tessuto appartenenti a soggetti affetti da NSCLC, mediante Real Time PCR, analisi Western blot e saggio per la determinazione dell’attività catalitica. Le indagini sono state condotte nel tessuto tumorale e nel tessuto peritumorale prelevato vicino (1-2 cm) e lontano (> 5 cm) rispetto al margine della neoplasia. L’attività dell’enzima è stata poi correlata alle caratteristiche clinico-patologiche. I risultati hanno indicato un aumento statisticamente significativo dell’espressione dell’NNMT sia a livello di messaggero che di proteina nel tumore rispetto al tessuto peritumorale. In linea con tali risultati, i valori di attività specifica rilevati a livello del tessuto polmonare tumorale sono risultati significativamente più elevati rispetto quelli determinati nel tessuto peritumorale, candidando l’enzima quale potenziale marcatore molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule (146). Successive analisi immunoistochimiche hanno confermato l’overespressione dell’NNMT nel tessuto polmonare tumorale rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano rispetto al margine della neoplasia. Inoltre, sono stati condotti esperimenti di silenziamento genico dell’enzima nella linea cellulare di carcinoma polmonare non a piccole cellule A549 ed è stato valutato l’effetto che tale silenziamento ha 53 avuto sul fenotipo della cellula neoplastica. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il knockdown dell’NNMT conduce ad una sensibile riduzione della tumorigenicità in vitro (147). Esperimenti di Real-Time PCR hanno mostrato una marcata diminuzione dei livelli di messaggero per l'NNMT in campioni di carcinoma epatocellulare rispetto al tessuto sano adiacente. Analisi statistiche hanno tuttavia evidenziato l'esistenza di una correlazione diretta tra l'espressione dell'NNMT e lo stadio tumorale e una correlazione inversa con la sopravvivenza suggerendo un possibile ruolo dell'enzima quale marcatore prognostico (148). Linee cellulari di carcinoma epatocellulare trasfettate con il gene dell'NNMT hanno mostrato maggiori capacità invasive e adesive (149). Un’elevata espressione dell’NNMT è stata inoltre riscontrata in campioni tissutali di carcinoma squamoso del cavo orale (OSCC) rispetto ai controlli. In particolare, è stata evidenziata una correlazione inversa tra l’entità dell’overespressione dell’NNMT e la presenza di metastasi (150). Successive analisi immunoistochimiche hanno dimostrato che i livelli di espressione dell’NNMT risultano maggiori nei tumori di basso grado (151). Recenti studi hanno evidenziato elevati livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica (tessuto canceroso vs tessuto sano) in pazienti affetti da OSCC. Successivi esperimenti mediante Western blot hanno inoltre mostrato un’aumentata espressione dell’NNMT nella saliva dei pazienti rispetto ai soggetti sani, suggerendo un potenziale impiego dell’enzima nella diagnosi precoce e non invasiva di tale neoplasia (152). Allo scopo di valutare il ruolo svolto dall’NNMT nel metabolismo della cellula tumorale, sono stati eseguiti esperimenti di silenziamento dell’enzima, attraverso il meccanismo dell’RNA interfrence (RNAi), nella linea cellulare KB. La riduzione di espressione dell’NNMT ha comportato una diminuzione della crescita cellulare e del potenziale tumorigenico in vivo, evidenziando un possibile coinvolgimento dell’enzima nel processo di proliferazione e nei meccanismi di tumorigenicità della cellula neoplastica (153, 154). 54 Elevati livelli di NNMT sono stati riscontrati in campioni tissutali di carcinoma nasofaringeo. Successive analisi, volte all’esplorazione di correlazioni tra il grado di espressione dell’NNMT e i parametri clinico-patologici, hanno evidenziato un importante ruolo quale marcatore prognostico di tale neoplasia (155). Nonostante l’upregolazione dell’NNMT sia stata rilevata in diverse neoplasie, il ruolo svolto dall’enzima nel processo di tumorigenesi risulta ancora sconosciuto. Un recente studio a carattere metabolomico ha evidenziato che nelle cellule cancerose che mostrano un’esaltata attività nicotinamide N-metiltrasferasica, si ha sottrazione di gruppi metilici all’S-adenosil-L-metionina (SAM) con conseguente alterazione dello stato di metilazione. Tale condizione sembra modificare il quadro epigenetico della cellula neoplastica, determinando uno stato di ipometilazione degli istoni e un aumento dell’espressione di fattori protumorigenici (156, 157). Nel campo delle neoplasie urologiche, analisi relative all'enzima sono state eseguite a carico del tumore della vescica e del carcinoma renale. Analisi condotte su una linea di carcinoma vescicale radioresistente (MGH-UI) hanno evidenziato elevati livelli di messaggero per l'NNMT rispetto al suo subclone radiosensibile (S40b). Tali risultati indicano un ruolo dell'enzima nella responsività cellulare al trattamento radioterapico. Il possibile coinvolgimento dell’NNMT nel determinare radioresistenza nella cellula neoplastica potrebbe essere dovuto alla sua attività catalitica. Un’iperespressione dell’enzima potrebbe infatti determinare una riduzione intracellulare dei livelli di nicotinamide, noto radiosensibilizzante in grado di amplificare a livello cellulare il danno prodotto dalle radiazioni (158). In tale ambito di ricerca, i successivi studi sono stati condotti su cellule staminali tumorali (cancer stem cells). Cloni di cellule staminali tumorali di origine mesenchimale overesprimenti l’NNMT hanno infatti mostrato una spiccata resistenza al trattamento radioterapico, facendo ipotizzare che gli elevati livelli di enzima possano essere responsabili di tale radioresistenza. L’attività nicotinamide N- 55 metiltrasferasica infatti, abbassando i livelli intracellulari di nicotinamide, rimuove l’inibizione operata nei confronti della PARP e consente a quest’ultima di espletare la sua azione riparatrice nei confronti del DNA danneggiato. A carico dei cloni radioresistenti, sono stati inoltre rilevati elevati livelli di espressione di NAMPT, enzima coinvolto nella sintesi del NAD+ partendo dalla nicotinamide. Elevati livelli di NAMPT si tradurrebbero in una maggiore disponibilità di NAD+, che cotituisce il substrato della PARP nei processi di poli-ADP-ribosilazione (159). Per quanto riguarda l’analisi dell’NNMT in associazione alle CSCs, è stato recentemente condotto uno studio di espressione dell’enzima nelle cellule tumorali staminali purificate dalla linea cellulare di carcinoma della laringe Hep-2. I dati ottenuti evidenziano un’overespressione dell’NNMT nelle popolazioni arricchite in CSCs rispetto alle cellule parentali e attribuiscono all’enzima un ruolo particolarmente rilevante nel metabolismo della cellula tumorale, in considerazione del fatto che le CSCs vengono considerate le principali responsabili dei fenomeni di chemio- e radioresistenza e ad esse si attribuisce la capacità che il tumore ha di recidivare. (160). Studi condotti su campioni di tessuto vescicale canceroso hanno mostrato una correlazione tra i livelli di espressione dell'enzima e lo stadio del tumore. Successivi esperimenti di silenziamento dell'NNMT in linee cellulari di carcinoma della vescica hanno mostrato una riduzione della migrazione e della proliferazione cellulare, indicando un possibile ruolo dell'enzima nella progressione tumorale (161). Un recente studio ha evidenziato alti livelli di espressione e di attività enzimatica dell'NNMT in campioni di tessuto canceroso vescicale di pazienti sottoposti a cistectomia per il trattamento del carcinoma uroteliale della vescica. L'espressione genica, a livello sia di messaggero che di proteina, è stata inoltre valutata nelle cellule di sfaldamento dell'urotelio vescicale ottenute da campioni urinari di pazienti e soggetti sani. I risultati ottenuti hanno mostrato un aumento dei livelli di espressione dell’NNMT nei campioni 56 tumorali rispetto ai controlli. Tali evidenze suggeriscono che la determinazione dei livelli di espressione urinaria dell'enzima possa essere usata nella diagnosi precoce e noninvasiva del carcinoma uroteliale della vescica (162). Un’ulteriore analisi, condotta sul carcinoma vescicale, ha evidenziato un’overespressione dell'NNMT nelle forme di tumore che si estendono alla tonaca muscolare (163). Elevati livelli di messaggero sono stati rilevati nel tessuto canceroso, rispetto a quello sano, di pazienti affetti da carcinoma renale. L'analisi statistica ha evidenziato una correlazione inversa tra l’entità di tale overespressione e le dimensioni del tumore, suggerendo quindi un coinvolgimento dell'enzima nelle fasi iniziali della carcinogenesi (164, 165). Analisi immunoistochimiche condotte su campioni di carcinoma renale hanno mostrato una correlazione inversa