Modello Probabilistico - e-Learning

Modello Probabilistico
Lezione 4 - Introduzione al modello probabilistico
Leo Pasquazzi∗
Dipartimento di Statistica e Metodi Quantitativi
Università degli Studi di Milano - Bicocca
16 marzo 2017
∗
Questa dispensa è una rielaborazione dell’autore di parte del contenuto del libro di testo ”Modello probabilistico e variabili casuali” di
M. Zenga, Giappichelli, Torino 1996, e di altre fonti. La dispensa riassume gli argomenti trattati dall’autore durante le lezioni dell’insegnamento di ”Statistica per la Finanza” del corso di laurea in Economia
delle Banche, delle Assicurazioni e degli Intermediari Finanziari tenuto presso l’Università degli Studi di Milano - Bicocca durante l’anno
accademico 2016/17.
1
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Parte II
Modello
probabilistico
1
Introduzione al modello probabilistico
Un modello probabilistico fornisce una descrizione di
un esperimento casuale, ovvero di un esperimento il
cui esito è incerto.
Per definire un modello probabilistico occorre:
1) definire lo spazio campionario Ω, ovvero l’insieme di tutti gli eventi elementari che potrebbero
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verificarsi al termine dell’esperimento casuale.
Lo spazio campionario Ω deve essere esaustivo nel senso che ad ogni possibile esito finale
dell’esperimento casuale deve corrispondere un
evento elementare ω P Ω, e gli eventi elementari ω P Ω devono essere mutuamente esclusivi
(ad ogni esito possibile deve corrispondere uno
ed un solo ω P Ω).
2) definire uno spazio di eventi A, ovvero una
classe di sottoinsiemi di Ω
3) assegnare delle probabilità agli eventi appartenenti alla classe A.
La scelta dello spazio di eventi A e l’assegnazione delle probabilità sono due operazioni intimamenPagina 3
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te connesse. Infatti, da un lato è auspicabile definire
un modello probabilistico con uno spazio di eventi possibilmente ”ricco” affinché sia determinata la
probabilità di quanti più eventi possibile. D’altra
parte, scegliendo uno spazio di eventi troppo ”ricco” si rischia di incorrere in difficoltà nella fase di
assegnazione delle probabilità perché queste ultime
devono essere assegnate in modo sia ”coerente” che
”realistico”:
a) in modo ”coerente” perché, almeno dal punto di vista teorico, le probabilità devono rappresentare misure per la verosimiglianza degli eventi che non devono essere tra di loro
”contraddittorie”;
b) in modo ”realistico” perché le probabilità dePagina 4
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vono rispecchiare ciò che accade in un esperimento casuale che si svolge nel mondo reale.
Le precedenti considerazioni suggeriscono in ogni
caso di scegliere una classe di eventi A abbastanza
”ricca” da essere ”chiusa” rispetto ad alcune operazioni fondamentali applicabili agli eventi. Queste
ultime comprendono:
a) L’operazione di negazione che ad ogni evento
A associa il cosiddetto evento complementare A definito come l’insieme di tutti gli eventi elementari ω P Ω che non appartengono
all’evento A.
Si osservi che l’evento complementare A si verifica se e solo se non si verifica l’evento A.
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b) L’operazione di unione che ad ogni coppia di
eventi A1 e A2 associa la loro unione A1 Y
A2 definita come l’insieme di tutti gli eventi
elementari ω P Ω che appartengono ad almeno
uno dei due eventi A1 oppure A2.
Si osservi che l’evento unione A1 YA2 si verifica
se e solo se si verifica almeno uno dei due eventi
A1 oppure A2.
c) L’operazione di intersezione che ad ogni coppia di eventi A1 e A2 associa la loro intersezione A1 X A2 definita come l’insieme di tutti
gli eventi elementari ω P Ω che appartengono
contemporaneamente sia a A1 che a A2.
Si osservi che l’evento intersezione A1 X A2
si verifica se e solo se si verificano allo stesso
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tempo l’evento A1 e anche l’evento A2.
Se A1 X A2 ‰ H, allora si dice che A1 e A2
sono due eventi compatibili. Altrimenti si dice che A1 e A2 sono eventi incompatibili o
mutuamente esclusivi.
