101 LO SCHEMA TERAPEUTICO Il medico oncologo, al momento

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C ap 13 - Lo schema terapeutico
LO SCHEMA TERAPEUTICO
Il medico oncologo, al momento della diagnosi di tipo e stadio tumorale oppure all’ eventuale ricaduta/progressione di
malattia già nota, prescrive una chemioterapia sotto forma
di uno schema terapeutico noto e di dimostrata efficacia,
come descritto dalla letteratura scientifica pertinente. Sono
molteplici i fattori che l’oncologo deve considerare nella scelta del regime terapeutico, come riassunto in tabella 1.
Le comorbidità e lo stato funzionale influenzano non solo la
scelta dei farmaci, ma anche i relativi dosaggi. Fattori psicosociali sono essenziali ad esempio per scegliere fra agenti
endovenosi da somministrare in bolo, in infusione continua
oppure per via orale in quanto queste ultime modalità, pur
limitando gli accessi all’ospedale, richiedono un’ottima compliance e affidabilità del paziente/familiari. La paura del paziente nei confronti di tossicità, come l’alopecia causata da
molti chemioterapici oppure l’impotenza nel caso della terapia con LH-RH analoghi nel tumore prostatico, può essere un
altro fattore rilevante.
Tabella 1
Anamnesi ed
esame obiettivo
Età/sesso
Stato funzionale
(performance status)
Presenza di comorbidità
Sintomi e segni causati dal
tumore
Terapie in corso/eseguite
Allergie
Stato nutrizionale
Valutazioni psicologiche
Valutazioni sociali
Informazione/consenso al
trattamento
Stato emozionale
Immagine del proprio corpo
Paura della tossicità
Richiesta di supporto
psicologico/spirituale
Occupazione
Grado culturale
Relazioni familiari
Assistenza in casa e nel
terrritorio
Condizione economica*
* la condizione economica non costituisce di norma un problema nei paesi con un SSN pubblico,
mentre può essere un elemento di discriminazione ove le terapie siano a pagamento e/o i
farmaci non siano facilmente reperibili
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Vademecum di terapia oncologica
Salvo rare eccezioni (esempio un solo ciclo di carboplatino
nel seminoma testicolare operato radicalmente), i trattamenti chemioterapici o endocrini sono ripetuti in più cicli
(una dose è somministrata periodicamente ad intervalli di
due o tre o quattro settimane) oppure in modo continuativo
(es.: tamoxifene nel carcinoma mammario, oncocarbide nella leucemia mieloide cronica).
Il numero di cicli può essere definito a priori (come avviene
in genere nei trattamenti post-operatori adiuvanti in assenza di malattia) oppure la durata è “aperta”, cioè viene decisa
nel corso del trattamento, in base ai livelli di tollerabilità del
singolo paziente e all’andamento del tumore: se il tumore
risponde si prosegue sino al massimo beneficio (o sino alla
massima dose cumulativa consentita per ciascun farmaco),
mentre se la malattia progredisce si cambia regime.
I trattamenti più complessi sono somministrati in ospedale,
mentre i trattamenti endocrini e la maggior parte dei chemioterapici orali sono assunti a domicilio.
La prescrizione del trattamento in ospedale: template
La prescrizione del trattamento chemioterapico in oncologia è complessa ed è suscettibile di errori a diversi livelli (es.:
compilazione non corretta del medico, difetti di trascrizione/
calcolo/interpretazione dei farmacisti e degli infermieri, errori di somministrazione).
Per ragioni di comodità i farmaci e gli schemi sono indicati
con acronimi, spesso non univoci e ambigui, perché i singoli principi attivi vengono identificati con iniziali diverse
(carboplatino indicato con C o P o Carbo), la stessa iniziale
corrisponde a diversi farmaci (V = vincristina o vinblastina
o vinorelbina) e , a volte, si utilizza impropriamente il nome
commerciale. Per tale ragione, sono state emesse numerose
raccomandazioni e linee guida di organismi scientifici e governativi a garanzia della sicurezza del paziente. Per applicare queste indicazioni, generalmente si utilizza una speciale
ricetta (template), nella quale risultano prestampate le infor102
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C ap 13 - Lo schema terapeutico
mazioni immodificabili (tipo di schema e modalità di infusione) e spazi vuoti per poter inserire le informazioni variabili
(dose teorica, variazioni di dose, giorno di infusione etc…).