tra i livelli di espressione dell'enzima e la sopravvivenza dei pazienti. Tale analisi ha inoltre evidenziato la presenza di un'overespressione dell'NNMT nel carcinoma renale a cellule chiare rispetto all'istotipo cromofobo (166). Analisi immunoistochimiche e mediante 2D-Page hanno mostrato la presenza di elevati livelli di NNMT nei campioni di carcinoma renale rispetto ai campioni di controllo, in particolare nell’istotipo a cellule chiare dove è stata riscontrata una correlazione inversa con il grado. Successivi test ELISA effettuati sul plasma di pazienti affetti da carcinoma renale e soggetti sani hanno confermato la presenza di un maggiore quantitativo di enzima nei campioni tumorali (167). Indagini condotte su liquido interstiziale perirenale di tessuto sano e canceroso (carcinoma a cellule chiare) hanno evidenziato elevati livelli di NNMT nel tumore rispetto al controllo (168). Un recente studio condotto su linee cellulari di carcinoma renale a cellule chiare ha dimostrato che l’espressione dell’NNMT è associata alla capacità invasiva della cellula. Si è osservato inoltre che, in seguito al silenziamento dell’NNMT si assiste ad una 57 diminuizione della crescita tumorale e del potenziale metastatico in vivo della cellula tumorale (169). Un ulteriore studio condotto sul carcinoma renale ha evidenziato elevati livelli sierici di NNMT nei soggetti patologici rispetto ai controlli, candidando l'NNMT quale promettente biomarker per la diagnosi precoce dei tumori renali, sia in termini di specificità sia di sensibilità (170). Studi eseguiti mediante analisi immunoistochimica hanno evidenziato un’overespressione dell’NNMT nel carcinoma prostatico rispetto all’iperplasia prostatica benigna, patologia in cui l’enzima risultava debolmente espresso. Le analisi volte all’identificazione di correlazioni tra i livelli dell’NNMT e i parametri clinico-patologi hanno evidenziato che l’espressione dell’enzima è inversamente correlata al grado di differenziamento (Gleason score), suggerendo un potenziale coinvolgimento dell’NNMT nelle fasi precoci della trasformazione maligna del tessuto prostatico. Successive analisi, condotte a carico di soggetti affetti da forme più avanzate, hanno dimostrato che esiste una correlazione diretta tra i livelli di espressione dell’NNMT e la sopravvivenza, indicando che l’analisi dell’espressione dell’enzima potrebbe essere utilizzata a fini progostici (171). 58 1.3 SCOPO DEL LAVORO Il cancro della vescica è la neoplasia più comune delle vie urinarie, oltre a rappresentare la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da neoplasie a carico di tale distretto. L’assenza di procedure diagnostiche affidabili e non invasive per la diagnosi precoce di questo tumore, assieme alle problematicità associate alla sua pratica clinica, sono alla base degli sforzi compiuti dalla ricerca scientifica in campo urologico, volti all’identificazione di biomarcatori che fungano da indicatori della presenza del processo neoplastico in atto. Al raggiungimento di tale scopo risulta necessaria l’individualizzazione di siti di indagine diagnostica a ridotta invasività che consentano di effettuare un monitoraggio clinico accurato e prolungato nel tempo, e procedure che siano informative sulle complesse proprietà biologiche della cellula neoplastica. L’identificazione di tali caratteristiche può derivare dall’integrazione di numerosi tratti fenotipici, mediante la tracciatura di specifici profili biomolecolari. Gli approcci della genomica, della trascrittomica e della proteomica fornisco importanti informazioni per la tipizzazione dei tumori. Tuttavia, molte conoscenze sono ancora ad uno stadio iniziale, soprattutto per quanto concerne la predizione della risposta clinica a vari agenti terapeutici o l’evoluzione biologica del tumore. L’individuazione delle alterazioni molecolari che caratterizzano la cellula neoplastica e il loro possibile ruolo, quali bersagli di appropriati interventi correttivi, sono indispensabili per una idonea strategia terapeutica della malattia. Dall’analisi dei dati presenti in letteratura si evince un sostanziale incremento dell’espressione dell’enzima in molteplici neoplasie. E’ risultato pertanto interessante affrontare uno studio volto alla valutazione dei livelli dell’NNMT nel carcinoma vescicale. 59 Il presente lavoro di ricerca, svolto all’interno del Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche e Odontostomatologiche, in seguito alla collaborazione tra la Sezione di Biochimica, Biologia e Fisica (Biochimica) e quella delle Scienze Cliniche (Urologia) dell'Università Politecnica delle Marche, ha avuto come scopo l’esplorazione dei profili di espressione dei geni coinvolti nel trasporto e nel metabolismo dei farmaci, in campioni tissutali sani e cancerosi di pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica. L’analisi mediante cDNA macroarray ha consentito di individuare un’overespressione a carico del gene codificante l’enzima NNMT nel tessuto tumorale. Al fine di validare i risultati ottenuti, l’analisi di espressione dell’NNMT è stata estesa ad una coorte di pazienti che presentavano carcinoma uroteliale della vescicale e che erano stati sottoposti a cistectomia totale. Allo scopo di verificare se la valutazione dei livelli di NNMT potesse essere impiegata nella diagnosi precoce e non invasiva di tale neoplasia, l’attività di ricerca si è successivamente focalizzata sull’analisi di espressione dell'enzima in campioni urinari ottenuti da pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica e da soggetti sani. E’ stata dapprima valutata l’esistenza di differenze significative nei livelli di espressione dell'NNMT tra i campioni patologici e quelli di controlli, al fine di poter stabilire un valore soglia (cut-off) da poter impiegare per discriminare i soggetti malati dai sani. Successive analisi hanno consentito di esplorare l’esistenza di eventuali correlazioni tra i dati ottenuti a carico dei campioni patologici e le caratteristiche cliniche dei pazienti presi in esame. 60 Capitolo 2 Materiali e Metodi 61 2.1 ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI TISSUTALI 2.1.1 Raccolta dei campioni di tessuto vescicale I campioni di tessuto vescicale sono stati prelevati da pazienti sottoposti a cistectomia totale presso la Clinica Urologica dell’Università Politecnica delle Marche. I campioni, raccolti nel periodo compreso tra Gennaio 2006 e Ottobre 2008, sono stati tempestivamente congelati in azoto liquido dopo il prelievo chirurgico e successivamente conservati a -80°C (Tabella 1). 62 Tabella 1. Caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti presi in esame. Numero di pazienti 28 Età media (range) 69 (43-80) Sesso (uomini:donne) 24:4 Grado istologico G1 0 G2 0 G3 28 Metastasi linfonodali N0 16 N+ 12 Classificazione pT pT1 2 pT2 4 pT3 18 pT4 4 63 2.1.2 Estrazione dell’RNA totale Il materiale di laboratorio impiegato per l’estrazione dell’RNA totale è stato trattato con una soluzione di DEPC allo 0,1% in acqua milliQ e successivamente autoclavato a 120°C per 30’. Gli strumenti non autoclavabili ed il piano di lavoro sono stati trattati con RNase ZAP (Sigma). Mediante l’impiego del Kit SV Total RNA Isolation System (Promega) è stato possibile isolare l’RNA totale dal tessuto vescicale sano e tumorale (~30 mg). La concentrazione e la qualità del materiale ottenuto è stata verificata sottoponendo l’RNA isolato ad analisi spettrofotometrica mediante l’utilizzo dello strumento NanoDrop 1000 (Thermo Scientific). Tale analisi ha previsto la valutazione dei valori di assorbanza a 3 differenti lunghezze d’onda: 230, 260 e 280 nm. Sono stati inoltre verificati i rapporti tra i valori di assorbanza misurati alle differenti lunghezze d’onda (260/280 nm e 260/230 nm) al fine di valutare possibili contaminazioni dei campioni da parte di proteine o di guanidina tiocianato. La valutazione e l’integrità dei campioni di RNA isolato (1 μg) è stata confermata mediante elettroforesi su gel di agarosio all’1% in TBE. 2.1.3 cDNA macroarray L’analisi dei profili di espressione dei geni coinvolti nel trasporto e nel metabolismo dei farmaci è stata condotta mediante il cDNA macroarray, a carico del tessuto sano e canceroso di un paziente affetto da carcinoma uroteliale della vescica. La tecnologia del cDNA macroarray (SupeArray) permette di valutare in unico esperimento l’espressione di numerosi geni, coinvolti in uno stesso pathway metabolico. 