Si osservi che le operazioni di unione e intersezione possono essere applicate anche a qualsiasi collezione finita di eventi e anche a collezioni infinite numerabili e collezioni infinite non numerabili di eventi.1
1
Si dice che un insieme (o una collezione, classe, famiglia) è ”numerabile” se contiene un numero finito di elementi oppure se esiste una
corrispondenza biunivoca tra i numeri naturali e gli elementi dell’insieme. Nel secondo caso si dice anche che l’insieme (la collezione, la classe
o la famiglia) è ”infinito numerabile” oppure che contiene ”un’infinità
numerabile” di elementi. Tutti gli elementi di un insieme numerabile possono sempre essere disposti in una ”sequenza” o ”successione”
scrivendo x1 , x2 , . . . . Ovviamente, si possono anche definire sequenze o
successioni (numerabili) che ripetono più volte lo stesso elemento. Se si
vuole rimarcare che una sequenza è finita, si può indicare la sequenza
aggiungendo un elemento ”finale”: x1 , x2 , . . . , xn . Chiaramente, si possono anche definire delle sequenze x1 , x2 , . . . con elementi presi da un
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Infatti, se C è una collezione di eventi, allora l’unione e l’intersezione della collezione di eventi C sono
rispettivamente definite come
YAPC A “ tω P Ω : ω P A per almeno un evento A P Cu
e
XAPC A “ tω P Ω : ω P A per ogni A P Cu
Dalle queste definizioni si deducono immediatamente
le due leggi di De Morgan secondo le quali
pYAPC Aq “ XAPC A
insieme infinito non numerabile. Tuttavia, in questo caso non sarà possibile definire una sequenza numerabile che contenga tutti gli elementi
dell’insieme (infinito) non numerabile.
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e
pXAPC Aq “ YAPC A.
Nel caso di una collezione di eventi C numerabile
(finita o infinita), gli eventi appartenenti alla collezione possono essere posti in corrispondenza biunivoca
con un segmento iniziale dei numeri naturali (se la
collezione è finita) oppure con tutti i numeri naturali
(se la collezione è infinita). Nel primo caso, gli eventi
della collezione possono essere quindi indicati con
A1, A2, . . . , An,
mentre nel secondo caso possono essere indicati scrivendo
A1, A2, . . .
senza un evento ”finale”. L’evento finale viene anche
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omesso se si vogliono indicare gli eventi di una collezione numerabile senza specificare se quest’ultima
è finita o infinita. Usando questo modo per indicare
gli eventi di una collezione numerabile, si potranno indicare l’unione e l’intersezione della collezione
scrivendo
Yni“1Ai
ovvero
Xni“1 Ai
nel caso di una collezione finita e
Y8
i“1 Ai
ovvero
X8
i“1 Ai
nel caso di una collezione infinita. Se non viene specificato se la collezione è finita oppure infinita, l’unione e l’intersezione della collezione possono essere
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indicate con
Yi Ai
1.1
ovvero
Xi Ai.
Algebre e σ-algebre
Due importanti tipi di classe di eventi che sono ”chiuse” rispetto a sequenze di operazioni fondamentali
sono l’algebra e la σ-algebra.
Definizione 1.1.1. Una classe di eventi A viene
chiamata algebra se soddisfa i seguenti requisiti:
a) Ω P A;
b) è ”chiusa” rispetto all’operazione di negazione
nel senso che se A P A, allora A P A;
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c) è ”chiusa” rispetto all’operazione di unione applicata a due eventi nel senso che se A1 P A e
A2 P A, allora A1 Y A2 P A.
Proprietà delle algebre di eventi:
i) Se A è un algebra, allora H P A.
Dimostrazione. Secondo il requisito a), Ω P
A, e usando il requisito b) si può dunque concludere che
Ω “ H P A.
Siccome al termine di un esperimento casuale deve verificarsi uno degli eventi elementari
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ω P Ω e siccome l’insieme vuoto H non contiene alcun evento elementare, l’insieme vuoto
H viene chiamato evento impossibile mentre
lo spazio campionario Ω viene chiamato evento
certo.
ii) Le algebre sono ”chiuse” rispetto all’operazione di unione applicata a collezioni finite (ma
non necessariamente infinite) di eventi.
Dimostrazione. Se A è un’algebra di eventi
e se
A1, A2, . . . , An P A,
allora il requisito c) implica che
B2 “ A1 Y A2 P A,
B3 “ Y3i“1Ai “ B2 Y A3 P A
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e più in generale che
Bn “ Yni“1Ai “ Bn´1 Y An P A
per ogni n finito. Tuttavia, se
A1, A2, ¨ ¨ ¨ P A,
è una successione infinita (numerabile) di eventi appartenenti ad un algebra A, allora il requisito c) non implica nulla riguardo l’appartenenza all’algebra A dell’evento
B8 “ Y8
i“1 Ai
(B8 P A può essere vero ma potrebbe anche
essere falso; infatti, come sarebbero definiti gli
eventi B8´1 e A8 la cui unione dovrebbe dare
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B8?).
iii) Le algebre sono ”chiuse” rispetto all’operazione di intersezione applicata a collezioni finite
(ma non necessariamente infinite) di eventi.
Dimostrazione. Se A è un’algebra e se
A1, A2, . . . , An P A,
allora per il requisito b) dovrà essere vero che
A1, A2, . . . , An P A.
