Oggi Vol. 98, N. 5, Maggio 2007 Pagg. 265-270 Attuali prospettive di trattamento della pericardite recidivante Massimo Imazio, Rita Trinchero Riassunto. La pericardite recidivante rappresenta la più comune complicanza e il più difficile problema gestionale nell’ambito delle pericarditi. Il trattamento si basa generalmente sull’assunto che la malattia abbia un’eziologia autoimmune, mentre in realtà, molti casi sono dovuti ad un’infezione virale cronica od una reinfezione, oppure a precedenti trattamenti incongrui per dosi e/o durata. Diversi piccoli studi retrospettivi o prospettici hanno documentato l’efficacia della colchicina nel trattamento e prevenzione delle recidive dopo il fallimento del trattamento convenzionale. Le recenti linee guida della European Society of Cardiology 2004 ne hanno proposto l’impiego come farmaco di prima scelta nel trattamento delle recidive sulla base del consenso degli esperti. Una maggiore evidenza a favore di questa indicazione è venuta dallo studio CORE, un trial randomizzato in aperto, ove la colchicina associata al trattamento convenzionale ha ridotto la persistenza dei sintomi a 72 ore e dimezzato la frequenza della recidive a 18 mesi (24,0% vs 50,6%, p=0,022; NNT= 4,0). Parole chiave. Colchicina, corticosteroidi, farmaci anti-infiammatori non steroidei, pericardite, pericardite recidivante, terapia della pericardite. Summary. Current perspectives in the management of recurrent pericarditis. Recurrent pericarditis is the most troublesome problem to tackle in the management of pericardial diseases. Therapeutic modalities usually assume the etiology is autoimmunity, but several cases may be related to infectious etiology or previous inadequate treatments. Therapeutic choices are non-specific and varied. Several small prospective studies have successfully used colchicine to treat and prevent recurrencies after failure of conventional treatment. Although clinical trials were lacking, colchicine has been proposed by expert consensus as first choice drug for recurrent pericarditis in the 2004 guidelines of the European Society of Cardiology. A stronger evidence base for this indication comes from the CORE trial, a prospective, randomized, open label trial, where colchicine as adjunct to conventional treatment significantly decreased symptoms persistence at 72 hours, and halved recurrence rate at 18 months (24.0% vs 50.6%, p=0.022; NNT= 4.0). No serious adverse effects were observed, while corticosteroids were an independent risk factor for further recurrences (OR 2.89). Key words. Colchicine, corticosteroids, management of recurrent pericarditis, non-steroidal anti-inflammatory drugs, recurrent pericarditis. Introduzione Le recidive pericarditiche possono avere un forte impatto negativo sulla qualità di vita dei malati, inducendo spesso frustrazione sia nel paziente sia nel medico curante, che è spinto a ricercare nuovi trattamenti ed a consultare specialisti ed “esperti”. La malattia è frequente, manifestandosi in circa il 30% dei casi dopo una pericardite acuta1-3. Quando si è verificata la prima recidiva, il rischio di sviluppare un nuovo episodio è molto alto con un trattamento convenzionale, arrivando fino al 50%4. Malgrado la sua frequenza ed importanza clinica, pochi studi clinici hanno affrontato il trattamento della pericardite recidivante, e malgrado la recente pubblicazione delle linee guida della European Society of Cardiology (ESC) 5 , mancano sia una precisa e formale definizione della pericardite recidivante, sia studi clinici randomizzati che abbiano verificato validità ed efficacia dei trattamenti proposti (farmaci anti-infiammatori non steroidei, corticosteroidi, colchicina, immunosoppressori, pericardiectomia). Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Maria Vittoria, Torino. Pervenuto il 28 agosto 2006. 