64 La tecnica si articola in 4 passaggi: 1. sintesi e marcatura della sonda, 2. ibridazione della sonda su un filtro di nylon, 3. rilevazione del segnale chemiluminescente, 4. analisi dell’immagine ed elaborazione dei dati. I filtri di nylon impiegati per lo svolgimento di tale analisi (GEArray Q Series Human Drug Metabolism, SuperArray) presentano immobilizzati sulla superficie, sottoforma di tetraspot, i frammenti di cDNA relativi ai 96 geni coinvolti nel trasporto e nel metabolismo dei farmaci. Il cDNA ottenuto in seguito alla retrotrascrizione dell’RNA totale estratto dal tessuto vescicale sano e canceroso del paziente preso in esame, è stato impiegato per la sintesi della sonda molecolare utilizzando il kit GEArray AmpoLabeling-LPR (SuperArray), secondo il protocollo operativo per la rivelazione del segnale in chemiluminescenza. Una volta sintetizzata la sonda e dopo aver verificato che la reazione di sintesi fosse avvenuta con una efficienza adeguata, ovvero che a termine del processo fosse stata incorporata nella sonda una sufficiente quantità di uracile biotinilato, si è proceduto allo svolgimento delle fasi di pre-ibridazione ed ibridazione dei filtri di nylon con la sonda ottenuta. Dopo aver rimosso l’eccesso di sonda sottoponendo i filtri a diversi lavaggi, si è proceduto al bloccaggio e all’incubazione con una soluzione contenente streptoavidina legata alla fosfatasi alcalina. In seguito ad una serie di lavaggi volti a rimuovere la streptoavidina eccedente si è proceduto alla riequilibrazione dei filtri e alla rivelazione del segnale relativo a ciascun gene in seguito ad incubazione con un opportuno substrato che, reagendo in presenza della fosfatasi alcalina, genera chemiluminescenza. Le immagini sono state acquisite a diversi tempi di esposizione mediante l’utilizzo del ChemiDoc (Bio-Rad). La valutazione dell’espressione genica differenziale nel tessuto sano e tumorale è stata effettuata con l’impiego dei softwares Quantity One (Bio-Rad), 65 ScanAlyze (SuperArray) e GEArrayAnalyzer (SuperArray), utilizzando la β-actina quale gene per la normalizzazione. 2.1.4 RT-PCR semiquantitativa La valutazione dei livelli dell’RNA messaggero per l’NNMT è stata effettuata partendo dall’RNA totale isolato dal tessuto sano e cancerosi dei 28 pazienti analizzati. L’RNA totale è stato retrotrascitto utilizzando M-MLV Reverse Transcriptase (Promega) e nonameri quali primers. Un’aliquota della miscela di retrotrascrizione (1μl) è stata usata come stampo per l’amplificazione mediante PCR di una porzione del cDNA per l’NNMT. La reazione di PCR è stata eseguita in un volume di 25 μl mediante l’impiego della DNA Polymerase (Biotools) applicando le seguenti condizioni di reazione: 1. denaturazione a 94°C per 3’ 2. denaturazione a 94°C per 30’’ 35 cicli di amplificazione 3. annealing a 56°C per 30’’ 4. polimerizzazione a 72°C per 5’ Il gene housekeeping β-actina è stato impiegato per la normalizzazione dei risultati. I primers usati per l’amplificazione delle porzioni relative al cDNA per i 2 geni (NNMT e βactina) possiedono le seguenti sequenze nucleotidiche: NNMTf → 5’-TGGCTTCTGGAGGAAAGAGA-3’, NNMTr → 5’-AATCAGCAGGTCTCCCTTCA-3’, β-actinaf → 5’-CTCTTCCAGCCTTCCTTCCT-3’, β-actinar → 5’-TGTTGGCGTACAGGTCTTTG-3’. 66 Questi nucleotidi consentono di amplificare un frammento di 238 bp per l’NNMT e uno di 109 bp per la β-actina. I prodotti di PCR sono stati visualizzati dopo elettroforesi su gel di agarosio al 2% in TAE. 2.1.5 Real-Time PCR L’entità dell’espressione dell’NNMT nel tessuto tumorale rispetto a quello sano è stata valutata mediante Real-Time PCR. Questa metodica consente infatti la simultanea amplificazione e quantizzazione del templato utilizzato quale stampo, grazie alla presenza di molecole fluorescenti che vanno ad intercalarsi a livello dei prodotti di amplificazione. In una reazione di amplificazione, la quantità di prodotto che si forma dopo un ciclo termico raddoppia al ciclo successivo. Pertanto è possibile ottenere una curva di amplificazione del templato di interesse, misurando l’incremento di fluorescenza dovuto alla formazione di nuovo prodotto all’avanzare dei cicli termici. Tale curva ha un andamento sigmoide e presenta una fase esponenziale crescente nella quale è possibile individuare un ciclo di amplificazione ottimale a cui corrisponde un valore di fluorescenza che è la misura della quantità di prodotto che si è formato: ciclo soglia (Ct). Il valore di Ct è rappresentato dalla proiezione sull’asse delle ascisse del punto in cui la curva di amplificazione si interseca con la linea che definisce il segnale relativo alla fluorescenza di base (172). Il templato sottoposto all’analisi mediante Real-Time PCR è rappresentato dal cDNA ottenuto dalla retrostrascrizione dell’RNA messaggero isolato dal tessuto vescicale sano e tumorale, secondo quanto descritto in precedenza. Tale cDNA è stato amplificato mediante PCR con primers specifici per il gene di interesse (NNMT) e per il gene 67 housekeeping (β-actina). In ciascuno dei soggetti presi in esame, la determinazione dei livelli espressione relativa dell’NNMT (tessuto neoplastico rispetto a quello tumorale) è stata effettuata mediante il calcolo dei valori di Ct relativi ai 2 geni e mediante l’impiego della formula 2-ΔΔCt, dove ΔCt = (Ct NNMT – Ct β-actina), mentre S e C si riferiscono rispettivamente al tessuto tumorale e a quello sano. L’analisi è stata effettuata utilizzando il Rotor-Gene 3000 (Corbett Research) e la chimica adottata per la rilevazione dei prodotti di amplificazione ha previsto l’impiego del SYBR Green. La reazione di amplificazione è stata allestita in miscele da 25 μl (in duplicato), utilizzando la JumpStar Taq DNA Polymerase (Sigma) e il cDNA da tessuto vescicale quale stampo. Le sequenze nucleotidiche relative alle coppie di primers impiegate per l’amplificazione dell’NNMT e della β-actina sono le seguenti: NNMTf → 5’-GAATCAGGCTTCACCTCCAA-3’, NNMTr → 5’-TCACACCGTCTAGGCAGAAT-3’, β-actinaf → 5’-CTCTTCCAGCCTTCCTTCCT-3’, β-actinar → 5’-TGTTGGCGTACAGGTCTTTG-3’. Sono stati effettuati 40 cicli di amplificazione, ciascuno dei quali costituito da una fase di denaturazione a 94°C per 30” e da una fase di annealing-elongazione a 56°C per 30”. 2.1.6 Western blot Un quantitativo di circa 30 mg di tessuto vescicale normale e tumorale sono stati omogenizzati mediante cavitron e potter in 1 ml di tampone PBS 1X, contenente NonidetP40 10 mg/ml, desossicolato di sodio 5 mg/ml, SDS 1 mg/ml, ortovanadato di sodio 1 mM, PMSF 1 mM, aprotinina 2 μg/ml. 68 I campioni sono stati centrifugati per 10’ a 16000 xg a 4°C. Il surnatante è stato recuperato e sottoposto al saggio di Bradford per la valutazione della concentrazione proteica (173). 50 μg dell’estratto proteico, ottenuto da ciascun campione, sono stati assoggettati ad elettroforesi in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) secondo il metodo Laemmli, impiegando un running gel ad una concentrazione di poliacrilamide pari al 15%. Terminata la corsa elettroforetica è stato effettuato il trasferimento delle proteine dal gel alla membrana di PVDF. Essendo questa membrana altamente idrofobica, è stata dapprima immersa in metanolo 100% per alcuni secondi, quindi in acqua per 2-3 minuti ed infine nel tampone di trasferimento (CAPS 10 mM, metanolo al 10%, pH 11) per 30’. Il gel è stato invece mantenuto in tampone CAPS per 10’. Successivamente è stato effettuato l’assemblaggio del sistema di trasferimento che consiste in un supporto di plastica, formato da due lastre dove vengono deposte, in successione uno sull’altro, una spugnetta e due pezzi di carta da filtro, imbevuti di tampone di trasferimento. Di seguito sono stati aggiunti il gel, la membrana di PVDF (aventi le stesse dimensioni) e altri due pezzi di carta da filtro e un’altra spugnetta sempre imbevuti di tampone CAPS. Il dispositivo di trasferimento assemblato viene posto tra due elettrodi paralleli all’interno di una vaschetta per elettroforesi contenente il tampone di trasferimento, rivolgendo il lato relativo alla membrana di PVDF verso l’anodo. In questo modo le proteine, cariche negativamente, migreranno verso il polo positivo passando dal gel alla membrana. Il trasferimento è stato protratto per 30’ a 250 mA, a 4°C. La membrana sulla quale sono state trasferite le proteine è stata dapprima sottoposta a procedura di bloccaggio, mediante incubazione (overnight a 4°C) con PBS 1X, Tween-20 allo 0,05% e siero di latte al 5% (soluzione A). Successivamente, sono stati effettuati 3 lavaggi della durata di 5’ ciascuno con PBS 1X e Tween-20 0,05% (soluzione B), a cui è seguita un’incubazione di un’ora con anticorpi policlonali di coniglio anti-NNMT (Sigma), 69 diluiti 1:1000 in soluzione A. Sono stati quindi eseguiti 5 lavaggi da 5’ ciascuno con la soluzione B ed è stata effettuata un’incubazione di un’ora con gli anticorpi secondari antirabbit coniugati con la perossidasi (Pierce), diluiti 1:2000 in soluzione A. Sono stati quindi eseguiti altri 5 lavaggi da 5’ ciascuno in soluzione B e si è proceduto alla rivelazione del segnale chemiluminescente relativo all’NNMT mediante l’impiego del kit SuperSignal West Femto Maximum Sensitivity Substrate (Pierce). L’acquisizione delle immagini relative alle membrane PVDF ha previsto l’impiego del ChemiDoc (Bio-Rad) e del software Quantity One (Bio-Rad). 