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E TU, TI SEI FATTO
ragionamento di cui sopra,
dovremmo
concludere
che
l’uomo non è un modello
predittivo per l’uomo. Verrebbe
da pensare che per partecipare a
un clinical trial (la sperimentazione
farmaci che superano i test
sull’uomo si chiama così) sia
sugli
animali,
nove
non
necessario farsi prima validare;
arrivano mai in farmacia. Dati
tanto per stare sicuri.
più
recenti
sarebbero
anche
Uno mica può saperlo in anticipo
peggiori, con una percentuale di
se è un essere umano attendibile.
VALIDARE?
Potrebbe capitarvi in qualunque
momento. Un bel giorno qualcuno
vi ferma e vi chiede:
– Ehi! Stiamo cercando volontari
per
sperimentare
un
nuovo
È chiaro che quella frase che
ci
ripetono
ossessivamente
ormai da mesi – alla radio, in
TV e sui giornali – si fonda su
qualcosa di sbagliato.
farmaco, vuoi partecipare?
fallimento
intorno
al
95%.
Insomma,
una
vera
catastrofe.
Le prime domande che vi
passeranno per la testa saranno Verrebbe quasi da pensare che se
tirassero a caso ci azzeccherebbero
«Ma è sicuro?», «Ma funziona?»
più spesso.
– Sui topi ha funzionato!
Come mai così tanti candidati
Certo che messa così c’è da
farmaci vengono scartati durante
rimanere un po’ perplessi. Che
la
sperimentazione
sull’uomo?
prove abbiamo che i risultati di
Quali sono i motivi per cui si
un esperimento condotto su un
rivelano inutili?
topo sia in qualche misura
Andando
a
vedere
più
in
rappresentativo
di
quanto
accade nell’uomo? A dar retta a dettaglio, salta all’occhio una cosa
La
sperimentazione
quello che si legge sui giornali, si strana.
sull’uomo
è
infatti
divisa
in quattro
ascolta alla radio o si vede in TV,
fasi,
chiamate,
con
grande
sforzo
verrebbe da pensare «nessuna».
di
fantasia,
fase
I,
II,
III
e IV.
La statistica che la fa da padrone
sui media è, in apparenza, Ebbene, di tutte le molecole che
inattaccabile e quasi drammatica: superano la prima fase di
sull’uomo,
secondo quanto stimato dalla sperimentazione
1
solo
il
12%
arriva
in
farmacia2.
stessa FDA , su dieci potenziali
Curioso, vero? Se applicassimo il
Appurato
che
la
proprietà
transitiva secca non sembra valere
né tra animale e uomo, né tra
uomo e uomo, rimane da capire il
motivo che spinge così tanti
ricercatori, in discipline anche
molto
diverse
–
oncologi,
immunologi,
chirurghi,
parassitologi… – ad avvalersi della
Sperimentazione Animale (SA) per
portare avanti le loro ricerche.
Nonostante costi, tempi lunghi e
incertezze. Ovvero: se è davvero
possibile, a parità di risorse
impiegate (umane e materiali)
ottenere risultati migliori in
tempi
più
brevi,
perché
insistere con la SA? Dopotutto
l’obiettivo di qualunque scienziato
è quello di pubblicare (publish or
perish!).
Se lo si può fare
meglio e spendendo
perché no?
prima,
meno,
La risposta non è semplice, ma
un recente articolo apparso su
Science del 14 giugno 20133, ci
offre un interessante punto di
partenza – anzi, di arrivo – per
mettere a fuoco il vero ruolo della
SA nella ricerca biomedica, e i
motivi che la rendono ancora oggi
spesso indispensabile.
Però,
dall’inizio.
bisogna
cominciare
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INVECCHIARE FIN DA GIOVANI
La
progeria
è
una
malattia
genetica
estremamente rara, il suo
nome deriva dal greco e
significa invecchiamento
precoce. Chi ne è colpito
raramente supera i tredici
anni
di
età
e,
fin
dall’infanzia,
soffre
di
tutta una serie di sintomi
– dal raggrinzimento della
pelle alle disfunzioni renali
e
cardiache
–
che
normalmente associamo
alla vecchiaia. Da qui il
nome.