Dalla proprietà ii) discende quindi che
Yni“1Ai P A
per ogni n finito, e siccome per le leggi di De
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Morgan
Yni“1Ai “ pXni“1Aiq,
si può applicare ancora una volta il requisito
b) per concludere che
Xni“1Ai “ Yni“1Ai
appartiene all’algebra A.
Come si è visto, le algebre sono classi di eventi
abbastanza ”ricche” in quanto sono ”chiuse” rispetto
all’operazione di negazione e rispetto alle operazioni di unione e intersezione applicate a collezioni di
eventi finite. Tuttavia, le algebre non sono necessariamente ”chiuse” rispetto alle operazioni di unione
e intersezione applicate a collezioni di eventi infinite.
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Conviene quindi considerare anche classi di eventi
più ampie, come per esempio le cosiddette σ-algebre.
Definizione 1.1.2. Una classe di eventi A viene
chiamata σ-algebra se soddisfa i requisiti di un’algebra e se
c*) è ”chiusa” rispetto all’operazione di unione applicata a collezioni infinite numerabili di eventi
nel senso che se A contiene tutti gli eventi
A1, A2, . . .
appartenenti ad una collezione infinita numerabile, allora contiene anche la loro unione Y8
i“1 Ai .
Proprietà delle σ-algebre di eventi:
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i) Ogni σ-algebra è anche un’algebra (ma non è
vero il viceversa).
ii) Le σ-algebre sono ”chiuse” rispetto all’operazione di intersezione applicata a collezioni infinite numerabili di eventi. La dimostrazione è
analoga a quella della proprietà iii) delle algebre: basta porre n “ 8 e sostituire il richiamo
alla proprietà ii) delle algebre con un appello
al requisito c*) delle σ-algebre (la legge di De
Morgan rimane valida anche se n “ 8).
iii) Il requisito c*) delle σ-algebre non implica che
esse siano ”chiuse” rispetto alle operazioni di
unione e intersezione applicate a collezioni infinite non numerabili di eventi: l’unione e/o l’intersezione di una collezione non numerabile di
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eventi appartenenti ad una data σ-algebra potrebbe (condizionale!!!) anche non appartenere
alla σ-algebra.
iv) L’insieme delle parti di Ω, ovvero la classe di
eventi che contiene tutti i sottoinsiemi di Ω e
che in seguito verrà indicata con PpΩq, è ovviamente una σ-algebra ed è sempre, per qualsiasi
spazio campionario Ω, la σ-algebra più ”ricca”
tra tutte quelle che si possono definire. D’altra
parte, non è difficile rendersi conto che la classe
A0 “ tH, Ωu
è sempre, per qualsiasi spazio campionario Ω,
la σ-algebra più ”povera” tra tutte quelle che
si possono definire.
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v) Ogni algebra A che contiene solo un numero finito di eventi è allo stesso tempo anche una σalgebra. Infatti, se un’algebra A contiene solo
un numero finito di eventi, allora non sarà possibile definire delle collezioni infinite di eventi
appartenenti ad A.
vi) Con uno spazio campionario Ω finito si possono
definire solo algebre e σ-algebre finite perché se
Ω è finito, allora sarà finita anche la classe di
eventi PpΩq. Infatti, se Ω contiene #Ω eventi
elementari ω, allora PpΩq conterrà esattamente 2#Ω eventi.
vii) Dalle due proprietà precedenti si evince che con
uno spazio campionario Ω finito, ogni algebra
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è finita e ogni algebra sarà quindi allo stesso
tempo anche una σ-algebra.
I seguenti esempi aiuteranno a comprendere meglio le definizioni di algebra e σ-algebra e la differenza
tra questi due tipi di classi di eventi.
Esempio 1.1.1. Si consideri un esperimento casuale che consiste nel lancio di una moneta. In questo
caso lo spazio campionario è dato da
Ω “ tT, Cu
Trattandosi di uno spazio campionario finito, si può
concludere che ogni algebra di eventi definita su Ω è
allo stesso tempo anche una σ-algebra (e viceversa).
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La più ”ricca” algebra (o σ-algebra) che può essere costruita su Ω è data da
PpΩq “ tΩ,
H,
tT u,
tCuu .
Non è difficile rendersi conto che su Ω esiste solo
un’altra classe di eventi che possiede i requisiti di
un’algebra (o di una σ-algebra). Si tratta della classe
A0 “ tΩ,
Hu .
Non esistono dunque algebre (o σ-algebre) ”intermedie” tra A0 e PpΩq.
Esempio 1.1.2. Si consideri un esperimento casuale che consiste nel lancio di un dado a sei facce. In
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questo caso lo spazio campionario è dato da
Ω “ t1, 2, 3, 4, 5, 6u.