Se si dispone di una cartella informatizzata, la maggior parte
delle informazioni è precostituita o richiamata da altri database e può essere scelta da elenchi chiusi (ovvero con scelte
obbligate).
Secondo le linee guida redatte nel 2009 dall’“American Society
of Clinical Oncology” (http://www.asco.org/ASCOv2/DepartmentContent/Cancer Policy and Clinical Affairs/Downloads/
JCO ASCO-ONS Safety Standards.pdf), uno schema prescrittivo dovrebbe comprendere:
Tabella 2 (modificata da ASCO/ONS Chemotherapy Safety Standards)
A.
Nome completo del paziente (data di nascita) e altro codice identificativo (in Italia: codice
fiscale)
B.
Data di prescrizione
C.
Diagnosi
D.
Nome dello schema e numero di cicli
E.
(Nome del protocollo sperimentale e numero, se applicabile)
F.
Criteri appropriati di trattamento (es.: riferiti a esami di laboratorio e tossicità; in Italia:
appartenenza/aderenza a registri sanitari)
G.
Eventuali allergie
H.
Riferimento alla metodologia del calcolo di dose o standard di riferimento (es.: calcolo
dalla clearance della creatinine, % di riduzioni di dose)
I.
Altezza, peso e ogni altra variabile impiegata nella dose (es.: superficie corporea o BSA,
area sotto la curva o AUC)
J.
Dose per ogni farmaco presente (riferirsi a valori in mg, ove possibile, ed evitare le virgole
e gli zeri non necessari); i farmaci vanno descritti per esteso (evitando acronimi)
K.
Via e velocità di somministrazione e solvente (ove applicabile)
L.
Intervalli di trattamento (Schedule)
M.
Durata del trattamento
N.
Dose cumulativa massima (se applicabile)
O.
Regime di supporto appropriato (premedicazioni, idratazioni, fattori di crescita,
antiallergici)
P.
Sequenza di somministrazione (se applicabile)
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Le ricette dovrebbero essere eseguite in tempi compatibili
con una completa valutazione farmaceutico/normativa
(vanno evitate le prescrizioni estemporanee, statim).
Esempi di schemi precostituiti per patologia e gestiti in
modo dinamico sono consultabili nel sito della British
Columbia Cancer Agency: http://www.bccancer.bc.ca/HPI/
ChemotherapyProtocols/default.htm
Cicli e sedute di trattamento
In genere, l’intervallo tra un ciclo e l’altro di chemioterapia è
stabilito in base al tempo di recupero dalla tossicità del tessuto o dell’organo normalmente più sensibili all’azione citotossica dei farmaci. Di norma, il bersaglio più importante per
la tossicità è il midollo osseo. Leucopenia e piastrinopenia
in genere si evidenziano poco più di una settimana dopo la
prima somministrazione (vedi sezione “tossicità”) e regrediscono nel giro di due o tre settimane. Se la riserva di cellule
staminali midollari è stata ridotta dalla precedente chemioterapia e/o radioterapia, si allungano i tempi del recupero: il
nadir (cioè il punto più basso dei valori nel tempo) compare
dopo circa due settimane e il recupero di neutrofili e piastrine avviene generalmente in circa quattro o cinque settimane, invece delle tre settimane richieste al paziente mai
esposto a chemioterapia (o chemo-naive).
Pur con le debite eccezioni (ad es.; tumori a rapida crescita,
leucemie, linfomi) e a seguito di osservazioni sperimentali e
di numerosi studi clinici eseguiti, si preferisce introdurre un
intervallo libero di almeno due settimane tra l’inizio di un
ciclo e il successivo in molte delle associazioni attualmente
in uso; ad es.: se il ciclo prevede la somministrazione dei farmaci nei giorni 1 e 8 (notazione = 1,8) oppure nei giorni da 1
a 14 (notazione 1-14), un nuovo ciclo s’inizia in 21a giornata;
se i farmaci sono previsti nei giorni 1, 8, 15 si riprende in 29a
giornata. Esistono però numerose varianti: ad esempio, le
nitrosouree sono somministrate a distanza di sei settimane,
perché hanno un nadir ematologico più tardivo.
