ETICA E LEGGE NATURALE S`INCONTRANO IN UNA PAROLA di

ETICA E LEGGE NATURALE S'INCONTRANO IN UNA PAROLA
di Serge-Thomas Bonino
Commissione Teologica Internazionale
Scopo di questo articolo è presentare sommariamente il documento della
Commissione Teologica Internazionale: "Alla ricerca di un'etica universale: nuovo
sguardo sulla legge naturale" (Libreria Editrice Vaticana, giugno 2009). Il crescente
divario tra l'ordine economico, sociale, giuridico e politico da una parte, e l'ordine
etico dall'altra, interpella la coscienza contemporanea. Tutto avviene come se questi
diversi settori dell'attività umana potessero, oppure dovessero, fare astrazione da
un riferimento normativo a un bene morale, oggettivo e universale. Inoltre, in una
cultura che erige l'individuo a referente ultimo, gli stessi comportamenti personali
tendono ad affrancarsi dalle norme etiche oggettive, ritenendo ciascuno di dover
creare i suoi propri valori, senza
rendersi conto che egli in tal modo si
sottomette a "valori" imposti da
ideologie
poco
preoccupate
dell'autentica dignità della persona.
Che siamo credenti o meno, questo
problema del fondamento oggettivo e
universale dell'etica impegna il nostro
avvenire comune. Delle due cose, l'una.
O la mondializzazione in corso, con i rivolgimenti che essa comporta nella vita
delle persone e delle società, è una fuga in avanti, più o meno regolata da un
quadro giuridico puramente positivo, incapace di arginare a lungo termine
l'arbitrio e il diritto del più forte. Oppure, gli uomini prendono in mano il processo
per orientarlo in funzione di finalità propriamente umane, il che suppone un
consenso etico su valori da promuovere, che siano oggettivi e universali, sottratti
alle fluttuazioni dell'opinione e alle manipolazioni dei governi. Questi valori
possono, ad esempio, assicurare ai diritti dell'uomo una base più solida del fragile
positivismo giuridico. Essi devono fondarsi su ciò che definisce l'essere umano
come umano, e cioè sulla natura umana quale si realizza concretamente in ogni
persona, qualunque sia la sua razza, la sua cultura o la sua religione.
La dottrina della legge naturale afferma precisamente che "le persone e le comunità
umane sono capaci, alla luce della ragione, di riconoscere gli orientamenti
fondamentali di un agire morale conforme alla natura stessa del soggetto umano e
di esprimerlo in modo normativo sotto forma di precetti o di comandamenti. Tali
precetti fondamentali, oggettivi e universali, sono chiamati a fondare e a ispirare
l'insieme delle determinazioni morali, giuridiche e politiche che regolano la vita
degli uomini e delle società" (n. 9).
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Proponendo la legge naturale come il fondamento sempre valido dell'etica, la
Commissione Teologica Internazionale intende contribuire al dibattito attuale sulla
ricerca di un'etica universale. Essa si iscrive nella prospettiva aperta dal Catechismo
della Chiesa Cattolica (cfr. nn. 1954-1960) e l'enciclica Veritatis splendor (cfr. nn. 40-53),
che hanno rimesso in primo piano la dottrina della legge naturale come
fondamento dell'ordine etico e politico. Papa Benedetto XVI ha fatto, d'altra parte,
della legge naturale uno degli assi portanti del suo insegnamento. Come garanzia
della dignità inalienabile della persona di fronte ai condizionamenti culturali e
politici, la promozione della legge naturale è, infatti, il risvolto positivo della sua
vigorosa denuncia del relativismo etico.
Per far emergere i principi e i fondamenti di un'etica universale, il documento della
Commissione Teologica Internazionale si ispira alla dottrina della legge naturale
elaborata da san Tommaso d'Aquino, ma intende anche apportare elementi nuovi.
Vetera novis augere. Per proporre la legge naturale nel contesto odierno, si deve in
effetti liberarla da presentazioni caricaturali che l'hanno resa incomprensibile a
molti dei nostri contemporanei e mettere a profitto i recenti elementi innovativi
della teologia morale cattolica.
Il capitolo 1 del documento della
Commissione Teologica Internazionale
mostra che l'etica universale ricercata
non è da creare di sana pianta. Esiste già
un patrimonio etico comune, come ne
attestano le numerose convergenze tra
le tradizioni culturali e le religioni del
mondo.
Dal capitolo 2 ("La percezione dei valori
morali"), il documento si pone
esattamente al contrario della visione
razionalista della legge naturale,
considerata
come
un
insieme
immutabile di precetti fondati su una
natura umana astratta, al di sopra della
storia e delle culture. Questa visione è stata frantumata quando le scienze umane
hanno posto in evidenza un certo relativismo culturale. Per manifestare la
pertinenza universale della legge naturale tenendo conto dei particolari nei quali
vive il soggetto morale, il documento segue un cammino genetico. Parte
dall'esperienza morale comune a ogni persona umana come tale per farne emergere
il contenuto e le esigenze implicite. L'appello interiore a seguire il bene come tale è
l'esperienza fondante di tutta la morale. Essa si prolunga in un processo nel corso
del quale il soggetto morale si pone all'ascolto del suo essere profondo e, per mezzo
della ragione, fa emergere le esigenze morali che indicano le inclinazioni
ontologiche
che
strutturano
la
sua
natura.