La malattia è nota fin
dall’ottocento,
ma
per
scoprirne le cause si è
dovuto
attendere
anzitutto
il
completamento
del
progetto genoma, che ha
fornito le tecniche e le
informazioni necessarie a
confrontare i geni delle
persone malate con quelli
delle persone sane, per
individuare
i
geni
difettosi.
Nel 2003 l’equipe di
ricercatori
guidata
da
Maria Eriksson segnala in
una lettera su Nature4 di
avere
individuato
un
difetto
in
un
gene
presente in quasi tutti i
malati di progeria di cui
avevano
ottenuto
dei
campioni di DNA. Nelle
persone sane quel gene
era
invece
normale.
Bingo!
O no?
Se seguite le rubriche
più o meno scientifiche
che
abbondano
su
quotidiani
e
riviste
(purtroppo la quantità non
sostituisce
la
qualità)
avrete forse già fatto caso
a quanto spesso viene
segnalata la scoperta del
gene di una cosa o di
un’altra.
Poi,
regolarmente, non se
ne sa più nulla.
Il problema è che si fa
abbastanza in fretta a
trovare
un
gene
apparentemente difettoso
che sembra “viaggiare
insieme”
a
qualche
malattia, ma non è affatto
scontato che questo gene
sia
il
solo
e
unico
responsabile
di
quella
malattia.
Anzi, di solito non è
così.
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Ogni
individuo
acquisisce
metà dei geni da un genitore e
metà
dall’altro,
formando
quindi una nuova combinazione
di geni, unica e praticamente
irripetibile.
progeria, oppure è solo un chiama Laminina A), qual’è la
gene
correlato
al
vero sua normale funzione nelle
responsabile della malattia?
cellule sane e perché la sua
In caso affermativo, esso è forma alterata (che si chiama
l’unico responsabile, oppure Progerina) non funziona come
dovrebbe. Grazie a queste
ve ne sono altri?
conoscenze sono inoltre state
individuate alcune molecole in
grado
di
migliorare
la
situazione
nelle
cellule
malate:
ovvero
dei
potenziali farmaci.
TRESSETTE COL GENE
Se paragonassimo i geni a
delle carte da gioco, sarebbe
come
se
un
individuo
prendesse metà del mazzo da
un genitore e metà dall’altro
(con
la
non
trascurabile
differenza che il mazzo sarebbe
composto
da
più
di
venticinquemila carte!). Prima
di
questo
nuovo
abbinamento, però, i geni
di entrambi i genitori
subiscono
un
“rimescolamento”,
che
rende casuale lo scambio
di
geni.
Questo
rimescolamento, però, non
è perfetto: i geni infatti
tendono a rimescolarsi un
po’ “a mazzetti” sempre
uguali, o quasi. Come
facevamo
da
bambini,
prima
di
imparare
la
difficile arte di “intrecciare”
le carte da gioco.
Così accade che i geni
tendano a viaggiare a
gruppi, di generazione in
generazione. A volte questi
gruppi si spezzano, ma
non è molto frequente. Gli
studiosi
di
genetica
chiamano questi geni che
viaggiano spesso assieme, geni
correlati, proprio a indicare che
tra loro esiste una correlazione
nel
senso
statistico
del
termine: quando ce n’è uno,
probabilmente
ci
sono
anche gli altri.
Dunque, il difetto genetico
individuato dalla Eriksson è
proprio
la
causa
della
Tuttavia, per quanto queste
informazioni siano importanti,
non
sono
sufficienti
a
rispondere ad alcune domande
fondamentali: la progeria è
tutta qui, o stiamo perdendo
tempo dietro a qualcosa di
secondario se non addirittura
Le prove su cellule coltivate ininfluente?
in
laboratorio
hanno
Infine: la genetica è l’unica
responsabile della malattia,
o almeno la principale, oppure
entrano in gioco altri fattori?
Nell’autismo, ad esempio, i
geni sembrano avere un ruolo
relativamente marginale.
permesso
di
accertare
abbastanza rapidamente che
quel difetto genetico provocava
alterazioni del tutto simili a
quelle già individuate nelle
cellule dei malati di progeria.
