Le forme dell`illusione

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Le forme dell’illusione
dai fondi di caffè alla faccia su Marte
bizzarryght 2012 prof.Bizzarro ̶ www.bazardelbizzarro.net
1
L’argomento di questo breve viaggio è la pareidolia.
pareidolia: dal greco êidos, «immagine» e da pará, «simile».
Dove si nasconderà una parolona così difficile? Non si trova nemmeno
sul dizionario (Zingarelli 2008 e Devoto Oli 2009)! Ma non occorre andare molto
lontano per incontrarne gli effetti. Basta mettere la mano in tasca ed estrarre il
cellulare. Quasi tutti conoscono ed utilizzano quotidianamente le «faccine»: ad
esempio «punto e virgola, trattino, chiusa parentesi» significa «ti strizzo l’occhio»,
mentre «doppio punto, trattino, P maiuscola» significa «ti mostro la lingua».
Il trucco per comprendere il «messaggio in codice» è semplice:
basta ruotare, realmente o mentalmente, di 90 gradi il cellulare.
Un quadrato con quattro soli elementi – due cerchietti e due linee –
viene interpretato dalla nostra mente come un volto umano.
Volendo i trattini si possono ridurre a tre,
e continuiamo ancora a vedere un volto.
Anche due soli puntini ci evocano qualcuno che ci guarda.
Se prendiamo però gli stessi quattro elementi della prima immagine
ma disposti diversamente non vediamo nessun volto. Anche i neonati
dimostrano di preferire spontaneamente la prima figura rispetto a questa.
Ora proviamo a leggere questa scritta...
...e poi quest’altra...
Queste sono le due scritte sovrapposte. Il simbolo centrale viene interpretato
ora come «B» ora come «13», a seconda del contesto. Questo dimostra
quanto la nostra percezione sia condizionata dalle nostre aspettative.
Un punto fondamentale per capire il fenomeno della pareidolia.
Alcuni tipi di alfabeto ispirati al mondo degli hacker sfruttano proprio l’ambiguità
di alcuni simboli, ed ecco quindi che il simbolo del dollaro viene usato come «s»
e la «®» del marchio registrato viene impiegata in sostituzione della «r». Per
quanto faticoso da leggere, il messaggio si comprende lo stesso.
Durante la Seconda Guerra Mondiale le SS dipingevano il loro simbolo sui muri di
molte case in varie parti d’Italia. Il loro tristemente famoso logo era derivato
dall’alfabeto runico, ma la gente comune diceva spesso «hanno scritto
quarantaquattro», scambiando le due lettere per un numero. (Aneddoto
riportato dallo studioso di parole Giampaolo Dossena in uno dei suoi libri)
I calligrammi sono dei componimenti nei quali le lettere e le parole
vengono disposte a formare un disegno, come fece il poeta francese
Guillaume Apollinaire nella sua raccolta di poesie «Calligrammes» (1918).
Qui è riprodotto «il pleut», ovvero «piove».
un’altra opera tratta da «Calligrammes»
ed un’altra ancora.
Questa è una delle varie opere d’arte urbana realizzate
dallo street artist «Font Face» a Trieste negli anni ’00.
Un altro lavoro di Font Face. Da notare come i caratteri alfabetici
non sono stati deformati in alcun modo, sono stati solo ruotati,
ingranditi o rimpiccioliti.
ancora Font Face su una campana del vetro
e la sua interpretazione personale ̶ e assolutamente geniale ̶ della Gioconda.
Questo è il famoso «calice di Rubin», che gioca sull’antagonismo figura/sfondo:
a seconda di come lo guardiamo vediamo due volti di profilo che si osservano
oppure un calice al centro dell’immagine. Le due visuali si escludono a vicenda.
Figure di questo tipo sono dette «bistabili».
Questa invece è la bandiera del Canada, con la foglia d’acero, simbolo
del Paese. Pare che quando fu introdotta questa bandiera qualcuno protestò,
perché vi scorgeva due persone che si guardavano in cagnesco.
Per chi non vedesse i due «tipacci» ecco un aiuto.