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Per altri farmaci, altre tossicità possono essere più rilevanti
nel determinare il giorno di riciclo (diarrea e tossicità cutanea
per capecitabina, diarrea per irinotecan, tossicità cutanea
per doxorubicina liposomiale pegilata, etc).
Alterare uno schema standard in assenza di studi clinici pertinenti (modificando i componenti, anticipando o ritardando
il riciclo o frazionando le dosi in modo diverso) può causare
una maggiore tossicità o ridurre l’efficacia di terapia e, pertanto, è un pratica che dovrebbe essere scoraggiata.
Tuttavia, nella pratica clinica, c’è spesso la necessità di ridurre la dose o posticipare i cicli per adattare il trattamento alla
tollerabilità del singolo paziente. Non esistono a priori regole
definite su come effettuare queste riduzioni di dose, ma generalmente corrispondono al 25 o 50% della dose iniziale e
vengono stabilite in base all’esperienza del medico o a indicazioni presenti in scheda tecnica o derivati dagli studi clinici
registrativi. Allo stesso modo, la durata del rinvio è molto variabile, anche se generalmente si applicano sette giorni per
mantenere la cadenza sullo stesso giorno della settimana.
La British Columbia Cancer Agency propone uno schema
generale (vedi tabella 3) per la riduzione delle dosi in caso di
neutropenia e piastrinopenia.
Tabella 3
Conta
Piastrine
(x 109/L)
> 1.8
1.5-1.8
1.0-1.5
<1.0
> 100
70-100
50-70
<50
100%
75%
50%
0%
75%
75%
50%
0%
50%
50%
50%
0%
0%
0%
0%
0%
Valore assoluto dei neutrofili*
* Globuli bianchi x (% <neutrofili maturi> + % <neutrofili a bande>)
0% Indica che il trattamento va rinviato fino a una settimana dopo che la conta è tornata a
livelli pretrattamento.
Esempio: Conta dei neutrofili 1.3 x 109L e di piastrine di 135 x 109L, deve essere data il 50%
della dose totale di tutti i chemioterapici. Il 50% va calcolato sul 100% della dose standard e
non della dose precedente.
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Al fine di quantificare l’entità delle riduzioni di dose e dei rinvii di un trattamento chemioterapico, è stato introdotto l’importante concetto di Intensità di dose (dose-intensity, DI):
quantità di farmaco somministrata per unità di tempo (es.:
mg/mq/settimana).
Esistono svariati riscontri clinici di come il mantenimento
di un’ adeguata DI sia cruciale per l’efficacia del trattamento stesso, principalmente nel trattamento delle leucemie
acute e i linfomi ad alto grado, negli schemi adiuvanti del
carcinoma mammario e di quelli delle neoplasie testicolari.
In alcune situazioni sono impiegati con successo schemi cosiddetti Dose-Dense, cioè con intensità di dose superiore allo
standard (riciclo a 14 anziché a 21 giorni). Per contro, in molte
altre neoplasie il ruolo della DI è meno rilevante e potenzialmente associato a tossicità ingiustificate.
L’impegno a rispettare un’ adeguata DI deve essere modulato in base al tipo di patologia, agli obiettivi del trattamento e
al rischio di tossicità per il paziente.
Per mantenere un’ adeguata DI, possono essere utilizzati
fattori di crescita emopoietici (granulocitari o eritrocitari) e
i più recenti fattori di crescita per le piastrine e per gli epiteli
delle mucose.
Tutti questi agenti vanno impiegati secondo indicazioni
registrative e linee guida degli organismi scientifici
internazionali, sia per i costi elevati che per i potenziali rischi.
