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PLACEBO “20 YEARS” – La Rosa e la Corda
la biografia italiana non autorizzata della band britannica
QUALCHE ESTRATTO DAL LIBRO
Un bambino che si tira gli occhi, non si sa se per gioco, per protesta o per accentuare
e al contempo schernire la propria tristezza, in una grottesca imitazione del
pianto. È un piccolo clown triste, un colorato Pierrot. Il rosso vibrante del suo maglione
contrasta con il verde dello sfondo, anticipando la policromia che caratterizzerà
i video tratti dall’album e i toni molteplici delle canzoni che lo compongono.
Il titolo del disco d’esordio coincide con il nome del gruppo: Placebo.
“Al tempo in cui abbiamo scelto il nome, trovavamo divertente il fatto che molti gruppi
avessero scelto nomi di droghe. Così abbiamo deciso di chiamarci come una sostanza che
non funziona. Ci piaceva l’aspetto ingannevole del nome.”
Così racconta Brian ai microfoni di MTV nel 1997, ed è questa la versione che
continuerà a ripetere nella fase iniziale della sua carriera, salvo cambiarla qualche
anno dopo. Più volte in seguito chiarirà infatti che la parola è da intendersi come
la prima persona del futuro del verbo latino placere, da cui il significato di “piacerò”,
una spiegazione ironica in quanto coincide con l’etimologia stessa della parola. Nel
2003 Brian dichiarerà alla trasmissione Double Je: “Non abbiamo veramente pensato
a un nome. Ne volevamo uno che suonasse bene gridato da 20.000 persone in
uno stadio. Pla-ce-bo. Pla-ce-bo”.
Malgrado le diverse spiegazioni fornite di volta in volta dai membri del gruppo,
non si può ignorare il richiamo a un farmaco inefficace. Viene da pensare che la
musica proposta dalla band possa funzionare, almeno per via di suggestione, come
una cura. Una cura per chi? Per chi la musica la fa o per chi la ascolta? C’è un
elemento ricorrente nelle dichiarazioni dei fan: la musica dei Placebo viene generalmente
vissuta come un aiuto, un conforto, una consolazione. Una cura, appunto.
Nonostante la cupezza e la deliberata crudezza dei testi, i brani trasmettono a chi
li ama un senso di vicinanza, di condivisione, in definitiva una speranza. Come
se ogni canzone riunisse in sé sia la diagnosi asciutta di un male sia una possibile
terapia. Una cura per l’autore che sublima il proprio malessere nell’arte e a sua volta
può confortare l’ascoltatore che in tale disagio si riconosce.
pag. 130-131
Il 13 marzo 2006 Meds fa il suo ingresso trionfale nei negozi di dischi. Brian spiega
il titolo in questi termini:
“Mentre scrivevo le canzoni, ero interessato a ciò di cui le persone hanno bisogno per
sopravvivere in questo mondo moderno e alle cose che usano come medicine. Tra queste
ultime fi gurano la religione, l’amore e vari farmaci che consentono la sopravvivenza
emotiva. Per me la medicina è sempre stata la musica. La musica scaccia i demoni che
ho dentro, è una sorta di psicoterapia.” (da 1 OK!, 2006)
[…]
pag. 133-134
Il ritmo languido di “Follow The Cops Back Come” lascia il posto a “Post Blue”,
una contorta filastrocca rock imperniata su un loop di basso e chitarra ossessivo,
perfetta per il pogo ai concerti. Il testo sviluppa una delle tematiche più care ai
Placebo: la dipendenza amorosa con vocazione masochistica, l’ennesima versione
della perdita di sé che rappresenta il leitmotiv dell’album. Nella loro semplicità,
i versi di questo pezzo sincero e disperato rendono appieno l’idea dello slancio
autodistruttivo e irrazionale dell’innamorato disposto a fare qualunque cosa per la
persona amata: “Bite the hand that feeds / tap the vein that bleeds / down on my
bended knees / I’d break the back of love for you”. (6 Mordi la mano che ti nutre / picchia la vena che sanguina / io cado in
ginocchio. / Per amor tuo farei di tutto.)
Segue “Because I Want You”, che ai vigorosi ritmi rock contrappone un testo
leggero e positivo. Si parla di una passione totalizzante, non esente da ansie e complicazioni,
ma corrisposta e probabilmente destinata a un esito felice.
“If I could tear you from the ceiling”( 7 Se potessi strapparti dal soffitto) è il verso memorabile con cui si
apre“Blind”, uno dei brani più intensi del disco. Questo struggente capolavoro, che
Brian una volta ha liquidato come “un pezzo per ragazze”, è stato scritto quattro
anni prima della pubblicazione sull’album da Stefan, il cui tocco è evidente nel pianoforte
malinconico che si alterna agli esplosivi accordi di chitarra fumosa. Il testo
è una piccola poesia d’amore, ricca di immagini universali difficili da dimenticare.
Da questo momento in poi si assiste a un crescendo di bellezza: un’inedita introduzione
allo xilofono accompagnata da aeree percussioni ci porta vicino a un
uomo disteso e coperto di lividi che leva un tenero lamento all’amato o amata
che lo umilia e lo colpisce. In questo insolito ritratto, una relazione violenta viene
vista attraverso lo sguardo malinconico di una vittima che ha il volto di Pierrot, il
clown triste della tradizione circense. Pur trattando un argomento particolarmente
spinoso che in genere ispira invettive o grida di dolore, il pezzo si snoda dolcissimo
dando il massimo risalto alla voce. Come già in “Peeping Tom”, l’autore veste
i panni di un personaggio controverso e in questo caso entra nella mente di una
persona dipendente da un rapporto violento. Si assiste qui a un rovesciamento di
prospettiva: spesso oggetto di violenza sono le donne; qui invece si tratta di un
uomo che potrebbe essere vittima di un altro uomo ma anche di una donna (basti
pensare al testo di “Leni”).
