Adverticalising 1 - Diritto di critica

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- ottobre 2009 primo aggiornamento: dicembre 2009
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INDICE
• INTRODUZIONE - Perché questo e-book
7
• PARTE PRIMA – EDITORIA E MERCATO DELL’ADV ONLINE
PME – Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
11
PME – Questo illustre sconosciuto
12
PME – Il vero valore di Internet
12
PME – Il vero valore delle pianificazioni pubblicitarie
14
Ho un messaggio per te
16
Avere un bel sito non basta: è necessario presentarlo alle persone giuste
17
Cambia la vita dell’utente, cambia la vita dell’azienda
18
Come lavora un Centro Media
19
La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
21
Il sistema
22
Primo ostacolo – la dimensione
23
Secondo ostacolo – la mancata standardizzazione
24
Terzo ostacolo – la fiducia
25
Quarto ostacolo – la frammentazione
26
Quinto ostacolo – il disincentivo economico
27
Editori verticali e centri media: un rapporto basato sulla collaborazione
28
La concessionaria di pubblicità
32
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• PARTE SECONDA – STRATEGIE E CONSIGLI PRATICI
Scrivere e pubblicare in rete
38
Io, autore
39
Io, editore
40
Per tutti voi
41
Quando io diventa noi
41
Hobby o mestiere
42
La rete di carta
43
Il tuo sito: come funziona e come si presenta
44
Il tuo sito
45
Come funziona
45
Il cms – content management system
45
Ne uso uno già fatto o faccio il mio?
45
Come si presenta
53
Il colpo d’occhio: la forma suggerisce la funzione
53
Il Banner bistrattato
54
Maggiori page view = più impression = più soldi?
54
Albero, wireframe, layout, implementazione
55
Indicizzazione e promozione: importanza e problemi di ingresso
58
Google News: importanza strategica
59
Come funziona Google News
59
Requisiti di Google News: importanza e problemi di ingresso
61
Google News aiuta l’indicizzazione in Google?
62
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4
Case history – Asca
64
Importanza strategica
65
Dettaglio tecnologico
67
Ma l’e-mail marketing funziona?
70
Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
73
I miei messaggi finiscono nello spam?
74
E-mail e antispam: la mappa
75
La cassetta dei 10 strumenti
77
Perché finisco nello spam?
78
Errori da non commettere nel messaggio
79
L’importanza della piattaforma
83
E’ tempo di mobile advertising
87
Cos’è il mobile advertising
88
L’innovazione rispetto all’sms e mms advertising
88
La storia più recente
88
I vantaggi del canale
89
Dati di mercato
90
La penetrazione della telefonia cellulare
90
L’uso del mobile internet nel mondo
90
L’uso del mobile internet in Italia
90
Chi sono gli utenti del mobile internet in Italia
91
I luoghi del mobile advertising
92
I portali degli operatori
92
L’off portal
92
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5
Tipi di advertising su mobile
93
Il search advertising
93
Il display advertising
93
Le logiche di acquisto
94
CPM
94
CPC
94
CPA
95
Il mobile performance advertising: la landing page
Il SEO per i giornali e per i giornalisti
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97
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Introduzione - Perché questo e-book
INTRODUZIONE
PERCHE’ QUESTO E-BOOK
di Silvana Macrì
L’autore
Silvana Macrì, 35 anni, laureata in Linguistica Computazionale, si occupa di Marketing, di Eventi e di
produzioni Video, soprattutto aziendali (pur essendosi occupata anche di cinema giovane e
sperimentale, invitata per questo alla 60° Mostra del Cinema di Venezia, al Festival del Cinema
Indipendente di Bellaria e a Visionaria, quale produttrice di Film selezionato).
Ancora agli albori del web, ha collaborato con il Gruppo Editoriale Media Key alla realizzazione della
prima edizione dell’Internet Key Award. E’ giornalista pubblicista e ha coordinato vari progetti
editoriali online e offline, sia per piccole realtà e associazioni culturali, sia per grandi aziende (Pirelli,
BTicino). Attualmente è Marketing Manager di ADVIT.
www.advit.it
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Introduzione - Perché questo e-book
Questo e-book è una guida pratica pensata per valorizzare la tua attività di editore
online e per supportare la crescita del tuo progetto.
Oggi scrivere sul web è sempre più facile. Così, se sei appassionato di uno specifico
argomento e se conosci approfonditamente un particolare settore, non ti sarà stato
difficile aprire un blog o un sito internet, e magari - in più o meno tempo coinvolgere attivamente altri appassionati come te, dando vita a una vera e propria
redazione, o se preferisci community di editori.
A questo punto il tuo hobby inizia a diventare qualcosa di un po’ più impegnativo.
Le soddisfazioni sono tante e i lettori in costante aumento. E le risorse economiche
necessarie per continuare a far crescere la tua attività?
Il passaggio dell’amatoriale al professionale, lo sai bene, richiede una conoscenza il
più possibile approfondita del mercato che stai per andare ad affrontare. Dello
specifico, tuo, mercato.
I siti “verticali” sono un valore ormai ben compreso anche dalle aziende, che
sempre più hanno bisogno di comunicare con un’audience di qualità, attenta e
attiva, e omogenea per interessi.
Le pianificazioni verticali consentono agli advertiser di raggiungere il proprio target
con grande precisione, senza dispersione di investimento.
Inoltre, per gli utenti, i tuoi lettori, l’esposizione a una pubblicità estremamente
mirata viene percepita non già in modo invasivo, ma come vera e propria
informazione, e talvolta dà origine a positivi effetti virali.
Ecco perché l’advertising verticale funziona e porta risultati a tutte le figure
coinvolte nel processo. Con un neologismo, abbiamo chiamato “Adverticalising”
questa capacità di andare in profondità con precisione e di creare valore all’interno
dell’intero sistema.
Monetizzare il traffico e i contenuti di siti di qualità è quindi un’opportunità
concreta anche per i siti che sviluppano un numero di pagine viste non
particolarmente significativo.
Ma la passione da sola non basta e affinché il tuo lavoro possa essere davvero
valorizzato - e il tuo hobby possa trasformarsi in mestiere - occorrono competenze
specifiche.
Ogni casa necessita di buone fondamenta per poter essere agibile. Il tuo progetto
web necessita di rispettare degli standard e di essere presentato nel giusto modo per
poter essere percepito dagli inserzionisti come un valore.
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Introduzione - Perché questo e-book
In tema di pubblicità online esistono ormai fiumi di letteratura. Sono stati indagati
gli aspetti creativi e linguistici, i comportamenti degli utenti, i modelli di business e
le prospettive di sviluppo.
Numerosi aspetti, insomma, a supporto degli advertiser, per delineare o confrontare
differenti strategie di investimento.
E per l’editore?
Abbiamo raccolto l’esigenza di editori specializzati come te di avere una guida
pratica sul mondo dell’advertising online pensata specificamente per i produttori di
contenuti.
In questo senso, questo e-book è un lavoro pionieristico, che contiene numerosi
suggerimenti di esperti che da tempo lavorano per rendere proficuo il lavoro sul
web.
Le prossime pagine contengono indicazioni sul mercato, sui centri media e sul
rapporto con le concessionarie di pubblicità.
La parte successiva è un percorso che va dalle motivazioni che portano a pubblicare
in rete, alla responsabilità che ne deriva, fino alla modalità con cui organizzare i
contenuti, sia dal punto di vista grafico, sia dal punto di vista dell’aggiornamento dei
contenuti stessi.
Si prosegue con indicazioni relative all’indicizzazione e alla promozione del sito e
alla strutturazione di un buon database di contatti, fino alla scelta della migliore
piattaforma per l’invio delle tue comunicazioni, commerciali e non. Un capitolo di
questo e-book è dedicato al settore più innovativo, il “mobile”, anch’esso ormai
guardato con interesse dal mondo dell’advertising online.
Questa seconda versione si chiude con un aggiornamento sul mondo SEO e con
riflessioni dedicate specificamente ai produttore di news.
Buona lettura!
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Introduzione - Perché questo e-book
PARTE PRIMA
EDITORIA E
MERCATO DELL’ADV
ONLINE
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PME - Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
PME
PICCOLI E MEDI EDITORI DI QUALITA’:
IL VERO VALORE DI INTERNET
di Paolo Pettinato
L’autore
Paolo Pettinato, laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università Cattolica, è socio
fondatore di ADVIT Srl.
Convinto assertore della centralità dell’editoria verticale nella produzione di valore su Internet,
dapprima ha sperimentato per quattro anni il ruolo di PME come direttore del vortal tecnico
programmazione.it, successivamente ha operato come agente di numerosi portali verticali e infine
ha fondato ADVIT con lo scopo di fornire risorse economiche all’editoria di qualità.
Dopo dieci anni di internet advertising può finalmente dedicarsi alla sua passione: scovare e
coinvolgere talenti.
www.advit.it
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PME - Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
PME – QUESTO ILLUSTRE SCONOSCIUTO
E’ nella natura umana dare per scontato ciò a cui si è abituati. E – diciamolo – a
Internet siamo ormai abituati: è una tecnologia così pervasiva della nostra
quotidianità da essere parte del nostro paesaggio interiore. Per la generazione dei
giovanissimi, poi, è persino un oggetto naturale, preesistente alla loro nascita, al pari
del Sole o degli alberi.
Eppure cosa sarebbe Internet se all’improvviso sparissero i tanti Piccoli e Medi
Editori di qualità (PME) che la compongono, con i loro contenuti, i loro servizi,
le loro/nostre community? A cosa servirebbero i motori di ricerca se gli unici
contenuti fossero quelli dei grandi portali?
Il ragionamento è volutamente provocatorio e finalizzato ad accendere un faro su
una realtà spesso ignorata, ma che costruisce il vero valore aggiunto di Internet: il
PME.
PME – IL VERO VALORE DI INTERNET
Ma cosa si intende esattamente con l’espressione Piccolo Medio Editore di qualità?
Poiché non esiste una definizione “scientifica” che consenta con certezza apodittica
di iscrivere a tale categoria un qualsivoglia editore, vorrei condividere con te una
tipizzazione empirica nata dal gran numero di editori con cui sono venuto a
contatto nel tempo.
Mi riferisco a realtà verticali, strutturate intorno a un progetto editoriale, nate
intorno alla passione del loro creatore verso un argomento specifico (in milanese
pubblicitario: “topic”) di cui è normalmente esperto, rivolte a un universo chiaro
e delimitato di soggetti che condividono tale interesse con medesima passione e
coinvolgimento.
Approfondiamone le caratteristiche.
Realtà verticali
Mi riferisco a siti rivolti a un argomento specifico (es. “programmazione”) e a un
target ben identificato (es. “sviluppatori”, “IT Manager”). I siti verticali sono
l’equivalente delle riviste cartacee di settore, con la differenza che spesso si dedicano
integralmente a sotto temi specifici (es. “programmazione ASP”) incompatibili con
la distribuzione in edicola. Ciò semplifica notevolmente la diffusione di conoscenza
specialistica, permettendo a molti “amatori” di diventare professionisti. Inoltre, la
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PME - Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
capacità di questi progetti editoriali di attrarre una community di esperti ha effetti
moltiplicativi sulla produzione di conoscenza e sulla sperimentazione di nuovi
paradigmi.
Strutturate intorno a un progetto editoriale
A differenziare queste realtà dalla molteplicità di siti amatoriali è la presenza di uno
staff regolare, che assicura continuità alla produzione editoriale e aggiornamento al
sito.
A volte – per mancanze di risorse - parte dello staff non percepisce retribuzione. E
qui sta la grandezza del PME nella capacità di supplire con la serietà del progetto
editoriale e la sua capacità di allineare le persone intorno a un progetto d’eccellenza.
Ne consegue una forma organizzativa generalmente “democratica” e partecipativa,
dove chi collabora – tanto più se lo fa gratuitamente – ha voce in capitolo riguardo
la gestione della casa comune e l’editore è spesso un primus inter pares. Si replica un
modello tipico delle pubblicazioni sulle riviste scientifiche, dove si scrive per
reputazione: scrive non il ragazzetto che vuole sbarcare il lunario quanto l’esperto
che desidera essere accreditato come tale in una comunità di pari.
Altre volte, la struttura è pienamente retribuita e somiglia più a una piccola
impresa, sorta intorno alla capacità imprenditoriale dell’editore.
In entrambi i casi, il senso dell’attività non si riduce al mero dato economico (che,
sebbene imprescindibile – è più misura del successo che bene in sé), ma contempla
una chiara dimensione di passione.
Passione
E’ proprio questa dimensione ulteriore che traspare in filigrana nei contenuti e nella
linea editoriale a produrre una singolare affezione tra i lettori della community e il
sito in sè.
Nell’era del surplus informativo, il lettore non cerca più il nudo dato ma anche una
visione, un universo valoriale da condividere, un progetto identitario.
In un’era in cui interessi, passioni e hobbies costituiscono una parte sempre più
centrale dell’identità individuale, il lettore si riconosce e si specchia nel prodotto
editoriale, crea e ricostruisce parte della propria identità in una continua
sperimentazione.
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PME - Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
Sperimentazione
Mettete insieme in un grande recipiente tanti esperti, condite con tanta passione,
aggrumate il tutto intorno a un progetto editoriale chiaro: ecco avrete un bel
frullato di innovazione.
Tanto più che in rete siamo tutti alla distanza di un click e che quindi tali realtà
hanno la necessità di giustificare la propria esistenza differenziandosi da quanto già
esiste.
Pertanto queste community diventano sovente luogo di sperimentazione di idee,
linguaggi, paradigmi. Non è una novità, fenomeni simili accadono intorno a realtà
di particolare eccellenza e verticalità anche nel “mondo fisico”. Si pensi alla
“community” di storici francesi lettori di Annales d'histoire économique et social che a
inizio secolo rivoluzionarono il modo di intendere la storia. Semplicemente la
tecnologia funge prima da fattore abilitante (rendendo economicamente sostenibili
riviste molto verticali) poi da catalizzatore (moltiplicando la conoscenza con la
conoscenza).
QUALITA’
Dal singolare mix di redattori appassionati, community attiva, propositiva e
coinvolta, expertise diffusa e dinamiche di riprova sociale non può che derivare un
prodotto di altissima qualità editoriale.
PME – IL VERO VALORE DELLE PIANIFICAZIONI PUBBLICITARIE
Il PME è il vero valore di internet non solo sul fronte dei contenuti e delle
collaborazioni, bensì anche nell’universo pubblicitario: per le sue intrinseche
caratteristiche, il PME aggiunge valore alle pianificazioni pubblicitarie.
Una battuta comune tra responsabili marketing è “So benissimo che la metà dei soldi che
spendo in pubblicità è sprecata; purtroppo però non so quale metà 1”.
La verticalità del PME implica zero dispersione dell’investimento. Significa che
nei siti verticali ogni utente che fruisce del messaggio pubblicitario è un utente a
target, un potenziale cliente. Utenti che su altri mezzi sono di difficilissima
reperibilità, iper frammentati, talvolta assenti (si pensi in particolare alla fascia alta
Citazione di John Wanamaker, grande imprenditore statunitense di fine Ottocento, considerato uno dei
padri della pubblicità moderna.
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PME - Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
della popolazione che - per reddito, istruzione, scarsità di tempo - è sempre più
difficile da individuare con i media tradizionali).
Alta qualità del target
Spesso le realtà verticali consentono di parlare a target di alto pregio nel momento
in cui prendono decisioni d’acquisto chiave.
Quanto vale per chi produce anelli da fidanzamento poter parlare unicamente con
coppie che stanno pensando di sposarsi2? Quanto vale per il produttore di auto
raggiungere l’imprenditore del nord-est che desidera ammodernare la flotta
aziendale3?
Credibilità
I siti verticali sono realtà fortemente credibili, composte da esperti che parlano ad
altri esperti, vere e proprie community di riferimento nel dato settore. E se la
pubblicità è la costruzione di fiducia tra consumatore e marca, allora non vi è sede
migliore per la comunicazione dell’azienda di un sito altamente credibile. In molti
poi credono che sui siti verticali si abbia una singolare sublimazione: la credibilità
del mezzo trasla sull’annuncio.
In ogni caso, pianificare verticale significa parlare la lingua del target.
Viralità
Numerosi studi dimostrano come il passaparola, l’endorsement, le recensioni
costituiscano il primo criterio di valutazione pre-acquisto di un prodotto. Oggi
pochi comprano se prima non fanno un giro su Google, cercando il parere degli
esperti.
Quanto vale allora poter raggiungere questi “esperti” a cui si chiede consiglio?
Quanto è strategico convincerli della bontà del proprio prodotto considerando la
loro natura di “influenzatori virali”? Quanto è importante renderli ambasciatori
della marca, al lavoro, sui loro blog, per strada?
Nel nostro network abbiamo l’ottimo Matrimonio.it che, non a caso, ha ospitato diverse campagne del
noto brand Cartier.
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Abbiamo ospitato diverse campagne flotte sull’ottimo BusinessFinder, il database business che consente
di profilare per professione, località, posizione aziendale, fatturato e numero di dipendenti.
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PME - Piccoli e medi editori di qualità: il vero valore di Internet
Sperimentazione
Realtà così focalizzate consentono inoltre differenti modalità di sperimentazione.
L’azienda può - con poche risorse - mettere in concorrenza creatività diverse della
stessa campagna e testare quella che funziona meglio.
Data la natura partecipativa delle community, può persino monitorare come l’adv
viene recepito, che commenti origina, che reazioni produce.
HO UN MESSAGGIO PER TE
Caro editore, avrai finalmente capito che questo capitolo parla... di te! Se ti sei
riconosciuto - seppur nella tua unicità - in alcune descrizioni, allora sei un PME. Ho
un messaggio per te: sentiti orgoglioso!
Sii orgoglioso per la tua capacità di trasformare la passione in eccellenza. Sii
orgoglioso per il valore unico e imprescindibile che crei in Internet.
Dalla consapevolezza della tua importanza, potrebbe nascere nella tua mente una
domanda: “Come mai noi editori verticali, che costituiamo il vero valore della
rete, siamo così sovente esclusi dalle pianificazioni pubblicitarie?”.
Mai sottovalutare il potere di una buona domanda, te lo dico per esperienza
personale: venne a trovarmi anni fa, quando ero lontano dall’advertising (come te
dirigevo un prodotto editoriale) e condizionò i successivi 8 anni della mia vita
professionale. Vediamo insieme la risposta nei prossimi capitoli.
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Avere un bel sito non basta: è necessario presentarlo alle persone giuste
AVERE UN BEL SITO NON BASTA:
E’ NECESSARIO PRESENTARLO ALLE
PERSONE GIUSTE
di Andrea Pongan
L’autore
Andrea Pongan, 38 anni, è laureato in Economia e Commercio all’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano con una tesi su “Efficienza dei mercati e New Economy”. Ha maturato un’ampia
esperienza nell’ambito dello sviluppo commerciale e dell’advertising online. Già Sales Director di Ad
Pepper, Andrea Pongan si occupa da anni della gestione dei rapporti con le maggiori Agenzie e i
Centri Media e dello sviluppo del business. Attualmente è Direttore Commerciale di ADVIT.
www.advit.it
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Avere un bel sito non basta: è necessario presentarlo alle persone giuste
Dopo un decennio di crescita a doppie cifre anche il web ha risentito dei tagli alle
spese nella pubblicità.
La stampa, la televisione, l’affissione, la radio e il cinema sotto tutti comparti che
hanno fatto segnare dei bruschi rallentamenti.
A differenza degli altri mezzi, Internet ha registrato comunque una crescita.
Il web in Italia nel 2009, a vedere i dati dell’Osservatorio Fcp-AssoInternet, ha un
andamento positivo del 6% sullo stesso periodo del 2008 (periodo gennaio-agosto).
Malgrado la crescita non sia importante come negli anni precedenti, se rapportata a
quella degli altri mezzi, capiamo che stiamo parlando di numeri interessanti e
soprattutto destinati a cambiare il modo di comunicare sia delle imprese, sia del
singolo soggetto.
CAMBIA LA VITA DELL’UTENTE, CAMBIA LA VITA DELL’AZIENDA
Oggi una persona di 70/75 anni utilizza Internet per raccogliere delle informazioni
su un determinato servizio o prodotto o per vedere le previsioni del tempo,
piuttosto che per leggere delle notizie o consultare gli orari dei treni. E i suoi nipoti
non si limitano a “subire” le informazioni, ma le generano attraverso vari strumenti
come possono essere i blog o i social network.
Il protagonista di questa rivoluzione è l’utente che grazie a Internet e alla continua
evoluzione delle tecnologie è al centro di nuovi modelli relazionali sociali. L’utente
ha assunto un nuovo ruolo e diventa protagonista: un protagonista più esigente e
più partecipativo.
Il Web 2.0, giorno dopo giorno, diventa sempre più concreto, non a caso i blog e in
generale i contenuti generati dagli utenti diventano una forma di informazione
complementare rispetto alle news tradizionali. Questa necessità di partecipare,
condividere e interagire è il volano dei cosiddetti siti di “knowledge”: siti che
raccolgono enciclopedie e dizionari creati dagli utenti.
Il Web è un mezzo generazionale che in Italia si deve scontrare con il ritardo
dell’alfabetizzazione informatica: le famiglie dotate di pc sono “appena” il 52% e
solo il 47% della popolazione tra i 15 e i 74 anni (21,6 milioni nel 2008) utilizza
questo mezzo quotidianamente e, come se non bastasse, le opportunità offerte dalle
reti in banda larga sono ancora poco sviluppate.
Malgrado questo scenario, l’utente ha aumentato il tempo speso online al mese
arrivando alla media di 18 ore e 32 minuti contro le 16 ore e 56 minuti del 2007. Se
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Avere un bel sito non basta: è necessario presentarlo alle persone giuste
andiamo a vedere la “qualità” del navigatore capiamo subito che la rete non piace
solo agli adolescenti: il 34% dei navigatori appartiene alla fascia di età che va dai 35
ai 49 anni, il 22% dei navigatori ha tra i 25 e i 34 anni, mentre nell’età compresa tra i
50 e 64 anni quelli che navigano sono ben il 20%. La maggior parte di questi
navigatori sono diplomati (circa il 48%) e laureati (28%).