Tossicità fatali sono state osservate per ricicli eseguiti in
assenza di recupero adeguato o per eccesso di trattamento
(tromboembolie da eritropoietine, leucemie mieloidi indotte
da fattori granulocitari, “esaurimento” delle riserve midollari,
etc).L’utilizzo di qualsiasi medicamento allo scopo di limitare
le tossicità dei chemioterapici dovrebbe essere sempre
validato in studi clinici, per verificarne non solo l’efficacia
protettiva, ma anche la possibile interferenza sull’attività dei
chemioterapici stessi (es: il solfato di magnesio, usato come
neuroprotettore durante le infusioni di oxaliplatino, ha dato
luogo a minore efficacia terapeutica).
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C ap 13 - Lo schema terapeutico
Calcolo del dosaggio
Lo stretto range terapeutico dei farmaci antitumorali richiede la personalizzazione della dose nella maggior parte dei
casi. In alcuni casi è possibile utilizzare il peso corporeo (es.:
anticorpi monoclonali), ma per la maggior parte dei farmaci ci si riferisce alla superficie corporea (BSA o Body Surface
Area, in metri quadri), perchè è meno influenzata dalla composizione corporea (es.: obesità). Per il calcolo si usano nomogrammi o, attraverso l’uso di calcolatori, la formula più
comunemente usata è quella di Dubois & Dubois:
Anche se il calcolo in base alla BSA può dar luogo ad un errore relativo stimato di ± 15-17%, rimane il metodo più comunemente impiegato.
BSA (m2) = 0,007184 x peso (kg)0,425 x altezza (cm)0,725
Il calcolo della BSA nei pazienti obesi genera controversie ancora non risolte. Alcuni Autori raccomandano di considerare
il peso teorico (basato su età, sesso e altezza), mentre nella
pratica clinica si stabilisce spesso un valore massimo di BSA
(generalmente 2 o 2,2 mq) nel timore di somministrare singole dosi elevate di farmaci.
Studi retrospettivi dimostrano tuttavia che le persone in sovrappeso, trattate con dosi calcolate sul peso reale, non sono
a maggior rischio di tossicità e che è l’arbitraria riduzione di
dose che a volte si associa ad un minore outcome terapeutico (es.: carcinoma mammario).
Fra le eccezioni all’uso del BSA c’è il calcolo del dosaggio
del carboplatino, basato sulla stima dell’esposizione globale
che si vuole ottenere per il farmaco. Il valore si esprime
come AUC ad un range fra i 4 e i 7 mg/ml min. Il dosaggio di
carboplatino necessario per avere una determinata AUC nel
paziente viene di solito stimato sulla base della GFR tramite
la formula di Calvert:
Dosaggio Carboplatino (mg) = AUC (mg/ml x min) x { GFR (ml/min) + 25 }
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Dove
• AUC (Area Under the Curve) rappresenta la velocità di
estrazione prevista per il farmaco; i valori più comunemente
utilizzati variano da 4 a 7:
• GFR (Glomerular Filtration Rate) è la velocità di filtrazione
glomerulare.
A sua volta, il valore di GFR misurato viene spesso sostituito
dalla clearance della creatinina stimata (sClCr) che si ottiene
dalla formula di Cockcroft-Gault:
s ClCr =
(140 - età in anni) x Peso (in kg) x (0,85 se femmina)
72 x creatininemia (mg/dL)
In rete sono disponibili diversi siti online nei quali si inseriscono i dati del paziente e si ottengono sia la BSA che il dosaggio di carboplatino tramite AUC.
http://www.martindalecenter.com/Calculators1B_3_MedDO.
html#MED-DR
http://www.halls.md/body-surface-area/bsa.htm
http://hccapps.musc.edu/hemonc/carboplatin_dose_calculator.htm
Altri farmaci endovenosi (ad esempio temsirolimus) e
molti farmaci orali (sunitinib, sorafenib, terapie endocrine)
vengono somministrati con dosaggio standard.
Medico, farmacista ed infermiere dovrebbero avere tutti gli
elementi per calcolare in modo indipendente il dosaggio del
farmaco e, per la sicurezza del paziente, il calcolo dovrebbe
essere automatizzato con un software.