Maurits Cornelis Escher è un artista che ha ottenuto risultati
insuperabili nel campo delle figure ambigue e nei giochi figura/sfondo.
In quest’immagine: «Symmetry n°45», 1960
Mosaic II, Maurits Cornelis Escher 1957
papero o coniglio?
vecchia o giovane?
«Mercato degli schiavi con apparizione del busto invisibile
di Voltaire» (particolare) - Salvador Dalì 1940
«Ritratto con vegetali» ovvero «L’ortolano», Giuseppe Arcimboldo 1590
Lo stesso dipinto capovolto
«Ritratto di Rodolfo II come il dio Vertumno»,
Giuseppe Arcimboldo 1590
«Le viol» (Lo stupro), René Magritte 1934
Il quadrato di Kanizsa, in cui sono disegnati quattro cerchi
con uno spicchio mancante. La nostra mente tende a vedere
un quadrato che in realtà non esiste.
Anche le costellazioni in realtà non esistono: non c’è nessuna linea nel cielo,
è la mente umana che tende a raggruppare gli oggetti vicini secondo schemi noti.
C’è un teorema matematico, il teorema di Ramsey, che spiega
come a partire da un certo numero di punti casuali sono sempre individuabili
delle strutture regolari e ordinate.
Questa ad esempio è una raffigurazione cinquecentesca
della costellazione di Orione.
«Il bacio nella luna», così come immaginato dal triestino
Filippo Zamboni in un saggio del 1912.
Il «coniglio lunare», seduto vicino a un mortaio. È una figura presente
nel folklore cinese e giapponese. (La luna qui è ruotata rispetto alla sua
posizione abituale per maggior chiarezza).
«Little Nemo in Slumberland», 1905 circa («Slumberland» è una parola
scherzosa, che significa «sonno, terra dei sogni»). Si tratta di un fumetto d’epoca,
il cui protagonista è un ragazzino che vive nel mondo dei sogni. In uno degli
episodi Little Nemo passò una terribile notte funestata da un «mostro», che al
mattino si rivelò essere il suo vestito buttato sulla sedia.
Questo mostro-coperta è stato realizzato apposta, ma rende l’idea...
Questa locandina del film «the Truman show» è un esempio
della moderna tecnica del fotomosaico, in cui centinaia di immagini
vengono assemblate da un software, formando un’unica immagine.
Particolare dello stesso fotomosaico. Da notare come
a distanza ravvicinata l’immagine grande tenda a scomparire.
La mia passione per la pareidolia è iniziata qui: un muro dipinto con
spugnature di due colori diversi a casa di mia nonna. Passavo anche ore ad
osservare le varie forme che si dispiegavano ai miei occhi, forme che per me
cambiavano continuamente e perfino si muovevano.
Restando nel campo dell’amarcord questo è un fotogramma
della vecchia sigla della RAI. Il simbolo «TV» mi dava una
certa inquietudine perché mi richiamava un volto.
Questo invece è il formichiere che si trovava su un gradino di pietra
della mia vecchia casa, che mi segnalava ogni giorno quando ero arrivato
al secondo piano.
Eccolo qui accostato ad un vero formichiere.
2
2.1
I volti sono fra le pareidolie più comuni. Negli esseri umani,
come accennato all’inizio, questa è una tendenza innata,
spiegabile come un fattore di sopravvivenza.
Qui abbiamo a che fare con una grattugia simpatica e un po’ svitata.
un lavandino perplesso
il gancio di un estintore letteralmente stupefatto
uno scooter allibito
il cruscotto di un’automobile dall’aria non troppo intelligente
un tombino che invita a sorridere
una cuffia da bagno che sembra una maschera africana
una mela felice
una roccia angosciata
a destra: «L’urlo», Edward Munch 1893
una faccia di ferro battuto
un alieno minaccioso o l’innocua ombra di uno scooter?
un edificio a denti stretti
un albero inquietante
una faccia di germoglio
Una mattina ho fotografato quest’alba,
giorni dopo osservando meglio la foto mi ha colpito un particolare:
mi è sembrato di vedere un volto, come di una persona anziana,
girato di tre quarti e che guardava verso destra.