Queste prove – cosiddette in
vitro – hanno inoltre permesso
di capire qual’è la proteina
prodotta da quel gene (si
Inoltre, è possibile far
arrivare
le
molecole
individuate in vitro, ad un
numero sufficiente di cellule
di una persona, in modo da
migliorarne le condizioni?
Infine,
quei
potenziali
farmaci, che effetti hanno su
una
persona
nel
suo
insieme?
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AD OGNI MALATTIA
Nonostante i continui sforzi
di molti ricercatori5,6,7, ad
oggi non esistono modelli
informatici
(le
cosiddette
prove in silico) né indagini di
laboratorio
(le
cosiddette
prove in vitro) in grado di
fornire una risposta a queste
domande.
IL SUO TOPO
Passare
direttamente
alla
sperimentazione
sull’uomo
significherebbe esporre i malati
al rischio di subire effetti
collaterali anche gravi, senza
neppure sapere se quelle
molecole
hanno
davvero
una
qualche
chance
di
produrre
effetti
benefici
sulla malattia: non abbiamo
nemmeno potuto accertare se
quel difetto genetico è davvero
il solo e unico responsabile
della progeria!
Per
fortuna
un’alternativa.
Nel
2006
un
esiste
gruppo
di
ricercatori guidati da Renee
Varga e Maria Eriksson sono
riusciti a ottenere una linea
genetica di topi con lo stesso
difetto genetico riscontrato nei
malati di progeria. Questi topi
presentano
sintomi
sovrapponibili alla progeria
umana8. In questo modo i
ricercatori
hanno
potuto
confermare che la mutazione
è effettivamente rilevante
per la malattia in questione.
Contemporaneamente
hanno
anche messo a disposizione dei
colleghi, degli animali che
manifestano molti degli aspetti
della progeria: uno strumento
molto potente per testare la
potenziale
farmaco.
efficacia
di
un
Da questo punto in poi la
strada è stata in discesa,
relativamente parlando. Nel
2011 l’equipe guidata da Kan
Cao ha dimostrato l’efficacia di
un farmaco già noto, la
rapamicina, nel ridurre gli
effetti del difetto genetico nelle
cellule coltivate in laboratorio9.
Le conoscenze ottenute sulle
prove in vitro hanno inoltre
permesso ai ricercatori di
capire fin da subito che l’azione
della
rapamicina
è
solo
indiretta, e quindi i sui effetti
sono necessariamente limitati.
Per questo gli scienziati sono al
lavoro
per
identificare
farmaci nuovi,
in
grado
di
agire
con
maggior
efficacia
sui
meccanismi
biochimici della
malattia3.
Come si fa a
cercare
dei
farmaci
nuovi?
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SCARICA L’APP E DIVENTA
FARMACOLOGO
La ricerca di nuovi potenziali farmaci
è relativamente rapida, perché viene
fatta al computer con programmi in
grado di simulare le complesse
reazioni chimiche tra la molecola
studiata e le molecole dell’organismo
coinvolte
nella
malattia.
Questi
programmi sono quindi in grado di
individuare
quelle
sostanze
che
possono in qualche modo “bloccare” la
biochimica
della
malattia,
selezionando i potenziali farmaci
tra centinaia, o anche migliaia di
molecole. La reale efficacia di quelle
identificate in questo modo (e solo di
quelle!) può poi essere verificata su
cellule coltivate in laboratorio, come già
fatto per la rapamicina.
Una volta individuate via computer
Werthimer avevano scoperchiato il
altre molecole potenzialmente utili,
vaso di pandora.
restano alcune importanti domande,
Ad oggi il progetto originale è
alle quali né le simulazioni al computer,
diventato parte di un sistema di calcolo
né i test su cellule coltivate in
distribuito chiamato BOINC (Berkeley
laboratorio possono dare una risposta.