266 Terapia convenzionale della pericardite recidivante Recenti Progressi in Medicina, 98, 5, 2007 CORTICOSTEROIDI Nella pratica clinica i corticosteroidi sono ampiamente usati anche nel trattamento della pericardite La terapia convenzionale della pericardite recidiacuta. Il trattamento con corticosteroidi (il più impievante presuppone che la malattia possa avere un’egato – stando alla letteratura – è il prednisone) è graziologia autoimmune nella maggior parte dei casi. vato da effetti collaterali frequenti, ma soprattutto da In realtà, vi sono evidenze che indicano che fino un’aumentata incidenza di successive recidive4,9,15,16 ad un terzo dei casi potrebbe avere un’eziologia virale per cronicizzazione di una precedente infezio(tabella 1). La causa è duplice: da un lato i corticone o per una nuova infezione6,7. Proprio per questo steroidi possono favorire la cronicizzazione di infemotivo si pensa che la terapia corticosteroidea pozioni virali misconosciute, ma spesso vengono utiliztrebbe favorire la cronicizzazione dell’infezione vizati per periodi di tempo troppo brevi con una ridurale e determinare l’autozione troppo rapida della perpetuarsi della malattia posologia 3,6,10. L’impiego 6,8,9 dei corticosteroidi andrebin molti casi . Una cauGli obiettivi del trattamento sono non solsa sottostimata e non inbe perciò limitato ai casi retanto la cura del singolo episodio ma anche frequente di recidive perifrattari al trattamento con la prevenzione di ulteriori recidive. L’ospedalizzazione non è necessaria in tutti i casi, carditiche è però rappreFANS, quando i FANS sono come è stato già dimostrato11 e proposto sentata, nella pratica controindicati, e nei casi linella pericardite acuta8. clinica, dal precedente immitati in cui un trattamenpiego di terapie incongrue to corticosteroideo è indicaper dosi e/o durata6,10. to per il trattamento della Parte integrante del trattamento convenziomalattia di base od altra indicazione specifica. Le linale è la raccomandazione, frutto più del consennee guida ESC5 danno infatti un’indicazione di classo degli esperti che di studi clinici appropriati, di se IIa (indicazione controversa) al loro impiego nelevitare sforzi fisici intensi durante la fase acuta la pericardite recidivante in casi selezionati. Raccodella recidiva, limitandosi a svolgere attività semandazioni per un loro adeguato impiego dentarie fino alla risoluzione completa della sindovrebbero includere: (i) uso di dosi di attacco piene tomatologia e normalizzazione degli indici di flo(esempio: prednisone 1,0-1,5 mg/kg) per 1 mese, angosi6. che se la risposta è già evidente dopo pochi giorni; (ii) lenta riduzione della posologia, da iniziare solo dopo normalizzazione della proteina C-reattiva (esempio FANS 5 mg ogni settimana fino a 25 mg di prednisone e poi Sono considerati il trattamento di prima scelancora più lentamente 2,5 mg ogni settimana); (iii) ta sia nella pericardite acuta che in quella recidivanassociare se possibile la colchicina fin dall’inizio, (iv) te5,6,8,10,12. L’aspirina o diversi FANS sono stati efficaconsiderare la possibile associazione dell’aspirina o cemente impiegati nel trattamento della pericardite, di un FANS al di sotto di 25 mg/die di prednisone. ed è più importante l’impiego di appropriate dosi anti-infiammatorie (ad esempio: aspirina 2-4 g/die, indometacina 75-150 mg/die, ibuprofene 1200-1800 Studi clinici sull’impiego della colchicina mg/die, nimesulide 200 mg/die) piuttosto che l’uso di nella terapia della pericardite recidivante uno specifico farmaco13. Una possibile eccezione è rappresentata dall’aspirina, che grazie alle sue L’impiego della colchicina (figura 1) nella periproprietà antiaggreganti, è preferibile nei pacardite recidivante è stato proposto per la prima volzienti con cardiopatia ischemica od altra indita dalla Scuola spagnola alla fine degli anni ottancazione ad antiaggregazione3. È importante assita17. Dapprima alcuni case report, poi alcuni studi osservazionali (tabella 2) hanno evidenziato che la curare una durata congrua del