Mi è venuto in mente qualcuno.
Ecco l’apparizione fantasmatica di Padre Pio!
(Non lo vedete? Non fa niente: la pareidolia è anche
questo, qualcosa di molto soggettivo).
Qui alcune nuvole che sembrano fatte in serie,
ma è quella in mezzo che mi ricorda di più un volto.
Notate anche qui un volto?
Ecco l’aiuto per vederlo.
Cosa nasconde questo edificio?
Il volto di un giovane. E molto ben delineato, secondo me.
Questo giovane mi ha accompagnato per molti mesi, scrutandomi
all’incrocio mentre aspettavo il semaforo. Peccato che ora quella facciata
sia stata ridipinta. Perfetta ma per niente interessante. Per me avrebbe
dovuto essere stata protetta dalle belle arti.
Questo è il tetto di una fabbrica nella zona industriale di Trieste.
Le strane sagome sono delle pompe industriali. Non occorre
essere troppo fantasiosi per notare la loro forma antropomorfa.
Una sagoma in particolare mi ha colpito...
...vi ricorda qualcuno?
A destra: la cosiddetta «Madonna del solletico»,
Masaccio 1426 circa. Le vie del Signore sono infinite.
La somiglianza non sarà perfetta, ma questo sasso
mi ricorda Spongebob, personaggio dei cartoni animati.
un altro volto di pietra, stavolta creato
da incrostazioni di muschio
un fantasmino appare furtivo tra i rami
Qualche anno fa, la mattina del 1° novembre, ho colto
questa macchia sull’asfalto, formatasi dopo una leggera
pioggia, mentre il marciapiede si stava asciugando.
Per me era uno spiritello reduce da una notte
di Halloween particolarmente movimentata
Qui la testa dello spiritello è confrontata con un teschio umano.
un’altra chiazza sull’asfalto, un altro volto
Il «frate delle arachidi» è un classico della pareidolia popolare.
2.2
Nella pareidolia non si vedono solo volti umani. Si possono vedere
anche mille altre cose, come animali di ogni genere e specie.
Questo è un umile fazzoletto di carta gettato a terra, fotografato
una sera mentre gironzolavo per la città
La somiglianza con una pantera è sorprendente.
Le nuvole sono una fonte di ispirazione infinita,
come questa a forma di testa di cavallo.
Anche qui abbiamo un cavallo, che si erge sulle zampe posteriori,
qui lo confrontiamo con il «Cavallo spaventato da una tempesta»,
di Eugene Delacroix (1824). L’unica piccola licenza che mi sono preso
consiste nel fatto che il cavallo del dipinto l’ho invertito specularmente.
Tecnicamente quest’immagine ritrae un piccolo banco di cirrocumuli,
una delle nubi più alte e più effimere (durano anche pochi minuti)...
...ma la prima cosa che vede l’occhio è un istrice.
una nuvola-lepre
una nuvola-oca. È per questo che si dice «o che bella nuvola»?
l’ombra di uno scooter:
un perfetto cavalluccio marino.
questa è una radice trovata lungo un sentiero,
la quale mi ha ricordato subito l’uroboros, il mitico rettile che si morde
la coda, che qui vediamo riprodotto in un antico manoscritto.
Un uccello appollaiato sull’albero? Un corvo?
No, una cartaccia rimasta impigliata fra i rami.
2.3
Ognuno vede attorno a sé quello che gli sta più a cuore. È naturale
quindi che chi ama i libri e la scrittura veda le lettere dell’alfabeto.
l’incrocio di due radici
un «origami naturale», prodotto da una cartina
casualmente spiegazzata sul marciapiede
le infiorescenze cadute da un albero nascondono un intero alfabeto
un legno biforcuto
un elastico
anche cucinare la quinoa (uno pseudo-cereale di origine andina)
può dare momenti di emozione a un cacciatore di alfabeti.
In questo particolare possiamo leggere addirittura una parola completa, «ice»,
formata dai germogli della quinoa staccatisi dai chicchi e rimasti sul mestolo.