Open
Infrastructure
for
Network
Anzitutto non è scontato che il
Computing) che supporta decine di
miglioramento visto nelle cellule
progetti diversi. Nel momento in cui
corrisponda a un miglioramento dei
scrivo questo articolo, il BOINC, nel suo
sintomi della malattia. Forse ciò che
complesso, ha una capacità di
si
vede
sulle
cellule,
separate
elaborazione stimata in poco meno
dall’organismo di cui fanno parte, è
11
di 25 PetaFLOPS . Se non sapete
Pochi
sanno
che
è
possibile
partecipare da casa a questa fase della
ricerca scientifica. La storia merita una
digressione anche se bisogna partire da
lontano e da una disciplina totalmente
diversa: l’astronomia. In particolare
dall’ambizioso progetto dell’università
di Berkeley volto ad individuare segnali
radio
provenienti
da
civiltà
extraterrestri: il SETI, ovvero Search
for ExtraTerrestrial Intelligence. Era il
1998 quando David Anderson e Dan
Werthimer
proposero
un’idea
innovativa per elaborare l’enorme
massa
di
dati
raccolti
dal quanto vale un PetaFLOPS, vi basti
radiotelescopio di Arecibo10.
sapere
che
il
più
potente
L’Università di Berkeley, infatti, non supercomputer del mondo, entrato in
poteva permettersi di pagare per funzione a giugno 2013, ha una
12
questo
progetto
i
costosi potenza di 34 PetaFLOPS , appena un
terzo
in
più
del
BOINC,
che però è
supercomputer in grado di elaborare i
destinato
a
crescere
continuamente,
dati
abbastanza
rapidamente.
Anderson e Werthimer proposero di mano a mano che nuovi pc, sempre più
scomporre il lavoro in tante piccole numerosi e potenti, si aggiungono al
porzioni, e di “reclutare” i pc di privati progetto.
cittadini che, grazie a uno screen-saver,
potevano mettere a disposizione i
tempi morti dei loro elaboratori
domestici
per
portare
avanti
il
progetto; elaboratori poco potenti,
certo, ma molto numerosi. L’anno
dopo, nel 1999, nacque il SETI@Home,
ma era solo l’inizio: Anderson e
questo tipo. Per partecipare, dovete
anzitutto scaricare il software BOINC
dal sito dedicato, poi collegarvi al
progetto, o ai progetti, che più vi
interessano.
In
questo
modo
potrete contribuire alla ricerca
farmacologica e non solo a quella.
Ce n’è per tutti i gusti.
Tra i tanti progetti che fanno parte
del grosso contenitore BOINC troviamo
anche diversi progetti in campo
medico, tra i quali, ad esempio,
FightAIDS@home, dedicato alla ricerca
via
software
di
molecole
potenzialmente in grado di bloccare il
virus HIV. Non è l’unico progetto di
solo un aspetto secondario.
Inoltre il farmaco potrebbe non
raggiungere un numero di cellule
sufficiente a migliorare la qualità della
vita di un malato.
Infine,
il
farmaco
potrebbe
interferire
con
qualche
altra
funzione
biochimica
non
nota
dell’organismo, quindi non prevedibile.
È possibile dare una risposta, almeno
parziale, a queste importanti domande
prima di iniziare la sperimentazione
sull’uomo?
La risposta è sì, specialmente per la
più insidiosa delle tre: l’ultima.
Però bisogna
animali.
ritornare
sugli
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PRIMO, NON NUOCERE
Quando
si
comincia
la
sperimentazione (il famoso clinical
trial) sull’uomo, la prima domanda
che si pongono gli scienziati è:
qual’è la dose massima di
farmaco che una persona può
sopportare
senza
subire
conseguenze?
Il
punto
di
partenza non può che essere
questo, perché non avrebbe senso
migliorare qualcosa da una parte
solo per peggiorare qualcos’altro
da un’altra. È vero che in molti
casi, come nella terapia del
tumore, ci si deve accontentare di
un bilancio costi/benefici risicato,
ma il principio guida rimane lo
stesso: un farmaco deve fare
bene prima di cominciare a fare
male.
La
prima
fase
della
sperimentazione sull’uomo (la Fase
I del clinical trial) serve proprio a
stabilire questo: la dose di farmaco
tollerata. Per conoscere questa
dose
è
necessario
somministrare il farmaco a
volontari sani.
Se siete ancora interessati a
partecipare alla nostra ipotetica
sperimentazione, come minimo vi
chiederete: «da che dose si
parte?».
Non è una domanda banale.