trattamento (almeno colchicina associata alla terapia convenzionale 7-10gg a piene dosi) e ridurre gradualmente la poso(aspirina o FANS o corticosteroide) è in grado di logia anziché interrompere improvvisamente il trattrattare la fase acuta della recidiva e prevenire l’intamento. Questo è ben codificato per l’aspirina dove sorgenza di nuove recidive1,4,9,10,18,19. un protocollo efficamente utilizzato prevede una dose di attacco iniziale di 800 mg 3-4 volte/die per 7-10 Tabella 1. La terapia corticosteroidea è un fattore di rischio indipendente giorni seguito da riduzioni di per lo sviluppo di ulteriori recidive nella pericardite sia recidivante che acuta. 800 mg ogni settimana per una durata di terapia di cirStudio Pazienti Pericardite Follow-up medio OR (95% IC) ca 4 settimane4,9,11. 15 119 recidivante n.d. (1-185) 6,7 (1,7-27,0) Artom G et al. Per consentire al pa9 ziente di assumere effetti55 recidivante 72 10,4 (4,5-24,0) Imazio M et al. vamente i FANS per perio4 84 recidivante 20 2,9 (1,1-8,3) CORE di prolungati è necessaria 16 una gastroprotezione 120 acuta 24 4,3 (1,2-15,3) COPE con inibitore di pompa in n.d.= non disponibile tutti i pazienti4,5,9,11,14. M. Imazio, R. Trinchero: Attuali prospettive di trattamento della pericardite recidivante Figura 1. La colchicina è un alcaloide policiclico molto velenoso contenuto nei tuberi (0,080,2%) e nei semi (0,2-0,4%) del Colchicum autumnale, pianta bulbosa perenne. Tale pianta trae il nome dalla regione della Colchide a oriente del Ponto ove era molto diffusa. A bassi dosaggi trova impiego farmacologico come antigottoso ed antireumatico. Il farmaco rappresenta la più promettente opzione terapeutica nel trattamento della pericardite recidivante. 267 ove la colchicina viene consigliata in tutti i casi di recidiva, anche indipendentemente dal fallimento della terapia convenzionale alla dose di 1mg BID per i primi 1-2 giorni, seguita da una dose di mantenimento di 1mg/die (0,5mg BID). Tuttavia, come è stato fatto notare da autorevoli Autori spagnoli, l’evidenza a favore dell’impiego del farmaco era debole e l’esatta percentuale dei responder ignota, per l’assenza di studi clinici controllati6. Diversi autori hanno proposto di impiegarla solo dopo il fallimento della terapia convenzionale, perché soltanto in questo caso è stata raccolta una qualche evidenza a favore del trattamento6. Vanno tuttavia riconosciuti i limiti principali di ■ Un contributo importante è venuto dall’unico questi studi: si tratta di studi osservazionali di picstudio clinico randomizzato (CORE trial: COlcole dimensioni (da 9 a 51 pazienti) senza un grupchicine for REcurrent pericarditis) recentepo di controllo, ove spesso gli stessi pazienti sono mente pubblicato4. Il CORE trial ha randomizzautilizzati come controlli di se stessi, valutando il nuto 84 pazienti con prima recidiva pericarditica a mero medio di recidive prima e dopo la terapia con ricevere un trattamento convenzionale (aspirina la colchicina. Mediamente con dosi di mantenimen– o se controindicata – prednisone) e colchicina o to di 1 mg/die, la frequenza di recidive per un followun trattamento convenzionale semplice. In queup di 6-128 mesi è risultata ampiamente variabile sto studio, la colchicina (1,0-2,0 mg come dose di attacco per le prime 24 h e poi 0,5 bid in mantedallo 0 al 21%. nimento per 6 mesi; dosaggi dimezzati nei paIl più grande studio osservazionale1 ha incluso zienti <70 kg) associata al trattamento conven51 pazienti che sono stati seguiti mediamente per 36 mesi (6-128 mesi). La pericardite era idiopatica zionale ha ridotto la persistenza dei sintomi a 72 nel 65% dei casi. Durante un trattamento di 1004 ore (rispettivamente 9,5% vs 31,0%; p=0,029) e pazienti-mese sono state registrate recidive in 7 dimezzato la frequenza della successive recidive pazienti (13,7%), mentre 31 pazienti (60,7%) sono (a 18 mesi: 24,0% vs 50,6%, p=0,022; NNT=4,0). rimasti liberi da recidive al