2.1.7 Determinazione dell’attività nicotinamide N-metiltrasferasica L’attività catalitica dell’NNMT nel tessuto vescicale sano e canceroso è stata determinata mediante la valutazione quantitativa di uno dei due prodotti di reazione, l’N1metilnicotinamide, attraverso un sistema HPLC. L’HPLC impiegata appartiene alla serie LC-20A prominence (Shimadzu) ed è provvisto di un SPD-M20A UV/Vis Photodiode Array Detector (Shimadzu) che consente di visualizzare per ogni punto del cromatogramma il corrispondente spettro di assorbimento. La separazione è stata realizzata mediante l’utilizzo della colonna Supelcosil LC-18-S (Supelco), avente dimensioni pari a 25 cm di lunghezza e 4,6 mm didiametro, e costituita da una matrice di silice a cui è legata una fase stazionaria formata da catene idrocarburiche a 18 atomi di carbonio. L’utilizzo di tale colonna ha consentito di operare una separazione dell’analita di interesse mediante il principio della cromatografia di adsorbimento a fase inversa in cui, la fase mobile, rappresentata da una soluzione acquosa, possiede una polarità maggiore di quella 70 stazionaria, condizione che determina un’elevata interazione di tipo idrofobico tra quest’ultima ed il campione. La colonna è stata equilibrata in tampone A contenente 0,1 M KH 2PO4 pH 6; l’eluizione del campione è avvenuta mediante il tampone A ed il tampone B, costituito dall’80% del tampone A e dal 20% di metanolo. Il monitoraggio dell’eluato è stato effettuato mediante valutazione dell’assorbanza a 260 nm. Ciascuna aliquota di tessuto vescicale sano e patologico (40-60 mg) è stata omogenizzata mediante potter in 2-3 volumi di tampone Tris-HCl 50 mM pH 8,6 contenente aprotinina 2 μg/ml, PMSF 1mM e ditiotreitolo (DTT) 1mM. L’omogenato ottenuto è stato quindi centrifugato a 16000 xg per 30’ a 4°C e la determinazione dell’attività nicotinamide Nmetiltrasferasica è stata effettuata utilizzando il sovranatante quale campione enzimatico. La miscela di reazione (200 μl) conteneva Tris-HCl 50 mM pH 8,6, DTT 1mM, S-adenosilL-metionina 0,5 mM, Nicotinamide 5 mM e un opportuno volume di sovranatante. La reazione enzimatica è iniziata in seguito all’aggiunta di S-adenosil-L-metionina e l’incubazione della miscela è stata effettuata a 37°C per tempi diversi compresi tra 0’ e 60’. La reazione è stata interrotta aggiungendo 25 μl di HClO 4 1,2 M freddo a 50 μl di miscela prelevata. La soluzione acida è stata mantenuta in ghiaccio per 5’ e dopo una centrifugazione a 16000 x g per 1’, un volume pari a 65 μl del sovranatante è stato prelevato e neutralizzato con 14 μl di K2CO3 0,8 M. Il KClO4 formatosi in seguito alla reazione acido-base è stato rimosso mediante centrifugazione a 16000 x g per 1’. Al sovranatante neutralizzato sono stati aggiunti 65 μl di tampone A e, di questa miscela, un volume pari a 100 μl è stato iniettato in HPLC, impostando un flusso di eluizione pari a 1,3 ml/min. L’eluizione del campione è avvenuta applicando un metodo di separazione della durata di 20’, costituito da una prima fase isocratica al 100% di A e una seconda fase isocratica al 100% di B alla quale fa seguito, al termine della corsa, una riequilibrazione della colonna cromatografica con il tampone A. 71 Per l’NNMT si definisce unità di attività enzimatica la quantità di enzima che catalizza la reazione di formazione di 1 nmole di N1-metilnicotinamide in 1 ora a 37°C. 72 2.2 ANALISI DELL’ESPRESSIONE DELL’NNMT IN CAMPIONI URINARI 2.2.1 Raccolta dei campioni urinari A partire da 55 pazienti con evidenza di carcinoma vescicale, ricoverati presso la Clinica Urologica dell'Università Politecnica delle Marche nel periodo compreso tra Gennaio 2012 e Luglio 2014, sono stati ottenuti i campioni urinari patologici presi in esame in questo lavoro. Tali campioni sono stati raccolti prima che i pazienti fossero sottoposti a resezione endoscopica transuretrale della vescica. L'esame istologico del tessuto vescicale asportato in seguito all’intervento chirurgico ha confermato la presenza di carcinoma uroteliale di alto o basso grado di malignità (Tabella 2). I campioni urinari costituenti il gruppo di controllo sono stati ottenuti da 107 soggetti sani, una parte dei quali è rappresentata da volontari appartenenti all’Associazione “Infinito Vita”, afferente alla Banca di Credito Cooperativo (BCC) di Recanati e Colmurano. I campioni urinari, sia patologici sia di controllo, rappresentanti il secondo mitto del mattino, sono stati raccolti in contenitori sterili e trasferiti a temperatura controllata (4°C) dai centri di raccolta alla Sezione di Biochimica, Biologia e Fisica del Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche e Odontostomatologiche dell’Università Politecnica delle Marche, dove sono stati opportunamente trattati. 73 Tabella 2. Caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti presi in esame. Numero di pazienti 55 Classificazione pT pTa 26 pT1 27 pT2 1 pT3 1 Metastasi linfonodali N0 55 N+ 0 Metastasi a distanza M0 55 M+ 0 Grado istologico Classificazione WHO 1973 G1 30 G2 0 G3 25 Classificazione WHO 2004 PUNLMP 0 Basso grado 28 Alto grado 27 Diagnosi della neoplasia Tumore primario 28 Recidiva 27 Trattamento ricevuto Terapia intravescicale 27 Nessun trattamento 28 74 2.2.2 Trattamento dei campioni urinari: estrazione dell’RNA totale e retrotrascrizione Con l’obiettivo di isolare l’RNA totale da cellule di sfaldamento della vescica presenti nelle urine raccolte, circa 100 ml di ciascun campione urinario sono stati centrifugati per 15’ a 1400 xg a 4°C. Al termine di tale procedura gran parte del surnatante è stato eliminato, tranne un volume pari a circa 4-5 ml che è stato utilizzato per risospendere il pellet. Il campione è stato quindi sottoposto ad una successiva centrifugazione nelle medesime condizioni, a termine della quale il surnatante è stato comoletamente e definitivamente scartato. Il pellet formatosi è stato quindi assoggettato all’isolamento dell’RNA totale mediante l’impiego del RNeasy Micro Kit (Qiagen). Ciascun campione di RNA totale isolato è stato successivamente retrotrascritto, secondo la metodica descritta in precedenza. 2.2.3 Real-Time PCR La Real Time PCR è stata eseguita al fine di determinare quantitativamente i livelli di espressione dell’NNMT nelle urine di soggetti sani e in quelle di pazienti con neoplasia vescicale. L’analisi dell’espressione dell’NNMT è stata condotta utilizzando il CFX96 RealTime PCR Detection System (Bio-Rad) e l’impiego della SsoFast EvaGreen Supermix (Bio-Rad). Le sequenze nucleotidiche relative alle coppie di primers impiegate per l’amplificazione dell’NNMT e della β-actina sono le seguenti: NNMTf → 5’-GAATCAGGCTTCACCTCCAA-3’, NNMTr → 5’-TCACACCGTCTAGGCAGAAT-3’, 75 β-actinaf → 5’-TCCTTCCTGGGCATGGAGT-3’, β-actinar → 5’-AGCACTGTGTTGGCGTACAG-3’. Le condizioni di reazione hanno previsto una denaturazione iniziale a 95ºC per 30 secondi la cui funzione è quella di permettere l’attivazione dell’enzima DNA polimerasi. Hanno fatto poi seguito 40 cicli di amplificazione, ciascuno dei quali costituito da una fase di denaturazione a 95ºC per 30 secondi e da una fase di annealing-extension a 58°C per 30 secondi. 2.2.4 Analisi statistiche Le analisi statistiche sono state condotte mediante l’utilizzo del software IBM SPSS Statistics (IBM) e il livello di significatività (p) fissato è pari a 0,05. I dati ottenuti dall’analisi dell’attività dell’NNMT nel tessuto sano e canceroso dei campioni esaminati sono stati elaborati mediante il test non parametrico di Wilcoxon, che consente di paragonare due serie di valori appaiati tra loro e relativi ad uno stesso parametro. L’esistenza di correlazioni statisticamente significative tra i dati relativi all’incremento dell’attività dell’NNMT nel tessuto patologico rispetto al tessuto sano adiacente, e le caratteristiche clinico-patologiche del tumore (pT e metastasi linfonodali) è stata esplorata mediante il test U di Mean-Whitney e il test di Kruskal-Wallis. Tali test non parametrici consentono di paragonare, rispettivamente, due o più serie di valori non appaiati tra loro e relativi ad una stessa variabile. Nel nostro caso è stato esplorato se gli incrementi dell’attività dell’NNMT erano differenti tra tumori di diverso stadio (T1 vs T2 vs T3 vsT4), tra tumori che presentano metastasi linfonodali (N+) e quelli che non le presentano (N0), e, da ultimo, tra tumori organo (T1-3) e non organo confinati (T4). 