Come la vita dei singoli individui, anche la vita delle imprese ha avuto non pochi
cambiamenti.
Le aziende, per capire le potenzialità di questo mezzo e per sfruttare in modo
efficace il web, si stanno riorganizzando radicalmente spostando risorse importanti,
tanto che - appunto - gli investimenti pubblicitari anche nel 2009 si confermano in
crescita.
Le aziende stanno imparando a conoscere Internet, un canale di comunicazione
senza dubbio meno controllabile e circoscrivibile rispetto al passato, e aprono delle
unit dedicate.
Solo portando all’interno dell’azienda esperienza, persone preparate e tecnologie
sarà possibile confrontarsi con il “nuovo” consumatore. Lo scenario per le aziende
è mutato e il monologo delle aziende nei confronti dei clienti si sta trasformando in
un dialogo aperto tra consumatore e produttore.
In questo nuovo panorama, i progetti editoriali online assumono una grande
importanza e per gli editori come te si prospettando opportunità sempre più
interessanti.
Al giorno d’oggi però avere un sito bello (un prodotto aggiornato e di qualità) non
è sufficiente. E’ necessario farlo conoscere utilizzando i canali giusti. Questo aspetto
è fondamentale.
COME LAVORA UN CENTRO MEDIA
I grandi inserzionisti, ma non solo, hanno l’esigenza di capire quali strumenti
utilizzare, come utilizzarli e soprattutto come leggere i dati per comprendere meglio
l’incidenza che le piattaforme digitali hanno nel piano di comunicazione.
I Centri Media sono il punto di partenza per capire come il web possa essere utile al
loro business e al brand e, cosa ancora più importante, determinarne il reale ritorno
sull’investimento.
Analizzare tutte le informazioni raccolte significa integrarle tra di loro e restituire
agli inserzionisti un dato di insieme.
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Avere un bel sito non basta: è necessario presentarlo alle persone giuste
Il Centro Media monitorando quotidianamente l’andamento delle campagne ha la
possibilità di raccogliere molte informazioni, intervenendo, grazie alla flessibilità di
questo mezzo, in tempo reale.
La capacità del Centro Media è quella di preparare un media mix specifico dopo
aver identificato il target in modo corretto tramite analisi socio-demografiche e
comportamentali.
Dopo aver definito, insieme all’inserzionista, il target di riferimento si entra in
un’altra fase molto importante che è la fase di acquisto degli spazi pubblicitari dove
è fondamentale lo sviluppo della metodologia e del confronto dei risultati stimati.
In questa fase il Centro Media entra in contatto con vari fornitori: grandi portali,
concessionarie, network di affiliazione, ecc.
Come puoi immaginare la scelta del fornitore giusto determina il successo di una
campagna di comunicazione: la fase del buying richiede persone preparate che
devono “confezionare” un media mix equilibrato e performante il tutto integrato in
un sistema di analisi e benchmarking che garantisca sia la qualità, sia la quantità.
Il lavoro del Centro Media non si esaurisce con la determinazione del target e con
l’acquisto degli spazi: un’altra fase importante è l’analisi dei dati. La figura del
Centro Media è indispensabile per aiutare il cliente a comprendere cosa sta
avvenendo e cosa succederà. Una reportistica accurata potrà dare delle informazioni
importanti all’inserzionista al punto che, dopo ogni campagna, il cliente
“conoscerà” sempre meglio il proprio consumatore. Questa “conoscenza” è alla
base del Web 2.0 che vede proprio l’utente al centro.
Come puoi immaginare il Centro Media non può e non vuole dialogare con una
miriade di fornitori e quindi il rapporto tra agenzie e concessionarie di pubblicità
assume un ruolo importante al fine di costruire, su indicazione dell’inserzionista,
una campagna efficace.
Ecco quindi che realtà piccole, anche se di qualità, non avrebbero l’occasione di
presentare il loro prodotto se non inserendolo in un network verticale, facendosi
così conoscere anche agli investitori più importanti.
Affinché un progetto web e quindi un sito web abbia l’attenzione che si merita è
necessario che venga proposto nel modo giusto e soprattutto alle persone giuste.
In un mercato sempre più frammentato e ricco di novità per affrontare le
pianificazioni sui mezzi digitali è indispensabile avere un partner professionale al
proprio fianco.
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
LA CORSA A OSTACOLI
L’ACCESSO AL MERCATO
DELL’ADVERTISING
di Paolo Pettinato
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
IL SISTEMA
Adesso che conosci meglio come funziona il mondo dell’advertising, posso
finalmente rispondere alla buona domanda del primo capitolo: “Come mai noi
editori verticali, che costituiamo il vero valore della rete, siamo così sovente
esclusi dalle pianificazioni pubblicitarie?”
Per prima cosa occorre sfatare un mito un po’ ingenuo, ma molto diffuso tra gli
editori: non esiste nessun “cattivo”, nessun complotto ai tuoi danni. Anzi, negli anni
il settore dell’advertising ha visto operatori sempre più preparati e coscienti
dell’importanza della verticalità. Il mercato oggi riconosce un chiaro valore ai
Piccoli Medi Editori (PME) di Qualità. Che una comunicazione mirata assicuri
risultati medi superiori è ormai l’ABC del mestiere per il pianificatore media.
La muraglia che divide gli investimenti pubblicitari dagli editori verticali poggia le
fondamenta su motivazioni ben più profonde, di natura sistemica, derivate dalla
particolare organizzazione del mercato media.
Possiamo a ragione parlare di industria della pubblicità, figurandocela come una
complessa catena, i cui operatori specializzati sanno di trattare una merce di estrema
delicatezza e importanza: il brand dell’azienda cliente, ovvero il tesoro di credibilità,
valori ed emozioni che fa la differenza tra la vendita del prodotto e il suo ammuffire
in magazzino.
Una catena che si estende ben oltre i confini del nostro immaginario impianto
produttivo e arriva a coinvolgere le aziende stesse su scala globale: il reparto
marketing italiano (coerenza messaggio con la realtà-paese), gli headquarter
internazionali (coerenza con i codici di stili worldwide), talvolta la direzione
generale (coerenza coi valori profondi della marca). Il centro media opera in
differente lingue come mediatore di differenti interlocutori e di differenti
realtà.
Per questa sua capacità, l’industria dell’adv veicola a flusso continuo capitali che
costituiscono parte importante del PIL dei Paesi occidentali e fanno la felicità di
molti Ministri del tesoro. Immagina la complessità di assicurare la corretta gestione
di questo denaro.
Infine parliamo di un’industria che opera a velocità elevate perché inserita in un
ecosistema mediale sempre più veloce e affetto da subitanee quanto violente
perturbazioni (crisi, mode, tendenze, scandali, azioni dei competitor, normative,
sentenze...). Non solo devi conoscere come funziona questo mondo, ma devi essere
anche strutturato per dare risposte veloci, altrimenti non verrai preso in
considerazione
Adverticalising
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
Sono queste le ragioni sistemiche che obbligano l’industria della pubblicità a
ricorrere a regole formali, pratiche consolidate, routine produttive, best practices e
numerose regole non scritte.
Immagina cosa succede quando il PME - legittimamente fiero del proprio prodotto
- decide di contattare questo mondo iper-professionalizzato senza conoscere le
regole del sistema. Avrei numerosi aneddoti divertenti da condividere, ma li tengo
da parte per un prossimo e-book satirico ;)
Il mondo dell’advertising finisce per apparire, agli occhi dell’editore ignaro dei
meccanismi sistemici, come una corsa a ostacoli.
PRIMO OSTACOLO - LA DIMENSIONE
Il noto mass-mediologo McLuhan affermava che il fruitore è il contenuto ultimo di
un mezzo. Questa analisi non è soltanto suggestiva e finanche poetica ma, dal punto
di vista dell’advertising, doppiamente azzeccata. Chi compra pubblicità, non sta
comprando semplicemente uno spazio in un media, quanto l’attenzione di chi
fruisce quello spazio. Il valore dello spazio sarà quindi il prodotto della
caratteristiche qualitative del target (quali appetibilità, rarità, congruenza con gli
obiettivi della campagna) per il numero di persone esposte al messaggio
pubblicitario. E come in tutte le moltiplicazioni, basta che un fattore sia nullo per
azzerare il risultato.
Per cui, anche il miglior prodotto editoriale, rivolto al più appetibile dei target,
scritto dai più famosi giornalisti vale zero se a leggerlo è solo la zia e la cugina
dell’editore. Il mercato impone delle soglie di buon senso.
Tali soglie possono essere assolute, se ci si rivolge a un universo numeroso (es.
200.000 giovani sono una piccola ma accettabile community), o relative se si parla di
categorie di particolare pregio e scarsità (es. raggiungere il 50% degli sviluppatori
italiani, siano essi solo 40.000, è un grande valore).
Il primo tuo dovere da editore, per essere appetibile rispetto al mercato, è
raggiungere un buon volume di “traffico”, misurato in termini di contatti unici e
pagine viste mensili.
Il secondo è non farti ingannare dai molteplici tool di misurazioni esistenti online,
che spesso offrono numeri 5-10 volte superiori rispetto al reale. E se dovessi mai
venire da me con delle statistiche non fondate, ti assicuro non sarà per me piacevole
dimostrarti che la tua amata creatura è molto più piccola di quanto pensi.
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
Ti consiglio in prima battuta una soluzione free, di semplice installazione e molto
comoda: Google Analytics. Nel tempo potrai poi valutare di affidarti a soluzioni di
rilevazione e certificazioni più evolute e accettate dal mercato.
SECONDO OSTACOLO - LA MANCATA STANDARDIZZAZIONE
Il secondo “grande mietitore” è il mancato rispetto dei standard di mercato, a
livello di formati, tecnologia e pratiche amministrative.
Spesso l’editore “inventa” nuovi formati, a volte anche validi, riempiendo con
banner gli spazi vuoti del layout del proprio prodotto editoriale. Sorvolando sulla
logica del “ho un buco libero, ci metto un banner”, poco rispettosa delle esigenze di
efficacia del cliente, l’adattamento delle creatività per spazi fantasiosi è spesso un
problema: implica costi ulteriori, richiede processi di autorizzazione internazionali,
può violare le policy del cliente finale e non adattarsi allo sviluppo orizzontale/
verticale della specifica creatività.
Insomma, se proprio non ti fanno schifo i soldi, fai prima a implementare dei
formati standard nel tuo layout, seguendo le specifiche definite dall’Interactive
Advertising Bureau 1. Ciò non toglie che, se sei veramente fiero di un formato
innovativo, lo si possa proporre per operazioni speciali.
Inoltre non inserire troppi banner, rischi di diminuire l’efficacia delle campagne e
trasformare il tuo sito in un colorato arlecchino. Ricordiamoci che vendiamo
l’attenzione dei fruitori, non la confusione degli stessi. 3-4 formati diversi sono un
buon compromesso tra qualità e monetizzazione. E’ bene inoltre porre i banner in
“primo scroll” (ovvero nella pozione del sito immediatamente visibile all’accesso,
senza dover scrollare). Fidati, coinvolgi attivamente la concessionaria nella scelta,
ottimizzazione e valorizzazione degli spazi banner.
Relativamente alla tecnologia, è importante che l’erogazione dei banner sia
correttamente rilevabile dagli ad server dei clienti: nel nostro settore, quello che non
è misurato... semplicemente non esiste e non viene pagato! Le concessionarie serie
non solo mettono a disposizione il proprio ad server agli editori ma si prodigano
nell’aiutarli a risolvere eventuali incompatibilità con il loro codice.
Il discorso è identico per le procedure amministrative: lo standard di mercato parte
- ahinoi! - dai 90 gg “data fattura fine mese”, espressione simpatica che consente di
far slittare fino a ulteriori 30 giorni la data da cui calcolare i tempi di pagamento. Mi
rendo conto che può sembrare dura, ma una volta avviato il volano il flusso si
1
cfr. anche il capitolo “La concessionaria di pubblicità” in questo e-book.
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
stabilizza. Va inoltre riconosciuto che i Centri di Pianificazione Media sono di
norma realtà fortemente solvibili: pagano, in ritardo, ma pagano.
TERZO OSTACOLO - LA FIDUCIA
Per molti versi, l’industria dell’advertising è l’industria della fiducia: tra la marca e
consumatore, tra cliente e agenzia, tra agenzia e concessionarie, tra concessionarie
ed editori. Basta un anello debole per compromettere l’intera catena.
Una catena composta per lo più da intermediari, che devono rispondere delle
proprie scelte. E dei risultati, soprattutto su Internet, il media misurabile per
antonomasia.
L’interlocutore principale di noi concessionarie è il “planner”, ovvero il pianificatore
dei centri media che si occupa di decidere su quali mezzi veicolare la comunicazione
del cliente, quali rubinetti aprire e quali chiudere.
Il planner ha da bilanciare due esigenze opposte. Da una parte, è motivato a trovare
siti migliori, testarli, sperimentare, al fine di offrire una migliore pianificazione al
cliente. Dall’altra, dovendo giustificare le proprie scelte ed essendo responsabile dei
risultati, sa che ogni nuovo sito è una possibile falla nella pianificazione, nonché
possibile fonte di problemi. Ed è molto più semplice giustificare l’utilizzo di un
portalone - noto al cliente e usato nelle pianificazioni di tutti - che non un piccolo
sito verticale.
Il mercato risolve questo problema tramite la “reputazione”. Tra gli operatori è
come se esistesse un “conto corrente della fiducia”: ogni volta che si propone un
nuovo sito è come se si facesse un “prelievo di fiducia”; ogni volta che un nuovo
mezzo si dimostra performante è come se venisse effettuato un “versamento di
fiducia”.
Il nuovo editore che si presenta autonomamente al mercato ha un conto corrente a
zero e faticherà di più di una concessionaria.
Operando giornalmente sul mercato la concessionaria è disincentivata dal proporre
soluzioni non valide, in cui non crede, rischiando di bruciarsi future pianificazioni di
futuri clienti del medesimo planner. Nonché si parli male di essa.
Questo meccanismo è tanto più valido nel caso delle concessionarie verticali, che
necessitano di un conto corrente pingue poiché vendono singoli prodotti piuttosto
che pianificazioni orizzontali e propongono sovente nuovi siti per campagne mirate.
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
Quindi, la scelta di una concessionaria che crede in te e che è credibile rispetto al
mercato è un po’ come quel noto energy drink: ti mette le ali.
QUARTO OSTACOLO - LA FRAMMENTAZIONE
Le caratteristiche della rete sono uniche nell’ecosistema mediale: su Internet
chiunque può aprire un sito, con minime barriere di ingresso, raggiungendo una
platea mondiale.
Il sottoprodotto di questa mirabile opportunità è una notevole frammentazione
dell’audience su un gran numero di siti web. Anche restringendo il campo alle sole
realtà che raggiungono determinate soglie di traffico, la pianificazione sul web è
decisamente più complessa.
La tua stessa corsa a ostacoli è insidiata da centinaia di altri corridori che
concorrono con te per il miglior tempo.
Non si può chiedere al planner di tenere a mente centinaia di siti web. Per cui, il
vero problema dell’editore verticale è... essere ricordati.
Il mercato risolve questa esigenza in due modi, entrambe validi, necessari,
complementari.
Le concessionarie orizzontali vendono per lo più a network, offrendo una lista
lunga di siti (spesso solo spulciata dal cliente). Operando sui grandi volumi,
tendono a vendere a valori più bassi, il che li rende spesso poco interessanti per il
piccolo editore verticale. Sono invece un’ottima scelta per realtà di gran peso, in
quanto hanno a flusso continuo pianificazioni in grado di riempire parte
dell’inventario del grande editore.
Le concessionarie verticali puntano invece sulla valorizzazione. Scelgono un
numero ristretto e limitato di siti, si occupano di creare un valore commerciale
intorno al marchio dell’editore, hanno come mestiere far brillare gli occhi del
planner quando si parla del tuo sito. Sono quindi in grado di valorizzare anche
piccoli traffici, vendendo a caro prezzo la specializzazione dell’editore, purché
trattino siti di ottima qualità. Il lavoro di valorizzazione richiede tempo, c’è bisogno
di tempo perché il tuo sito entri stabilmente in pianificazione, ma è un lavoro che
permane negli anni.
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La corsa a ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising
QUINTO OSTACOLO - IL DISINCENTIVO ECONOMICO
Il combinato disposto dei suddetti fattori ha come conseguenza un sostanziale
disincentivo economico nell’utilizzo dei PME. Richiede più tempo, più competenza,
più rischio.
Chiariamo subito che sono molti gli operatori che per professionalità superano tale
disincentivo pur di assicurare al cliente una pianificazione di qualità. Ripeto, il
mercato è maturo e vede via via migliorare la competenza di chi vi lavora.
D’altra parte è innegabile che il problema esiste e impatta fortemente sul futuro di
Internet. Quanto più sarà difficile fornire le risorse economiche ai PME, l’ossatura
della rete, tanto meno contenuti professionali avremo, tanto più Internet si
impoverirà.
Occorre trovare una soluzione sistemica che assicuri le risorse a chi crea nei fatti più
valore. E’ precisa responsabilità dell’industria della pubblicità, noi concessionarie ed
editori in primis.
Dal mio punto di vista, che riconosco possa sembrare parziale, il modello delle
concessionarie verticali è un buon passo nella giusta direzione, un modo di
sostenere questo mondo a cavallo tra professionalità e passione quale è Internet.
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Editori verticali e centri media: un rapporto basato sulla collaborazione
EDITORI VERTICALI E CENTRI MEDIA:
UN RAPPORTO BASATO SULLA
COLLABORAZIONE
di Roberto Carnazza,
Digital Director Starcom Italia
L’autore
Italo-inglese dalle contaminazioni siculo-bergamasche, nel 2001 si laurea in scienze della
comunicazione all’università di Bologna, con una tesi sui modelli di business basati sulla pubblicità
nell’ambito dei mezzi digitali. Visti i tempi (coincidenti con lo scoppio della bolla speculativa di
Internet) decide di fare voto di povertà e dopo un corso di specializzazione in web marketing e
online advertising, comincia la sua carriera lavorativa sui mezzi digitali, partendo dall’ufficio
marketing dell’allora giovanissima Yahoo! Italia. In seguito approda in Universal Media Interactive,
dove impara i rudimenti della pianificazione media interattiva, grazie ai quali avrà poi la possibilità di
allargare i propri orizzonti in Profero, dove segue diversi progetti a tutto tondo (media e creatività),
sempre in ambito puramente digitale.
Nel 2006 giunge in Starcom Italia, dove è attualmente Digital Director: coordina il team interno
dedicato allo sviluppo di progetti di comunicazione digitale per tutti i clienti dell’agenzia, fra cui
P&G, Coca-Cola, Tele2, Beck’s, Avon, Carige, Oracle e molti altri.
Appassionato di storia, windsurf e social networking (sia come utente che come studioso), edita un
blog (www.carnazza.com) incentrato su tematiche di web marketing e comunicazione, anche se
spesso “sporcate” da argomenti legati all’attualità e all’ecologia.
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Editori verticali e centri media: un rapporto basato sulla collaborazione
In una situazione di mercato piuttosto complicata - caratterizzata da una maggiore
attenzione e razionalizzazione degli investimenti da una parte e da un proliferare di
nuovi attori sul mercato dall’altra – la fluidità, chiarezza e semplicità di rapporti e
offerte è decisamente fondamentale.
Chi lavora in un centro media si trova di fronte a un panorama estremamente
frammentato e incerto (si pensi che le persone che lavorano sui mezzi digitali in
un’agenzia media possono arrivare ad avere a che fare con all’incirca un centinaio di
concessionarie ogni anno), per cui le scelte di pianificazione sono spesso guidate
dalla necessità di avere garanzie di sicurezza, velocità e cooperazione. Sono quindi
questi gli elementi imprescindibili che editori e concessionarie devono tenere in
considerazione per poter meglio interloquire con chi si occupa di gestire i budget
pubblicitari dei propri clienti. Questo vale ovviamente per tutti, a maggior ragione
per le realtà con numeri non propriamente da mass market o più semplicemente
molto verticali.
I tre elementi sopra citati (sicurezza, velocità e cooperazione) fanno spesso parte di
un unico approccio e modus operandi, che si dovrebbe tradurre in diversi elementi
pratici. In sostanza l’offerta commerciale dovrebbe rispondere alle esigenze
“classiche” di chi pianifica. Cominciando dai numeri: ogni campagna deve
necessariamente raggiungere un determinato numero di individui, con una certa
frequenza e secondo un determinato schema temporale; è quindi assolutamente
necessario che siano ben chiari i numeri assoluti e la loro distribuzione. Quanti
utenti unici al mese, alla settimana, al giorno? Quante pagine sviluppano? Come si
costruisce la copertura totale nel corso del tempo? E soprattutto: chi sono le
persone che navigano il mio sito? Non solo in termini di sesso ed età ma anche e
soprattutto per quel che riguarda le loro caratteristiche sociali: quale l’ambito
professionale? Quale il ruolo? Quali le abitudini? I gusti?
Il primo lavoro del planner è quello di individuare con precisione il target di
riferimento, quantificarlo e trovare i canali più adatti per contattarlo. Risposte
precise e puntuali alle domande di cui sopra sono il primo passo del processo
tramite il quale una pianificazione prende corpo.
Trovato il target e il canale giusto, si debbono trovare gli strumenti più adatti per
interagire col suddetto target. I formati corretti, tanto per cominciare. Ecco che
allora avere a disposizione formati universalmente validi e riconosciuti semplifica la
vita non solo ai planner ma anche e soprattutto alle agenzie creative e ai (budget
dei) clienti, spesso costretti a produrre svariate declinazioni della stessa creatività per
via di formati non-standard che sempre più editori adottano (a maggior ragione
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Editori verticali e centri media: un rapporto basato sulla collaborazione
all’interno di pianificazioni piuttosto strutturate dove vengono inclusi svariati
player).