Con un po’ di schiuma, naturale o artificiale che sia, e onde moderate,
la superficie increspata del mare può diventare una vera miniera
di lettere dell’alfabeto e simboli di ogni genere.
Tra gli alfabeti completi, questo è quello di neve, che ho realizzato in seguito a una
leggera nevicata, quando, un paio di giorni dopo, la neve caduta nei prati si stava
sciogliendo. Molte delle chiazze di neve avevano la forma di lettere e numeri.
Questo è invece l’alfabeto di corteccia, realizzato fotografando
centinaia e centinaia di alberi dei viali e dei parchi cittadini.
2.4
Un altro tipo di forma ricorrente è il cuore.
Qui abbiamo il petalo di un fiore.
una foglia a forma di cuore
la falsa castagna di un ippocastano
Questo cuore su una corteccia non è stato inciso da due
innamorati, bensì da madre natura in segno di affetto per noi.
una goccia d’acqua a forma di cuore in un lavandino
un cuore in un muro scrostato
un rametto piegato a forma di cuore
Qui vediamo un intero albero che con il suo tronco contorto
ha assunto una forma a cuore. In realtà osservando
quest’albero da un altro punto di vista l’illusione scompare.
i sassi a forma di cuore sono molto comuni
ma si possono trovare cuori anche in una breccia nell’asfalto
e perfino in un’umile gomma da masticare.
Questa invece è una nube lenticolare fotografata all’orizzonte.
una piccola galleria di cuori di ogni materiale e
dimensione, fotografati nel corso degli anni
3
3.1
La cosiddetta «teoria delle segnature» è ben nota fin dall’antichità, anche se è stata
codificata attorno al 1600. Secondo quest’idea, di stampo empirico e non
scientifico, dalla forma stessa e dal colore di piante, minerali, eccetera si può intuire
il loro uso e le proprietà terapeutiche. Così ad esempio il gheriglio della noce, per la
sua forma, è sempre stato considerato benefico per il cervello. Un’affermazione che
detta così potrebbe sembrare arbitraria, ma non lo è, perché la scienza ha
confermato il suo contenuto in sali minerali e grassi Omega-3 e Omega-6.
È chiaro che nella maggioranza dei casi l’applicazione medica è venuta
prima, la somiglianza con l’organo interessato è venuta in un secondo
momento, ed è stata sfruttata come espediente mnemonico.
Un altro caso ben noto sono i fagioli kidney, che favoriscono
effettivamente alcune funzioni renali (kidney vuol dire appunto reni).
Così pure per l’equiseto o coda cavallina (Equisetum arvense),
tradizionalmente utilizzato per le ossa (favorisce la remineralizzazione)
e per i capelli, funzioni evocate dai suoi fusti lunghi e sottili e ricchi di
nodi che ricordano le giunture delle ossa.
Le due piante antropomorfe per eccellenza, la nostrana mandragora
(Mandragora officinarum) e il ginseng (Panax ginseng), diffuso e coltivato in
Estremo Oriente, sono sempre state considerate piante magiche, portatrici
di lunga vita e indicate per la cura di una moltitudine di malattie.
Uscendo dall’erboristeria troviamo numerose piante il cui nome popolare o
scientifico è stato ispirato dalla loro somiglianza con animali, oggetti e altro.
Così è ad esempio per la coda di topo (Alopecurus pratensis),
per la bocca di leone (Antirrhinum majus),
per il cappello di prete, o fusaggine (Euonymus europaeus),
che ricorda l’antica foggia di un tipico berretto clericale.
Questa invece è la lingua di bue (Fistulina hepatica),
un fungo che assomiglia in maniera sorprendente alla lingua di un bovino.
3.2
La pareidolia è anche alla base di una moltitudine di tecniche divinatorie.
Ricorderemo una delle più note, la lettura dei fondi di caffè (caffeomanzia).
Riuscite a vedere un numero in quest’immagine?
Eccolo: un bel 21
Un altro esperimento di caffeomanzia...
La lettura dei fondi di caffè e di tè viene chiamata anche
«tasseomanzia» o «tasseografia», dall’arabo «tass», ovvero «tazza».