Gestione del dosaggio
I limiti massimi nei dosaggi dei farmaci antitumorali devono
essere stabiliti a priori, ad esempio stabilendo un valore
massimo di BSA (es: 2,5 m2) o peso corporeo di (es 120 kg)
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su cui calcolare il dosaggio del farmaco da somministrare,
oppure stabilendo direttamente un valore massimo
convenzionale di dosaggio per ogni singolo farmaco (es 30
mg per bleomicina, 2 mg per la vincristina) per controllare
(check) che i valori ottenuti dal calcolo automatico del
dosaggio da somministrare non eccedano, per errore,
tali limiti. In casi selezionati (es. schemi di alte dosi per
trapianto autologo di midollo) il dosaggio anomalo dei
farmaci genererà un segnale di errore, che deve essere
espressamente confermato dal medico e dal farmacista
prima della somministrazione.
Previo accordo con i clinici e per evitare costosi scarti
(soprattutto per i nuovi farmaci target) o i limiti di accuratezza
di dose (es.: precisione nel volume delle siringhe), i farmacisti
possono eseguire arrotondamenti di dosaggio fino al ±
5%. Per ragioni organizzative e tenuto conto che la stessa
BSA non è un sistema preciso, in alcuni ospedali si stanno
sperimentando metodi di dose-banding, ovvero vengono
approntate soluzioni pronte a intervallo di dosaggio
stabilito, fra le quali si sceglie quella più vicina all’esigenza del
paziente. Questo sistema permette di preparare in anticipo
soluzioni di medicinali stabili (entro certi limiti), evitando i
tempi di attesa dei pazienti per la preparazione e il trasporto.
Dosaggio dei citostatici in caso di ridotta funzionalità
renale
Molti chemioterapici e i relativi metaboliti attivi hanno
un’ eliminazione prevalentemente renale. Basandosi sui
principi farmacocinetici e farmacologici generali, in caso di
una riduzione moderata o grave della funzionalità renale
(clearance di creatina 30 - 60 ml/min), si stima che questo
comporterà un aumento significativo dell’AUC di questi
farmaci, con ovvio incremento di gravità e durata delle
tossicità.
Nella tabella 4 si riportano alcuni suggerimenti per modifica
di dose sulla base della ClCr.
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Vademecum di terapia oncologica
Tabella 4
Farmaco
antitumorale
% dose
escreta come
metabolita
attivo o tossico
Cr Cl (mL/min)
≤ 60
Bleomicina
62
Carboplatino
66
0.7
≤ 45
≤ 30
0.6
sconsigliata
Formula di Calvert*
Carmustina
43
0.80
0.75
- sconsigliata
Lomustina
50
0.75
0.70
- sconsigliata
Semustina
47
0.75
0.70
- sconsigliata
Cisplatino
30
0.75
0.50
- sconsigliata
Citarabina o
Ara-C
76
0.60
0.50
- sconsigliata
Dacarbazina
41
0.80
0.75
0.70
Fludarabina
44
0.80
0.75
0.65
Idrossiurea
36
0.85
0.80
0.75
Ifosfamide
40
0.80
0.75
0.70
Melfalan
34
0.85
0.75
0.70
Methotrexate
77
Etoposide
32
Formula di Gelman e Taylor**
0.85
0.80
0.75
(*) Formula di Calvert: Dosaggio Carboplatino (mg): AUC (mg/ml x min) x {GFR (ml/min) + 25}
(**) Formula di Gelman e Taylor: Dosaggio Metotrexato: Dose x Cl Cr/70)
Dosaggio dei citostatici in caso di ridotta funzionalità
epatica
Molti citotossici sono metabolizzati attraverso il citocromo
P450 oppure sono eliminati per via biliare, pertanto una
diminuzione della clearance epatica comporta necessariamente un accumulo di questi farmaci (vedi tabella 5). Per i
pazienti con ridotta funzione epatica non esiste un parametro univoco per guidare la modifica di dosaggio come la
creatinina per il rene, in quanto si deve tener conto sia dei
parametri di danno epatocellulare (livelli di AST e ALT), sia
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C ap 13 - Lo schema terapeutico
Tabella 5
Antiblastici escreti prevalentemente per
via biliare (< 20% escrezione renale)
Antiblastici attivati per via epatica
(< 20% escrezione renale
del metabolita attivo)
Antracicline (doxorubicina, epirubicina,
idarubicina, mitoxantrone, daunorubicina)
Alchilanti (clorambucile, ciclofosfamide)
Taxani (paclitaxel, docetaxel)
Antimetaboliti (5-fluorouracile, citarabina a
basse dosi, gemcitabina, 6-mercaptopurina,
6-tioguanina)
Alcaloidi vinca (vincristina, vinblastina,
vindesina, vinorelbina)
Inibitori topoisomerasi (teniposide)
Non classici (amsacrina)
Non classici (procarbazide)
di un’ eventuale ostruzione biliare (aumento di bilirubina diretta) che della funzionalità in termini di sintesi proteica (albumina e parametri di coagulazione). Anche la riduzione dei
livelli circolanti di albumina incrementa il rischio di tossicità
di farmaci che si legano ad essa in quota elevata, come la doxorubicina ed i taxani.