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Ma, poiché le norme prime universali che traducono questi orientamenti
fondamentali restano a livello generico molto elevato e poiché l'azione morale
prende sempre posto nel concreto di una situazione contingente, è proprio della
ragione, una ragione in dialogo, determinare i principi più particolari che
determinano le scelte concrete. Il margine di indeterminatezza tra i principi
immutabili e le loro applicazioni rende ragione della storicità di ogni etica fondata
sulla legge naturale. Inoltre, l'elaborazione di una norma d'azione adeguata deve
tener conto delle disposizioni morali del soggetto e specialmente della virtù della
prudenza che è la capacità difficile di prendere buone decisioni in concreto. La
legge naturale non è pertanto un codice già fatto (completo) di prescrizioni
intangibili che si imporrebbero come dall'esterno alla persona umana. Essa è
piuttosto un principio d'ispirazione interiore, permanente e normativo, al servizio
della maturazione morale della persona umana.
Per un approfondimento della riflessione a partire da
questa esperienza morale, il capitolo 3 intende mettere in
rilievo "i fondamenti teorici della legge naturale" e
giustificare agli occhi della ragione il suo valore come
fondamento ultimo dell'etica. Certo, è già possibile
giustificare le esigenze della legge naturale "sul piano
dell'osservazione riflessa delle costanti antropologiche
che caratterizzano una umanizzazione riuscita della
persona e una vita sociale armoniosa" (n. 61). Ma
"soltanto l'assunzione della dimensione metafisica del
reale può dare alla legge naturale la sua piena e completa
giustificazione filosofica" (n. 62). La filosofia dell'essere
offre infatti all'etica la base ontologica della quale non
può fare a meno. In questa prospettiva, la dottrina della
legge naturale appare intrinsecamente legata alla
metafisica della creazione. Il riferimento al Lògos creatore, Sapienza increata, fonda
in effetti la presenza di una razionalità immanente alla phýsis, il suo valore
normativo per il soggetto morale e la capacità per la ragione umana, lògos
partecipato, di interpretarne il messaggio. La natura può quindi e deve "legiferare"
in ambito etico. Il documento rifiuta il dualismo radicale di un certo pensiero
moderno che oppone indebitamente, come se si trattasse di due ordini irriducibili,
il regno della natura - della quale il corpo è un aspetto - ritenuto moralmente
insignificante, e il regno etico del soggetto libero. Invita piuttosto a riscoprire la
potenza integrante di una metafisica della partecipazione: essa accoglie
contemporaneamente la ragione oggettiva immanente alle inclinazioni ontologiche
e la loro necessaria attualizzazione soggettiva per mezzo della ragione umana. La
dottrina della legge naturale si pone pertanto su un crinale tra un fisicismo che da
una parte misconoscerebbe l'indispensabile integrazione delle inclinazioni naturali
nell'unità del soggetto e riduce la persona a pura biologia, e, dall'altro, un
razionalismo astratto, che rifiuta a priori ogni significato morale alla dimensione
corporale
della
persona
umana.
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Il capitolo 4 ("La legge naturale e la città") presenta la legge naturale come
l'orizzonte normativo nel quale è chiamato a muoversi l'ordine politico. Richiama
alcune esigenze essenziali affinché l'ordine politico e giuridico siano giusti e
umanizzanti. Tale aspetto sarà approfondito da un successivo articolo.
Da ultimo, il capitolo 5 ("Gesù Cristo, compimento della legge naturale"), di natura
più teologica, testimonia un profondo cambiamento di prospettiva nella
presentazione della legge naturale. In una società pluralista alla ricerca di una
dimensione universale, è senz'altro necessario insistere sulla dimensione
pienamente razionale della legge naturale. Ma la distinzione dell'ordine naturale
della ragione e dell'ordine soprannaturale della fede non è una separazione. La
Chiesa non può tacere che la legge naturale riceve da Gesù Cristo la pienezza del
suo senso. Alla luce della fede, il cristiano riconosce in Gesù Cristo il Lògos eterno
che presiede alla creazione, e che, essendosi incarnato, si è presentato agli uomini
come la Legge vivente, il criterio di una vita umana conforme alla legge naturale.
Di più, per mezzo dello Spirito Santo che egli ha effuso nel mondo, Gesù Cristo
dona a tutti coloro che lo ricevono di interiorizzare e di mettere liberamente in
opera le esigenze della legge naturale. La legge naturale non è quindi abolita, ma è
portata a compimento dalla legge nuova della carità.
(©L'Osservatore Romano - 10 giugno 2009)
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