Parlando di online, un occhio di riguardo va dato ovviamente all’aspetto
tecnologico, ovvero ai sistemi di gestione e tracciamento delle campagne. Parliamo
in sostanza di ad server. Capita a volte che le piattaforme di editori piccoli o
verticali siano incompatibili o non supportino una gestione in redirect con gli ad
server più comuni. Altre volte la compatibilità esiste ma non è possibile tracciare
alcuni formati particolari. Tutto questo chiaramente non contribuisce a facilitare il
lavoro di chi gestisce grosse campagne tramite piattaforme centralizzate, visto che
tutto ciò che non è compatibile con i sistemi dell’agenzia deve essere trattato alla
stregua di eccezione, la cui moltiplicazione fa perdere moltissimo tempo e spesso
anche denaro. Ergo anche da un punto di vista tecnologico un adeguamento agli
standard di mercato si rende decisamente necessario per facilitare i flussi e i processi
fra agenzie ed editori/concessionarie.
Naturalmente da un punto di vista commerciale è altrettanto importante riuscire a
trovare il giusto mix di offerte, che possano rispondere alle esigenze di campagna,
ovvero agli obiettivi, che di volta in volta i clienti pongono. Questi ultimi possono
essere i più diversi e va da sé che ognuno richiede un approccio diversificato: a
seconda che si parli di semplice visibilità, di generare traffico al sito, registrazioni,
vendite o altro, chi pianifica avrà bisogno di avere a disposizione la modalità di
acquisto che meglio si adatta ai propri scopi. La flessibilità in tal senso assume un
ruolo fondamentale. Flessibilità in senso commerciale, certo, ma anche e soprattutto
in termini di supporto che gli editori sono in grado di dare agli inserzionisti, laddove
non si parli solo ed esclusivamente di presenza tabellare. Sempre più spesso
vengono richiesti progetti speciali, integrazioni e co-brand, che rendano più
appetibile il prodotto del cliente. Il tutto in moltissimi casi all’interno di un contesto
totalmente volto ai risultati, alle performance: specialmente dove la campagna e il
sito all’interno del quale è ospitata sono molto verticali o comunque tecnici, i clienti
cercano di quantificare l’efficacia in modo molto concreto, tramite la valorizzazione
di documenti scaricati, nominativi raccolti o simili. In questo senso dovrebbe valere
la regola secondo cui nessuno come il cliente conosce il proprio prodotto ma
specularmente nessuno come l’editore conosce il proprio prodotto editoriale e il
proprio pubblico. Da qui l’idea della collaborazione in ottica di partnership e non
solo di rapporto cliente-fornitore, dove lo scopo diventa comune e il rischio
condiviso.
In questo senso, sempre più ci si aspetta, a prescindere dalla strettezza e
dall’impegno nella collaborazione, che la conoscenza del proprio mezzo significhi
anche e soprattutto essere in grado di produrre delle stime di risultati. L’erogazione
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Editori verticali e centri media: un rapporto basato sulla collaborazione
delle impression è ora il minimo indispensabile. Dare rassicurazioni astratte sulla
bontà del target lascia il tempo che trova. Al giorno d’oggi i clienti chiedono
benchmark, si aspettano che si sia in grado di stimare quale sarà l’esito finale della
campagna. Quanti click? Quante visite? Quante conversioni? Cosa ci di può
aspettare, insomma? E’ ovvio che vi sono in gioco tantissime variabili come la
creatività, gli asset precostituiti, le limitazioni strutturali (policy e simili) che rendono
tale lavoro di previsione più difficile. Però come accennato poc’anzi, laddove la
collaborazione è in ottica di partnership, anche gli obiettivi di marketing devono
essere condivisi e – nel limite del possibile – stimati a priori.
Quest’ultima parte dovrebbe rientrare nel campo della tanto celebrata
“disponibilità”, “proattività”, “flessibilità” o, se preferite, del generico buonsenso.
Infine, ma non meno importante, spesso e volentieri – soprattutto in periodo di
crisi – i centri media tendono a cercare di concentrare gli investimenti su pochi
player, sia per questioni di ritorno economico che semplicemente per non
disperdere energie. Ecco allora che se una realtà web non può contare su numeri da
mass market, presentarsi come singola entità può non essere la migliore delle idee,
poiché il rischio di venire percepiti come uno dei tanti “piccoli” con cui è dispersivo
avere a che fare diventa molto alto. Tradotto in parole povere, concessionarie
aggregatrici di realtà verticali sono probabilmente la soluzione migliore, sia per quel
che riguarda gli editori che – soprattutto – i centri media, abituati a lavorare con
poche realtà consolidate. Ancora una volta, quindi, il concetto di collaborazione
biunivoca deve stare alla base di tutti i rapporti e delle modalità di lavoro.
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La concessionaria di pubblicità
LA CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’
di Felicia Masturzo
L’autore
Felicia Masturzo ha acquisisto esperienza nella vendita di servizi e prodotti partendo da Italgas fino
a Dell Computer Italia.
Nel suo percorso professionale di oltre vent’anni, è approdata nel mondo del web e della pubblicità,
lavorando in Microsoft Advertising, per poi passare in ADVIT dove ha gestito e ampliato il network
editori. Attualmente è Sales Manager in Mediacap.
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La concessionaria di pubblicità
Quando finalmente il tuo sito internet è online e il programma di indicizzazione e
promozione comincia a portare i suoi frutti, facendo aumentare il traffico (le pagine
visitate) e gli utenti unici, cominci a valutare la possibilità di guadagnare attraverso il
web.
Non dimenticare che l’audience selezionata sia fidelizzata e che continui a crescere.
Aspetto non secondario infatti è il traffico del sito stesso, il fatto di avere contenuti
di qualità non significa che il traffico non debba essere sempre in crescita.
Nel capitolo “La corsa o ostacoli. L’accesso al mercato dell’advertising” abbiamo
affrontato l’argomento spiegando le difficoltà di entrare nel mercato della
pubblicità, ora analizziamo perché entrare in questo mercato e quali sono i vantaggi.
Per i “piccoli” editori specializzati in settori di nicchia il mercato della pubblicità
può sembrare un oceano in tempesta dove è facile naufragare soli e abbandonati;
l’opportunità di affidare la raccolta pubblicitaria a una concessionaria ti permette di
evitare il “naufragio”, tanto più che se scegli una concessionaria indipendente
scoprirai che diventerà un vero e proprio partner con cui lavorare per crescere.
La parola chiave infatti è indipendente: questo significa che il prodotto che la
concessionaria propone non è di sua proprietà.
Ma facciamo un piccolo passo indietro: le concessionarie sul mercato sono
veramente tante e ognuna di esse ha regole e strategie diverse. Per semplificare
dividiamole in due categorie: le concessionarie indipendenti e le concessionarie con
siti di proprietà.
La differenza ci sembra chiara: la prima categoria promuove prodotti/siti di editori
che affidano la raccolta pubblicitaria a terzi siglando un accordo, mentre la seconda
categoria è essa stessa editore, in quanto proprietaria di siti internet e a volte si
avvale di editori esterni i cui siti vengono inseriti nel loro network.
Alla luce di tutto ciò, dopo aver cercato, ascoltato e analizzato cosa offrono le
concessionarie di pubblicità sul mercato, decidi di scegliere la “tua” concessionaria.
E ora?
La scelta di una concessionaria indipendente ha il vantaggio, come abbiamo visto, di
darti identità e di valorizzare il tuo sito in modo che sia sempre visibile e presente
nelle scelte degli inserzionisti.
D’altronde una volta siglato l’accordo per la distribuzione pubblicitaria ti aspetti di
guadagnare da subito; va da sé però che una volta che il sito entra nel catalogo della
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33
La concessionaria di pubblicità
concessionaria, per realizzare i primi profitti bisogna attendere almeno uno o due
mesi.
Da una parte la concessionaria inizierà la promozione del tuo sito presso i suoi
clienti, dall’altra dovrai (se già non è così), preparare il sito ad accogliere i banner
pubblicitari.
Per favorire la pianificazione, la creazione e l’acquisto della pubblicità online, già da
numerosi anni EIAA e IAB Europe hanno definito l’adozione dei formati
standard europei.
E’ pertanto opportuno adattarsi agli standard di mercato, strutturando il tuo sito in
modo da poter ospitare in tutte pagine i seguenti formati:
BANNER
468 X 60
LEADERBOARD
728 X 90
STRIP BANNER
750 X 25
SKYSCRAPER
120 X 600
WIDE SKYSCRAPER
160 X 600
BOX
250 X 250 | 300 X 250 | 336 X 280
Come sai, Internet è un mezzo estremamente versatile, che consente l’utilizzo di
soluzioni sempre nuove. Il ricorso a un formato “non standard” può costituire per
l’inserzionista un’opportunità interessante: il maggiore appeal può rivelarsi molto
più efficace in termini di click e sicuramente rappresenta una buona strategia di
brand image, ecco perché dopo aver strutturato il sito prevedendo l’inserimento dei
formati standard per assecondare le esigenze di industrializzazione del mercato è
altrettanto importante essere disponibili ad accogliere formati “non standard”,
progetti speciali e a declinare graficamente parti del sito in accordo con la grafica
del cliente sponsor.
Ricorda: ogni pagina del sito può essere monetizzata e per questo è importante che
sia strutturata nel modo corretto per poter accogliere banner standard e formati
speciali.
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La concessionaria di pubblicità
Oltre ai banner pubblicitari hai anche un’altra possibilità per monetizzare il tuo sito
web: il database di utenti registrati.
Durante la realizzazione hai pensato di poter dialogare con i tuoi utenti, magari
inviando periodicamente una mail con le notizie o le novità relative al tuo sito e ai
suoi contenuti?
Bene, anche il tuo database di utenti è una fonte di guadagno: quanto più conosci i
tuoi utenti, tanto più possono essere redditizi per te.
Quando il visitatore del tuo sito decide di registrarsi e lasciarti i suoi dati vuol dire
che si aspetta che tu lo tenga aggiornato e informato.
All’atto della registrazione è importante richiedere qualche informazione in più che
il semplice indirizzo email, ma soprattutto è importante che l’informativa sulla legge
della Privacy sia accessibile così che chi si registra ti autorizzi non solo a inviare le
tue comunicazioni ma anche le comunicazioni “da terzi”.
Questo ti darà la possibilità di guadagnare attraverso i tuoi utenti inviando la
pubblicità via e-mail, la famosa DEM.
L’effettivo valore di un database dipende dalla valutazione congiunta di alcune
variabili:
• la cura del database stesso: l’aggiornamento costante dell’archivio è
garanzia di affidabilità e spesso determina il successo di una campagna;
• il tema del sito e l’accuratezza dei contenuti, che forniscono di per sé
informazioni sulla qualità e sugli interessi degli utenti registrati;
• i criteri di profilazione, che consentono agli advertiser di raggiungere il
proprio target in maniera precisa e efficace.
La profilazione degli utenti registrati è uno dei criteri che influiscono sul valore di
un database.
I criteri di profilazione forniscono informazioni sulle caratteristiche sociodemografiche che possono essere piuttosto generiche o molto dettagliate, fino ad
arrivare a veicolare informazioni relative agli stili di vita, alle abitudini, agli interessi.
I criteri di profilazione variano a seconda che il tuo sito si rivolga a un’utenza
business piuttosto che consumer.
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La concessionaria di pubblicità
I principali criteri di profilazione B2B sono:
• AREA GEOGRAFICA
• SETTORE MERCEOLOGICO
• FORMA GIURIDICA
• TIPOLOGIA ATTIVITÀ
• NUMERO DIPENDENTI
• FATTURATO
I principali criteri di profilazione B2C sono:
• SESSO
• ETÀ
• CAP-CITTÀ-REGIONE-PROVINCIA
• PROFESSIONE
• CARTA DI CREDITO
• INTERESSI
Quindi una volta che il tuo sito ha raccolto iscritti con l’autorizzazione a inviare
anche la pubblicità, puoi cominciare sicuramente a inviare delle newsletter con le
informazioni relative all’argomento
del tuo sito.
Naturalmente è importante che gli
iscritti crescano e una volta
raggiunto un numero ragionevole
(dai 10.000 in su), puoi cominciare a
inviare le comunicazioni
commerciali.
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Le comunicazioni agli utenti iscritti possono
essere di due tipi:
1. La newsletter è un notiziario diffuso
periodicamente tramite e-mail. Il progetto
editoriale può prevedere la presenza di uno o
più spazi (box o altro formato) dedicati
all’advertising.
2. DEM è l’acronimo di direct e-mail
marketing e consiste in un prodotto a
esclusivo contenuto pubblicitario inviato
all’utente tramite e-mail e regolato da un
sistema di Opt-In. Con Opt-In si intende
l’autorizzazione da parte del destinatario a
un'azienda all’uso dei propri dati personali al
fine di ricevere informazione su prodotti e
servizi.
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Introduzione - Perché questo e-book
PARTE SECONDA
STRATEGIE
E CONSIGLI PRATICI
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Scrivere e pubblicare in rete
SCRIVERE E PUBBLICARE IN RETE
di Frieda Brioschi
L’autore
Frieda Brioschi è una consulente, specializzata in IT e nuovi media. La sua attività spazia dalla
consulenza tecnica a progetti legati alla web strategy, dalla creazione e gestione di community ai
social network. Dal 2003 è parte del mondo Wikimedia (Wikipedia e progetti fratelli); dal 2005 ad
oggi è presidente di Wikimedia Italia.
http://www.netvibes.com/ubifrieda
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Scrivere e pubblicare in rete
Da quando frequento internet (quasi quindici anni, ormai) non faccio altro che
scrivere. In parte perché il mezzo privilegia la scrittura alle altre forme di
comunicazione (mando una mail, scrivo un tweet, lascio un commento, chatto...),
ma sicuramente anche perché ci sono molte opportunità per scrivere e farlo è
semplice.
Io scrivo su Wikipedia (ma soprattutto correggo) e ho tre blog: uno che parla di me
ed è il mio diario personale (che ha sostituito quella che una volta era la
Smemoranda), uno in comproprietà con altri autori che nella mia parte si occupa di
raccontare quel che succede nel web ed infine uno che raccoglie le mie ricette.
Oltre a questo mi capita ogni tanto di scrivere per altri blog (potrei chiamarlo il
duro mestiere del divulgatore!) o per qualche giornale.
Sono tutte attività che non mi sarei mai immaginata di poter fare, né mi sarei
immaginata il mercato nato attorno al “web writing”, popolato di libri, corsi, siti e
blog dedicati e perfino master.
IO, AUTORE
Si sente parlare spesso di “information overload” ossia della sovrabbondanza di
informazioni che si possono trovare in rete e della conseguente difficoltà di trovare
realmente quel che si sta cercando. In mezzo a questo marasma di contenuti, la
prima cosa da chiedersi è “ha senso che anch'io mi metta a scrivere?” e poi “come
posso farlo?”. Il fatto che scrivere in rete sia indubbiamente più semplice che
scrivere per qualunque altro mezzo, perché la soglia di accessibilità è molto bassa,
non è un motivo sufficiente per mettersi a scrivere.
Per l’aspetto motivazionale è necessario darsi uno scopo e poi investigarlo. Nel mio
caso, ad esempio, ho aperto il mio primo blog (quello personale) per me, per
raccontarmi le cose buffe, divertenti o tristi che mi succedono, e per pochi amici
che hanno voglia di sapere come sto e cosa faccio. Il tono è volutamente irriverente
e spesso scrivo cose che capisco solo io, ma essendo io stessa il mio principale
pubblico non c’è stato finora motivo di cambiare stile.
Una volta identificate le motivazioni e gli scopi, occorre valutare lo strumento: il
mio testo può essere veicolato da un blog (mio o altrui) o da Facebook, può essere
spezzettato in tanti piccoli tweet (brevi messaggi della lunghezza di un sms, diffusi
tramite siti come Twitter), può essere alla base di una discussione (ad esempio su
Friendfeed), posso mandarlo via mail, posso pubblicarlo sul mio sito istituzionale o
farne un e-book.
Adverticalising
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Scrivere e pubblicare in rete
Ad ogni strumento, infine, il suo stile. Esistono alcune regole per scrivere in rete:
occorre uno schema chiaro fisso in mente prima di cominciare, con un occhio alla
sintesi e ai diversi livelli di approfondimento, un target preciso di lettori e un po’ di
riguardo all'impatto grafico; quello che scrivo dev'essere non solo interessante, ma
deve catturare l’occhio di chi mi legge e non deve essere troppo elaborato
graficamente, altrimenti il lettore farà fatica a seguire il testo. Devo progettare il mio
testo come fosse un percorso, in modo che il lettore non si perda per strada, tra un
link e un'immagine troppo accattivante.
Infine devo tenere presente che quasi sempre un testo in rete “inizia” al momento
della sua pubblicazione, grazie all’interazione con il lettore, che commenta, mi
manda mail, suggerisce modifiche o mi critica.
IO, EDITORE
Sopra accennavo allo strumento per la pubblicazione. La rete offre oggi la
possibilità di pubblicare gratuitamente (con alcuni vincoli) o a basso costo quello
che scrivo; lo strumento che scelgo mi dà la possibilità di scrivere testi di lunghezza
diversa, con caratteristiche diverse, per target vari.
La forma più breve di comunicazione è nota come microblogging: si tratta una
modalità di pubblicazione che mi limita a esprimermi in 140 caratteri per volta.
Quel che voglio raccontare può essere suddiviso in tanti brevi messaggi, concatenati
tra loro. Le più note piattaforme di microblogging sono Twitter e Identi.ca, ma
anche gli aggiornamenti del proprio “stato” su Facebook possono essere usati per
scopi simili. La scrittura qui è molto frontale: io scrivo e tanti leggono; l’interazione
è possibile (rispondendo ai miei tweet) ma poco funzionale.
Pubblicare tramite un blog lascia molta più flessibilità non solo in termini di
lunghezza del testo e di interazione col lettore, ma perché dà la possibilità di
personalizzare gli aspetti grafici e di aggregare in alcune sezioni contenuti
provenienti da altre fonti (blog che leggo e mi piacciono, i miei tweet, i miei link
preferiti, ecc.).
Se invece decido di scrivere un libro, mi si spalanca davanti un enorme mondo,
quello dell’editoria online: posso decidere se fare un e-book, ossia un libro
elettronico (come quello che stai leggendo ora), o se voglio il mio volume rilegato
da mettere in biblioteca. In entrambi i casi posso pubblicare la mia opera presso un
editore online (come Lulu) o affidarmi ad servizio di print on demand (come Lampi
di stampa).
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Scrivere e pubblicare in rete
PER TUTTI VOI
Uno dei grossi vantaggi della rete è la possibilità di far conoscere il proprio lavoro a
moltissime persone e di coinvolgerle nella diffusione del mio testo: a seconda della
licenza adottata è possibile che altri mostrino il mio lavoro o che quanto ho scritto
venga in parte ripreso da altri.
Cosa vuol dire “a seconda della licenza”? La legge sul diritto d’autore in Italia
prevede che io abbia dei diritti morali (io sono l'autore) e dei diritti di utilizzazione
economica (se vendo il mio libro, l'editore mi riconosce parte dei ricavi) sulle mie
opere; settant’anni dopo la mia morte, la mia opera è di pubblico dominio, il che
significa che i diritti di utilizzazione economica decadono e per diffondere la mia
opera non è necessario pagare.
Nel 1984 Richard Stallman, un noto hacker americano, ha creato il concetto di
copyleft: ossia un modello di gestione del diritto d'autore basato su un sistema di
licenze in cui l’autore indica come l’opera può essere utilizzata, diffusa, talvolta
modificata e addirittura diffusa in forma modificata.
Nel 2001 Lawrence Lessig, giurista e professore di legge, ha fondato Creative
Commons, un’organizzazione non profit che si occupa della diffusione delle opere
della creatività e che crea una serie di licenze (le licenze Creative Commons,
appunto) che permettono di trasmettere alcuni diritti al pubblico e di conservare gli
altri. Tali licenze si basano su quattro condizioni (attribuzione, non commerciale,
non opere derivate e condividi allo stesso modo) che combinate danno origine a sei
diverse licenze: per ogni mia opera io verrò citato come autore, posso decidere di
concederla o meno per l'uso a scopo commerciale, posso permettere o no la sua
modifica, posso imporre che venga rilasciata con la stessa licenza.
Scegliere una licenza di tipo copyleft per la mia opera significa semplificarne l’uso e
la diffusione: mentre il diritto d’autore tradizionale prevede che tutti i diritti siano
riservati e che quindi qualsiasi uso dev’essere autorizzato da me, le licenze Creative
Commons e altre similari chiariscono all’origine quali sono le libertà che il lettore/
fruitore ha e quali diritti invece si è riservato l’autore.
QUANDO IO DIVENTA NOI
Pubblicare un testo in rete è spesso l’inizio di una discussione: i miei contatti (ossia
le persone che mi seguono e che leggono quel che scrivo abitualmente o in maniera
saltuaria) commentano, lasciano apprezzamenti, suggeriscono modifiche. È il primo
passo per fare crescere quello che ho scritto grazie alla collaborazione degli altri.
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Scrivere e pubblicare in rete
Un’altra opportunità che devo tenere presente è la possibilità di scrivere un testo in
maniera collaborativa, ossia insieme ad altre persone che, magari, non ho mai
nemmeno visto.
Perché farlo? Le ragioni sono tante: opportunità, tempi, risultati migliori... sono
solo alcune delle risposte possibili. Scrivere con altri mi permette di confrontarmi
con punti di vista differenti, facendo interagire le mie opinioni con quelle altrui, per
trovare delle conclusioni fuori dall'ordinario.