Per tutti i farmaci attivati o metabolizzati dai citocromi P450
(vedi tabella 6) è noto che sono possibili rilevanti interferenze
con l’uso concomitante di altri farmaci (macrolidi, antifungini,
rifampicina, etc.) o sostanze naturali (succo di pompelmo,
olio di iperico), che inibiscono o inducono i citocromi epatici.
Il numero di interazioni possibili aumenta continuamente e
si rimanda a siti specialistici per la verifica di possibili interazioni farmacologiche (sito internet http://www.medicine.
iupui.edu/clinpharm/DDIs/table.asp).
Si è scoperto inoltre che alcuni citocromi P450 sono presenti
anche a livello della mucosa intestinale, dove possono ridurre la biodisponibilità dei farmaci somministrati per via orale
(perché vengono metabolizzati ancora prima di entrare in
circolo); un’ inibizione di tali citocromi potrebbe pertanto paradossalmente incrementare la quota circolante di farmaco.
Non essendo disponibili indicazioni precise sull’ entità della
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Vademecum di terapia oncologica
Tabella 6
Farmaco
Anastrazolo*
Isoforma inibita del
Cytocromo P450
Isoforma primaria che media
il metabolismo
1A2, 2C8, 2C9, 3A4
3A4
Busulfano
Corticosteroidi
3A4
3A4 (induttori)
Ciclofosfamide
Citarabina
3A4
2B6, 2D6, 3A4
3A4
3A4
Docetaxel
3A4
Doxorubicina
3A4
Erlotinib
1A2, 3A4
Etoposide
3A4
Exemestane*
Gefitinib
Idarubicina
3A4
2C19, 2D6
3A4
2D6
2C9, 2D6
Ifosfamide
Imatinib mesilato*
3A4
2C9, 2D6, 3A4
Irinotecan
3A4
3A4
Ketoconazolo*
3A4, 2C9
Letrozolo*
2A6, 2C19
2A6, 3A4
Paclitaxel
2C8, 3A4
Sunitinib
3A4, 3A5
Sorafenib
Tamoxifene*
3A4, 3A5
3A4
1A2, 2A6, 2B6, 2D6, 2E1, 3A4
Teniposide
3A4
Trabectedina
3A4
Tretinoina*
2C8, 3A4
Vinblastina
2D6
3A4
Vincristina
2D6
3A4
Vinorelbina
2D6
3A4
* disponibile solo come formulazione orale
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C ap 13 - Lo schema terapeutico
riduzione o aumento di dose dei chemioterapici in relazione
a tutte le possibili interazioni, le uniche raccomandazioni
possibili sono
• ridurre al minimo i farmaci concomitanti
• preferire farmaci concomitanti senza metabolismo epatico
oppure metabolizzati da citocromi alternativi
• sorvegliare attentamente il paziente che assume due o più
farmaci che interagiscono con gli stessi citocromi per la
comparsa di effetti tossici. Considerare incrementi di dose
in caso di mancata efficacia attribuibile a incremento della
clearance epatica.
Per prevenire l’epatotossicità è necessario correggere la dose
in relazione alla funzione epatica. (Tabella 7).
Tabella 7 - Aggiustamento delle dosi in percentuale di alcuni citostatici abitualmente
impiegati in Oncologia in base alla funzione epatica (BT = bilirubina totale,
AST = aspartatoaminotransferasi) (adattato da Perry MC).