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pag 155-156
Nel corso di questi concerti, Brian dimostra al pubblico di essere al corrente delle questioni
italiane sostituendo un verso di “Soulmates” con una dedica all’allora presidente del consiglio
Silvio Berlusconi. Cosi “Damn the government, damn their killing, damn their lies”15 si trasforma
in “Fuck the Berlusconi, fuck his motherfucking playmates and his lies”,16 un grido che erompe
in tutta la sua sfrontatezza in occasione della data di Lucca mettendo in difficolta Gerardo
Panno, incaricato della diretta radiofonica su Radio2. Imbarazzato, il cronista evita di
commentare la tirata di Brian ma la “nasconde” profondendosi in un peana sull’esibizione
della band. La notizia passa in cavalleria presso i media nazionali finche non se ne accorge,
dietro segnalazione di un fan, Gisella Ruccia sul Fatto Quotidiano, scrivendo un bell’articolo a
distanza di due mesi. In realta non e la prima volta che i Placebo chiamano in causa l’allora
primo ministro italiano: infatti, oltre alla riedizione dei versi di “Soulmates” immancabile in ogni
concerto su suolo italico, a Bologna il nome di Berlusconi aveva fatto capolino in “Follow
The Cops Back Home”, dove “blame it on apartheid”17 era diventato “blame it on
Berlusconi”,18 una sorta di velata critica all’altra parte politica e alla sua tendenza a rifiutare di
assumersi ogni responsabilita facendo del nemico storico l’unico bersaglio della propria
rabbia. Da sempre il leader dei Placebo ha l’abitudine di inserire allusioni politiche ad hoc
nelle canzoni per esprimere la propria vicinanza alla platea di fronte alla quale si esibisce: tra
gli oggetti piu frequenti delle sue invettive, oltre naturalmente all’odiato George Bush, figurano
il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico Tony Blair. Per contro il 19
novembre 2009, a Varsavia, Brian dedica “Speak In Tongues” a Lech Wałęsa, presidente della
Polonia dal 1990 al 1995, distintosi per la difesa dei diritti umani e premio Nobel per la pace nel
1983.
Un’altra data memorabile del tour di Battle For The Sun è il concerto tenutosi l’8 aprile 2010
presso la Moviestar Arena, a Santiago del Cile. I Placebo decidono di devolvere l’intero
ricavato agli sforzi per la ricostruzione del paese funestato dal terremoto del 27 febbraio e
vengono ricevuti ufficialmente dal presidente cileno Sebastián Piñera che li ringrazia per il
contributo offerto e si dichiara loro fan.
Meno positiva per l’immagine della band è la decisione di suonare a Tel Aviv il 5 giugno 2010,
ad appena 5 giorni dall’incidente della Freedom Flotilla, la nave degli attivisti pro Palestina
carica di aiuti umanitari che aveva tentato di forzare il blocco di Gaza ed era stata
intercettata da forze navali israeliane nelle acque internazionali del Mar Mediterraneo. In
quell’occasione avevano perso la vita nove persone a bordo della nave e in conseguenza
dell’accaduto alcune band, tra cui i Pixies, avevano rinunciato a esibirsi in Israele per protesta
contro la politica portata avanti dal suo governo. I Placebo finiscono al centro delle
polemiche in virtù della loro decisione di suonare comunque e di una battuta infelice
scappata a Brian intervistato a Tel Aviv. Dopo aver magnificato l’accoglienza dei fan israeliani
risponde infatti alla domanda se sia importante avere il supporto di Israele con queste parole:
“Suppongo di sì, specialmente se vuoi andare per mare”. Questa frecciata sarcastica rivolta
al governo di Israele viene pronunciata in tono troppo leggero per non irritare chiunque sia
sensibile alla situazione in Medio Oriente. Alcuni gruppi libanesi mettono in atto una
campagna di boicottaggio del concerto in programma a Beirut il 9 giugno 2010. In seno alla
nazione, nasce un vero e proprio dibattito che vede anche la nascita di una pagina
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facebook finalizzata a contrastare qualsiasi tentativo di boicottaggio della buona musica per
ragioni politiche e in particolare a difendere il concerto dei Placebo.
Nel corso di un’intervista per una radio locale, il giorno prima del concerto, Brian riesce a
riscattarsi motivando così la propria scelta di suonare in Israele:
“Perché dovremmo punire i nostri fan a causa di decisioni prese dai loro governi e che
magari non condividono neppure? Non siamo cittadini israeliani, non siamo cittadini
libanesi, siamo una rock band internazionale. Quando saliamo sul palco portiamo
un messaggio di pace, amore e comprensione, e dove mai dovremmo suonare se non in
luoghi in cui si vivono situazioni di tensione?” (19 Intervista a NRJ, 8 giugno 2010)
PLACEBO – 20YEARS – La Rosa e la Corda
La BIOGRAFIA italiana sui PLACEBO
Edito da: Sound and Vision – Prefazione: Teho Teardo – Testi: Francesca Del Moro
Progetto grafico: Luigina Di Giampietro – Immagine di copertina “Loud Like Your Eyes” di Daniele Duò
Uscita 12 Novembre – ISBN 978-88-901520-6
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