Siccome lo spazio campionario Ω è finito, si può concludere che anche in questo esempio tutte le algebre
definite su Ω sono allo stesso tempo anche delle σalgebre (e vicecersa). L’insieme delle parti PpΩq (la
σ-algebra più ”ricca” che si può costruire) contiene
26 “ 64 sottoinsiemi di Ω. Ovviamente
A0 “ tΩ,
Hu
è ancora la classe di eventi più ”povera” tra tutte
quelle che soddisfano i requisiti di un algebra (e di
una σ-algebra).
Tuttavia, rispetto all’esempio sul lancio della moPagina 23
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neta, nel caso del lancio di un dado si possono definire delle algebre (che sono allo stesso tempo anche
σ-algebre) ”intermedie” tra A0 e PpΩq. Un esempio
è fornito dall’algebra (o σ-algebra)
A1 “ tH,
t1, 3, 5u,
t2, 4, 6u,
Ωu
che permette di distinguere tra punteggi pari e dispari.
Siccome ogni algebra definita su uno spazio campionario Ω finito è allo stesso tempo anche una σalgebra e viceversa (proprietà vii) e i) delle σ-algebre),
occorre fare riferimento ad un esperimento casuale con spazio campionario infinito per ottenere un
esempio di una classe di eventi A che sia un’algebra
ma non una σ-algebra.
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Esempio 1.1.3. Si consideri un esperimento casuale il cui esito può essere descritto con un numero reale. In questo caso, lo spazio campionario Ω è dato
dall’insieme R di tutti i numeri reali. Come è noto,
Ω “ R contiene un’infinità non numerabile di numeri
reali. Su uno spazio campionario cosı̀ ricco di eventi elementari, si possono definire tantissime classi di
eventi che soddisfano i requisiti di un’algebra e/o di
una σ-algebra.
In ambito probabilistico (e non solo), sono di
fondamentale importanza le seguenti due classi di
eventi:
1) La classe A che contiene l’evento impossibile
H e tutti gli intervalli e le unioni di collezioni
finite di intervalli (per intervalli si intendono
intervalli aperti, chiusi, semiaperti, limitati e
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illimitati). La classe di eventi A contiene ovviamente infiniti eventi. Si può dimostrare che
essa soddisfa i requisiti delle algebre ma non
quelli delle σ-algebre.
2) La cosiddetta σ-algebra di Borel B “ σpAq
che può essere definita come la più piccola σalgebra che include la classe di eventi A. Si può
dimostrare che la σ-algebra di Borel B è strettamente inclusa nell’insieme delle parti PpRq.
Ciò nonostante, B è una classe di eventi molto ampia che contiene virtualmente tutti gli
eventi che potrebbero avere una qualche rilevanza pratica nelle applicazioni. In molti testi,
la σ-algebra di Borel (su R) viene definita come la più piccola σ-algebra che contiene tutti
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gli insiemi aperti in R. Si può dimostrare che
questa definizione è equivalente alla definizione
data in precedenza.
Esempio 1.1.4. Si consideri un esperimento casuale il cui esito può essere descritto con un vettore di k
numeri reali px1, x2, . . . , xk q P Rk . All’interno dello
spazio campionario Ω “ Rk si può definire una miriade di classi di eventi che soddisfano i requisiti delle
algebre e/o delle σ-algebre. In ambito probabilistico (e non solo), sono di fondamentale importanza le
seguenti due classi di eventi:
1) La classe A che contiene l’evento impossibile
H, tutti i ”rettangoli” k-dimensionali e tutte
le unioni di collezioni finite di ”rettangoli” kPagina 27
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dimensionali. Per ”rettangoli” k-dimensionali
si intendono sottoinsiemi di Rk che possono
essere espressi come prodotti cartesiani di k
intervalli di qualsiasi tipo (aperti, semiaperti, chiusi, limitati e illimitati). I ”rettangoli”
k-dimensionali possono essere indicati con
k
ą
Ii “ px1, x2, . . . , xk q P Rk :
i“1
xi P Ii per ogni i “ 1, 2, . . . , ku ,
dove Ii denota un intervallo (aperto, semiaperto, chiuso; limitato o illimitato). Anche questa
classe A contiene infiniti eventi e anche questa
classe A soddisfa i requisiti di un’algebra ma
non quelli di una σ-algebra.
2) La σ-algebra di Borel su Rk , indicata con Bk “
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σpAq, che può essere definita come la più piccola σ-algebra che include l’algebra di eventi
A. Anche nel caso di Rk la σ-algebra di Borel
Bk potrebbe essere definita come la più piccola
σ-algebra che contiene tutti gli insiemi aperti
in Rk (in altre parole: la più piccola σ-algebra
che contiene tutti gli insiemi aperti in Rk coincide con la più piccola σ-algebra che include
A). Anche nel caso di Rk si può inoltre dimostrare che la σ-algebra di Borel Bk è strettamente inclusa nell’insieme delle parti PpRk q.