Molti progetti (come ad esempio Wikipedia, la nota enciclopedia online) si basano
sull’assunto che “tanti è meglio” e che sia sufficiente uno scopo chiaro per far
evolvere un progetto senza necessità di una redazione che ordini e coordini il
lavoro, perché il gruppo è in grado di autoregolarsi.
Ecco alcuni suggerimenti per lavorare insieme proficuamente:
• è necessario affiancare alla stesura dei testi uno spazio di discussione
• poter interagire sullo stesso testo e possibilmente tenere traccia delle diverse
revisioni semplifica la stesura
• la discussione e la stesura possono procedere di pari passo
• è necessario darsi alcune regole base sullo stile da adottare e sulla struttura
del testo
• eventuali conflitti o dubbi vanno sciolti prima di procedere
L’imperativo, dunque, per collaborare è discutere ampiamente.
HOBBY O MESTIERE
È sempre più frequente vedere in libreria nuovi volumi scritti da blogger. Si tratta di
romanzi o opere di narrativa tratti dai blog e rielaborati per la pubblicazione o di
veri e propri saggi in cui blogger o persone molto attive in rete condividono la loro
esperienza e quel che hanno appreso nel loro percorso.
Di solito si tratta di fenomeni che hanno già una loro notorietà in rete e che la carta
si “limita” a immortalare.
Come si misura la visibilità? Secondo uno studio della Bocconi sulle mamme
blogger, il mio blog è tanto più visibile a seconda della quantità e frequenza con cui
pubblico i contenuti, quanto è aperta la piattaforma che uso e quanto è vasta la mia
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Scrivere e pubblicare in rete
rete di contatti (quanti blog linko e a loro volta mi linkano, e quanti commenti
ricevo).
Trasformare il mio blog da hobby a fonte di guadagno seppur modesto, richiede un
minimo di scaltrezza e pianificazione: devo avere chiaro in mente che la visibilità è
un mio obiettivo e lavorare costantemente ad essa, costruendo il mio network con
impegno. Le possibilità che mi si possono aprire sono diverse:
• come citavo in apertura, il mio blog potrebbe diventare un libro
• se ho tante visite potrei mettere della pubblicità sul mio sito
• potrei rivendere la professionalità acquisita nel curare il mio blog e la mia
rete di contatti
LA RETE DI CARTA
Se tradizionalmente è l’editore colui che rende possibile la pubblicazione di
contenuti di qualsiasi tipo, in rete questo concetto è stato ormai scardinato e
l'accesso, soprattutto al mercato dell’informazione, aperto a tutti.
Sebbene la rete non demonizzi la figura dell'editore, all’atto pratico questo sembra il
risultato più ovvio degli avvenimenti in corso.
Sottolineo questo concetto perché tuttora, nonostante il potere della rete, la
consacrazione di un’opera avviene quando questa viene portata su carta o
pubblicata tramite canali ufficiali (un mio articolo che viene accettato per un
convegno e pubblicato nei suoi atti, un mio paper che diventa capitolo di un e-book
che non mi autoproduco, il mio blog che rinasce libro) e l’ossimoro tra l'azione e la
considerazione mi fa pensare.
Il fattore 2.0 che da qualche anno sovverte il naturale ordine delle cose in tutti gli
ambiti in cui il web può arrivare, sta costringendo i mercati ad evolversi: abbiamo la
possibilità di leggere senza libro, scrivere senza penna, navigare senza un mare,
pubblicare un testo che non avrà mai una versione finale perché cambia e cresce
nutrendosi dei commenti.
Il web si presenta davanti al potenziale autore e all’editore come uno spazio nuovo e
diverso che nonostante le apparenze non rigetta i modelli noti, ma li costringe ad
adattarsi a sé.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
IL TUO SITO:
COME FUNZIONA E COME SI PRESENTA
di Corrado Pizzi
L’autore
Corrado Pizzi lavora nella scena del digitale dal 1995. E’ stato direttore creativo, project manager,
sviluppatore, grafico. Dal 2004 lavora con clienti importanti e realizza progetti propri attraverso
l’agenzia Cubica. Crede nel valore del progetto e della strategia e coltiva la creatività come forma di
intelligenza applicata alla realtà. Insegna per gioco, ma lo fa seriamente, allo IED dal 2005.
Cubica
E’ una agenzia di comunicazione fortemente focalizzata sulla progettazione di siti web, web
application e soluzioni di comunicazione interattiva. L’agenzia svolge per i propri clienti attività di
consulenza progettuale in ambito strategico, creativo e tecnologico. A volte fornisce
l’implementazione delle soluzioni a volte ne segue unicamente la corretta esecuzione mantenendo
un ruolo di supervisione. Nelle soluzioni Cubica è libera da logiche obbligate di prodotto o di
tecnologie proprietarie e offre la propria neutralità come valore per progetti con una forte
componente di personalizzazione.
www.cubica.eu
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
IL TUO SITO
Hai i migliori contenuti: originali e appetitosi per il target che pensi ti porterà tra le
star del web.
Ti sei procurato i migliori commerciali e una strategia vincente per guadagnare
visitatori.
Ma ti sei occupato come si deve del tuo sito? Il tuo sito è il cuore del tuo business,
è la casa dei tuoi contenuti e forse aspira ad essere una casa anche per i tuoi utenti,
se vuoi ospitare una community: progetta con cura il tuo prodotto, nei suoi due
aspetti principali: come funziona e come si presenta. E sii sempre pronto a
rivedere, modificare e migliorare le tue scelte.
COME FUNZIONA
Il fatto che tu non abbia competenze tecniche non è una giustificazione per
prendere sottogamba il tema “come funziona”.
C’è chi delega valutazioni e scelte tecniche sul funzionamento del proprio sito al
responsabile tecnico, tu non farlo. Il funzionamento del tuo sito impatta sul costo di
esercizio: quanta fatica (e quindi tempo, ovvero denaro) richiede l’aggiornamento e
la manutenzione delle varie sezioni, la rapidità con cui la struttura può essere
modificata per far spazio ad una nuova idea o ad un progetto speciale. Faresti
scegliere la tua nuova automobile al tuo meccanico?
Il CMS - content management system
In parole povere - se già non lo sai - è il software che permette l’inserimento e la
gestione dei contenuti del tuo sito. Se non lo hai già fatto ti troverai a dover
sceglierne uno: come? Esistono molti CMS e i criteri e parametri da tenere in
considerazione sono davvero tanti. Proviamo a fissare alcuni punti e rispondere a
domande comuni.
Ne uso uno già fatto o faccio il mio?
E’ una questione di buon senso: quanti siti esistono on-line realizzati con CMS
commerciali o opensource (e quindi potenzialmente accessibili anche da te)?
Possibile che tra questi siti nessuno abbia esigenze simili o uguali alle tue?
Andiamo...
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Un CMS esistente
Il tuo CMS
E’ già testato
Va testato (sulla pelle dei tuoi utenti?)
Costa meno
Costa sicuramente di più di una
soluzione equivalente già pronta
Ha più possibilità di sopravvivere nel
tempo (= evolvere in funzione del
progresso tecnologico)
Invecchierà più in fretta di quello che
pensi
E’ documentato
C’è una cosa che uno sviluppatore
odia più di modificare il codice altrui:
scrivere documentazione
Allora perché qualcuno dovrebbe sviluppare il proprio CMS? Ci sono due possibili
ragioni per farlo.
1. Oltre ad avere un progetto editoriale hai la capacità produttiva per farlo
(chiamiamola una web factory, ma potrebbe anche essere un bravo
sviluppatore) e hai intenzione di rendere il tuo CMS un prodotto
commerciale, o un prodotto open source su cui impostare un business.
(nota che la frase si compone di due condizioni che devono essere
entrambe soddisfatte. No, non è sufficiente la prima).
2. Il tuo fornitore di tecnologia ha individuato nel tuo progetto editoriale un
primo caso d’uso per un CMS che intende sviluppare e rendere un
prodotto. Anche in questo caso è fondamentale che ci sia l’intento
realistico e realizzabile di trasformare il CMS in un prodotto.
In questo secondo caso deve essere chiaro che il costo dello sviluppo del CMS non
deve essere interamente caricato sulle tue spalle: tu sei l’utente privilegiato che può
avere il prodotto disegnato attorno a sé ma sei anche la cavia che farà test gratuiti
per la web factory.
Se una ditta automobilistica ti proponesse di disegnare una automobile (il nuovo
modello da lanciare sul mercato) esattamente sulle tue esigenze a patto di poter
contare sui tuoi feedback in tutta la fase di progettazione e sviluppo, quanto ti
aspetteresti di pagare l’autovettura? Più o meno come la pagheranno il secondo e il
terzo cliente!
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Se invece una ditta ti proponesse di disegnare una auto in versione unica, solo per
te, per poi abbandonare il progetto... la compreresti? Ovviamente no, se ne hai
bisogno per andarci a lavorare tutti i giorni e portarci la famiglia in vacanza.
Molti CMS sono sufficientemente integrabili e personalizzabili per diventare il tuo
CMS senza per questo dover partire da zero. Esistono molti prodotti che sono da
intendersi più come framework che come prodotti finiti: sono veri e propri kit di
montaggio che permettono di costruire qualcosa di molto specifico per te.
OpenSource o Commerciale?
La scelta del CMS dovrebbe essere fatta principalmente valutando le funzionalità in
base alle esigenze e ponderando il rapporto costi/benefici. La dicotomia
OpenSource / Commerciale è apparentemente sostanziale ma nei fatti questo tipo
di distinzione tra i CMS può essere quasi ignorata. Semplicemente scegli secondo
altri fattori, il tipo di licenza è un dettaglio contrattuale. A supporto di questa
visione considera questi fatti:
Commerciale non vuol dire più affidabile.
Un prodotto commerciale soffre potenzialmente delle stesse vulnerabilità di uno
OpenSource ma per sua stessa natura è meno soggetto a controlli: bug e falle di
sicurezza sono individuati e eventualmente corretti solo dal proprietario del
software, secondo modalità e tempi da lui stabiliti. I prodotti OpenSource sono
sotto costante esame di molti più sviluppatori e possono mediamente contare sul
contributo di molte più persone, sia per lo sviluppo che per la parte di test.
OpenSource non vuol dire meno costoso
Risparmiare sulla licenza non vuol dire risparmiare in assoluto. Con un CMS
OpenSource potresti ritrovarti a spendere per installazione e personalizzazione più
un prezzo di licenza che già le comprende.
Prigioniero di un prodotto
Cambiare CMS non deve essere impossibile. E’ importante che esista una “exit
strategy” percorribile. OpenSource non da necessariamente più garanzie di migrare
i contenuti rispetto ad un prodotto Commerciale, purché chi cha disegnato il
prodotto abbia previsto l’eventualità che il cliente intenda cambiare CMS!
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
E allora cosa scelgo? prima guarda le funzionalità.
Qualsiasi buon CMS viene presentato attraverso un elenco di funzionalità. Sono in
bella vista sul sito, o sulla brochure. Nessuno sa meglio di te se una feature ti
servirà o meno, non farti prendere dalla smania di scegliere il prodotto che ne ha di
più: un maggior numero di funzionalità non significa che sia più adatto per te.
Feature
Cos’è?
Ti serve?
friendly url
Le pagine del tuo sito, invece
di avere indirizzi sgradevoli
del tipo www.tuosito.com?
cat=12&art=44 li avrà del
tipo www.tuosito.com/
ricette/gnocchi-allaromana
Gli esperti di Seo consigliano
l’uso -se possibile- di friendly
url. Ma la verità è che i motori
di ricerca non si
scandalizzano poi così tanto
se non trovano indirizzi
eleganti. L’utente
difficilmente si ricorda un
indirizzo di un articolo a
memoria o lo detta al
telefono. In definitiva non far
condizionare la tua scelta
dalle friendly url.
versioning dei contenuti
A ogni modifica del
contenuto la versione
precedente viene salvata, in
modo da tener traccia degli
aggiornamenti e poter tornare
indietro agevolmente.
E’ una funzionalità comoda,
ma non essenziale. Non viene
usata spesso ma quando per
necessità viene sfruttata salva
ore di lavoro e evita
esaurimenti nervosi.
anteprima
La possibilità di visualizzare
un contenuto inserito ma non
pubblicato così come
comparirà sul sito.
Serve molto se il redattore ha
effettive possibilità di
intervento sull’impaginazione
dei contenuti (e questo
dipende da scelte
sull’implementazione del
sito).
I18n
Internationalization (18
caratteri tra la i iniziale e la n
finale).
Indovina? Ti serve se il tuo
sito è multilingua o
potenzialmente lo diventerà.
Diversamente ignora questa
feature.
Gestione di contenuti
multilingua e localizzazione in
lingua dei formati (ad es.
formato della data).
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Feature
Cos’è?
Ti serve?
pubblicazione programmata
Permette di stabilire che un
contenuto venga pubblicato
automaticamente da una data
(e ora) ad un’altra.
Per valutare l’utilità di questa
feature devi conoscere i tuoi
flussi redazionali. In alcuni
casi i redattori preparano gli
articoli e poi ne
programmano la
pubblicazione scaglionata in
modo da non lasciare troppo
tempo senza che venga
pubblicato qualcosa di
“fresco”.
rss / atom / ecc. (content
syndacation)
E’ la possibilità di estrarre i
contenuti del tuo sito (in
versione completa o parziale)
in un formato digeribile dai
lettori RSS o da un altro sito
che voglia mostrare
automaticamente link
aggiornati ai tuoi articoli.
Sì, fidati.
contenuti personalizzati
Per esempio, se il tuo sito
recensisce film, ti permette di
creare uno “scheletro” di
contenuto dove i campi
ricalcano fedelmente quelli
presenti nella recensione
(titolo, titolo originale, regista,
attori principali, recensione,
giudizio...).
E’ utile se il tuo sito dovrà
gestire contenuti molto
strutturati (recensioni, ricette,
manuali, diete). Poco utile se
il tuo sito contiene “articoli.
editor WISIWYG (o rich text
editor)
Per scrivere come se stessi
utilizzando un editor di testo,
inserendo grassetti e corsivi,
colori, tabelle.
L’eccessiva flessibilità
nell’impaginazione dei
contenuti è un’arma a doppio
taglio, ricordati che con un
editor completo il tuo
redattore rischia di
improvvisarsi grafico e
stravolgere il layout del sito.
Da un grande potere derivano
grandi responsabilità.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Feature
Cos’è?
Ti serve?
in-page editing
Inserisci i contenuti
direttamente nella gabbia del
sito, visualizzandolo come lo
vedrà l’utente finale.
Quando ben implementata è
una splendida funzionalità
(non può e non deve essere
l’unico modo di inserire e
modificare contenuti). Spesso
richiede un notevole sforzo a
chi sviluppa il sito per farla
funzionare correttamente.
asset manager
Tutte le immagini e i file
(video, audio ecc) caricati nel
sito in un unico posto.
Molto utile soprattutto per
siti di medie-grosse
dimensioni.
workflow di pubblicazione
Organizzazione del workfow
editoriale in step fissi o
flessibili che vedono utenti
diversi occuparsi di redazione,
revisione e pubblicazione dei
contenuti.
Nelle grosse redazioni è utile
per organizzare il lavoro. Ma
non sperare di risolvere il
problema della divisione dei
compiti e dell’organizzazione
delle persone con un software
che controlla se un utente ha
o meno i permessi per fare
una azione.
commenti e moderazione
Gestione dei contributi degli
utenti.
Se nel tuo sito i contenuti
devono essere commentabili
valuta con attenzione come è
implementata questa
funzionalità nel CMS:
esistono dei filtri anti spam? è
facile individuare e processare
i commenti in attesa di
moderazione?
1000 template già pronti
Alcuni CMS offrono la
possibilità di utilizzare temi e
template già pronti.
Forse vorrai che il tuo sito sia
diverso da tutti gli altri ma
partire da qualcosa di
esistente potrebbe rendere il
lavoro più facile e veloce.
creatore di form
Un editor per costruire form
con i quali raccogliere
informazioni dagli utenti.
Se non hai regolarmente
nuove informazioni da
raccogliere con struttura
sempre differente ignora
questa funzionalità.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Feature
Cos’è?
Ti serve?
Applicazioni integrate (chat /
forum / sondaggi / profilo
utenti/ calendario eventi/
sondaggi...).
Molti cms integrano
applicazioni specifiche per
community e user generated
content.
Ricorda che esistono anche
soluzioni alternative a quelle
che ti offre il cms, spesso
meglio realizzate e di facile
integrazione. In generale non
cercare un prodotto che
faccia tutto, cerca un prodotto
che faccia bene quello che ti
serve.
ASP / miei server
Alcuni prodotti possono
essere acquistati come
servizio: sono installati su
server di terzi e non ti devi
occupare di installazione o
manutenzione delle macchine.
Verifica correttamente questa
opzione confrontando i costi.
Ma ricorda, nell’opzione “tuo
server” di includere oltre ai
costi del server i costi di
installazione e di
manutenzione.
Privilegi dettagliati
Accessi differenti
all’amministrazione per ogni
utente, fino ad accessi limitati
a determinate azioni sui
singoli campi di ogni
contenuto.
Utile per implementare
workflow complessi. Ancora
una volta non sperare che un
software riesca a dividere i
compiti tra le persone meglio
di come possa fare un buon
responsabile editoriale.
Multisito
Alcuni cms con una singola
installazione permettono di
amministrare più siti.
Il vantaggio è la potenziale condivisione di contenuti e
asset. Ma avere più siti legati
alla stessa installazione del
cms può rendere più
complessi gli interventi
strutturali sul singolo sito.
Statistiche
Alcuni cms offrono un tool di Esistono molti strumenti
statistiche interno.
sofisticati di semplicissima
integrazione (uno su tutti
Analytics di Google). Non
scegliere il cms in base al suo
tool di statistiche, non
scartarne uno perchè non ce
l’ha.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Feature
Cos’è?
Ti serve?
Newsletter
La possibilità di gestire e
inviare newsletter
direttamente dall’interfaccia
del cms.
Se parte del tuo business è
legato alla newsletter forse
preferirai avere un tool
dedicato per questa attività,
che permetta di avere
statistiche su invii e aperture e
gestire le registrazioni. Se
l’invio di newsletter è una
attività collaterale al tuo core
business avere uno strumento
integrato che permetta di
includere parte dei contenuti
pubblicati sul sito
direttamente nelle email può
essere molto comodo.
Funzionalità di ecommerce
Alcuni Cms integrano
funzionalità base di
ecommerce.
Se il tuo sito è un ecommerce
scegli una applicazione
dedicata. Non hai idea di
quanto tempo e denaro
risparmierai avendo un
software ben fatto per gestire
ordini, magazzino ecc. Se
invece ogni tanto ti capiterà di
“sperimentare” la vendita,
magari di uno o due prodotti,
non farti limitare nella scelta
da questa funzionalità. Potrai
comunque integrare nel tuo
sito un semplice carrello con
facilità.
Sei più confuso di prima.
Se credi che questa breve guida abbia complicato la questione invece di
semplificarla è un buon segno: hai capito quanti e quali sono i fattori che devono
incidere sulla scelta di un buon CMS. Dedicati a comprendere a fondo le tue
esigenze e quindi esplora le possibilità con maggiore cognizione di causa: la
descrizione precisa di un problema il più delle volte coincide con la sua soluzione.
Fatti aiutare nella scelta da un buon consulente (ma non lasciare scegliere a lui!):
meglio saprai spiegargli di cosa ha bisogno il tuo sito e come vuoi organizzare il tuo
lavoro, più sarà facile individuare insieme la soluzione più adatta per te.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
COME SI PRESENTA
Che aspetto avrà il tuo sito? L’aspetto grafico e l’organizzazione del tuo sito
determineranno il suo successo almeno quanto i contenuti. Anche in questo caso,
sia che tu stia iniziando, sia che ti stia preparando ad un restyling, non lasciare che il
processo progettuale e creativo si riduca ad una battaglia tra la squadra dei grafici
che disegna e quella degli sviluppatori che implementa le pagine.
Esiste una figura professionale (o quanto meno una funzione professionale) che ti
deve affiancare in questa fase: il web architect. Non è necessariamente un grafico,
né un tecnico, ma padroneggia sufficientemente i due mondi per comprendere
possibilità e limiti da mettere al servizio dell’architettura dei tuoi contenuti nel sito. Come detto quello che conta sono le sue competenze, non quello che c’è scritto sul
suo biglietto da visita. Se non hai il tuo web architect ecco la prima sorpresa: il tuo
web architect sei tu!
Il colpo d’occhio: la forma suggerisce la funzione
Se il tuo sito alla prima occhiata sembra un certo tipo di sito, un alto numero di
utenti penserà che lo è. Un mio amico viveva al piano terra, e le porte vetrate di
casa sua davano sul marciapiede. Nella “zona giorno” un bancone con degli sgabelli
separava la cucina dalla sala: la casa del mio amico sembrava un bar. Ecco gli
effetti:
• I passanti si affacciavano e cercavano di entrare a casa del mio amico, chiedendo
da bere.
• Molti amici e conoscenti cominciarono a vivere ed usare casa del mio amico come
se fosse un bar, dandosi regolarmente appuntamento a casa sua per l’aperitivo.
La mente umana è furba e pigra e invece che esaminare ogni oggetto a fondo per
scoprirne caratteristiche e funzioni preferisce ricondurre, se riesce, quello che vede
ad un archetipo. Ha quattro gambe ed è piatto? è un tavolo. Ha un cinturino e un
display? è un orologio.
La stessa cosa succede con i siti: ha una barra di navigazione a destra e una lista
uniforme di contenuti? E’ un blog. Ha un grosso campo di ricerca al centro della
pagina? E’ un motore di ricerca. C’è una griglia uniforme di piccole immagini? è un
sito di video.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Non ignorare questo fatto e cerca di sfruttarlo a tuo vantaggio: se la tua scelta di
design originale rinnega eccessivamente l’archetipo cui il tuo sito dovrebbe far
riferimento rischi di essere scambiato per quello che non sei o non vuoi essere.
