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dall’estero
ANNO XIV  MARTEDÌ 29 NOVEMBRE 2016
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Analisi Ad Blocking,
un fenomeno in
evoluzione. Ma in
Germania calano
i tassi di adozione
Secondo Bundesverband Digitale
Wirtschaft, nel Paese la percentuale
degli annunci bloccati è in discesa
per il quarto trimestre consecutivo.
Il merito è da ascrivere anche alle
iniziative intraprese dagli editori
< di GIACOMO BROGGI
Tra pochi giorni dovrebbe
partire la Beta dell’Acceptable Ads Platform targata AdBlockPlus. Una
piattaforma che ha generato diverse discussioni intorno al tema. Ma
a che punto è l’ad blocking? In Italia, secondo
i dati di settembre della
ricerca “Lo stato dell’arte
dell’Ad blocking in Italia”,
promossa da AssoCom,
FCP-Assointernet, Fedoweb, GroupM, Iab
Italia, Upa e commissionata a comScore e Human Highway, l’incidenza su pc è pari al 13%,
mentre su smartphone il
valore si abbassa fino al
7,6%. Il profilo degli utenti di ad blocker è prevalentemente composto da
uomini, giovani, studenti, persone con titolo di
studio elevato e abitanti nei grandi centri. Oltre
agli utilizzatori attuali, il
12% degli intervistati ha
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pagina
dichiarato che potrebbe
installare un ad blocker
in futuro. Il profilo degli utenti di ad blocker è
prevalentemente composto da uomini, giovani, studenti, persone con
titolo di studio elevato e
abitanti nei grandi centri. Oltre agli utilizzatori
attuali, il 12% degli intervistati ha dichiarato che
potrebbe installare un ad
blocker in futuro. Ma quali sono le ultime evoluzioni in ambito internazionale? Un caso molto
interessante è costituito
dalla Germania.
La Germania
Perché la Germania?
Perché il Paese è uno di
quelli con il maggior tasso di adozione di filtri per
bloccare gli annunci, sopra al 20%, e soprattutto perché questo valore
sta leggermente calando nel corso degli ultimi trimestri. Come sottolineato da una ricerca di
Bundesverband Digitale Wirtschaft, infatti,
gli annunci bloccati sulle pagine desktop sono
stati pari al 19,1% del totale nel terzo trimestre,
un dato al ribasso rispetto al 21,2% di un anno
prima nonché il quarto
trimestre consecutivo.
Una evidenza importante che per la prima volta restituisce un valore in
controsenso dopo curve
positive di crescita del fenomeno. Per eMarketer,
che ha ripreso lo studio
in un blogpost, questo è
un segnale di come l’ad
blocking potrebbe essere ormai arrivato a un livello di normalità.
damento per chi produce
contenuti. Molti publisher tedeschi, per esempio, hanno cominciato a
chiedere alle persone di
disabilitare gli ad blocker
quando visitano il loro
sito, arrivando addirittura
a rifiutare l’accesso di chi
non lo ha voluto disinstallare. Ci sono stati diversi approcci: per esempio Bild ha spento il sito a
chi usa filtri per bloccare
la pubblicità mentre Gruner + Jahr ha optato per
una relazione più morbida, limitandosi a chiedere
agli utenti di disattivare lo
strumento garntendo comunque la possibilità di
collegarsi ai propri siti.
Le iniziative
degli editori
I dati di Bundesverband
Digitale Wirtschaft fanno pensare che le iniziative intraprese dagli editori
per combattere il fenomeno potrebbero aver dato i
primi frutti e che gli utenti possano aver cominciato a comprendere come
la pubblicità sia una fonte di sostentamento fon-
Azioni legali
Axel Spinger, il gruppo editoriale che pubblica la Bild, ha anche avviato un’azione legale
contro Eyeo, la società tedesca che commercializza AdBlockPlus. E la Corte d’appello di Colonia ha
dato ragione al colosso
media. Infatti, ha vietato
all’azienda di ad blocking
di far pagare un fee ad Axel
Springer per entrare nella whitelist di “Acceptable
Ads” del sistema. La whitelist consente alle società che distribuiscono pubblicità “bloccate”, quando
non ritenute intrusive da
Eyeo, di veder erogati i propri annunci agli utenti del
servizio che filtra l’adv. La
sentenza, va precisato, non
riguarda l’uso di ad blocking ma solo la creazione di whitelist, che interferisce con il diritto tedesco
di concorrenza sleale.
pubblicità
migliore
Il sentimento generale nella industry è quello di cercare di migliorare la qualità pubblicitaria,
combattendo gli annunci intrusivi e cercando di
rispettare l’utente. Se, infatti, siamo tutti generalmente d’accordo sul
fatto che il giornalismo
deve poter autofinanziarsi attraverso la pubblicità
sia su digital sia su stampa, è anche vero che negli ultimi anni si è assistito al proliferare di formati
parecchio fastidiosi.
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