Ciò nonostante, la σ-algebra di Borel Bk contiene virtualmente tutti gli eventi che potrebbero avere una qualche rilevanza pratica nelle
applicazioni.
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1.2
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Gli assiomi di Kolmogorov
Una volta individuata un’opportuna algebra o σalgebra di eventi, si può procedere con l’assegnazione
delle probabilità agli eventi in essa contenuti. Come
è già stato accennato, le probabilità devono essere
assegnate in modo ”coerente” e ”realistico”. Per definire che cosa si intende per ”coerente”, solitamente
si fa riferimento agli assiomi di Kolmogorov:2
Definizione 1.2.1 (Assiomi di Kolmogorov). Secondo l’impostazione di Kolmogorov, le probabilità
assegnate agli eventi di un’algebra A sono ”coerenti”
se e solo se soddisfano i seguenti assiomi:
K1) P pAq ě 0 per ogni evento A P A
2
La teoria moderna della probabilità si fonda su questi assiomi formulati dal matematico russo Andrey Kolmogorov nella sua monografia
”Grundbegriffe der Wahrscheinlichkeitsrechnung” pubblicata nel 1933.
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K2) P pΩq “ 1
K3) (Additività numerabile) Se
A1, A2, ¨ ¨ ¨ P A
è una successione (infinita) di eventi incompatibili appartenenti all’algebra A e se
Y8
n“1 An P A,
allora
P pY8
n“1 An q “
8
ÿ
P pAnq
n“1
Per quanto concerne l’assioma K3, vale la pena osservare che l’unione Y8
n“1 An potrebbe anche non appartenere all’algebra di eventi A; inoltre, in virtù
Pagina 31
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dell’assioma K1, il valore della sommatoria
8
ÿ
P pAnq “ lim
n“1
kÑ8
k
ÿ
P pAnq
n
rimane invariato se si cambia l’ordine in cui si sommano le probabilità P pAnq.
Gli assiomi di Kolmogorov assicurano solo che le
probabilità siano assegnate in modo ”coerente” ma
non necessariamente ”realistico”. Come si vedrà tra
breve, in generale esistono infiniti modi per assegnare
delle probabilità ”coerenti” agli eventi di un’algebra.
Nelle applicazioni si dovrà scegliere tra questi infiniti
modi quell’unico modo che assicura che le probabilità
siano anche ”realistiche”.
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1.3
Modello probabilistico
Leggi del calcolo delle probabilità
Le cosiddette leggi del calcolo delle probabilità sono
conseguenze degli assiomi di Kolmogorov. In altre
parole, esse non sono altro che teoremi che possono
essere dimostrati appellandosi agli assiomi di Kolmogorov. Le leggi del calcolo delle probabilità esprimono relazioni tra le probabilità di determinati eventi e
sono spesso utili per ricavare, partendo dalle probabilità di alcuni eventi, le probabilità di altri eventi. Il
seguente elenco contiene alcune leggi del calcolo delle
probabilità di fondamentale importanza. Come già
accennato, esse devono valere per qualsiasi funzione
di probabilità P p¨q definita su un’algebra di eventi
A nel rispetto degli assiomi di Kolmogorov.
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L1) P pHq “ 0.
Dimostrazione. Si consideri una successione
infinita (numerabile) di eventi definita ponendo
A1 “ Ω
e
An “ H
per n “ 2, 3, . . . .
Ovviamente, gli eventi di questa successione
sono incompatibili e appartengono a qualsiasi
algebra di eventi A (requisito a) delle algebre
e proprietà i) delle algebre). Anche l’unione
Y8
n“1 An “ Ω
appartiene dunque a qualsiasi algebra A. DalPagina 34
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l’assioma K3 discende quindi che
P pΩq “ P pY8
n“1 An q
8
ÿ
“
P pAnq
n“1
“ P pΩq `
8
ÿ
P pHq
n“1
da cui si deduce che
8
ÿ
P pHq “ 0.
n“1
Per l’assioma K1 si può dunque concludere che
P pHq “ 0.
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L2) (Additività finita) Se
A1, A2, . . . , An
sono n (n finito) eventi incompatibili appartenenti all’aglebra A, allora
P pYni“1Aiq “
n
ÿ
P pAiq.
i“1
Dimostrazione. Partendo con gli eventi
A1, A2, . . . , An,
si definisca una successione (infinita) di eventi
ponendo
An`i “ H
per ogni i “ 1, 2, . . .
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Modello probabilistico
In questo modo,
n
Y8
i“1 Ai “ Yi“1 Ai ,
e per l’assioma K3 si ottiene quindi
P pYni“1Aiq “ P pY8
i“1 Ai q
8
ÿ
“
P pAiq
i“1
n
ÿ
“
i“1
n
ÿ
“
[[legge L1]] “
i“1
n
ÿ
i“1
n
ÿ
“
P pAiq `
P pAiq `
P pAiq `
8
ÿ
i“n`1
8
ÿ
i“n`1
8
ÿ
P pAiq
P pHq
0
i“n`1
P pAiq
i“1
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Modello probabilistico
L3) Se A P A, allora P pAq “ 1 ´ P pAq.