Gli stimoli casuali e indistinti sono uno dei fattori principe all’origine
della pareidolia. Nel campo del suono ad esempio troviamo il cosiddetto
«rumore bianco», simile al rumore delle onde, che costituisce la somma
di tutti i suoni possibili. Esistono infatti anche pareidolie sonore, di cui però
tratteremo in altra sede.
Molto simile al rumore bianco è la «neve» che si vede a volte tra un canale
televisivo e l’altro, costituita da una miriade di puntini bianchi e neri
che danzano in maniera casuale sullo schermo. «Rumore bianco»
e «neve televisiva» vengono spesso utilizzati dagli spiritisti moderni per dare
un’occhiata al presunto mondo dell’aldilà.
Ma non sono solo gli occultisti e le fattucchiere ad avvalersi della pareidolia:
lo fanno anche gli psicologi professionisti, con il test di Rorschach,
così chiamato dal suo creatore Hermann Rorschach (1884-1922)
che elaborò le sue famose 10 tavole. A seconda dell’interpretazione
che vi dà l’esaminando si possono scoprire vari aspetti della sua personalità.
ecco un’altra delle tavole di Roschach
l’importante è leggere tutte le forme in chiave sessuale,
per far contenti gli psicologi freudiani ;-)
3.3
Il mondo del design è ricco di pareidolie, volute e non volute. Nel caso del classico
cavatappi la sua forma antropomorfa è presumibile che sia fortuita. Può darsi che
l’anonimo designer se ne sia accorto, comunque sia la forma di questo strumento
è funzionale, essenziale e legata strettamente alla funzione che adempie.
Il cavatappi «Anna G» (1994) realizzato dal designer Alessandro Mendini
per la ditta Alessi esaspera la forma antropomorfa del tradizionale cavatappi.
Simpatico, anche se quello tradizionale forse stimolava di più la fantasia.
La classica cucitrice da ufficio mi ha sempre evocato un cetaceo.
In particolare sembra somigliare a un capodoglio.
Il volto che si vede su quest’automobile d’epoca sembra voluto.
Non per niente il davanti di un automezzo si definisce «muso».
Come molte altre apparecchiature meccaniche varie parti dell’automobile
presentano delle somiglianze con elementi dell’organismo umano. «Uomo
macchina» è una delle metafore più diffuse del nostro hardware biologico.
Anche quest’automobile moderna sembra voler giocare di proposito
con la somiglianza tra muso della macchina e un volto, un po’ come
le automobili del cartone animato «Cars».
4
Eh sì, la pareidolia ha anche il suo lato oscuro. Famoso è questo volto,
più o meno diabolico, apparso tra il fumo delle Twin Towers
dopo l’attentato dell’11 settembre.
Particolare ingrandito del «diavolo». Il volto è
autentico, lo si trova anche sul sito della CNN.
Anche quest’altro volto diabolico lo si trova
nei siti di informazione ufficiali.
Una certa Diana Duyser di Hollywood (Florida), un mattino del 1994 si preparò
un toast al formaggio, e dopo averne dato un morso notò una figura umana che
la guardava. «La Madonna», pensò, e conservò per 10 anni la «sacra» fetta di
pane. Dopo dieci anni la mise all’asta su eBay. Si aggiudicò la reliquia
il Casino Online Goldenpalace.com per la modica cifra di 28000 dollari.
Questa è invece la celebre «faccia su Marte»,
fotografata per la prima volta dalla sonda Viking nel 1976.
Da notare la «narice», che contribuisce al realismo del volto: si tratta in realtà
di un artefatto fotografico, dovuto a mancanza di segnale mentre veniva
trasmessa a terra la fotografia. L’immagine è infatti piena di simili pallini neri.
Ecco il volto senza narice.
Questa è invece la stessa «faccia su Marte», fotografata
dalla sonda Mars Global Surveyor nel 1998. Con una luce
diversa e da un punto di vista differente il volto scompare.
Un altro famoso «reperto alieno» lo si può trovare in questo
scorcio di Marte, fotografato dalla sonda Spirit nel 2009.
