Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 1 Musicoterapie in ascolto http://www.musicoterapieinascolto.com/archivio/85-archivio/80-2009-archivio-mia Archivio 2009 A cura di Giangiuseppe Bonardi Articoli Gli articoli sono archiviati mensilmente, dal più recente al più datato Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Indice 4 Bonardi Giangiuseppe, E come... emozioni 6 Neri Simona, In ascolto di SIDEROS: la musica delle nostre emozioni 8 Deodato Rosaria, Dialogo di emozioni in musicoterapia 12 Da Rold Marzia, Quando la musicoterapia è creativa, le emozioni felici... risuonano 14 Panebianco Maria Carmela, In musicoterapia la musica media le emozioni 16 Tatulli Lucia, La musicoterapia va a scuola. Sì. Ma come? 20 Bonardi Giangiuseppe, Emozioni condivise: appunti di viaggio 21 Bonardi Giangiuseppe, Che cosa é la musicoterapia? 22 Bonardi Giangiuseppe, Echi di... emozioni 24 Lamberti Rosaria, Musa 24 Bonardi Giangiuseppe, A come... analogia 26 Navone Stefano, Diventare musicoterapista oggi 28 Parker Deborah, In viaggio con Eleonora, alla ricerca di una base sicura... sonora 31 Bonardi Giangiuseppe, Alla ricerca del senso del musicale in musicoterapia 35 Bertozzini Riccardo, “Dall’altra parte” ... in ascolto delle emozioni di Francesco 37 Carli Giovanni, Gli 'affetti vitali' di Franco 41 Bonardi Giangiuseppe, Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider 45 Bonardi Giangiuseppe, Strumenti musicali e significati nella prospettiva di Marius Schneider 47 Bonardi Giangiuseppe, Simboli e significati nella prospettiva di Marius Schneider 48 Bonardi Giangiuseppe, Numeri e significati nella prospettiva di Marius Schneider 50 Di Sabbato Daniela, Clelia 'suona'... le sue emozioni 55 Bonardi Giangiuseppe, La 'musica' di Danilo* 59 Bonardi Giangiuseppe, Io suono con... gli altri 60 Bonardi Giangiuseppe, Io suono con... l'altro 61 Bonardi Giangiuseppe, Io osservo... 62 Bonardi Giangiuseppe, Dimensioni sonoro-musicali a confronto 63 Cavallini Daria, Gli adolescenti e la musica 66 Cavallini Daria, A come... adolescenza 74 Lamberti Rosaria, Perdersi 75 Lamberti Rosaria, Attimo 75 Bonardi Giangiuseppe, Una musica del… cuore 79 Lamberti Rosaria, Stupore Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 2 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 80 Lamberti Rosaria, Sapere 80 Lamberti Rosaria, Nei crepacci della vita 81 Bonardi Giangiuseppe, Analogie musicali… particolari 83 Lamberti Rosaria, Vivere 83 Bonardi Giangiuseppe, Modelli o metodiche musicoterapiche? 85 Bonardi Giangiuseppe, Dvořák letto con gli “occhi” di… Schneider! 89 Bonardi Giangiuseppe, Musicoterapia o… musicoterapie? 103 Bonardi Giangiuseppe (a cura di), Musica tra le menti: il libro di Stefano Navone 104 Bonardi Giangiuseppe (a cura di), Il contributo di Gilbert Rouget alla riflessione musicoterapica. 109 Neri Simona, In ascolto dell'anima e del cuore 112 Bonardi Giangiuseppe, Tutto è terapia? 113 Bonardi Giangiuseppe, M come... musica 114 Bonardi Giangiuseppe, L’essenza della ‘musica’ è in ogni cosa 117 Di Sabbato Daniela, Prime riflessioni... 118 Di Sabbato Daniela, Il suono bianco del terremoto 119 Bonardi Giangiuseppe, La musica è tempo-spazio vissuto e oggettivo 120 Bonardi Giangiuseppe, Tempo, spazio, vissuti 122 Cavallini Daria, Gli adolescenti, la scuola e... il progetto di musicoterapia 128 Marius Schneider, Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche 129 Di Sabbato Daniela, Montesilvano 129 Di Sabbato Daniela, L’Aquila finalmente… ri-suona 130 Bonardi Giangiuseppe, La prassi musicoterapica è, essenzialmente, tempospazio vissuto Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 3 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Gennaio Bonardi Giangiuseppe, E come... emozioni Pubblicato il 31 gennaio 2009 La via verso l'interiorità[1] Chi ha trovato la via verso l'interiorità chi nell'ardore dell'introspezione ha intuito il nucleo della verità, sa che ognuno si sceglie Dio e creato come immagine e parabola soltanto: per lui ogni agire, ogni pensare non è che dialogo con la propria anima che Dio e creato in sé racchiude. Hermann Esse Leggendo con attenzione gli articoli e i numerosi commenti, sinora pubblicati, percepisco la piacevole sensazione che Musicoterapie, sia ora, in... ascolto delle emozioni. Così, dopo aver preso atto di questo irrefutabile dato di fatto, sorge in me un ragionevole interrogativo. Perché molti autori, che peraltro sono in maggioranza musicoterapisti neofiti e/o professionisti, insistono sul tema delle emozioni? Essendo musicoterapista, ormai da molti anni, so per esperienza che questa professione offre un'opportunità unica in quanto, mettendomi in rapporto autentico con l'altro, vivo "giocoforza" innumerevoli emozioni spesso contrastanti.Per questa ragione è per me chiaro il fatto che la maggior parte dei colleghi parlino di emozioni, interrogandosi, riflettendo lungamente su di esse. Che cosa sono le emozioni? Le "emozioni (sono) esperienze soggettive d'intensità rilevante, accompagnate sempre da modificazioni fisiologiche e spesso da modificazioni comportamentali ed espressive dell'organismo[2]...". In relazione alla definizione riportata, le emozioni sono quindi esperienze soggettive, molto intense, vissute a livello corporeo. La percezione delle emozioni è quindi corporea ed è per questa ragione che ogni discorso teorico sulle emozioni può apparire arduo o, talvolta, un po' sterile perché le emozioni non possono essere analizzate ma semplicemente ascoltate, ossia accolte. Le emozioni sono quindi i nostri 'vissuti', così dinamici, vivi, vitali e sfuggenti; essi caratterizzano la nostra vita interiore, sfuggendo al giudizio della nostra mente che, si sa bene, è falsa per definizione perché... mente! Chi può guidarci verso l'ascolto dei propri vissuti? In verità gli unici veri insegnanti che possono condurci all'ascolto-accoglienza dei vissuti siamo noi stessi. Siamo noi che, nolenti o volenti, decidiamo quando, come e Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 4 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 perché vogliamo e desideriamo ascoltare, accogliere i vissuti che proviamo. Il dialogo con noi stessi è una nostra scelta, per cui a volte lo vogliamo fare e, in altre circostanze, decidiamo di sospenderlo. In questo cammino ci vuole indulgenza con noi stessi e prudenza perché non abbiamo obiettivi o finalità da raggiungere; non abbiamo la necessità di dimostrare nulla a nessuno giacché dobbiamo solo interloquire con il nostro sé. Quali vissuti provo? La riflessione sui vissuti esperiti è nata quasi per caso, interagendo musicalmente con persone, tendenzialmente , aggressive. Così, casualmente, al termine delle sedute di musicoterapia, mentre stilavo il protocollo in forma sintetica, iniziavo a riflettere, a pormi in ascolto sulla strana presenza di leggere lacrimazioni, normalmente non presenti in altri ambiti ma ricorrenti lì. Pian piano mi sono messo in ascolto del mio corpo, chiedendomi che cosa mi dicesse. In realtà il mio corpo non comunicava concetti complessi e raffinati, mi chiedeva semplicemente e _ insistentemente _ di ascoltarlo. Potevo ignorarlo, far finta di niente ma ho deciso che era giunto il momento di ascoltare l'invito e così, con estrema cautela, mi sono aperto all'accoglienza dei miei vissuti. La prima difficoltà che incontrai fu quella di assegnare un nome ai vissuti provati per cercare di capire meglio ciò che stavo vivendo. Così, pian piano, ho creato 'il lessico dei miei vissuti'. Accelerazione cardiaca, adeguatezza, astenia, benessere, calore, contrazione muscolare, decelerazione cardiaca, disgusto, disorientamento, dolore timpanico, emissione di muco, euforia, gioia, impotenza, inadeguatezza, freddo, intesa, lacrimazione, nausea, paura, perplessità, piacere, preoccupazione, prurito, rabbia, rammarico, raucedine, salivazione, soddisfazione, sonnolenza, sollievo, sorpresa, sudorazione, tenerezza, tensione. Come riesco ad accogliere i miei vissuti? Nominare i vissuti è stato il primo arduo passo mentre, il successivo, è stato quello di accoglierli. Ammettere di provare adeguatezza, benessere, euforia, gioia, intesa, piacere, soddisfazione, sollievo, sorpresa, tenerezza, era un'attività appagante e tutto procedeva bene. Nel momento in cui mi rendevo conto che provavo anche accelerazione cardiaca, astenia, calore, contrazione muscolare, decelerazione cardiaca, disgusto, disorientamento, dolore timpanico, emissione di muco, impotenza, inadeguatezza, freddo, lacrimazione, nausea, paura, perplessità, preoccupazione, prurito, rabbia, rammarico, raucedine, salivazione, sonnolenza, sudorazione, tenerezza, tensione, il mio stato emotivo si arrabbiava un pochino. Come si fa ad ammettere la propria impotenza, il proprio fallimento? È una situazione intollerabile per cui ecco la soluzione escogitata della mente, che come ho già scritto, è falsa per definizione perché... mente. "Ovvia-mente è l'altro che mi fa star male. Io ho fatto di tutto... ma non c'è stato nulla da fare e ora, per colpa sua... ". Ancora una volta la mia mente, mente, invitandomi a lanciare il mio doloroso vissuto sull'altro che sicuramente è ignaro della tempesta emotiva che sto vivendo. Che cosa faccio? Che cosa decido? "Tappo" le orecchie al mio dolore e faccio finta di niente, lo ignoro o... cerco di ascoltarlo? Ancora una volta sono costretto a prendere una decisione e, dopo aver ripetuto più e, più volte questa esperienza, finalmente abbandono i consigli menzogneri della mente e cerco, con estrema fatica di ammettere di poter provare anche l'impotenza, la Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 5 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 rabbia, la paura, il rammarico, il fallimento, ecc. Sì la soluzione è lapalissiana ma di difficile applicazione poiché non è per nulla automatico ammettere di poter provare vissuti dolorosi. Ma così facendo, accogliendo al meglio il mio dolore, che mi fa paura, scorgo l'altra parte della mia dimensione interiore: il mio 'lato oscuro[3]' e mi ritrovo in ascolto delle "musiche" che scaturiscono dall'incessante dialogo dei miei vissuti, ora piacevoli, ora spiacevoli. Sono musiche private che cantano il mio dualismo[4]interiore che, pulsando, svela la dinamica vitalità della mia anima. Giangiuseppe Bonardi [email protected] [1]Esse Hermann, Sull'anima, Newton & Compton, Roma 1996, pag.61. [2]Lemma tratto da: AA. VV., (2006), Enciclopedia tematica. Vol. 14 Filosofia A-M, RCS Quotidiani, su licenza Garzanti, Milano, pag. 302. [3] Per ulteriori approfondimenti si consiglia la lettura di Bonardi G., (2007), Dall'ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Maturo (PU), pag. 38-42. [4] Bonardi G., (2008), "Marius Schneider e la... Musicoterapia", http://musicoterapie.over-blog.com/article-24493424.html Con tag Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 4 commenti Neri Simona, In ascolto di SIDEROS: la musica delle nostre emozioni Pubblicato il 23 gennaio 2009 da http://musicoterapie.over-blog.com/ "... quasi tutti gli uomini brancolano nel fango e alcuni mirano le stelle."[1] Le parole di O. Wilde non sono vane ma vanno al cuore dell'uomo: l'uomo desidera star bene, non solo nell'istante presente MA PER SEMPRE. La parola DE-SIDERIO ha la propria radice in SIDEROS[2], stella e vuol dire vengo dalle stelle, mi mancano le stelle. Il mito di Icaro documenta bene questo desiderio ma le ali di cera si sciolgono e il giovane temerario che ha voluto sfidare gli dei muore. Così la VITA UMANA è segnata dal DIS-ASTRO opposto anche etimologicamente (astro=stella) al desiderio di cui è fatta. La malattia fa sperimentare all'uomo tutta la ferita del proprio LIMITE che sembra vanificare il desiderio di infinito, di pienezza. La richiesta di SALUTE fisica porta dentro una domanda di "salvezza" e di significato di quello che sta capitando. Pur con la consapevolezza di non essere sempre in grado di guarire, la nostra tradizione ha saputo accogliere questo grido, con la COSCIENZA che la PERSONA ha un valore più grande della malattia. La cura dei malati è iniziata così, dalla compassione all'umano di chi sa condividerne lo stesso destino, lo stesso desiderio, lo stesso limite. Per noi la cura passa attraverso l'ACCOGLIENZA e questa accoglienza ci rende Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 6 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 sensibili ad un ascolto profondo fatto di mille voci, di mille emozioni, di mille limiti che non sono solo nostri ma di chiunque sta intorno a noi e con noi cammina. Meglio non poteva citare Borgna: "... siamo in cammino, certo accompagnati senza fine dai segni, dai pensieri, da emozioni, da fantasie, da richieste d'aiuto, che non possiamo non cercare ogni volta di interpretare, di portare alla luce della conoscenza, nella vita di ogni giorno. La cascata infinita e impalpabile delle ragioni del cuore, della intuizione fenomenologica, ci consente di solcare le acque inebrianti delle emozioni e delle espressioni emozionali: decifrandone il senso segreto e nascosto, umbratile e sfuggente. Ma cosa sono le RAGIONI DEL CUORE SE NON VASCELLI LIBERI E TEMERARI CHE SFIDANO I MARI TEMPESTOSI, MA ANCHE L'INERZIA DELLE PALUDI OPACHE E IMMOBILI? Le ragioni del cuore, sonde friabili e luminose, consentono di intravedere il senso delle esperienze umane, e di andare al di là delle loro apparenze; afferrandone e interpretandone, la visione profonda e radicale." [3] Borgna dice che la parola può salvare una persona; lavorando, facendo esperienza comincio a credere che lo stesso concetto valga per il suono ed ogni forma di comunicazione che non sia verbale e che in musicoterapia sempre utilizziamo. La parola, il suono è esposto a rischi molto alti; ogni suono, ogni silenzio, può essere di volta in volta quello decisivo: il suono che crea fiducia stabilisce un contatto emozionale "... che incrina le solitudini e libera gli aquiloni della speranza nei vortici storditi del vento..."[4]. Come dice Gebsattel V. E. : "... ogni parola è terapeutica nella misura in cui, a chiunque si rivolga (persona depressa, angosciata, nevrotica, psicotica, ecc... ) riesca ad essere una parola AUTENTICA e possa essere colta, possa essere RI-CONOSCIUTA, nella sua trasparenza e nella sua assolutezza da chiunque la ascolti. Non ogni cosa può essere comunicata, del resto, ad ogni paziente; ci sono cose essenziali e cose NON essenziali; ci sono cose che allontanano, e dilatano le distanze, e ci sono cose che avvicinano e allentano le solitudini."[5] LE PAROLE essenziali hanno una dimensione, un'anima sonora e, in ragione di ciò, i suoni significativi per la persona NON FERISCONO MAI perché sono autentici, sinceri e NON sollecitano ambiguità. I suoni autentici favoriscono così LA COMUNICAZIONE, ossia il colloquio di emozioni che NASCE NEL CONTESTO DI UNA RELAZIONE INTERPERSONALE che sollecita, giocoforza, l'ascolto del nostro sé e, in particolare, dei nostri vissuti dolorosi che, se non accolti, ci fanno smarrire la nostra dimensione di luminoso benessere. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 7 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Nei momenti difficili, così abituali nella nostra professione, credo che in fondo non dobbiamo mai scordare di "mirare le stelle", come facevano gli antichi, e in esse trovavano le risposte. De-sideriamo aneliamo a "di più..." poiché tutto "grida di più". Simona Neri [email protected] [1] Wilde O. , Aforismi in: http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/wilde.htm [2] L'etimologia della parola desiderio ("de sideribus") ci rimanda al De bello Gallico: i desiderantes erano i soldati che stavano sotto le stelle ad aspettare quelli che dopo aver combattuto durante il giorno, non erano ancora tornati. Da qui il significato del verbo desiderare: stare sotto le stelle ed attendere. Il lemma è tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Desiderio [3] Borgna E. , (2003), Le intermittenze del cuore, Feltrinelli, Milano, pag.44. [4] Borgna E. , (2003), Le intermittenze del cuore , Feltrinelli, Milano, pag.45. [5] Gebsattel V. E. von, (1954), Prolegomena einer medizinischen Anthropologie, Springer, Berlin- GottingenHeidelberg, citato in Borgna E. , (2003), Le intermittenze del cuore, Feltrinelli, Milano, pag.45. Con tag Neri Simona, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 4 commenti Deodato Rosaria, *Dialogo di emozioni in musicoterapia Pubblicato il 11 gennaio 2009 Mediati dai nostri corpi e dalla voce, i "nostri dialoghi" rievocavano ciò che avveniva "... tra madre e bambino prima che questi acquisisca il linguaggio..."[1]. Agivamo ciascuno ai segnali dell'altro, improvvisando, influenzandoci reciprocamente. Io non sapevo come avrebbe risposto Walter alle mie sollecitazioni. Talvolta cambiava espressione, si ritirava dentro se stesso o era attratto da un oggetto esterno. Mi lasciavo guidare, modulando i miei comportamenti su quelli di Walter, così apprendevo man mano a conoscerlo, ad anticiparlo sempre meglio e a rispondere in modo adeguato. Cercavo di essere uno «specchio biologico»[2] per il bambino e svolgevo, al meglio delle mie possibilità, una funzione analoga a Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 8 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 quella originariamente svolta dalla madre, di «organizzazione dei comportamenti spontanei del bambino»[3]. Pazientemente cercavo di trasformare le comunicazioni sonore casuali di Walter in qualcosa di maggiormente strutturato. Nel gioco, piacere di condividere un'esperienza insieme, improvvisavo con la tastiera, con il tamburo, con la voce e con il corpo, rispecchiando tempo -durata, pulsazione, ritmo- ed energia delle espressioni del bambino, dando ad esse un valore affettivocomunicativo nella relazione, o introducevo variazioni. Creavo così un equilibrio tra familiarità e novità, prevedibilità ed imprevedibilità, conferma ed accoglienza del sé del bambino, sollecitazione al suo aprirsi all'altro da sé. Personalmente ho riscontrato un'analogia tra le affermazioni di Scardovelli riguardanti la relazione madre-bambino e gli "elementi più primitivi della comunicazione" (tempo ed energia), e le ricerche svolte da Daniel Stern. Secondo Stern, il bambino nei primi due mesi ha la capacità non consapevole e innata, detta percezione amodale, di cogliere forma (caratteristiche spaziali), intensità e tempo (pulsazione, durata e ritmo) che Stern chiama «le qualità più globali dell'esperienza»[4], e di trasferirle da una modalità sensoriale all'altra. Le varie esperienze vengono così messe in relazione e attraverso la rilevazione di queste costanti, il bambino sperimenta l'emergere del sé e complementarmente dell'altro da sé. Allo stesso modo il bambino coglie nei comportamenti e nei sentimenti il modo, il come, cioè gli «affetti vitali»[5], ad esempio esplodere, crescendo, decrescendo, svanire, trascorrere. Questo «senso del sé emergente»[6] coesiste con i successivi sensi del sé che si vanno formando, proprietà diverse dell'esperienza del sé, ciascuna della quali perdura tutta la vita. Tra i due e i sei mesi si forma il «sé nucleare o fisico»[7] e complementarmente il senso dell'altro nucleare, interlocutore separato da sé: il bambino fa esperienza di «essere con un altro regolatore del sé»[8]. In questo periodo i genitori presentano comportamenti tipici come il linguaggio e le facce infantili. I giochi seguono il modello del "tema con variazioni", che mantiene l'attenzione del bambino (variazioni), il quale può anche identificare le caratteristiche costanti nei comportamenti interpersonali (familiarità). Il livello di eccitazione del bambino è regolato reciprocamente da madre e bambino. Questi infatti gira lo sguardo per interrompere una stimolazione eccessiva e attraverso smorfie e sguardi ricerca nuovi e più alti livelli di eccitazione. Si può pensare dunque che il bambino senta la presenza dell'altro come separato e la propria capacità di modificarne il comportamento. Successivamente tra il settimo e il nono mese il bambino si accorge, sempre senza esserne necessariamente consapevole, che gli altri pur separati e distinti da lui, possono avere uno stato mentale simile al suo. Egli diviene in grado di condividere l'esperienza soggettiva. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 9 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 10 Appare così l'«intersoggettività»[9] caratterizzata da: •compartecipazione dell'attenzione, che conduce gradualmente all'attenzione congiunta: il bambino sente di poter concentrare la sua attenzione su un obiettivo e che anche la madre può farlo; •compartecipazione delle intenzioni, che implica la volontà e non casualità dei gesti-comunicazione: il bambino attribuisce all'altro la comprensione della sua intenzione e la volontà di soddisfarla; •compartecipazione degli affetti, condivisione di un'emozione o di uno stato d'animo. Nelle sintonizzazioni affettive la madre legge i sentimenti del bambino nei suoi comportamenti manifesti e risponde per via transmodale, cogliendo sempre forma, intensità e tempo. Ad esempio ad un movimento del bambino segue la risposta della madre che con la voce ne rispecchia lo sforzo fisico. Nelle sintonizzazioni di comunione, la madre "è con" il bambino, partecipa, condivide. Nelle sintonizzazioni volutamente imperfette la madre varia intensità, tempo e forma del proprio comportamento, provocando l'interruzione o la modificazione di quello del bambino che coglie così somiglianze e differenze. Le funzioni del sé individuate da Stern e riguardanti i primi mesi di vita nello sviluppo normale, preverbale e non consapevole, corrispondono ad alcune modalità di funzionamento dei bambini autistici, come se questi si fossero fermati lì. Io stessa ho colto analogie con quanto accadeva negli incontri di musicoterapia con Walter. In particolare è significativo che le qualità cui si riferisce Stern sono decodificabili in modo naturale prescindendo dal livello di sviluppo affettivo e cognitivo e costituiscono la struttura stessa della musica e del suono. «L'apertura di un canale di comunicazione con il bambino autistico sembra derivare dalla capacità del suono e della musica di riattivare queste modalità di relazione arcaiche ma ancora presenti nel terapista e nel bambino»[10]. Possiamo dunque dire che «creando una situazione con il soggetto autistico che rispecchi la precoce interazione tra il neonato e chi se ne prende cura, si rivivono le primissime interazioni sociali fondamentali»[11] e ancora che «iniziare il processo comunicativo dando significato alle espressioni non comunicative del bambino è la base per lo sviluppo del linguaggio normale e della comunicazione»[12]. *Titolo originale del contributo Deodato Rosaria (2003), "Dalla conoscenza della dimensione sonoro-musicale di Walter all'intervento musicoterapico, Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Contenuti Premessa. Analisi della situazione problema. L'intervento musicoterapico. Il colloquio. L'osservazione ambientale. L'osservazione musicoterapica. Analisi della situazione. Il progetto di intervento. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 11 La fase iniziale della prassi musicoterapica individuale. La fase intermedia della prassi musicoterapica individuale. La fase finale della prassi musicoterapica individuale. Conclusioni. Bibliografia. Argomento Rosaria Deodato, con garbo e acutezza riflessiva, conduce il lettore all'interno del processo musicoterapico da lei intrapreso. Così, leggendo l'elaborato, ampiamente documentato con accurate schede di rilevazione, si giunge al cuore del percorso: la nascita del processo relazionale che scaturisce tra la scrivente e Walter, un bimbo autistico. Il processo relazionale, molto 'materno', è riletto dall'autrice con il pensiero di Daniel Stern e Mauro Scardovelli. Reperibilità La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore. Contatto con l'Autore [email protected] [1] Scardovelli Mauro, (1992), Il dialogo sonoro, Bologna, Cappelli, p. 12. [2] Scardovelli Mauro, (1992), Il dialogo sonoro, Bologna, Cappelli, p. 46. [3] Scardovelli Mauro, (1992), Il dialogo sonoro, Bologna, Cappelli, p. 45. [4] Stern Daniel N., (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, p. 67. [5] Stern Daniel N., (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, p. 69. [6] Stern Daniel N., (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, p. 75. [7] Stern Daniel N., (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, p. 111. [8] Stern Daniel N., (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, p. 116. [9] Stern Daniel N., (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, p. 134. [10] D'Ulisse M. Emerenziana, Polcaro Federica, a cura di, (2000), Musicoterapia e autismo, Roma, Phoenix, p. 27. [11] Jordan Rita, Powell Stuart, (1997), Autismo e intervento educativo. Comunicazione, emotività e pensiero, Trento, Erickson, p. 65. [12] Jordan Rita, Powell Stuart, (1997), Autismo e intervento educativo. Comunicazione, emotività e pensiero, Trento, Erickson, p. 89. Con tag Musicoterapia e autismo, Deodato Rosaria Condividi post inCondividi0 Repost 0 2 commenti Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Da Rold Marzia, *Quando la musicoterapia è creativa, le emozioni felici... risuonano Pubblicato il 5 gennaio 2009 da http://musicoterapie.over-blog.com/ 12 «Ciò che noi ricerchiamo è l'impatto emotivo che l'azione più semplice può avere sul senso di sé della persona. Se muove la mano in modo nuovo o emette un suono, prima d'ora mai udito, o suona una battuta per la prima volta, quella persona ha compiuto un atto creativo. Questo atto creativo, se riconosciuto e ampliato musicalmente, può dare origine allo stimolo innato di spingersi in fuori, di spaziare, di crescere[1]» (Edith Boxill). Un atto creativo generato dall'impatto emotivo, che può dare origine ad uno stimolo innato di spingersi in fuori, spaziare e crescere. È ciò che cerco di leggere in quello che ho esposto nelle pagine di questo lavoro, cercando di mettere insieme i piccoli successi che hanno dato lo slancio per conseguire alcuni obiettivi. La situazione di partenza era tutt'altro che felice. Mi poneva davanti una persona, Ilaria, che a molteplici livelli era privata di stimoli, di modi di vedere, sentire, toccare, comunicare. L'aggancio con il suono è stato un passo importante per aiutarla ad uscire, a mettere in moto le sue risorse, per portarla a dire e a comunicare la sua presenza[2]. Partecipare a questo processo di scoperta e di crescita è stato un passo importante, nell'esplorare e sperimentare insieme i modi di favorire ed incrementare l'ascolto nella consapevolezza di sé e dell'altro. Al termine del percorso, ho potuto così rendermi conto di quanto è maturato complessivamente in questi due anni, e di quanto questi incontri sono stati fecondi nel generare in I. quegli atti creativi di cui parla la Boxill. Riassumere in modo schematico le potenzialità ritrovate e rinnovate può servire per avere una visione unitaria dell'intero processo musicoterapico nei suoi sviluppi più felici. Ciò che, in sintesi, ha caratterizzato il cammino di apertura di Ilaria lo posso visualizzare a questo punto in questi brevi punti: sviluppo di modalità comunicative vocali intenzionali; sviluppo di modalità comunicative e di risposta "strumentali" attraverso il battito delle mani; comparsa dell'imitazione, attraverso il la la la muto; diminuzione notevole della rigidità corporea; Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 13 maturazione di un contatto corporeo spontaneo ed intenzionale; intensità della relazione, attraverso il movimento corporeo intenzionale e in risposta a stimoli sonoro-musicali ben precisi. In sostanza, un piccolo grado di consapevolezza raggiunta nel percepire se stessa e la realtà attorno a sé, interessandola al suo esserci nel mondo. «Il nostro corpo è qualcosa di più delle possibilità che gli concedono i sensi, la sua vita può essere al di sopra o al di sotto di queste possibilità, perché a decidere del suo grado di vitalità non sono i sensi, ma il suo interesse per il mondo[3]». Le sedute sono terminate il 16 ottobre 2001. Con un alto grado di accoglienza anche gli operatori del Centro Diurno hanno constatato l'efficacia del mezzo musicoterapico, e la famiglia stessa si è espressa favorevole e soddisfatta, richiedendo la ripresa dell'attività. La piccola trasformazione si è rivelata una grande fonte di luce in chi non riusciva a dare senso e speranza là dove tutto pareva inutile assenza di significato. Marzia Da Rold *Titolo originale del contributo Da Rold Marzia, (2002), Il canto e le emozioni che risvegliano il corpo. Ilaria: immagini di una esperienza, Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Contenuti Premessa. Quale musicoterapia. Una porta aperta sulla vita di Ilaria. Primi approcci: l'osservazione ambientale. L'inizio del processo di trattamento: l'osservazione musicoterapica relazionale. La fase metodica iniziale. La fase metodica intermedia. La fase metodica finale. Conclusioni. Bibliografia. Argomento L'elaborato della Collega Marizia Da Rold seduce il lettore, coinvolgendolo nella tesi focale del suo lavoro: la musicoterapia, quando è creativa, coglie l'anima emozionale delle persone coinvolte, facendole risuonare di... gioia. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 14 Reperibilità La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore. Contatto con l'Autore [email protected] [1] Boxill, p. 117. [2] Ivi: «Il terapista ha la funzione di far entrare la persona di essere consapevole a tutti i livelli (fisico, mentale, emotivo), di aiutarla a mettere in moto l'energia e le risorse interne, di concederle il tempo di assimilare l'attenzione destata e la consapevolezza crescente, di portarla dall'azione interna verso l'azione esterna». [3] U. Galimberti, Il corpo, p. 71. Con tag Musicoterapia e ritardo mentale Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Panebianco Maria Carmela, In musicoterapia la musica media le emozioni Pubblicato il 3 gennaio 2009 Il lavoro terapeutico indirizzato all’apertura di canali comunicativi ha determinato miglioramenti sul piano cognitivo, affettivo, così Michele (nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy), inizialmente chiuso nelle stereotipie e incapace di comunicare adeguatamente i propri bisogni e le proprie emozioni, ha raggiunto adeguati risultati sul piano del funzionamento personale e sociale. Ha iniziato a maturare una più strutturata percezione del proprio sé, oltre che dell’immagine corporea: sia nella stanza di musicoterapia che nella scuola, egli si è gradualmente compreso che in quel luogo (spazio) e in quelle ore (tempo) andava per svolgere determinate attività. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 15 A conclusione di questo percorso terapeutico, ha manifestato maggiore autonomia di orientamento spazio - tempo, una maggiore percezione in merito agli stimoli presentati e l’attivazione di semplici modalità di comprensione e apprendimento. Se all'inizio del percorso i miei tentativi di comunicare con Michele non sono riusciti, nel corso del trattamento le produzioni sonore e/o musicali di entrambe hanno rivestito connotati emotivi che riguardavano “me e lui”, le emozioni e i vissuti condivisi nello spazio tra di noi. Egli è riuscito non solo ad identificare le parti del corpo, ma ha iniziato a relazionare con l'ambiente esterno e con gli altri, sperimentando una forma di intimità che ha incominciato ad intravedere i caratteri dell'intenzionalità piuttosto che della casualità. Infatti, attraverso il contatto visivo e la vicinanza fisica egli ha iniziato a “scrutare” l'altro da sé, uscendo dal nucleo egocentrico in cui ricadeva a causa della propria patologia. Il lavoro esperienziale di musicoterapia con Michele è stato determinante: la creazione, il mantenimento e il rafforzamento di una relazione psicocorporea, attraverso la musica, gli ha consentito di diluire il circolo vizioso delle stereotipie. Altro elemento da non tralasciare è quello di esternare le proprie emozioni con parole al fine di farsi comprendere, ripetendole in modo perentorio e chiaro sino a quando non veniva soddisfatta una sua richiesta. Il mio contributo è stato quello di organizzare lo spazio sonoro per creare e stabilizzare nuovi equilibri tra ciò che esisteva e il nuovo; in questo senso esso è diventato un punto di riferimento di conoscenza per fornire una sicurezza emotiva e un’armoniosa relazione senza ostacoli e condizionamenti interni ed esterni. In questa esperienza l’individuazione dello “spazio sonoro” è stata il risultato di momenti di sintonizzazione in cui sono avvenuti scambi sonori e/o musicali al fine di costituire una relazione comunicativa/interattiva. Ciò è stato reso possibile perché ho cercato nei migliori dei modi di superare un atteggiamento personale per dare la possibilità a Michele di muoversi senza idee preconcette e bisogni del terapeuta. La proposizione di esperienze d’interazione gratificanti per il ragazzo ha avvalorato l’aspetto qualitativo e ha favorito le condizioni per poter creare in modo spontaneo comportamenti più motivati ed espressivi. La regolarità nella frequenza di Michele agli incontri, precisi tempi prefissati e la costanza nell’effettuazione delle sedute hanno assicurato stabilità e continuità e garantito solidità: durata nel tempo e orientamento. L’acquisizione di un’etica professionale mi ha garantito esclusività e riservatezza. Nel delineare le prospettive future del presente lavoro esperienziale di musicoterapia ho avvalorato l’ipotesi che la prosecuzione del trattamento permetterebbe al ragazzo il conseguimento di sicure modalità di ascolto maggiormente orientate verso l’altro da sé, di vivere la propria affettività Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 16 oltre i confini familiari per diventare un mezzo privilegiato di sviluppo della sfera affettiva. I genitori e i componenti della famiglia hanno acconsentito di proseguire perché questa esperienza l’hanno ritenuta valida per il ragazzo che l’ha riconosciuta come un momento in cui ritagliarsi uno spazio appartato e riservato in cui potesse esprimersi. È stata una preziosa esperienza perché si è creata una relazione tra me e Michele ed è stata positiva per la mia formazione e crescita personale. Attraverso i continui confronti con l’insegnante di sostegno e la psicologa, si è potuto effettuare un monitoraggio attento volto alla modifica e al miglioramento di modalità d’intervento anche nell’ambito scolastico. Gli incontri mensili con la famiglia del ragazzo hanno permesso un coinvolgimento più responsabile dei genitori, che inizialmente erano restii a collaborare, impedendo per quanto possibile che le resistenze inconsce al trattamento potessero, qualora agite, porre fine o semplicemente intralciare le attività. La conclusione di questo percorso terapeutico mi ha portato a considerare come la musica ricalca “multisensorialmente” il mondo interno ed esterno di ogni persona in maniera tale da acquisire una completa conoscenza del suo modo di essere aldilà del linguaggio verbale. La musica ha costituito per Michele un autentico strumento per avviare una relazione in cui venisse resa manifesta la presenza dell'altro: questo aspetto si collega a una costruzione a un riconoscimento di uno spazio musicoterapico nel quale sono presenti gli elementi legati all’ambiente, a uno strumentario e alla relazione. La “musica di per sé” e la musica come terapia rientrano nel vasto patrimonio culturale del servizio, di cura della persona, di sviluppo di una comunicazione non verbale che favorisce il potenziamento di possibilità espressive e la realizzazione di un precorso relazionale dove emergono i processi interni della comunicazione. Maria Carmela Panebianco [email protected] Con tag Espereinze brevi di musicoterapia Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Tatulli Lucia, *La musicoterapia va a scuola. Sì. Ma come? Pubblicato il 2 gennaio 2009 Nell'introdurre la musicoterapia nella scuola si fa una scelta di campo che investe l'intera utenza scolastica e non solo gli alunni con handicap e vi è la necessità di pensare a un progetto educativo scolastico rivolto non solo al recupero e alla riabilitazione, ma anche alla prevenzione. Prevenzione è potenziare lo sviluppo di valenze positive che gli alunni posseggono e che sono trascurate; è educazione all'ascolto in senso positivo, provocando l'attivazione di canali espressivi e comunicativi che di solito non sono valorizzati. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 17 La scuola non fa terapia: essa promuove l'integrazione dell'alunno portatore di handicap con modalità operative plurime e la sua valenza è essenzialmente pedagogica. Nel caso in cui ci si trova di fronte ad alunni gravi, gravissimi, psicotici, bisognerebbe procedere, attraverso la musicoterapia, tramite un approccio integrato tra operatori della scuola e operatori del campo della riabilitazione e della terapia. Scuola e musicoterapia possono avere in comune il tema dell'ascolto, non di quello passivo dei brani o delle lezioni, ma l'ascolto della persona-alunno. Aiutare la persona-alunno a mettersi in comunicazione anche attraverso gli aspetti non semantici della comunicazione, significa educare il singolo soggetto al riconoscimento delle capacità espressive sonore del proprio corpo e del patrimonio di esperienze sonore accumulato che lo caratterizza. Ascoltare l'alunno significa andare oltre le abituali situazioni scolastiche in cui vige un rapporto frontale e una comunicazione che si orienta "dall'alto verso il basso". L'ascolto attento pone l'insegnante nella dimensione di compiere una valutazione del processo di apprendimento in cui non è trascurata la riflessione sul processo di insegnamento. Attraverso l'incontro con la musicoterapia l'insegnante può maturare questa consapevolezza tenendo presenti i concetti di transfert e contro-transfert su cui si basa, in musicoterapia, il rapporto di ascolto. La competenza musicoterapica può essere, quindi, un'occasione per lo sviluppo di un'attitudine all'ascolto e alla comprensione dell'altro, oltre che di se stessi[1]. Se volessimo dare una definizione di cosa significhi fare musicoterapia a scuola, per un insegnante, posso affermare che è "l'opportunità che si presenta agli insegnanti di musica con competenze musicoterapiche di fare il proprio mestiere d'insegnanti in maniera più illuminata, creativa e completa (...), intervenendo non solo direttamente sull'apprendimento di una materia, la musica per l'appunto, ma anche e soprattutto creando le premesse per una positiva esperienza scolastica, sia dal punto di vista dei vissuti che di quello dei risultati"[2]. Potremmo affermare, dunque, che anche se in ambito scolastico gli interventi sono principalmente di carattere educativo-preventivo, si può parlare di educazione curativa, ponendosi nell'ottica di un insegnante che utilizzi tutte le risorse a sua disposizione (tempo, spazi, materiali, se stesso, ...) non solo per le attività di insegnamento-apprendimento ma anche e soprattutto per l'educazione globale del bambino e per la sua cura, intendendo col termine curare il ricostituire una condizione di armonia psicofisica o costruirne una nuova. Inoltre, nell'ambito di interventi in età evolutiva (ma anche in età adulta) è importante non dimenticare che non operiamo sul funzionamento cognitivo o affettivo separatamente, ma vi è sempre un'unità mente-corpo che prevede un'integrazione delle funzioni cognitive e affettive che si influenzano a vicenda. In questo senso, l'ambito scolastico può essere davvero un ambiente Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 18 favorevole per attuare strategie d'intervento che offrano ai bambini varie e diverse occasioni in cui potersi esprimere e agli insegnanti l'opportunità di cogliere le necessità e i bisogni degli alunni in modo da riabilitare quelle funzioni affettivo-relazionali indebolite o mai sviluppate che possono avere una ricaduta positiva anche sul livello di motivazione. L'insegnante che si propone con il sonoro deve però, innanzitutto, lavorare a lungo su se stesso per individuarsi sul piano sonoro, per identificare poi i canali di comunicazione privilegiati e non, per meglio corrispondere all'altro. Non è possibile individuare la "modalità" sonora più giusta, ma tante possibilità, libere da statici riferimenti teorici e da concezioni preminentemente estetiche, recuperando il corpo, il movimento, la voce e le emozioni che con essi entrano in vibrazione. L'ascolto sarà sempre l'elemento fondamentale: innanzitutto sapersi ascoltare, poi saper ascoltare l'altro, quindi saper ascoltare ritmi, melodie, sonorità. Ascoltare per «stare» nell'ascolto. Ascoltare per discriminare, per individuare sia ciò che acquista un particolare valore affettivo, sia i canali espressivi che concorrono a definire la sonorità. Ascoltare per imitare, elaborare, variare, inventare, ricreare generi musicali e per individuare nuclearità sonore significative[3]. Lucia Tatulli *Titolo originale del contributo Tatulli Lucia (2008), Ascolto, relazione e musica per dare voce al silenzio, Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Contenuti Indice. Introduzione. Ascolto, relazione e musica. Accogliere e conoscere. Fonosimbolismo e schemi di rappresentazione. Musicoterapia a scuola. Insegnante alunno:cooperazione creativa. Per dare voce al silenzio... Il mutismo selettivo. Illustrazione del percorso. La musica dei bambini. Dal silenzio alla voce. Altri ponti... Conclusioni. Bibliografia. Discografia. Argomento Con questo elaborato, l'autrice, Insegnante di Scuola Primaria e musicofila, conduce il lettore nell'insidioso ambito applicativo della musicoterapia nella scuola. La chiarezza espositiva di Lucia Tatulli non lascia dubbi in quanto "... la scuola non fa terapia" ma "... scuola e musicoterapia possono avere in comune il tema dell'ascolto, non di quello passivo dei brani o delle lezioni, ma l'ascolto della persona-alunno." Reperibilità Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 19 La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore. Contatto con l'Autore [email protected] [1]Galante B., La scuola e lo sviluppo della comunicazione non verbale. Un approccio: la musicoterapia, in G. Di Franco, R. De Michele (a cura di), Musicoterapia in Italia, Idelson, Napoli, 1995, pagg. 15-16. [2]Postacchini Pier Luigi, Ricciotti Andrea, Borghesi Massimo, (1998) Lineamenti di musicoterapia, Carocci, Roma, pag. 58. [3]Facchini D., Esperienze creative per una didattica musicale orientata alla musicoterapia, in G. Di Franco, R. De Michele (a cura di), Musicoterapia in Italia, Idelson, Napoli, 1995, pag. 11. Con tag Espereinze brevi di musicoterapia Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, Emozioni condivise: appunti di viaggio Pubblicato il 1 gennaio 2009 da http://musicoterapie.over-blog.com/ Nel 2008, ad Assisi e a Thiene abbiamo compiuto un viaggio, addentrandoci nel pensiero di Marius Schneider. Ripercorro con la memoria le tappe fondamentali del percorso: REALTA' ↓ DUALISMO ↓ FENOMENI ↓ RITMO ↓ IMITAZIONE ↓ VOCE ↓ ANIMA ↓ EMOZIONI Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 20 Con timore e stupore, ne colgo il senso di quel faticoso tragitto poiché solo ora mi rendo conto che posso concepire la mia vita come una serie di campi analoghi, in perpetua interazione, che promanano dalla REALTA' per giungere al mio centro, così dinamico, fragile e carico di EMOZIONI. Sì, nel mio centro, coabitano: gioia, dolore, piacere, noia, tensione, benessere, paura, tranquillità, allegria, ansia, euforia, timore, pienezza, impotenza, perplessità, rammarico, intesa, sorpresa, rabbia, preoccupazione, euforia, sudore, calore, freddo, timore, disgusto, trepidazione, sonnolenza,... E così, come sempre, si giunge lì alle EMOZIONI così indissolubilmente legate alla dimensione acustica. Al momento non mi interessa una definizione rassicurante e razionale; poco importa che siano primarie o secondarie e, quantomeno, possano essere regolate o no. Il problema reale è, come sempre, ASCOLTARLE, ACCOGLIERLE per poterle nominare: riconoscerle, sapendo bene che in questa impresa nessuno mi potrà sostituire. Qualcuno mi potrà aiutare ma poi, con fatica, solo io le nominerò, così intonandole ne carpirò l'intima vera essenza acustica e allora, per qualche istante, il perenne tumulto interiore si calmerà. Giangiuseppe Bonardi Con tag Riflessioni... Condividi post Febbraio Bonardi Giangiuseppe, Che cosa é la musicoterapia? Pubblicato il 15 febbraio 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.over-blog.com/ Il termine musicoterapia indica il rapporto di equilibrio che sussiste tra la musica e la terapia. La musica è qui intesa come la manifestazione acustica del mondo interno (il tempo, ossia la dimensione emotiva) della persona che l’ha creata. Terapia, dal greco “therapeia”, significa: assistere, aiutare la persona. La musicoterapia è quindi l’adozione della musica, significativa per la persona (minore o adulto), volta a migliorare il proprio stato emotivo. La prassi musicoterapica è, normalmente, mirata al trattamento di una determinata patologia: cerebropatia, ritardo mentale, autismo, sindrome, demenza senile, psicosi, schizofrenia, tossicodipendenza, stato di coma, cancro, immuno deficienza acquisita, ecc. In relazione al tipo di patologia affrontata, la prassi musicoterapica è realizzata adottando una precisa metodica applicativa. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 21 Un esempio specifico di prassi musicoterapica La prassi musicoterapica, rivolta a soggetti diversamente abili con grave ritardo mentale, essendo calibrata sulla persona, è articolata in alcune fasi: il colloquio; l’osservazione ambientale; l’osservazione musicoterapica; l’interazione individuale; l’interazione di gruppo. Il colloquio è il primo indispensabile momento di incontro tra il terapista e le figure parentali e/o professionali che accudiscono la persona. In tal modo è possibile conoscere: le motivazioni che hanno ispirato la scelta dell’intervento; la diagnosi patologica; i gusti musicali della persona presa in esame. L’osservazione ambientale: fornisce precise indicazioni in merito alle sonorità e alle musiche esperite abitualmente dalla persona presa in esame; diviene il luogo dove si verificano i primi informali incontri tra l’osservatore e l’osservato. L’osservazione musicoterapica è volta a individuare: l’eventuale presenza delle problematiche emotive vissute dalla persona; i ‘mezzi’ scelti dalla persona per poter affrontare le problematiche rilevate. Le problematiche emotive riguardano tre tipi di disadattamento: temporale (catastrofe emotiva); spaziale (contrasto emotivo relazionale (disagio emotivo). I ‘mezzi’, scelti dalla persona, sono: le musiche; le sonorità; gli strumenti musicali Il progetto di intervento Al termine del periodo di osservazione, in relazione ai dati individuati e tabulati nelle schede di rilevazione o in protocolli, si elaborano le linee guida del tipo di intervento ritenuto maggiormente idoneo per la persona. Tipi di trattamento musicoterapico: individuale; di gruppo. Il trattamento musicoterapico individuale è volto a integrare lo stato emotivo della persona. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 22 Il trattamento musicoterapico di gruppo è volto a migliorare e potenziare l’integrazione emotiva di una persona, inserendola nel contesto del piccolo gruppo formato da tre persone e un conduttore. Giangiuseppe Bonardi [email protected] Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 Bonardi Giangiuseppe, Echi di... emozioni Pubblicato il 14 febbraio 2009 da http://musicoterapie.over-blog.com/ Sono in automobile, é sera, dopo una lunga giornata di lavoro finalmente sono in ascolto... della mia musica preferita. Così, mentre sfreccio nel traffico urbano per ritornare a casa, il lettore diffonde nell'abitacolo, uno dopo l'altro, "Before Night falls" ( 2 parte) di L'Hoir B.; "Bubbling coulors" di De Mallio C. Tedesca M.; "Chloe's Day" di Marck J.; "Evening Pine Logs On An Open Fire" di Jon M.; "Floating Clouds" di Wakeman R.; "Gentle rain 1" di Hawkshaw A.; "Inner Peace" di Hlpern S.; "Kiso" di Keysuke Doi; "Quietude" di Kater Nakai; "Silk Scarf" di Baker J. Borden S.; "Sparrow Hill" di Danna & Clement. Inspiegabilmente, quasi automaticamente, traduco gli eventi musicali in vissuti e dolci riflessioni: calma... leggerezza... tranquillità... tensione leggera... solletico... dolcezza... pienezza... benessere... tenerezza... timore... Avverto con piacere che il respiro diventa sempre più lento. Di tanto in tanto percepisco con nitida chiarezza un frammento melodico dolce, discreto, ripetuto, eseguito con il pianoforte: un grappolo di succose note che mi richiamano delicatamente. Cerco di indovinare le altezze che lo formano ma poi eccomi infastidito dalla presenza di altri suoni eccessivamente acuti che presto lasciano il passo a una gragnola di scintillanti altezze sintetizzate ma gradevoli. Il tempo fluisce senza forzature così come il viaggio finché giungo alla meta e l'incanto dell'ascolto privato si conclude. L'esperienza dell'ascolto personale mi solletica un intrigante interrogativo. "Before Night falls", "Bubbling coulors", "Chloe's Day", "Evening Pine Logs On An Open Fire", "Floating Clouds", "Gentle rain 1", "Inner Peace", "Kiso", "Quietude", "Silk Scarf", "Sparrow Hill", sono eventi musicali certamente sconosciuti alla maggioranza delle persone che conosco, ma per me celano significati: quali? Mi rendo conto che mentre ascolto gli eventi musicali preferiti provo: ♥ emozioni (calma... leggerezza... tranquillità... dolcezza... pienezza... benessere... tenerezza... timore...); ♥ sensazioni (tensione leggera... solletico... il respiro Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 23 diventa sempre più lento...); ♥ riflessioni (percepisco... un frammento melodico dolce, discreto, ripetuto...: un grappolo di succose note che mi richiamano delicatamente...). Queste musiche, in particolare, mi dischiudono quindi, con dolcezza e leggerezza, alcuni aspetti della mia dimensione interiore... probabilmente quelli un po' sopiti. L'ascolto, che in prima battuta potrebbe apparire casuale, di fatto, implica sempre una mia scelta: un atto di volontà. Una scelta leggera, non di certo sofferta e tormentata, un atto di affermazione personale perché, sebbene non ne sia totalmente cosciente, grazie a queste musiche, cerco di stabilire un rapporto intersoggettivo con... me: cerco di accogliere me stesso. Così, guidato dalla musica, giungo verso l'accoglienza della mia interiorità, accettando i contenuti che popolano le dimensioni che la caratterizzano. Non è la musica quindi che è terapeutica di per sé ma sono le musiche significative in cui mi rispecchio che mi aiutano a stare meglio. Il benessere non è celato quindi nei meandri della sintassi musicale ma è dato dal rapporto intersoggettivo che io, come persona, stabilisco durante l'ascolto perché in realtà io sono ciò che... ascolto[1]. Giangiuseppe Bonardi [1] Per ulteriori approfondimenti si consiglia la lettura di Situazioni d'ascolto e Io sono come... ascolto di Bonardi G., (2007), Dall'ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU), pag. 11- 20 e Greco Marina (2008), La Dinamica dell'accoglienza nella relazione musicoterapica come forma di ascolto evoluta e privilegiata,*L'accoglienza come forma d'ascolto evoluta e privilegiata delle... emozioni, di Marina Greco ( 6/09/2008 pubblicato in : Esperienze sul blog http://musicoterapie.overblog.com/ Relatore: Prof. Giangiuseppe Bonardi, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Con tag Riflessioni... Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 24 Marzo Lamberti Rosaria, Musa Pubblicato il 28 marzo 2009 Musa Ascoltare ciò che nessuno può udire e sentire che la vita ti ama e ti conduce in luoghi ai più sconosciuti. Voce interiore che guida i tuoi passi anche quando senti di non poter camminare, quando i muscoli dolgono e la mente è troppo stanca per pensare. È allora che finalmente ti affidi, per scoprire che in ogni momento c’è chi ti conduce amorevolmente verso una meta che credevi irraggiungibile e che tu stesso non riuscivi a concepire. Cosa ti trattiene ancora dal credere che tutto si muove in un’energia amorevole che si cura anche di te, che considera la tua esistenza importante e grandiosa come quella di chiunque altro? Perché non vuoi accettare ciò che la vita ti ha messo a disposizione per compiere il tuo cammino? Cosa pensi ti conduca ogni giorno là dove riesci ad andare? 2 dicembre 2008 Rosaria Lamberti [email protected] Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 Bonardi Giangiuseppe, A come... analogia Pubblicato il 26 marzo 2009 Sono fermamente convinto che la prassi musicoterapica, utilizzando strumenti musicali o eventi ascoltati, medi, di fatto, le emozioni vissute dai partecipanti. Le persone coinvolte, gli strumenti, le musiche ascoltate, agite, condivise, i silenzi, le relazioni scaturite, il tempo, lo spazio e le emozioni vissute sono quindi i fenomeni essenziali che, dinamicamente, entrano in gioco in qualsiasi processo musicoterapico. La prassi musicoterapica è una realtà complessa costituita da fenomeni dinamici che interagiscono tra loro, ma come è possibile comprenderli? Quali sono i 'fattori S'[1] che li pongono in relazione? La realtà musicoterapica sfugge spesso all'analisi dei nessi causali giacché Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 25 difficilmente è possibile individuare, con logica deduzione, le cause e gli effetti dei 'fenomeni'che la costituiscono. In musicoterapia difficilmente troviamo il nesso causale che spiega, ad esempio, il senso che intercorre tra l'esecuzione di evento musicale suonato da una persona e l'emozione da lei espressa mediante la sua musica 'naturale'. L'identità tra la musica eseguita e l'emozione provata dalla persona non è, di fatto, dimostrabile con scientifica certezza[2] perciò è necessario porsi in un'altra dimensione quella analogica volta a ricercare, con estrema pazienza e perseveranza, gli elementi ('i fattori S') che simbolicamente mettono in relazione l'evento musicale eseguito con l'emozione provata. I rapporti che intercorrono tra i vari fenomeni musicoterapici non sono quindi di identità ma soggiacciono, sovente, alla somiglianza, all'analogia. La realtà musicoterapica può quindi esser letta, ossia interpretata, ricercando quegli elementi (i 'fattori S') che li pongono in relazione di affinità. In questa prospettiva il pensiero di Marius Schneider offre un prezioso contributo a questa indagine quando evidenzia l'indubbio apporto dell'arcaico ragionamento per analogia volto all'interpretazione di 'realtà complesse' come lo è, di fatto, la prassi musicoterapica. Per il pensatore alsaziano[3] due fenomeni hanno una relazione di analogia quando individuiamo il 'fattore S', ossia il "ritmo simbolo" che, comune a entrambe i 'fenomeni', li pone in un rapporto di somiglianza. Per Schneider, gli elementi comuni a fenomeni morfologicamente differenti sono: 'il timbro della voce, il ritmo ambulatorio, la forma del movimento, il colore, il materiale'. Nella sua proficua ricerca antropologica, Schneider[4] giunge a ipotizzare corrispondenze analogiche tra ben dodici 'fenomeni' appartenenti a piani morfologici differenti. Schneider così indica, con estrema chiarezza, la possibilità di ricercare relazioni analogiche che intercorrono tra: le altezze, gli elementi, gli astri, i colori, i sensi, gli animali, i simboli, i numeri, le ore e le case, le ideologie, le persone, gli strumenti musicali. La rappresentazione cosmogonica così ottenuta può apparire stravagante, ma in realtà offre un prezioso stimolo a ricercare il senso delle cose, ponendole in relazione tra di loro, abbandonando la vana ricerca di spiegazioni causali che spesso risultano poco convincenti. Il pensatore alsaziano non dà certezze ma stimola la ricerca di un senso possibile e, per questa ragione, perfettibile. Solamente la persona interessata in questa ricerca individuerà con convinzione gli elementi acustici (il timbro della voce), dinamici (il ritmo e la forma del movimento), e visivi (il colore e la materia) che possono mettere in relazione di analogia fenomeni alquanto diversi. Ponendo particolare attenzione alle relazioni di affinità che, secondo il pensiero schnederiano, intercorrono tra le altezze (le cosiddette note), le emozioni (le ideologie), i numeri (i piedi metrici), i simboli e gli strumenti musicali, si favorisce la ricerca di percorsi di senso volti a chiarire ciò che accade durante il processo musicoterapico. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 26 Schneider offre così una 'mappa' per orientarci nella ricerca del senso di quanto accade in musicoterapia. Sì, una 'mappa', una 'carta geografica', ossia un mezzo che ci può orientare nella nostra ricerca perché l'attribuzione di senso non è decisa da Schneider ma dalla persona che la formula, ossia da noi che ne siamo gli unici veri responsabili. Giangiuseppe Bonardi [1] I termini riportati in corsivo e virgolettati sono desunti dalla terminologia schenideriana tratta, in particolare, dal I capitolo dell'opera citatanella nota n.4 di questo contributo. [2] Al fine di un approfondimento di questa tematica si consigliano queste letture... Marconi L., (2001), Musica, espressione, emozione, Clueb, Bologna. Postacchini P., (2006), "Quando la musica diventa terapia", pag. 155-156, in: Clarkson G., (1998), " I reame I was normal. A music therapist's journey into the Realms of Autism", MMB Music, Inc. Saint Luis, U.S.A.; trad. it.: "Ho sognato di essere normale. Il viaggio di una musicoterapeuta nel mondo dell'autismo", Cittadella Editrice, Assisi 2006. Manarolo G., (2006), Manuale generale della musicoterapia, Cosmopolis, Torino, pag. 57-146. [3] Bonardi G., (2008), Marius Schneider e la... Musicoterapia!, http://musicoterapie.over-blog.com/ Pubblicato, giovedì 6 novembre, nella categoria: Marius Schneider. [4] Schneider Marius, (1946), El origen de los animales - sìmbolos en la mitologìa y la escultura antiguas, Barcelona, Instituto Español de Musicologia, trad. it., Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 217-241. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 Navone Stefano, Diventare musicoterapista oggi Pubblicato il 23 marzo 2009 Diventare musicoterapista oggi significa entrare in un ambito professionale ampio, dinamico ed in continua evoluzione, in cui le competenze musicali ed espressive del musicista e del fare musica in senso moderno vengono ad interagire con il mondo della sofferenza e del disagio psico-fisico. Questo orientamento di studi necessità di grande umiltà, motivazione e consapevolezza delle proprie risorse umane ben al di là della sfera artistica ed estetica o di qualsiasi approccio didattico della musica. Il musicoterapista, infatti, oggi in Italia opera nelle ASL, nelle Scuole, negli Istituti di Riabilitazione, in collaborazione con psicologi, medici ed altre figure sanitarie; tratta casi di sofferenza psichica e fisica che vanno dalla sindrome di Down ai deficit o difficoltà percettive, di espressione motoria, del linguaggio, emotive, fino alle alterazioni di personalità, all'autismo, al supporto per il risveglio dal coma. L'approccio musicoterapico può essere preventivo, di mantenimento o di sostegno, evolutivo, a seconda che il tipo di Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 27 problematica abbia radici nel genetico, in lesioni pre e post natali, nell'organico e/o nello psichico. Nel corso dell'ultimo ventennio la Musicoterapia ha registrato una concentrazione sempre crescente di figure professionali provenienti dalle più svariate discipline scientifiche. Ciò richiede una regolamentazione e un inquadramento professionale del Musicoterapista, inteso quale figura professionale "emergente" e parallelamente della sua formazione specifica. A tale fine risulta opportuno definire gli ambiti di intervento in un contesto che appare caratterizzato da iniziative multiformi. Le diverse esperienze maturate in ambito clinico negli ultimi vent'anni e i risultati della ricerca consentono di configurare la peculiarità scientifica e metodologica della Musicoterapia, nonché gli obbiettivi connessi a percorsi di formazione in tale ambito. La Musicoterapia infatti, utilizza l'elemento sonoro-musicale all'interno della relazione persona-operatore per conseguire finalità preventive, riabilitative e terapeutiche attraverso l'uso di metodologie di lavoro diversificate per ambiti applicativi. Il Corso di Formazione Triennale in Musicoterpia del "Centro Studi Musicoterapia Alto Vicentino" si prefigge l'ambizioso obbiettivo di dotare gli allievi di quel patrimonio di saperi, conoscenze ed abilità necessarie all'esercizio della professione e, nello specifico, di: • fornire conoscenze teoriche, metodologiche e applicative per la professionalizzazione della figura del musicoterapista; • sviluppare la consapevolezza dei rapporti uomo-suono-musica e la capacità di osservarli e di descriverli; • sviluppare le competenze musicali di base già acquisite ed atte a decodificare il linguaggio sonoro-musicale, a comprendere le caratteristiche della propria identità sonoro-musicale e a sviluppare consapevolmente la propria espressività e creatività musicale tramite tecniche improvvisative e compositive; • approfondire le conoscenze sull'uomo di natura biologica, antropologica, psicologica, medico-clinica; • approfondire l'utilizzo di metodologie per la programmazione e la realizzazione di trattamenti di carattere preventivo, riabilitativo e terapeutico attraverso il mediatore sonoro-musicale; • acquisire conoscenze psicologiche finalizzate all'osservazione dell'essere umano per comprendere comportamenti adattivi e disadattivi; • prendere coscienza delle caratteristiche della propria identità sonoromusicale relativamente a dinamiche gruppali a contesti clinici; • fornire all'allievo le conoscenze informatiche fondamentali per la gestione del personal computer e del software utilizzato per la stesura di documenti e ricerche, facendo particolare riferimento alla cura del layout di un documento. Stefano Navone [email protected] Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 www.istitutomusicaleveneto.it Istituto Musicale Veneto Città di Thiene 28 Via Carlo Del Prete,43 Thiene (Vicenza) Tel/fax 0445/ 364102 Cell.338.4670716 - 347 8518151 Con tag Corsi convegni seminari ecc, Navone Stefano Condividi post inCondividi0 Repost 0 Parker Deborah, *In viaggio con Eleonora, alla ricerca di una base sicura... sonora Pubblicato il 18 marzo 2009 da http://musicoterapie.over-blog.com/ Questa tesi non è altro che una virgola, un respiro tra una frase già composta e un'altra ancora da concepirsi. Rende conto dell'esperienza personale in un periodo breve dal 2005 fino ad oggi - ma intensissimo di formazione e lavoro nel campo della musicoterapia. Non ha la presunzione di condurre a risultati sicuri, ma indaga sull'impiego del 'musicale' come struttura e contenuto della relazione terapeutica. L'uso del termine 'musicale', in tutta questa tesi, denota l'intera gamma di fenomeni - provenienti dall'ambiente o espressi da una persona col proprio corpo o agendo su oggetti - che possono essere descritti nei termini dei parametri musicali. Sono inclusi fenomeni non sonori (per esempio gesti nel silenzio) che hanno proprietà musicali. L'usuale distinzione tra "suono" e "rumore", invece, si ritiene fuorviante e quindi non applicabile. Esponendo e esplorando materiali sonoro-musicali ricavati direttamente da sedute di musicoterapia, rifletto sul mio ruolo di terapista, sulle mie proposte e risposte, identificando le caratteristiche di una base sicura sonora e tracciando la sua evoluzione. I soggetti dello studio sono due: la persona in terapia, conoscibile solo attraverso i comportamenti nel contesto della relazione musicale, e io musicoterapista, nel ruolo della "figura di attaccamento" che contribuisce allo sviluppo di una base sicura per chi è in terapia. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 29 Questa prospettiva è di grande importanza per me perché rappresenta il concetto più illuminante del processo formativo. Inoltre mi sollecita una sfida infinitamente stimolante, quella di essere sempre in una posizione di ricerca e di nutrire in me stessa la mia base sicura: l'accoglienza e l'ascolto dell'altro sono possibili solo se si riesce ad accogliere ed ascoltare se stessi. C'è qualcosa di paradossale nello stendere una tesi utilizzando, come è inevitabile fare, il sistema comunicativo verbale, che porta però in discussione il sistema comunicativo 'musicale'. Rispetto al 'musicale', il linguaggio verbale non è migliore, è semplicemente diverso; comunica contenuti diversi e non è in grado di sostituire il musicale: "La musica è intellegibile e intraducibile. E proprio per questa irriducibilità può essere il discorso che riesce a dire qualcosa là dove il linguaggio incontra un limite." [1] Per questo motivo questa tesi lascia ampio spazio alla musica, avvalendosi dei codici condivisi di trascrizione musicale per presentare prima di tutto i vissuti musicali in musicoterapia (capitolo I). Per chi legge una partitura con la stessa facilità di un testo verbale, la 'rilettura' che segue ogni trascrizione sarà tautologica. Invece le analisi musicali danno inizio al cammino dall'esperienza fenomenologica, verso una teorizzazione necessaria per fare di una pratica un modello concettuale corredato da un'adeguata metodologia. I capitoli II, III e IV riportano gli studi e le considerazioni che mi hanno permesso di individuare una struttura teorica di partenza nella quale collocare la mia pratica di musicoterapia, sempre in riferimento al 'leitmotif' della base sicura. Come sintesi finale, il capitolo V presenta la mia 'presa di coscienza' da musicoterapista nei confronti del percorso osservato e descritto nel primo capitolo, con un'interpretazione in chiave psicodinamica che rende esplicita la terapia nella musica, appoggiata sulla costruzione consapevole della base sicura sonora. Deborah Parker *Titolo originale del contributo Parker Deborah, (2009), "Alla ricerca di una base sicura sonora. Osservazione, analisi e interpretazione dei processi musicali in musicoterapia improvvisata", Relatore: Prof. Ferdinando Suvini, Tesi di Diploma, Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi. Indice. DVD. Documentazione audiovisiva relativa al caso clinico presentato. Ringraziamenti. Nota al lettore. Preludio. I Esposizione e Sviluppo. Descrizione, trascrizione e analisi musicale del percorso in musicoterapia di Eleonora. Descrizione del caso - anamnesi. Fase di osservazione. Le musiche. Trascrizione I. Trascrizione II. Trascrizione IIIa. Trascrizione IIIb. Trascrizione IIIc. Trascrizione Iva. Trascrizione IVb. Trascrizione V. Una conclusione provvisoria. II La Base Sicura. Cornice psicologica per la Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 30 relazione terapeutica. III Musica come comunicazione. Contesto per la relazione terapeutica sonora. La funzione primaria del musicale nell'uomo - la teoria del "Hmmmmm". Percezione amodale e percezione musicale. L'intersoggettività e il musicale. La sintonizzazione degli affetti e il musicale . La regolazione delle emozioni e il musicale. Conclusione. IV Quale Musicoterapia? Strumenti concettuali, metodologici, concreti e percettibili. Gli strumenti concettuali. Modelli di riferimento classici. Modelli di riferimento contemporanei. Gli strumenti metodologici. Gli strumenti concreti. Gli strumenti percettibili. V Ripresa. Interpretazione dei processi musicali nel percorso di Eleonora. Conoscenza - trascrizione I . Avvicinamento e travolgimento - trascrizione II. Differenziazione trascrizioni IIIa, b. Il canto come difesa - trascrizione IIIc. Consapevolezza trascrizioni IVa, b. E-mozione - trascrizione V. Postludio. Appendice. Spiegazione dei segni non convenzionali utilizzati nelle trascrizioni. Bibliografia. Inserto - le partiture delle trascrizioni. Argomento L'elaborato di Deborah Parker è un'opera geniale che merita di essere studiata. Scritta come una forma musicale, la tesi dischiude all'interno l'evoluzione processo musicoterapico condotto con una persona autistica, 'visualizzandola' in partiture. Deborah Parker, indagando il senso del musicale in musicoterapia, ha accolto il messaggio lanciato ormai da anni dal Dott. Pier Luigi Postacchini e il suo lavoro si inserisce a pieno titolo nel nuovo filone di ricerca della musicoterapia italiana. Così eccola cimentarsi in problemi di trascrizione (emica, etica, del modello) di quanto avviene musicalmente durante le sedute. La componente musicologica dell'esperienza dell'autrice si inserisce perfettamente nel quadro teorico di riferimento musicoterapico di orientamento psicodinamico e umanistico. Appassionante è altresì l'apporto antropologico musicale quando la Parker espone la teoria del "Hmmmmm" di Mithen S. tuttora sconosciuta al pubblico italiano. In questa prospettiva il lavoro dell'autrice deve essere letto da diverse prospettive: musicoterapica, musicologica, antropologica e terapeutica. Parker definisce la sua 'tesi', una "virgola"... ma che virgola! Reperibilità La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore. Contatto con l'Autore [email protected] [1] Gaita (1991), "Il pensiero del cuore", Bompiani, Milano, p. 17 Con tag Musicoterapia e autismo Condividi post inCondividi0 Repost 0 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 31 Bonardi Giangiuseppe, Alla ricerca del senso del musicale in musicoterapia Pubblicato il 12 marzo 2009 È da molto tempo ormai che quotidianamente mi interrogo sul senso del musicale in musicoterapia. Le 'musiche' di Pamela, di Giorgio, di Marina[1] e degli altri ragazzi, con i quali interagisco quotidianamente, cosa vorranno comunicare? È evidente che sono in ascolto di musiche "naturali[2]" che non soggiacciono ad un "programma estetico[3]" perciò le componenti formali che le caratterizzano non rientrano nelle tipologie dell'analisi musicologica classica e, per questo motivo, sono inevitabilmente costretto a ricercare una forma di trascrizione idonea per poterle analizzare. È maggiormente opportuno adottare il tipo di trascrizione "etica", "emica" o del "modello"?[4]" Sì, mi sono imbattuto nel dilemma di dover scegliere tra un tipo di trascrizione integrale ("etica") o di un'altra che coglie solamente gli aspetti essenziali ("emica") o ancora individuare il "modello" comune a differenti esecuzioni. La ricerca dei significati sottesi al musicale in musicoterapica solleva quindi ben due dilemmi: cosa rappresentare; come rappresentare. Ora ho scelto il tipo di trascrizione "emica", cercando di visualizzare gli aspetti musicali maggiormente evidenti, tralasciando altri, certamente importanti, ma difficilmente decifrabili. Le rappresentazioni grafiche, del musicale preso in esame, debbono essere considerate quindi come segni acustici, che ho scelto, al fine di accingermi alla ricerca dei significati sottesi, senza rinunciare all'apporto fondamentale dell'ascolto delle rispettive tracce audio. Scrosci Ascolto Pamela, mentre scuote imperterrita l'ocean drum. Seduta comodamente sul tappeto, la bimba è visibilmente catalizzata dallo strumento che guarda con una concentrazione impressionante. Nulla la distoglie dalla sua attività. Pamela scuote l'ocean drum con forza, mentre io rimango lì pensieroso, estromesso dal gioco, poiché ogni mio tentativo di parteciparvi sortisce un chiaro rifiuto. Non mi rimane altro che chiedermi che cosa stia ascoltando la bimba. L'evento musicale è un insieme caotico di sonorità che vaga all'interno dello strumento: un timbro fragoroso, così caotico, simile ad uno scroscio, ripetuto, forte, duro, vagamente metallico e... indefinito. Così, tra lo stupore e lo sgomento, mi sovviene l'idea che l'ocean drum è per Pamela un oggetto 'magico' con il quale la bimba possa esprimere il suo mondo interno. Pamela ha trovato quindi lo strumento musicale che gli fa da eco, rendendole udibile il suo sé acusticamente... indefinito. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 32 Rimbombi Giorgio è seduto comodamente sulla sedia posta di fronte alla conga. Prende i battenti in mano e inizia a suonare la percussione. Lo sguardo è fisso sullo strumento e pian piano l'ambiente si satura di rimbombi, tendenzialmente forti, ripetuti incessantemente per molto, molto tempo. Ben presto la stanza è satura e quelle rombanti sonorità diventano una barriera che separa Giorgio da me. Non mi rimane altro da fare che ascoltare la sua 'musica' così ripetitiva. Probabilmente Giorgio è contento perché, grazie al mediatore che ha scelto, è in contatto con il suo mondo interiore così acusticamente ossessivo, per lui vitale, forse, mentre io mi trovo nella difficile condizione di ascoltarlo, ossia di accoglierlo. Silenzi Marina è seduta di fronte alla tastiera ed io sono di fronte a lei seduto dalla parte opposta. Marina batte le mani in modo stereotipato poi le abbassa e si ferma, mi guarda. Silenzio. Suono un tasto acuto della tastiera. Silenzio. Lo risuono un'altra volta. Silenzio. Aspetto un po' e ci riprovo. Finalmente Marina alza le braccia portando le mani poco sopra la tastiera. Premo un tasto grave. Silenzio. Riprovo a pigiare il tasto. Silenzio. Quasi inaspettatamente, Marina abbassa contemporaneamente le mani sulla tastiera, ottenendo un dissonante cluster. Poi... nulla ed io rimango, ancora una volta, nella difficile situazione d'ascolto-accoglienza di quel 'rumoroso' silenzio che, probamente, esprime l'indicibile difficoltà di Marina ad esistere almeno acusticamente. Riflessioni Sono ormai convinto che la musica sia l'espressione del tempo vissuto dalla persona che la fa. Il tempo è il nostro mondo interno, il sé acustico che si manifesta, diventando musica. Per cui suonando, Pamela, Giorgio, Marina esprimono a se stessi e, inevitabilmente, a chi li ascolta, l'organizzazione del proprio mondo interiore. In questa prospettiva gli scrosci di Pamela, i rimbombi di Giorgio e i silenzi di Marina mi 'invitano' all'accoglienza del mondo interno di queste persone. Così, ben presto, il disagio, il fastidio, il senso di impotenza o di esclusione che queste musiche possono suscitare in me, unico ascoltatore, cedono il passo alla consapevolezza di essere al cospetto di tre mondi diversi. Pamela, suonando l'ocean drum, 'scruta' le parti del suo sé che vagano disarticolate, cozzando fragorosamente sulle pareti del proprio mondo interno. Giorgio, percuotendo la conga, cerca di riordinare ossessivamente ciò che percepisce di sé, esprimendo musicalmente la fatica di questa ricerca. Marina, avvolta nel silenzio, esprime, musicalmente, la Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 33 difficoltà ad esistere. Non sono quindi 'musiche' piacevoli o accattivanti, ma hanno l'indubbio pregio di svelare i vissuti delle persone che le eseguono, esprimendo molto probabilmente la disgregazione (Pamela), la rigidità (Giorgio) o il congelamento (Marina) del proprio sé. Che senso hanno quei ritmi così simili ai metri greci? Dopo molti incontri Pamela, con mia sorpresa, non si limita a scuotere l'ocean drum, ma lo percuote, eseguendo brevi ritmi. La stessa cosa succede con Maurizio, Alessio, Marta, Danilo e molte altre persone che inizialmente realizzavano sonorità disgregate, mentre, durante la fase successiva degli incontri, eseguono spontaneamente dei brevi incisi ritmici. Cosa sarà successo? Come mai queste persone eseguono, spontaneamente, dei ritmi? Io glieli proponevo, ma di certo non avevo la pretesa di insegnarli perché queste persone non erano in grado di riprodurli e, fatto maggiormente rilevante, lo scopo della mia attività non era quello di educare ma di facilitare la nascita del processo relazionale. Ad una prima analisi i frammenti ritmici presi in esame sono estremamente brevi e, osservandoli meglio, alcuni di loro sono identici ai piedi ritmici greci, così cari alle indagini musicologiche di Sachs[5] o a quelle poetiche di Arina[6]. Ora queste persone interagiscono musicalmente con me utilizzando piedi metrici: Nella loro estrema semplicità, i ritmi presi in esame esprimono i rapporti di equilibrio dinamico che sussistono tra le forze in opposizione[7] che li formano, manifestando acusticamente il desiderio nascente di iniziare ad integrare o 'ammorbidire' gli aspetti del proprio sé. È evidente che queste elementari organizzazioni ritmiche travalicano la dimensione musicologica ma, quando li ascoltiamo in musicoterapia, sono un preziosissimo indicatore della possibile nascita del processo di cambiamento. Mi, fa... male! Samuel giunge puntuale, come un orologio svizzero al centro, accompagnato dal papà. Entra nell'atrio, saltella sulle sedie; obbliga il papà a sedersi, poi mi vede. Samuel controlla che il papà sia seduto nel posto 'giusto', solo allora si dirige con me verso la stanza. È teso come una corda di violino. Samuel, inizia a parlare... con sé: "Dai... smettila... basta... Samuel... Adesso ho detto basta..." Si calma un po'. Si precipita verso il pianoforte, si siede sullo sgabello Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 34 e suona due altezze nel registro grave dello strumento, ripetendole insistentemente: mi e fa. Per alcune sedute, Samuel inizia gli incontri con questo 'rito'. Al termine dell'esecuzione musicale la sua evidente tensione si stempera. Solo allora mi guarda, mi saluta e finalmente si accomoda vicino a me, nello spazio relazionale sonoro-musicale... Qual è il senso sotteso alla 'musica' di Samuel costituita esclusivamente dalla ripetizione ossessiva di un intervallo di seconda minore? Perché Samuel, avendo a disposizione innumerevoli tasti, ne sceglie solo due? Perché suona il mi e il fa, soffermandosi ora sul mi e ora sul fa? Chiunque fosse stato spettatore della scena é concorde nell'affermare che Samuel abbia espresso musicalmente il proprio stato emotivo di evidente tensione. La mia attenzione è attirata dalle altezze che Samuel ripete insistentemente. Che cosa comunica il mi? Che cosa esprime il fa? Leggo vari trattati musicologici alla ricerca di un po' di luce e, tra i molteplici, trovo una possibile chiave di lettura del mistero acustico di cui sono stato osservatore partecipe. Nel quinto capitolo del libro di Scheneider[8], l'autore alsaziano espone le corrispondenze analogiche che intercorrono tra le altezze e ben altri undici realtà ( piani paralleli ) differenti tra cui anche le emozioni ( ideologie ). Per Schneider l'altezza mi è posta in relazione analogia con il dolore, mentre l'altezza fa è in rapporto di affinità con la forza. Ad una prima chiave di lettura mi è evidente che Samuel, con sole due note ( il mi e il fa ), sia stato in grado di comunicare l'essenza di ciò che provava: il suo forte, persistente dolore. È lampante che non è possibile applicare il pensiero schneideriano in modo pedissequo, ma è possibile mettere in relazione analogica la personale osservazione dello stato emotivo di Samuel con l'espressione musicale e la chiave di lettura schnederiana. In tal modo otteniamo un quadro di relazioni analogiche pertinenti e, verosimilmente, attendibili. Stato emotivo osservato ↓ evento musicale percepito ↓ pensiero schenederiano = possibile significato. L'applicazione del pensiero schneideriano quindi non è decisiva ai fini di una ricerca del senso, ma concorre a delinearne il significato. Applicare Schneider in una prospettiva di ragionamento causale: se una persona suona il mi, allora esprime dolore, significa banalizzarlo, svuotandolo di significato. Schneider non afferma corrispondenze evidenti, ma indica delle coordinate di senso in cui orientare la propria scelta interpretativa poiché, ancora una volta, anche in Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 35 questo caso, l'attribuzione di senso deriva da una nostra precisa scelta. La responsabilità della scelta di senso non è certamente attribuibile a Schenider ma a noi stessi. Bonardi Giangiuseppe [email protected] [1] I nomi riportati nel contributo sono puramente di fantasia, in ottemperanza della legge della privacy. [2] Schneider M., La nascita musicale del simbolo, pag. 96-97, in: "Il significato della musica" Rusconi, Milano 1970. [3] Schneider M., La nascita musicale del simbolo, pag. 96-97, in: "Il significato della musica" Rusconi, Milano 1970. [4] Postacchini P., (2006), "Quando la musica diventa terapia", pag. 155-156, in: Clarkson G., (1998), " I reame I was normal. A music therapist's journey into the Realms of Autism", MMB Music, Inc. Saint Luis, U.S.A. ( trad. it.: "Ho sognato di essere normale. Il viaggio di una musicoterapeuta nel mondo dell'autismo", Cittadella Editrice, Assisi 2006.) [5] Sachs C., The Rise of Music in The Ancient World East and West, W.W. Norton e Company Inc., New York 1943. Trad. It. La musica nel mondo antico, Rusconi, Milano 1992, pag. 258-259. [6] Arina J., (1966), Possibilità ritmiche della poesia italiana, Tipomeccanica, Napoli, pag. 30-32. [7] Bonardi G., (2008), Marius Schneider e la... Musicoterapia! Pubblicato, giovedì 6 novembre, nella categoria: Marius Schneider, http://musicoterapie.over-blog.com/article-24493424.html [8] Schneider, Marius, (1946), El origen de los animales - sìmbolos en la mitologìa y la escultura antiguas, Barcelona, Instituto Español de Musicologia, ( trad. it., Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986 ), pag. 217 – 240. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 Bertozzini Riccardo, “Dall’altra parte” ... in ascolto delle emozioni di Francesco Pubblicato il 12 marzo 2009 ... Francesco* era solito sostare fuori dalla stanza di musicoterapia attendendo il proprio turno. In questa situazione era in grado di percepire ciò che stava accadendo all'interno, sentendo rumori, timbri strumentali e musiche udite dalla persona in seduta. Ciò gli permise di ascoltare una musica che spesso utilizzavo durante gli incontri dai toni estremamente rilassanti[1], permeata da suoni naturali: corsi d’acqua, cinguettii, melodie in maggiore eseguite da un flauto in legno e tappeti armonici composti da sonorità morbide e prive di tensioni di risoluzione. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 36 Improvvisamente Francesco irruppe nella stanza chiedendomi se poi avremmo ascoltato quella musica anche durante la sua seduta. Ovviamente la nuova situazione che si era venuta a creare aveva permesso a Francesco di aprirsi anche a questa esperienza con maggiore tranquillità. Da quel momento le sedute furono incentrate prevalentemente sugli ascolti. La reazione che ebbe al primo contatto con il brano sopra citato fu di stupore dicendomi che quella musica era “bellissima” e che voleva accomodarsi sui materassini per poterla ascoltare da sdraiato. Alla fine dell’ascolto che durò trenta minuti (la durata dell'intero brano), chiesi a Francesco che cosa avesse provato e quali le emozioni vissute; mi comunicò che si era profondamente rilassato ma della commozione visibile sul suo viso non ne parlò. Decisi di concludere la seduta anche se non erano trascorsi tutti i minuti a disposizione in quanto ritenni che il carico emotivo era grande per Francesco. Ci congedammo e Francesco per la prima volta mi ringraziò. Per circa tre sedute Francesco volle ascoltare lo stesso brano emozionandosi visibilmente, astenendosi dal verbalizzare i suoi vissuti e dicendomi semplicemente che la musica era commovente. Gli rinnovai la richiesta di portare in seduta le sue musiche e finalmente si presentò con il suo cd preferito. Il materiale che mi portò fu un cd originale di King Diamond, gruppo dark metal americano con chiari riferimenti satanisti sia nell'immagine di copertina che nei testi. Mi volle far ascoltare il suo brano preferito “From the other side”, ossia: dall’altra parte. Durante l’ascolto del brano, espressamente richiesto ad “alto” volume, Francesco mimava i componenti del gruppo con espressioni facciali che riprendevano quelle del cantante in copertina, aggressivo ed arrabbiato, cantava a memoria molte parti del brano non avendo idea del significato ma avendo appreso il significante. In questi momenti il suo sguardo spesso era rivolto a me come a controllare la mia reazione nei confronti di questa sua parte: la rabbia. Il mio atteggiamento fu quello di accogliere mimando con lui gli strumenti e verbalizzando l’energia che tale musica trasmetteva. Le verbalizzazioni successive all’ascolto da parte sua erano incentrate sulla “carica” che tale musica gli passava, descrivendomi gli atteggiamenti e le mimiche assunti dai musicisti del gruppo definendoli come “scatenati”. Questa era la prima volte che Francesco riusciva a verbalizzare in seduta il suo immaginario permettendo al suo vissuto di rabbia di esprimersi trovando un canale “sicuro”. Per tre sedute ascoltammo ripetutamente tale brano, come richiesto espressamente da Francesco, anche due volte a seduta; al termine di tali ascolti era sempre visibilmente commosso e stanco, tanto da chiedermi di poter chiudere la seduta anticipatamente. Anche se tale atteggiamento era contrario agli obbiettivi che ci eravamo posti inizialmente quali l'aumento dei tempi di attenzione, permanenza e una più Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 37 approfondita verbalizzazione dei vissuti, ritenni insieme all'équipe del Centro che in tale momento del percorso era consono lasciare un respiro alle sedute in quanto Francesco stava finalmente portando elementi molto profondi che lo accompagnavano da anni e che finalmente avevano trovato il giusto canale di manifestazione. I fenomeni di pantoclastia che accompagnavano Francesco periodicamente erano spariti da tempo. Successivamente chiesi a Francesco di farmi sentire sugli strumenti questa energia creando così un dialogo sonoro incentrato sulle sue dinamiche ma questa volta assieme, diventando contenitore accogliente di questa sua parte aggressiva. Riportare la parte emotiva sullo strumento permise di modellare il suo vissuto attraverso una pratica che era diventata familiare, lo strumento diventava così oggetto carico di vissuti e contenitore gestibile di questi ultimi. Partendo da una situazione di eccitazione provocata dall’ascolto del brano sicuro “From the other side” riproducevamo insieme sullo strumento scelto da Francesco, quasi esclusivamente la conga, tale emozione ed attraverso un dialogo sonoro permeato di sintonizzazioni inesatte manipolavamo tale vissuto iniziale per poi portare lentamente la produzione sonora su tutt'altri toni attraverso l'abbandono della posizione eretta, l'utilizzo delle mani direttamente sullo strumento, l'integrazione di altri strumenti. Al termine di una seduta accadde che mi diede in consegna il suo cd chiedendomi di tenerlo e di restituirglielo se me lo avesse richiesto. Il “regalo” di Francesco venne letto dall'équipe come la consegna, simbolica, della suo doloroso vissuto. Francesco finalmente si fidava e mi affidava “l’altra” parte di sé, consegnandomi, simbolicamente, la sua rabbia. Riccardo Bertozzini [email protected] [1] Christopher Walcott, (ottobre 2003), Reiki-musica per il massaggio, la meditazione, la terapia, Red, Como. * Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy, evocante una persona avente la sindrome di Williams. Con tag Espereinze brevi di musicoterapia Aprile Carli Giovanni, *Gli 'affetti vitali' di Franco Pubblicato il 22 aprile 2009 Così conobbi Franco[1]: 'il Poeta', mentre mi declamava, con voce roca e affaticata, la sua dolorosa esperienza di vita... E mi immergo Chiudo gli occhi Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 E mi immergo nel mio corpo Lo percorro, entro in ogni luogo, l'osservo, e ne ascolto la voce le piante... le caviglie... i polpacci... le ginocchia... le cosce... le anche... il bacino... il ventre e la base della schiena... la pancia e la schiena... il torace e le scapole... le spalle... la spalla destra... il braccio... il gomito... l'avambraccio... polso e mano destra insieme... la spalla sinistra... il braccio... il gomito... l'avambraccio... polso... mano sinistra... le spalle... il collo... la testa ho sentito d'esser dritto e ho visto la parte destra più presente, più pesante e c'era una voce dissonante nella mano destra, un'immagine incompleta, priva del dorso, solo l'interno il palmo con le dita molto sbiadite Apro gli occhi... Non mi piace guardare l'immagine nello specchio nitida, i tratti sono così chiaramente delimitati... troppo limitati. Non mi piace guardarla superficiale, un rapido sguardo mi mette a disagio e continuamente con gli occhi cerco un riparo Non mi piace guardarla muta, non sa parlare, non ha voce Ho trovato la mia stabilità in un equilibrio di errori e cerco la chiave nella memoria delle sensazioni per ognuna un tentativo, pezzo per pezzo... non riesco apro gli occhi e nello specchio trovo l'esatta misura delle mie difficoltà e subito il desiderio di correggermi ma devo tornare a me chiudo gli occhi e ascolto Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 38 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 e cerco... meglio lentamente vago incerto in cerca di una strada in un labirinto fatto di sensazioni che sembravano giuste 39 Stanco, apro gli occhi Ed evito di guardare l'immagine che mi sta di fronte Evito di guardare in quegl'occhi Che non sanno dire quello che ho visto Franco Al termine della lettura rimanemmo in silenzio: un silenzio, 'assordante', carico di emozioni. Mi sentivo affaticato poiché mentre ero in ascolto del suo doloroso canto ricolmo di parole, suoni e lunghi silenzi, percepivo contemporaneamente i miei stati d'animo. I nostri sguardi si incrociano..., poi, per mia somma fortuna, Franco mi propose l'ascolto di Laurens Walk (A. Badalamenti, Windham Hill 1999), un brano lento composto per violino, chitarra e contrabbasso, in stile folk-blues americano, tratto dalla colonna sonora del film The Straight Story di David Lynch. La tensione emotiva si stemperò un poco mentre la chitarra arpeggiava l'accompagnamento su un accordo di tonica e il relativo minore sul quale si librava la semplice melodia del violino evocando... serenità, calma, distensione, tranquillità. Mentre ascoltavo, meditavo e pian piano mi soggiunse l'idea che, in quell'evento musicale, erano racchiusi gli 'affetti vitali', evocati probabilmente dal violino, che esprimevano musicalmente quella sensazione di intimità con il proprio corpo che Franco andava disperatamente cercando. Con naturalezza, iniziavo finalmente a conoscere Franco come persona ricolma di emozioni e di sentimenti. La musica di Franco e la mia (Farmer's Trust (P. Metheny, ECM 1983) divennero ben presto i simboli della nascente relazione terapeutica che favorì, al contempo, la buona riuscita del trattamento fisioterapico, così ben descritto dal 'Poeta' in un'altra poesia: La musica Ed entra la musica e ci incontriamo quaggiù ci fondiamo in un unico mondo e lentamente iniziamo a soffiare libertà un pezzo alla volta Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 spalmiamo il piede sinistro, poi la gamba... salgo, e mi sorprendo istintivo nel correggere la stonatura nelle spalle... non so, scopro una naturalità nuova mi viene un sorriso di piacere e sorrido... e le geometrie prendono forma condotte da un'armonia evocatrice si compone bella e rassicurante una nuova stanza dentro me e già è riferimento per tutto il corpo cadono le braccia affondano liberi i piedi nel pavimento 40 Vincenzo porta la mia gamba ora avanti ora dietro in poco tempo mi raggiunge, ci raggiunge, dentro la gamba e si confonde in questa sintonia ascolto in silenzio la gamba scorrere leggera la voce serena, è naturale così e non mi chiede d'esser aiutata l'ascolto scorrere in questo nuovo livello d'intimità sento d'esser rimasto solo in compagnia di questa serenità e afferro il mio movimento Franco Giovanni Carli *Titolo originale Giovanni Carli, 2004, Una proposta di riabilitazione cognitivoemotiva nel trattamento dell'emilegico, Relatore: Prof. Pier Luigi Postacchini, Pro Civitate Christiana, Assisi. Indice Premessa. La riabilitazione neurocognitiva e l'Esercizio Terapeutico Conoscitivo. L'interpretazione della patologia. L'esercizio. Ipotesi percettiva e operazioni conoscitive. Mondo esterno e mondo interno . Funzione canaledipendente e stato-dipendente». Coscienza e globalità percettiva . L'emotività come senso . Coscienza estesa e memoria episodica. Limiti degli studi attuali per una utilizzazione riabilitativa. Presupposti riabilitativi della proposta. Metodica e casistica. Il protocollo operativo. Descrizione dei casi. Caso clinico n. 1. E mi immergo. La musica. Caso clinico n. 2. Caso clinico n. 3. Commento e conclusioni. Appendice. Bibliografia. Argomento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 41 Chiara, scientificamente corretta, l'esperienza del collega Giovanni Carli dischiude, con passione, il mondo della sofferenza emiplegica. Non è facile svolgere l'attività musicoterapica in un contesto essenzialmente riabilitativo poiché il rischio è di essere risucchiati dal vortice del tecnicismo. Ben consapevole del pericolo, Giovanni Carli rimette in primo piano la persona e in particolare i suoi 'affetti vitali', utilizzando la musica non come fine ma come mezzo che aiuta, facendo quindi: musicoterapia. Reperibilità La tesi è consultabile presso la segreteria del Corso Quadriennale di Musicoterapia, Pro Civitate Christiana, Assisi Centralino 075/813231 Fax 075/8112288 [email protected] o, contattando direttamente l'Autore. Contatto con l'autore [email protected] [1] Nome di fantasia in ottemperanza alla legge della privacy. Con tag Carli Giovanni Condividi post inCondividi0 Repost 0 1 commento Bonardi Giangiuseppe, Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider Pubblicato il 12 aprile 2009 Affrontare il problema della significazione in musica vuol dire introdursi nella problematica estetica e musicologica, tuttora irrisolta, che indaga l’esistenza della semanticità musicale[1]. Il pensiero di Schneider può offrire una diversa chiave di lettura del problema ermeneutico, indagandolo in una prospettiva eminentemente antropologica. Studiando e comparando i contenuti delle arcaiche culture musicali risalenti sin all’epoca megalitica, Schneider scopre che qualsiasi 'fenomeno' che caratterizza la 'realtà' è e, al contempo, ha un'essenza acustica. L’essenza acustica della realtà è raffigurata da Schneider[2] mediante alcune altezze poste in forma circolare, evidenziandone il carattere essenzialmente dinamico della stessa. In questa prospettiva anche i significati sono 'fenomeni' e, in ragione di ciò, essi hanno un’essenza acustica che li pongono in relazione analogica con una Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 42 determinata altezza. Per il pensatore alsaziano, ad ogni suono corrisponde quindi una rete di significati in cui traluce l'essenza musicale degli stessi. La 'forza'... fa Marius Schneider evidenzia le relazioni di similarità che intercorrono tra l’altezza fa[3] e alcuni significati: coraggio, autorità, potenza, purificazione mistica, resurrezione, potenza sessuale maschile. Il quadro di contenuti esposti dal pensatore alsaziano può sollecitare innumerevoli percorsi interpretativi e, personalmente, reputo che, in virtù della somiglianza dei termini presi in considerazione, il suono fa sia l’espressione acustica dell’affermazione di sé. Un'affermazione che promana dal probabile desiderio di rinascere ('purificazione mistica', 'resurrezione') per affermare, ora con 'coraggio', ora con 'autorità', la propria presenza acustica ('potenza'). La personale scelta è motivata da una circostanza vissuta dallo scrivente mentre ascoltava un’esecuzione al pianoforte eseguita da una persona che si soffermava lungamente sull’esecuzione e l’audizione del suono fa eseguito nel registro grave dello strumento. Che cosa significava per la persona quel suono? Perché si soffermava proprio sul fa grave? La persona era visibilmente disturbata perché, poco prima dell’esecuzione strumentale, esprimeva verbalmente vissuti dolorosi non derivanti dal contesto terapeutico, mentre quando suonava il pianoforte pareva maggiormente aderente alla realtà in ricerca d’affermazione e d’accoglienza di sé. Indipendentemente dalla personale interpretazione, ancora una volta il pensiero schneideriano ci sollecita a interrogarci sul senso e la presenza anche di un suono, prendendolo in considerazione non solamente come realtà musicologica, ossia inteso come altezza fa, ma andando oltre, ricercando nei propri ambienti di rilevazione i possibili significati a esso sottesi. Il 'dualismo' del... do Per il pensatore alsaziano il suono do[4] presenta molteplici relazioni di affinità con concetti apparentemente contrastanti: eco, legge dei Gemelli, riti di guerra, di prosperità, di ascensione, di resurrezione, sapere chiaro, porta verso Dio, tribunale, Paradiso, Inferno, nascita delle anime. Un’attenta lettura del composito quadro polisemico dischiude la concezione dualistica della realtà che, per il pensatore alsaziano, può sussistere solamente come compresenza di forze contrastanti (monismo dinamico[5]). La realtà ha quindi un aspetto duplice, come lo è la 'Legge dei Gemelli' e il fenomeno acustico che meglio la esprime: l'Eco[6]'. In questa prospettiva la realtà può essere intessuta di contrasti che coesistono dinamicamente, oscillando tra l'angoscia ('Inferno'), la gioia ('Paradiso') e il giudizio ('Tribunale'). La realtà interiore è quindi caratterizzata dal perpetuo dissidio ('I riti di guerra') dei vissuti provati che, quando raggiungono l'agognato stato di equilibrio dinamico, giunge finalmente allo stato di benessere ('Riti di prosperità, resurrezione e ascensione'). Un dualismo che altresì annuncia acusticamente la prima forma di consapevolezza del sé ('Nascita delle anime') orientato ora verso una maggior chiarezza ('Sapere chiaro', 'Porta verso Dio'). Così, seguendo le considerazioni prese in esame, m’interrogo sul senso del vocalizzo che ruota intorno al suono do, eseguito da un individuo che, Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 43 verosimilmente, potrebbe esprimere acusticamente la difficile fatica di convivere con emozioni contrastanti. L’intuizione del... sol Il suono sol[7], secondo il pensiero di Marius Schneider, dischiude relazioni di analogia con evidenti concetti spirituali: lode, rito divino, sapere divino. Per l’alsaziano, il sol esprime quindi la dimensione mistica dell’individuo che svela, verosimilmente, la capacità di conoscere la realtà, e perciò se stessi, in modo intuitivo ('Sapere divino', 'Rito divino', 'Lode'). L’intuizione quindi è forma di percezione, paradossalmente superiore, benché non sia per nulla razionale, ma istintiva, dischiude, anche a chi non ha la possibilità di utilizzare il pensiero logico deduttivo, la possibilità di percepirsi come persona, avvertendo, probabilmente, anche la realtà circostante. Ora m’interrogo sul perché questo suono stenti a manifestarsi, con la voce o gli strumenti musicali, nelle persone con cui quotidianamente interagisco musicalmente. Il linguaggio del... re Il suono re[8] svela relazioni di somiglianza con contenuti che riguardano l’espressività e la comunicazione: analogia fra cielo e terra, arte e scienza, incarnazione, intelligenza, linguaggio, parabola, salute. Parafrasando lo stimolo schneideriano, l’espressività ('Incarnazione') del sé diventa quindi ('linguaggio', 'Parabola') quando la persona sta bene ('Salute') e mostra di integrare ('Relazione di analogia fra cielo e terra', 'Intelligenza', 'Arte e scienza' ) acusticamente il proprio sé. La comunicazione, l'espressività è ora possibile, la persona si manifesta in modo equilibrato, ossia musicalmente. Forse, questa strana congettura mi chiarisce lo stato di benessere che provo quando sento la presenza del suono re, eseguito dalle persone con cui interagisco musicalmente. Sì, mi sento bene, quasi felice, poiché intuisco che la presenza di questa altezza annuncia, per la persona, un grande cambiamento e mi sento l’ascoltatore privilegiato di questo straordinario evento. Gli affetti del... la Il suono la[9] dischiude alcune relazioni di similitudine con le tematiche degli affetti: fidanzamento, riti d’amore, vita erotica. Le relazioni di analogia, proposte dall’alsaziano, rappresentano il suono la come l’espressione acustica dell’affettività ('Vita erotica', 'Riti d'amore', 'Fidanzamento') del sé. Un’affettività che può rievocare quindi la presenza di persone, stati d’animo e situazioni significative per il singolo. Riflettendo ulteriormente sui significati analogici sollecitati dal la, sono ora alla ricerca di una possibile chiave di lettura del mio modo di interloquire musicalmente con le persone e, in particolare, mi chiedo perché eseguo con insistenza questa specifica altezza. Forse, inconsciamente, vorrei tranquillizzarle, trasmettendo la mia discreta presenza. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 44 Il dolore del... mi Le relazioni di analogia, sollecitate dal suono mi[10], tracciano un quadro di significati attinenti la pienezza del sé: coscienza del dovere, dolore, matrimonio, offerta del sacrificio, riti di prosperità, sacrificio violento vita vegetativa. Schneider propone ora un quadro di corrispondenze analogiche che evidenziano la maturità del sé ('Vita vegetativa', 'Matrimonio', 'Riti di prosperità', 'Coscienza del dovere'). Un sé consapevole che deriva dall'incessante lotta ('Sacrificio violento', 'Offerta del sacrificio') che intercorre tra due forze antagoniste, probabilmente tra il benessere ('Riti di prosperità') e la sofferenza ('Dolore'). Sovente mi sono interrogato sul perché una persona eseguisse, con il pianoforte, spontaneamente e insistentemente due altezze: il mi e fa, soffermandosi lungamente sul mi. Mi sono quindi chiesto perché quella persona si fosse concentrata su quella particolare scelta. La proposta schneideriana mi ha suggerito una possibile interpretazione, per me convincente. Forse la persona, evidentemente agitata, esprimeva musicalmente l’insistente (fa) presenza del proprio dolore (mi). La malinconia del... si Le relazioni di analogia, sollecitate dal suono si[11], indicano un quadro di significati attinenti l’introspezione del sé: culto divino, malinconia, sapere mistico. 'Malinconia', 'sapere mistico' e 'culto divino' tracciano il quadro delle relazioni di analogie associate al suono si. Probabilmente, interpretando il pensiero schnederiano, il suono si sollecita quindi una riflessione sull’inquietudine del sé. Così, adottando la proposta del pensatore alsaziano, mi interrogo sul possibile significato sotteso al suono si spesso vocalizzato da una persona. Vorrà esprimere musicalmente la sua tristezza? La sua disperazione? La sua angoscia? Fa#, do#, sol#, mib, sib Schneider non espone analiticamnte le altezze alterate, ad eccezione del sib, ponendolo in analogia con il suono do*. Nella tavola XII, le altezze fa#, do#, sol#, sono collocate dall’alsaziano, tra il suono si e il fa, mentre il mib é posto tra il fa e il do. In questa prospettiva credo che sia possibile associare analogicamente le altezze fa#, do# con i significati sottesi al suono si e, per il suono sol#, a quelli relativi al suono fa. Parimenti il suono mib può essere associato ai significati sottesi al suono fa. Decifrare le altezze... Indipendentemente dalle personali interpretazioni disseminate nel contributo, l’avvincente proposta di Marius Schneider offre un importante stimolo di riflessione sul musicale agito, sia esso formato anche da un unico suono, prendendolo finalmente in considerazione, non solo come Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 45 una realtà musicologica, ma anche come simbolo di senso. Un senso da ricercare, interpretare, comprendere... Giangiuseppe Bonardi [email protected] [1] Collisani A., (1988), "Musica e simboli", Sellerio, Palermo. [2] Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 416. [3] Schneider M. Op. cit., pag. 218. [4] Schneider M. Op. cit., pag. 219. [5] Bonardi Giangiuseppe, (2008) Marius Schneider e la… Musicoterapia! [6] Schneider M. Op. cit., pag. 226. [7] Schneider M. Op. cit., pag. 230. [8] Schneider M. Op. cit., pag. 231. [9] Schneider M. Op. cit., pag. 234. [10] Schneider M. Op. cit., pag. 236. [11] Schneider M. Op. cit., pag. 240. * Schneider M. Op. cit., pag. 223. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Maggio Bonardi Giangiuseppe, Strumenti musicali e significati nella prospettiva di Marius Schneider Pubblicato il 20 maggio 2009 Durante l'osservazione musicoterapica sono affascinato dalle scelte che le persone manifestano quando iniziano, spontaneamente, a suonare alcuni strumenti musicali. Quando qualcuno ne preferisce almeno uno in particolare, io sono contento perché intravvedo, nello strumento musicale scelto, la funzione di mediatore del futuro processo relazionale. In musicoterapia, ho sempre considerato gli strumenti musicali come oggetti mediatori di relazioni acustiche, ma spesso mi chiedo perché mai una persona esegua una scelta così esclusiva. So di certo che i criteri di scelta degli strumenti da porre nell'ambito musicoterapico sono molteplici e ricoprono variegate prospettive teoriche ispiratrici che spaziano dagli approcci psicodinamici a quelli musicologici[1]. La mia perplessità rimane pressoché immutata poiché mi chiedo quale sia il criterio che spinga una persona a compiere una scelta precisa, indipendentemente dalla sua competenza culturale, evidentemente, ridotta. Il fatto sorprendente è che queste persone, volenti o nolenti, compiono una scelta non dettata da cornici teoriche di riferimento, ma da un proprio 'desiderio'. Perché una persona sceglie e suona uno strumento musicale, spesso, a lei ignoto? Sembra una domanda ovvia ma, di fatto, sottintende il personale desiderio di interrogarsi sul senso racchiuso in quella scelta. Così, tra le molteplici classificazioni organologiche esistenti, mi avvio a ricercare risposte al quesito, utilizzando, al meglio delle mie possibilità la proposta schneideriana. Potrà sembrare strano, ma, anche in questo contributo, non espongo la personale ipotesi interpretativa, offrendo al Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 46 lettore l'opportunità di progettarne una propria, mettendo in relazione analogica i suoni con gli strumenti musicali e, in un successivo momento, con i significati[2]. Nelle tavole sono quindi esposte, in forma sintetica, solamente le relazioni di analogia che, a parere di Marius Schneider[3], intercorrono tra i suoni e gli strumenti musicali. Fa, strumenti musicali: yu cinese, tamburo cornice circolare, ovale, a forma di pila, schraper (bordone di legno con intagli che si gratta con un bastone). Elementi misti fa-la: arco di terra, monocordi con 1 o 2 corde, vinā con 1 o 2 corde. Do, strumenti musicali: cembali metallici e doppi aventi forma di mezzaluna, corni a forma di S, flauto di Pan, kithara asimmetrica, trombe ricurve a forma di zanna dell’elefante, trombe fabbricate con le zanne d’elefante, trombe metalliche rettilinee, trombe a forma di S. Elementi misti do-si: eco, conchiglia marina dell’oceano, conchiglia marina, due flauti singoli legati con una corda, flauti di Pan doppi, flauto nasale, hochetus (dissociazione = due suoni separati; associazione = emissione simultanea dei suoni), litofoni a forma di squadra o di testa di cavallo, lur, sistro, tamburo di pietra (litofono). Sol, strumenti musicali: canto puro, campane per il culto divino, voce nasale, punto coronato, bordone, fischio, fischietti ornati di piume, metallofono (gong), roncador, tamburo a forma di clessidra, sillaba sacra vedica Hum, sonagli legati agli indumenti sacerdotali. Re, strumenti musicali: campane metalliche appese ad un telaio, tamburo conico maschile, tamburo parlante, tamburo rettangolare piccolo. Elementi misti re-fa: cetre, Ch’in (cetra cinese), kitahra a cinque corde, liuto prototipo del taus indiano chiamato magiury ossia pavone, vinā. Elementi misti re-si: aulos greco, oboe doppio con bordone e tre, quattro fori, flauto conico con tre, quattro fori, ossia il flauto che parla, linguaggi con toni musicali, flauto di Pan con tre, quattro o cinque canne. La, strumenti musicali: battere, sfregare con un bastone o con la mano; sonagliere fatte con zucche verdi a forma d’uovo; tamburo a forma di clessidra; <<tamburo donna>> a forma di uovo. Mi, strumenti musicali: battimani, tamburo a forma di cassa battuto con una mazza, tamburo a forma di grosso vaso, zampogna. Elementi misti mi-fa: Ch’in con sette corde, corni doppi, kithara con sette corde, lira a sei/sette corde, tamburi fabbricati con una corazza di tartaruga o con un grosso vaso. Elementi misti mi-sol: campanacci, campana gialla cinese, dischi metallici suonati con un martello, punto coronato strumentale, voce nel mi o voce di “vacca”. Si, strumenti musicali: flauto mistico femminile melanconico, cembali fissati su una forca e suonati da donne, nacchere da, tamburi a forma di clessidra con contorni simili al segno zodiacale dei pesci, tamburo a forma di coppa, sistro. Giangiuseppe Bonardi Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 47 [1] Manarolo G., (2007), Manuale di Musicoterapia, Cosmopolis, Torino, pag. 204-214. [2] Bonardi G., (2008), Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider, http://musicoterapie.over-blog.com/ Pubblicato, giovedì 6 novembre, nella categoria: Marius Schneider. [3] Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 217-240. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Repost 0 Bonardi Giangiuseppe, Simboli e significati nella prospettiva di Marius Schneider Pubblicato il 16 maggio 2009 Sovente, durante la quotidiana attività musicoterapica, sono attratto dalle strane forme ritmiche eseguite dalle persone con cui interloquisco. Talvolta mi capita di assistere all'espressione di moti circolari o filiformi eseguiti con le mani o i piedi. In altre circostanze, osservo perplesso la manifestazione delle reiterate esplorazioni auto-tattili del collo, della spalla, del ventre e anche delle zone erogene eseguite da persone assorbite in una sorta di autoascolto. Rimango meditabondo e affascinato quando un bimbo, giocando con gli strumenti musicali, 'crea' particolari forme coniche, rettangolari o trapezoidali, oppure trasforma gli strumenti in lance, spade, scudi o, ancora, li fa rotolare. Queste azioni, apparentemente strane e immotivate, quali significati racchiudono? Nella loro ritualità intravvedo la loro natura simbolica. Con questi gesti, le persone, creano, di fatto, dei simboli[1] poiché, con queste strane forme dinamiche e acustiche, esse 'celebrano' l'ossessiva ricerca di unione con il proprio sé. Questa personale interpretazione non mi soddisfa appieno perché intuisco che il significato profondo di quegli atti, tuttora, mi sfugge. Ancora una volta il senso deve essere ricercato, utilizzando il pensiero di Marius Schneider, scoprendo le relazioni di analogia che, secondo l'alsaziano, possono intercorre tra i simboli e i significati[2]. Nel presente contributo non è quindi offerta alcuna lettura interpretativa delle situazioni vissute dallo scrivente, dando al lettore l'opportunità di elaborarne una propria, sempre che ne abbia voglia. Per non appesantire la lettura, nelle immagini sono proposte le relazioni di analogia che intercorrono tra i suoni e i simboli. In un successivo momento il lettore potrà scoprire le analogie che intercorrono tra i simboli e i significati[3], inoltrandosi sempre più nella complessità della dimensione analogica. Fa, simboli: bastone, cerchio, pila, lago di sangue, ovale, piede, spada. Do, simboli: mandorla, ascia doppia, due linee parallele, coppia, porta, gola di montagna, scala, piano inclinato, albero bruciato, arco spirale S, biforcazione Y, collo, spalla. Sol, simboli: mons mensae, triangolo con vertice schiacciato, martello. Re, simboli: canna, cresta del pavone, forme coniche e rettangolari, lago di montagna, petto (cuore), piano inclinato, trapezio con base ampia, ruota, scudo. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 48 La, simboli: giara, pelle, ovale, ovale attraversato dall’asse fa/la, uovo. Mi, simboli: arco, corazza, giogo, martello, mazza, ombelico, pelle, trapezio, ventre. Si, simboli: bambù, organi genitali mistici, triangolo con vertice in basso. Giangiuseppe Bonardi [1] Simbolo, termine di origine greca: symballō, ossia << metto insieme >>, tratto da AA. VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano 1981, pag. 861. [2] Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 218-240. [3] Bonardi G., (2008), Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider, http://musicoterapie.over-blog.com/ Pubblicato, giovedì 6 novembre, nella categoria: Marius Schneider. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Repost 0 Bonardi Giangiuseppe, Numeri e significati nella prospettiva di Marius Schneider Pubblicato il 9 maggio 2009 Ogni giorno, interloquendo musicalmente con persone, fortemente compromesse a livello espressivo e relazionale, rimango affascinato dalla loro straordinaria capacità di eseguire, spontaneamente, 'frammenti' ritmici chiaramente rilevabili e perciò trascrivibili molto simili a questi Al termine di ogni incontro, caratterizzato ampiamente dall'esecuzione dialogica degli eventi presi in esame, spesso mi interrogo sul significato sotteso alle esperienze musicali vissute. Come mai queste persone sentono ora l'esigenza di esprimersi musicalmente in questi modi, sebbene abitualmente eseguano una quantità considerevole di suoni o rimangono in silenzio? Probabilmente, il tratto distintivo che differenzia il 'nuovo' musicale da quello usuale è l'organizzazione degli elementi che lo costituisce. Le esecuzioni musicali abituali sono caratterizzate, sostanzialmente, dalla ripetizione di suoni o dall'assenza degli stessi, mentre i nuovi 'frammenti' presentano una chiara, dinamica compresenza e articolazione di contrasti (lungo/corto o Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 49 forte/piano). La novità è quindi relativa alla diversa articolazione del materiale musicale; ma qual è il senso sotteso a queste manifestazioni acustiche? Personalmente ritengo che la musica[1] sia l'espressione acustica del sé e, in questa prospettiva, è verosimile ipotizzare che il 'nuovo' musicale sia la manifestazione di un iniziale, sebbene parziale, processo di integrazione dei contenuti del mondo interno del soggetto. L'ipotesi interpretativa chiarisce il senso generale del verosimile processo psichico elaborato dall'individuo, ma se queste persone eseguono inaspettatamente e in modo spontaneo, questi specifici 'frammenti', molto simili ai piedi metrici greci, che cosa vorranno comunicare? Una possibile chiave di lettura del difficile dilemma è offerta, ancora una volta, dall'applicazione del ragionamento per analogia, ponendo in relazione le cellule ritmiche con l'aspetto quantitativo che le caratterizzano. Così facendo scopriamo la sorprendente similitudine che intercorre tra i numeri e i ritmi, scoprendo altresì che i numeri in realtà possono essere pensati e vissuti come fenomeni essenzialmente dinamici perché racchiudono in sé 'un 'anima' ritmica. Non a caso Sant Agostino ha dedicato allo studio dei numeri, il celebre "De Musica[2]". Fatto ancor più interessante ai fini interpretativi, ponendo in relazione analogica i 'metri' con i numeri è possibile applicare il pensiero schneideriano che, a sua volta, pone in analogia i numeri con i suoni e i significati[3]. Il giuoco dei rimandi analogici può impressionare il lettore, ma aiuta a considerare questi materiali con la dovuta attenzione che meritano e, al contempo, sprona a ricercare i possibili significati che potrebbero, analogicamente, evocare. Le corrispondenze analogiche che intercorrono tra i numeri, i suoni e i significati, proposte nelle immagini, sono desunte dal libro di Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 218-240, mentre la corrispondenza analogica tra i diversi fenomeni (numeri, suoni e significati) presi in esame e le 'cellule ritmiche' evidenziate è un'elaborazione dello scrivente, ossia: fa, numeri (piedi ritmici), 1 ( e ), ( q); do, numeri (piedi ritmici), 2 ( e q ), ( q e), ( e e), ( q q); sol, numeri (piedi ritmici), 3 ( eee ), ( ee q), ( q ee), ( eq q), ( q eq); re, numeri (piedi ritmici), 4, 5 ( eeee ), (eee q), (e q e q), (q q ee q), (eeee q); la, numeri (piedi ritmici), 5 ( ee ee q) ( q q ee q), 6 ( ee ee ee), ( ee q ee q), ( eq eq eq); mi, Numeri (piedi ritmici), 7 ( ee ee ee q), ( ee q ee q q); si, numeri (piedi ritmici), 8 ( ee ee ee ee), ( ee q qq ee q ). Giangiuseppe Bonardi [1] Bonardi G. (2007), Dall'ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU), pag.18. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 50 [2] Bonardi G., (2008), Qual è il contributo del De Musica di Sant Agostino alla... musicoterapia, http://musicoterapie.over-blog.com/ Pubblicato, martedì 9 dicembre, nella categoria:I contributi della musicologia alla musicoterapia. [3] Bonardi G., (2008), Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider, http://musicoterapie.over-blog.com/ Pubblicato, giovedì 6 novembre, nella categoria: Marius Schneider. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Giugno Di Sabbato Daniela, Clelia 'suona'... le sue emozioni Pubblicato il 13 giugno 2009 Clelia[1] rimaneva immobile e, dopo un lungo silenzio, le dissi: << Forse non hai voglia? Forse non ti piace? Forse non ti piaccio?>>. Poco dopo emise una "eh" piuttosto prolungata e, in quel preciso istante, mise le mani sulla tastiera. Probabilmente si rese conto che, premendo i tasti, realizzava un suono e, fatto importante, quel suono era lei a produrlo. Iniziò a ridere a più non posso, così visibilmente divertita, premeva i tasti simultaneamente, a intervalli quasi regolari, eseguendo sempre le stesse altezze. Difficilmente avrei potuto inserirmi poiché aveva preso possesso di tutta la tastiera, ma il fatto importante era che finalmente Clelia si esprimeva 'musicalmente'. Rideva con gli occhi, i suoi muscoli erano distesi, mentre casualmente cambiava il timbro della tastiera, inserendo il vibrato, amplificando ulteriormente il suo serafico stato di piacere. Mentre Clelia suonava, ebbi l'impressione che osservasse le mie mani, anzi, il mio dito, allora le suonai do, re e lei, guardando il suo dito indice, lo avvicinò ai tasti, premendone uno, forse a caso, il fa. Suonò l'altezza fa per diverse volte, almeno cinque, con intervalli tali da permettermi di inserirmi e suonare il do. Avvicinando l'altra mano, suonava il si. Ero sempre io a proporre, mentre in cuor mio, volevo che fosse Clelia a iniziare il 'dialogo', allora, durante il successivo incontro, decisi di rimanere in attesa (silenzio). Dopo dieci interminabili minuti, Clelia mi guardò negli occhi, sorrise, sollevò la schiena e avvicinandosi appoggiò la sua testa sulla mia spalla, mentre io le facevo una carezza, che accettava. Iniziò a emettere dei suoni gutturali: << Cu, cu, cu; gh, gh gh... aaaa; mmm, mm >>, poi, con l'indice della mano destra, suonò, uno dopo l'altra, le altezze si, fa e, con la mano sinistra, eseguì il suono mi. Con l'avambraccio, Clelia eseguì un glissando e, ripetendolo alcune volte, sembrava che suscitasse un effetto liberatorio. Mi inserivo solo quando Clelia lo permetteva, eseguendo le stesse altezze o variandole. Ero incuriosita poiché Clelia, benché cambiassi la disposizione della tastiera, eseguiva nel registro grave sempre le stesse altezze: fa, si, mi. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 51 Fa, si, mi? Perché Clelia suonava solamente quelle altezze? Cosa celavano quei suoni? Questi interrogativi mi rimbalzavano in mente. Cercavo risposte, così utilizzando il pensiero schneideriano iniziai a ricercare alcune associazioni analogiche che potessero svelare il senso di quella precisa scelta musicale. Tra le innumerevoli associazioni di analogia, proposte da Marius Schneider[2], ne ho scelte alcune che mi sembravano maggiormente idonee a chiarire i possibili significati sottesi al musicale manifestato da Clelia, confrontandole con il doloroso stato psicofisico ed emotivo vissuto costantemente dalla ragazza: si→l'udito (orecchio)→gli organi genitali→la malinconia; fa →la vista (occhio) →il piede →la purificazione mistica →l'autorità, il coraggio e la forza; mi→il tatto (mano)→l'udito (orecchio)→la pelle →l'ombelico →il ventre→il sacrificio violento→l'offerta del sacrificio →il dolore→la vita vegetativa. Con mia sorpresa scoprii che l'esecuzione musicale di Clelia non era così casuale poiché lei comunicava musicalmente il suo dolore (mi), la costante che caratterizzava la sua esistenza, aggravata dalla presenza di un forte (fa) vissuto malinconico (si), probabilmente legato alla recente morte (fa-si) del padre. Con queste altezze e, con questa musica, mi sembrava che Clelia volesse esprimere le sue emozioni, le sue sensazioni, i suoi sentimenti, il suo malessere interno, ma anche l'accettazione del dato di realtà: l'assenza del padre. Reputando la mia interpretazione verosimile, decisi di proporre a Clelia altre altezze evocanti significati simbolici diversi volti all'accoglienza, alla rinascita, al linguaggio, all'accompagnamento, all'amore, ossia le altezze: do, re, sol, la. In particolare scelsi, per ogni altezza considerata, queste relazioni analogiche[3]: do→il collo e la spalla→vista e olfatto→resurrezione e ascensione, porta verso Dio, consapevolezza; re→il gusto (la lingua)→il petto, il cuore, il linguaggio; la→il tatto (mano)→l'udito→la pelle→i riti d'amore, l'affetto; sol→l'olfatto→il sapere Divino, ossia l'intuizione. In un certo senso mi sembrava di utilizzare i suoni come se formassero le altezze di un rāga "... chiamato a volte semplicemente un "modo" musicale, nel quale si esprimono insieme una ideologia e una disposizione determinata Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 52 di anima, che sono formulate mediante certi contorni melodici...[4]". Ho creduto che, utilizzando questi suoni, Clelia avrebbe potuto sentirsi compresa e, contemporaneamente, sollecitata ad esprimersi, relazionando musicalmente con me. Con... tatti emotivi Durante questi successivi incontri ho avuto l'impressione che qualcosa stesse pian piano cambiando non solo in Clelia ma anche in me stessa. Non ebbi più paura, mi sentii più rilassata, più disponibile ed attenta ad accogliere le sue esigenze e le sue modalità di espressione. Clelia accettava anche il contatto fisico poiché, quando le accarezzavo le mani, sorrideva, rilassava i muscoli e mi guardava negli occhi. Percepivo che la 'nostra' relazione sonora assumeva sempre più la dimensione del dialogo: uno scambio verbale... senza parole. Le musiche che le facevo ascoltare avevano delle piccole variazioni ritmiche e di intensità che creavano poi un andamento melodico, stimolandola e facilitando la sua espressione, favorendo quindi un'importante 'apertura' al mondo esterno (il nucleo familiare). La melodia improvvisata, che ho composto per lei, la faceva stare bene e subito dopo averla ascoltata iniziava a suonare. Mi sono resa conto che, probabilmente, non solo le piaceva ma riusciva ad aiutarla ad esternare ciò che aveva dentro perché si sentiva compresa, accolta, amata. Mi sembrava che la musica le passasse nel corpo poiché modificava l'atteggiamento posturale giacché Clelia riusciva a muovere in modo alternato i piedi. Qualche volta mentre le suonavo la "nostra" melodia appoggiava il suo indice vicino al mio, suonando: la, re, sol. Clelia esprimeva il suo disagio emotivo non solo musicalmente, ma rimanendo in silenzio, ignorando la mia presenza e la tastiera, guardando un punto della stanza. Cercavo di capire ciò che esprimeva con il suo corpo, sforzandomi di raccogliere le sue richieste, i suoi desideri, esprimendole, al meglio delle mie capacità, la mia accoglienza. Rispettavo quindi i suoi lunghi silenzi carichi di emozioni. Avevo il presentimento che stesse ricordando, con estrema nostalgia, qualcosa o qualcuno a lei caro. Clelia alternava quindi stati emotivi di dolore con altri di piacere e, in un momento di benessere, eseguì, prima in modo confuso, suonando simultaneamente più note, poi con molta calma e precisione, il suono sol, soffermandosi per molto tempo, inserendo brevi pause. Rimasi in ascolto perché mi sembrava di "romper" qualcosa, ossia di bloccare la scoperta di Clelia che, finalmente, intuiva (sol) la mia presenza, ponendosi in una dimensione maggiormente relazionale sonoro-musicale. Negli incontri successivi, Clelia era calma, sorridente e disponibile ad accogliere le mie proposte musicali, osservandomi con attenzione, mentre suonavamo le altezze: do, re, la, sebbene il mi facesse ancora capolino. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 53 Il regalo del nonno Il ventesimo incontro fu determinante poiché compresi, con stupore, che il lavoro che stavo facendo era stato riconosciuto anche dai familiari. Ebbi la chiara percezione, che stavo donando a Clelia un 'mezzo' per comunicare le sue emozioni, i suoi sentimenti, i suoi stati d'animo. Prima di iniziare la seduta ho conosciuto il nonno con il quale ho parlato per pochi minuti. Quei dieci minuti influenzarono sicuramente il mio stato d'animo in modo positivo, anche se rimasi perplessa perché mi si accavallarono nella mente mille domande. Quel signore dai capelli bianchi, tenendomi le mani con un'espressione dolce ma triste, mi volle ringraziare. Inizialmente non riuscivo a capire, poi mi disse che da quando ero presente nella vita di sua nipote, secondo lui, era avvenuto un grande cambiamento: Clelia, per la prima volta in ventisette anni, iniziò a guardarlo negli occhi, sorridendo. Non lo aveva mai fatto. Era talmente emozionato che quasi non riusciva a parlare e, con fatica, comunicò la sua preoccupazione, la sua ansia... il suo non capire. Lo rassicurai dicendogli che, a parer mio, Clelia era una persona 'speciale' da accogliere, cercando di ascoltare ciò che comunicava. Sicuramente, per il nonno, non è stato facile accettare l'handicap della nipote, considerando il fatto che difficilmente ci si pone in maniera 'aperta' verso questa problematica e che non c'è nessuna persona in grado di far comprendere che questa dolorosa realtà può svelare anche, insospettabili, luci. Quando rimasi sola con Clelia, ero un po' pensierosa ma lei, con fatica, si avvicinò e cercò di accarezzarmi. Aveva un'espressione stupenda negli occhi, non saprei descriverla ma in quel momento ho percepito nettamente, anche sulla pelle, che lei aveva compreso tutto. Che cosa stava accadendo? Le emozioni provate con il nonno e con Clelia mi hanno nuovamente sollecitata a rielaborare quanto stavo realizzando, valutando, in particolare, se il processo musicoterapico realizzato potesse dare dei risultati volti al raggiungimento dell'obiettivo prefissato. Inizialmente mi è sembrato che gli interventi sonoro-musicali abbiano favorito l'espressione di contenuti affettivi ed emozionali di Clelia. Ci sono stati dei momenti di regressione che forse l'hanno portata in un mondo e in situazioni che apparentemente sembravano sopite, legate al mondo familiare che era ampiamente caratterizzato dalla significativa presenza del padre. Chiesi alla madre se vi fosse stato qualche Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 54 episodio che la facesse pensare al padre. La madre disse che, pronunciando il nome del papà, Clelia diventava cupa, triste e orientava lo sguardo in un punto fisso della stanza. Clelia quindi esprimeva le sue emozioni e, con me, 'suonava' il suo dolore emotivo, cercando di accettarlo. Proponendole suoni e musiche, aventi per me significato simbolico opposto al dolore, mi sembrava che l'intervento musicoterapico aiutasse Clelia a integrare gli affetti dolorosi (le emozioni) provati, condividendoli con me, accogliendo maggiormente la presenza dei familiari e degli operatori del centro in cui era inserita. L'educatrice del centro frequentato da Clelia mi comunicò che la ragazza sembrava essere più presente e partecipe alla vita di gruppo. Quando si porgevano alcune richieste, Clelia rideva e, spesso, sorrideva agli altri ragazzi iniziando a far sentire la sua 'voce'. Il 'nuovo' atteggiamento di Clelia è stato notato dagli altri ragazzi che si avvicinavano e le parlavano molto più di prima. Tristezza e... gioia Durante gli ultimi incontri gli occhi di Clelia esprimevano tristezza e, in un certo senso, mi raccontavano la sua storia ma, quando le proponevo la tastiera, visibilmente eccitata emetteva dei suoni gutturali ridendo e dondolandosi. Spesso suonava le altezze sol, la, re e avevo l'impressione che il coordinamento delle mani e delle braccia fosse ora più fluido. Clelia suonava una sequenza di tre note, mettendo il pollice sempre lontano dai tasti, sotto lo strumento. Le piaceva giocare, fingendo di suonare la tastiera rideva fragorosamente, richiamando anche l'attenzione della mamma al punto che, un giorno, entrò nella stanza perché, stupita, non l'aveva mai sentita ridere in quel modo. È stato veramente uno dei momenti più belli: eravamo in perfetta sintonia. In alcuni momenti ebbi l'impressione che non volesse il mio intervento perché copriva la tastiera con entrambe gli avambracci in modo tale da non darmi la possibilità di inserirmi. Siccome lo faceva sorridendo ho pensato che mi stesse chiedendo di essere ascoltata. Assecondavo la sua richiesta. Imparai a rispettare i suoi tempi, a cercare di capire le sue esigenze, le sue richieste e soprattutto a rispettare i suoi silenzi comunque carichi di emozioni (di entrambe) e di sguardi. Commiato Era ormai giunto il termine del nostro 'viaggio', io ero triste mentre Clelia era sorridente. Per quell'occasione particolare, la mamma mi chiese il permesso di assistere all'incontro senza essere vista dalla figlia. Mentre noi suonavamo, la signora si commosse nel vedere 'la sua bambina' che interagiva con me, pigiando, con le mani, i tasti. Diversamente dal solito, il nostro incontro è stato pressoché privo di interruzioni e di lunghi silenzi. Ricordo che le ultime altezze suonate da Clelia sono state il re (linguaggio) e il la (amore) che ha ripetuto a intervalli regolari per molte volte. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 55 L'ho lasciata sorridente, con gli occhi luminosi, promettendole di andarla a trovare per stare ancora un po' insieme. Daniela Di Sabbato [email protected] [1] Nome di fantasia, in ottemperanza della legge della privacy, evocante una persona affetta da tetraparesi spastica. [2] Schneider M. (1946), " Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 217-240. [3] Schneider M., Op. Cit., pag. 217-240. [4] Schneider M., Op. Cit., pag. 37. Con tag Musicoterapia e cerebropatia, Di Sabbato Daniela, Il senso del musicale in musicoterapia Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, La 'musica' di Danilo* Pubblicato il 12 giugno 2009 Comodamente seduto sulla sedia posta di fronte allo xilofono basso, Danilo eseguiva la sua 'musica'. Io ero di fronte a lui, anch'io seduto sulla sedia, con lo sguardo meditabondo, lo ascoltavo, cercando di accogliere ciò che eseguiva. Con il capo chino e lo sguardo fisso sullo strumento, Danilo lo percuoteva con estrema forza, usando i battenti come fossero mazze o martelli. Ben presto quei ticchettii melodici si trasformarono in crepitanti e assordanti suoni che mi perforavano i timpani. Finalmente Danilo si fermò, ma solo per un istante, giusto il tempo per volgere lo sguardo verso il timpano, che si trovava alla sua destra e, gioiosamente, iniziò a percuoterlo, facendo vibrare qualsiasi cosa fosse presente nella stanza, me compreso. L'esecuzione musicale sembrava terminata, ma ancora una volta, l'attenzione di Danilo era catturata dal glockenspiel. Inaspettatamente l'intensità si placò e Danilo, con estrema delicatezza, suonava ogni piastra, prestando un'attenzione meticolosa affinché non dimenticasse nessuna nota. La melodia scalare era spesso interrotta e ripetuta da capo. Finalmente eravamo giunti al termine dell'esecuzione ed io speravo che Danilo alzasse lo sguardo, incrociando eventualmente il mio, dandomi un segno che anch'io esistessi. Con mio estremo rammarico Danilo riprese la sua esecuzione musicale, mentre io cercavo, con garbo, di entrare musicalmente in contatto con lui, ma ogni mio tentativo fu vano. Tutto il tempo del 'nostro' incontro fu scandito dalla musica di Danilo; io ero lì, ma vivevo la spiacevole sensazione di essere alla presenza di un'invisibile barriera di suoni che impediva, di fatto, qualsiasi contatto. Al termine dell'incontro ripensavo a ciò che avevo vissuto; ai sentimenti provati Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 56 che, paradossalmente, assumevano la dimensione del contrasto. Ero appagato e soddisfatto perché Danilo poteva finalmente esprimersi liberamente, ma, al contempo, ero stordito dall'intensità dei suoni percepiti e un senso di esclusione e d'impotenza mi pervadeva poiché non ero riuscito a penetrare la barriera dei suoni che Danilo creava con estrema cura. Ormai la musica di Danilo assumeva sempre più l'aspetto di un'eco, ossia di un ricordo, non sbiadito ma vivido. Ripresomi dai vissuti provati, ora riflettevo sulla musica di Danilo che tracciava acusticamente il suo tempo interno. Sostanzialmente, per tutto il tempo della seduta, Danilo eseguiva un'identica successione di timbri strumentali: xilofono basso, timpano, glockenspiel... L'intensità di esecuzione era fortissima, quando suonava lo xilofono e il timpano, mentre diventava maggiormente delicata, quando percuoteva il glockenspiel. Lo sguardo di Danilo era concentrato esclusivamente sugli strumenti musicali e, per questa ragione, probabilmente ascoltava, di fatto, se stesso. Che cosa ascoltava Danilo con tanta attenzione? La musica di Danilo era quindi ripetitiva, a tratti ossessiva, chiusa in una spirale senza fine. Che cosa esprimeva Danilo percuotendo lo xilofono basso e il timpano, utilizzando i battenti come fossero delle mazze? Perché Danilo, diminuiva l'intensità d'esecuzione quando percuoteva il glockenspiel, utilizzando i battenti con inaspettata dolcezza? Quali emozioni esprimeva Danilo eseguendo la sua musica? Ascoltando la musica di Danilo percepivo la sua rabbia e la sua delicatezza: un contrasto emotivo incessante che, probabilmente, lo ossessionava. Sapendo bene che Danilo non si esprimeva verbalmente, come potevo verificare la veridicità della mia ipotesi interpretativa? Non mi rimaneva che arrendermi al dato di realtà, accontentandomi della mia modesta chiave di lettura? Non ero soddisfatto e, in ragione di ciò, indagai ulteriormente il musicale di Danilo, utilizzando il pensiero schneideriano, concentrandomi, in particolare sull'aspetto timbrico. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 57 Ripensavo alla forma degli strumenti musicali suonati da Danilo e notavo che lo xilofono basso e il glockenspiel, visti dall'alto, avevano un profilo trapezoidale, mentre le piastre sembravano costituire i pioli di una scala. Il timpano, dall'inequivocabile aspetto cilindrico, era simile al tamburo pentola. Ricordavo perfettamente che Danilo utilizzava i battenti ora come mazze, ora come bacchette. Dall'analisi iniziale, evidenziavo alcuni elementi: trapezio; scala; tamburo pentola; mazza; bacchetta (bastone). Le parole chiave ottenute potevano 'aprire' nuovi percorsi di senso... opinabili e, ovviamente, perfettibili. Il simbolo del trapezio e della mazza[1], per Schneider, è analogo al suono 'mi', ossia alla dimensione del dolore e del sacrificio. La scala[2] ha una relazione d'analogia con il suono 'do', ossia con la dimensione del dualismo. Il tamburo pentola[3] e la bacchetta ("...battere o sfregare con un bastone o con la mano...[4]" ) sono analogamente imparentate con il suono 'la' ossia, con la dimensione degli affetti e del piacere. Probabilmente la musica di Danilo esprimeva quindi il suo dolore (xilofono basso - trapezio - mazza) che cozzava con il probabile vissuto di piacere (timpano - tamburo pentola - affetto piacere) vivendo un contrasto stridente (scala - dualismo) che proseguiva, attenuandosi un poco, quando il ragazzo suonava il glockenspiel (trapezio dolore), percuotendolo delicatamente (bacchetta), per poi riprendere... inesorabilmente da capo. Forse, Danilo suonava la sua richiesta, cercando ossessivamente, una risposta al dolore causato dal contrasto emotivo che lo dilaniava? Quale dolore opprimeva Danilo? La risposta a questo interrogativo avvenne dopo innumerevoli sedute, quando il ragazzo gridò il significato del suo dolore, disarticolando le piastre dello xilofono basso, dicendo disperatamente: "Rotto... tutto... rotto". Probabilmente Danilo gridava il suo dolore, ossia di rompere ogni cosa che toccava e, contemporaneamente, di percepire la spiacevole sensazione di essere, al contempo, rotto. Era quindi lì il senso della sua dolorosa angoscia, così magistralmente decantata, ed io finalmente non ero più sordo e ascoltavo quella musica, cercando, in tutti i modi di ricomporre le rotture, rimettendo a posto simbolicamente le piastre dello xilofono basso e gli altri strumenti musicali. Sì, perché è bene lenire il dolore piuttosto che alimentarlo. Così, nei successivi incontri cambiammo gli strumenti e la loro disposizione; mutò l'intensità espressiva di Danilo e il contrasto emotivo pareva maggiormente integrato. Finalmente Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 58 anch'io potevo ripetere qualche sequenza timbrica, molto diversa da quella iniziale, e, per il momento ero soddisfatto. Giangiuseppe Bonardi [email protected] *Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy, evocante una persona Down con psicosi di innesto. [1] Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 236. [2] Schneider M., (1946), Op. cit., pag. 219. [3] Schneider M., (1946), Op. cit., pag.. 234. [4] Schneider M., (1946), Op. cit., pag. 235. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 59 Luglio Bonardi Giangiuseppe, Io suono con... gli altri Pubblicato il 31 luglio 2009 da http//musicoterapie.over-blog.com/ Giangiuseppe Bonardi Con tag Schede di rilevazione Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Bonardi Giangiuseppe, Io suono con... l'altro Pubblicato il 28 luglio 2009 da http//musicoterapie.over-blog.com/ 60 Giangiuseppe Bonardi Con tag Schede di rilevazione Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Bonardi Giangiuseppe, Io osservo... Pubblicato il 22 luglio 2009 da http//musicoterapie.over-blog.com/ 61 Bonardi Giangiuseppe Con tag Schede di rilevazione Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Bonardi Giangiuseppe, Dimensioni sonoro-musicali a confronto Pubblicato il 18 luglio 2009 da http//musicoterapie.over-blog.com/ 62 Bonardi Giangiuseppe Con tag Schede di rilevazione Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 63 Cavallini Daria, Gli adolescenti e la musica Pubblicato il 14 luglio 2009 In ogni cultura, in ogni società, in ogni epoca la musica è stata considerata detentrice di un potere specifico sull'anima, sui sentimenti e sulla coscienza degli individui; un potere di cui ciascuno di noi può fare esperienza diretta nella quotidianità, quando l'ascolto casuale di una strofa di una canzone amata o le note di una sonata classica o l'assolo di un pianista jazz giungono a risvegliare memorie credute perse. Ecco allora che precipitiamo all'improvviso - e volentieri - sotto il dominio di un'emozione pura e senza nome, eppure così familiare. Sembrerebbe dunque un'esperienza squisitamente personale, pur se condivisa da milioni di nostri simili e sembrerebbe, altresì, che con il cambiare della musica non cambi il risultato (allora, in questo campo, Bach "vale" come Laura Pausini?). Si sarebbe tentati quindi, di pensare la musica come una potenza che sfugge alle gerarchie e alle generalizzazioni, un dominio indifferenziato, caotico, forse banale, ma è prudente sottovalutare un potere tanto universale da venire spesso identificato come una delle impronte fondamentali della stessa natura umana? Non dimentichiamo che la musica comporta la possibilità di alterare e di modificare gli stati di coscienza dell'uomo, come avviene ad esempio nella danza sacra dei Dervisci o come avveniva nei riti di guarigione delle "tarantolate" dell'Italia meridionale. Il suono governa la mente degli uomini e "poteri divini" sembrerebbero derivare da questa forma di espressione così diffusa in tutte le culture, capace di suscitare emozioni profonde, di commuovere, di deprimere, di eccitare persino di guarire come quando lo sciamano africano rianima il giovane spossato percuotendo il suo piccolo tamburo con un ritmo progressivamente identico a quello del cuore riconducendolo pian piano al suo battito naturale. Suggestione? Forse, ma soprattutto questione di ritmo, proprio come per il batterista che in concerto azzecca l'assolo che strappa l'applauso. Se il suono musicale, integrato in quel sistema di rappresentazioni che gli conferisce il suo specifico potere, ci sorprende per come riesce ad intervenire in modo tanto diretto sullo stato di coscienza degli individui, a maggior ragione ci impressiona la sua capacità di arrivare a condizionare collettivamente i comportamenti di quegli stessi individui. Il potere della musica non è forse mai stato pienamente dimostrabile attraverso criteri scientifici, ma è sempre stato descrivibile, infatti intere comunità appartenenti alle tradizioni e alle culture più diverse non soltanto lo hanno descritto e accettato come fatto acquisito, ma si sono impegnate collettivamente - con i loro riti, con le loro danze, con i loro canti, con i loro corpi, con i loro strumenti -a celebrare testardamente l'evidenza di tale potere. In fondo si potrebbe concludere affermando che, per tutti noi, sembra valere la celebre osservazione di F. Nietzsche: "Senza la musica, la vita sarebbe un errore".[1] Emozioni e musica Fin dall'antichità si è sempre riflettuto sul comportamento emozionale dell'uomo e su come quest'ultimo ne abbia influenzato il percorso Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 64 maturativo. A seconda del periodo storico o del contesto sociale di vita le emozioni hanno avuto: accezioni negative, come nel periodo in cui visse Cartesio che operò una distinzione netta tra mente e corpo, ragione ed emozione, per proseguire con l'Illuminismo dove il 'lume' era posto in primo piano a discapito di ogni manifestazione emotiva; accezioni positive come nel periodo romantico ('800) dove le stesse emozioni, soprattutto in campo artistico, letterario e scientifico, ebbero ruoli da protagonista; valgono per tutti gli studi di Darwin che fu il primo ad indicarle come funzioni importanti per la sopravvivenza[2] e la musica di Chopin dove l'espressione poetica si fonde con il virtuosismo esecutivo. Questo dualismo, da sempre compagno dell'essere umano nel viaggio del progresso, è arrivato oggi a dare due connotazioni diverse alla risposta emozionale: da una parte viene considerata come una "interferenza" rispetto alle sequenze comportamentali, organizzate secondo piani finalizzati; dall'altra è vista come un meccanismo essenzialmente adattivo e motivazionale, attivato da specifici stimoli dell'ambiente, che permettono all'uomo di affrontarlo.