76 L’esistenza di differenze significative nei livelli di espressione dell’NNMT nei campioni urinari patologici e di controllo, sono state valutate mediante il test U di Mann-Whitney. La presenza di eventuali correlazioni tra i valori di espressione dell’NNMT nelle urine patologiche e le caratteristiche cliniche dei pazienti analizzati, quali il grado istologico e il pT, è stata saggiata mediante test U di Mann-Whitney. L’esplorazione del valore diagnostico di un test che si basa sulla valutazione dei livelli urinari del messaggero per l’NNMT è stato valutato mediante l’allestimento della curva ROC (Receiver Operating Characteristics). 2.2.5 Curva ROC Nella pratica clinica i test diagnostici rappresentano degli elementi fondamentali, e spesso determinanti, nel processo decisionale volto a confermare (o escludere) la presenza di una specifica malattia già sospettata in base ai dati clinici. Con il termine “golden standard” si definiscono i test diagnostici capaci di discriminare perfettamente i soggetti sani da quelli malati. Questi test sono quindi capaci di classificare, con assoluta certezza, gli individui come affetti o non affetti dalla malattia di interesse. Nel momento in cui un test diagnostico non discrimina in maniera netta gli ammalati dai sani, cioè quando le distribuzioni dei risultati del test sono parzialmente sovrapposte negli individui affetti e non affetti da una specifica malattia, è necessario calcolare il grado di incertezza della classificazione. Se il risultato di un test diagnostico è costituito da un valore che varia in maniera continua all’interno di un range, per determinare l’accuratezza del suddetto test è indispensabile ricorrere all’analisi della curva ROC. 77 L’analisi della curva ROC rappresenta il sistema di elezione per la validazione di un test diagnostico in quanto permette di valutarne il grado di attendibilità del test stesso, cioè quanto ciascun risultato ottenuto sia informativo della presenza/assenza di una specifica malattia. La curva ROC consente inoltre di identificare il valore soglia (cut-off) che è in grado di massimizzare la differenza tra i veri positivi (gli individui affetti da malattia che presentano un valore alterato del test) e i falsi positivi (gli individui che pur avendo un valore alterato del test non sono affetti dalla malattia di interesse). Con l’ausilio di un opportuno software, i valori di un parametro relativo ad un test effettuato su soggetti affetti e non da una patologia di interesse, è possibile ottenere il grafico corrispondente alla curva ROC. La curva ROC viene allestita prendendo in considerazione tutti i possibili valori del test e, relativamente a ciascuno di questi, si calcola la percentuale di veri positivi (la sensibilità) e la percentuale di falsi positivi (1-specificità). Congiungendo i punti che mettono in relazione i veri e i falsi positivi (le coordinate) si ottiene la curva ROC. La capacità discriminante di un test, ossia la sua attitudine a distinguere propriamente la popolazione dei “malati” e da quella dei “sani”, è proporzionale all’estensione dell’area sottesa alla curva ROC ed equivale alla probabilità che il risultato di un test su un individuo estratto a caso dal gruppo dei malati sia superiore a quello di uno estratto a caso dal gruppo dei non-malati. Pertanto, l’area sottostante la curva ROC, definita AUC (Area Under the Curve) rappresenta una misura dell’accuratezza diagnostica. Nel caso in cui un test discriminasse perfettamente i malati dai sani, l’area della curva ROC avrebbe valore 1, cioè il 100% di accuratezza (Figura 4, grafico a sinistra). Nel caso in cui il test non fosse in grado di discriminare affatto i malati dai sani, la curva ROC avrebbe un’area pari a 0,5 (accuratezza del 50%) che coinciderebbe con l’area sottostante la diagonale del grafico (Figura 4, grafico a destra). 78 Figura 4. Rappresentazione grafica di curve ROC relative a un test perfettamente discriminante (sinistra) e a un test non discriminante (destra). 79 L’area sottesa alla curva ROC può assumere valori compresi tra 0,5 e 1. Maggiore è il valore di AUC, maggiore è il potere discriminante del test. I valori di riferimento sono i seguenti: 1) AUC=0,5 → test non informativo; 2) 0,5<AUC≤0,7 → test poco accurato; 3) 0,7<AUC≤0,9 → test moderatamente accurato; 4) 0,9<AUC<1 → test altamente accurato; 5) AUC=1 → test perfetto. In generale, un test diagnostico viene considerato adeguato se l’area sottesa alla curva ha un valore ≥0,8 (174). Nel presente lavoro, l’allestimento della curva di ROC ha consentito di identificare l’attendibilità di un test per la diagnosi del carcinoma della vescica basato sulla valutazione dei livelli di NNMT nelle cellule uroteliali di sfaldamento ottenute dalle urine. Tale analisi ha inoltre consentito di determinare il valore soglia relativo al ΔCt dell’NNMT che meglio discrimina i soggetti sani dai malati. 80 Capitolo 3 Risultati 81 3.1 ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI TISSUTALI 3.1.1 Valutazione qualitativa e quantitativa dell’RNA totale isolato dal tessuto vescicale La qualità e la concentrazione dell’RNA totale isolato dai campioni di tessuto vescicale sani e cancerosi è stata effettuata mediante l’analisi spettrofotometrica. Le misure di densità ottica relative a 3 diverse lunghezze d’onda (230, 260 e 280 nm) sono state ottenute dallo spettro di assorbimento e i loro valori sono stati utilizzati sia per calcolare la concentrazione dell’RNA totale in soluzione, sia per verificare la purezza del materiale estratto. Dallo spettro di assorbimento relativo ad uno dei campioni esaminati (Figura 5A) è possibile apprezzare un picco di assorbimento a 260 nm. L’RNA non presenta contaminazioni né di natura proteica né da guanidina tiocianato, informazione che si ricava dai seguenti rapporti: assorbanza a 260 nm/assorbanza a 280 nm = 1,9, assorbanza a 260 nm/assorbanza a 230 nm = 1,7. Il numero puro risultante dal primo rapporto deve essere compreso nell’intervallo 1,7-2,1 e qualsiasi valore inferiore indica la presenza di un’eventuale contaminazione da proteine. Per quanto concerne il secondo rapporto, un basso quoziente è indice di una contaminazione da guanidina tiocianato, che potrebbe interferire con le applicazioni successive. Pertanto, i valori relativi ad entrambi i parametri sono risultati di fatto compresi nell’intervallo ottimale, testimoniando così la purezza dell’RNA ottenuto dall’estrazione. Tenendo conto che, 1 unità di assorbanza a 260 nm equivale a 40 μg/ml di RNA è stato possibile calcolare la concentrazione dell’acido nucleico in soluzione. 82 La migrazione elettroforetica del campione di RNA mostrata in Figura 5B mette in evidenza la presenza di due bande corrispondenti agli rRNA da 28 e 18S, presenti in rapporto 2:1 a favore del ribosomiale a più alto peso molecolare. Tale evidenza, congiunta all’assenza di smear al di sotto della banda relativa all’rRNA 18S, depone a favore dell’integrità dell’RNA isolato. 83 A 0,5 0,5 0,4 Densità ottica 0,3 0,2 0,1 0,000 0,000 210 248 286 324 362 400 Lunghezza d’onda (nm) B rRNA 28 S (4,8 Kb) rRNA 18 S (1,8 Kb) B Figura 5. Spettro di assorbimento (210-400 nm) dell’RNA estratto come descritto in Materiali e Metodi (A). Campione di RNA totale assoggettato ad elettroforesi su gel di agarosio all’1% in TBE 1X (B). 84 3.1.2 Identificazione dell’NNMT mediante cDNA macroarray L’analisi mediante cDNA macroarray, effettuata sul campione tessutale sano e canceroso di un paziente affetto da tumore uroteliale della vescica, ha consentito di valutare il profilo di espressione dei geni che intervengono nei meccanismi di trasporto e nel metabolismo dei farmaci. Dei 96 geni presi in esame, 20 hanno mostrato una differente espressione nel tessuto canceroso rispetto a quello sano. In particolare, sono stati considerati down- o upregolati i geni la cui espressione normalizzata, nel tessuto patologico rispetto a quello sano, era rispettivamente ≤ 0,5 o ≥ 2. Considerando il cut-off stabilito, 2 geni risultavano espressi a livelli ridotti nel tumore rispetto al tessuto sano, mentre 18 geni risultavano upregolati nel tessuto neoplastico. In particolare, il gene codificante l’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi mostrava un livello di espressione maggiore nel tessuto tumorale rispetto a quello sano (Figure 6-7). Figura 6. cDNA macroarray: immagini dei filtri relativi al tessuto vescicale sano (A) e canceroso (B). I tetraspots messi in evidenza sono relativi al gene codificante l’NNMT. 85 86 3.1.3 Valutazione semiquantitativa e quantitativa dell’RNA messaggero dell’NNMT I risultati ottenuti dalle indagini mediante cDNA macroarray sono stati validati estendendo l’analisi dell’espressione dell’NNMT ad una coorte più ampia di pazienti. Si è quindi proceduto alla determinazione dei livelli dell’RNA messaggero relativo all’NNMT attraverso l’analisi di RT-PCR semiquantitativa, mediante l’amplificazione di un frammento da 238 bp relativo al cDNA di tale gene. I risultati ottenuti hanno evidenziato un aumento dell’espressione dell’NNMT in tutti i casi di carcinoma vescicale in relazione ai rispettivi tessuti normali di controllo (Figura 8). L’analisi mediante Real-Time PCR è stata effettuata su un numero inferiore di campioni a causa del limitato quantitativo di tessuto a disposizione, tuttavia i risultati ottenuti hanno confermato l’aumento dell’espressione dell’NNMT nel tessuto tumorale. E’ stato possibile valutare quantitativamente l’entità di tale espressione differenziale mediante il calcolo dell’espressione relativa dell’NNMT nel tumore rispetto al tessuto sano (Tabella 3). L’incremento dei livelli di trascritto per l’enzima nel tumore varia all’interno di un range compreso tra 1,7 e 17,6 volte con un valore medio pari a 6,7. Tessuto NNMT β-actina Figura 8. L’immagine mostra i livelli di espressione dell’NNMT (mRNA) nelle coppie di tessuto vescicale sano (N) e canceroso (T). 