Il «cranio alieno» ingrandito. Anche questa immagine è genuina, è tratta infatti
direttamente dal sito della missione su Marte (http://marsrovers.nasa.gov ).
In realtà anche qui sulla Terra è molto facile trovare rocce o perfino montagne a
forma di testa, senza che per questo siano di origine biologica. Tra l’altro il fatto che
la Nasa pubblichi sul suo sito quest’immagine è in contraddizione con il luogo
comune che l’ente spaziale americano voglia nascondere la realtà sugli extraterrestri.
Un altro «alieno» fotografato dalla sonda Spirit.
Accovacciato e meditabondo.
I canali di Marte, disegnati dall’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli
nel 1890. Verso la fine dell’800 alcuni astronomi, principalmente il suddetto
Schiaparelli e lo statunitense Percival Lowell sostenevano che Marte fosse
percorso da canali, che sarebbero stati usati dalle popolazioni marziane per
l’irrigazione e i trasporti. Con il miglioramento degli strumenti e delle
osservazioni i canali si rivelarono essere un effetto ottico.
4.1
La pareidolia viene spesso usata in campo pubblicitario, come puro effetto grafico
o per rendere più accattivante il prodotto. Tra i vari esempi troviamo la cosiddetta
«ora del sorriso». Osservate la pubblicità di una qualunque marca di orologi: se
l’orologio è con le lancette, queste indicheranno quasi invariabilmente le dieci e
dieci. Questo perché in questo modo l’orologio ricorda un volto sorridente.
Vi sono varie pubblicità creative in cui sono realizzate immagini
assemblando oggetti o prodotti alimentari sullo stile dei quadri
di Arcimboldo. Qui un paesaggio alimentare in una campagna
pubblicitaria della Negroni nel 2007. Fotografo: Carl Warner
Un altro paesaggio della pubblicità della Negroni
Esplorando invece il lato più «oscuro» della pubblicità, quello dei
«colpi bassi» e della cosiddetta pubblicità subliminale, troviamo
campagne come questa, riferita a un supermercato. L’immagine è
apparentemente «innocua». In realtà nel sacchetto il filone di pane
e i pomodori sono disposti volutamente per creare una forma fallica.
Questo è il marchio della «Dodge»,
un produttore americano di fuoristrada.
Potrebbe anche essere un caso, ma non sembra troppo campata in aria
l’idea che il logo ̶ un ariete stilizzato ̶ evochi lo schema di un apparato
genitale femminile. Rispetto a quella di prima, quella del filone di pane,
quest’immagine è più «colta», destinata a un pubblico più raffinato.
Non per niente se prima si pubblicizzava una catena di supermercati
a basso costo qui si tratta di una marca di fuoristrada di lusso.
Su YouTube impazzano vari video che hanno un numero abnorme
di visualizzazioni. Alcuni di questi filmati sono stati realizzati
appositamente per provocare, altri hanno avuto questo successo
per caso, a causa dell’icona di anteprima che faceva pensare a contenuti
sessuali e osceni, mentre si trattava di immagini assolutamente innocue.
Fra i tre video indicati nella pagina precedente, mostreremo alcuni
fotogrammi del primo, tratto dalla pubblicità di un deodorante.
(per lo spot completo: http://www.youtube.com/watch?v=TogCfmeJTvg)
l’immagine iniziale, in effetti un po’ ambigua, ruota lentamente,
ruota ancora,
ruota un altro po’,
fino a svelare la sua natura assolutamente innocente. La malizia, come dice il
vecchio adagio, è nell’occhio di chi guarda.
Com’è possibile immaginare, c’è tutto un filone – commerciale e amatoriale –
di giochetti di questo tipo. Il sesso, anche solo suggerito, attira sempre.
4.2
Fra gli usi impropri della pareidolia, divertenti da un lato ma tragici
dall’altro, se pensiamo a quanti vi credono ciecamente e a quanti
furbacchioni ci vivono sopra, con programmi TV, libri, articoli e quant’altro,
troviamo l’interpretazione e la re-interpretazione di quadri ed oggetti antichi
secondo i canoni dell’ufologia e dell’archeologia misteriosa.