[3]Il sistema emozionale, pertanto, che si costituisce attraverso componenti - cognitive, fisiologiche, motorie, soggettive - tra loro interdipendenti, diventa un importante fattore di maturazione del sé e di comunicazione intra ed inter soggettiva, anche se condizionata, nel suo manifestarsi o regolarsi, dall'ambiente sociale e culturale in cui si esprime. In questo contesto la musica si inserisce come fattore favorente l'espressione delle emozioni: chi non ha mai sperimentato l'effetto rilassante, inebriante in una parola catartico- di un brano musicale? E ancora: chi di noi non si è socialmente riconosciuto, soprattutto in adolescenza, in pezzi che ci facevano sentire parte di un gruppo? Risposta ovvia, ma - forse - non proprio scontata: Tutti! Capita infatti che a volte basti una canzone a dare un senso ad un giorno qualunque; e ciò succede quando riusciamo a lasciarci andare alla musica che, seppure costruita con strutture ben definite secondo regole precise, con la sua armonia di suoni allenta le nostre difese aprendoci il cuore a significati più profondi e più vivi. Proprio in questi momenti le emozioni parlano raccontando qualcosa di noi a noi e agli altri, laddove la paura o il dolore non impediscano questo contatto, ed ecco allora che la musica, opportunamente utilizzata, può permettere all'individuo di ritrovare quelle dissonanze percepite, ma spesso non riconosciute, trasformandole in quell'amore per sé che ci permette di diventare ciò che si è dando vita a quelle che potremmo definire 'relazioni autentiche'. Musica e disagio giovanile: un possibile intervento? Secondo il dizionario della lingua italiana per "disagio" si intende: "Condizione o situazione sgradevole per motivi morali, economici, di salute ". Quante volte lo si è sperimentato? Ma, quante volte lo si è riconosciuto? Attualmente questo termine è prevalentemente utilizzato in riferimento ai giovani, in particolare all'adolescenza, passaggio difficile cui nessuno sfugge. Si è sempre posta l'attenzione, dal punto di vista psicologico Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 65 al bambino e all'adulto e solo da qualche anno si sta dando la giusta considerazione a questa fase. Spesso gli adulti osservando i ragazzi li criticano, ne fanno oggetto di studio ma, quanto li " comprendono "(dal latino cum prendere = prendere con sé)? Quanto si è in grado di ri-attivare quelle stesse sensazioni che, anche se in epoca diversa, ci hanno attraversato facendoci vedere gli adulti come altro da sé, come qualcuno cui non si doveva somigliare, ma di cui, paradossalmente, si aveva bisogno in quel difficile passaggio della crescita? Quanti uomini maturi di oggi che hanno fatto lotte, rivoluzioni - a partire dal 1968 - contro le istituzioni e la morale di allora, sono diventati ancor più materialisti in nome di una società dell'apparire, a discapito di una società dell'essere tanto inneggiata? I giovani sono figli di quegli uomini e chi trascorre con loro diverse ore nell'arco di una giornata non può non accorgersi della loro solitudine, del loro non essere ascoltati ma come burattini, di bello adornati, sono circondati da modelli il cui "credo" sono l'apparire e la competitività a discapito del... "vero"! Il contatto con loro ha ri-attivato, in me, il disagio, le antiche sicurezze nella lotta per coprire le insicurezze della persona e allora mi scopro a guardarli con tenerezza, con amore, con rabbia e con tanta voglia di ascoltarli, di cercare di comprendere le loro emozioni, di meritarne la fiducia, di offrire loro la possibilità di imparare a regolare le proprie emozioni, processo di per sé non proprio scontato e purtroppo a volte carente soprattutto nelle figure di riferimento. Il giovane è per eccellenza l'essere dai comportamenti immediati, non ha vie di mezzo o è tutto istinto o tutta razionalità (apparente) dove le emozioni sono considerate debolezza. Varie sono le tipologie di gruppi in cui si identificano per "sentirsi": quelli inneggianti il "Che" e il comunismo con abbigliamento e generi musicali caratterizzati da brani di musica popolare tipo " Bandiera rossa " e di tendenza prodotta da gruppi come i " City Raimbols", "Banda Bardot" e "99 Posse", quelli pro Bob Marley e marijuana, quelli pro abiti firmati (qui a Pescara definiti anche "Truzzi") e house ecc., ma tutti, tutti loro hanno, al di là della maschera indossata, una gran paura di crescere, di prendere la responsabilità di se stessi, di capire cosa vogliono fare e di imparare a ri-conoscere cosa si muove nel loro animo. A questo punto sorge spontanea la domanda: "Come i ragazzi possono percorrere un cammino di maturazione e di ricerca armonica quando il mondo adulto, quello che dovrebbe essere di riferimento - fortunatamente non tutto - è una manifestazione di incoerenza o per dirla musicalmente di dissonanza tra quello che dice e quello che fa?" Dopo 20 anni nella danza e 15 nella scuola superiore (dove opero come insegnante di sostegno) a contatto diretto con loro - e non dietro la cattedra - ho visto il cambiamento che è avvenuto nella popolazione giovanile e ho raccolto la loro denuncia: l'adulto, figura di per sé demonizzata in quanto tale, ha perso quelle caratteristiche di riferimento e coerenza che in passato rappresentava cioè un modello cui opporsi o da seguire, ma comunque un modello che, nella sua essenza, era fondamentale per la maturazione di quel sé caratteristico di ogni essere umano. Rimane comunque mia profonda convinzione che esista la possibilità di un dialogo in cui entrambi si possano incontrare su un terreno comune, imparando ad arricchirsi in una relazione biunivoca. Come insegnante mi sono più volte Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 66 chiesta quale potesse essere un comune denominatore e l'ho scoperto nella danza e nella musica chiedendo ai ragazzi cosa amassero e cosa li accomunasse. Quante risposte diverse, una presente in tutti: il bisogno di riconoscersi come persone in quanto facenti parte di un gruppo e la difficoltà a ri-conoscersi in sé come individuo. Mi hanno raccontato dei râve, di questi incontri in cui sanno di andare insieme, di essere insieme anche quando, sotto l'effetto di sostanze insieme non sono più, ma liberi di agire seguendo l'istinto, consapevoli che nessuno ricorderà cosa ha fatto o cosa ha fatto l'altro quindi scevri da ogni forma di giudizio. Mi hanno raccontato del piacere dell'immergersi in un mondo personale con gli mp3, isolandosi da tutti, ma fisicamente rimanendo con tutti... mi hanno raccontato le emozioni, le speranze, i timori che hanno ma che mai rivelerebbero al compagno per paura di essere "colpiti", di essere traditi! Dalle loro parole emerge la solitudine, la fragilità e l'estremo bisogno di essere compresi, di poter essere se stessi nella ricerca del proprio sé; ed ecco allora che, forse, la mia musica e la loro musica possono dialogare, cercando di creare quella strada che permetta ad entrambi di divenire sempre più protagonisti coraggiosi della propria esistenza e imparando ad accogliere se stessi e l'altro in una relazione in cui la fiducia e il rispetto rappresentino gli elementi essenziali. E sulla base di quanto sopra la musicoterapia si inserisce come possibile mezzo di intervento al fine di offrire ai giovani la possibilità di conoscere e comprendere qualcosa in più di se stessi. Non si pretende di cambiare la realtà attuale, ma si cerca di agire in luogo o in parallelo del solo sterile discutere o puntare il dito rimanendo però dietro la barricata o - per richiamare la letteratura - fare come Verga che tanto scrisse della sua terra, del meridione e della povera gente, ma da ricco e benestante! Facile descrivere quando non si è seduti a terra, allora avendo la sedia cerchiamo almeno di tendere una mano! Daria Cavallini [email protected] [1] F.Nietzsche - Il crepuscolo degli idoli, Adelphi [2] A. Damasio "L'errore di Cartesio" - Adelphi -1995 [3] Ricci Bitti "Musica fuori di sé" - PCC - 1996 Con tag Musicoterapia e adolescenza, Cavallini Daria Condividi post inCondividi1 Repost 0 0 commento Cavallini Daria, A come... adolescenza Pubblicato il 9 luglio 2009 L'adolescenza (14-18 anni), ha sempre rappresentato il più assillante e sconcertante problema sia sul piano scientifico che su quello della realtà umana. Essa infatti è una fase della realtà del tutto particolare e la crisi di maturazione che presenta appartiene a tutte le culture, pur avendo in comune le caratteristiche di transitorietà e temporaneità. L'adolescenza è caratterizzata, secondo Lutte[1], "dall'aumento dei conflitti dell'individuo Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 67 con sé stesso e con gli altri e da un aumento dei potenziali fisici, intellettivi ed emotivi". Nell'attuale società, piena di contraddizioni e in crisi di crescita, la problematica adolescenziale oggi è particolarmente accentuata. L'adolescenza è il punto d'arrivo, secondo alcuni autori (D.Marcelli 1996, A. Polmonari, F. Carugati, P.Ricci Bitti, G. Sarchielli 1979), di tre fondamentali mutamenti che rappresentano altrettante conquiste, riguardanti rispettivamente la maturazione somatica, il diverso rapporto psico-affettivo con i genitori e l'acquisizione del ruolo di "adulto". Per quanto concerne la prima di dette conquiste si può dire che al corpo infantile subentra un corpo adolescenziale con aumento dell'armonia delle proporzioni corporee, diminuzione della "goffaggine" ed aumento della forza fisica. Il rapporto con i genitori dall'infanzia (seconda conquista) cede man mano il posto ad un incontro che va diventando sempre più maturo. Alla perdita del ruolo infantile, il ragazzo conquista un ruolo che si avvicina a quello dell'adulto. È questo l'aspetto psicologico più difficile dell'adolescente perché, mentre egli cerca in definitiva l'incontro, i genitori e la società tutta non sono in grado, per la forte insicurezza insita in loro, di rispondere adeguatamente e di infondere sicurezza, onde l'incontro si risolve in un aumento del senso di insicurezza e sfiducia nei riguardi della società. L'adolescente sente, pur non avendone tutte le possibilità, di dover fare da solo, il che può essere fortemente pericoloso in quanto porta ad una supervalutazione di sé stessi e delle proprie capacità e ad agire di conseguenza quasi come sotto l'effetto di una "droga psicologica". Teso, inoltre, alla conquista dell'affermazione del proprio Io e non trovando valide identificazioni con i genitori le cerca nel gruppo. In effetti i rapporti con i genitori sono ambivalenti: la rivalità con essi alimenta atteggiamenti di critica e di distacco dalla famiglia, ma contemporaneamente è viva nel giovane l'esigenza di trovare sicurezza attraverso un'identificazione positiva. Altra caratteristica tipica di quest'età che si esprime spesso in maniera eclatante e che ancora così frequentemente spaventa, è l'opposizione emotiva e anche razionale che l'adolescente manifesta nei riguardi del mondo degli adulti. Dalla consapevolezza dell'accrescersi in lui di energie di ogni natura, fisiche e psichiche, nasce la tendenza all'autonomia da cui prende le mosse la caratteristica opposizione che, preparata da quella già iniziata in fase pre-adolescenziale, è ora vissuta in maniera tanto più drammatica quanto più l'adolescente ritiene di essere fortemente minacciato. A questa situazione l'adolescente può rispondere con atteggiamenti difensivi che possono concretizzarsi con uno stato di "malattia" e con l'insorgenza di turbe del carattere o con vere e proprie fughe, oppure con atteggiamenti "negativistici": comparsa di anoressia mentale (specie nelle ragazze), apatia, mancanza di interessi, melanconia fino alla perdita dell'istinto vitale, che in rari casi può sfociare nel suicidio. Non solo i genitori, ma anche la scuola e la società non vengono incontro alle esigenze dei ragazzi di questa età, alimentando con i loro atteggiamenti controproducenti lo stato oppositorio. Se guardiamo ad esempio alla scuola vediamo che, malgrado i progressi fatti, essa tuttora non aiuta ad assumere certe responsabilità, ancora non formula del tutto i suoi programmi in rapporto alle esigenze psico-sociali dell'adolescente e al suo sviluppo intellettivo, per cui non porta a capire le Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 68 cose con la dovuta gradualità. Infatti nella scuola primaria si raccontano i "fatterelli", nella secondaria di I grado i fatti sono arricchiti da tante e tante nozioni (date, altezze, nomi, ecc.), nel liceo, infine, improvvisamente si vogliono sapere i "perché". L'adolescente si sforza, acquista questa forma mentis, ma poi la usa non solo per rispondere all'interrogazione scolastica, ma per tutto ciò che lo circonda: la famiglia, l'autorità, la religione. Infine, nell'atteggiamento della società di fronte all'inserimento del giovane c'è sempre una situazione di rifiuto e permangono notevoli pregiudizi, a volte indubbiamente sostenuti da quegli atteggiamenti di aggressività e di opposizione dei giovani verso la società costituita. Ed ecco la reazione anche violenta che chiude e sostiene il "giro vizioso" e la svalutazione di chi rappresenta molto male "l'autorità": i genitori in primo luogo, gli insegnanti, lo Stato. Da queste basilari premesse parte la necessità per l'adolescente e il giovane di riunirsi in gruppi spontanei e di far parte di associazioni che si fanno portatori di valori sentiti dall'adolescente e che, anche se strumentalizzano, leniscono il suo stato d'insicurezza che il comportamento degli adulti e del resto della società esaspera. Le esperienze di gruppo, non sempre positive specie per la superficialità e l'instabilità delle identificazioni secondarie, che agiscono più a livello di "suggestione" che a livello profondo, possono tuttavia offrire all'adolescente l'opportunità di apprendimento e maturazione psicologica. Se infatti egli riesce a stabilire un ruolo che lo soddisfa profondamente nel gruppo dei coetanei, egli getta le basi del suo ruolo successivo nel mondo sociale degli adulti. Dal punto di visto intellettivo, dopo i quindici anni l'individuo dispone ormai dell'intelligenza formale e astratta. In tal modo è capace di subordinare il reale al possibile ("conta il risultato ottenuto, ma anche altri se ne sarebbero potuti ottenere") e di scoprire operazioni combinatorie, vale a dire: vengono cioè considerate in forma sistematica tutte le combinazioni possibili fra un insieme di dati e le operazioni, in modo da raggiungere gradualmente il pensiero realistico autonomo del giovane adulto ([2]). L'adolescente, nel passaggio dal controllo parentale all'autonomia nei valori e nel comportamento, deve liberarsi anche dal controllo "emotivo" dei genitori. Per raggiungere questo risultato cerca e trova nel "gruppo" un sostegno ed una sicurezza che lo aiutano a vincere queste invisibili barriere emotive di resistenza che spesso i genitori erigono. I genitori ponendo, spesso inconsapevolmente, 'barriere emotive' non riescono a comprendere questo atteggiamento e, con comportamenti repressivi, talvolta aumentano le difficoltà, mentre dovrebbero cercare di vivere i naturali conflitti come una normale fase di sviluppo dei figli verso l'autonomia, cedendo via via il controllo in funzione della maturità acquisita dall'adolescente. Il problema sta nel fatto che il giudizio su tale maturità si basa su una 'percezione' influenzata dalle stesse 'barriere emotive' che, avendo natura inconscia, sono difficili da riconoscere ed elaborare, laddove ne esista la possibilità. I nuovi adolescenti Nel corso degli ultimi decenni l'adolescenza si è notevolmente allungata. Anche i genitori degli adolescenti di oggi hanno vissuto Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 69 un'adolescenza più simile a quella dei loro figli che a quella dei loro genitori, ma la conquista delle libertà e dei riconoscimenti desiderati non è avvenuta senza conflitti con la generazione dei padri. Mai come negli ultimi anni gli adolescenti hanno vissuto il paradosso di una precoce e indolore acquisizione di spazi di autonomia insieme ad un ritardo crescente dell'entrata nell'età adulta. Il maturo e definitivo distacco dai genitori risulta difficoltoso e spesso viene solo tardivamente raggiunto. Ovviamente sono molte le cause sociali ed economiche che concorrono a determinare questo fenomeno: la maggiore durata del corso di studi e della formazione al lavoro, le difficoltà economiche che ritardano l'inizio di un inserimento lavorativo stabile, il controllo delle nascite e la liberalizzazione sessuale, la crisi dell'istituzione matrimoniale, una sempre più grande libertà dai vincoli di tipo sociale. Le giovani generazioni non sono tenute a ripercorrere le strade battute o segnate dalle generazioni precedenti, non sono gravate da aspettative sociali vincolanti, ma piuttosto dall'aspettativa di una piena realizzazione individuale; il passato perde importanza e si annulla quella verticalità (distinzione, lungo termine, eternità) che consente il collegamento tra passato, presente e futuro. La famiglia di oggi solitamente rifiuta i modelli autoritari e accorda ai figli molta libertà, ma questa tendenza può arrivare a degli eccessi che portano a lasciare l'adolescente in balia di se stesso, delle proprie contraddizioni e dei propri bisogni, privato di riferimenti adulti solidi a cui appoggiarsi per poter crescere. Questo tipo di contesto riconosce l'adolescenza solo nella sua immagine più apparente e superficiale e non ne riconosce i bisogni più profondi: paradossalmente è proprio il bisogno di un tempo per crescere e per rinsaldare la propria identità che non viene riconosciuto, dal momento che viene negato il riconoscimento di persona in formazione, che deve sperimentare ma anche ricevere sostegno e guida dagli adulti. L'esercizio della libertà dell'individuo non può prescindere dalla sua maturità, il cui segno evidente è la capacità di differire il soddisfacimento dei propri impulsi e desideri. Per gli adolescenti saper accettare regole e limiti rappresenta un segno di maturità, così come saper gestire i conflitti che nascono nell'incontro con gli altri, ma ai ragazzi di oggi molto spesso è stato 'risparmiato' l'incontro con esperienze di questo tipo da adulti molto protettivi nei confronti dei figli. Sembra che anche per gli adulti sia diventato molto difficile accettare l'idea di dover imporre regole e limiti. In questo modo gli adulti rischiano però di togliere agli adolescenti la possibilità di misurarsi con le proprie capacità di affrontare le frustrazioni che la realtà inevitabilmente infligge e di trasmettere un messaggio implicito di mancanza di fiducia nelle proprie possibilità di crescere e di affrancarsi dalla tutela protettiva e rassicurante dei genitori. Sia che l'adulto abbandoni precocemente il ragazzo a se stesso sia che, al contrario, si frapponga regolarmente tra quest'ultimo e le difficoltà che gli provengono dal mondo esterno, l'adolescente si sentirà estremamente fragile, sentirà che per lui le frustrazioni sono intollerabili e che solo i genitori le possono gestire, mentre lui non ce la può fare. Un possibile modo per difendersi da questo senso intollerabile di fragilità consiste nel deresponsabilizzarsi di fronte Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 70 agli appuntamenti importanti della vita, sfruttando solo gli aspetti immediatamente gratificanti della crescita, ubriacandosi di libertà, ma restando profondamente insoddisfatti di se stessi e convinti di non farcela, finendo per sentirsi depressi e privati della necessaria autostima. La famiglia che privilegia il dialogo e la circolazione di affetti, che ha abbandonato certe rigidità del passato per dare spazio ai diritti dei figli di esprimere le proprie scelte e inclinazioni, non deve essere necessariamente una famiglia che nega una importante funzione ai genitori di adolescenti. Quando l'adulto sostiene la possibilità dell'adolescente di fare le proprie esperienze in una relativa autonomia, ma mantiene il proprio ruolo di genitore - il che prevede fiducia nelle risorse del figlio, gradualità nel permettergli di affrontare le esperienze, presenza di un adulto che consente il distacco e l'allontanamento ma anche il ritorno, che sa ascoltare e comprendere le difficoltà, che accetta di poter avere dei conflitti con i figli senza sentirli come fallimenti - l'adolescente si sente libero di vivere il tempo della ricerca e della sperimentazione di sé e delle proprie risorse senza correre troppi rischi. In questo movimento di andirivieni i genitori aiutano l'adolescente a tessere la stoffa della propria identità senza disfarla notte tempo per paura della separazione. Scopo finale dell'educazione è, infatti, quello di permettere ai figli di diventare autonomi e di non dipendere più dall'autorità dei genitori. La maggior parte dei conflitti tra genitori e figli riguardano la disponibilità e l'uso del denaro, l'orario del rientro serale, le attività del tempo libero, il modo di vestirsi. I conflitti su tali argomenti nascondono la preoccupazione relativa a eventuali relazioni sentimentali dei figli e il tentativo di controllarle. I conflitti sui valori morali, la politica, la religione e altre questioni fondamentali sono piuttosto rari. Studiosi interessati alla psicologia sociale hanno messo in luce come gli stili relazionali dei genitori si basino principalmente su due dimensioni: l'accettazione ed il controllo. L'accettazione consiste nell'apprezzare il figlio per quello che è, valorizzandone le qualità senza pretendere che assomigli ai genitori. Il controllo consiste nel guidare il ragazzo, sostenerlo e stimolarlo, dargli consigli. A seconda di quanto è presente ognuna delle due dimensioni all'interno della relazione, originerà differenti stili educativi: l'autorevolezza: implica la presenza in modo elevato sia del controllo che dell'accettazione. I genitori autorevoli sono responsabili nei confronti dei figli, fungono da sostegno e da guide. Sono sensibili ai bisogni degli adolescenti e fanno loro delle richieste in relazione alle abilità. Essi incoraggiano il dialogo e tendono a chiarire i motivi delle concessioni e delle punizioni, incentivano il ragazzo nel percorso verso l'autonomia dando responsabilità consone alle capacità. Avere genitori autorevoli aiuta l'adolescente a sviluppare senso critico, sicurezza e buona capacità di ambientamento; l'autorità: implica la presenza di elevato controllo ma di scarsa accettazione. I genitori autoritari tentano di plasmare il figlio a seconda di un loro ideale, senza accettarlo per quello che è, si esprimono con valutazioni e giudizi ogni volta che il figlio si allontana dallo standard previsto. Scoraggiano il dialogo perché pretendono di essere ubbiditi Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 71 senza discussione alcuna. I figli di genitori autoritari tendono a diventare ansiosi e frustrati, sviluppano una bassa stima di sé e hanno difficoltà di adattamento; il permissivismo: implica la presenza di elevata accettazione ma scarso controllo. I genitori permissivi non puniscono e non avanzano pretese, non guidano i figli nelle loro scelte e ne soddisfano i desideri anche se sono privi di senso. Accettano i ragazzi per quello che sono, senza proporre standard di comportamento. I figli, a loro volta, considerano i genitori distanti e privi di interessi nei loro confronti, si sentono privi di sostegno nei momenti difficili. L'adolescente e la scuola. Il compito assegnato alla scuola è formare i giovani per la vita adulta. Questo avviene sia insegnando loro competenze tecniche e scientifiche, sia preparandoli alla vita sociale. Vivere nella società moderna richiede conoscenze complesse che solo in parte possono essere trasmesse dalla famiglia. Il fermarsi alla scuola dell'obbligo implica disporre di competenze appena sufficienti per esercitare i propri diritti civili e svolgere un lavoro subordinato, ad eccezione di quei giovani dotati di particolari potenzialità che trovano un ambiente adeguato per svilupparle. Gli adolescenti che frequentano la scuola la vivono come un percorso naturale per la loro formazione, ne comprendono l'influenza che avrà sul loro futuro e la giudicano un'esperienza difficile da affrontare. Nonostante i giovani siano consapevoli dell'importanza della scuola, possono esserne spaventati dalle difficoltà e vivere in maniera negativa la condizione di studente. Le ricerche relative all'insuccesso scolastico hanno dimostrato che sono prevalentemente i maschi ad esserne vittime, i quali discutono meno volentieri e più superficialmente dei loro problemi scolastici. Sembrerebbe inoltre esserci una correlazione negativa tra la motivazione verso l'apprendimento e l'investimento scolastico a livello politico e istituzionale. Da quando frequentare le scuole superiori è diventato possibile a tutti e non solo alle classi agiate, come accadeva un tempo, si dà meno valore a questo beneficio. D'altra parte, per il mondo degli adulti, avere buoni risultati scolastici significa essere intelligenti, andare male a scuola vuol dire non esserlo. Questa stretta corrispondenza è vissuta con disagio dagli studenti, spesso vittime di ansia, paure e tensioni nei confronti delle prestazioni scolastiche e, non per niente, l'uso degli psicofarmaci è diffuso. Al successo scolastico è legata l'autostima (si pensa che chi va bene sia intelligente e avrà una buona carriera), ma sono molti i giovani che, non conseguendo buoni risultati, scelgono vie alternative per avere una positiva visione di sé, ad esempio in una disciplina sportiva, nella musica, o ricercando la popolarità tra i coetanei. Quei giovani che non vanno bene a scuola, ma non riescono a trovare vie alternative di realizzazione, rischiano l'apatia o la depressione. Molto si parla di 'sindrome da disagio scolastico[3]', definibile come malessere psicologico causato da un'esperienza scolastica insoddisfacente da vari punti di vista. Tale sindrome non è alimentata soltanto da eventuali carenze intellettive o dallo scarso sostegno della famiglia, ma grande influenza è data dal clima Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 72 psicologico della classe o dell'istituzione. Per clima psicologico si intende la qualità dei rapporti che l'alunno ha con i compagni e con gli insegnanti, e il modo in cui percepisce il regolamento scolastico. Gli insegnanti hanno un ruolo rilevante nella formazione dei giovani, perché sono delle figure adulte non legate agli allievi da rapporti affettivi, e per questo possono offrire un modello sociale meno invischiante di quanto non lo siano i genitori. Un buon insegnante, oltre a essere preparato professionalmente, dovrebbe possedere capacità relazionali che gli permettano di essere in sintonia con gli allievi e far funzionare bene la classe. Infatti, se l'insegnante si concentra sul singolo, rischia di perdere il controllo del gruppo, cosa che aumenta la confusione, mentre saper interagire con l'intera classe comporta maggiori livelli di motivazione e partecipazione da parte di tutti gli studenti. L'esperienza scolastica è la prima esperienza che l'individuo fa con un'istituzione sociale. Gli studenti sperimentano quotidianamente rapporti simmetrici (con i loro compagni) e rapporti asimmetrici (con insegnanti, personale amministrativo e preside), non solo dipendenti da fattori di personalità, ma regolati da norme di comportamento stabilite dal regolamento scolastico. Gli adolescenti giudicano autorevoli quegli insegnanti ben preparati e con buone doti relazionali, ma sanno comunque che chiunque rivesta la figura dell'insegnante deve essere rispettato per il ruolo che ricopre. All'interno dell'istituzione scolastica si mettono in atto le prime trasgressioni (fumare nei bagni, non fare i compiti, marinare la scuola) e se ne pagano le sanzioni (note sul registro, brutti voti, sospensioni). Gli studenti possono inoltre accettare le regole scolastiche, metterle in discussione o non accettarle. Un atteggiamento di sfiducia o di ribellione nei confronti dell'istituzione scolastica ha buone probabilità di essere trasferito in età adulta alle istituzioni in genere, a meno che il soggetto abbia in seguito la possibilità di sperimentare relazioni soddisfacenti con altre istituzioni sociali. Attualmente essere adolescente implica avere l'identità di studente. La scuola dovrebbe impegnare l'adolescente almeno fino al raggiungimento della maggiore età, ma questo non si verifica per tutti. Vi sono ancora ragazzi che interrompono anticipatamente gli studi per vari motivi, come difficoltà familiari, processi di socializzazione distorti, disagio sociale, handicap fisici o mentali o storie di immigrazione. Questi giovani devono fondare la loro autostima su obbiettivi extrascolastici e, in alcuni casi, la ricerca dell'autostima può portare l'adolescente a sfidare le regole sociali, acquisendo comportamenti devianti, o, all'estremo opposto, diventando demotivati e apatici. Gli psicologi interessati al sociale si domandano se un individuo in età adolescenziale, che non frequenti la scuola, viva l'adolescenza al pari dei coetanei, o si debba parlare di "adolescenza mancata". In realtà, sembra che l'adolescenza sia un'esperienza universale, sia per la maturazione fisica, sia per la definizione dell'identità che comporta. È tipico di qualsiasi adolescente il conflitto con la famiglia, la ricerca del sostegno genitoriale e il contemporaneo bisogno di autonomia, la partecipazione a gruppi di coetanei e subire l'influenza delle mode dettata dai mass-media. Per gli adolescenti che non vanno a scuola, è probabile che il compito di ridefinire sé stessi risulti più complicato di chi è studente. Questo è dovuto al fatto che la scuola fornisce maggiori competenze Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 73 per rapportarsi con le istituzioni ed al fatto che ricoprire un ruolo marginale rispetto, a chi è studente, aumenti la probabilità di essere vittime del consumismo. Riflessioni. Si è parlato di autorevolezza, quante volte questo termine entra nel linguaggio adulto, soprattutto di coloro che operano a contatto con bambini e adolescenti, ma ne conosciamo il vero significato? E ancora, si parla tanto di questo periodo difficile che è l'adolescenza, da tempo la si studia, la si elabora, si cerca di comprenderla ma loro, i ragazzi, sappiamo ascoltarli? Chi risponderebbe: "No!" - "Tutti siamo stati adolescenti!" - diciamo - ma, forse, buona parte di noi ha realmente 'dimenticato' cosa accade e come si vive quel periodo o forse, come sembrano indicare i più recenti studi, molti sono ancora in quel periodo ben oltre i 25 anni! Sta di fatto che non è così semplice. Loro hanno bisogno di noi, ma sono anche contro di noi e la ricetta che viene generalmente data è: autorevolezza! Sì... ma cosa vuol dire? Forse comprendere il marasma interiore e sconosciuto che li muove, saperlo riconoscere, accoglierlo e restituirlo aiutandoli ad acquisire una propria armonia interiore in relazione al mondo e a loro stessi, ma... siamo realmente in grado di farlo? Anzi, come è possibile farlo se spesso noi stessi non sappiamo riconoscere le nostre emozioni, le nostre pulsioni, le nostre difese di fronte ad eventi e situazioni che si allacciano a profondi vissuti affettivi? Quante volte si sente ripetere: "I ragazzi oggi non capiscono che hanno tutto"... "Io ai miei tempi...",ecc. con quel tono di voce giudicante, pronto già a 'condannare' prima ancora di provare a capire! È vero, ci sono molte agevolazioni rispetto al passato, ma a che prezzo forse non l'abbiamo considerato. Il bisogno impellente, oggi più di ieri, di conformarsi a modelli in una società che vive di consumismo e apparenza, porta a relegare sempre più a fondo tutta quella gamma di paure, incertezze che caratterizzano l'uomo ed in particolare il giovane. Il giovane racconta e si racconta bugie per non mostrare ciò che viene considerata debolezza e che, sempre più spesso, trova la sua strada attraverso comportamenti devianti verso stupefacenti, alcool e violenza. La maggior parte di loro ha difficoltà ad intessere relazioni profonde con i coetanei, è diffidente verso i pari e paradossalmente cercano figure adulte che possano fungere da modelli di riferimento, che non li tradiscano, ma di frequente si scontrano con un mondo arroccato su vecchie concezioni e modalità, dove chi viene scelto da un ragazzo, spesso non è in grado di capire cosa prova e si difende puntando il dito e creando, quindi divari ancora più ampi. Per essere autorevoli bisogna conoscersi, accettare i propri limiti, potenziare le capacità in una ricerca umile e perseverante che dura tutta la vita. Lo facciamo? Nel tempo del 'sempre giovani' è difficile accettare il trascorrere degli anni, ma soprattutto è difficile ammettere che forse, di quei giovani siamo in fondo invidiosi, invidiosi della loro età, della loro progettualità e non capiamo che proprio questa potrebbe essere una grande ricchezza, una grande possibilità per continuare a crescere noi e noi con loro in uno scambio che permetta ai ragazzi di diventare uomini e agli uomini di Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 74 non perdere il desiderio di andare avanti. Imparare ad 'ascoltarli' è imparare ad 'ascoltarsi' per costruire insieme! Daria Cavallini [email protected] [1] G. LUTTE " Psicologia degli adolescenti e dei giovani" 1986 [2] BERTI A. E. - BOMBI A.S. "Psicologia del bambino" 1985 [3] Articoli tratti dal sito "psicopedagogia.it" Con tag Musicoterapia e adolescenza, Cavallini Daria Condividi post inCondividi0 Repost 0 1 commento Lamberti Rosaria, Perdersi Pubblicato il 4 luglio 2009 Perdersi Non sapere ma sentire. Avere il potere e non volerlo. Viaggiare a lungo per non ritrovare la strada del ritorno. Guardarsi dentro e scoprire di non essere più come prima. Rosaria Lamberti 2 dicembre 2008 [email protected] Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 75 Lamberti Rosaria, Attimo Pubblicato il 3 luglio 2009 Attimo Se ti trovassi un giorno a decidere cosa trattenere e cosa lasciare, forse capiresti quanto importante sia ogni attimo vissuto. Rosaria Lamberti 2 dicembre 2008 Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Agosto Bonardi Giangiuseppe, Una musica del… cuore Pubblicato il 21 agosto 2009 Ci sono musiche a noi particolarmente gradite in cui ci rispecchiamo poiché, in esse, ascoltiamo intuitivamente l’eco acustica di alcuni aspetti del nostro sé. Sono quelle innumerevoli musiche che popolano la nostra dimensione sonoro-musicale[1] che scegliamo, apparentemente, in modo inconsapevole ma alle quali siamo affettivamente legati. Tra i molteplici eventi musicali, che mi appartengono, uno in particolare sollecita da tempo la mia attenzione poiché spesso mi ritorna in mente, come se fosse una melodia ossessiva. È una canzone infantile: ‘Ricordi[2]’, scritta alcuni anni fa per un pubblico di scolari. Cade un sasso là mille cerchi fa quasi per magia Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 affiora un pensier. Come il vento va dolce messagger sensazioni che ho vissuto tempo fa 76 Or mi vedo là bimbo a giocar con amici miei a ridere e scherzar Voci concitate risa soffocate volti spensierati… Momenti ormai passati. Bonardi Giangiuseppe La canzone era stata pensata quindi per uno scopo didattico: un ‘materiale’ che potesse offrire all’isegnante e agli studenti l’opportunità di affrontare il tema dell’incontro tra la musica e la poesia. La forma curvilinea della melodia accompagna, nota dopo nota, i contenuti del ricordo infantile intriso di spensieratezza e felicità, benchè all’ascolto ‘suoni’ stranamente sospesa, non conclusa… misteriosa e inquietante. Tensione, mistero e inquietudine pervadono la melodia forse perchè le altezze che la formano sembrano delineare i gradi della scala di la minore naturale[3], così storicamente affine alla modalità ecclesiastica eolia[4] o, analizzandole meglio, all’antichissima scala eptatonica diatonica[5] di pitagorica memoria. Forse l’evento musicale mi conduce nella dimensione temporale del mio passato che racchiude in sé le tenere emozioni del dolce, felice ricordo, riportato nel testo con estrema precisione? In ogni caso perché mai io, figlio dell’educazione tonale, ho utilizzato, nel comporre la melodia, sistemi scalari a me poco familiari? Che cosa eprimono queste altezze? Quali significati celano i suoni che la formano? Suoni, significati… percorsi Così, ancora una volta, sono alla ricerca di significati e in questa esplorazione volgo lo sguardo ad un pensiero che superi l’angusta prospettiva di un’analisi formale e tecnica dell’evento e che mi aiuti a comprendere i significati profondi sottesi ad esso. In tal modo mi avvalgo del pensiero di Marius Schneider[6] scegliendo, tra le innumerevoli relazioni analogiche proposte dall’autore alsaziano, quelle che mi paiono maggiormente convincenti, ponendo in relazione di somiglianza le altezze che formano la canzone e i significati proposti dall’etnomusicologo tedesco. Mi = dolente, triste, tormento, amarezza, maturità. La = tenero sentimento, vissuto felice, dolcezza, affetto, tenerezza. Si = malinconia, nostalgia. Do = risonanze emotive, eco. Fa = forza, coraggio, energia. Re = espressione. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Sol = intuizione, illuminazioni. Profili melodici, altezze e… significati Percorsi di... senso Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 77 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 78 Dolente (mi) e improvviso riaffiora nella mia mente un tenero sentimento (la) che malinconicamente (si) evoca risonanze emotive (do) ora felici, ora tristi (mi). La tormentata (mi) consapevolezza che il vissuto felice (la) sia ora una nostalgica (si) eco (do) di un mio vissuto mi dà, paradossalmente, forza, coraggio (fa). Finalmente posso esprimere (re) la mia amarezza (mi) e questa possibilità mi dà l’energia (fa) per poter ricordare l’affetto (la) che, appena intuito (sol), suscita in me tenerezza (la). Così mi trovo sospeso tra la malinconia (si) e la dolcezza (la): illuminazioni (sol) nostalgiche (si) di un’età matura (mi). Riflessioni… conclusive Tra lo stupore e il timore ripenso al percorso di senso così delineato. Fatico tutt’ora ad ammettere come, intuitivamente, sia riuscito ad esprimere, con solo sette note, contenuti emotivi così contrastanti e, per lo più, spiacevoli. Come è possibile rivelare, in una manciata di secondi, il dolore, la malinconia e la dolcezza? Per quale motivo esprimo proprio quei sentimenti e non altri? In cuor mio so bene di non aver risposte convincenti ai quesiti sollevati. Mi piaccia o meno, debbo ammettere che il dolore, la malinconia e la dolcezza sono vissuti che mi appartengono e, poiché sono appunto dei sentimenti vissuti, appena li intuisco e li percepisco, si dileguano come neve al sole perché essi sono, di fatto, suoni, ossia essenze squisitamente dinamiche del mio mondo interiore. Ciò che spesso dimentico è che i vissuti non hanno una Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 79 dimensione statica, non sono immobili, ma al contrario sono realtà temporali mutevoli e in perpetua trasformazione che non si cristallizzano in forme definite ma risuonano, di volta in volta, con intensità e tonalità differenti, ora gradevoli, ora sgradevoli. Infine mi rendo conto che le tonalità emotive che vivo, siano esse piacevoli o spiacevoli, mi appartengono e so che, prima o poi, dovrò ascoltarle, accoglierle e accettarle, ma per far ciò ci vorrà molto, molto… tempo. Giangiuseppe Bonardi [1]Bonardi G., (2007), “Dall’ascolto alla musicoterapia”, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU), pag. 23 e 51. [2]Bonardi G., (1990), “Musica più” classe 4°, La Scuola, Brescia, pag. 21. [3]Michels U., (1977), Atlante di musica, Sperling & Kupfer, Milano 2002, pag. 76, 77. [4] Michels U., op. cit. pag. 80, 81. [5] Michels U., op. cit.pag. 79. [6]Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider. Di Bonardi Giangiuseppe - Domenica 12 aprile 2009 - Pubblicato in: Marius Schneider Da http://musicoterapie.over-blog.com/ Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 217 - 240 e la Tavola XII allegata al testo citato. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 2 commenti Lamberti Rosaria, Stupore Pubblicato il 18 agosto 2009 Stupore Fermai lo sguardo, stupito di me stesso, e colsi l’attimo in cui sbocciò una rosa. Svuotai la mente, con immensa fatica, e scoprii l’armonia della vita. Rosaria Lamberti [email protected] Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 80 Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Lamberti Rosaria, Sapere Pubblicato il 16 agosto 2009 Sapere Conoscere le scienze, la storia, la geografia e non sapere a chi affidarsi. Triste consapevolezza di un’anima orfana e sola che mai può lasciare il suo fardello e mai può chiedere sostegno. Sapere di non potersi affidare proprio nei momenti più difficili e faticosi e sperare continuamente che finiscano presto. Sapere di dover continuare, nonostante tutto, e di non potersi fermare a riposare. Avere la consapevolezza che ciascuno vive la propria vita in estrema solitudine, fino al giorno in cui non decide di lasciare che tutte le sue pene le trasporti il vento, le sue lacrime le asciughi il sole, le sue malinconie le abbracci la luna. Scoprire, solo in quel momento, che la solitudine non esiste per chi volge lo sguardo intorno a sé, aprendo le proprie porte, con un sorriso per chiunque voglia accoglierlo. Rosaria Lamberti [email protected] Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Lamberti Rosaria, Nei crepacci della vita Pubblicato il 13 agosto 2009 Nei crepacci della vita Camminare al buio, per luoghi sconosciuti e ostili, senza sapere dove conduce quel sentiero che hai imboccato. Sentire impetuosa la voglia di lasciare tutto e tutti per poter ritrovare te stesso, ormai perso nei crepacci della vita quotidiana. Avere ancora la voglia di capire cosa ti accade per continuare a sentirti vivo, anche se piange l’anima che è in te. Non sapere cosa ti sarà concesso di capire eppure continuare a guardare avanti, gli occhi fissi nel buio, con il desiderio che presto o tardi si faccia luce. Voler fuggire lontano, nell’illusione di ritrovare un po’ di pace, ma sapere che mai è possibile fuggire da se stessi. Raccogliere la sfida della vita che ti chiede, ancora, di crescere e di continuare ad essere ciò per cui hai scelto di vivere in questo istante, nel luogo in cui ti trovi e con le persone di cui ti sei circondato. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 81 Forse un giorno si placherà il desiderio di avere risposte per lasciare spazio alla pace che pervade i saggi, oppure non ti sarà dato di poterla conquistare. Comunque sia avrai percorso il tuo tempo e la tua vita lasciando le tue impronte ovunque tu sia passato e avrai seminato la terra dei semi che portavi con te sin dal mattino. Non rattristarti se per alcuni attimi ti sei fermato nel buio profondo, non potevi far altro che attendere la forza ed il coraggio che avevi lasciato dietro di te. A tutti piacerebbe essere sempre pronti ma non è possibile e così ci si deve ritrovare, davanti a se stessi, con il volto segnato dalla tensione o dal dubbio, guardarsi intensamente e dirsi: “per oggi può andare bene anche così, domani chissà”. Rosaria Lamberti [email protected] Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 1 commento Bonardi Giangiuseppe, Analogie musicali… particolari Pubblicato il 6 agosto 2009 Ripensando alle ‘musiche’ ascoltate e condivise quotidianamente con persone diversamente abili, scopro con stupore come loro siano, di fatto, analoghe ai “piedi metrici” greci. Sono musiche “naturali”, spesso caratterizzate dall’espressione ritmica di un piede metrico particolare, ma elaborate ed eseguite spontaneamente dalle persone con cui interloquisco. ‘Cellule ritmiche’ e ‘piedi metrici’ eseguiti prevalentemente. ‘Piedi metrici’ eseguiti occasionalmente. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 82 ‘Piedi metrici’ eseguiti raramente. Giangiuseppe Bonardi Con tag Il senso del musicale in musicoterapia Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 83 Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Lamberti Rosaria, Vivere Pubblicato il 4 agosto 2009 Vivere Lasciare che il flusso della vita ti conduca, con amore, là dove i tuoi passi vogliono andare. 2 agosto 2008 Rosaria Lamberti Con tag Lamberti Rosaria, Riflessioni... Condividi post Settembre Bonardi Giangiuseppe, Modelli o metodiche musicoterapiche? Pubblicato il 28 settembre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.over-blog.com/ Chiunque voglia conoscere che cosa sia la musicoterapia, ancor prima di imbattersi in una sua chiara definizione di questa disciplina-prassi, si deve cimentare con la conoscenza dei ‘modelli teorici di riferimento’. Sicuramente la questione del modello teorico di riferimento adottato in musicoterapia è un tema importante poiché ben due manuali[1] dedicano un’ampia dissertazione al riguardo. Che cosa significa quindi per chi fa musicoterapia adottare un modello teorico di riferimento? Manarolo rileva come sia “… fondamentale per ogni musicoterapista essere pienamente consapevole del proprio quadro teorico di riferimento…”[2] In questa prospettiva il ‘modello’ teorico di riferimento è ‘un quadro teorico di riferimento’. I colleghi d’oltralpe si chiedono come sia “… possibile definire un modello di musicoterapia con una parola diversa da ‘scuola’, ‘metodo’ o ‘tecnica’ ?”[3] Nel tentativo di dare una risposta al crucial quesito, i colleghi anglofoni interpellano Bruscia che definisce ‘modello’ “… come l’approccio unico e sistematico al metodo, alla procedura e alla tecnica basati su determinati principi”.[4] Il modello teorico di riferimento inerisce quindi all’elaborazione e all’applicazione di un ‘approccio unico e sistematico’ congruente a ‘determinati principi’. Così a livello nazionale il ‘modello’ teorico di riferimento è un ‘quadro’, mentre a livello internazionale è inteso, prevalentemente, come ‘approccio’. Ci risiamo, ancora una volta l’uso improprio di un termine che appartiene all’ambito Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 84 disciplinare specifico, in questo caso all’epistemologia, crea confusione. Sì, il termine in questione è: ‘modello’. In epistemologia, il termine ‘modello’ non è sinonimo di ‘quadro’ o ‘approccio’ ma, come afferma Porzionato, è “… un aspetto figurativo di una teoria. Ciò significa che il modello non è la teoria, ma ne rappresenta (raffigura) un aspetto.” [5] Il modello teorico di riferimento è quindi la rappresentazione di una teoria? Orbene, una teoria è “un’asserzione o una serie di asserzioni che tentano di spiegare, in modo molto generale, un’ampia fetta di realtà.”[6] Allo stato attuale delle cose mi chiedo se oggidì esista una teoria che ‘spieghi’ la realtà musicoterapica esperita. Evidentemente la risposta a questa domanda ora non c’è ma potrà derivare solamente dall’analisi di ciò che si fa in musicoterapia, poiché, come afferma Postacchini: “… è necessario riflettere su cosa esattamente faccia un musicoterapista… a quale teoria si ispiri …, quale sia la descrizione del processo terapeutico, … come vengano valutati i risultati”[7]. Comprendo appieno il desiderio di scientificità della musicoterapia ma, di fatto, la questione dei modelli e delle teorie è per ora prematura poiché, attualmente, la prassi musicoterapica elabora e applica, di fatto, metodiche, ossia “specifici modi di procedere e i relativi strumenti d’indagine…”[8] per raggiungere il fine prefissato, ovvero la soluzione di un problema. In musicoterapia, pertanto, ci sono, di fatto, metodiche; alcune storicamente definite (i ‘modelli’) e altre che sono in via di elaborazione, di definizione e di ‘legittimazione’. Una metodica è ispirata da un orientamento teorico di riferimento, sintetizzato in una definizione, da cui ne deriva un metodo, ossia un percorso scelto per raggiungere il fine dichiarato teoricamente, unitamente ai mezzi adottati per raggiungerlo. Solamente l’analisi delle differenti metodiche esistenti renderà possibile, in un futuro, l’individuazione della dimensione scientifica della prassi musicoterapica in cui sia possibile rintracciare in essa: lo spirito del tempo (zeitgeist), la visione del mondo (weltanschauung), il paradigma, la teoria, il modello, la legge, le ipotesi che la ispirano rendendola viva e vitale. Per il momento è bene elaborare e confrontare metodiche musicoterapiche differenti al fine di affinare uno spirito alto, volto al dialogo dei diversi modi di fare e intendere la musicoterapia, nella piena consapevolezza che la propria metodica può essere idonea ed efficace con determinate persone, ma ne può esistere un’altra altrettanto adeguata o, con altri soggetti, è opportuno utilizzarne una maggiormente idonea e, se non c’è, forse è il caso di inventarne una nuova. Giangiuseppe Bonardi [email protected] [1] Wigram T., Pedersen N. I., Bonde O. L. , (2002), Guida generale alla musicoterapia, ISMEZ, Roma 2003. Manarolo G., (2006), Manuale di musicoterapia, Cosmopolis, Torino. [2] Manarolo G., (2006), Manuale di musicoterapia, Cosmopolis, Torino, pag. 27. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 85 [3] Wigram T., Pedersen N. I., Bonde O. L. , (2002), Guida generale alla musicoterapia, ISMEZ, Roma 2003, pag. 101. [4] Wigram T., Pedersen N. I., Bonde O. L. , op. cit. pag. 101. [5] Porzionato G., (1993), Lineamenti di metodologia della ricerca scientifica in ambito musicale, Quaderni della SIEM n 4, Ricordi, Milano, Pag. 78. [6] Porzionato G., Op. cit., pag. 78. [7] Postacchini P. L., (2006), Criteri per un’analisi musicale in musicoterapia, in Clarkson G., (1998), Ho sognato di essere normale, Cittadella Editrice, Assisi 2006, pag. 154. [8] Porzionato G., Op. cit., pag. 82. Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, Dvořák letto con gli “occhi” di… Schneider! Pubblicato il 21 settembre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.over-blog.com/ Sono sempre stato catturato da eventi musicali caratterizzati da disegni melodici chiaramente definiti, che si imprimono con accattivante facilità nella memoria, evocando negli ascoltatori risposte emotive spesso contrastanti. Tra le molteplici musiche che ascolto, la mia attenzione analitica ricade ora sul ‘Largo’, il secondo movimento della 9° sinfonia di Anton Dvořák. Gestalticamente preminente, la melodia cattura, seduce l’attenzione dell’ascoltatore poiché i suoni delineano una vera e propria figura che si staglia sullo sfondo armonico orchestrale… delicatissimo e a tratti, poco percettibile. Una melodia che appare e si inabissa nelle trame armoniche, riemergendo innumerevoli volte[1]. In particolare, le altezze, formanti il tema iniziale, sono eseguite dal corno inglese (strumento traspositore) e, mentre lo strumentista legge le note: l’ascoltatore percepisce in realtà gli stessi suoni, trasportati una quinta sotto le note eseguite dall’orchestrale. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 86 Nella seducente chiarezza esecutiva, l’andamento danzante dei suoni, ammiccante al giambo greco, delinea un affascinante “mosaico acustico” formato da effimere e rilucenti “tessere melodiche” che, magicamente concatenate ad altre, rendono possibile la giustapposizione di tensioni e digradanti rilassamenti, creando un caleidoscopico gioco di rimandi acustici che svela la dinamica ritmica della melodia che ruota intorno al fa (modale), ossia a un suono equidistante dal la bemolle (dominante), evocante apprensione, e il re bemolle (tonica) che intona la momentanea presenza della quiete. Come tessere di un “mosaico acustico”, l’equilibrio/tensione e l’equilibro/rilassamento si succedono l’uno dopo l’altro descrivendo frammenti melodici affini che formano un particolare profilo composto da tratti discontinui evocanti altipiani, piani inclinati, archi, ingressi; disegni fonici giustapposti e, inspiegabilmente, interconnessi. La breve composizione, dall’agogica lenta che oscilla tra il “largo” e “un poco mosso”, è ampiamente caratterizzata dalla presenza di una debole intensità, spesso tendente al piano. Il tempo, in 4/4, organizza il ritmo nella più classica e tranquillizzante scansione metrica a suddivisione binaria. Solamente alla 34° misura il tempo è modificato in 2/4 per poi essere ripreso immediatamente alla 35° battuta. La tonalità iniziale del movimento è re bemolle maggiore, mentre la sinfonia è scritta nella tonalità di mi minore, modulando in do# minore (46° battuta), do# maggiore (90° battuta), concludendo il movimento nella tonalità di re bemolle maggiore (101° battuta). Il senso dei suoni Ancora una volta un’analisi musicale classica delinea alcuni aspetti formali dell’evento preso in esame, ma non rileva i possibili percorsi di senso. Rileggo ora l’evento con il contributo del pensiero schneideriano e mi rendo conto che il discorso musicale gravita armonicamente intorno alla “zona si-fa[2]” (fa#, do#, sol#): un’area mistica (cielo) in cui si realizza il “sacrificio di se stessi[3]”, la “morte[4]”… spirituale e, fatto singolare, i temi trascendenti risuonano nitidamente nelle altezze che formano il profilo melodico ed evolvono sulle note formanti la linea “si-fado[5]”, ossia “morte, purificazione, resurrezione[6]”. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Chiavi di lettura 87 I suoni della melodia diventano ora le chiavi di lettura del mio percorso di senso analogico e, al fine di facilitare la comprensione della mia proposta interpretativa, indico con il carattere corsivo il significato attribuito dal pensatore alsaziano, mentre con il carattere normale individuo i possibili contenuti affini. Fa = ardore (mare di fiamme) = divampa, brucia, con entusiasmo, risplendente, lucente. Lab = Sol#= morte = angoscia, tormento, inquietudine, dolore, sofferenza, Mib = resurrezione = rinascere, rinascita, riemergere, nuova vita, desiderio di rinnovarsi. Reb = Do# = sacrificio di se stessi = dono di se stessi. Percorsi di senso Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 88 Giangiuseppe Bonardi [1]La melodia iniziale (battute 7° - 10°), oserei dire cantabile, é leggermente ampliata dal corno inglese e dai clarinetti (misure 11° - 18°) per poi esser ripresa dagli archi (misure 27° - 29°). Poco prima del cambio di tonalità in do diesis minore, eccola riapparire nella 36° misura nuovamente suonata dal corno inglese e, dalla 38° battuta, dal fagotto. Quasi al termine del movimento, il corno inglese (101° misura) prima e, leggermente variato dai violini (dalla 105° alla 113° misura) poi, ripropongono il cantabile profilo melodico. [2] Tavola XII allegata al testo di Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986. [3] Tavola XII, op. cit. [4] Tavola XII, op. cit. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 89 [5] Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986, pag. 240-249. [6] Tavola XII, op. cit. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Ottobre Bonardi Giangiuseppe, Musicoterapia o… musicoterapie? Pubblicato il 29 ottobre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.overblog.com/ Sebbene datato, il pregevole libro del Dott. Bruscia[1], il maggior ‘epistemologo’ della musicoterapia internazionale, presenta ben quarantadue definizioni di musicoterapia ufficialmente accreditate dalle associazioni di categoria, sparse nel globo, ossia… « Alley La musicoterapia nelle scuole è l’uso funzionale della musica, per accompagnare i progressi specifici dell’alunno in ambito accademico, sociale, motorio o linguistico. La musicoterapia per bambini speciali si occupa dei comportamenti inappropriati o delle disabilità e delle funzioni come servizio collegato, di supporto, che aiuta i bambini handicappati a trarre beneficio dall’educazione speciale” (1979, p.118)[2]. Alvin “La musicoterapia è l'uso controllato della musica nel trattamento, nella riabilitazione, nell’educazione e nella preparazione di bambini ed adulti che soffrono di disturbi fisici, mentali o emotivi” (1975 p.4)[3]. Associazione dei Musicoterapeuti Professionisti della Gran Bretagna “La musicoterapia è una forma di trattamento in cui si instaura un mutuo rapporto fra paziente e terapeuta, che permette il prodursi di cambiamenti nella condizione del paziente, e l’attuazione della terapia. Il terapeuta lavora con una varietà di pazienti, sia bambini che adulti, che possono avere handicap emotivi, fisici, mentali o psicologici. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 90 Attraverso l’uso della musica in maniera creativa in ambito clinico, il terapeuta cerca di stabilire un’interazione, un’esperienza ed un’attività musicale condivise che portano al perseguimento degli scopi terapeutici determinati dalla patologia del paziente.” (Pamphlet dell’Associazione intitolato “Una carriera in Musicoterapia”)[4]. Associazione Australiana di Musicoterapia La Musicoterapia è “l’uso pianificato’ della musica per raggiungere gli obiettivi terapeutici con bambini ed adulti che hanno speciali esigenze a causa di problemi sociali, emotivi, fisici, o intellettuali” (Pamphlet dell’Associazione)[5]. Bang “La musicoterapia è l’applicazione controllata di attività musicali organizzate in modo speciale con l’intenzione di favorire lo sviluppo e la cura durante il trattamento, l’educazione e la riabilitazione di bambini ed adulti con handicap motori, sensoriali o emozionali... Lo scopo del musicoterapeuta è centrato sul cliente, e non comincia dalla musica” (1986, p.20)[6]. Barcellos “La musicoterapia è l’uso della musica e/o dei suoi elementi integrali come oggetto intermediario di una relazione che permette lo sviluppo di un processo terapeutico, mobilizzando reazioni bio-psicosociali nell’individuo allo scopo di minimizzare i suoi problemi specifici e di facilitare la sua integrazione/reintegrazione in un ambiente sociale normale” (1982, p.2-3)[7]. Benenzon “Da un punto di vista scientifico, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo studio e la ricerca del complesso suono-uomo, sia il suono musicale o no, per scoprire gli elementi diagnostici e i metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il moviMusicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 91 mento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che ci mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la società” (1981, p.3)[8]. Bonny “La musicoterapia si può definire come l’applicazione sistematica della musica condotta dal musicoterapeuta per produrre cambiamenti nella salute emotiva e/o fisica della persona. Come tale, vengono enfatizzati i suoi aspetti funzionali piuttosto che quelli estetici e di intrattenimento” (1986, p.4)[9]. Boxill “La musicoterapia è un amalgama di musica e terapia. Quando la musica, in quanto agente del cambiamento, è utilizzata per stabilire una relazione terapeutica, per favorire la crescita e lo sviluppo della persona, per assisterla nella realizzazione di sé, il processo è musicoterapia. Ampliando la definizione, la musicoterapia è l’uso della musica come strumento terapeutico per il ristabilimento, il mantenimento e il miglioramento della salute psicologica, mentale e fisiologica, e per l’abilitazione, la riabilitazione e il mantenimento delle capacità comportamentali, evolutive, fisiche e sociali - il tutto all’interno del contesto di una relazione cliente-terapeuta (1985, p.5)[10]. Bright “La musicoterapia è l’uso pianificato della musica per migliorare la funzionalità nel suo ambiente di un individuo o di un gruppo di clienti che hanno bisogni sociali, intellettuali, fisici o emotivi di speciale natura. La musicoterapia è esercitata da un musicoterapeuta preparato che lavora all’interno di un’équipe clinica" (1981, p.1)[11]. Bruscia Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 92 La musicoterapia è un processo interpersonale che coinvolge il terapeuta ed il cliente in certe relazioni di ruolo, ed in una varietà di esperienze musicali, tutte designate ad aiutare i clienti a trovare le risorse necessarie per risolvere i problemi, e ad aumentare il loro potenziale di benessere (1984b)[12]. Bruscia “La musicoterapia è un processo interpersonale in cui le esperienze musicali vengono usate per migliorare, mantenere o ristabilire il benessere del cliente” (1986, p.1)[13]. “La musicoterapia è un processo finalizzato in cui il terapeuta aiuta il cliente a migliorare, mantenere o ristabilire uno stato di benessere, usando esperienze musicali e le relazioni che si sviluppano loro tramite come forze dinamiche di cambiamento” (1987a, p.5)[14]. Associazione Canadese di Musicoterapia La musicoterapia è “l’uso della musica per favorire l’integrazione fisica, psicologica ed emotiva dell’individuo, e l’uso della musica nella cura di malattie e disabilità. Può essere applicata a tutti i gruppi di età, in una varietà di ambiti di cura. La musica ha una qualità non-verbale ma offre un’ampia possibilità di espressione verbale e vocale. Come membro di un’équipe terapeutica, il Musicoterapeuta professionista partecipa all’accertamento dei bisogni del cliente, alla formulazione di un approccio e di un programma individuale per il cliente, e poi offre specifiche attività musicali per raggiungere gli scopi. Valutazioni regolari accertano ed assicurano l’efficacia del programma. La natura della musicoterapia amplifica l’approccio creativo nel lavoro con gli individui handicappati. La musicoterapia fornisce un approccio umanistico possibile che riconosce e sviluppa le risorse interne del cliente spesso non sfruttate. I musicoterapeuti desiderano aiutare l’individuo per spingerlo verso un migliore concetto di sé, e, nel senso più ampio, per far conoscere ad ogni essere umano le proprie maggiori Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 93 potenzialità" (Da un opuscolo intitolato “Sulla Musicoterapia”)[15] Carter “La musicoterapia è l’applicazione scientifica della musica o delle attività musicali per raggiungere obiettivi terapeutici. La musicoterapia si può anche definire come l’uso strutturato della musica per apportare nel comportamento i cambiamenti desiderati” 1982, p. 5)[16]. Codding “La musicoterapia è l’applicazione scientifica della musica e delle capacità del terapeuta per apportare i cambiamenti desiderati nel comportamento umano... La struttura fornita dall’ambiente terapeutico, ed il rapporto tra terapeuta e bambino, bambino e suoi pari, facilita l’apprendimento delle necessarie capacità vitali. I bambini possono apprendere capacità che facilitano l’effettiva funzionalità emotiva, sociale, comunicativa ed accademica nel tempo” (1982, p. 22)[17]. Colon La musicoterapia è lo studio scientifico che impegna nella ricerca e nell’analisi del complesso mondo sonoro-musicale che ogni essere umano ha al suo interno, con l’obiettivo di ottenere positivi cambiamenti nella sua condotta (Bruscia, 1984a, p.15)[18]. Fleshman & Fryear La musicoterapia è l’uso della musica" in ambito terapeutico, per influenzare cambiamenti nei sentimenti e nel comportamento del cliente” (1981)[19]. Associazione Francese di Musicoterapia La musicoterapia è “l’uso di suoni e musica in una relazione psicoterapeutica” (Bruscia, 1984a, p.16)[20]. Guaraldi Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 94 La musicoterapia è l’uso di “attività musicali attive e passive per aiutare nella risocializzazione adulti o bambini con vari tipi di handicap che limitano le loro esperienze relazionali o sociali...” (Bruscia, 1984a, p. 17)[21]. Hadsell La musicoterapia è “l’uso delle proprietà e delle potenzialità uniche della musica in una situazione terapeutica allo scopo di cambiare il comportamento umano così che l’individuo malato sia più capace di agire come membro valido della società odierna e futura” (1974, p. 114)[22]. Kenny “La musicoterapia è un processo e una forma che combina gli aspetti curativi della musica con le questioni inerenti le necessità umane per il bene dell’individuo e quindi della società. Il musicoterapeuta serve da persona e da guida, che fornisce esperienze musicali che conducono il cliente verso la salute e il benessere” (1982, p.7)[23]. Regione Medio-Atlantica di Musicoterapia: Associazione Nazionale di Musicoterapia “La musicoterapia è l’uso strutturato della musica come processo creativo per sviluppare e mantenere il massimo potenziale umano. La musicoterapia viene usata con successo nei campi dello sviluppo delle capacità di comunicazione sociale, motoria, del progresso accademico, e della gestione del comportamento. Utilizzando gli obiettivi rieducativi, la musicoterapia contribuisce a favorire le funzionalità ottimali attraverso una varietà di esperienze” (da un opuscolo intitolato “La Musicoterapia per la Salute Mentale”)[24] Munro & Mount “La musicoterapia è l’uso controllato della musica, dei suoi elementi e della loro influenza sull’essere umano per favorire l’integrazione fisiologica, psicologica ed emotiva dell’individuo Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 95 durante la cura di una malattia o di una disfunzione” (1978, p. 1029)[25]. Associazione Nazionale di Musicoterapia[26] La Musicoterapia è “l’uso della musica nella realizzazione degli scopi terapeutici: il ristabilimento, il mantenimento e il miglioramento della salute mentale e fisica. È l’applicazione sistematica della musica, diretta dal musicoterapeuta in un ambito terapeutico, per portare i cambiamenti desiderati nel comportamento. Tali cambiamenti permettono all’individuo di affrontare la terapia per arrivare ad una maggiore comprensione di sé e del mondo intorno a lui, e di ottenere quindi un più adeguato adattamento alla società. Come membro della squadra terapeutica il musicoterapeuta professionista prende parte all’analisi dei problemi dell’individuo e alla formulazione degli obiettivi del piano generale di trattamento, prima di progettare ed elaborare specifiche attività musicali. Valutazioni periodiche vengono fatte per determinare l’efficacia delle procedure impiegate. (da un opuscolo intitolato “Una carriera nella Musicoterapia”, 1980). “La musicoterapia è l’uso specializzato della musica al servizio delle persone con bisogni riguardanti la salute mentale, fisica, di abilitazione, riabilitazione o di educazione speciale... lo scopo è quello di aiutare gli individui ad ottenere e mantenere i loro massimi livelli di funzionalità.” (da Gli Standard di Pratica Clinica della NAMT 1983). La musicoterapia è l’applicazione scientifica dell’arte della musica per raggiungere obiettivi terapeutici. È l’uso della musica e del sé del terapeuta per influenzare i cambiamenti nel comportamento (1960, opuscolo intitolato “Musicoterapia come Carriera”). Unione Nazionale delle Associazioni delle Terapie dell’Arte “La musicoterapia è l’uso della musica come strumento terapeutico creativo e strutturato per migliorare e mantenere le capacità di comunicazione, di socializzazione, di sviluppo e Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 96 di funzionalità motoria, di impiego sensoriale e nelle aree cognitiva ed affettiva (opuscolo della NCATA)[27]. Società Neozelandese di Musicoterapia “La musica è uno strumento potente ed utile per stabilire comunicazioni con i bambini e con gli adulti nell’aiutarli ad imparare e a ri-imparare in ambito intellettivo, fisico, sociale ed emotivo. Tutto ciò prevede l’uso della musica a scopo di prevenzione e di riabilitazione. La musica così usata in una varietà di situazioni sia individualmente che a gruppi è nota come MUSICOTERAPIA” (Bruscia, 1984a, p.16)[28]. Odell “La musicoterapia nel campo della salute mentale è l’uso della musica come mezzo alternativo di comunicazione ed espressione laddove le parole non siano necessariamente il modo più efficace per soddisfare gli obiettivi terapeutici per il cliente. Si procede verso questi obiettivi attraverso un rapporto che si instaura tra cliente e terapeuta con l’elaborazione pratica di musica come mezzo principale... Alcuni obiettivi comuni in musicoterapia sono: incoraggiare la motivazione, fornire lo spazio per l’esplorazione dei sentimenti, sviluppare le capacità sociali, la consapevolezza di sé e degli altri, e la stimolazione del movimento attraverso l’improvvisazione e la creazione spontanea di musica" (1988, p.52)[29]. Orff “La musicoterapia di Orff è una terapia multi-sensoriale. L’utilizzo del materiale musicale - linguaggio fonetico-ritmico, ritmo libero e metrico, melodia nel linguaggio e nel canto, capacità di maneggiare gli strumenti - è organizzato in modo tale da indirizzarsi a tutti i sensi ...” (1980, p.9)[30]. Paul Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 97 “La musicoterapia è una scienza del comportamento e un’esperienza estetica che utilizza la musica come strumento per apportare cambiamenti positivi nel comportamento umano. Questi cambiamenti comprendono quelli educativi come anche quelli riabilitativi, sociali o emotivi” (1982,p.3)[31]. Peters La musicoterapia è “l’uso prescritto, strutturato della musica o delle attività musicali sotto la direzione di personale opportunamente preparato (ad es. musicoterapeuti) per indurre cambiamenti in situazioni o in modelli di comportamento maladattivi, aiutando quindi i clienti a raggiungere gli scopi terapeutici” (1987, p.5)[32]. Plach La Musicoterapia di gruppo è “l’uso della musica o delle attività musicali come stimolo per promuovere nuovi comportamenti e per esplorare predeterminati obiettivi individuali o di gruppo all’interno di una situazione di gruppo” (1980, p.4). I quattro vantaggi di usare la musica sono la sua capacità di: richiamare sentimenti, fornire uno strumento espressivo, stimolare la verbalizzazione e disporre un comune punto di partenza. Priestley “La Musicoterapia Analitica è l’uso simbolico della musica improvvisata dal musicoterapeuta e dal cliente per esplorare la vita interiore del cliente ed offrire una spinta alla crescita.” Non è una lezione di musica, né psicoanalisi, o una terapia magica che mette il terapeuta o il paziente in condizione di superare tutti i problemi; è piuttosto una forma di trattamento come qualsiasi altra con i propri limiti e controindicazioni (1980, p. 6-7)[33]. Rudenherg Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 98 La musicoterapia è “l’uso della musica e delle attività collegate alla musica sotto la supervisione di individui professionalmente preparati (ad es. il musicoterapeuta) per aiutare il cliente o il paziente a raggiungere un determinato obiettivo terapeutico” (1982, p.1)[34]. Schmolz “... prendendo in considerazione il livello di psicopatologia e di personalità del paziente, la musicoterapia si prefigge di trasformare e/o di influenzare certi aspetti della personalità con mezzi musicali atti allo scopo, all’interno di un piano di cura multi-medicale e/o di educazione speciale. Questa musicoterapia integrata (non viene mai eseguita da sola) arricchisce dunque le possibilità terapeutiche non-verbali, sia nella musicoterapia individuale che di gruppo” (Bruscia, 1984a, p.17)[35]. Schorner “La musicoterapia può esser definita come l’applicazione della musica allo scopo di apportare una condizione di benessere in un individuo” (1973, p. 95)[36]. Sekeles La musicoterapia è “l’uso diretto del suono e della musica allo scopo di: supportare l’osservazione diagnostica tramite specifici strumenti; favorire cambiamenti significativi nell’organismo umano e migliorare lo stato psico-fisiologico; sviluppare l’espressione musicale, che si presume essenziale per una vita salubre.” (Bruscia, 1985, p. 10)[37]. Istituto Sudafricano La musicoterapia è “l’uso pianificato della musica per produrre effetti terapeutici” (Bruscia, 1984a, p.18).[38] Supervisori di Musioterapia della Pennsylvania Sudorientale “La musicoterapia è il processo attraverso cui gli elementi dell’esperienza musicale vengono applicati in modo propositivo e sistematico per stabilire, migliorare e modificare Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 99 le specifiche funzioni cognitive, emotive, fisiche e sociali, che sono cruciali per lo sviluppo dell’individuo atipico” (da “Standard di Pratica”)[39]. Steele “La musicoterapia, come è praticata nei centri di assistenza, è la strutturazione dell’apprendimento della musica e delle esperienze di partecipazione, allo scopo di modificare modelli inappropriati di comportamento e processi inefficaci d’apprendimento. La musica è usata in terapia come rinforzo, come ulteriore stimolo uditivo, come esperienza di apprendimento della musica, e come occasione per modificare i comportamenti non-musicali” (1977, p. 102-103)[40]. Associazione Svedese di Musicoterapia La musicoterapia è “l’uso della musica in campo educativo e terapeutico allo scopo di fornire possibilità di crescita e sviluppo ad individui con problemi psichici, fisici e sociali” (Bruscia 1984a, p. 17)[41] Associazione Uruguayana di Musicoterapia La musicoterapia è “una carriera paramedica con principi scientifici che comprende non solo gli aspetti terapeutici, ma anche quelli diagnostici e relativi alla profilassi. In questo processo abbiamo il paziente e il musicoterapeuta in una determinata situazione con una struttura fissa, in cui esiste un’integrazione dinamica per mezzo di uno stimolo sonoro. Il musicoterapeuta, lavorando con il gruppo utilizza stimoli musicali sonori per stimolare i pazienti con problemi fisici, psichici o psicosomatici, e osserva i cambiamenti inertici in ciò che egli fa, in ciò che dice ed esprime attraverso altri mezzi. Il paziente risponde agli stimoli sonori del terapeuta e reagisce a livello di integrazione sociale, organico, emozionale, comportamentale, comunicativo e motorio. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 100 Il ruolo del musicoterapeuta è quello di impiegare lo stimolo sonoro per stimolare le risposte di una data situazione che tenderà a produrre cambiamenti nel comportamento del paziente che gli permetteranno di integrarsi con il proprio ambiente” (Bruscia 1984a, p. 15)[42]. Yamamatsu “La psicoterapia attraverso la musica-musicoterapia dovrebbe essere principalmente una parte di un’attività educativa non del servizio medico: essa si prefigge di scoprire e coltivare le potenzialità del cliente, non la cura della malattia. In altre parole cercherebbe di rendere libera l’espressione di sé del cliente” (Bruscia, 1984a, p. 15)[43]. ». Riflettendo sulla ricerca del Dott. Bruscia si può constatare che, a livello mondiale non esista, di fatto, un’unica definizione di musicoterapia ma ne esistono quindi innumerevoli: esistono quindi molteplici… musicoterapie! Se leggiamo con attenzione i vari manuali italiani, compreso il mio, si rilevano ulteriori definizioni, ampliando considerevolmente il quadro delle definizioni. Il proliferare di definizioni può creare nel neofita o nell’accademico un certo scetticismo o, quantomeno, una sacrosanta perplessità quando cerca di comprendere che cosa sia la musicoterapia. Sì, la domanda è legittima: che cos’è la musicoterapia se, di fatto, ne esistono innumerevoli? Allo stato attuale dei fatti quindi, in musicoterapia non c’è un unico modo di intendere e di farla per cui è necessario chiedere al professionista che la pratica di rispondere al fatidico quesito, poiché saper «… definire la musicoterapia è parte integrante del bagaglio culturale di un …»[44] musicoterapista che, definendo il proprio operato, si assume in toto la responsabilità, teorica e pratica, del proprio lavoro, sapendo bene che il proprio modo di ‘fare’ musicoterapia non è l’unico ed esclusivo, ma uno dei possibili. Personalmente ritengo che la musicoterapia sia una delle pratiche che utilizzano la musica volta ad aiutare (terapia) la persona a riattivare il processo relazionale ridotto o interrotto mediante la sua musica (musica) agita, ascoltata e condivisa. Giangiuseppe Bonardi [1]Bruscia K., (1989), Definire la musicoterapia, ISMEZ , Roma 1993, pp. 129-135. [2]Alley J. 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PA: Associazione Americana di Musicoterapia. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 103 [39]Supervisori di Musicoterapia della Pennsylvania Sud-orientale, (senza data). Manuale sui Modelli di Pratica della musicoterapia. Manoscritto non pubblicato. [40]Steele, A., Vaughan M., & Dolan C. (1976) Programma di supporto scolastico: la musicoterapia nei problemi di adattamento nella scuola elementare: Journal of the American Association for Music Therapy, 4 (1), 29-38. [41]Bruscia, K., (1984a). International newsletter 0f music therapy. Volume 2. Philadelphia, PA: Associazione Americana di Musicoterapia. [42]Bruscia, K., (1984a), Op. Cit. [43]Bruscia, K., (1984a), Op. Cit. [44] Bruscia K. Op. cit. pag.15. Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe (a cura di), Musica tra le menti: il libro di Stefano Navone Pubblicato il 20 ottobre 2009 Navone, nella sua opera prima: Musica tra le menti, si racconta, descrivendo la sua poliedrica esperienza musicoterapica che abbraccia la riflessione teorica, la ricerca e la pratica clinica. La chiarezza espositiva della prosa di Navone conduce il lettore nel mondo della musicoterapia, con estrema naturalezza, riuscendo ad armonizzare i concetti teorici di riferimento con le esperienze ben documentate. La leggerezza espositiva permette chiunque ad affrontare i temi complessi inerenti all’approccio psicodinamico sotteso alla ‘prassi musicoterapica’ dell’autore. Così, dalla lettura iniziale in cui si enucleano le teorie di Stern, Postacchini, Benenzon…, Navone ci conduce alle esperienze, trasformando i protocolli in sintetici racconti musicali quasi volesse far risuonare nella mente del lettore ciò che ha vissuto nel contesto musicoterapico e, in questo, ci riesce benissimo. Giangiuseppe Bonardi Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Con tag Letture e ascolti consigliati Condividi post inCondividi0 Repost 0 104 0 commento Bonardi Giangiuseppe (a cura di), Il contributo di Gilbert Rouget alla riflessione musicoterapica. Pubblicato il 17 ottobre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.overblog.com/ La riflessione in merito all’adozione della musica in musicoterapia trova ulteriori spunti di indagine nelle ricerche etnomusicologiche di Gilbert Rouget. Nel contributo proposto in questo articolo, l’etnomusicologo francese analizza i livelli sollecitati dall’esecuzione e dall’ascolto della musica, toccando anche il rapporto con la malattia. Sapendo bene come sia difficile, per noi musicoterapisti, trovare gli eventi musicali idonei al nostro lavoro, il pensiero di Rouget può aiutarci nell’accurata scelta degli eventi musicali poiché essi potrebbero sollecitare risposte fisiologiche, psicologiche, affettive e… terapeutiche che dobbiamo tenere necessariamente in considerazione quando interagiamo con i nostri assistiti. Giangiuseppe Bonardi “La musica, gli dèi, la malattia[1] […] Quali campi del sentire tocca la musica?