87 Tabella 3. Analisi dei livelli di espressione dell’NNMT mediante Real-Time PCR. Caso Espressione dell’NNMT (tumore vs sano) 1 4,5 2 1,8 3 4,4 4 11,7 5 12,1 6 2,3 7 3,3 8 17,6 9 2,3 10 2,6 11 1,7 12 16,2 3.1.4 Analisi di espressione dell’NNMT a livello proteico Le analisi mediante Western blot sono state condotte allo scopo di verificare se agli elevati livelli di RNA messaggero per il gene dell’NNMT corrispondesse un effettivo accumulo di proteina tradotta. Negli estratti proteici ottenuti da tessuto vescicale tumorale è stata 88 evidenziata un’overespressione della proteina rispetto al tessuto sano adiacente. La banda chemiluminescente che si rileva nel tessuto tumorale (di circa 30 kDa, valore che corrisponde alla massa molecolare dell’NNMT) risulta significativamente più marcata rispetto a quella del corrispondente tessuto sano, nel quale, in alcuni casi, è difficilmente apprezzabile (Figura 9). 89 Tessuto NNMT Tessuto NNMT Tessuto NNMT Tessuto NNMT Figura 9. Livelli di espressione dell’NNMT (proteina) nel tessuto normale (N) e nel tessuto tumorale (T). 3.1.5 Determinazione dei livelli di attività nicotinamide N- metiltrasferasica L’aumento dell’attività enzimatica dell’NNMT è stata verificata su un totale di 28 campioni, mediante valutazione quantitativa di uno dei prodotti di reazione, l’N1-metilnicotinamide (N1MN). La separazione ottenuta tramite cromatografia a fase inversa e l’accurata identificazione del picco dell’N1MN è stata resa possibile, in virtù della presenza del rivelatore a diode array. Questo dispositivo consente di registrare, in ogni punto del cromatogramma, lo spettro di assorbimento di ciascun composto eluito dalla colonna. 90 In linea con i dati ottenuti in precedenza, i valori di attività specifica rilevati nel tessuto patologico sono risultati più elevati rispetto a quelli determinati nel tessuto sano. Tale incremento varia all’interno di un range compreso tra 1,3 e 383, con un valore medio pari a 50,99 (Figura 10). 14 Numero di pazienti 12 10 8 6 4 2 0 <10 10-100 >100 Incremento dell’attività enzimatica dell’NNMT nel tessuto tumorale rispetto a quello sano Figura 10. Diagramma a barre che mostra la distribuzione della variabilità dell’incremento dell’attività dell’NNMT nel tumore rispetto al tessuto di controllo, nei 28 casi esaminati. 91 3.2 ANALISI A CARICO DEI CAMPIONI URINARI 3.2.1 Livelli di espressione dell’NNMT urinaria Il quantitativo medio di urina raccolto nei pazienti con tumore vescicale era di 86,4 ml (range compreso tra 10 e 125 ml) e quello dei volontari sani era di 82,4 ml (range compreso tra 30 e 200 ml). Relativamente a ciascun campione preso in esame (sano e patologico), è stato calcolato il valore del ΔCt. Come è possibile apprezzare nella Figura 11, il ΔCt del gruppo patologico è pari a 11,68 ± 2,16 (media ± deviazione standard), mentre quello del gruppo di controllo è 14,94 ± 1,63 (media ± deviazione standard). L’analisi statistica dei risultati ottenuti mediante l’analisi Real Time PCR hanno messo in evidenza un significativo (p<0,05) aumento dell’espressione dell’NNMT nel gruppo patologico rispetto a quella rilevata nei soggetti di controllo. 92 Figura 11. Livelli di espressione dell’NNMT (ΔCt) nei campioni urinari ottenuti dai pazienti affetti da carcinoma (Patologici) e dai soggetti di controllo (Controlli). La differenza tra i due gruppi risulta statisticamente significative (p<0,05). 93 3.2.2 Correlazioni clinico-biologiche Le analisi volte all’esplorazione dell’esistenza di correlazioni tra i valori di espressione dell’NNMT nei campioni patologici e le caratteristiche cliniche dei pazienti analizzati, hanno mostrato che c’è una correlazione inversa statisticamente significativa (p<0,05) tra il livelli dell’NNMT e il grado istologico (Figura 12). L’analisi statistica è stata condotta prendendo in considerazione entrambe le classificazioni WHO relative al grado istologico, ovvero quella del 2004 (Figura 12A) e quella del 1973 (Figura 12B). Figura 12. Diagramma a barre che mostra il livello di espressione dell’NNMT (ΔCt) in relazione al grado istologico, secondo la classificazione WHO del 2004 (A) e del 1973 (B). In entrambi i casi la differenza tra i due gruppi risulta statisticamente significativa (p<0,05). 94 3.2.3 Analisi della curva ROC Con l’analisi della curva ROC è stato esplorato il valore diagnostico relativo ad un test basato sulla valutazione dei livelli di espressione dell’NNMT nelle urine. L’analisi ha permesso di valutare quanto ogni risultato ottenuto dalla misurazione fosse informativo della presenza o assenza del carcinoma uroteliale della vescica, nonché di identificare il valore di cut-off in grado di massimizzare la differenza tra i veri positivi e i falsi positivi. L’allestimento della curva ROC ha permesso di determinare un valore di accuratezza diagnostica (AUC) pari a 0,913, con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0,870 e 0,956 (Figura 13). Tale valore di AUC indica che, in seguito ad un ipotetico esperimento, nel 91.3% dei casi il dato che si ottiene risulta più elevato nei pazienti rispetto ai soggetti sani. L’intervallo di confidenza al 95% risulta piuttosto ristretto e risulta piuttosto lontano dal valore 0,5 che rappresenta la soglia di indifferenza diagnostica. Tenendo in considerazione i risultati ottenuti, la valutazione dei livelli di NNMT, effettuata secondo le modalità descritte in questo studio, presenta un’ottima affidabilità nel discriminare i soggetti sani da quelli affetti da carcinoma uroteliale della vescica. Relativamente al valore di ΔCt per l’NNMT che meglio discrimina il gruppo patologico da quello di controllo, il cut-off calcolato è pari a 13,3 e ad esso sono associati i livelli più elevati di sensibilità (84%) e di specificità (84%) (Tabella 4). 95 Figura 13. Curva ROC. 96 Tabella 4. Sensibilità e specificità associate ai valori (cut-off) di ΔCt per l’NNMT urinaria, nella diagnosi di carcinoma vescicale. Cut-off per l’NNMT (ΔCt) Sensibilità (%) Specificità (%) 13,1 85 80 13,2 84 82 13,3 84 84 13,4 81 84 13,5 80 86 97 Capitolo 4 Discussione e conclusioni 98 Il carcinoma della vescica è la forma neoplastica maligna maggiormente riscontrata nelle vie urinarie. In Europa tale tumore rappresenta la quarta neoplasia più frequente tra la popolazione maschile con una percentuale del 7% tra tutti i tumori (2). La diagnosi del cancro alla vescica nella maggior parte dei pazienti (80-85% dei casi) avviene quando il carcinoma si è già esteso alla tonaca muscolare e nel 50% circa si ha già lo sviluppo di metastasi (11). I test diagnostici attualmente in uso nella pratica clinica sono la citologia urinaria e la cistoscopia. Entrambe le procedure presentano delle limitazioni. La citologia urinaria consiste nell’osservazione microscopica delle cellule presenti nel sedimento urinario ed è caratterizzata da elevate sensibilità e specificità per le neoplasie di alto grado, mentre risulta scarsamente sensibile nel rilevare le forme neoplastiche di basso grado (26). La cistoscopia è la procedura di elezione per la diagnosi del carcinoma della vescica poiché consente l'ispezione visiva diretta della cavità vescicale. Tale metodica risulta piuttosto invasiva e pertanto poco gradita al paziente, oltre ad esporre il paziente ad un rischio di sviluppo di infezioni alle vie urinarie (31). Il cancro della vescica è una neoplasia caratterizzata da frequenti recidive, pertanto i pazienti vengono sottoposti ad un monitoraggio che prevede periodiche cistoscopie. L’elevato costo associato allo svolgimento di tali procedure diagnostiche