follow-up di 2333 paNon sono stati registrati eventi avversi, mentre zienti-mese dopo la sospensione del farmaco. L’inla terapia corticosteroidea era un fattore di ritroduzione della colchicina ha prolungato in modo schio indipendente per lo sviluppo di ulteriori resignificativo la libertà da recidiva (3,1 ± 3,3 versus cidive (OR 2,89; 95% CI 1,10 a 8,26; p=0,04) al43,0 ± 35,0 mesi, p <0,0001). Anche una recente l’analisi multivariata. analisi retrospettiva 15 – che ha incluso casi già precedentemente pubblicati e Tabella 2. Principali studi sull’impiego della colchicina nel trattamento della pericardite recidivante, elencati per anno di pubblicazione. casi non pubblicati con 2 o più recidive – ha evidenziaStudio Anno Tipo Pz Controlli Dose* Follow-up Recidive to una incidenza di recidi(mg/die) (mesi) (%) va del 17,6% durante il No 1 10-54 0/9 (0,0%) Guindo J et al.18 1990 SO 9 trattamento con colchicina, 19 e del 30% dopo la sua so1994 SO 8 No 1 18-34 0/8 (0,0%) Adler Y et al. spensione. 20 1994 SO 19 No 1 32-44 4/19 (21,0%) Millaire A et al. L’introduzione della 1 colchicina è stata segui1998 SO 51 No 1 6-128 7/51 (13,7%) Adler Y et al. ta con grande entusia9 2005 SO 35 No 1 48-108 3/35 (8,6%) Imazio M et al. smo ed il farmaco è stato 4 2005 TR 84 Sì 0.5-1 8-44 9/42 (21,0%) raccomandato in recenCORE ti linee guida europee * = dose di mantenimento; SO= studio osservazionale, TR= trial randomizzato pubblicate nel 2004 5 , 268 Recenti Progressi in Medicina, 98, 5, 2007 Il CORE trial evidenzia la possibile utilità della colchicina come farmaco di prima scelta nel trattamento della pericardite recidivante, ancora prima del fallimento della terapia convenzionale. L’esatto meccanismo d’azione della colchicina non è completamente noto. Gran parte dell’azione anti-infiammatoria del farmaco è dovuta alla capacità della colchicina di legarsi alla β-tubulina impedendo la polimerizzazione dei microtubuli all’interno delle cellule21,22. Questa azione, unitamente alla peculiare capacità di concentrarsi nei leucociti raggiungendo concentrazioni intracellulari di picco che possono superare di 16 volte la concentrazione di picco plasmatica, rende conto dell’efficacia del farmaco anche a basse dosi (0,5-1 mg/die). A queste dosi il farmaco è sicuro, come evidenziato nei pazienti in trattamento profilattico della febbre familiare mediterranea23 e l’effetto collaterale più comune (7-10%) è rappresentato dalla diarrea che è prontamente reversibile con la sospensione del farmaco. Altre terapie: immunosoppressori, trattamento intrapericardico ed opzioni chirurgiche IMMUNOSOPPRESSORI Il trattamento con farmaci immunosoppressori è generalmente riservato ai pazienti che non rispondono ai corticosteroidi o presentano gravi effetti collaterali secondari alla terapia corticosteroidea. Malgrado l’impiego dell’azatioprina e della ciclofosfamide venga proposto dalle linee guida ESC 20045, e riportato anche in una recente revisione sulla pericardite12, gli unici dati disponibili provengono da case report24-28, e non vi sono forti evidenze che supportino questi trattamenti.29 Trattamenti immunosoppressivi ed agenti con effetto steroid-sparing come le immunoglobuline possono essere considerati nelle pericarditi recidivanti refrattarie dopo fallimento delle terapie convenzionali e della colchicina; tuttavia la scelta dovrebbe privilegiare le soluzioni meno tossiche ed economiche (in genere l’azatioprina), individualizzando il trattamento in funzione del singolo caso clinico29. Bisogna riconoscere, però, che una vera pericardite recidivante refrattaria è rara (<5% dei casi)3, ed in genere l’uso di aspirina o FANS, associato alla colchicina ed in casi estremi un corticosteroide (es. prednisone), a dosaggi appropriati e per una sufficiente durata di trattamento, è in grado di controllare la malattia nella maggior parte dei casi. I casi refrattari sono spesso dovuti all’utilizzo incongruo per dosi e durate di