[2]. Semplificando al massimo, possiamo dire che si è sensibili alla musica a vari livelli: fisiologico, psicologico, affettivo, estetico. [Piano fisiologico] Sul piano fisiologico, se l’udito è la principale funzione sensoriale che permette di percepire la musica, non è tuttavia l’unico canale di percezione. Le vibrazioni musicali sono movimenti la cui ampiezza, se riferita al corpo umano, è relativamente grande. Il movimento degli oggetti che le generano _ o che queste imprimono agli oggetti, dato che tale azione può esercitarsi in tutti e due i sensi _ è sempre sensibile e spesso persino visibile, e quindi di natura direttamente materiale e concreta. Una vibrazione musicale può essere qualcosa di palpabile. Basta toccare la tavola armonica di un violino mentre viene suonato per sentire la palpitazione dei suoni con la punta delle dita. Se ci si avvicina ai grossissimi tamburi fatti risonare dagli Yoruba per le loro cerimonie segrete di oro, se ne percepiscono le vibrazioni tanto con le orecchie quanto con il ventre. Se invece ci si piazza accanto al piccolissimo tamburo che viene suonato anch’esso per oro, ma la cui sottile tesissima membrana è frustata piuttosto che battuta, prestissimo, con sottili bacchette, è tutta la testa che risuona. Sulla tribuna di un organo in piena funzione, la musica invade il corpo intero; il mondo trema e tutta l’atmosfera risuona. «Essere immersi nella musica» non è una semplice metafora; accade veramente che la si riceva fisicamente. Il vibrare della fiamma delle candele al suono Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 105 dell’organo, in chiesa, è stato uno degli elementi che ha messo Louis Roger (1748)[3] sulla strada della teoria degli effetti della musica sul corpo umano. Il singolare uso fatto dai Tibetani della vibrazione di una pelle di tamburo[4] deriva in fin dei conti da un’osservazione del medesimo tipo. L’atto di soffiare nel clarinetto comporta la sensazione di movimento dell’ancia fra le labbra. Percuotere una campana tenuta in mano fa entrare in diretto contatto con le vibrazioni della sua parete. Scuotere un sonaglio significa sentir vibrare il guscio della zucca sotto il cozzo dei semi. Suonare un arco musicale o uno scacciapensieri vuol dire sentir muoversi la corda o la linguetta sulla cavità orale. Ma non è solo l’apparato sensoriale esterno ad entrare in gioco. Anche quello interno, fungendo da canale di trasmissione, viene sollecitato dalla musica. È infatti noto che nel parlare, e ancor più nel cantare, si percepisce la propria voce dall’interno, ci si sente cantare. Si sente allora vibrare, palpitare la laringe (diciamo più semplicemente il collo o la gola). Come pure altre zone del corpo: la cavità orale, il torace e l’addome, la regione pelvica[5]. La musica anima quindi gli oggetti e fa insieme palpitare il corpo. […] Ci basterà sottolineare, comunque, l’importanza del suo impatto fisico sull’ascoltatore nonché la modificazione sensoriale della coscienza del proprio essere che questa comporta. Impatto fisico peraltro deliberatamente ricercato dalla musica pop, che grazie all’uso di amplificatori ottiene effetti di eccezionale violenza sonora. Dopo aver segnalato che la potenza della musica generata da un certo musicista pop «raggiungeva i 10000 watt» (!) e che «si poteva udire il festival di Wight entro un raggio di 3 km», Alain Roux[6] (1973, p. 130) rileva che: Tale potenza coinvolge direttamente il corpo, creando una partecipazione che molti non raggiungono neppure durante l’atto sessuale. Si può resistere solo fuggendo. Per via dell’amplificazione, la voce umana agisce sulla laringe. [...] Le sonorità del basso elettrico (infrasuoni) provocano nell’addome vibrazioni localizzabili in zone erogene interne. […] La ripetitività delle melodie e i ronzii causano istantaneamente un leggero stato ipnotico. È chiaramente a questo genere di effetti che mirano certe musiche di possessione, come ad esempio quella dello ndöp[7]. D’altra parte, la musica è per essenza movimento. Essa trae origine da movimenti corporali _ cantare significa far vibrare la propria laringe, tambureggiare comporta il movimento delle braccia, per suonare la viella si fanno scorrere le dita lungo un manico e si strofina un archetto su una corda _ incitando di rimando al movimento. Dal momento che, per definizione, la musica si svolge nel tempo, i rapporti del suono con se stesso mutano costantemente (anche se questo non varia, poiché il fatto di durare implica necessariamente un mutamento di durata), e tali cambiamenti si inscrivono a vari livelli nello spessore temporale. Anche sotto il suo aspetto più immateriale _ come nel caso del suono totalmente isolato dalla sua fonte _ la musica viene sentita come movimento che si realizza nello spazio. Evidentemente lo è molto di più allorché la si esegue durante la danza o per la danza. Danzare vuol dire inscrivere la musica nello spazio, cosa che avviene attraverso una incessante modificazione dei rapporti delle diverse parti del corpo fra di loro. La coscienza del corpo ne viene perciò completamente Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 106 trasformata. In quanto incitamento alla danza, la musica si rivela pertanto capace di modificare profondamente il rapporto dell’io con se stesso, in altri termini la struttura della coscienza. [Piano psicologico] Sul piano psicologico, la musica influisce anche sulla percezione, tanto spaziale quanto temporale, che si ha del proprio essere. Analogamente al suono della parola, il suono musicale definisce lo spazio in cui mi trovo come uno spazio abitato da uomini, nel quale vengo ad assumere una certa collocazione. […] I rumori della natura mi informano sui suoi movimenti, i suoni prodotti dagli uomini sulla loro presenza e la natura di tali suoni sull’attività che stanno svolgendo […]. Sento la presenza di uomini che stanno facendo qualcosa. I suoni che odo costellano lo spazio e mi consentono di integrarmi in esso. Nella dimensione temporale, la musica modifica ancor più la coscienza del proprio essere. In quanto architettura del tempo, gli conferisce una densità diversa da quella quotidiana, una materialità insolita o di un altro ordine. La musica indica che qualcosa sta succedendo; che il tempo è occupato da un’azione in svolgimento, oppure che un certo stato regna sugli esseri. Ne è un esempio il rullo del tamburo che risuona nel circo mentre il trapezista esegue un salto mortale. Ancora un esempio: quel rituale per l’intronizzazione di un nuovo depositario del potere di Ogun Edeyi, dio del ferro di una certa comunità contadina in territorio nago-yoruba. Intorno al santuario è riunita una folla di varie centinaia di persone, venute ad assembrarsi poco alla volta al cadere del giorno. Rumore sordo. Viavai nell’oscurità punteggiata dalle luci delle lampade a petrolio. Man mano, senza che ce ne si renda conto, le lampade si spengono le une dopo le altre. Buio completo. Sonnolenza. Verso mezzanotte si ode un grido, dal santuario esce una luce che sprizza scintille e all’improvviso risuonano i tamburi. Il loro crepitio s’impossessa del mondo. L’universo è mutato. Qualcosa sta accadendo. Echeggeranno senza posa per otto o dieci ore. L’alba scaccerà la notte, il giorno scaccerà l’alba, il sole scaccerà il fresco del mattino, senza che il battito dei tamburi si sia interrotto per un solo istante. Più esattamente, del tamburo: quel piccolo tamburo (ne abbiamo già parlato in precedenza) che risuona anche per oro, poggiato per terra e suonato da due tamburini posti uno di fronte all’altro, con due altri suonatori disposti lungo un asse perpendicolare a quello dei primi due e pronti a dar loro il cambio. Contrariamente agli altri tamburi insieme ai quali forma la batteria, questo piccolo tamburo non «parla», e non svolge neppure quel ruolo metronomico che così spesso hanno i piccoli tamburi. Batte più o meno rapidamente e più o meno forte, ora frenetico, ora sommesso; di fatto non ha una vera e propria funzione ritmica. Tutto indica che il suo ruolo è di mantenere una certa risonanza per garantire la continuità dell’azione, di instaurare insomma un diverso ordine di durata o, se si preferisce, di operare una sorta di cristallizzazione del tempo. Si tratta qui di fermare il tempo, per un periodo relativamente lungo (una mezza giornata), su di uno spazio relativamente vasto (il santuario e i luoghi circostanti) a beneficio di un numero relativamente elevato di persone (una ventina di protagonisti e varie centinaia di spettatori). In queste condizioni, Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 107 la cristallizzazione del tempo non può mantenersi uniforme e attraversa necessariamente momenti di intensificazione e di rilassamento. Ma ciò ha poca importanza. Quel che conta è che essa non venga mai meno del tutto. A questo livello assai elementare dell’organizzazione temporale attraverso la musica se ne sovrappone un altro che è un'autentica architettura del tempo. Le musiche di possessione non si servono solo, contrariamente a ciò che si ritiene di solito, della ripetizione e dell’accumulazione. Le divise musicali sono degli enunciati melodici o ritmici e quindi delle forme temporali, suscettibili di variazioni e di ornamenti, che si susseguono nel corso della cerimonia, formando delle sequenze che assolvono una funzione di rinnovamento e di sviluppo del tempo musicale senza tuttavia intaccarne l’unità, dal momento che i vari brani che si concatenano appartengono tutti ad un unico genere. Trasformando pertanto in varia maniera il modo di sentire il tempo e lo spazio, la musica modifica il nostro «essere-nel-mondo». [Piano affettivo] La risonanza affettiva suscitata dalla musica _ per lo meno da certe musiche _ in qualsiasi individuo costituisce un ulteriore aspetto dello sconvolgimento da essa operato nella coscienza. La capacità della musica di risvegliare associazioni emotive e di ricreare situazioni che coinvolgono l’intera sensibilità dell’essere è unica, determinando uno stato interiore accompagnato da rapporti con il mondo in cui prevale l’affettività. [Piano estetico] Quando raggiunge le vette dell’arte, infine, la musica suscita un sentimento di totale adesione dell’io a quanto sta accadendo intorno, e opera in tal senso un’ulteriore trasformazione della struttura della coscienza, attuando un particolarissimo rapporto dell’io con il mondo. Queste osservazioni assai sommarie servono unicamente a ricordare che la musica modifica profondamente e a vari livelli la coscienza di sé e del proprio rapporto con il mondo. Tali modificazioni hanno essenzialmente a che fare con la dimensione sensibile di questi rapporti. Vedremo come anche le relazioni con gli dèi partecipino in parte di questa categoria. [Una lettura antropologica della malattia] Naturalmente non si può capire la possessione se non situandola nel quadro delle rappresentazioni del mondo caratteristiche di una data società. Tali rappresentazioni, a loro volta, devono essere messe in rapporto con il modo in cui vengono vissute quotidianamente e in particolare con il modo in cui si vive giorno per giorno, indipendentemente da ogni cerimonia, la presenza degli dèi. Il minimo che si possa dire è che se ne hanno scarse informazioni. Si sa, tuttavia, che nelle società di tipo arcaico, nelle quali si osservano appunto i culti di possessione, l’individuo mantiene un costante contatto sensoriale con la natura, e vive in un rapporto intimo con gli elementi, le piante, gli animali. Per lui, la distinzione tra mondo animato e inanimato è estremamente confusa. Uomini, bestie, piante, cose, tutto ha un’anima. Ogni fenomeno lo si interpreta come il risultato dell’azione o della presenza di un’anima e il visibile è sempre animato dall’invisibile. In ogni oggetto, in ogni luogo familiare, in ogni Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 108 attività quotidiana e in ogni fenomeno concreto egli riconosce la presenza di un dio. Si è quindi in diritto di ritenere che per lui gli dèi siano esseri di cui sente la vicinanza fisica. Questi sono all’origine, beninteso, di rappresentazioni astratte, ma tutto indica che la loro esistenza è da lui fortemente vissuta a livello di esperienza sensibile. Aggiungiamo che, presso parecchie società, la maggior parte delle anime che popolano l’invisibile sono anime di morti accanto ai quali l’individuo vive talvolta fisicamente (presso i fon e i gun, ossia nella terra dei vodun, i morti si seppelliscono all’interno dell’abitazione) e a cui fa riferimento in ogni occasione. È noto del resto come spessissimo egli attribuisca la malattia alla presenza di uno spirito mal disposto verso di lui o che pretende da lui qualcosa, oppure alla cattura della sua o di una delle sue anime da parte di uno di questi spiriti. In tale contesto, è quindi legittimo interpretare la malattia come la depossessione di sé da parte di un altro che succhia le proprie forze, scinde la personalità, aliena le proprie capacità fisiche o mentali. La malattia fisica deriva da sensazioni provenienti da una parte ricalcitrarne del corpo _ più o meno importante, più o meno localizzabile secondo i casi che invadono la coscienza. Per un individuo che non concepisca il proprio corpo secondo le categorie biologiche del mondo moderno e che non interpreti i disturbi del suo funzionamento come alterazioni dovute ad agenti microbici o a squilibri chimici, nulla di più naturale che vedere nella malattia il risultato di una presenza estranea, dato che nella malattia non ci si riconosce e la parte malata diventa un corpo estraneo, gli organi colpiti assumono un’esistenza autonoma e sembrano abitati da una vita distinta. Sul piano mentale o nervoso, la malattia, o solo la fatica, l’irritazione, l’ansietà, il fastidio generano sensazioni interne confuse e moleste che invadono la coscienza. Espressioni come «avere i nervi a fior di pelle», «essere in preda all’ira», essere «divorato» dalla febbre, essere «roso» dall’impazienza _ presenti in ogni lingua e che dimostrano quindi che si tratta di un’esperienza universale _ stanno a indicare esattamente un’alterazione delle sensazioni corporee, una modificazione fisica dell’io, la presenza di un essere vivente che alberga nel corpo. Nelle società di cui ci occupiamo, tali stati interiori vengono percepiti a livello sensoriale tanto più intensamente in quanto la vita quotidiana è soggetta al lavoro manuale, che mantiene sveglia la coscienza del corpo. In queste condizioni, mettere in relazione gli stati interiori con la presenza fisica di una di queste anime, di questi spiriti o geni, di una di queste divinità insomma che popolano il mondo esterno e ne governano tutti i fenomeni, vuol dire ascoltare il buon senso. Un buon senso che si ricollega, tutto sommato, con la teoria comune sul funzionamento generale del mondo. Se ne conclude che, nelle società di cui ci occupiamo, sia il modo di sentire la musica che quello di vivere la presenza degli dèi e di subire la malattia dipendono, sul piano della struttura della coscienza, da un unico tipo di relazione con il mondo e con se stessi. Ciò spiega come gli dèi, la malattia e la musica possano essere così strettamente legati fra loro nei culti di possessione.”. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 109 [1] Rouget G., (1980), Musica e trance, Einaudi, Torino 1986, pp. 164-171. [2] Argomento estremamente complesso la cui trattazione, per essere esauriente, dovrebbe venire svolta a livello interdisciplinare. Per il momento sembra che un lavoro di questo genere non sia stato ancora svolto. Ricordiamo che l’opera di Robert Francès sulla percezione della musica risponde a tutt'altre esigenze. Lo stesso autore ne parla infatti (Francés R. (1958), La perception de la musique, Libraire philosophique Vrin, Paris 1972, p. 414) come di «prolegomeni a una teoria del giudizio estetico» e afferma di esser ricorso ai dati della psicologia sperimentale e sociale (ibid., p. 402) senza tener conto, o quasi, di quelli forniti dalla fisiologia e senza stabilire confronti. [3] Carapetyan A., (1948), Music and Medicine in the Renaissance and in the 17th 18 th Centuries, in Schullian e Schoen (a cura di), Music and Medicine, p. 148. [4] Un’antichissima forma di divinazione praticata dai Tibetani consiste nel leggere gli spostamenti dei semi posti sulla membrana di un tamburo, causati dalle vibrazioni di un tamburo vicino, percosso dall’indovino. Questi invoca contemporaneamente le divinità del caso, chiedendo loro di rispondere alle sue domande (Nebesky-Wojkowitz R., (1956), Oracles and Demons of Tibet, Mouton, ‘s Gravenhage, pp. 457-60). [5] Su questa topografia della sensibilità interna, cfr. Husson R., (1060) La voix chantée, Gauthier-Villars, Paris, pp. 60 sgg. [6] Roux A., (1973), La musique pop, in Paul Beaud e Alfred Willener, Musique et vie quotidienne. Essai de sociologie d’une nouvelle culture, Mame, Paris. [7] Cerimonia di trance della zona di Dakar. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Neri Simona, In ascolto dell'anima e del cuore Pubblicato il 12 ottobre 2009 da http://musicoterapie.over-blog.com/ IN ASCOLTO DELL’ANIMA E DEL CUORE … PENSIERI SOSPESI SUL FILO DELLE NOSTRE VIBRAZIONI… DELLE NOSTRE EMOZIONI… Angusti sono gli argini del cuoremisura come il marenel suo ritmo possente ed infinito monotonia celeste finché l’uragano lo infrange e non appena da se stesso vede insufficiente il suo spazio Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 110 sconvolto il cuore impara che la calma non è altro che un muro di garza non violata la spinta di un istante lo distrugge il dubbio lo dissolve. EMILY DICKINSON[1] Ci sono momenti in cui anche mettersi in ascolto è assolutamente impossibile, momenti in cui si desiderano solo attimi di silenzio e non si è disposti ad ascoltare nessuno, nemmeno sé stessi. Questi lunghi profondi attimi mi fanno riflettere e capire quanto io stessa faccia fatica a mettermi in ascolto di me quando l’ascolto degli altri non è sulla mia stessa frequenza. Ma quale frequenza posso utilizzare? Quale musica mi potrà aiutare? Bonardi crede che sia ”una musica del cuore”[2] poiché ognuno di noi percepisce qualcosa che parte da qualcos’Altro ancora più celato e intimo che chiamiamo anima; l’anima sente questa “vibrazione” così simile a sé e la rende propria. Quando abbiamo una nostra musica ad un tratto ci sentiamo più forti, in essa possiamo rifletterci, vederci e sentire tutta la felicità della nostra anima e al contempo tutta la sua infelicità, la sua impotenza e il suo limite. Una vibrazione che ci permette di essere gioia e dolore, felicità e tristezza, malinconia e serenità contemporaneamente. Così al di là delle parole che spesso ci confondono con i loro significati diventiamo comunicazione semplice e sonora, e come definisce Borgna “noi siamo un colloquio[3]” poiché tutto di noi è fatto per comunicare. Così, riprendendo il pensiero di Bonardi[4], cerco di interrogarmi costantemente sul senso della musica che utilizzo in musicoterapia poiché questa ricerca non è un vezzo ma una necessità perché la musica diventa il mezzo per aprire una porta lontanissima, a volte chiusa a doppia mandata che svela il cuore e l’anima che allo stesso tempo mi coinvolge e mi sconvolge. Perché la musica è un mezzo così ‘potente’ e così meraviglioso? Credo che la musica ‘giusta’ risuoni e faccia risuonare le tonalità emotive mie e dell’altro, vivendo così lo stimmung. “… il termine Stimmung, che si vuole tradurre come TONALITA’ EMOTIVA deve essere qui svuotato da ogni significato psicologico e restituito alla sua connessione etimologica Stimme e quindi alla sua dimensione acustico-musicale (… ossia) una ACUSTICA DELL’ANIMA[5]”. Come è possibile tradurre in parole le emozioni, le tonalità emotive che ciascuno di noi prova ascoltando la musica ‘giusta’? ”(…) Al di là della sua inscindibilità e della sua resistenza a qualsiasi traduzione discorsiva, la musica, questa musica, ci sottrae al dilagare delle distrazioni mondane e all’esteriorità e ci fa ri-tornare nella nostra Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 111 interiorità: NELL’AREA SCONFINATA DELLE NOSTRE EMOZIONI; recuperandone il timbro inconfondibile e creativo. I contenuti emozionali della musica, le risonanze emozionali e creative che essa desta in ciascuno di noi, cambiano e si rinnovano nel contesto della nostra diversa sensibilità e delle nostre diverse attitudini a sintonizzarsi con essa; ma la luce abbagliante della gioia e della tristezza e della nostalgia trapassa ogni indifferenza e ogni nostra apatia: trasformando profondamente la nostra vita interiore e il nostro cuore, la nostra memoria e la nostra percezione vissuta delle cose.”[6] La musica è dunque qualcosa di impalpabile quasi inconsistente che è capace di provocare in tutti noi evoluzioni e rivoluzioni impensabili diventa un elemento vitale, indispensabile alla sopravvivenza umana; non a caso Wittegestein era solito citare che il movimento lento del terzo quartetto di Brahms lo aveva trattenuto quando si trovava sull’orlo del suicidio. ”… la musica fa dell’uomo un essere assurdo e appassionato e benché rinnovabile lo Charme della musica gli è prezioso come lo sono l’infanzia, l’innocenza o gli esseri cari destinati alla morte… lo charme è labile, fragile, e il presentimento della sua caducità avvolge di una poesia malinconica lo stato di grazia che esso suscita.” [7] Il nostro lavoro musicoterapico quindi ci mette in stretto contatto con il cuore, con le esigenze del nostro cuore e il cuore dei nostri assistiti, imparando così ad ascoltare. L’ascolto con il cuore è quindi una forma di conoscenza essenziale complementare alla ragione; e il cuore, che non è infondo se non un’altra immagine dell’intuizione (fenomenologica) e del conoscere ermeneutico. L’ascolto con il cuore, come una sonda, consente di vedere la profondità dell’anima: le sue espressioni, i suoi abissi, le sue lacerazioni possibili e le sue increspature (Borgna). Un ascolto quindi che si svela i possibili significati evocati dalla musica poiché “… si presta meglio di ogni altra cosa a metaforizzare questo atteggiamento proprio per il suo costitutivo non essere ancorata a dei significati definiti. Per lo stesso motivo, la musica rappresenta in generale un costante invito alla metafora. Ogni metafora tenta di circoscriverla ma, per la sua stessa natura, che è allusiva e antiesaustiva, non può farlo che in modo delicato e sfuggente; e così rende al tempo stesso testimonianza alla sua inesauribile ricchezza. La musica fornisce alla terapia molte suggestioni, che alimentano un pensare analogico e metaforico: e questo certamente giova alla terapia stessa, perché suggerisce di diventare più leggera e aperta. Se l’indicibilità è l’essenza della musica, la terapia, nell’ispirarsi alla musica per dire delle parole allusive, parole insoddisfacenti per l’intelletto definitorio ma che nutrono la curiosità del viaggiatore, la sceglie come madrina, una madrina elusiva,come elusiva vorrebbe essere anch’essa l’analisi.”[8]. Il linguaggio misterioso e luminoso della musica, la sua essenza indecifrabile e sfuggente (indicibile e ineffabile), si costituisce nondimeno come una componente radicale della vita: della vita psichica e spirituale. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 112 Non bastano pochi secondi a rivelare tutta la malinconia o il dolore o la felicità che le persone che incontriamo ci portano, ma dopo anni di ricerca reciproca ecco che, nella lunga attesa, vedo apparire silenzioso e prepotente il mio dolore, la mia malinconia e… la mia gioia. Il condividere di entrambi (persona/terapeuta) diventa ascolto reciproco e cammino insieme in questi momenti vivo il cambiamento poiché, con fatica, a volte sono in sintonia, ascoltando il cuore dell’altro, accolgo il mio. Così sono sempre maggiormente convinta che non c'è ascolto se siamo sordi verso noi stessi poiché “scrivere ricette è la cosa più semplice al mondo; ascoltare la gente che soffre e chiede l’aiuto del medico, è la cosa più difficile e nobile.”[9]. Simona Neri [email protected] [1] Dickinson E., Tutte le Poesie, a cura di M. Bulgheroni, Mondadori, Milano 1998 e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, pag. 31. [2] Bonardi G., (2009), Una musica del cuore, http://musicoterapie.overblog.com/ [3] Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000. [4] Bonardi G., (2009), M come… musica, http://musicoterapie.overblog.com/ [5] Agamben G., Il linguaggio e la morte, Einaudi, Torino 1982 e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, pag.81. [6] Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, pag. 84. [7] Jankélévitch V., La musica e l’ineffabile, Bompiani, Milano 1998, e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, pag. 84. [8] Romano A., Musica e Psiche, Bollati Boringhieri, Torino 1999, e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, pag. 85. [9] Kafka F. Aforismi, edizioni Ten, citato anche in Kranz H., Depressionen,Bonaschewski, Munchen- Grafeling 1970 e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, pag.97. Con tag Neri Simona, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, Tutto è terapia? Pubblicato il 11 ottobre 2009 da Musicoterapia in... ascolto http://musicoterapie.overblog.com/ Il termine terapia oggigiorno assume il significato ambiguo di “valore aggiunto” per cui qualsiasi bene di consumo o attività sportiva o artistica, con l’aggiunta della parola “terapia”, è considerata migliore di altre perché… fa bene! In questa prospettiva il ‘mezzo’ è terapeutico in sé. In realtà il termine terapia deriva dall’etimo greco “therapeía” (θεραπεία) che significa assistere, curare. Il termine terapia si riferisce quindi non Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 113 al ‘mezzo’ ma all’atto di assistere, curare, ossia all’attività compiuta da una persona nei riguardi di un’altra. Il ‘mezzo’ utilizzato non ha alcuna proprietà terapeutica in sé ma può acquistare una valenza d’aiuto se facilita una specifica persona a migliorare il proprio stato psicofisico. È opportuno ribadire quindi che non esiste una musica terapeutica in sé ma può esistere un evento musicale specifico che aiuta, di fatto, la persona a star meglio poiché è il singolo che stabilisce un rapporto intersoggettivo significativo con quel particolare fatto musicale. È quindi la ricerca e l'adozione di quell’evento musicale specifico che orienta il nostro modo di rapportarsi con l’altro in senso terapeutico. Assistere è un’attività che richiede quindi una paziente ricerca-ascolto della persona, considerandola come il ‘vero’ soggetto della nostra attività terapeutica. Giangiuseppe Bonardi [email protected] Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, M come... musica Pubblicato il 3 ottobre 2009 Interrogarsi sul senso del termine musica in musicoterapia non è un mero vezzo intellettuale ma è una necessità. Una riflessione obbligata in merito ad un ‘argomento’ cruciale che costituisce il cuore del processo musicoterapico giacché, di fatto, utilizziamo eventi musicali, ascoltati, agiti e/o improvvisati per ottenere il fine terapeutico prefissato. Ma cosa significa il termine musica? “È interessante osservare che nessuna lingua antica possedette un vocabolo perfettamente rispondente al concetto di musica modernamente inteso, cioè come arte di combinare e coordinare variamente nel tempo e nello spazio i suoni, prodotti da voci o da strumenti e ordinati in strutture quantificate secondo l’altezza, la durata, l’intensità. Infatti, al di fuori dell’area colta europea la musica intesa come «organizzazione umana del suono» (J. Blacking) e il musicale, ossia «il sonoro costruito e conosciuto da una cultura» (J. Molino), risultano sempre così intimamente correlati alla sapienza cosmologica e alla narrazione mitologica, e funzionali ai momenti salienti della vita sociale (riti di passaggio, celebrazioni calendariali ecc.) da non essere concepibili come «cosa in sé». La musica come autonoma espressione estetica sembra quindi appartenere al solo Occidente, che del resto non l’intese con chiarezza come tale se non a partire dal tardo Settecento.”[1] Grazie quindi all’etnomusicologia, il concetto di musica non è inteso solamente dal punto di vista estetico ma soprattutto da quello antropologico; viene così rilevata l’importanza del contesto culturale che elabora e definisce la musica “… come una pratica…”, ossia “… ogni fenomeno sonoro ad essa associato non riducibile al linguaggio (…) e che presenti un certo livello di organizzazione ritmica o Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 114 melodica…”[2]. Così possiamo considerare musica anche “… i suoni che l’uomo emette spontaneamente, sia come espressione del ritmo interiore della propria persona, sia come imitazione dei rumori della natura…”[3] La cosiddetta ‘musica naturale’, di schneideriana memoria, “… non dipende né da un metro convenzionale né da un programma estetico elaborato da una determinata cultura. Si tratta dunque di una musica essenzialmente improvvisata, o conforme alle manifestazioni acustiche abituali di un individuo.”[4] Estetica, pratica o naturale, la musica quindi è una forma espressiva creata dall’uomo per manifestare acusticamente, nello spazio, l’organizzazione temporale del proprio sé così ricolmo di affetti. Il problema quindi non è quello di enfatizzare i presunti aspetti terapeutici sottesi alla musica ma saperla ascoltare, accoglierla sia quando essa ci appartiene come ‘oggetto’ estetico a noi noto, sia quando si tratti di un evento ‘naturale’ a noi sconosciuto. Allo stato attuale non sappiamo, con esattezza, quale sia la musica maggiormente idonea a sortire un effetto terapeutico; sappiamo che gli eventi musicali cari alla persona e le sue improvvisazioni canore e/o strumentali, sono i soli ‘mezzi’ che abbiamo a disposizione per interloquire con lei. Giangiuseppe Bonardi [1] AA. VV., (2006) Musica, Enciclopedia tematica Vol. 16, RCS, Milano 2006, pag. 569. [2] Rouget G., (1980), Musica e trance, Einaudi, Torino 1986, pag. 91. [3] Schneider M., (1970), Il significato della musica, Rusconi, Milano, pag. 97. [4] Schneider M., (1970), Op. Cit., pp. 96, 97. Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Novembre Bonardi Giangiuseppe, L’essenza della ‘musica’ è in ogni cosa Pubblicato il 19 novembre 2009 L’opera di Marius Schneider[1], a più riprese, delinea una precisa concezione musicologica: qualsiasi fenomeno che percepiamo ha un’essenza acustica, perciò musicale. Per il pensatore alsaziano gli eventi, le persone, gli animali e le cose, hanno e sono ‘materializzazioni’ di una primaria sostanza musicale. Pensare il mondo come una progressiva materializzazione di un’originaria essenza acustica appartiene, di fatto, alla millenaria cultura indiana di cui il pensatore alsaziano è stato un mirabile studioso ma, noi figli dell’occidente imbevuti di razionalità fin dalla nascita, come possiamo intuire la veridicità di un pensiero estremamente spirituale e poco dimostrabile? Al fine di ricercare una risposta convincente è necessario rintracciare, nei fenomeni, l’eventuale presenza della loro essenza musicale. A titolo esemplificativo analizziamo due fenomeni alquanto differenti: Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 115 un componimento poetico; una semplice somma aritmetica. Il punto di partenza quindi è quello di dimostrare che la poesia e la somma aritmetica sono essenzialmente… musiche. La poesia Foglie d’autunno[2] Spinte dal vento le foglie d’autunno: danzano, scendono, salgono, volano. Spinte dal vento le foglie d’autunno: girano, girano, cadono, corrono. Spinte dal vento le foglie d’autunno: tremano, tremano, planano, posano. Spinte dal vento le foglie d’autunno: … dormono. Giangiuseppe Bonardi Ad una prima lettura del testo poetico è difficile intravvedere l’essenza acustica che lo pervade ma, se lo si analizza meglio, ecco che la musicalità emerge prorompente, donando alla poesia la sua essenza vitale: l’anima acustica che la caratterizza. La somma aritmetica La somma aritmetica esprime l’addizione di quantità di cose per cui sembrerebbe impossibile rintracciare in essa la sua dimensione acustica ma, se esprimiamo i numeri come quantità di… suoni, ecco che il freddo calcolo aritmetico svela la sua essenza acustica, dinamica vitale: la sua anima! Il nostro sguardo e il nostro orecchio supera ora l’angusta visione dell’apparente staticità e freddezza dei numeri, indicando la possibilità di scorgere la dinamicità musicale che la sottende, così si può affermare che la matematica può diventare: «tutta un’altra musica!». Riflessioni... musicali La poesia e la somma aritmetica sono fenomeni che culturalmente ci appartengono e così ‘analizzati’ possono dischiudere la possibilità di Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 116 intravvedere in essi l’essenza musicale che li pervade, accomunandoli analogicamente. Rimane difficile rintracciare l’essenza musicale in altri fenomeni ma è chiaro che questa ricerca richiede, in chi la fa, una fortissima carica motivazionale a credere in essa, sapendo bene che l’espressività musicale è la manifestazione acustica del proprio stato interno (tempo) che si manifesta acusticamente nello spazio (spazio) diventando musica. In persone gravemente compromesse sul piano relazionale, l’espressione spontanea di piedi metrici, ossia di ‘cellule ritmiche’, o di profili melodici maggiormente definiti indica, inequivocabilmente, la manifestazione acustica dell’inizio del processo di integrazione del mondo interno della persona. Un mondo interno: ricolmo di vissuti (sensazioni corporee, emozioni, tonalità emotive, sentimenti), di immagini analogiche e di pensieri che faticosamente la persona inizia a organizzare. Il musicale agito può essere quindi interpretato, ricercando, con estrema pazienza, le chiavi di lettura che possano dischiudere i contenuti che popolano il mondo acustico (interno) della persona, utilizzando allo scopo il complesso pensiero schneideriano[3] che in questa fase ci è d’aiuto. Giangiuseppe Bonardi [1] Per ulteriori approfondimenti si consiglia la lettura in particolare di: Schneider M., (1970), Il significato della musica, Rusconi, Milano Schneider M., (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986. [2] Bonardi G., (1991), Musica più classe 5°, Editrice La Scuola, Brescia, pag. 47. [3] Marius Schneider e la... Musicoterapia! Di Giangiuseppe Bonardi Giovedì 6 novembre 2008 - Pubblicato in: Marius Schneider - Da http://musicoterapie.over-blog.com/ Alla ricerca del senso del musicale in musicoterapia. Di Bonardi Giangiuseppe - Giovedì 12 marzo 2009 - Pubblicato in: L’interpretazione in musicoterapia - Da http://musicoterapie.overblog.com/ A come... analogia. Di Bonardi Giangiuseppe - Giovedì 26 marzo 2009 Pubblicato in: Marius Schneider - Da http://musicoterapie.overblog.com/ Suoni e significati nel pensiero di Marius Schneider. Di Bonardi Giangiuseppe - Domenica 12 aprile 2009 - Pubblicato in: Marius Schneider - Da http://musicoterapie.over-blog.com/ Numeri e significati nella prospettiva di Marius Schneider. Di Giangiuseppe Bonardi - Sabato 9 maggio 2009 - Pubblicato in: Marius Schneider - Da http://musicoterapie.over-blog.com/ Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 117 Simboli e significati nella prospettiva di Marius Schneider. Di Giangiuseppe Bonardi - Sabato 16 maggio 2009 – Pubblicato in: Marius Schneider - Da http://musicoterapie.overblog.com/ Strumenti musicali e significati nella prospettiva di Marius Schneider. Di Giangiuseppe Bonardi - Mercoledì 20 maggio 2009 - Pubblicato in: Marius Schneider - Da http://musicoterapie.over-blog.com/ La ‘musica’ di Danilo. Di Bonardi Giangiuseppe - Mercoledì 3 giugno 2009 - Pubblicato in: L’interpretazione in musicoterapia - Da http://musicoterapie.over-blog.com/ Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Di Sabbato Daniela[1], Prime riflessioni... Pubblicato il 16 novembre 2009 ... Piove! Una musica melodica accompagna questo pianto universale. Anche dentro di me piove. Ma nulla accompagna il mio pianto, neanche le lacrime. Sono vuota. È come se mi vedessi dall’alto, dall’esterno, ma c’è qualcosa che mi tiene saldamente ancorata a questo stupido corpo! Ho voglia di USCIRE. Vorrei volare lontano, ma sulle ali del tempo. Mentre il mio pensiero vola sulle ali del tempo, resto seduta ai bordi dell’aurora aspettando che il sole sorga per me! Vorrei che il mio sogno volasse sopra ogni cosa per raggiungere quella meta così assurda; che riuscissi per un lungo interminabile attimo “fuggente” ad allungare le mie mani ed affondarle in quell’impalpabile desiderio del mio cuore, per provare quella sensazione che nei miei sogni diventa così reale che quasi mi sembra di viverla ogni volta! L’albero della mia vita sembrava essersi seccato. Sembrava, ma la natura ha voluto premiare chi è sopravvissuto alle avversità che si sono presentate. Un giorno da quell’albero spunteranno tanti piccoli fiori profumati che inebrieranno chiunque passi lì accanto! Daniela Di Sabbato [email protected] Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 118 [1] Con queste ‘riflessioni’, la collega Daniela Di Sabbato esprime con sensibilità poetica il suo tempo-spazio-vissuto che caratterizza la personale vita di chi, come Lei, vive tuttora il post-terremoto aquilano. È 'musica' ricolma di emozioni che risuonano nella mente e, soprattutto, nel cuore di ogni lettore attento e sensibile. Giangiuseppe Bonardi Con tag Di Sabbato Daniela, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 2 commenti Di Sabbato Daniela[1], Il suono bianco del terremoto Pubblicato il 12 novembre 2009 … un urlo squarcia il silenzio della notte... non è umano... è la terra che grida! È l’inizio o la fine? Tanti tamburi, trombe e... forse corni irrompono con forza nella mia testa. Sono suoni a bassa frequenza, cupi... da incubo! La mia casa parla, con un linguaggio da oltretomba! «Fuori! Esci fuori! »… Non