Il Banner bistrattato
Se stai leggendo questo ebook ci sono buone probabilità che il tuo progetto
editoriale sul web abbia un modello di business che prevede la presenza di
pubblicità sulle pagine.
Il che nel 90% dei casi significa banner. Non fare l’errore di cercare di posizionare i
banner nei contenuti dopo aver terminato il progetto grafico del sito: scegli
piuttosto subito quali posizioni vuoi che il tuo sito offra in ogni sezione e
disegna il sito attorno ad esse. Si vede quando un banner è aggiunto dopo, lo vede
anche l’utente. E l’effetto è un utente meno ricettivo nei confronti del messaggio
pubblicitario e più infastidito da quello che percepisce visivamente non come un
elemento costitutivo della pagina ma come un ostacolo alla fruizione del contenuto.
Maggiori page view = più impression = più soldi?
Secondo il modello di revenue basato sulle impression, apparentemente un sito
disegnato per far cliccare di più l’utente fa guadagnare di più. Questa falsa verità ha
creato dei mostri:
• in alcuni siti gli articoli lunghi sono divisi in più pagine (come se lo spazio
disponibile in una pagina fosse limitato!!).
• alcuni siti sembrano (=sono) disegnati con lo specifico intento di “far
perdere” l’utente che seguendo foto e strilli degli articoli impiegano anche 4 o
5 click per raggiungere il contenuto desiderato.
Se il tuo sito offre contenuti di qualità ed è ben disegnato non hai bisogno di questi
stratagemmi per rubare impression al tuo utente. Inserisci link nei contenuti ad altre
pagine che trattano gli argomenti citati, proponi al termine dell’articolo
approfondimenti o argomenti correlati, il tuo utente rimarrà sul tuo sito più a
lungo generando lo stesso numero di impression -ma di qualità maggiore- e tornerà
a visitarti contento del servizio.
Misura la validità del tuo sito non in pagine viste per utente ma in tempo speso sul
sito per utente. Se l’ utente passa mediamente più tempo sul tuo sito a parità di
pagine vuol dire che i tuoi contenuti sono bene organizzati: il tempo è usato per
leggere o guardare, e non per cercare!
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Albero, wireframe, layout, implementazione
Non esiste una regola assoluta per il miglior processo di design o re-design di un
sito: la ragionevolezza porta però ad organizzare il lavoro in modo da avvicinarsi
alla soluzione cercando di affrontare la fase di layout e implementazione solo
quando la strada è tracciata a tal punto che la necessità di correzioni e revisioni sia
davvero minima.
Albero
Organizzare i contenuti in aree e sezioni ti aiuterà a capire quali sono le singole
pagine e tipologie di pagine che dovrai disegnare per realizzare il tuo sito. Sarà
inoltre di enorme aiuto per definire la navigazione e i menu.
Comincia ad organizzare i tuoi contenuti secondo criteri gerarchici e tassonomici
fino a definire un albero. Ci sono diverse tecniche per farlo, una molto efficace che
ti può aiutare è quello del “card sorting”, una rapida ricerca su Google ti può aiutare
a metterlo in pratica. Che tu abbia scelto di usare cartoncini o post-it o un file di
testo indentato non passare alla fase successiva fino a quando non siano definite
aree e sezioni del sito e tu non abbia la sensazione di aver individuato l’80% di
pagine e tipologia di pagine da realizzare.
Wireframe
Una volta catalogato e raggruppato i tuoi contenuti puoi cominciare a lavorare al
wireframe: è lo schema del tuo sito, che riporta pagina per pagina gli elementi
funzionali e i blocchi di contenuto. Per i blocchi di contenuto usa del finto testo ma
cerca di usare i testi definitivi per i titoli, gli elementi di interfaccia e le voci di menu.
Non preoccuparti troppo della disposizione degli elementi nel wireframe: posiziona
i blocchi in modo da evidenziare l’importanza di ogni elemento, la resa visiva sarà
stabilita nel layout (la rilevanza al contenuto può essere data con la posizione, con il
colore). Prova a “navigare” il wireframe, seguendo i link da una pagina all’altra. Se
la risposta alla domanda “dove porta questo link?” non è una delle pagine che hai
disegnato (e il link non porta ad un sito esterno) il tuo lavoro non è finito. Disegna
tutte le pagine nel wireframe prima di passare all’implementazione.
Layout
Non è necessario che il wireframe sia terminato per lavorare al layout. Ti è
sufficiente avere definito le componenti di interfaccia comuni a tutto il sito e i
contenuti di un paio di pagine. Con questi elementi puoi già lavorare al look and
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55
Il tuo sito: come funziona e come si presenta
feel del sito. Non iniziare a disegnare la home page: nella hp del sito possono
trovare spazio un po’ di eccezioni alla struttura delle pagine interne che devono
invece essere consistenti e uniformi nell’uso dei colori e degli elementi.
Consistenza
Ciò che rende un sito tale non è il fatto che tutte le pagine siano raccolte sotto lo
stesso dominio ma la consistenza sostanziale e formale del sito con sé stesso: ogni
pagina risponde alle stesse regole compositive, i link sono sempre dello stesso
colore e se cambiano di colore lo fanno secondo uno schema preciso. I pulsanti
sono tutti fatti nello stesso modo e le immagini, se cliccate, hanno sempre lo stesso
comportamento. La consistenza formale e funzionale, oltre ad essere il caposaldo
delle linee guida da seguire nella costruzione di un sito, costituisce un vero e proprio
contratto con l’utente. L’utente conosce il tuo sito attraverso l’esperienza e impara
ad usarlo per induzione: se in tre pagine facendo click sul nome dell’autore di un
articolo si ottiene la pagina con il profilo dello stesso, non deve accadere che nella
quarta lo stesso link porti alla lista degli articoli di quell’autore.
Allo stesso modo se lo sfondo azzurro è stato scelto per caratterizzare i contenuti
inseriti dagli utenti non deve essere utilizzato per un box di istruzioni per recuperare
la password.
Violare la consistenza del proprio sito è fare un torto all’utente. E’ come infrangere
la parola data. Cerca di circoscrivere le eccezioni e appena possibile riportarle in
regime di consistenza o di deformare il tuo sistema di regole in modo che
comprenda anche queste.
Per completare il layout del sito non è necessario disegnare tutte le pagine. Ma è
importante che vengano disegnati almeno una volta tutti i componenti che
costituiscono il sito.
Implementazione
Puoi implementare i template html del sito anche senza realizzare il layout di tutte le
pagine. Ma devi avere il wireframe di ogni pagina che va realizzata, e i layout devono
comprendere almeno un esempio di ogni tipologia di elemento o blocco funzionale
da implementare. Cerca di tener presente nell’implementazione tutte le pratiche più recenti di web
semantico e di seo: intervenire a posteriori è più complesso e comporterà sforzi e
costi aggiuntivi.
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Il tuo sito: come funziona e come si presenta
Come è venuto?
Tu sei la persona meno indicata per dirlo. Conosci troppo bene il tuo sito, sei
emotivamente (ed economicamente! ) eccessivamente coinvolto. Lascia giudicare
l’utente e fai tesoro del suo giudizio. Come? Prima scopri come gli utenti usano il
tuo sito analizzandone il comportamento attraverso le statistiche o mezzi più
sofisticati, come i software in grado di registrare la posizione del mouse e il punto
di click. Poi cerca di capire perché lo usano così. Il modo migliore è osservare gli
utenti svolgere dei compiti assegnati (“trova la tale informazione”, “modifica i dati
del tuo profilo”). E scopri con gli utenti come migliorarlo, chiedendo (con un
sondaggio, o con una discussione su web) e sperimentando (rendi disponibile
un’anteprima del nuovo sito agli utenti e lasciala provare, raccogli feedback e fanne
la leva per migliorare).
E anche quando sarai soddisfatto, e i tuoi utenti saranno appagati... preparati a
cambiare perché sul web niente è per sempre.
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Indicizzazione e promozione: importanza e problemi d’ingresso
INDICIZZAZIONE E PROMOZIONE:
IMPORTANZA E PROBLEMI
D’INGRESSO
di Antonio Censabella
L’autore
Nel 1998 ho fondato la A&A Communications Srl, società proprietaria dei portali www.sussidiario.it
(creato dal sottoscritto) e www.matura.it (acquisito nel 2007). L’azienda è il maggiore editore online
del centro-sud Italia. Dal 1 Settembre 2009 la A&A Communications Srl è esclusivamente l’editore
proprietario dei portali, che invece sono gestiti dalla Multimedia Records Srl, società per la quale io
ricopro il ruolo Business Developer Manager per l’intero network editoriale.
http://antoniocensabella.matura.it/
www.e-specialist.it
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Indicizzazione e promozione: importanza e problemi d’ingresso
GOOGLE NEWS: IMPORTANZA STRATEGICA
Google News è il sito di notizie generato automaticamente che raccoglie articoli di
notizie da oltre 250 fonti di informazione in lingua italiana provenienti da tutto il
mondo e che raggruppa articoli dal contenuto simile e li visualizza in base
all’interesse personale di ogni lettore.
Generalmente i lettori di news scelgono prima una pubblicazione giornalistica e poi
ricercano al suo interno le notizie di maggiore interesse. Google News agisce in
maniera un po’ diversa e ha l’obiettivo di offrire ai lettori un numero maggiore di
opzioni personalizzate e una più ampia varietà di prospettive da cui scegliere.
Google News offre link a diversi articoli che trattano lo stesso argomento. In
questo modo sarà il lettore a scegliere da quale fonte di notizie leggere gli argomenti
che interessano di più. Facendo click sul titolo che si preferisce si passa
direttamente al sito che ha pubblicato l’articolo.
Gli articoli di Google News vengono selezionati e classificati da computer che
valutano, tra le altre cose, la frequenza e il tipo di siti su cui l’articolo appare in rete.
Google News è democratico; infatti gli articoli vengono ordinati senza tener conto
di punti di vista politici o ideologici e in tal modo il lettore potrà scegliere da
un’ampia varietà di prospettive sulla stessa notizia.
Lo staff di Google migliora continuamente Google News aggiungendo nuove fonti
di informazione, mettendo a punto la propria tecnologia e offrendo questo servizio
ai lettori di un numero sempre maggiore di Paesi.
COME FUNZIONA GOOGLE NEWS
I titoli vengono selezionati esclusivamente tramite algoritmi informatici sulla base di
una serie di fattori, tra cui la frequenza e il tipo di siti in cui un articolo viene
pubblicato sulla rete.
Google News non ha redattori che selezionano i titoli o decidono quali notizie
meritino il miglior posizionamento. Ciò è in linea con la tradizione della Ricerca
Google, che si basa sul giudizio collettivo degli editori online per determinare i siti
che offrono le informazioni più affidabili e pertinenti.
Analogamente, Google News si basa sulle scelte collettive dei siti di informazione
online per stabilire quali articoli meritino maggiormente di essere visualizzati nella
nostra home page.
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Indicizzazione e promozione: importanza e problemi d’ingresso
La pagina standard di Google News è costituita dalla sezione “Prima pagina” e da
otto sezioni standard: Esteri, Italia, Economia, Scienze e tecnologie, Sport,
Spettacoli, Salute e Più letti.
Queste sezioni sono disponibili in tutte le versioni locali di Google News. La
sezione “Prima pagina” offre articoli basandosi sulla frequenza con cui essi
appaiono sui siti di notizie, mentre la sezione “Più letti” della home page di Google
News propone gli articoli più letti dell’edizione di Google News che stai leggendo
(ad es. Italia).
Google News è disponibile al momento in oltre 40 edizioni locali e in numerose
lingue, tra cui arabo, cinese, coreano, ebraico, francese, giapponese, greco, inglese,
italiano, hindi, norvegese, olandese, portoghese, russo, spagnolo, svedese e tedesco.
Ogni edizione è personalizzata con notizie specificamente indirizzate al pubblico di
destinazione. Se l’edizione che stai leggendo non è la tua preferita, puoi utilizzare la
barra di scorrimento per selezionare l’edizione desiderata dall’elenco.
La tecnologia di raggruppamento di Google News è quella di prendere in
considerazione numerosi fattori: titolo, testo e ora di pubblicazione di un articolo.
Vengono infatti presi in considerazione diversi algoritmi di raggruppamento per
identificare gli articoli ritenuti più strettamente correlati tra loro.
La sezione “Più letti” di Google News viene aggiornata continuamente con gli
articoli più selezionati dai lettori.
Per richiedere l’inclusione di un sito in Google News, puoi inviare l’url all’indirizzo:
http://www.google.com/support/news_pub/bin/static.py?page=contact_policy.cs
Google News ordina automaticamente i risultati di ricerca in base alla loro
pertinenza ai suoi termini di ricerca.
Feed RSS
Nell’intento di consentire a tutti gli utenti un più facile accesso agli aggiornamenti
sugli argomenti di loro interesse, Google News offre i feed RSS e Atom di Google
News. I feed sono disponibili per qualsiasi sezione di Google News (ad esempio,
Sport o Economia), per i risultati delle ricerche su Google News e per la sua pagina
personalizzata di Google News.
I feed di Google News sono disponibili nei formati RSS 2.0 e Atom 0.3.
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Indicizzazione e promozione: importanza e problemi d’ingresso
REQUISITI DI GOOGLE NEWS: IMPORTANZA E PROBLEMI
D’INGRESSO
Se il tuo sito ha risorse notiziabili, ottenere traffico verso il tuo sito tramite Google
News è uno dei modi migliori per avere il massimo ritorno.
Lo strumento di ricerca di notizie di Google da una parte ha modificato
sensibilmente il modo di fruizione delle news online, d’altra parte può essere ben
sfruttato per ottenere traffico aggiuntivo al proprio sito.
Ovviamente, come viene ricordato da parte dello staff di Google News, non tutti i
siti posso entrarvi, ma solo quelli che hanno alcune precise caratteristiche:
• aggiornamenti frequenti e quotidiani
• un editore alle spalle e uno staff dedicato
• una certa ‘presenza’ del sito che dia affidabilità alla fonte (non entrano siti
‘personali’)
Dalla mia esperienza diretta con piccoli editori sembra che Google ponga una sorta
di muro cui è possibile solo... sbattervi contro. Ma conosco anche webmaster che
hanno avuto facilissima vita nell’ingresso in Google News, e magari non sanno
spiegarsi come. Probabilmente è vero anche che Google News sia in una fase di
ristudio e selezione dopo un ingresso fin troppo permissivo nel passato.
Comunque. Riuscire a entrare in Google News diventa strategico per una serie di
siti, da quelli dedicati al piccolo comune, ma con un costante servizio di news, ai
grossi portali, ai blog verticali e a siti di vario genere, purchè facciano, nei dovuti
modi, notizia.
Google News diventerà Google Fast Flip?
Dai corridoi di Internet negli ultimi tempi corrono delle voci su Google News .
Google avanza una nuova proposta per le news online: Google Fast Flip, una sorta
di reader che facilita lo scorrimento delle news mettendo le fonti una affianco
all’altra, permettendo un revenue sharing che vada a premiare le partnership
raccolte.
L’idea che Google porta avanti è quella di Fast Flip, una sorta di reader online che
permette di scorrere le pagine in modo molto fluido e senza tempi di attesa,
costruendo un nuovo giornale tematico basato sui criteri di scelta dell’utente.
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Indicizzazione e promozione: importanza e problemi d’ingresso
Per realizzare la prima bozza di Google Fast Flip, il team di Mountain View si
è avvalso della collaborazione di testate quali New York Times, Atlantic,
Washington Post, Salon, Fast Company, ProPublica e Newsweek, i
quali condivideranno con Google le entrate pubblicitarie ottenute inseguito alle
inserzioni pubblicitarie che accompagnano la presentazione degli articoli.
Il servizio presenta una pagina principale con alcune proposte, quindi la solita
divisione per argomenti e infine il reader che permettere di scorrere le pagine
relative all’argomento cercato.
GOOGLE NEWS AIUTA L'INDICIZZAZIONE IN GOOGLE?
Secondo te GoogleNews aiuta i propri editori a indicizzare più velocemente le news
inserite?”
La risposta è: sì! Quando si è una fonte di Google News si ha un punteggio che
influisce sui risultati.
Una notizia viene accettata in “Google News”, trovi la stessa notizia indicizzata in
Google già dopo 5 minuti dalla sua pubblicazione.
I requisiti per essere inclusi in Google News comprendono:
1.
Requisiti off-line
Alle spalle del giornale online deve esserci una testata giornalistica vera e
propria: Google gradisce molto che la testata sia registrata presso le autorità
competenti (tribunali), anche se questo rimane un criterio preferenziale e
progetti editoriali esclusivamente online possono comunque avere accesso.
2.
E’ necessario:
• fornire un ottimo background storico del sito
• fornire eventuali premi o riconoscimenti ricevuti dal sito
• fornire le statistiche sul sito (adotta Google Analytics, se ancora non lo hai
fatto)
• fornire una profilazione quanto più dettagliata possibile sui tuoi editori e
autori
• avere un cospicuo numero di backlink da siti autorevoli
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Indicizzazione e promozione: importanza e problemi d’ingresso
• assicurarsi di avere notizie scritte in un ottimo italiano.
• assicurarsi che il sito sia conforme ai requisiti sulla qualità dei siti web
proposte da Google.
3.
Requisiti tecnici:
• ogni pagina che visualizza un (unico) articolo deve avere un url unico.
Google non include siti web che pubbicano più articoli (completi) nella
stessa pagina. Non sono ammessi differenti url che visualizzano uno stesso
articolo.
• l’url deve contenere l’ID_Articolo che deve essere unico (ovviamente) e
lungo almeno 3 cifre (il che implica che hai pubblicato almeno 999 articoli).
• Google non può includere i siti per i quali l’url della pagina principale
include una data. Url contenenti date spesso comportano aggiornamenti su
una base giornaliera o settimanale. Questo impedisce a Google di eseguire la
scansione del sito per i nuovi contenuti.
• utilizzare solo puro Html per gli articoli: evitare js, flash, etc...
Infine, se il sito è nuovo e soddisfa tutto quello che è stato detto, potrebbe essere
necessario comunque aspettare almeno un paio d’anni!
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Case history - ASCA
CASE HISTORY ASCA
di Umberto D’Agostino
!
Francesca Bruselles
Gli autori
Umberto D’Agostino è nato a Roma il 19 aprile 1964. Giornalista professionista dal 1989, si è
occupato di economia, politica, esteri. Caposervizio dal 1992, per l’Asca ha curato la redazione del
primo quotidiano online italiano e la gestione del sito web dell’agenzia.
Francesca Bruselles è nata a Roma il 18 agosto 1974. Nel 2008 ha conseguito presso HTML.it la
certificazione “HTML.it PHP Certified Professional” per la figura di “Webmaster con PHP”. Dal 2005
lavora all’Agenzia ASCA, come impiegato tecnico-commerciale. Per quanto riguarda in particolare il
web segue l’ideazione, la progettazione, la gestione e l’ampliamento del sito internet istituzionale
dell’agenzia e svolge operazioni di web-marketing per la promozione di sito internet e i rapporti con
la concessionaria di pubblicità.
ASCA
Fondata nel 1969, Asca si posiziona tra le maggiori agenzie di stampa italiane per gamma e
numero di prodotti, quali informazione giornalistica primaria, servizi di informazione finanziaria,
economia, politica, sociale, rassegne stampa e nuovi progetti di comunicazione predisposti da un
qualificato “staff” di giornalisti e collaboratori. I notiziari in tempo reale dell’agenzia sono sempre più
indirizzati a una maggiore caratterizzazione nei settori Economico, Finanziario, Tecnologico, Politico, Sociale, Regionale ed Europeo. Tra i primari clienti privati collegati ad Asca troviamo
società come Fiat, Telecom, Enel, Eni, Ferrovie dello Stato – importanti istituti bancari quali Banca
d’Italia, BNL Gruppo BNP Paribas, Intesa/SanPaolo, Unicredit/Capitalia – Associazioni quali
Confindustria, Cna, Ance, Confcommercio, Acri, Confartigianato.
www.asca.it
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Case history - ASCA
IMPORTANZA STRATEGICA
Umberto D’Agostino (redazione agenzia Asca)
Quando nel 1995 l’Asca cominciò a elaborare una presenza significativa sul web, in
pochi avevano in mente l’esatta dimensione del mezzo che di lì a poco avrebbe
lentamente trasformato il mondo dell’informazione.
Con il lancio di “Notiziapiù”, primo giornale online italiano realizzato allora con la
cooperazione di Telecom Italia, per la prima volta le cosiddette fonti di
informazione primaria non si rivolgevano più a un pubblico di soli addetti ai lavori,
ma a una vera platea di consumatori dell’informazione, in tutte le sue possibili
accezioni.
La tradizionale diffidenza con la quale nel mondo dell’editoria italiano vengono
accolte le novità, che fu poi la stessa che solo otto anni prima aveva accompagnato
l’avvento del computer al posto delle macchine da scrivere, e la lentezza con cui
Internet è diventato un fenomeno di massa in questo Paese, ha bloccato per molto
tempo le possibilità di diffusione della piccola editoria. Ma oggi, con i milioni di
utenti della rete che ogni giorno consultano decine di fonti di informazione, tutti,
piccoli e grandi, devono fare i conti con la nuova realtà, intravedendo finalmente dei
margini di ricavo, prima impossibili, grazie alla crescita del mercato pubblicitario sul
web.
I “content provider”, almeno quelli che non potevano contare su un marchio
riconoscibile al grande pubblico, sono cresciuti in maniera esponenziale acquistando
credito e visibilità grazie al fenomeno dei motori di ricerca, primo fra tutti Google
News, ma dovendo ricorrere ancora una volta ai propri mezzi di sostentamento per
accedere a un mercato le cui possibilità sono ancora tutte da esplorare, ma anche da
dimostrare. Mentre le grandi realtà editoriali hanno cominciato a porsi il problema
della diffusione a titolo gratuito di una grande mole di materiale coperto da
copyright.