terapie convenzionali con o senza colchicina. TRATTAMENTO INTRAPERICARDICO I trattamenti intrapericardici con corticosteroidi sono stati proposti per ridurre il rischio di effetti collaterali sistemici. In uno studio prospettico tedesco30, 84 pazienti con pericardite recidivante e versamento sono stati trattati con la pericardiocentesi e la successiva somministrazione intrapericardica di triamcinolone (300-600 mg/m2 in 100 mL di fisiologica in singola dose rimossa dopo 24 ore). Questo approccio prevede la necessità della pericardiocentesi, e, comunque, un trattamento sistemico con colchicina (0,5mg x 3/die per 6 mesi). Recidive sono state riportate nel 10% dei pazienti a 3 mesi, ed in circa il 15% ad 1 anno; tuttavia, effetti collaterali secondari al corticosteroide sono stati registrati nel 13% per dosi di 300 mg/m2 e nel 30% per 600 mg/m2. Si tratta di una possibilità da considerare in Centri specializzati, nelle forme realmente refrattarie al trattamento standard. PERICARDIECTOMIA In casi estremi, davanti a forme recidivanti refrattarie, è stato preso in considerazione l’impiego della pericardiectomia. Le esperienze cardiochirugiche non sono concordanti. 31,32 La casistica di maggiori dimensioni sostiene la possibile utilità della pericardiectomia in casi selezionati; tuttavia riporta l’analisi retrospettiva di 60 casi sottoposti a pericardiectomia tra il 1980 e il 1990, includendo – per il 60% – casi con costrizione nei quali il beneficio della pericardiectomia è atteso. Solo il 40% dei casi presentava una malattia effusiva, non costrittiva, mentre la persistenza di dolore toracico era la causa principale di intervento nel 10% dei casi. L’indicazione alla pericardiectomia è pertanto basata più sull’opinione di singoli esperti che su evidenze scientifiche forti. Anche se, considerata una possibile opzione dalle linee guida europee (indicazione di classe IIa)5, concordiamo con la maggior parte degli autori6,10,33 nel ritenerla un’opzione dubbia da riservare a casi eccezionali, quali recidive multiple con tamponamento cardiaco, gravi effetti collaterali legati alla terapia medica10. Qualsiasi manovra invasiva ha la potenzialità di esasperare ed automantenere il meccanismo autoreattivo che in molti casi, è alla base delle pericardite recidivante seguendo un modello non dissimile alle sindromi post-pericardiotomiche8,11,33. L’uso della pericardiocentesi, della finestra pericardica e della pericardiectomia e di qualunque manovra invasiva deve perciò essere attentamente ponderato, considerando il rischio di promuovere nuove recidive, anziché risolvere un attacco acuto. Discussione Pochi studi hanno valutato in maniera rigorosa i trattamenti per la pericardite recidivante. M. Imazio, R. Trinchero: Attuali prospettive di trattamento della pericardite recidivante L’aspirina e i FANS sono farmaci di prima scelta, mentre la terapia corticosteroidea è stata associata ad un aumento del rischio di recidive nel follow-up e dovrebbe essere limitata ai casi non responsivi o con controindicazioni ai FANS. La colchicina è un farmaco promettente nel trattamento della pericardite recidivante, tuttavia è comune un certo scetticismo nei confronti della sua efficacia33,34. Le principali cause di questo atteggiamento vanno ricercate, ancora una volta, nell’impiego improprio del farmaco. La colchicina viene spesso utilizzata da sola in pazienti con precedenti fallimenti terapeutici, ma le esperienze disponibili dimostrano che il farmaco è efficace come terapia di associazione e non in monosomministrazione1,34. È comune anche l’impiego della colchicina nel trattamento di versamenti pericardici senza evidenza di elevazione degli indici di flogosi e della proteina C reattiva, laddove il farmaco si è già dimostrato inefficace1,34. Infine, è assai frequente ritenere che il farmaco abbia fallito e quindi viene sospeso in caso di una nuova recidiva. I dati della letteratura dimostrano però che la