respiro! ... Polvere bianca intorno a me! Sono fuori; i suoni cambiano... Urla e pianti umani, diversi, ma sommessi. Bassa frequenza. Il tempo passa... suoni acuti che mi penetrano, mi attraversano come se il mio corpo non esistesse, come se fossi aria. Suoni acuti... sono le sirene di ambulanze, vigili del fuoco, forze dell’ordine! Quanto malessere danno! Ancora un urlo... della terra... cupo... di oltretomba... mentre ancora tutto trema! ... é il suono della vibrazione della terra Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 119 e di quello delle pareti che mi accompagna! Ma quanti colori ho visto nel buio della mia camera, aggrappata alla testata di un letto a castello che mi ha salvata! ... No nero... ma rosso cupo, azzurro e verde. ll verde mi ha fatto sentire e vedere un serpente. "Pochi" secondi e la tua vita è stravolta! ... E dopo, colori e suoni che ti portano via come in un vortice... seguiti da un silenzio esasperante e un suono bianco. Un silenzio che urla più di mille orchestre insieme, ma sempre un silenzio bianco e l’eco che senti è un suono bianco... massacrante, che ti resterà dentro per sempre! Daniela Di Sabbato [email protected] [1]Ho chiesto da qualche tempo alla collega Aquilana Daniela Di Sabbato di trascrivere ‘la musica’ dell’infernale terremoto che ha devastato il capoluogo Abruzzese e che lei ha subito sulla propria pelle, facendoci così partecipi del vivido ricordo del tempo-spazio da lei vissuto. Giangiuseppe Bonardi Con tag Di Sabbato Daniela, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 6 commenti Bonardi Giangiuseppe, La musica è tempo-spazio vissuto e oggettivo Pubblicato il 10 novembre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.over-blog.com/ Qualsiasi evento musicale esiste in virtù della presenza di due dimensioni che lo determinano: il tempo d’esecuzione; lo spazio d’esplicazione. L’evento musicale è quindi l’espressione di un tempo-spazio vissuto perché esiste nel momento in cui lo si realizza e lo si ascolta. In questa prospettiva la musica è l’espressione dei vissuti (tempo) che si esplicano, e diventano udibili, nello spazio. Qualsiasi musica può essere quindi intesa come l’espressione di un tempo-spazio vissuto. Il tempo-spazio musicale è quindi l’espressione di vissuti (sensazioni corporee, emozioni, tonalità emotive, sentimenti) appartenenti al mondo interno della persona (tempo) che sono udibili perché risuonano nello spazio. Nel momento in cui trascrivo l’evento musicale in una forma Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 120 semiografica formale o informale rappresento, di fatto, quell’evento musicale come un tempo-spazio oggettivo. L’evento musicale ha quindi due dimensioni complementari: un tempo-spazio vissuto (esecuzione e ascolto); un tempo-spazio oggettivo (analisi). Entrambe le dimensioni di tempo-spazio hanno paritetica importanza poiché l’analisi di un evento musicale (tempo-spazio oggettivo) consente l’individuazione di aspetti formali che ‘visualizzano’ i contenuti dei vissuti (tempo-spazio vissuto)[1] sottesi. Parimenti l’ascolto e l’esecuzione (tempo-spazio vissuto) hanno la possibilità di essere rappresentati semiograficamente al fine di ‘oggettivare’ l’esperienza musicale per poterla, in seguito, analizzare e interpretare, facendo emergere alla coscienza i vissuti esperiti. Giangiuseppe Bonardi [email protected] [1] Al riguardo si consiglia la lettura: Di Sabbato Daniela, (2009), Clelia 'suona'... le sue emozioni, http//musicoterapie.over-blog.com/ Bonardi Giangiuseppe, (2009), La ‘musica’ di Danilo, http//musicoterapie.over-blog.com/ Bonardi Giangiuseppe, (2009), Dvořák letto con gli occhi di... Schneider!, http://musicoterapie.over-blog.com/ Bonardi Giangiuseppe, (2009), Una musica del cuore, http://musicoterapie.over-blog.com/ Bonardi Giangiuseppe, (2009), Alla ricerca del senso del musicale in musicoterapia, http//musicoterapie.over-blog.com/ Bonardi Giangiuseppe, (2009), M come... musica, http://musicoterapie.over-blog.com/ Neri Simona, (2009), In ascolto dell’anima e del cuore, http://musicoterapie.over-blog.com/ Con tag Il senso del musicale in musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, Tempo, spazio, vissuti Pubblicato il 6 novembre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.over-blog.com/ Quali sono i parametri fondamentali che caratterizzano una seduta di musicoterapia, una lezione di educazione musicale e un laboratorio di animazione musicale? Nella seduta di musicoterapia, la persona e il terapista, intenti a interagire musicalmente, assumono posizioni e posture consone a raggiungere lo scopo relazionale, vivendo l’esperienza per un determinato tempo. Parimenti, nella lezione di educazione musicale, l’insegnante e gli allievi, assumendo perlopiù una posizione frontale e una postura seduta, Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 121 eseguono un’attività educativa, esperendola in un intervallo di tempo fissato. In fine, durante l’attività d’animazione musicale, i partecipanti, condividendo la musica, assumono posizioni e posture consone per raggiungere l’interazione di gruppo, vivendo l’esperienza per un preciso intervallo di tempo. La seduta, la lezione, il laboratorio sono situazioni esperite da persone che le vivono in uno spazio e in un tempo. Lo spazio e il tempo sono quindi i parametri fondamentali che caratterizzano le situazioni (tempo-spazio oggettivo) considerate ma poiché il tempo e lo spazio sono vissuti dalle persone coinvolte, è bene considerarli come spazi vissuti e tempi vissuti (tempo-spazio vissuto). L’assunzione di una postura e di una posizione manifestata in un ambiente e la durata di permanenza in quel luogo può essere considerata quindi come la manifestazione nello spazio e nel tempo dei vissuti che la persona esperisce nel tempo e nello spazio di quella situazione. Lo spazio e il tempo sono quindi le dimensioni espressive di sensazioni corporee, di emozioni, di tonalità emotive, di sentimenti incarnati dalla persona. In questa prospettiva la scelta di una postura o la durata di permanenza in un ambiente sono quindi gli indicatori di uno stato affettivo. Così una postura eretta può evocare tensione, quella prona o supina può esprimere uno stato di regressione, mentre quella seduta su una sedia può esprimere il desiderio di interloquire o ascoltare l’altro. Normalmente, quando ci troviamo in un ambiente, assumiamo molteplici posture, vivendo stati emotivi che, consciamente o inconsciamente, riusciamo a coordinare. Una persona che enfatizza l’adozione di una postura, rimanendo esclusivamente eretta o prona, come vivrà quello spazio-tempo? Quali vissuti proverà quella persona? Una persona che permane poco tempo in qualsiasi ambiente, che cosa starà provando? Ogni situazione di vita esiste in un tempo e in uno spazio, dischiudendo la nostra dimensione interna (il tempo vissuto dalla persona) ricolma di vissuti (sensazioni corporee, emozioni, tonalità emotive, sentimenti) che si manifestano nello spazio (posizioni e posture scelte dalla persona). È interessante rilevare come in una seduta di musicoterapia esista, all’interno del tempo-spazio preventivato, una varietà considerevole di tempi-spazi. Il tempo-spazio vissuto dal terapista, il tempo-spazio vissuto dalla persona e il tempo-spazio condiviso mentre si cerca di interagire musicalmente. Quanti e quali vissuti riempiono la stanza durante la seduta di musicoterapia? Piacevoli o spiacevoli, consapevoli o inconsapevoli noi proviamo innumerevoli vissuti da nominare e accogliere con umana comprensione. Giangiuseppe Bonardi [email protected] Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 122 Dicembre Cavallini Daria, Gli adolescenti, la scuola e... il progetto di musicoterapia Pubblicato il 29 dicembre 2009 Da anni si parla dell’importanza che dovrebbe essere data all’istruzione scolastica non solo come trasmissione di contenuti, ma anche come possibilità di crescita e maturazione dell’individuo. Purtroppo tra l’ampliarsi dei programmi ministeriali e la modalità di rapportarsi delle attuali generazioni è difficile per il corpo docente e per i discenti riuscire a modularsi su nuove dinamiche e strategie nell’interazione alunno/docente. Questo sta evidenziando sempre più il malessere della scuola stessa e l’allontanamento di questa dall’obiettivo fondamentale cioè: la formazione di un individuo fornendogli, unitamente alle relazione familiari, la possibilità di maturare ed esplorare i percorsi della vita. Dopo anni di esperienza sono giunta alla conclusione che sia possibile un recupero creando di fianco al percorso didattico legato ai contenuti, un percorso che faccia leva sulla consapevolezza emozionale permettendo agli alunni, ma anche agli insegnanti, di imparare ad accogliere quella parte di noi più profonda che, una volta ri-conosciuta ed accettata ci permetta di considerare lo studio come una ulteriore ricchezza da utilizzare nella crescita. Da questa riflessione nasce il progetto di musicoterapia concepito come possibile percorso educativo-emozionale, da affiancare a quello didattico, al fine di comprendere (o dimostrare?) come un possibile e armonico rapporto con se stessi porti, all’interno dell’istituzione scolastica, alla costruzione di percorsi didattici proficui e soddisfacenti. Per tutto ciò ormai da anni mi batto affinché si possano attuare percorsi paralleli a quelli di natura disciplinare, in modo da poter aiutare i ragazzi ad avviare una crescita squisitamente legata a contenuti che permettano lo sviluppo armonico di un essere nella sua completezza di persona e di personastudente. L’IPSSAR “F. De Cecco“ e la sua realtà scolastica L’esperienza musicoterapica si è svolta presso l’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione “Filippo De Cecco” (I.P.S.S.A.R.) di Pescara, in Abruzzo. La scuola, dislocata in due sedi, raccoglie un’utenza pari a circa 1200 ragazzi il cui obiettivo principale è legato non tanto all’accrescimento culturale quanto al raggiungimento di una professionalità in un campo dove ci sono ancora buone possibilità di lavoro. Va da sé che in base alle esigenze sopra descritte, gli studenti provengono perlopiù da ambienti sociali e culturali poveri e carenti di stimoli e pochi sono coloro che scelgono questo tipo di indirizzo perché realmente interessati e appassionati alle varie discipline. Nell’istituto operano 30 insegnanti di sostegno necessari (e sono pochi) per seguire circa 80 ragazzi diversamente abili e per questo è considerato nella provincia “scuola pilota”. Alcuni di loro hanno diagnosi gravi per cui necessitano dell’assistente specialistico inviato dalla Provincia, mentre la diagnosi più frequente è legata a ritardi nell’apprendimento dovuti Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 123 a situazioni di disagio nell’ambito familiare. Accanto a queste situazioni, ufficialmente riconosciute, ve ne sono altre - e non sono poche - in cui i ragazzi manifestano disturbi dell’apprendimento e del comportamento dovuti a vissuti emotivi difficili, in genere legati alle figure parentali. Opero come insegnante di sostegno all’interno della scuola da 10 anni e da 9 faccio parte del C.I.C. (Centro di Informazione e Consulenza). L’istituto ha anche annesso un convitto femminile - ben lontano dall’idea di collegio elegante e confortevole che si potrebbe immaginare – ed un convitto maschile situato in un ex hotel a 7 km dalla scuola. I convittori trascorrono il loro tempo diviso tra lezioni al mattino e studio al pomeriggio seguiti da alcuni istitutori. Purtroppo la scuola si trova nella periferia della città e nelle 2 ore pomeridiane di tempo libero che hanno non si muovono dall’Istituto stesso perché anche con i mezzi non riuscirebbero ad avere il tempo materiale per andare in centro, divertirsi e tornare, per cui passano il loro tempo extra studio tra l’unica televisione e il biliardino. Questa situazione di stallo (da anni si parla di una nuova struttura ormai divenuta utopia) esaspera, a volte, i comportamenti dando vita a discussioni con i responsabili e fughe al bar – unico luogo a pochi metri dalla scuola – con gran consumo di alcolici (birra) o “spinelli” spesso introdotti da ex alunni che hanno lasciato la scuola e vivono in quartieri, ben noti a coloro che si occupano delle tossicodipendenze, non lontani dalla scuola. Con questa descrizione non voglio dare l’idea di una situazione grave, ma nonostante la buona volontà degli educatori, non sempre gli stimoli presenti sono sufficienti a rendere più fruttuoso e sereno il loro soggiorno. Fortunatamente, secondo me, i giovani a differenza degli adulti hanno un forte spirito di adattamento per cui riescono a trovare il modo di riempire il tempo anche in maniera sana e rimangono, di fondo, ragazzi puliti alla ricerca di qualcuno che gli mostri strade diverse da quelle in cui sono cresciuti. La scuola ha due strutture: la prima divisa in due palazzine è la sede (situata in periferia) ed è quella che ospita il convitto femminile, le classi 1° e 2° e i laboratori di sala, cucina e reception; l’altra (situata in zona più centrale) è un edificio del primo ‘900 nato come scuola e ospita le classi 3°, 4° e 5° ma nel pomeriggio è chiusa per cui tutte le attività pomeridiane si svolgono in sede. I ragazzi fanno 40 ore settimanali di scuola (più di ogni altro ordine) e quindi, tra teoria e pratica, passano diverse ore della giornata nell’istituto. Il corpo docente è il più delle volte messo a dura prova perché buona parte degli studenti non è motivata allo studio e quindi, come è facilmente comprensibile, non ha un metodo per affrontarlo anche perché spesso – come già detto – sono così incentrati su loro stessi e lo studio è l’ultimo dei loro pensieri. Un gruppo di insegnanti, in particolare quelli del biennio, è abbastanza attento e cerca veramente una modalità diversa nel rapportarsi con loro, mentre buona parte di quelli del triennio è ancora ancorato ad una mentalità del tipo: “Se non ti piace non vieni, non sei obbligato!”, dimenticando che per buona parte di loro la scuola rappresenta un luogo in cui, paradossalmente, si sentono quasi a casa, tant’è che spesso ragazzi che hanno terminato il ciclo scolastico o hanno lasciato prima del termine tornano a salutare o – come dicono loro – a “fare un giro”: mai visto un istituto così frequentato da ex alunni. Va anche detto che ci sono Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 124 insegnanti, tra i centodieci presenti, che cercano un dialogo che vada al di là della sola materia e che sono disponibili al colloquio con i ragazzi di cui spesso diventano punti di riferimento. Proprio alla luce di quanto sopra è stato istituito il C.I.C. (Centro di Informazione e Consulenza) al cui interno operano uno psicologo, operatori per la tossicodipendenza e alcuni insegnanti – tra cui la sottoscritta – che prevede momenti dedicati all’ascolto ed è proprio in questo ambiente, in accordo con la dottoressa che è nata l’idea di presentare ed attuare (in quanto approvato ed inserito nel P.O.F. Piano di Offerta Formativa della scuola) il Progetto di Musicoterapia. I ragazzi amano la musica e amano parlare, se trovano persone disposte ad ascoltarli, ed unire queste due modalità e offrirle a piccoli gruppi, opportunamente selezionati in base alla modalità relazionale, poteva essere un modo diverso per aiutare gli stessi a “comprendersi” o – per dirla con il prof. Bonardi – “accogliersi” un po’ di più. Più volte mi ero resa conto, nei vari colloqui, di come esistesse una forte settorialità nell’ascolto musicale: guai ad ascoltare qualcosa che non fosse simbolo di riconoscimento del gruppo stesso! Il cantante melodico napoletano Gianni Celeste, per fare un esempio, bandito ufficialmente da un gruppo di “rappers”, si ascoltava ufficiosamente ma, come le società carbonare, non si portava alla luce. Eppure quegli stessi ragazzi nel loro percorso maturativo ad un certo punto disconoscevano il vecchio gruppo a favore di un nuovo modello negando ciò che era stato, a discapito di un pezzo di sé che era loro servito per crescere. Partendo da questa considerazione sedute a tavolino abbiamo dato vita al progetto, il cui obiettivo fondamentale era quello di offrire ai ragazzi l’opportunità di scoprire la possibilità di ritrovare – o iniziare a cercare – una propria armonia interiore attraverso il riconoscimento e la consapevolezza delle emozioni che sottendono il nostro agire condividendolo con il gruppo dei pari; aiutandoli a comprendere come, spesso, dietro l’oppositività scagliata verso un compagno più timido o verso un’insegnante, si celino sentimenti di inadeguatezza e conflitto il più delle volte originatisi all’interno delle relazioni familiari. L’efficacia della musicoterapia nell’apprendimento in età adolescenziale: il progetto di musicoterapia Premessa La musicoterapia è una modalità terapeutica atta a favorire la costruzione di relazioni, attraverso un lavoro fondato su processi di “interazione empatica” chiamate sintonizzazioni[1], le quali facilitano la comunicazione (verbale e non verbale), la qualità dell’apprendimento e la disponibilità affettiva. È noto che l’adolescenza sia un momento di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta, difficile e conflittuale verso se stessi e verso la realtà esterna. Spesso accade che il ragazzo sia molto oppositivo verso tutto ciò che riguarda la regola sociale, compreso quindi il suo percorso di studi, che ne risulta di conseguenza compromesso. Intervenendo sulla “disarmonizzazione interiore” ne segue un rapporto più fluido anche con la scuola e quindi un miglioramento nei processi di apprendimento. In questo contesto, la musicoterapia è importante perché avvalendosi di tecniche che vanno oltre l’uso della parola, spesso utilizzata come difesa, ha la finalità di sviluppare Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 125 una integrazione “armonica” delle varie facoltà all’interno dell’individuo stesso favorendo quindi una relazione più fluida con la realtà esterna. Per ciascun alunno, è necessario trovare un compromesso operativo che produca una mediazione tra il bisogno di normalizzazione (saperi di base, programmi ministeriali, aspettative della famiglia, ecc.) e quello di individualizzazione il quale tenga conto dell’unicità di ogni singolo individuo. Il compromesso educativo e operativo tra questi tipi di bisogni, a mio avviso, si trova nella creazione e nell’uso di strategie didattiche e di relazione che avvicinino l’integrazione tra i due tipi di bisogni. Una scuola che si pone il problema di scegliere ed avvicinare obiettivi, contenuti e strumenti di classe alle abilità di ogni singolo alunno (anche quelli con sostegno) è una scuola ben avviata verso la ricerca di una integrazione di qualità. La ricerca di un punto di contatto, anche quando le abilità degli alunni risultino fortemente eterogenee, può essere consentita da particolari tecniche e strategie già esistenti o da creare in situazione. Finalità Armonizzazione del senso di identità dell’alunno, sia nel rapporto tra il suo mondo interno e quello esterno, che tra le varie parti del proprio mondo interno. Migliorare, attraverso lo sviluppo armonico della propria persona, l’apprendimento scolastico e le relazioni sociali. Obiettivi Mediante l’adozione delle musiche agite o ascoltate, ogni incontro è volto, per ogni singolo allievo, a favorire: l’ascolto-accoglienza delle proprie emozioni (integrazione temporale); l’espressione sonoro-musicale dei propri vissuti (integrazione spaziale); l’interazione sonoro-musicale dei propri affetti (integrazione sociale). Destinatari Piccoli gruppi omogenei per età formati da un minimo di 3 ad un massimo di 6 partecipanti. Luogo di svolgimento Un locale, appositamente attrezzato, ubicato presso la sede dell’I.P.S.S.A.R. di Via Tirino a Pescara. Operatori coinvolti nel progetto Progettista: Prof.ssa Daria Cavallini. Supervisore: Dott.ssa Daniela Quinto Psicologa del C.I.C. Valutazione del livello di soddisfazione degli allievi Ogni alunno alla fine dell’esperienza esprimerà il proprio grado di soddisfazione attraverso un breve scritto. Programmazione dell’attività 28 sedute a cadenza settimanale per un totale di 42 ore; stesura dei protocolli delle sedute; incontri settimanali di valutazione degli andamenti; 3 incontri di supervisione con la Psicologa. Mezzi occorrenti Strumentario Orff; eventi musicali proposti dal conduttore e dagli allievi. Relazione finale dell’attività svolta Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Valutazione conclusiva scritta del lavoro svolto. 126 Le linee guida del progetto musicoterapico Il progetto musicoterapico proposto è volto a favorire l’integrazione degli adolescenti, riducendo l’insorgenza delle difficoltà d’apprendimento, in quanto utilizza un mediatore particolare: la musica, intesa dalla scrivente come “… il mezzo espressivo che l’uomo ha creato per rivitalizzare incessantemente il proprio modo di essere persona che sente, accoglie e ascolta sé per ascoltare gli altri”.[2] La musica, quindi, racconta di noi, dei nostri vissuti o meglio delle emozioni e dei sentimenti che li hanno caratterizzati dispiegandosi nel tempo (durata, ritmo ...) ed espandendosi nello spazio (timbro, altezza, melodia, armonia), dimensioni che caratterizzano il nostro esserci, il nostro percepirci e il nostro percepire l’altro da sé nel momento in cui dal sentire passiamo all’ascoltare o, più specificatamente, all’accogliere noi stessi come individui unici nella propria essenza. Partendo da questo assunto di base possiamo esprimerci attraverso diversi canali sonori che possono prevedere l’uso della voce, dello strumento o l’ascolto di un brano appartenenti alla nostra dimensione sonoromusicale (D.S.M.)[3] , che in un qualche modo racconta di noi, spesso di quel lato oscuro di noi cui non è dato di emergere alla coscienza. L’adolescente nella sua dolorosa trasformazione fa dell’elemento sonoro un compagno fedele che, probabilmente lo aiuta a calmare e/o a manifestare quelle tensioni interne che, se opportunamente accolte e restituite, gli permettono di “ esperire una ‘nuova’ situazione di ascolto, non solamente incentrato sul sé, ma sui poli (sé e l’altro da sé) del processo relazionale”[4] liberando parallelamente quell’energia necessaria anche al processo cognitivo, base di ogni apprendimento, per armoniosamente descrivere il suo percorso. La musica può divenire pertanto “un elemento integratore sul piano emotivo, cognitivo e sociale, in relazione ai suoi parametri fondamentali: timbro, ritmo e intonazione”[5] . Non è interpretando che ne cogliamo l’essenza, ma accogliendo quanto l’altro ci dona impariamo ad accogliere noi stessi, riuscendo lentamente a dare un nome alle emozioni che ci attraversano: imparando a definirle sempre più ci prendiamo carico del nostro sé (integrazione spaziale, temporale, sociale) che diventa così capace di accogliere l’altro da sé per ciò che è e non per ciò che noi vorremmo fosse. All’interno della relazione musicoterapica, in particolare con il gruppo di ragazzi di cui tratta questo lavoro, mi sono resa conto di quanto sia fondamentale saper trovare quella modalità di comunicazione, attraverso il suono, che sia realmente funzionale alla relazione stessa permettendone un costruttivo sviluppo. Di fatto ci siamo trovati a fronteggiare una situazione in cui la modalità improvvisativa non diveniva più un mezzo di comunicazione e aiuto (terapia), ma una spirale che avvolgeva la persona creandole intorno una bolla cui non era dato accesso. Lo strumento, non più mediatore sonoro ma prolungamento di sé, diveniva contenitore di vissuti dolorosi non percepibili alla coscienza promuovendo, di conseguenza, l’isolamento della persona e il condizionamento della relazione tra e con il resto del gruppo. Ritengo che in tali situazioni sia fondamentale per il musicoterapista: Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 127 riconoscere di trovarsi, talvolta, in una situazione di “stallo”; ascoltare e cercare di ri-conoscere ed elaborare le proprie emozioni per poter poi cercare una strategia alternativa che sia consona – o ci si augura tale – alle persone con cui si sta interagendo favorendo, di conseguenza, la ripresa del processo relazionale. Nello specifico si è rivelato fondamentale l’utilizzo dell’ascolto di brani musicali proposti dalla sottoscritta e dalle ragazze tenendo presente che: si ascolta in base alla propria dimensione sonoro-musicale, per cui si possono avere diversi vissuti; non è il brano in sé, ma ciò che provoca ad ognuno di noi ad essere importante per imparare a ri-conoscersi. Probabilmente il non dover essere in diretto contatto con lo strumento ha permesso, ad una di loro in particolare, di potersi raccontare, di iniziare a riconoscere il proprio lato oscuro e ad accoglierlo senza però che il dolore la investisse talmente tanto da impedirle di prenderne coscienza e attraverso i brani musicali e il contenuto di alcuni di essi si è cercato di portarla alla consapevolezza di proprie emozioni, altrimenti celate. Daria Cavallini [email protected] [1]POSTACCHINI P. L., RICCIOTTI A., BORGHESI M., “Musicoterapia”, Carocci, Roma 2001, pag.107. [2]BONARDI GIANGIUSEPPE, “Dall’ascolto alla musicoterapia”, Edizione Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU) 2007, pag. 18. [3]Ibidem, pag. 23. [4]Ibidem, pag. 21. Si veda inoltre il testo: PAVLICEVIC M. “Musicoterapia applicata al contesto”, Ismez, Roma 1997. [5]POSTACCHINI PIER LUIGI, In viaggio attraverso la musicoterapia, Edizioni Cosmopolis, 2006 pag. 51. Si vedano inoltre i testi: GAITA D. “Il pensiero del cuore” , Bompiani, Milano 2000. RICCI BITTI P.E. “Regolazioni delle emozioni e arti-terapie”, Carocci Editore, Roma 2005 Con tag Musicoterapia e adolescenza, Cavallini Daria Condividi post inCondividi0 Repost 0 1 commento Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 128 Marius Schneider, Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche Pubblicato il 25 dicembre 2009 Ci sono libri unici e rari che incontriamo, quasi per caso, nei nostri percorsi professionali e umani. Il testo di Marius Schneider è uno di questi rari testi. Non è un manuale di musicoterapia né, tantomeno, un trattato di psicologia della musica ma una ricerca, più unica che rara, di etnomusicologia. Dopo molti anni che leggo, rileggo e studio con pazienza questo testo rimango sempre stupito perché non mi sarei mai immaginato che un libro di etnomusicologia potesse fornire innumerevoli spunti di riflessione e di analisi per il musicoterapista in formazione o provetto. Sebbene l’opera sia chiaramente un’esposizione avvincente dell’evoluzione antropologica della cultura musicale antica (India, Cina ed Europa medioevale in particolare), essa offre fondamentali tematiche di riflessione musicoterapica esposte, in particolare, nel primo capitolo e nei paragrafi quinto, sesto e settimo del sesto capitolo. Nel primo capitolo Schneider espone alcuni concetti fondamentali inerenti l’arcaico modo di pensare: il dualismo, il ragionamento per analogia, il ritmo simbolo, la voce, l’imitazione, il concetto di ritmo. Nello stesso capitolo l’autore alsaziano evidenzia alcune caratteristiche dell’osservazione, mostrando la sua originaria e fondamentale dimensione acustica, fornendo un prezioso apporto riflessivo ad una cruciale fase del processo musicoterapico. Nel paragrafo quinto del sesto capitolo, Schneider espone le relazioni di analogia che intercorrono tra ben dodici fenomeni differenti, offrendo alcune chiavi di lettura interpretativa del musicale esteticamente inteso e di quello eseguito naturalmente durante le sedute di musicoterapia. I paragrafi sesto e settimo del sesto capitolo completano la ‘mappa’ da utilizzare per eventuali letture interpretative. Schneider non offre scorciatoie o facili percorsi interpretativi ma sollecita il lettore a ricercarne uno proprio, diventando in tal modo protagonista delle proprie scelte. Il libro di Schneider è stimolante e avvincente, sebbene di non facile lettura, sospinge il lettore a riflettere, meditare, pensare… un’opera che vale la pena studiare con infinita pazienza. Schneider Marius, (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986. Giangiuseppe Bonardi [email protected] Con tag Letture e ascolti consigliati Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 129 Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Di Sabbato Daniela, Montesilvano Pubblicato il 22 dicembre 2009 ... L’azzurro del cielo si confonde con l’azzurro del mare. Guardo in alto e non vedo fine, vedo solo l’azzurro. Guardo il mare e non vedo fine, vedo solo l’azzurro. Soffia il vento, guardo in alto e non vedo più l’azzurro, è grigio, è cupo, le nuvole corrono ma non lasciano spazio al sole! Vorrei tendere una mano e cancellarle tutte, mandarle via, ma non posso... Guardo il mare e non vedo l’azzurro, è grigio, è cupo, le onde vanno su e giù, sembrano bisonti impazziti. Vorrei tendere una mano e fermarle. Ma non posso! ... Il grigio del cielo si confonde con il grigio del mare... La loro pienezza e profondità mi spaventano; mi fanno sentire piccola, tanto piccola da non esistere al loro confronto. Il cielo e il mare si ribellano e nessuno può ostacolarli... Ma io?... Daniela Di Sabbato Con tag Di Sabbato Daniela, Riflessioni... Condividi post inCondividi0 Repost 0 2 commenti Di Sabbato Daniela, L’Aquila finalmente… ri-suona Pubblicato il 20 dicembre 2009 Il vento soffia forte, il fiore si piega e a tratti sembra chiudere la sua corolla. L’albero, i suoi rami sembrano volteggiare come tante braccia alzate che seguono il ritmo di una musica. Le foglie tremano come mani in movimento. Sullo sfondo si erge maestosa la montagna! ... si alza polvere e sembra fumo, in alcuni momenti cambia persino il colore: ora è grigio, ora è chiaro, secondo se il sole riesce a fare la sua apparizione fra le nuvole. È strano, secondo come ci sentiamo dentro, così ci appare la natura. Ciò che ieri mi sembrava desolante, buio, oggi lo paragono addirittura ad una danza. È come se davanti a me avessi un palcoscenico: tanti colori che armoniosamente si muovono fino a sembrare corpi che ballano. Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 130 Sì, guardando gli alberi mi sembrano ballerini intenti a seguire una musica, una musica quasi irreale che è quella del vento che soffia. Tutti quei fiori, tanto piccoli, che si agitano sembrano spettatori che battono le mani. Daniela Di Sabbato Con tag Riflessioni..., Di Sabbato Daniela Condividi post inCondividi0 Repost 0 0 commento Bonardi Giangiuseppe, La prassi musicoterapica è, essenzialmente, tempospazio vissuto Pubblicato il 1 dicembre 2009 da Musicoterapie in... ascolto http://musicoterapie.over-blog.com/ Durante una seduta di musicoterapia, utilizziamo gli strumenti musicali e/o le musiche ascoltate al fine di relazionarci musicalmente con il nostro interlocutore. Gli strumenti musicali e le musiche ascoltate, nella prassi musicoterapica, sono quindi i mediatori del processo relazionale musicoterapico. Così con gli strumenti musicali e le musiche ascoltate mediamo, di fatto, i vissuti esperiti dal terapista e dalla persona. Sì, i vissuti, provati e/o condivisi, impalpabili come i suoni che eseguiamo, risuonano in ogni istante del trattamento. In questa prospettiva la persona e il terapista, durante una seduta di musicoterapia, provano molteplici vissuti. Purtroppo, interloquendo musicalmente con persone aventi perlopiù una modalità comunicativa non verbale, è impossibile sapere con precisione che cosa stiano provando mentre suonano con noi, per cui la nostra attenzione conoscitiva è orientata alla conoscenza dei propri (del terapista) vissuti. Possiamo ignorarli ma essi, come un’invisibile cortina di fumo, ci avvolgono, ci pervadono, creando un’impalpabile barriera acustica che ci circonda, impedendoci, di fatto, di interloquire con l’altra persona perché siamo, di fatto, immersi in essi, in modo inconsapevole. Essendo i vissuti l’essenza della relazione musicoterapica non rimane altro da fare che porre l’attenzione su ciò che stiamo provando noi in quel momento, affinando così la nostra capacità di ascolto e di accoglienza dei nostri vissuti. Questa attività, sebbene difficile, è alquanto utile perché ci consente di: farli ‘fuoriuscire’ simbolicamente da noi; conoscere ciò che stiamo provando; distinguere chiaramente i vissuti provati da noi da quelli che l’altro potrebbe provare nello stesso momento; impedire che i vissuti non riconosciuti creino, di fatto, una barriera invisibile tra noi e l’altro, impedendo lo svolgimento del nostro intervento. Non esiste un metodo, una via sicura e precisa che conduca all’accoglienza dei propri vissuti, esiste solamente la voglia di intraprendere questo cammino che, dolorosamente, si inabissa nella nostra interiorità lastricata di… vissuti Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 131 ora accolti, ora ripudiati. È un viaggio affascinante e al contempo lento con innumerevoli pause e riprese. In questo percorso non c’è una meta; si sa solo l’inizio ma si comprende ben presto che non potrà mai avere una fine. Come viandante orientato all’accoglienza dei miei vissuti, posso solo ripercorrere le tappe del mio viaggio, tuttora in corso. All’inizio del percorso, dopo aver accettato di pormi in ascolto dei miei vissuti, è nata in me la necessità di nominarli. Attribuire un nome ai vissuti è la prima tappa perché, nominarli, significa riuscire a distinguerli, toccarli metaforicamente, assaporarli, percepirne l’intensità, il ‘profumo’, il timbro, l’altezza, la durata…, ossia riconoscerli. Nacque così, seduta dopo seduta, il lessico sonoro dei miei vissuti. Non può esistere un lessico generale, che vada bene per tutti, perché i vissuti sono percezioni soggettive e attribuire i nomi che li possano identificare, placando momentaneamente il dinamismo che li pervade, è il compito della persona che li ascolta. Nessuno si può sostituire al viandante nel momento in cui cerca, con dubbi e affanni, di nominare ciò che prova, perché nessuno potrà mai esperire, in modo identico, ciò che il viaggiatore ha vissuto. Vent’anni fa ho iniziato pian piano a nominare i miei vissuti, creando il lessico personale; un lessico che potrà essere da stimolo per chi vorrà cimentarsi nella ricerca di un proprio vocabolario formato da termini chiari, non ambigui che rispecchi con onestà ciò che sta provando. Il lessico dei miei vissuti Affanno; adeguatezza; benessere; calore; contrazione muscolare; disgusto; disorientamento; dolore; euforia; gioia; inadeguatezza; freddo; intesa; paura; perplessità; piacere; preoccupazione; rabbia; rammarico; salivazione; soddisfazione; sonnolenza; sollievo; Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009 132 sorpresa; sudorazione; tenerezza; tensione; timore. Leggendo con attenzione il lessico dei vissuti emerge chiaramente il dualismo che li caratterizza: alcuni sono piacevoli, altri spiacevoli. Così il piacere e il dispiacere albergano nei meandri della nostra anima, rimanendo in equilibrio dinamico. La ‘nuova’ difficoltà da affrontare è: ammettere di poter provare vissuti spiacevoli che volentieri ‘proiettiamo’ lontano da noi, nel vano tentativo di allontanarli, attribuendo ad altri la causa della loro comparsa. Accogliendo faticosamente i vissuti spiacevoli iniziamo, di fatto, ad ammettere a noi stessi che è naturale poterli esperire. Ci rendiamo conto che provare tensione, timore o quant’altro di sgradevole, fa parte della nostra condizione umana, iniziando così la faticosa accoglienza degli stessi, nella consapevolezza della loro effimera presenza e della loro normale trasformazione. Solo ora, quando con tumulto ascoltiamo le melodie sensuali e/o dissonanti dei nostri vissuti, siamo in grado di accogliere l’altro perché abbiamo abbassato la barriera acustica e invisibile che ci avvolge, permettendo al nostro sguardo e, ancor più, al nostro udito di accogliere l’altro per quello che è in realtà e non siamo immersi nel vano tentativo di scacciarli perché ora li ascoltiamo. Solo ora siamo in grado di ascoltare i contenuti emozionali che l’altro ci trasmette con il proprio strumento musicale accordato emotivamente con il nostro. In questo viaggio non c’è l’esigenza di concettualizzare i vissuti in categorie concettuali oggettive: sensazioni corporee, emozioni[1], tonalità emotive[2], affetti vitali[3], affetti categoriali[4] e sentimenti perché questo è il percorso scelto da altri viaggiatori impegnati a oggettivarli. Lasciamo quindi agli psicologi, agli psicoanalisti, ai filosofi, agli antropologi l’arduo compito di concettualizzare i vissuti, mentre noi rimaniamo fedeli esploratori del nostro dinamico, acustico paesaggio dell’anima. Giangiuseppe Bonardi [email protected] [1] AA. VV., (2006), Enciclopedia tematica. Vol. 14 - Filosofia A-M, RCS Quotidiani, su licenza Garzanti, Milano. [2] Bollnow F. O., (1956), Le tonalità emotive, Vita e Pensiero, Milano 2009. [3] Stern D. N., (1985), Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino 1987. [4] Stern D. N., Op. cit. Con tag Riferimenti teorici di musicoterapia, Bonardi Giangiuseppe Condividi post Musicoterapie in ascolto Archivio Articoli 2009