La dose alla quale una sostanza
comincia ad essere tossica varia
moltissimo. Per uccidere una
persona di 70Kg servono circa
100g di aspirina, oppure sono
sufficienti
0,00000007g
(7
centomilionesimi di grammo) di
tossina botulinica, il famigerato
botox per spianare le rughe 13. La
differenza è un fattore 10 miliardi!
Una molecola nuova, dove si
colloca in questo range?
Non è possibile simulare al
computer la tossicità di una
molecola. Un computer può infatti
simulare il comportamento di
qualcosa di già noto, magari
troppo complicato per essere
capito al volo, ma non può
inventare qualcosa che non si
conosce.
La
chimica
di
un
organismo vivente è nota solo a
grandi linee, i dettagli sono il larga
misura oscuri, Nessun programma
per computer potrà mai prevedere
tutti i possibili effetti di un
farmaco.
Anche le cellule coltivate in
laboratorio possono dare solo una
risposta parziale, anzitutto perché
non tutti i tipi di cellule che
compongono il nostro corpo (sono
centinaia!) può essere coltivato in
laboratorio,
separatamente
dal
resto;
inoltre
spesso
una
molecola è tossica in modo
indiretto, cioè non è lei a far
danni, ma una sua forma
modificata, creata dal nostro
stesso organismo, magari proprio
nel tentativo di sbarazzarsi della
molecola originale, che gli è
estranea.
Anche in questo caso gli animali
offrono la possibilità di verificare la
tossicità di una molecola su un
organismo intero e sano. Per
questo particolare aspetto del
problema
siamo
fortunati:
l’attendibilità
della
SA
in
questo caso sfiora il 100%14.
Nel caso della rapamicina resta
ancora da capire se
gli effetti di questa
molecola
sono
davvero in grado di
alleviare i sintomi
della malattia, o se
essa si limita ad
agire
su
aspetti
secondari. Inoltre,
in un organismo
intero,
non
è
affatto
scontato
che
il
farmaco
raggiunga tutte le
cellule che deve
raggiungere,
in
sufficiente ad agire.
quantità
I topi transgenici selezionati da
Varga e Eriksson8 consentono di
verificare
rapidamente
proprio
questi
aspetti,
prima
di
cominciare a sperimentare sui
malati. A poco più di un anno di
distanza dalle verifiche su cellule
effettuate dall’equipe di Cao, un
altro gruppo di ricercatori annuncia
l’efficacia della molecola anche sui
topi15: la rapamicina è quindi in
grado di raggiungere un numero
adeguato di cellule e incidere
significativamente
sulla
progressione della malattia.
Accadrà lo
sull’uomo?
stesso
anche
Purtroppo la certezza non c’è,
perché è la prima volta che si
percorre questa strada. Saranno i
risultati sperimentali stessi a
dirci in cosa è affidabile il
modello murino della progeria
e in cosa non lo è. Le premesse
però sono buone. Inoltre, se la
rapamicina
dovesse
rivelarsi
inefficace sull’uomo, chiarire cosa
distingue i malati di progeria dai
topi che portano la loro stessa
mutazione
genetica,
permetterebbe di individuare un
altro importante aspetto della
chimica di questa malattia. La
comprensione di questi ipotetici
nuovi dettagli permetterebbe di
scartare
fin
da
subito
altri
candidati farmaci e di individuarne
di migliori.
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Anche
nel
mondo
della svolge quando il farmaco è già per portare avanti ricerche
scienza
le
ciambelle
non in
commercio,
e
consiste in grado di salvare vite
riescono sempre col buco, anzi. proprio nella raccolta di tutte umane.
In più dovrebbe essere chiaro
che lamentarsi del fatto che la
SA
non
è
in
grado
di
individuare effetti collaterali
rari o particolari, è un’idiozia
La storia della progeria non è le segnalazioni di effetti colossale. Non è questo il
semplice e lineare come l’ho inattesi
che
potrebbero ruolo della SA. Sostenere che
raccontata qui, comodamente essere
imputabili
al essa non serve perché non è in
seduto in un presente in cui farmaco: gli effetti più rari grado di prevedere il delicato
sappiamo già come è andata a saltano
fuori
solo
con bilancio rischi/benefici di un
finire, almeno fino ad oggi. statistiche su grandi numeri.