Asca, prima fra le grandi agenzie di stampa italiane, ha fatto la scelta della
pubblicazione delle notizie tratte dai propri notiziari integralmente sul web, con
lusinghieri successi in termini di contatti, conferma della opportunità di unire la rete
ai mezzi tradizionali, raggiungendo potenzialmente l’universo della platea dei lettori,
con significativi ritorni sul piano delle risorse pubblicitarie.
La centralità del web nella progettazione e realizzazione dei prodotti di Asca è
confermata dalle recenti linee editoriali di rinnovamento dell’agenzia. Rimane
aperto, come per tutte le opere dell’ingegno, il tema dell’utilizzo dei materiali
prodotti da Asca e resi disponibili sulla rete.
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65
Case history - ASCA
Su segnalazione della Fieg, l’Autorità Antitrust ha avviato un’istruttoria per
verificare se Google News stia abusando della propria posizione dominante,
condizionando in modo illegittimo i mercati della raccolta e intermediazione
pubblicitaria online. Il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà ha sollecitato un
accordo fra il colosso americano, sul quale pesano possibili forti sanzioni, e gli
editori italiani, che contestano soprattutto i criteri di indicizzazione utilizzati dal
motore di ricerca per la sua rassegna stampa online e sottolineano gli scarsi ritorni
economici per i giornali.
Come è successo per gli e-book, il servizio di digitalizzazione dei libri, Google
sembra disposta a scendere a patti. Negli Stati Uniti è stato proposto ai quotidiani
un sistema per poter ricevere pagamenti di piccola entità in cambio di articoli e foto,
mentre è stato lanciato un nuovo servizio, Fast Flip, che consente di sfogliare
rapidamente una selezione di copertine e articoli e sul quale la società americana
sarebbe disposta a sperimentare una condivisione dei ricavi pubblicitari. Il direttore
di Google News, Josh Cohen, è stato di recente in Italia e assicura di avere costanti
colloqui con editori e imprese alla ricerca di nuovi accordi. Ma nega che
l’indicizzazione dei contenuti non sia gestibile anche da chi li produce,
sottolineando come la stampa online abbia avuto un notevole incremento di traffico
grazie alla presenza del materiale prodotto sui motori di ricerca e sui social-network
come Facebook.
La sensazione è che la sfida sia talmente grande da rendere probabilmente inutile un
intervento sanzionatorio a senso unico nei confronti di uno dei big mondiali della
Rete, così come le pesanti multe inflitte dall’Unione Europea a Microsoft non
hanno di certo limitato la leadership dell’azienda di Bill Gates nel settore del
software e per evitare ulteriori guai sono bastate poche modifiche, come quella di
non dover installare sui pc già assemblati il browser di default, consentendo al
cliente di poter scegliere anche fra la concorrenza, ma non incidendo minimamente
sul dominio assoluto di Microsoft nel settore del software.
La richiesta dei giusti margini di profitto da parte della Fieg ha naturalmente la sua
ragion d’essere, visto che la fortuna di Google è passata anche attraverso la sua
“rassegna stampa” aggiornata in tempo reale.
Ma editori e giornalisti hanno di fronte la necessità di ripensare il proprio lavoro,
perché sul nuovo mezzo anche i contenuti andranno profondamente rinnovati se si
vuole intraprendere la strada, sulla quale sembra essersi avviato Murdoch con il Wall
Street Journal, di invogliare le persone a leggere anche pagine a pagamento. Che poi
è lo stesso problema di chi le deve convincere a uscire di casa e ad acquistare una
copia dal giornalaio.
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Case history - ASCA
DETTAGLIO TECNOLOGICO
Francesca Bruselles (operatore web agenzia Asca)
Il settore della web information è in continuo e rapido sviluppo e questo comporta
un rapido adeguamento delle tecnologie necessarie a mantenere o a far crescere il
traffico di utenti che accedono al sito.
Il mantenimento, o meglio l’accrescimento del numero di utenti, consente di
aumentare i ricavi generati dalla raccolta pubblicitaria diretta e indiretta. Appare
quindi fondamentale accrescere continuamente la fruibilità del sito, anche attraverso
l’adozioni di soluzioni innovative, con il fine ultimo di accrescere il bacino di utenti,
aumentarne la fidelizzazione, la profondità della visita e quindi il tempo di
permanenza medio dell’utenza.
L’obiettivo primario del portale ww.asca.it è quello di aumentare gli accessi unici, le
pageview e la permanenza sul sito attraverso l’utilizzo di un linguaggio Google
friendly, in grado di garantire un corretto posizionamento dei contenuti generati.
Si elencano alcune delle principali attività tecniche.
Posizionamento organico del sito nei motori di ricerca
Con il termine posizionamento organico s’intende l’acquisizione di visibilità tra i
risultati gratuiti dei motori di ricerca. Posizionamento organico è la traduzione del
termine originale in lingua inglese organic placement che vuole rappresentare un
posizionamento spontaneo.
Il posizionamento organico si ottiene mediante azioni SEO (Search Engine
Optimization) ossia interventi mirati che interessano il codice di programmazione
del sito:
• analisi dell’architettura del sito esistente;
• analisi dei campi semantici al fine di individuare e selezionare l’insieme delle
frasi e delle parole chiave pertinenti utilizzati dagli utenti per effettuare
ricerche sul web;
• verifica del rispetto delle condizioni di validazione delle pagine web in linea
con gli standard W3C attraverso la redazione di un report con indicazione
della compatibilità con gli standard;
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Case history - ASCA
• aumento del Trust Runk, del Page Rank e della Link Popularity del sito con
l’obiettivo di aumentarne “la credibilità” e “il peso” sul web in modo da
favorirne il posizionamento;
• verifica dell’inserimento manuale del portale sui principali motori di ricerca e
directory nazionali e internazionali.
Indicizzazione del sito in Google News
Alcune tra le più importanti azioni da intraprendere per l’indicizzazione di un sito,
di notizie, in Google News:
1.
URL delle notizie: UNIVOCI - PERMANENTI - CONTENENTI
ALMENO TRE CIFRE (univoche)
ogni pagina che visualizza il testo completo delle notizie deve essere associata
a un URL univoco + un numero di almeno 3 cifre. Questa attività è finalizzata
all’ottimizzazione delle pagine del sito trasformando l’URL da dinamico (php)
a statico (html) contenente il titolo della notizia + un numero di almeno 3
cifre + .html
2.
Aggiungere i seguenti tag in tutte le pagine del sito che si vuole indicizzare:
<meta name=“Keywords” content=“titolo esteso delle notizia + parole
chiave associate al sito internet divise da virgole e se ci sono lettere
accentate sostituirle con lettera + apostrofo”/>
<meta name= “Description” content= “titolo esteso delle notizia +
parole chiave associate alla sezione divise da virgole e se ci sono lettere
accentate sostituirle con lettera + apostrofo”/>
3.
Il tag <title> deve contenere: <title>titolo esteso della notizia – dominio
del sito (senza “www”)</title>
4.
I titoli delle notizie devono essere minimo di 2 parole massimo di 22 parole ed
essere taggati <h1>
5.
Eventuali sottotitoli (abstract) delle notizie devono essere taggati <h2> o
<h3>
6.
Il testo delle notizie deve essere di almeno 350 caratteri (spazi inclusi) e deve
essere taggato <h4> o <h5>
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Case history - ASCA
7.
Il testo delle notizie deve essere composto da frasi organizzate in paragrafi e
non da frasi isolate
8.
Eventuali note, data di pubblicazione della notizia e autore devono essere
taggate <h5> o <h6>
9.
Creare una sitemap, xml, del sito così da poterla includere per la verifica del
crawler di Google News, è preferibile che la sitemap sia generata
automaticamente da un file php che aggiorna regolarmente l’elenco dei titoli
delle notizie lanciate
10. Creare una copia di tutte le pagine contenenti le notizie (archivio storico) in
formato xml da salvare in una specifica sottodirectory del sito (es:
archivio_articoli); in questo modo i contenuti del sito internet persistono sulla
rete con link validi, senza dare problemi di sovrappeso al DB che può essere
tranquillamente ripulito ogni tot giorni. Si precisa che il formato delle pagine
può essere anche txt. La pecca di questo formato riguarda il modello di pagina
in cui viene salvato il testo in quanto se decideste in futuro di modificare la
grafica e il modello d’impaginazione del sito ci si troverebbe con file salvati
con il layout superato. Mentre l’HTML (txt) ha un insieme ben definito e
ristretto di tag, con l’XML è invece possibile definirne di propri a seconda
delle esigenze
11. Gli URL non possono iniziare con https o javascript e non possono
terminare con .gif, .hqx, .jpeg, .jpg, .zip
12. Per quanto riguarda le immagini svolgendo le seguenti operazioni si aumenta
le probabilità che siano visualizzate su Google News:
• il tag “alt” delle immagini deve contenere il titolo della notizia associata
• le immagini che si desidera indicizzare non devono essere cliccabili (no link)
e devono essere posizionate sopra o accanto ai titoli delle rispettive notizie
• è preferibile utilizzare immagini che abbiano delle dimensioni piuttosto
grandi e con proporzioni adeguate.
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Ma l’e-mail marketing funziona?
MA L’E-MAIL MARKETING FUNZIONA?
di Paolo Abbiati
L’autore
Mi chiamo Paolo Abbiati, ho 35 anni (quasi 36, il 22 novembre potete farmi gli auguri) e, aimè, sono
un ingegnere! Un ingegnere un po’ anomalo però in quanto dal 2001 mi occupo di marketing, e più
precisamente di web marketing. Dalla fine del 2002 collaboro, con estrema soddisfazione, con
Interconsult. Da subito ho ricoperto un ruolo di commerciale/account, vista la mia precedente
esperienza professionale con una New Media Agency. Nel 2002 parlare di email marketing nelle
aziende era quasi utopico! Oggi ricopro il ruolo di Responsabile Commerciale della nuova business
unit dedicata al Web Search Marketing, senza abbandonare il mio ruolo originario di sales/account
nell’ambito delle DEM.
Interconsult / BusinessFinder
Interconsult Srl, attraverso il suo marchio BusinessFinder, si occupa da 10 anni di Internet Marketing
con l’intento di offrire alle PMI e alle grandi aziende gli strumenti per raggiungere i propri obiettivi di
business su Internet. Dal ‘99 ad oggi, ci siamo concentrati nel fornire servizi di e-mail marketing
prettamente in ambito B2B, mentre proprio in occasione del decennale abbiamo deciso di ampliare
la nostra offerta, creando all’interno una nuova divisione dedicata al Web Search Marketing, in
risposta a una precisa domanda del mercato, data la costante crescita degli investimenti
nell’Internet Advertising. Dal 2007 siamo soci IAB Italia e membri dell’E-mail marketing Task Force,
una tavola rotonda composta da circa 30 aziende, tra i maggiori players del mercato, e mirata a
definire le regole di qualità per gli operatori di E-mail Marketing.
www.businessfinder.it
Adverticalising
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Ma l’e-mail marketing funziona?
Facciamo una brevissima cronistoria della e-mail.
La nascita dell’e-mail è legata allo sviluppo che Internet ha avuto in seguito
all’evoluzione della rete “Arpanet”, dal nome dell’Agenzia (Advanced Research
Projects Agency) del Dipartimento della Difesa del Governo Americano: gli Stati
Uniti avevano finanziato un progetto relativo allo scambio di informazioni da
attuarsi anche in un contesto di emergenza, quale poteva essere un attacco nucleare.
Dopo una lunga pianificazione, la realizzazione della rete fu completata e Arpanet
andò ufficialmente in-linea nel 1969, collegando quattro fra le principali università
americane.
Una data fondamentale è il 1971, quando fu creato un sistema di posta elettronica
in grado di funzionare fra computer diversi. In quell’anno, il ricercatore Tomlinson
spedì il primo messaggio di posta elettronica attraverso la rete.
In seguito, con la creazione di numerosi programmi di posta elettronica, si ritenne
indispensabile stabilire un protocollo comune per essere certi che, anche utilizzando
per la spedizione e la ricezione della posta elettronica software diversi, si potessero
ugualmente scambiare messaggi attraverso la rete. Il protocollo universale fu
adottato ufficialmente nel 1977. L’e-mail fu soggetta a continui miglioramenti e
divenne subito molto popolare.
A partire dal 1996, con la diffusione del WWW (World Wide Web), l’e-mail è stata
eletta a uno degli strumenti di comunicazione più diffusi e utilizzati.
Da anni è considerata anche come un efficace strumento di direct marketing,
ovvero come mezzo per inviare messaggi pubblicitari dedicati a un target specifico.
Ma l’email marketing funziona?
Per la buona riuscita di una campagna DEM (direct e-mail marketing) è
fondamentale che si dedichi la giusta attenzione alla fase creativa e realizzativa, sia
dal punto di vista della grafica, sia da un punto di vista del copy (saper adottare
giuste tecniche di copywriting, “adatte” per il web, persuasive, che portino con
facilità l’utente verso l’action che la DEM deve suscitare).
Al momento della scelta dei destinatari cui inviare una comunicazione, ci si
concentra giustamente sulla “targetizzazione”, ossia sulla scelta della tipologia di
azienda o di utente finale da raggiungere, o della figura aziendale a cui rivolgere un
messaggio.
Adverticalising
71
Ma l’e-mail marketing funziona?
E qui entri in gioco tu. Con la qualità del tuo sito, il tuo database di utenti
registrati, il grado di profilazione degli iscritti.
La prima e più importante premessa da fare è quella, magari ovvia, che in Italia è
in vigore il D.Lgs. 196/2003 in termini di privacy, il quale impone il concetto di
Opt-In nell’invio di e-mail con fini commerciali. Questo significa che per inviare
una e-mail con fini commerciali, con fini di lucro, occorre avere il consenso
esplicito da parte del destinatario a farlo, indipendentemente dal fatto che si
operi nel B2B o nel B2C.
Il rispetto della legge sulla privacy è, quindi, condizione fondamentale affinché il
tuo database di contatti possa essere utilizzato e diventi per te una risorsa
interessante.
Altri parametri sono poi molti importanti e sono quelli che portano alla scelta di un
database piuttosto che di un altro, determinandone anche il costo:
• affidabilità del fornitore di servizi DEM - Come spiegato nei capitoli
precedenti, avere il giusto partner, può essere fondamentale.
• grado di profilazione
• qualità delle liste, sia in termini di aggiornamento, sia in termini di
reattività: inviare e-mail a utenti “attivi”, che aprono e leggono la mail con
una certa frequenza è fondamentale.
• non invasività - E’ molto importante che non “stressi” il tuo database di
contatti con una quantità eccessiva di invii DEM.
• capacità di delivery, nel senso che se riesci a consegnare le e-mail che invii,
è meglio :)
Non entro nel merito di quest’ultimo argomento perché proprio di questo parliamo
nei prossimi due capitoli.
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
INVIARE E’ FACILE,
ARRIVARE NELL’INBOX MENO
di Nazzareno Gorni
L’autore
Nazzareno Gorni, dopo la laurea al Politecnico di Milano, inizia nel 1997 come consulente nell’area
Marketing e TLC. Dopo cinque anni fonda NWEB Srl, di cui è oggi General Manager, dove segue
l’ideazione e lo sviluppo della soluzione “MailUp”, affermata piattaforma per la gestione di
campagne di e-mail marketing e newsletter, oggi multicanale (fax, messaggi vocali, lettere), che
vanta migliaia di clienti nel mondo (www.MailUp.it).
E’ autore di articoli su svariati portali e riviste di settore e relatore presso numerosi convegni, oltre
che docente presso il Master Executive Social Media Marketing & Web Communication
dell'Università IULM. Dal 2007 partecipa all’Email Marketing Task Force dell’Interactive Advertising
Bureau, curando in particolare la stesura delle Golden Rules per l’Email Marketing. Nel 2009 è
autore con l’avv. Maglio di “E-mail Marketing”, edizioni Hoepli, che continua su http://blog.MailUp.it
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
Oggi chiunque è in grado di inviare migliaia di e-mail con poco sforzo. Quante di
queste però arrivano nella posta in arrivo? Ridotti tassi di apertura e di click
possono spiegarsi proprio così. Per ogni e-mail che ogni giorno ci arrivano in
casella, infatti, ce ne sono circa 9 che sono state bloccate dal nostro provider di
posta, causa spam.
La guerra agli spammer impone filtri antispam sempre più selettivi e severi, con il
rischio che si arrivi a bloccare e-mail del tutto legittime, cioè inviate a utenti che
hanno lasciato i propri dati per riceverle. Si parla in questo caso di “falsi positivi”.
Tali blocchi incidono a volte pesantemente sul successo di una campagna di e-mail
marketing.
Si tratta di un problema sommerso poiché spesso i filtri antispam bloccano i
messaggi senza fornire alcuna notifica né al destinatario, né al mittente.
Quest’ultimo non potrà che rilevare cali inspiegabili delle performance (aperture e
click).
I MIEI MESSAGGI FINISCONO NELLO SPAM?
Prima di iniziare occorre acquisire delle conoscenze di base, che ci consentono di
individuare l’IP di invio e gli altri vari parametri usati per la spedizione di un
messaggio. Per chi ha difficoltà a estrapolare da un messaggio e-mail la parte
nascosta chiamata HEADER (intestazioni), che ogni client di posta permette di
visualizzare.
Vediamone qui il significato. Si tratta di una versione semplificata, per evidenziare le
righe di nostro interesse:
Received: from mx1.nweb.it ([81.88.237.163]) by netserver.remoteoffice.it; data…
Received: from mx240.bouncemanager.it [93.174.64.240] by mx1.nweb.it; data…
From: "=?ISO-8859-1?Q?Baia-Network_Newsletter?=" <[email protected]>
To: "[email protected]" <[email protected]>
Date: Fri, 14 Nov 2008 07:05:26 +0100
Subject: =?ISO-8859-1?Q?BAIA_Event=3a_BAIA_Mix_in_San_Jose?=
MIME-Version: 1.0
Content-Type: text/html; charset=ISO-8859-1
Content-Transfer-Encoding: quoted-printable
X-Mailer: MailUp
X-MailUp-Ver: 6
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
X-Abuse: Please report abuse here:
http://postmaster.mailup.it/
Reply-To: [email protected]
List-Unsubscribe: <http://baia-network.mailupnet.com/frontend/optout.aspx?...>
Message-ID: <[email protected]>
Return-Path: [email protected]
L’header come si intuisce raccoglie tutte le informazioni che non sono incluse nel
corpo del messaggio, a partire dai dati sul mittente e sull’oggetto.
Come identificare il server che spedisce
E’ sufficiente vedere le righe che iniziano con “Received”. Quella più in basso è il
primo server che ha spedito, il messaggio poi può passare di mano in mano fino
arrivare all’ultimo server che ha ricevuto il messaggio, che è la prima riga
“Received” in alto.
Nell’esempio quindi il server mittente (from) è:
Mx240.bouncemanager.it [93.174.64.240]
Abbiamo quindi immediatamente identificato due cose: l’IP del server che
fisicamente ha eseguito l’invio (93.174.64.240) e il nome del server che ha effettuato
l’invio: mx240.bouncemanager.it.
Vedremo come usare queste due informazioni più avanti, per verificare che non
siano foriere di criticità.
E-MAIL E ANTISPAM: LA MAPPA
Cerchiamo ora di disegnare il percorso del messaggio e-mail (freccia grande blu) e
tutte gli elementi di contorno che andranno a determinare il corretto recapito del
messaggio nell’Inbox.
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
!
Mappa della Deliverability. Tavola riassuntiva per l’analisi delle problematiche di deliverability e
blocchi per spam. Capire le relazioni tra i vari attori del processo di recapito consente di
identificare l’origine dei problemi. Figura tratta da “E-Mail Marketing” di N. Gorni e M. Maglio
(Edizione Hoepli 2009).
Guardando lo schema balza subito agli occhi come risultano numerosi e collegati
tra loro i meccanismi che concorrono a identificare un messaggio come spam. A
complicare le cose, il fatto che ogni ISP è libero di applicare tutto o in parte le
tecnologie e gli standard rappresentati. Si nota anche come attività spesso
sottovalutate, come la pulizia della lista, la gestione delle cancellazioni e delle
lamentele sono tanto importanti quanto altre classiche come l’utilizzo di un IP di
invio “sano” e un contenuto del messaggio privo di elementi critici.
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76
Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
La mappa ci aiuta a ricostruire il percorso del messaggio dalla sua ideazione fino al
destinatario. In ognuno di questi passaggi ci sono elementi da tenere sotto controllo
o da analizzare nel caso si sperimentino problemi di deliverability.
Partendo dall’alto, vi sono le Impostazioni, la Gestione della Lista e il Messaggio:
questi sono gli elementi in carico all’azienda titolare della spedizione e quindi da lei
direttamente controllabili.
Il messaggio poi viene inviato tipicamente con un’applicazione dedicata, che è
collegata poi al server SMTP (MTA) che fisicamente effettua la spedizione. Anche
qui vi sono diverse criticità che possono emergere, legate agli indirizzi IP utilizzati e
alla configurazione della rete e dei server.
A cavallo tra le due c’è la bolla delle Autenticazioni, che è una configurazione che
dovrebbe essere in carico sia dell’Azienda mittente che dell’infrastruttura che invia.
Il messaggio poi viaggia nella rete internet fino a raggiungere il server SMTP di
posta del destinatario. Qui si incontra la prima grande maglia dei filtri antispam. A
seconda del grado di confidenza nel marchiare un messaggio come spam, questi
server possono filtrarlo o lasciarlo passare.
Ma non è finita qui purtroppo. I sistemi antispam che lavorano a livello di server
ISP non sono infatti gli unici. Se l’utente infatti utilizza un proprio client di posta
per scaricare (via protocolli POP3 o IMAP) la posta sul proprio pc o telefonino, si
può incontrare una seconda maglia di filtri antispam da attraversare, che varia a
seconda del client di posta ma anche dei software di protezione installati, che hanno
un comportamento a grandi linee simile a quello dei provider.
Solo superata questa seconda maglia possiamo dirci finalmente arrivati.