determinano la classificazione del carcinoma vescicale al primo posti tra i tumori più costosi da trattare (175). Nonostante i significativi progressi nella comprensione dei meccanismi molecolari che si sono alla base della carcinogenesi della tumore della vescica, la gestione dei pazienti affetti da tale neoplasia continua a rappresentare una grande sfida per gli oncologi clinici, oltre a rappresentare un notevole costo a carico del sistema sanitario (176). Alla luce di tali considerazioni, si è fatta sempre più urgente la necessità di identificare e validare biomarcatori tumorali che possano essere impiegati nella diagnosi precoce e non 99 invasiva del carcinoma della vescica, e che permettano la rilevazione delle recidive al fine di ridurre i costi sanitari, nonché di migliorare la prognosi della malattia. Un marcatore tumorale è rappresentato da una molecola il cui livello può essere misurato nei tessuti e/o nei fluidi corporei (siero, plasma, sangue intero, saliva e urina) e che consente di rivelare la presenza di cellule neoplastiche o di una neoplasia in atto. Nel corso degli ultimi decenni, sono stati fatti grandi sforzi per identificare nuovi markers tumorali da impiegare nella pratica clinica. Tuttavia, esiste una differenza notevole tra la quantità di molecole recentemente scoperte e il numero di biomarcatori che sono stati accreditati. Ciò è dovuto al fatto che il processo di validazione di nuovi markers risulta essere complesso, costoso e molto lungo. Infatti, in seguito all’identificazione di un potenziale biomarcatore tumorale, è necessario sviluppare un test, basato sulla misurazione dei suoi livelli, che ne esprima la performance clinica. La performance clinica di un test di laboratorio può essere definita come accuratezza diagnostica, ovvero la capacità di classificare correttamente i soggetti in sottogruppi clinicamente rilevanti (ad esempio sani e malati). La sensibilità e la specificità sono entrambi misure intrinseche dell’accuratezza diagnostica di un test. La sensibilità è la capacità di identificare correttamente i pazienti affetti da una specifica malattia (frazione dei veri positivi), mentre la specificità è la capacità di individuare i pazienti senza la malattia d’interesse (frazione dei veri negativi). Entrambi i parametri dipendono dal valore soglia (cut-off) capace di discriminare con precisione la popolazione dei malati da quella dei sani. L’analisi della curva ROC è un importante strumento statistico impiegato al fine di valutare l'accuratezza diagnostica di un test ed è fondamentale per la selezione del miglior valore di cut-off. L'area sottesa alla curva (AUC), che consente di misurare in maniera combinata i valori di sensibilità e specificità associati ai differenti cut-off, è un indicatore utile della accuratezza diagnostica complessiva del test (177). 100 Nel presente lavoro è stato analizzato il profilo di espressione genica del tessuto sano e canceroso, ottenuti da un paziente affetto da carcinoma uroteliale della vescica sottoposto a cistectomia. Tale indagine è stata effettuata mediante l’impiego di un array progettato per lo studio dell’espressione di 96 geni coinvolti nei meccanismi di trasporto e nel metabolismo dei farmaci. I risultati prodotti da tale analisi hanno consentito di osservare nel tessuto tumorale un significativo aumento dell’espressione del gene codificante l’enzima Nicotinamide N-Metiltrasferasi. Allo scopo di validare i risultati ottenuti relativamente al singolo soggetto, l’analisi dell’espressione dell’NNMT è stata estesa a 28 pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica. I risultati ottenuti in seguito alle indagini intraprese sia a carico del messaggero, sia a carico della proteina, hanno evidenziato un’overespressione dell’NNMT nel 100% dei casi esaminati. Lo studio dell’espressione dell’NNMT è stata inoltre condotta mediante Real-Time PCR sulle cellule di sfaldamento dell’urotelio vescicale, ottenute da campioni urinari di 55 pazienti affetti da carcinoma della vescica e di 107 soggetti sani. I risultati conseguiti hanno mostrato un significativo aumento dell'espressione dell'NNMT nei soggetti affetti da neoplasia rispetto ai controlli. Allo scopo di esplorare il valore diagnostico derivante dalla valutazione dei livelli urinari dell'NNMT, i dati ottenuti sono stati assoggettati ad analisi mediante curva ROC. L’analisi ha consentito di determinare un valore di accuratezza diagnostica (AUC) pari a 0,913, con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0,870 e 0,956. Il valore soglia individuato (ΔCt per l’NNMT) è pari a 13,3 e presenta una sensibilità dell’84% ed una specificità dell’84%. Le analisi statistiche, volte all’esplorazione dell’esistenza di eventuali correlazioni tra i valori di espressione dell’NNMT urinaria nei campioni patologici e le caratteristiche clinico dei pazienti analizzati, hanno mostrato maggiori livelli di espressione dell’NNMT nei tumori di basso grado. 101 Tali evidenze candidano l'NNMT quale potenziale marcatore molecolare del carcinoma uroteliale della vescica e suggeriscono un suo possibile impiego nella diagnosi precoce e non invasiva di tale neoplasia. L'NNMT è un enzima citosolico che, utilizzando la S-adenosil-L-metionina come donatore di gruppi metile (83), catalizza la reazione di N-metilazione della nicotinamide, di alcuni composti piridinici e di altri analoghi strutturali, svolgendo un ruolo chiave nei processi di biotrasformazione dei farmaci e dei composti a carattere xenobiotico (71). Il fegato è l’organo in cui l’NNMT umana è prevalentemente espressa, mentre ridotti livelli dell’enzima sono riscontrabili nel rene, nel polmone, nel muscolo scheletrico, nella placenta, nel cuore e nel cervello (73). L’overespressione dell’NNMT è stata osservata in diverse neoplasie come nel carcinoma colorettale (140), nel carcinoma gastrico (143), nel carcinoma pancreatico (137), nel carcinoma tiroideo di tipo papillare (135), nel carcinoma renale (165), nel carcinoma polmonare (146, 147) e nel carcinoma orale (150, 151). Nonostante numerosi studi riportano un’overespressione dell’NNMT in diversi tumori, non è stato ancora completamente chiarito il ruolo svolto dall’enzima nel metabolismo della cellula neoplastica. In un recente studio condotto su cellule mioblastiche in coltura è stato dimostrato che l’overespressione dell’NNMT induce un aumento della capacità proliferativa e della migrazione cellulare, e protegge le cellule dai danni causati dai radicali liberi dell’ossigeno. Questi risultati suggeriscono che l’elevata espressione dell’enzima nei muscoli scheletrici probabilmente tende a favorire la rigenerazione muscolare e rappresenta un meccanismo di difesa contro lo stress ossidativo (112). In esperimenti svolti su una linea umana di cellule di carcinoma della vescica, in seguito al silenziamento dell’NNMT è stata evidenziata una significativa riduzione della migrazione delle cellule, indicando un possibile ruolo dell'enzima nell’invasione tumorale e nella formazione di metastasi (161). 102 In linee cellulari di carcinoma renale a cellule chiare è stato dimostrato che l’espressione dell’NNMT risulta essere associata alla capacità invasiva della cellula, mentre in seguito al knockdown dell’NNMT si evidenzia una diminuzione della crescita tumorale e del potenziale metastatico (169). Studi intrapresi al fine di indagare le modalità con cui l’enzima sia coinvolto nel mantenimento della vitalità cellulare, hanno impiegato la linea cellulare di neuroblastoma umano SH-SY5Y e rivelato che, l’induzione dell’espressione dell’NNMT e il trattamento con MNA conducano alla riduzione della morte cellulare (122). Uno studio recente, svolto sulle linee di carcinoma mammario BCAP-37 e MDA-MB-231, ha dimostrato che la downregolazione dell’NNMT diminuisce in maniera significativa la crescita delle cellule, inibendone il potenziale tumorigenico e inducendo l’apoptosi. È interessante notare che l'effetto opposto è stato osservato in seguito all’overespressione dell’NNMT nella linee cellulari di carcinoma della mammella MCF-7 e SK-BR-3, che non esprimono in maniera costitutiva l’enzima NNMT (136). In un recente lavoro, è stato dimostrato che il silenziamento dell’NNMT è in grado di indurre una significativa riduzione della tumorigenicità, sia in vitro sia in vivo, nelle cellule di carcinoma orale PE/CA-PJ15 (154). L’attività catalitica svolta dall’NNMT ha ruolo fondamentale nel destino catabolico della nicotinamide. La sua forma metilata è infatti idonea ad essere escreta per via urinaria e l’NNMT è l’unico enzima in grado di utilizzare questo substrato come accettore del gruppo metilico. Di recente è stato associato alla nicotinamide il ruolo di potente inibitore di