colchicina può, nel migliore dei casi, arrivare a dimezzare la frequenza di recidive4 ma non le annulla: pertanto bisogna attendersi recidive anche in pazienti trattati con la colchicina e proseguire comunque la terapia. La storia naturale della pericardite recidivante mostra una fase iniziale molto attiva con recidive anche plurime, seguita da un graduale raffreddamento della malattia con una progressiva riduzione del numero delle recidive che divengono anche meno intense nelle loro manifestazioni cliniche e strumentali13. La colchicina può accelerare la progressione verso la fase tardiva meno attiva ma deve essere proseguita per tempi congrui (6-12 mesi) in associazione al trattamento convenzionale nelle fasi acute. Medici e pazienti considerano con apprensione il susseguirsi delle recidive, temendo in particolare il rischio che recidive multiple possano portare a costrizione pericardica. In realtà, la revisione di quasi 300 casi di pericardite recidivante descritti in letteratura indica che la pericardite recidivante idiopatica ha una prognosi benigna: malgrado anche innumerevoli recidive, il rischio di costrizione pericardica è inferiore allo 0,5%3,6, quindi addirittura inferiore al rischio del 1% riportato per la pericardite acuta3,6. Anche il rischio di tamponamento cardiaco è basso (<2%), mentre non è mai stata riportata una disfunzione ventricolare sx residua3,6,13. I pazienti devono quindi essere rassicurati sulla benignità della prognosi della pericardite recidivante idiopatica. Conclusioni I dati emersi dalla letteratura scientifica degli ultimi anni ed i risultati preliminari di un recente studio randomizzato in aperto sull’impiego della colchicina in associazione alla terapia convenzionale nel trattamento della prima recidiva pericarditica, sostengono l’impiego della colchicina come farmaco di prima scelta nel trattamento della pe- 269 ricardite recidivante. In questo studio (CORE trial) l’impiego della colchicina ottiene un più rapido controllo della sintomatologia entro 72 ore, ma soprattutto dimezza la successiva frequenza di recidive mentre l’impiego della sola terapia corticosteroidea aumenta il rischio di ulteriori recidive nel follow-up. Trattamento della pericardite recidivante: i punti chiave 1. Usare trattamenti appropriati per dosi e durata. 2. Aspirina e FANS sono i cardini del trattamento. 3. Limitare l’uso della terapia corticosteroidea; quando utilizzata, mantenere il trattamento con dosi di attacco per 1 mese e seguire una lenta riduzione della posologia dopo la remissione e la normalizzazione della proteina C reattiva. 4. Aggiungere la colchicina come farmaco di prima scelta anche alla prima recidiva, ma sempre in associazione, nella fase acuta della malattia. 5. Usare una terapia di combinazione (aspirina o un FANS + colchicina e un corticosteroide) nei casi refrattari e quando si scala la terapia corticosteroidea. 6. Evitare l’uso di procedure diagnostiche e terapeutiche invasive se non strettamente indicate: ciò per il rischio di promuovere nuove recidive. 7. Rassicurare il paziente sulla prognosi, che è benigna nella pericardite recidivante idiopatica. Bibliografia 1. Adler Y, Finkelstein Y, Guindo J, Rodriguez de la Serna A, Shoenfeld Y, Bayes-Genis A, et al. Colchicine treatment for recurrent pericarditis. A decade of experience. Circulation 1998; 97: 2183-5. 2. Imazio M, Trinchero R. Clinical management of acute pericardial disease: a review of results and outcomes. Ital Heart J 2004; 5: 803-17. 3. Imazio M, Trinchero R, Shabetai R. Pathogenesis, management, and prognosis of recurrent pericarditis. J Cardiovasc Med 2007; in corso di stampa. 4. Imazio M, Bobbio M, Cecchi E, Demarie D, Pomari F, Moratti M, et al. Colchicine as first choice therapy for recurrent pericarditis. Arch Intern Med 2005; 165: 1987-91. 5. Maisch B, Seferovic PM, Ristic AD, Erbel R, Rienmuller R, Adler Y, et al. 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