Citostatico
BT<1,5 mg/dl
o AST <60U/l
BT 1,5-3,0
o AST 60-180
BT 3,1-5,0
o AST>180
BT>5,0
Ciclofosfamide
100%
100%
75%
omettere
Docetaxel
100%
omettere
omettere
omettere
Daunorubicina
100%
75%
50%
omettere
Doxorubicina
100%
50%
25%
omettere
Etoposide
100%
50%
Omettere
omettere
Fluorouracile
100%
100%
100%
omettere
Metotrexato
100%
100%
75%
omettere
Vinblastina
100%
50%
Omettere
omettere
Vincristina
100%
50%
Omettere
omettere
Vinorelbina
100%
50%
25%
omettere
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Vademecum di terapia oncologica
Modifica del dosaggio in caso di alterazioni emopoietiche
Pazienti che all’inizio del trattamento chemioterapico presentano anemia e/o leuco-piastrinopenia sono sempre casi
di difficile gestione.
Quando la mielosoppressione:
• è dovuta al tumore (per invasione midollare) generalmente si inizia la chemioterapia a dosaggi inferiori, allo
scopo di ottenere un’ iniziale risposta e ridurre il rischio di
pancitopenia periferica; non appena i parametri ematologici migliorano si passa alla dose piena.
• è persistente a causa di altre patologie (esempio mielodisplasia) o a pregressi trattamenti chemio o radioterapici, il trattamento richiede la scelta di schemi/farmaci
con minore tossicità midollare (es bleomicina, vincristina,
capecitabina, cisplatino, doxorubicina liposomiale, etc)
oppure l’utilizzo di schedule settimanali a dosi inferiori o,
ancora, l’uso anche profilattico di fattori di crescita e di
supporti trasfusionali.
Modifiche del dosaggio legate ad altre comorbidità
In considerazione delle svariate tossicità dei chemioterapici, è sempre necessario valutare l’eventuale presenza di comorbidità nel paziente che possa peggiorare la tolleranza
del trattamento e imporre modifiche del dosaggio/schema
terapeutico.
Di seguito sono richiamati alcuni esempi:
• la contemporanea assunzione di capecitabina e warfarina aumenta il rischio di sanguinamento per ridotto metabolismo dell’anticoagulante
• la somministrazione di irinotecan può esacerbare diarrea
e crampi addominali nei in pazienti affetti da malattie
croniche infiammatorie intestinali
• cisplatino e oxaliplatino causano più frequentemente
neurotossicità (es.: parestesie) quando sia preesistente, ad
esempio per diabete, una neuropatia periferica.
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C ap 13 - Lo schema terapeutico
Allestimento delle preparazioni medicinali
Ai fini dell’allestimento dei medicinali all’interno di una
farmacia, si fa riferimento alle Norme di Buona Preparazione
(NBP) contenute nella Farmacopea Ufficiale (attualmente la
Farmacopea in vigore è la FU XII ed.).
Le NBP si applicano alle preparazioni, magistrali o officinali, eseguite in farmacia, sia essa aperta al pubblico che
ospedaliera. Tuttavia, la farmacia che esegue preparati officinali non sterili su scala ridotta e preparati magistrali non
sterili può discostarsi in parte da queste norme, purchè sia
in grado di mantenere sotto controllo, dimostrandolo, l’intero processo.
Nell’ambito più particolare dell’allestimento dei farmaci
antiblastici, ricordiamo anche il provvedimento 736 del
5 agosto 1999 (Gazzetta Ufficiale n. 236 del 07-10-1999)
“Documento di linee guida per la sicurezza e la salute dei
lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente
sanitario”. Il documento dà indicazioni di quelle che sono
le norme da espletare per garantire la sicurezza di soggetti
esposti, per motivi lavorativi, a antitumorali (ambienti, locali,
attrezzature..). Per lo smaltimento di rifiuti contaminati
da citotossici si fa riferimento alla gestione dei rifiuti
sanitari, la cui classificazione al fine della diversa modalità
di smaltimento è contenuto nel DPR 15 luglio 2003 n. 254,
pubblicato in G.U. n. 211 del 11 settembre 2003.
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