enzimi, come le poli (ADP-riboso) polimerasi, che intervengono nei meccanismi di risposta cellulare al danneggiamento del DNA (59), e le sirtuine, proteine che prendono parte al silenziamento genico, alla risposta allo stress e alla regolazione dell’apoptosi (61, 62). Pertanto è richiesto che i livelli intracellulari di nicotinamide siano sottoposti ad un sofisticato meccanismo di controllo. A tal riguardo l’NNMT potrebbe partecipare a questa 103 regolazione modulando, attraverso la sua attività metilante, l’entità dell’escrezione urinaria della nicotinamide. L’aumento dell’espressione dell’NNMT potrebbe quindi avere delle ricadute su tutti gli eventi cellulari che vedono coinvolta la nicotinamide. Recenti studi condotti su linee cellulari di carcinoma della vescica (158) e su cloni di cellule staminali tumorali di origine mesenchimale (159), sembrano mostrare che la spiccata radioresistenza osservata in tali linee cellulari possa essere ricondotta agli elevati livelli dell’enzima. L’azione enzimatica dell’NNMT, infatti, porterebbe ad una diminuzione dei livelli intracellulari di nicotinamide, riducendone l’attività inibitoria nei confronti delle PARPs. Tali enzimi potrebbero quindi esplicare la loro funzione di riparazione dei danni a singolo filamento indotti sul DNA dalle radiazioni ionizzanti e consentire così alle cellule tumorali di sopravvivere a tale trattamento. In uno studio condotto su linfociti B isolati da pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (CLL), il trattamento con nicotinamide provoca l’inibizione dell’attività di SIRT1, con conseguente blocco della proliferazione cellulare e induzione dell’apoptosi (178). In tal caso, la riduzione dei livelli intracellulari della nicotinamide, situazione che si verifica nella cellula tumorale in seguito all’overespressione dell’NNMT, consentirebbe a SIRT1 di indurre tali effetti a livello cellulare, mediante l’espletamento della sua catalisi enzimatica. Oltre a partecipare all’omeostasi della nicotinamide, l’NNMT potrebbe prendere parte alla regolazione dei processi di transmetilazione che vedono implicata l’S-adenosil-Lmetionina. Il parametro determinante la regolazione dell’attività transmetilante è costituito infatti dal rapporto tra le concentrazioni di S-adenosil-L-metionina e di S-adenosil-Lomocisteina. Questo parametro è un marcatore del potenziale di metilazione della cellula e una sua variazione può avere importanti ripercussioni sullo stato di metilazione del DNA (179). A tal proposito è stato dimostrato che l’overespressione dell’NNMT nella cellula neoplastica porta ad una diminuzione della concentrazione di S-adenosil-L-metionina, causando un decremento del suddetto rapporto. Tale situazione è associata ad uno stato 104 di ipometilazione degli istoni, con conseguente aumento dell’attività trascrizionale e potenziale attivazione dell’espressione di fattori protumorigenici (156, 157). L’NNMT è inoltre coinvolta nella regolazione dei livelli endogeni dell’N1-metilnicotinamide, composto al quale sono state attribuite proprietà vasoprotettive (180), gastroprotettive (181), anti-infiammatorie (98, 99), neuroprotettive (129) e anti-trombotiche (100). Alla luce di questi risultati, potrebbe essere interessante speculare l’eventuale capacità dell’N1-metilnicotinamide di esercitare, nelle cellule tumorali, un effetto citoprotettivo contro i composti antitumorali. Infatti, la marcata overespressione dell’NNMT osservata nelle patologie neoplastiche, alla quale è associata l’innalzamento dei livelli intracellulari di N1-metilnicotinamide, potrebbe conferire un vantaggio adattativo alle cellule tumorali. In ambito farmacologico, l'overespressione dell'NNMT potrebbe svolgere un ruolo importante nel metabolismo cellulare dei farmaci ad azione antineoplastica. L’enzima, infatti, presenta una ridotta specificità di substrato che rende plausibile l'ipotesi secondo la quale la sua attività metilante possa essere espletata nei confronti dei principi attivi delle sostanze chemioterapiche, riducendone l'efficacia terapeutica e/o facilitandone l'eliminazione. In conclusione, il lavoro riportato in questa tesi rappresenta il primo studio volto a valutare l'accuratezza diagnostica di un test delle urine, basato sull'analisi dell'espressione dei livelli di RNA messaggero dell’NNMT in cellule di sfaldamento ricavate dai campioni di urina. Dall'analisi statistica della curva ROC è stato ricavato il miglior valore di cut-off, al quale sono associati elevati livelli di sensibilità e specificità, e il valore di AUC che ha evidenziato un elevato potenziale discriminatorio del test condotto. Pertanto, i risultati ottenuti e mostrati nel presente lavoro di ricerca candidano l’enzima NNMT quale potenziale marker molecolare del carcinoma uroteliale della vescica e aprono la strada all’opportunità di utilizzare le urine come campione di indagine per la diagnosi precoce e non invasiva di tale neoplasia. Inoltre, la presenza di una correlazione inversa 105 tra il livello di espressione dell’NNMT e il grado della neoplasia, indica un coinvolgimento dell’enzima nelle fasi precoci dell’oncogenesi vescicale. La disponibilità futura di un intervallo temporale adeguato per poter eseguire il follow-up dei pazienti presi in considerazione consentirà di verificare l’esistenza di un’eventuale correlazione tra i livelli di espressione dell’NNMT ed il decorso clinico della neoplasia, così da poter stabilire l’esistenza di un ruolo svolto da tale enzima anche quale potenziale marcatore prognostico. Per poter impiegare la valutazione dei livelli urinari di NNMT nell’ambito della diagnosi del carcinoma della vescica, ulteriori analisi dovranno essere estese ad un maggior numero di pazienti e dovranno anche esser prese in considerazione altre patologie dell’apparato urinario, sia a carattere neoplastico sia non neoplastico. La valutazione in fase preoperatoria dei livelli urinari di NNMT, associata alle attuali indagini cliniche, potrebbe aiutare il chirurgo nella scelta terapeutica più appropriata (radicale o conservativa). Nel periodo postoperatorio, nel caso in cui il paziente non abbia subito una cistectomia radicale, la determinazione dell’NNMT urinaria ed il confronto con i valori pre-intervento, potrebbero essere utilizzati per il follow-up e per individuare una recidiva della malattia o una progressione della stessa. 106 Capitolo 5 Abbreviazioni 107 AAA Aneurisma Aortico Addominale ADP Adenosina 5'-difosfato ALL Leucemia linfoblastica acuta ART Mono-ADP-ribosiltrasferasi ATP Adenosina 5'-trifosfato AUC Area Under Curve BCG Bacillo di Calmette-Guérin cADPR Adenosina 5'-difosfato riboso ciclico cDNA DNA complementare COMT Catecol-O-metiltrasferasi ConA Concanavalina COPD Ostruzione cronica polmonare COX-2 Cicloossigenasi-2 CR Restrizione calorica DEPC Dietilpirocarbonato DMPP+ 2,3-diidro-1-metil-4-fenilpiridina dTMP deossitimidina 5'-monofosfato dUMP deossiuridina 5'-monofosfato EGFR Recettore per il fattore di crescita epidermico ELISA Enzyme-Linked Immunosorbent Assay GBM Glioblastoma Multiforme GOI Gene of interest HCV Virus dell'epatite C HKG Gene housekeeping HNF-1β Hepatocyte nuclear factor beta 1 HNMT Istamina N-metiltrasferasi 108 HPLC Cromatografia liquida ad alte prestazioni ICSI Iniezione intracitoplasmatica di spermatozoo IL-6 Interleuchina-6 LIF Leukemia Inhibitory Factor MAO-B Monoaminoossidasi-B MNA N1-metilnicotinamide MPP+ 1-metil4-fenilpiridinio MPTP 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina mRNA RNA messaggero MTHFR Metilentetraidrofolatoreduttasi NAD(H) Nicotinamide adenina dinucleotide (ridotto) NADP(H) Nicotinamide adenina dinucleotide fosfato(ridotto) NAFLD Steatosi epatica non alcolica NNMT Nicotinamide N-metiltrasferasi NSCLC Carcinoma polmonare non a piccole cellule OSCC Oral Squamous Cell Carcinoma PARP Poli (ADP-ribosio) polimerasi PCR Reazione a catena della polimerasi PEITC Fenetil-isotiocianato POMT Fenol-O-metiltrasferasi PP 4-fenilpiridina PTC Cellule tubulari prossimali PUNLMP Neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità RMN Risonanza Magnetica Nucleare RNA Acido ribonucleico RNAi Interferenza da RNA 109 ROC Receiver-Operative Curve SAH S-adenosil-L-omocisteina SAM S-adenosil-L-metionina Sir2 Sirtuine SNP Poliformismo a singolo nucleotide TAE Tris-acetato, EDTA TC Tomografia Computerizzata TCC Carcinoma a cellule transizionali TGF-β1 Transforming growth factor beta 1 TLI 3ᴴ-Timidina TMT Tiolo metiltrasferasi TPMT Tiopurina metiltrasferasi TUR Resezione endoscopica TURV Resezione transuretrale della vescica UC Carcinoma uroteliale UTR Untranslated region WHO Organizzazione Mondiale della Sanità 110 Capitolo 6 Bibliografia 111 1. 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