Uno degli esempi più famosi è l’«astronauta di Palenque», un antico bassorilievo
Maya che si trova sul coperchio di un sarcofago. Il personaggio raffigurato
sembrerebbe a cavalcioni di un anacronistico e improbabile razzo.
In realtà, come dicono i «veri» archeologi, l’immagine va letta in verticale:
vi sono mille indizi, come i numerosi volti presenti nel bassorilievo, secondo cui
l’orientamento giusto è questo. Si tratterebbe quindi di un personaggio disteso
su un altare, sul quale troneggerebbe un simbolo del tutto simile a una croce.
Parlando sempre di «ooparts» (out of place artifacts, ovvero «manufatti fuori
posto») troviamo questi inverosimili «elicotteri egizi». L’immagine è autentica, e si
trova in un bassorilievo nel tempio di Seti I, nella città di Abydos. In realtà è il
nostro occhio moderno che vede macchine volanti e dirigibili in questa figura, dove
invece vi sono simboli di vario tipo e immagini stilizzate di libellule ed altri animali.
Particolare del dipinto «Scene di vita eremitica», detto anche «Tebaide»,
di Paolo Uccello, 1460 circa. In questa scena è visibile San Girolamo
inginocchiato in una grotta davanti a un crocefisso. Questo quadro ha conosciuto
recentemente una certa fama, ma non per le sue qualità artistiche, bensì proprio
per l’oggetto rosso visibile in basso a destra in quest’immagine. Secondo gli ufologi
si tratta, non occorre dirlo, di un disco volante (ma come fa a volare dentro una
grotta?), con tanto di linee del movimento in stile fumetto. In realtà si tratta del
cappello da cardinale che San Girolamo aveva posato nella grotta.
Questa è la stessa immagine, sgranata e sfocata, come compare sul sito
di un’associazione ufologica. La pareidolia, come l’ufologia, spesso
prospera fra immagini sfocate, imprecise, ambigue, poco dettagliate.
Un altro dipinto diventato famoso per i suoi presunti anacronismi:
«Esaltazione dell’Eucaristia» (particolare della «Trinità»),
di Ventura Salimbeni, fine 1500. In mezzo ai personaggi della Trinità si trova...
nientemeno che uno Sputnik! In realtà, ad un’osservazione più attenta, la sfera è
un globo celeste, con tanto di Sole e Luna, mentre le «antenne» dello Sputnik,
osservate in alta risoluzione, si rivelano essere due sottili scettri.
Crocefissione (1335), monastero di Visoki Dečani, Kosovo.
Ogni ufologo che si rispetti conosce questo affresco, per via
delle due «astronavi» che compaiono in alto a destra e a sinistra
del dipinto, con tanto di pilota seduto all’interno.
In realtà, da come si può evincere nella Crocefissione qui sopra
e in quella della pagina seguente,
tali raffigurazioni non sono altro che il Sole e la Luna, che spesso venivano
posti a destra e a sinistra del Crocefisso, a mo’ di testimoni della Passione di Cristo.
per approfondire l’argomento
libri
«Gamahes – Anime nella pietra», Rodolfo Alessandro Neri, Psiche 2, 2009
«Bizzarre illusioni – Lo strano mondo della pareidolia e i suoi segreti», Romolo Giovanni
Capuano, Mimesis 2011
Internet
pareidolie: www.madonnaofthetoast.blogspot.com
messaggi subliminali: www.ccsg.it
arte e ufo: www.sprezzatura.it/Arte/Arte_UFO.htm
Font Face: www.fontfaceart.com
paesaggi alimentari: www.carlwarner.com
...e naturalmente...
www.bazardelbizzarro.net
meraviglie del possibile e dell’impossibile
[email protected]
bizzarryght 2012 prof.Bizzarro ̶ il presente lavoro può essere usato liberamente, è gradita la citazione
dell’autore, prof. Bizzarro, e il link al sito di riferimento, www.bazardelbizzarro.net.
Se doveste cavarne fuori un sacco di soldi e non sapeste dove metterli, be’, contattatemi. Grazie.
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