farmaco è come sostenere che
Ovvero cosa ha funzionato e Spero che ora sia più chiaro il un’automobile è inutile perché
cosa no. La storia della ruolo svolto dalla SA nella non può volare. Così come una
progeria, come quella di ogni ricerca scientifica.
macchina è un mezzo di
altra
ricerca
scientifica, è
Anzitutto è importante notare trasporto anche se non può
costellata
di
passi
falsi,
che
gli
animali
non volare, anche la SA è uno
cantonate e vicoli ciechi.
rappresentano
un
“modello strumento irrinunciabile di
Come
già
ricordato,
la
dell’uomo” a 360º. Quando indagine scientifica, anche
rapamicina non ha ancora
vengono coinvolti in qualche se non può prevedere tutti
dimostrato la sua efficacia sui
sperimentazione,
è
per gli effetti collaterali di un
malati, solo la sperimentazione
trovare risposte a domande farmaco.
sull’uomo potrà confermare se
precise e circostanziate. Nel Purtroppo a volte non è
sono stati individuati tutti i
caso
della
tossicità
acuta possibile sapere in anticipo
meccanismi
biologici
della
l’attendibilità della reazione quanto
attendibile
sia
un
malattia o se qualcosa di
degli animali (almeno due esperimento
condotto
su
importante
è
sfuggito
ai
specie diverse!) ha, come già animali: d’altra parte se
ricercatori; ma questo non
ricordato,
un’attendibilità sapessimo già le risposte,
significa che la SA non sia
elevatissima14. In altri casi, non si chiamerebbe ricerca.
servita a niente. Inoltre, più
come la risposta immunitaria al Mano a mano che aumentano
in
generale,
solo
la
virus dell’AIDS, non siamo così le
nostre
conoscenze
su
sperimentazione sull’uomo
fortunati,
nemmeno
con somiglianze e differenze tra
è in grado di individuare
scimpanzé o altre scimmie, che l’uomo e le altre specie, però,
eventuali effetti collaterali
sono gli animali più simili a noi. la scelta dell’animale più adatto
rari o particolari. Per questo
è
importante diviene via via più affidabile.
esistono le altre tre fasi della Soprattutto
notare
come
a
volte
il ricorso Inoltre, con l’aumentare delle
sperimentazione di un farmaco.
a
esperimenti
su
animali
è conoscenze, diventa sempre
La fase IV, in particolare, si
l’unica strada percorribile meno necessario il ricorso
stesso agli animali.
Da ultimo, ma non per
importanza, bisogna tenere
conto del fatto che un
esperimento su animali –
anzi,
un
qualunque
esperimento – è utile
anche quando “fallisce”;
come diceva Heinlein: «i dati
negativi
non
vengono
premiati,
ma
sono
il
fondamento della scienza»16.
Qui però cominciano le
dolenti note.
UNA QUESTIONE DI CIAMBELLE
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Come ricordato prima, a
posteriori è facile dribblare
vicoli ciechi, cantonate e
false partenze. Tutte cose
che
hanno
un
ruolo
fondamentale nel progresso
della scienza, ma che per
ragioni
molto
spesso
sbagliate
vengono
“snobbate”
dalle
riviste
scientifiche,
che
preferiscono
pubblicare
una ricerca che scopre
qualcosa
di
nuovo,
anziché una che si limita
a segnalare come una
certa
ipotesi
si
sia
rivelata sbagliata.
esperimenti “negativi” non
vengono pubblicati o, anche
se lo sono, rischiano di
restare sepolti sotto una
montagna di riviste più o
meno
blasonate.
Salvo
essere poi riesumati, a
sproposito, da chi sostiene
che un esperimento “fallito”
dimostri che tutta la SA è da
buttare.
precedenza
noti.
ORO
sono
Non è tutto qui.
Gli alti costi dell’uso di
animali
a
scopo
sperimentale – costi che
spingono i ricercatori a
ridurre all’osso il numero
degli stessi – unito al già
citato publication bias, ha
anche un’altra conseguenza
importante.
Usare
pochi
animali
(o
persone:
il
discorso vale a 360 gradi)
significa
infatti
ottenere
statistiche
un
po’
stiracchiate; aggiungete che
sulle riviste arrivano di
preferenza quelle ricerche
che “trovano qualcosa” ed
ecco che accade il fattaccio:
l’efficacia dei farmaci, e
di ogni pratica medica,
tende
ad
essere
19,20
sovrastimata
.