Dimostrazione. Si osservi in primo luogo che
A P A per la proprietà b) delle algebre. Siccome
Ω“AYA
appartiene a A per il requisito a) delle algebre e siccome A e A sono incompatibili, si può
applicare la legge L2 e concludere che
P pΩq “ P pAq ` P pAq
da cui
P pAq “ P pΩq ´ P pAq.
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Modello probabilistico
Siccome P pΩq “ 1 (assioma K2), si ottiene
infine
P pAq “ 1 ´ P pAq.
L4) 0 ď P pAq ď 1 per ogni A P A.
Dimostrazione. Dalla legge L3 segue che
P pAq ` P pAq “ 1,
e dato che P pAq e P pAq non possono essere
negative (assioma K1), si può concludere che
0 ď P pAq ď 1
come volevasi dimostrare.
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Modello probabilistico
L5) Se A1, A2 P A e se A1 Ă A2, allora
P pA1q ď P pA2q.
Dimostrazione. Siccome
A2 “ pA1 X A2q Y pA1 X A2q
“ A1 Y pA1 X A2q
e siccome gli eventi A1 e A1 X A2 sono incompatibili e appartengono entrambi a A, si può
concludere che (legge L2)
P pA1q ` P pA1 X A2q “ P pA2q.
Tenendo presente che le probabilità non posso-
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no essere negative (assioma K1), si ottiene
P pA1q ď P pA2q
come volevasi dimostrare.
L6) Se A1, A2 P A (A1 e A2 possono essere sia
compatibili che incompatibili), allora
P pA1 Y A2q“ P pA1q ` P pA2q`
´P pA1 X A2q.
Dimostrazione. Si osservi che
A1 “ pA1 X A2q Y pA1 X A2q
e che gli eventi determinati dalle due intersezioni al secondo membro sono incompatibili e
che appartengono entrambi a A. Applicando
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la legge L2 si ottiene dunque
P pA1q “ P pA1 X A2q ` P pA1 X A2q. (1)
Ragionando allo stesso modo con l’evento A2
si ottiene
P pA2q “ P pA1 X A2q ` P pA1 X A2q. (2)
Usando ora il fatto che
A1 Y A2 “ pA1 X A2q Y pA1 X A2q Y pA1 X A2q
ed il fatto che gli eventi determinati dalle tre
intersezioni al secondo membro sono incompa-
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tibili, si vede che (ancora legge L2)
P pA1 Y A2q “ P pA1 X A2q`
` P pA1 X A2q`
` P pA1 X A2q
Combinando le equazioni (1) e (2) con quest’ultima equazione si ottiene
P pA1 Y A2q “ P pA1q ` P pA2q ´ P pA1 X A2q
come volevasi dimostrare.
L7) La probabilità dell’unione di tre eventi A1, A2
e A3 (possibilmente compatibili) appartenenti
a A è data da
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Modello probabilistico
P pA1 Y A2 Y A3q “
“ P pA1q ` P pA2q ` P pA3q`
´ P pA1 X A2q ´ P pA1 X A3q ´ P pA2 X A3q`
` P pA1 X A2 X A3q
Si omette la dimostrazione.
Più in generale si può dimostrare che la probabilità dell’unione di un numero finito n di
eventi (di cui alcuni o anche tutti possono essere compatibili) appartenenti all’algebra A è
data da
(1) p´1q1´1 “più la somma delle probabilità
dei singoli eventi
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Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
(2) p´1q2´1 “meno la somma delle probabilità di tutte le ”intersezioni a due”
(3) p´1q3´1 “più la somma delle probabilità
di tutte le ”intersezioni a tre”
(4) p´1q4´1 “meno . . . ,
(..) . . .
(n) più/meno (a seconda del segno di p´1qn´1)
la probabilità dell’intersezione di tutti gli
n eventi.
L8) Disuguaglianza di Boole per due eventi A1 e
A2 appartenenti a A:
P pA1 Y A2q ď P pA1q ` P pA2q.
Dimostrazione. La dimostrazione segue immediatamente dalla legge L6 tenendo presente
Pagina 45
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
che P pA1 X A2q ě 0 per l’assioma K1.
L9) Disuguaglianza di Boole per n eventi appartenenti a A:
P pYni“1Aiq ď
n
ÿ
P pAiq.
i“1
Dimostrazione. Secondo la legge L8 la disuguaglianza di Boole è vera per n “ 2. Per
dimostrare che vale per qualsiasi numero finito
n di eventi appartenenti a A, si procede per
induzione. Si assuma dunque (ipotesi di induzione) che la disuguaglianza di Boole sia vera
per n eventi e si considerino n ` 1 eventi Ai.