LA CASSETTA DEI 10 STRUMENTI
Tutti i passaggi sono gratuiti e permettono di tenere sotto controllo e migliorare la
propria deliverability.
1.
Autenticarsi con i record SPF e DKIM (http://spf.pobox.com/wizard.html)
2.
Attivare le caselle [email protected] e [email protected]
3.
Registrare i propri contatti su www.abuse.net
4.
Verificare la reputazione del proprio server di invio e del proprio dominio
con www.blacklistalert.org , www.senderscore.org,
www.reputationauthority.org , www.senderbase.org
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
5.
Sottoscrivere accordi di Feedback Loop con i principali operatori ISP, o nel
caso si utilizzasse un servizio esterno (tipo il mio MailUp), verificare che il
fornitore abbia attivato questi accordi. Per chi spedisce in Italia è importante
avere almeno quello di Hotmail/MSN e di Yahoo!. Per chi opera anche con
l’estero, ci sono circa altri 20 provider, come AOL, Usa.net, Excite, ecc.
6.
Pulizia della lista. Assicurarsi di cancellare, già dopo il primo errore, tutte le
email che rimbalzano con un errore 550 5.1.1 (casella inesistente).
7.
Se possibile accreditarsi presso whitelist come ISIPP, Return Path
Certification, Goodmail, DNSWL, URIBL, ecc. Alcune di queste sono a
pagamento.
8.
Assicurarsi che il processo di disiscrizione sia fluidissimo (massimo 2 click
senza bisogno di ricordare password o inviare email).
9.
Non iscrivere utenti senza una conferma che l’indirizzo sia corretto.
10.
Verificare che gli header della propria e-mail siano formati correttamente (ad
esempio l’ora del server dev’essere corretta, che vi sia il List-Unsubscribe e
che MTA sia su IP statico e ovviamente non oper-relay), che il PTR inverso
dell’IP di invio sia configurato e nel caso di invii massivi (sopra i 100.000
e-mail) vi sia la possibilità di distribuirei gli invii verso un unico provider su
più IP.
Per chi vuole approfondire e rimanere aggiornato su questi aspetti segnalo: http://
blog.mailup.it/category/deliverability/
PERCHE’ FINISCO NELLO SPAM?
I filtri antispam più evoluti stanno incentrando sempre di più i loro criteri nella
valutazione della reputazione del server di invio, e sempre meno sull’analisi dei
contenuti, che è a maggior rischio di errore, cioè di blocco di messaggi leciti (falsi
positivi) oltre che più oneroso in termini di risorse di elaborazione da parte del
server che riceve.
E’ vero che anche il modo con cui il messaggio è scritto, compreso il suo contenuto,
può essere determinante per riuscire ad arrivare nella Inbox, evitando di finire nella
Posta Indesiderata / Junk Folder, o peggio di essere bloccati completamente.
Occorre però sfatare un mito: includere una parola chiave (spam word) come
Viagra, Free... o usare un oggetto tutto maiuscolo, o commettere un banale errore
nell’Html non è sufficiente per essere classificati come spam.
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
Analizzare la propria deliverabilty e risolvere problemi di e-mail bloccate per spam
significa approfondire tre diversi aspetti, a volte intrecciati tra loro.
1. Analisi dell’infrastruttura di invio
L’applicazione utilizzata per predisporre l’invio e il server (MTA – message
transfer agent) che spedisce fisicamente il messaggio tramite il protocollo
SMTP (Simple Mail Transfer Protocol). Spesso il tutto viene abbreviato con
“server Smtp”.
2. Gestione e igiene della lista
Presenza di indirizzi trappola, obsoleti, errati, gestione delle lamentele e degli
utenti che erroneamente segnalano il messaggio come spam.
3. Analisi del mittente e del contenuto del messaggio
Parole chiave, link, errori Html e tutti gli elementi che caratterizzano l’attività
degli spammer.
ERRORI DA NON COMMETTERE NEL MESSAGGIO
Riguardo al contenuto del messaggio, le regole da seguire sono molte, e in continua
evoluzione così come evolve lo spam. Hotmail, per esempio, utilizza oltre 500.000
parametri per riconoscere lo spam.
Il meccanismo di base è di tipo bayesiano, cioè a ogni singolo elemento dell’e-mail
viene associata una probabilità “spam”. Se la somma di queste probabilità raggiunge
il valore soglia, il messaggio viene considerato spam. Tutte le indicazioni che
vedremo quindi nel seguito non sono particolarmente pericolose se prese a se
stante, ma lo diventano se ricorrono insieme nello stesso messaggio.
Guardando i messaggi di errore (bounce) legati alla categoria “Mail Block”, se si è
fortunati, si potrà rilevare qual è il punteggio (hit score) maturato dal nostro
messaggio, a volte anche con il dettaglio dei singoli elementi (token) che l’hanno
determinato. In alternativa diversi sistemi per la gestione di invio comprendono già
l’analisi antispam prima dell’invio.
MITTENTE DELL’EMAIL VISTO DAI FILTRI ANTISPAM
Non indicare un mittente generico come “noreply” o peggio con errori di
ortografia, come “noreplay”. Evitare inoltre mittenti appoggiati a domini di primo
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
livello “.biz” o “.info”, che sono tipicamente utilizzati dagli spammer. Anche
mittenti legati a provider gratuiti, come Gmail, possono essere origine di criticità in
caso di invii massivi.
OGGETTO DELL’E-MAIL VISTO DAI FILTRI ANTISPAM
Questi sono alcuni degli elementi più critici, con a fianco un esempio di punteggio
(hit) per ognuno. Ritroveremo in questi esempi tante tecniche usate dagli spammer:
• non usare caratteri tutti in maiuscolo (0,48 punti)
• non usare punti esclamativi ripetuti
• non usare un oggetto vuoto (0,34 punti)
• non mettere FREE in lettere maiuscole (0,43 punti)
• non mettere come prima parola una quantità di dollari (es. $100.00) (1,10
punti), o con “Free” (0,30 punti), o con “Hello” (1,58 punti)
• non mettere GUARANTEED (0,62 punti)
• non iniziare con lo username (cioè la parte che viene prima della @
nell’indirizzo del destinatario) (2,86 punti)
• non mettere tanti spazi bianchi (2,64)
• evitare se possibile punti esclamativi o interrogativi (solo 0,10)
Vi sono anche elementi che agiscono in modo positivo, cioè concorrono ad
abbassare il punteggio complessivo, neutralizzando quindi eventuali criticità. Ad
esempio:
• usare la parola “list” (-0,22 punti)
• usare la parola “news” (-0,62 punti)
• usare la parola “in review” (-1,00 punti)
• usare indicatori di frequenza (numeri, mese... in inglese) (-0,48 punti)
• usare una data (in inglese) (-1,60 punti)
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
HTML VISTO DAI SISTEMI ANTISPAM
Un messaggio e-mail creato in modo artigianale, o senza adeguati strumenti di
supporto, può essere origine di rischi.
Questi sono gli accorgimenti principali:
• evitare url numerici, sia per i link sia per le origini delle immagini (per
esempio http://81.88.224.444/default.asp); questa condizione è altamente
penalizzante ed è assolutamente da verificare con attenzione
• non usare il colore di background (sfondo) diverso dal bianco
• non allegare immagini in formato .gif; inserite invece nel messaggio invece
non danno problemi
• evitare link verso domini .info e .biz
• evitare una percentuale molto alta di immagini rispetto al testo (un po’ di
testo deve esserci sempre); attenzione, questa condizione da sola può essere
sufficiente a far scattare dei blocchi per spam
• evitare, dove possibile, il link “mailto:”
• evitare il testo spaziato (s p e c i a l e) (detto gappy text)
• non asserire che la legge sullo spam viene rispettata, esempio citando articoli
di legge come “House Bill 4176” o “H.R. 3113”. Solo gli spammer lo
scrivono generalmente (da 1 a 3,48 punti di penalizzazione)
• il title, se presente, deve essere diverso da quello di default proposto dai
comuni editor html (quindi diverso da ‘Untitled?’ o ‘New page’)
• le parti testuali non devono essere tutte collegate a link
• non mettere come testo l’url del link. Ad esempio, evitare link del tipo
www.mailup.it. Il filtro anti-phishing di Thunderbird infatti potrebbe
segnalare come sospetto questo link, nel caso l’indirizzo sottostante non sia
esattamente quello oppure se, nel caso il link venga tracciato con un sistema
di tracking statistico e il mittente non abbia un host personalizzato (es.
news.acmespa.it invece che “gestione-newsletter.it”). Al suo posto, usare un
testo linkato: “Sito MailUp”.
• non inserire link errati
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Inviare è facile, arrivare nell’inbox meno
• non commettere errori, anche se non visibili, come tag non chiusi, porzioni
di codice inutile, tag ridondati, commenti, definizioni non standard
• non includere commenti come “Saved as a web page”
• preferibilmente evitare l’uso di mappe di link su immagini.
Tra gli elementi invece che abbassano lo score, e quindi sono da incoraggiare:
• inserire una firma, senza righe vuote (-0,30 punti)
• inserire una firma, con righe vuote (-2,09 punti)
• inserire una firma molto lunga (-3,13 con righe vuote, -0,30 senza)
• inserire qualcosa che sembri un messaggio quotato, cioè a cui si è risposto
(-0,83)
• mettere sempre un testo alternativo (ALT) sotto le immagini significative (es.
loghi, titoli, banner);
• il file html può contenere un'intestazione completa di doctype declaration;
• evitare gli errori di ortografia.
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82
L’importanza della piattaforma
L’IMPORTANZA DELLA PIATTAFORMA
di Massimo Fubini
L’autore
Massimo Fubini è fondatore e Amministratore Delegato di ContactLab. Lavora nel mondo dei New
Media dal 1995; è stato Responsabile Tecnico settore Internet del CED militare del Ministero dei
Trasporti e consulente esterno nel gruppo di lavoro sulle problematiche di network security per la
Pubblica Amministrazione presso l’AIPA (ora CNIPA). Membro del Comitato Tecnico di Audiweb per
7 anni e consigliere nel settore web di AssoComunicazione, svolge attività di docenza e formazione
nell’ambito del digital marketing presso le principali scuole, università e aziende italiane.
ContactLab
ContactLab è un’azienda specializzata in soluzioni e consulenza di e-mail, sms e digital direct
marketing. L’expertise acquisita dal 2000 ad oggi nella gestione di oltre 800 Clienti in tutti i settori ha
consentito di sviluppare un mix completo di tecnologia e consulenza che spazia da soluzioni “chiavi
in mano” a personalizzazioni avanzate per la gestione di campagne internazionali a 360°.
ContactLab è presente in Europa con uffici a Milano, Madrid, Parigi, Londra e Monaco di Baviera.
www.contactlab.com
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83
L’importanza della piattaforma
L’IMPORTANZA DI UNA PIATTAFORMA DI INVIO PER LE E-MAIL
In principio c’era il “BCC”, ovvero la copia nascosta. Dovendo inviare tante mail,
uno si auto-scriveva mettendo tutte le persone in copia nascosta.
Ma il sistema non durò molto. Il rischio di sbagliarsi e di mettere in CC era alto,
dando a tutti visibilità degli indirizzi di tutti. Poi gli Internet Service Provider
iniziarono a mettere limiti sul numero dei destinatari accettati e così via.
I più tecnici per spedire gruppi di mail sempre crescenti iniziarono a usare delle
mailing list, che normalmente nascono per un rapporto bi-direzionale ma venivano
configurati per inviare e basta. La più diffusa tecnologia si chiamava mailman.
Era già un passo avanti. In maniera non proprio usabile ci si poteva anche iscrivere
e disiscrivere automaticamente. All’inizio del mese solitamente arrivavano delle mail
che ricordavano di essere iscritti a un qualche cosa.
Poi nacquero i primi software dedicati allo scopo, che si installavano e che
permettevano anche di iniziare a fare qualche personalizzazione delle mail e i più
sofisticati permettevano anche di ripulire il database di indirizzi, di caricarne degli
altri, ecc.
Con pochi dollari ci si portava a casa un pezzettino di software estremamente utile e
molto più funzionale delle prime due tecnologie.
Ma in parte questi software vennero usati per spedire spam, in parte l’esigenza non
solo di spedire ma anche di avere dati statistici aumentò e si passò a quella che è
l’attuale generazione delle piattaforme di invio in modalità “SAS”, ovvero “software
as a service”. Non si acquista più un software ma si acquista la possibilità di usarlo
in rete, già installato su server del fornitore.
Di fatto si compra un servizio di spedizione (esattamente come si coprano i
tagliandi del pony express) o, in altre parole, si noleggia una piattaforma di invio. In
gergo ci chiamiamo “ESP” (Email Service Provider).
Attualmente si contano centinaia di questi servizi in rete con i prezzi (e le forme di
vendita) più disparate.
Ci sono però principalmente servizi dedicati allo small-business basso e servizi
invece di fascia Enterprise per chi ha volumi e/o esigenze più sofisticate.
Il 95% dei clienti potrebbe trovare soddisfazione con il 5% delle funzionalità di
ciascuna piattaforma e quindi potrebbe sembrare quasi irrilevante scegliere un
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84
L’importanza della piattaforma
prodotto piuttosto che un altro, ma in realtà l’esperienza d’uso e quindi la
soddisfazione mette in evidenza molte differenze tra ciascun provider di servizi.
Perche è importante avere una piattaforma e non un software fatto in casa?
Principalmente per un problema di “deliverability”. Le mail che si spediscono
possono non arrivare mai al destinatario per via dei filtri antispam. Oppure
potrebbero arrivare nella casella del destinario... ma non nella inbox... ovvero nella
spambox.
Questo fenomeno di “filtering” è decisamente più presente quando si spediscono le
mail con software installati piuttosto che con servizi dedicati.
Il motivo è legato proprio alla professionalità di chi spedisce mail per mestiere. Gli
ESP (non tutti, quelli “migliori”), hanno degli accordi con i provider che ricevono la
posta e si fanno garanti di bloccare i sender scorretti, ripuliscono le liste dagli
indirizzi sbagliati e da coloro che hanno segnalato una mail come spam.
Una piattaforma in modalità SAS inoltre è sempre disponibile, permette di gestire
iscrizioni e cancellazioni e permette di avere dati statistici sugli invi, come i tassi di
apertura e di click.
Le statistiche permettono anche, per esempio, di verificare chi non ha mai cliccato
negli ultimi x mesi e magari decidere di escluderli dagli invii successivi.
Ma cosa mi deve portare a scegliere una piattaforme piuttosto che un’altra?
La scelta di una piattaforma dipende da tanti fattori differenti.
Questi fattori a loro volta dipendono da che tipo di azioni hai in mente di fare.
La dimensione del database, la frequenza di invio o più in generale i volumi in gioco
e la difficoltà del settore nel campo della deliverability già spaccano il mercato tra
chi è capace di gestire progetti complessi e chi invece sa gestire tendenzialmente
situazioni più semplici.
In generale quello che posso dire è che il criterio è: se con la mail fai veramente
business.
Adverticalising
85
L’importanza della piattaforma
PREZZO
Ci sono piattaforme da pochi dollari al mese e soluzioni da migliaia di dollari.
In generale posso dire che se la mail è strumento per fare business, risparmiare sulla
piattaforma può voler dire perdere opportunità di business.
USABILITA’
Le piattaforme fanno più o meno le stesse cose (questo è vero per le caratteristiche
di base, non per quelle evolute) ma hanno delle interfacce di uso molto diverse tra
di loro. Provale per capire quanto sono semplici/funzionali.
E’ importante tener conto di quanto tempo ci metti a imparare e a utilizzare la
piattaforma. Dopotutto il tuo tempo costa.
CARATTERISTICHE/FUNZIONALITA’
L’appetito vien mangiando. Inizia a fare una mail al mese uguale per tutti e poi,
funzionando, ti ritroverai a fare A/B test, segmentazioni, analisi evolute,
integrazioni con il tuo CRM, ecc.
Verifica di avere un servizio che possa soddisfare le tue prossime esigenze.
ASSISTENZA
L’assistenza è fondamentale. Prima o poi avrai a che fare con lei.
Testala prima per vedere se ti risponde subito e se veramente ti risolve il problema
oppure no. E’ il fattore umano della piattaforma e può fare veramente la differenza.
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E’ tempo di mobile advertising
E’ TEMPO DI MOBILE ADVERTISING
di Federico Lazzarovich
L’autore
Federico Lazzarovich è socio di DigiTouch Srl. E’ responsabile della linea di business mobile
advertising dal settembre 2008. Precedentemente ha lavorato a Buongiorno Spa occupandosi di
digital content coprendo posizioni in Italia, Stati Uniti, Russia, India e Cina.
DigiTouch
DigiTouch è una società a responsabilità limitata (s.r.l.) costituita nell’aprile del 2007 da un team di
manager e professionisti con consolidata esperienza nel mondo del marketing e dei contenuti
digitali. DigiTouch opera con successo nei mondi desktop-based (web) e mobile based (mobile)
adottando un approccio che pone al centro di ogni scelta gli obiettivi e le aspettative del Cliente.
DigiTouch sviluppa tre linee di business che sono, al tempo stesso, distinte e sinergiche. DigiTouch
produce contenuti per gli operatori di telefonia fissa (Telecom) e mobile (Vodafone, TIM, Poste
Mobile). DigiTouch supporta i propri Clienti nella ideazione e implementazione in progetti di Web
marketing e di Mobile marketing.
www.digitouch.it
Adverticalising
87
E’ tempo di mobile advertising
COS’E’ IL MOBILE ADVERTISING
Sono passati più di 35 anni da quando, nel 1973, Martin Cooper inventò il telefono
cellulare. Lo sviluppo tecnologico intercorso da allora ha permesso una rivoluzione
mondiale nell’approccio alla comunicazione che anche tu hai sicuramente vissuto in
prima persona.
Le nuove reti mobili 3G, l’avvento di cellulari abilitati alla navigazione di siti e la
recente introduzione di tariffe flat che ti consentono di navigare su internet con il
cellulare a un prezzo mensile fisso sono di fatto le condizioni ideali che hanno
consentito il sorgere e il consolidarsi della comunicazione in mobilità.
L’innovazione rispetto all’sms e mms advertising
Le prime forme di mobile advertising hanno preso vita già alla fine degli anni ’90,
quando gli operatori telefonici e alcune aziende hanno intuito la possibilità di
veicolare delle informazioni pubblicitarie sul tuo telefono cellulare. È con ogni
probabilità proprio allora che hai iniziato a ricevere messaggi SMS contenenti
advertising.
Iscrivendoti ad alcuni servizi di informazione e intrattenimento gratuiti, in qualità
utente di telefonia cellulare ti sarà senz’altro capitato che ti sia stato chiesto
l’assenso a ricevere comunicazioni commerciali, che successivamente hai ricevuto.
Negli anni successivi, all’sms advertising si è aggiunto l’MMS advertising, grazie al
quale hai ricevuto testi, immagini, suoni e piccoli frammenti di video. Hai potuto
allora e anche oggi puoi usufruire di entrambe le soluzioni in modalità “push”; ciò
significa che a inviarti i messaggi è l’operatore telefonico o il fornitore di servizi
(normalmente indicato come VAS player, ovvero fornitore di servizi a valore
aggiunto).
La storia più recente
È con il diffondersi, la standardizzazione e il perfezionamento del protocollo wap
che il mobile advertising ha preso veramente corpo. I primi grandi editori hanno
iniziato a sviluppare siti ottimizzati per la visualizzazione da telefono cellulare
seguiti da imprenditori ed editori più o meno grandi che hanno intuito il valore di
questo nuovo canale di comunicazione.
Non è poi tardato il momento in cui gli editori di siti “mobile” si sono posti la
stessa domanda che negli anni ’90 tormentava gli editori di Internet: trovare un
modello di business atto a monetizzare il traffico. La proliferazione di Adserver ha
Adverticalising
88
E’ tempo di mobile advertising
dunque permesso agli editori di cominciare a realizzare profitti e a fornirti una
sempre migliore offerta di contenuti e servizi.
La possibilità di acquistare spazi commerciali sui siti mobile ha dunque consentito a
molti inserzionisti di iniziare a investire sul mobile: solo nel 2009 l’automotive per
prima ha capito le potenzialità del mezzo e ha investito quote, seppur ridotte, del
proprio budget di marketing sul mobile, creando un importante e promettente
precedente.
L’avvento dei servizi Location Based ha poi permesso di creare una serie di servizi
di cui oggi puoi usufruire e che fino a poco tempo fa erano impensabili come le
mappe, il meteo localizzato, le quotazioni di borsa in tempo reale e molti altri
ancora.
Più recentemente sono sorti gli Application Stores, il cui obiettivo è quello di
fornirti una serie di applicazioni utilizzabili con il tuo cellulare che ti consentono di
svolgere operazioni nel modo più rapido: puoi prenotare un aereo o una stanza
d’albergo, sfogliare un giornale, ascoltare una radio in streaming o aggiornare in
qualsiasi luogo o momento il tuo profilo sui social network direttamente dal
cellulare. Si tratta di funzioni che solo fino a pochissimo tempo fa potevi eseguire
solamente dal tuo computer e che hanno dato impulso a migliaia di sviluppatori a
creare applicazioni da rivendere sugli Application Stores.
I vantaggi del canale
Le peculiarità del canale mobile consentono a un’inserzionista di raggiungerti in
qualsiasi momento e ovunque ti trovi: a te basta avere un cellulare abilitato alla
navigazione internet, connetterti, navigare e il gioco è fatto.
Il mobile internet è da considerarsi dunque un media innovativo per gli inserzionisti
e svolge una funzione di ideale completamento delle campagne web tradizionali, di
consolidamento della brand awareness e di generazione di contatti di qualità.
Il cellulare presenta inoltre specificità del tutto peculiari che rendono l’advertising
incredibilmente efficace. Infatti, la porzione di spazio occupata sul display dai
banner pubblicitari, unita alla forte attenzione che finisci per dedicare allo schermo
del cellulare, consentono all’advertiser di ottenere indici di brand recall equivalenti a
quelli ottenibili mediante spot televisivi da 30 secondi.