Questo
sbilanciamento
nella
pubblicazione
delle
ricerche comporta, come
minimo, molte ripetizioni
inutili di esperimenti già
fatti e rifatti da altri.
Anche se la ripetizione di un
esperimento, genericamente
parlando, non è di per sé
inutile
(anzi,
è
quasi
paradigmatica della scienza
fatta come si deve), lo
diventa nel momento in
cui
non
è
possibile
È un problema di cui chi fa confrontare i risultati di
I problemi,
ricerca è ben consapevole esperimenti simili perché
finiscono qui.
(lo chiamano publication quelli
eseguiti
in
bias), e al quale si
cerca già da tempo di
porre
rimedio.
Ad
esempio, da qualche
anno esiste una rivista
dedicata ai risultati
“negativi”17. Inoltre è
in atto un’operazione
di vero e proprio
lobbying, per ottenere
la
pubblicazione
sistematica di tutti i
trial medici. Potete
firmare anche voi18.
NON È TUTTO
non
però,
non
In futuro le cose
dovrebbe
migliorare,
ma al momento la
situazione
non
è
soddisfacente.
Una
parte importante di
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Come visto più sopra, il modo
in cui funziona la rete di
scambio di informazioni tra
scienziati ha dei grossi limiti,
con conseguenze importanti
sull’efficienza
della
ricerca
scientifica. Indirettamente, a
fare
le
spese
di
questa
inefficienza vi sono anche gli
animali, coinvolti in esperimenti
duplicati in modo improduttivo.
In casi limite, anche alcune
persone potrebbero subire le
conseguenze
di
effetti
collaterali
molto
rari,
che
potrebbero essere individuati
prima se tutti i trial clinici
(sull’uomo!)
venissero
tempestivamente
pubblicati.
Per quanto si stia già lavorando
per migliorare le cose, quindi,
ad oggi non si può certo dire
che
la
situazione
sia
soddisfacente.
I
problemi
intrinseci al sistema, però, non
sono l’unica cosa che non va.
Nonostante la ricerca sia
perennemente sotto-finanziata
(finanziare
la
ricerca
non
produce voti a breve termine,
che è ciò a cui mirano i
politici), in termini assoluti
anche nazioni come l’Italia
investono ogni anno cifre a
sette zeri. Dove ci sono i
soldi,
arrivano
inesorabilmente
i
diversamente furbi, in cerca
di modi alternativi per sbarcare
il
lunario.
Inevitabilmente
alcuni di questi finiscono col
coinvolgere animali col loro
modo
alternativo
di
fare
“ricerca”.
Così abbiamo casi come
quello di Arpad Pusztai, che
negli anni novanta ha speso un
sacco
di
soldi
per
dimostrare che i topi che
mangiano solo patate non
se la passano troppo
bene, specialmente se le
patate sono crude21. Più di
recente, il francese Jean
Eric Seralini ha speso e
continua a spendere soldi
sia pubblici che privati22,23
per mostrarci che i ratti
geneticamente predisposti per
sviluppare
il
tumore,
sviluppano
il
tumore.
Specialmente se nella dieta si
aggiunge un po’ di diserbante24.
Purtroppo, non serve andare
all’estero per trovare esempi di
ricerche
“scientifiche”
su
commissione:
è
di
poche
settimane fa, infatti, l’esplicita
richiesta
di
una
ricerca
bibliografica (quella che viene
più correttamente definita, a
seconda di come è fatta, metaanalisi o sistematic review) in
grado di fornire un risultato
predeterminato in partenza.
Richiesta avanzata da una
Senatrice della Repubblica,
Elena Fattori (M5S), con un
trascorso da ricercatrice di
tutto rispetto25,26.
LA MADRE DEGLI
IMBECILLI
Come non ricordare le parole
di Feynman, quando già nel
1974 ammoniva che «È molto
pericoloso […] insegnare agli
studenti solo come ottenere
determinati risultati, anziché
condurre
esperimenti
con
onestà intellettuale»27. Sembra
che le sue parole siano cadute
nel vuoto.