Siccome
n
pY
Yn`1
A
“
i
i“1 Ai q Y An`1
i“1
Pagina 46
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Modello probabilistico
la legge L8 implica che
n
P pYn`1
i“1 Ai q “ P ppYi“1 Ai q Y An`1 q
ď P pYni“1Aiq ` P pAn`1q.
Usando ora l’ipotesi di induzione secondo la
quale
P pYni“1Aiq ď
n
ÿ
P pAiq,
i“1
si ottiene
P pYn`1
i“1 Ai q ď
n`1
ÿ
P pAiq.
i“1
Questo dimostra il passo induttivo. La disuguaglianza di Boole è dunque valida per qualsiasi numero finito n di eventi.
L10) Disuguaglianza di Bonferroni per n eventi apPagina 47
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
partenenti a A:
P pXni“1Aiq ě 1 ´
n
ÿ
P pAiq.
i“1
Dimostrazione. Applicando la disuguaglianza di Boole agli eventi
A1 ,
A2 ,
...,
An
si ottiene
`
˘
P Yni“1Ai ď
n
ÿ
P pAiq.
(3)
i“1
Tenendo presente che secondo le leggi di De
Morgan
Yni“1Ai “ pXni“1Aiq,
Pagina 48
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
si vede che in base alla legge L3 si deve avere
P
`
Yni“1Ai
˘
“ 1 ´ P pXni“1Aiq.
Sostituendo questo risultato nella (3) si ottiene
1 ´ P pXni“1Aiq ď
n
ÿ
P pAiq
i“1
e quest’ultima disuguaglianza può essere riscritta come
P pXni“1Aiq ě 1 ´
n
ÿ
P pAiq.
i“1
L11) Se
A1 Ă A2 Ă ¨ ¨ ¨
è una successione infinita e ”non decrescente”
Pagina 49
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
di eventi appartenenti a A e se anche Y8
i“1 Ai
appartiene a A, allora
P pY8
i“1 Ai q “ lim P pAn q.
nÑ8
Si omette la dimostrazione.
L12) Se
A1 Ą A2 Ą ¨ ¨ ¨
è una successione infinita e ”non crescente”
di eventi appartenenti a A e se anche X8
i“1 Ai
appartiene a A, allora
P pX8
i“1 Ai q “ lim P pAn q.
nÑ8
Si omette la dimostrazione.
Pagina 50
Leo Pasquazzi
1.4
Modello probabilistico
Metodi per assegnare probabilità ”coerenti”
In questa sezione verranno introdotti dei metodi per
assegnare probabilità ”coerenti” agli eventi di alcune
σ-algebre che spesso ricorrono nelle applicazioni. In
altre parole, si mostreranno dei metodi per definire
su determinate σ-algebre A delle funzioni di probabilità P : A ÞÑ R che rispettano gli assiomi di
Kolmogorov (si ricordi che ogni σ-algebra è anche
un’algebra ma che non è necessariamente vero il viceversa). Siccome per l’assioma K1 e la legge L4
una funzione di probabilità P p¨q è ”coerente” solo se
assume valori nell’intervallo chiuso r0, 1s, conviene
scrivere P : A ÞÑ r0, 1s se si vuole evidenziare che
una data funzione P p¨q è una funzione di probabilità
Pagina 51
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Modello probabilistico
(definita nel rispetto degli assiomi di Kolmogorov)
che associa delle probabilità agli eventi appartenenti
ad una data algebra di eventi A.
Assegnazione delle probabilità agli eventi
di σ-algebre generate da partizioni numerabili dello spazio campionario
In questo paragrafo si considererà il caso in cui A è
una σ-algebra generata da una partizione numerabile (finita o infinita) dello spazio campionario. La
seguente definizione e il successivo teorema chiariscono che cosa si intende per una σ-algebra di questo
tipo.
Definizione 1.4.1 (Partizione). Una collezione di
eventi C (finita, infinita numerabile o non numeraPagina 52
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
bile) è una partizione dello spazio campionario Ω
se
A1 X A2 “ H
per ogni A1, A2 P C
e
YAPC A “ Ω.
Teorema 1.4.1. Sia C una partizione numerabile
(finita o infinita) di uno spazio campionario Ω. Allora, la classe di eventi A che contiene l’evento impossibile H e l’unione di tutte le collezioni di eventi
appartenenti a C (collezioni finite e eventualmente
anche infinite se C contiene infiniti eventi) è una σalgebra ed è la più piccola σ-algebra che contiene
tutti gli eventi appartenenti alla partizione C. Per
questo motivo A viene chiamata ”σ-algebra generata
Pagina 53
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Modello probabilistico
dalla partizione C” e viene indicata con σpCq.