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89
E’ tempo di mobile advertising
DATI DI MERCATO
La penetrazione della telefonia cellulare
Secondo la Mobile Marketing Association, 4,1 miliardi di persone – tu incluso utilizzano oggi un telefono cellulare. La penetrazione della telefonia cellulare sulla
popolazione mondiale ha dunque raggiunto il 61%; entro il 2012 è ragionevole
ritenere che gli utenti della telefonia cellulare saranno 5,6 miliardi. Nonostante la
crisi mondiale, nel 2009 il comparto del mobile advertising registrerà un aumento
dei volumi di advertising pari al 9% rispetto al 2008.
L’uso del mobile internet nel mondo
Secondo il Mobile Advertising Report di Nielsen, la penetrazione del mobile
advertising in Europa mostra il Regno Unito e l’Italia davanti a tutti. Nel Regno
Unito gli utenti del mobile internet sono infatti più di 8 milioni pari al 17% degli
utenti di telefonia cellulare. Segue l’Italia con 6,6 milioni di utenti, la Germania con
6,4 milioni, la Francia con 5,8 milioni e la Spagna con 4,7 milioni.
L’uso del mobile internet in Italia
In Italia oltre a te ci sono dunque altri 6,6 milioni di utenti che utilizzano il browser
del proprio cellulare per navigare; si tratta del 13% di coloro che utilizzano il
telefono cellulare nel nostro Paese, dove il numero di persone che utilizza un
telefono cellulare è pari a 47 milioni di unità. Interessante notare come gli
apparecchi 3G attualmente in uso in Italia siano ben 20 milioni, dato che consente
di prevedere un ulteriore e rapido allargamento della base utenti che utilizza il
mobile internet nei mesi a venire.
Vale dunque la pena approfondire alcuni aspetti del comportamento degli utenti
“mobile”, che in media mostrano di accedere al mobile web 10 volte al mese
impiegando circa 10 minuti per ciascuna sessione.
Dove vanno gli utenti? Preferibilmente visitano portali, controllano la webmail,
leggono i siti di news e intrattenimento e utilizzano i motori di ricerca. In minore
misura visitano i siti che offrono informazioni sul meteo, la musica, le guide alle
città e lo sport. Importantissimi sono i social network: nel nostro Paese sono 5
milioni le persone che accedono ai social network direttamente dal proprio cellulare.
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E’ tempo di mobile advertising
!
Fonte: : Nielsen Online – Mobile Media View, 1° trimestre 2009, dati mensili
(nella categoria Portali rientrano anche le Community e Social Network).
Chi sono gli utenti del mobile internet in Italia
Chi naviga il mobile internet nel nostro Paese? Vi è una prevalenza maschile (58%)
rispetto a quella femminile (42%), mentre per quello che riguarda le fasce di età,
appare interessante notare una disposizione piuttosto uniforme nei cluster 25+.
!
Fonte: M:Metrics, Febbraio 2009.
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E’ tempo di mobile advertising
I LUOGHI DEL MOBILE ADVERTISING
I portali degli operatori
Lo sviluppo dell’internet mobile ha avuto come suo primo centro i portali degli
operatori telefonici. Inizialmente i portali offrivano principalmente contenuti di
infotainment e gadget digitali con strutture semplici e funzionali; i portali hanno
poi subito modifiche passando a offrire gadget digitali sempre più evoluti: oltre alle
suonerie, i music store hanno infatti cominciato a offrire all’utenza i full track,
ovvero brani in mp3 ascoltabili direttamente tuo telefono cellulare.
Oggi i portali degli operatori, oltre a offrire all’utente un pannello di controllo che
permette di controllare l’utenza, consentono di eseguire molte operazioni:
sottoscrizione di tariffe, ricarica credito, lettura della posta, online shopping e molte
altre funzioni.
L’off portal
In concomitanza con la crescita e lo sviluppo dei portali degli operatori, si è
assistito alla nascita dei primi editori che hanno realizzato siti ottimizzati per la
visione da telefono cellulare.
La molteplicità delle dimensioni degli schermi dei cellulari, l’assenza di
standardizzazione e gli alti costi di navigazione al di fuori dei portali degli operatori
hanno sicuramente rallentato per lungo tempo lo sviluppo dell’internet mobile off
portal e di conseguenza anche la tua esperienza da utente dell’internet mobile. Se in
quei tempi ti è capitato di tentare di aprire un sito ottimizzato per il mobile è facile
immaginare che una simile impresa sia andata incontro a una certa frustrazione
dovuta all’assenza di tecnologie adeguate e alla scarsità di contenuti, figlia del
modesto traffico di visitatori.
La navigazione di siti mobile è stata dunque un’esperienza poco positiva anche per
gli utenti e con ogni probabilità chi l’ha provata ricorda più facilmente quanto i costi
di navigazione poi riportati dalla bolletta piuttosto che i contenuti visualizzati.
Negli ultimi due anni la situazione è radicalmente cambiata: l’avvento delle reti 3G,
degli smartphone e il sopraggiungere delle tariffe di navigazione flat hanno dato un
forte impulso alla nascita di una miriade di siti mobile e il numero di editori è
cresciuto rapidamente.
L’approdo sul mobile di importanti realtà editoriali italiane quali la Repubblica, il
Corriere della sera, il Sole 24Ore e molte altre ancora ha poi contribuito ad
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E’ tempo di mobile advertising
arricchire l’offerta di contenuti e brand facendo aumentare il traffico e creando di
fatto le condizioni per la commercializzazione degli spazi pubblicitari e dando il
giusto input a editori come te per tentare di seguire la stessa strada.
TIPI DI ADVERTISING
Dal punto di vista della user experience durante la navigazione sul mobile internet
incontrerai due principali tipi di advertising: display advertising e search advertising
Il search advertising
Il search advertsing consiste nel posizionamento di annunci pubblicitari che
vengono mostrati quando un utente inserisce una determinata keyword in un
motore di ricerca. Tra l’annuncio pubblicitario e la keyword ricercata dall’utente vi è
infatti una forte correlazione; l’advertiser infatti compra delle keyword mediante dei
bid; ogni qualvolta che ricerchi una di queste keyword acquistate, il messaggio
pubblicitario dell’inserzionista comparirà negli esiti della tua ricerca.
Il display advertising
Il display advertising è un tipo di advertising che di norma contiene testi, loghi
immagini o fotografie (o un mix di questi elementi) sottoforma di banner, per
l’appunto grafici o testuali. Le opportunità che ti vengono offerte dal display
advertising in qualità di editore sono molteplici e molte logiche: sono le medesime
del web. I banner vengono distribuiti sulle pagine del tuo sito e vengono messi a
disposizione dei visitatori.
Quando stringi un accordo con un advertising network, avrai nella maggiore parte
dei casi la possibilità di identificare il tuo sito attribuendo una serie di parametri (per
esempio: il mio sito è una community, il mio sito offre contenuti di entertainment,
parla di moda, di viaggi, di sport...) a seconda dei contenuti che offri e del pubblico
a cui ti rivolgi: questo consentirà all’advertising network di allocare i banner e le
campagne maggiormente in linea con il profilo e gli interessi dei tuoi lettori. Le
nuove tecnologie consentono poi di ospitare banner statici e dinamici che svolgono
più funzioni.
Il banner può infatti ridirigere l’utente a una URL o attivare una telefonata.
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E’ tempo di mobile advertising
!
Esempio di calling banner: Linear Assicurazioni.
!
Esempio di banner che ridirige a una URL: PlusValore prestiti.
LE LOGICHE DI ACQUISTO
Le modalità con cui è possibile acquistare spazi di advertising sul mobile sono
molto simili a quelle già in uso sul web: a tempo, CPM, CPC, CPA. Normalmente il
modello di business che gli advertising network propongono agli editori prevede
una condivisione dei ricavi.
CPM
L’acquisto di spazi in logica CPM (=Cost per Mille) consente all’inserzionista di
pianificare campagne volte soprattutto a incrementare l’awareness del brand. Il
prezzo del CPM stabilisce il costo di 1000 impressions. In pratica ogni volta che
navighi e visualizzi un banner, l’inserzionista paga una certa cifra.
Di norma i siti mobile che applicano la logica del CPM ai propri listini
appartengono a brand molto noti. Normalmente il modello di business che gli
advertising network propongono a un editore come te prevede una condivisione dei
ricavi che normalmente vede il tuo share attorno al 60%-65% e quello
dell’advertising network nel range 35%-40%.
CPC
L’acquisto di spazi in logica CPC (=Cost per Click) consente all’inserzionista di
pianificare campagne che vedono l’inserzionista pagare una tariffa in proporzione al
numero di click, quindi solo quando clicchi sull’annuncio. L’acquisto in CPC è
tipico sia del display advertising sia del keyword advertising.
Di norma i siti che vendono spazi in logica CPC non appartengono a brand
particolarmente noti. Normalmente il modello di business che gli advertising
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E’ tempo di mobile advertising
network propongono a un editore come te prevede una condivisione dei ricavi che
normalmente vede il tuo share attorno al 60%-65% e quello dell’advertising
network nel range 35%-40%.
CPA
L’acquisto di spazi in logica CPA (Cost Per Acquisition) consente all’inserzionista di
pianificare campagne pubblicitarie per le quali viene corrisposta una determinata
tariffa in occasione del realizzarsi di una azione specifica, come un acquisto o il
completamento di un modulo.
Diversamente dalle logiche CPC o CPM, gli editori che decidono di lavorare in
logica CPA aderiscono a network di affiliazione mobile. I network di affiliazione
propongono agli affiliati la possibilità di inserire un link pubblicitario dotato di un
codice tracking. È proprio mediante questo codice di tracking che il network sarà in
grado di riconoscere una certa tariffa a te come editore ogni volta che dal tuo sito
inizierà un percorso di navigazione terminante con un acquisto, una conversione,
un consenso all’uso dei dati personali volto a partecipare a un direct program e
molte altre azioni.
IL MOBILE PERFORMANCE ADVERTISING: LA LANDING PAGE
Così come accade sul web, la landing page mobile ha la funzione di essere il punto
di approdo che si raggiunge dopo avere cliccato un banner. Se il banner ha la
funzione di creare interesse, la pagina mobile ha la funzione di approfondire
l’argomento trattato dal banner.
Oltre a questa funzione la landing page può richiedere il compimento di alcune
azioni quali il riempimento di un form con dati personali (click to form),
l’attivazione di una telefonata a un call center dedicato (click to call) o lo
scaricamento di un oggetto digitale quale un video, un’applicazione, una suoneria,
un’immagine, azione che si configura come click to download.
Caratteristica che distingue la landing page da un vero e proprio sito mobile è
quella di accompagnare l’utente a svolgere una delle suddette azioni senza offrire a
questi le opzioni di navigabilità tipiche di un sito mobile (accesso a più sezioni, link
esterni, ecc.).
Come editore puoi trarre il massimo dei vantaggi nel promuovere una landing page
che spiega al consumatore i tuoi prodotti. Mediante questo strumento di marketing
e con una adeguata campagna di promozione puoi infatti spingere i tuoi utenti a
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E’ tempo di mobile advertising
iscriversi ai tuoi servizi, a comprare alcuni prodotti e a creare un canale di relazione
stabile tra l’utente e la marca.
!
Landing page: esempio click to form.
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Il SEO per i giornali e per i giornalisti
IL SEO
PER I GIORNALI E PER I GIORNALISTI
di Marco Massara
L’autore
Esperto ed appassionato di servizi di posizionamento sui motori di ricerca e di marketing digitale.
Da Febbraio 2009 Marco Massara ha fatto il suo ingresso nella struttura di BusinessFinder Internet
Marketing, dove ha assunto il ruolo di Search Marketing Director.
Proveniente da 8 anni di esperienza lavorativa nell’ambito del Web Marketing, si è occupato di
portare avanti nel suo staff servizi di posizionamento, social marketing e, da ultimo, search
marketing.
Laureato in Tecnologie della Comunicazione all’Università della Svizzera italiana di Lugano con una
tesi sulla linguistica e il marketing su Internet, ha alle sue spalle grandi maestri di linguistica,
semantica e comunicazione come il Professor Eddo Rigotti, il Professor Paolo Paolini ed il
Professor Lorenzo Cantoni. Dal 18 Ottobre del 1996 inizia ad interessarsi ai motori di ricerca,
all’email e al mondo del web marketing.
http://twitter.com/massara
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Il SEO per i giornali e per i giornalisti
Voler far soldi senza aver acquistato credito e fiducia da parte del lettore credo
sia la strategia più bieca e inefficace attuabile dai “nostri” editori online. I lettori
hanno tanta ma tanta informazione e gli inserzionisti pubblicitari si sono ormai
stufati di avere solo impression: iniziano a fare i loro conti in tasca...
Vediamo come poter tener conto del destinatario (lettore o inserzionista che sia) di
un progetto editoriale online con un passaggio dalla curva SEO per poi tornare in
fretta al via e ritirare un po’ più di 20.000 lire.
Benché ultimamente, per grosse difficoltà offline, il giornale della grande mela
sembra stia ritornando a chiedere ai suoi lettori di pagare alcuni contenuti online, a
fine 2007, l’annuncio dello stesso New York Times del passaggio da una
consultazione web “per iscritti” a una totalmente gratuita, ci aveva messo davanti
alla caduta di una metodologia di presenza online che sembrava potesse aver un
florido futuro: non fosse altro che a proporla era uno dei più importanti giornali del
globo.
Questo sostanziale cambiamento proviene certamente da una necessaria esigenza di
avere più pagine web visitate sulle quali far girare più pubblicità, più annunci e
quindi trarne più guadagno.
Il modello di business di tutti i giornali online è d’altronde orientato alla
pubblicità, la pubblicità si vende a migliaia di impression e più pagine avremo, più
impression potremmo dimostrare ai clienti.
Ma, pensiamoci bene, siamo proprio sicuri che basti mettere più pagine in
circolazione per avere più entrate?
Potremmo, ad esempio, avere veramente più pagine indicizzate dai motori. Ma che
tipo di visitatori arriveranno? Questi new visitors quanta attenzione porranno sui
banner pubblicitari dei nostri clienti? Cliccheranno e andranno sul loro sito per fare
quello che i nostri “investitori” vogliono? Al fine di avere veramente successo in
questa nuova o rinnovata strategia di liberalizzazione di documenti e di servizi, è
ormai obbligatorio muoversi verso il lettore, per una presenza sistematica e
pertinente sui motori di ricerca: è dunque la volta dei giornali SEO.
Non ci si può dunque solo basare sul traffico generato, con la scusa che tanto si
vende la pubblicità a CPM (costo per mille impression). Non è come vendere il
prosciutto in macelleria, ma molti non lo vogliono capire. Non vogliono perché è
più semplice vendere “al kilo” che vendere profilato e di qualità.
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Il SEO per i giornali e per i giornalisti
Ma la qualità e la profilazione dipende tutta dalle sezioni create nei giornali
online, da ogni singola pagina e da quanto questa è capace di rispondere ai bisogni,
alle domande e alle curiosità dei visitatori.
In tal senso una pagina ben fatta a livello di titoli, contenuti, approfondimenti,
immagini, video, commenti e interconnessione fra di essi è una pagina che potrà
essere facilmente trovata perché immediatamente pertinente alla domanda del
mercato. Certo, il discorso fila lascio, ma molti editori si staranno giustamente
chiedendo: “Bhe ascolta, questo è facile quando hai una sezione ben identificata
come ad esempio quella sportiva, immediatamente associabile a precisi prodotti di
abbigliamento o di cura del corpo. Ma quando abbiamo semplici news o breaking
news o pura cronaca, che poi fa il grosso del giornale??”.
La situazione si fa dura. La situazione si fa interessante. Come abbiamo
risolto questo problema sino ad ora? Si sia trattato di portali, community, giornali o
settimanali online, tutti i migliori hanno cercato di avere in qualche modo gli
interessi dei visitatori con check list, iscrizioni a newsletter, mobile news o tramite
concorsi/contest online. Oppure, in modo ancora più complesso e raffinato, hanno
utilizzato delle preferenze passate per determinare pubblicità future. Ad esempio: se
un utente ha visitato recentemente la sezione Moda, gli verranno proposti banner di
profumi o di gioielli...
Ma questo tipo di profilazione, che rende misurabile e statica la persona, talvolta è
un po’ forzata.
Il SEO orientato ai giornali online si trova ad affrontare difficoltà operative. Nei
giornali ci sono i giornalisti “della carta” e quelli online, nelle tecniche di
ottimizzazione SEO i contenuti sono il PRINCIPE (“content is Prince!”, il vero
KING sei tu! ) ma i giornalisti creano i contenuti e sono molto gelosi dei loro testi,
si capisce no? Bene, non andiamo a importunare i giornalisti della carta, parliamo
proprio e solo di news di cronaca: il SEO potrebbe portare a una generazione
dinamica dei titoli degli articoli. Cosa ne dite? Vi scandalizza? A me si.
Il titolo sembra infatti la cosa più importante dell’articolo: viene studiato, pensato e
realizzato in tempi non brevi: richiede impegno e una volta deciso è dura cambiarlo.
Stiamo andando ad agire su un campo minato. Ma perché? Il titolo di una pagina che spesso e volentieri coincide con quello dell’articolo - è la cosa più importante
anche per Google, per tutti i motori di ricerca e anche per gli utenti che ricercano.
Se io cerco “Carne” e tu mi rispondi “Branzino” è un problema no? Non sarebbe
per me immediato capirti e quando sono su internet ho fretta, non farmi perdere
tempo!
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Il SEO per i giornali e per i giornalisti
Il titolo serve a far colpo in prima pagina o nei fogli della versione cartacea, ma sui
motori, dove più del 90% dei navigatori italiani cerca informazioni, no! Fa colpo la
pertinenza, tanto che Google e Google News stessi la evidenziano in grassetto e la
sottolineano. Ci sarà ben un motivo, visto il suo successo decennale.
In sintesi: cari giornalisti, fate titoli e contenuti per i vostri lettori! E attenti: il 90%
dei vostri nuovi lettori vi cercano sui motori. Sembra paradossale ma, in questo
contesto, è meglio scrivere un titolo che non attiri l’occhio per la scena che fa, ma
per la pertinenza che ha; e così vi leggeranno e farete scena con la qualità del vostro
contenuto!
Un ESEMPIO: la Juve ha perso 4-1 proprio l’altra sera! Il primo giornale online
intitola:
1.“Ferrara non si tocca”
Il secondo giornale online intitola:
2. “Figuraccia Juventus: e' fuori dalla Champions”
Rispetto all’evento i termini più pertinenti si trovano ovviamente nel secondo titolo:
è la Juve che ha perso, che ha avuto un danno: Ferarra e gli altri vengono in
secondo piano. Cosa chiediamo al nostro triste collega? “Quanto ha fatto la Juve?”
o “Quanto ha fatto Ferrara?”…
È quindi probabile che gli utenti digiteranno parole come “Juve” e “Champions”,
sbaglio?
In alternativa potremmo far scrivere i titoli degli articoli a un software legato in
diretta con Google e poi controllarli manualmente, ma implicherebbe un numero di
risorse tali che pochi giornali potrebbero sostenere.
Ma anche questa proposta non ci soddisfa... chi lo dice che la pertinenza
dell’articolo sia la maniera migliore per chi sui giornali online fa pubblicità? Se non
posizionata far i paragrafi (ad esempio, per motivi redazionali), una pubblicità
laterale su un articolo per noi veramente interessante, potremmo addirittura non
vederla.
La proposta? Cerchiamo di formularla per punti:
1. Quando ci affezioniamo di più a una cosa? Quando ci ricorda o è legata una
persona che possiamo definire, a livelli diversi, “cara”.
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Il SEO per i giornali e per i giornalisti
2. Una persona cara è innanzitutto una persona che non ci vuole fregare e che sa
quel che dice: una persona che ascoltiamo e seguiamo volentieri.
3. Qual è l’oggetto della fiducia? Il contenuto o la persona? La persona, è evidente.
4. Ma come un giornalista può acquisire la nostra fiducia? Se sa quello che dice e
vediamo che non ci vuole fregare. E in una rete Internet Social come questa,
dove tutti sono protagonisti, è più difficile fregare qualcuno, provateci...
5. A questo punto abbiamo già tutto: diamo lo strumento al lettore per seguire i
giornalisti o il team che hanno ottenuto credito presso di lui e il gioco è fatto.
6. Allora tutti i banner, gli annunci e la pubblicità che staranno attorno al “nostro
uomo” di fiducia saranno preziosi, saranno veramente come un “suo consiglio”.
7. Ma come facciamo? È semplicissimo, conoscete Twitter? Importiamo il
metodo nel nostro giornale online.
8. E comunque, appello a tutti i giornalisti: fatevi un bel blog, anche gratuito!
Seguitelo da veri comunicatori e avrete più rapporto che far tanta fatica con
parole coinvolgenti...
Ecco allora la pubblicità relazionale, non più solo contestuale o comportamentale
(che pur possono e/o devono rimanere).
L’innovazione è una delle cose più antiche: nel nostro caso, la fede o fiducia.
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Introduzione - Perché questo e-book
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Scegliere Advit vuol dire entrare nel migliore atelier italiano e avere a disposizione
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totalmente orientata alla qualità. Creatività, concretezza, determinazione e conoscenza degli scenari del web, il
piacere di contribuire alla crescita e alla valorizzazione di un prodotto, un naturale
orientamento all’ascolto delle esigenze della singola persona, il gusto per
l’eccellenza sono i valori a cui Advit si ispira e nei quali crede.
Incontri con clienti importanti orientati all’innovazione, uniti a un percorso
aziendale fatto di passione e competenza, hanno permesso ad Advit di diventare il
punto di riferimento per le pianificazioni di qualità.
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efficacia di comunicazione, con una minima dispersione di investimento.
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