I
diversamente
furbi,
però,
non
arrivano
necessariamente
sulle
pagine dei giornali. Molti di
loro
restano
nell’anonimato
dei
laboratori, ma non per
questo fanno meno danni, e
non
solo
agli
animali
coinvolti nella loro idiozia,
ma anche a studenti e
potenziali futuri ricercatori28.
Tutte
queste
persone
finiscono tutt’al più con
l’essere
semplicemente
ignorate dai colleghi, che
forse
dovrebbero
prendere posizioni più
esplicite,
almeno
nei
confronti
dei
comportamenti più gravi.
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Il
modo
in
cui
è notare
come
organizzata attualmente la associazioni,
ricerca
scientifica
è
le
piccole
tante
Nonostante la violenza di
e cui si sono dimostrate capaci
ben grandi, che sostengono di le frange più estremiste di
LA SPERIMENTAZIONE ANIMALE
E L’UMANA STUPIDITÀ
lontano dall’essere perfetto.
Inoltre,
ricerca,
il
difendere
il
benessere questi movimenti, non mi
non
sembrino risulta che, ad esempio,
della animale,
interessarsi
delle Seralini – che pure ha
tutte
le affatto
mondo
come
attività umane, non è certo inefficienze e delle storture coinvolto e continuerà a
impermeabile ai parassiti e del mondo della ricerca, se coinvolgere, centinaia di
furbi. non quando fa loro comodo, ratti in esperimenti mal
Tuttavia, queste cose non per citare strumentalmente, fatti e palesemente inutili
a
sproposito,
fatti –
abbia
mai
subìto
hanno nulla a che vedere e
ai
diversamente
e contestazioni da gruppi di
sperimentazione decontestualizzati
Esse attivisti. Lo stesso dicasi per
animale in quanto tale, se mistificati.
non nella misura in cui preferiscono cercare di i tanti inetti che popolano i
con
la
la laboratori di ricerca italiani,
anche gli animali finiscono bloccare
coinvolti nelle storture del sperimentazione animale e non solo.
in
sistema.
toto,
con
mediatiche
a
campagne
dir
poco
C’è da chiedersi, quindi,
,
che
non quali siano i veri obiettivi di
intellettualmente discutibili
campagne
disonesto attribuire alla risparmiano tentativi di colpi queste
29,30
È
Sperimentazione Animale di mano con la complicità di mediatiche. Non
31
32
ma
i guasti provocati dalla politici locali e nazionali , sapere,
stupidità di qualcuno.
È
anche
interessante
nonché veri e propri attacchi educated
personali33.
è
dato
qualche
guess
è
legittima34.
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NOTE
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Replacement, Refinement
m/news/2011/110928/
la metà delle persone che
and Reduction of Animals
full/477511a.html
dovessero assumerle o, se
in Research (NC3Rs)
preferite, è la dose che ha 20. Animal studies produce
http://www.nc3rs.org.u
il 50% di probabilità di
many false positives;
k/
uccidere. È un parametro
Nature News 16 luglio 2013
molto usato dai tossicologi,
(online) –
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che lo indicano con la sigla
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LD50
produce-many-falsehttp://caat.jhsph.edu/
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positives-1.13385
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27. «It is very dangerous to
have such a policy in
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students only how to get
certain results, rather than
29. «La campagna antivivisezione? È falsa
perfino nel nome» –
http://www.tempi.it/la
-campagna-antivivisezione-e-falsaperfino-nel-nomesilvio-garattiniintervista-definitiva-indifesa-dellasperimentazioneanimale#.UoyxiNIpOK
w
Almo Nature! –
http://semplicementes
cienza.wordpress.com/
2013/08/28/almonatur
e/
30. Tutte le balle sulla
vivisezione e le loro
(gravi) conseguenze
sulla ricerca in Italia –
http://www.chefuturo.i
t/2013/11/tutte-leballe-sulla-viviezionee-le-loro-conseguenzesulla-ricerca-in-italia/
31. Questo è uno dei post
che, a voler creare
consenso, non
bisognerebbe scrivere. –
http://www.ambrosolil
ombardia2013.it/quest
o-e-uno-dei-post-chea-voler-creareconsenso-nonbisognerebbe-scrivere/
32. L’animalismo blocca la
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