Dimostrazione.
3
Per dimostrare il teorema conviene indicare con
A1 , A2 , . . .
(4)
gli eventi della partizione. Si osservi che ciascun evento della partizione
C può essere identificato con un numero naturale diverso perché la
collezione C è per ipotesi numerabile.
Per ipotesi, oltre agli eventi nella (4), la classe di eventi A contiene
anche l’evento impossibile H e l’unione di ogni collezione di eventi
appartenenti alla partizione C (l’unione di ogni collezione finita e anche
di ogni collezione infinita se C è una partizione infinita). Ponendo
A0 “ H sarà dunque possibile esprimere ogni evento della classe di
eventi A come
BJ “ YjPJ Aj
(5)
dove J è un insieme di indici i che identificano determinati eventi Ai
(i “ 0, 1, 2, . . . ).
Usando questa notazione, la dimostrazione del teorema è pressoché banale. Si noti infatti che la classe di eventi A “ σpCq soddisfa
3
Questa dimostrazione non è richiesta all’esame.
Pagina 54
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Modello probabilistico
a) il requisito a) delle algebre perché per definizione
YiPN Ai “ Ω P A;
b) il requisito b) delle algebre perché per ogni
BJ P A
si ha
B J “ YjRJ Aj “ YjPJ Aj “ BJ P A;
c) il requisito c) delle algebre perché
BJ1 Y BJ2 “ BJ1 YJ2 P A
se J1 e J2 sono due sottoinsiemi dei numeri naturali N;
c*)
il requisito c*) delle σ-algebre perché se
BJ1 “ YjPJ1 Aj ,
BJ2 “ YjPJ2 Aj ,
...,
BJk “ YjPJk Aj ,
...
è una collezione infinita numerabile di eventi appartenenti alla
classe A (una collezione infinita numerabile di eventi appartenenti alla classe A può esistere solo se la partizione C è infinita
Pagina 55
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Modello probabilistico
numerabile), allora
Y8
PA
k“1 BJk “ BY8
k“1 Jk
Questo dimostra che la classe di eventi A soddisfa i requisiti delle
σ-algebre.
Rimane da dimostrare che A è la più piccola σ-algebra che contiene
la partizione C. A tal fine basta scegliere un insieme J di indici i,
assumere che la corrispondente unione BJ “ YjPJ Aj non appartenga
alla classe di eventi A e dimostrare che in questo caso A non può
essere una σ-algebra che contiene tutti gli eventi della partizione C. I
dettagli di quest’ultima parte della dimostrazione vengono lasciati per
esercizio.
Se A è una σ-algebra generata da una partizione
numerabile C (finita o infinita), allora è molto semplice assegnare delle probabilità ”coerenti” agli eventi
appartenenti a A. Infatti, basta porre P pHq “ 0
(coerentemente con la legge L1) e assegnare delle
probabilità P pAiq non negative agli eventi Ai della
Pagina 56
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Modello probabilistico
partizione C in modo tale che
ÿ
P pAiq “ 1.
Ai PC
Per la legge L2 o l’assioma K3 risulterà implicitamente determinata la probabilità P p¨q di ogni altro
evento
BJ “ YjPJ Aj P A
per J Ă N.
Essa dovrà essere data da
P pBJ q “ P pYjPJ Aj q “
ÿ
P pAj q.
jPJ
Non è difficile dimostrare che qualsiasi funzione di
probabilità definita usando questo metodo soddisfa
gli assiomi di Kolmogorov e, viceversa, che qualsiasi
Pagina 57
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Modello probabilistico
funzione di probabilità definita su A che rispetta gli
assiomi di Kolmogorov può essere ottenuta mediante
questo metodo.
I seguenti esempi illustrano due applicazioni del
metodo.
Esempio 1.4.1. Si consideri ancora l’esperimento che consiste nel lancio di un dado a sei facce
e la σ-algebra di eventi PpΩq che contiene tutti i
sottoinsiemi dello spazio campionario
Ω “ t1, 2, 3, 4, 5, 6u.
Si osservi che ogni evento A P PpΩq (diverso dal
evento impossibile H) può essere espresso come unione di una collezione finita di eventi scelti tra gli
Pagina 58
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Modello probabilistico
eventi
t1u,
t2u,
t3u,
t4u,
t5u,
t6u
(6)
che formano una partizione finita dello spazio campionario Ω. Per assegnare delle probabilità a tutti gli
eventi A P PpΩq è quindi sufficiente porre P pHq “
0 e assegnare delle probabilità P p¨q non negative agli
eventi elencati nella (6) in modo tale che
P pt1uq ` P pt2uq ` P pt3uq`
` P pt4uq ` P pt5uq ` P pt6uq “ 1.
Infatti, per la legge L2 risulteranno implicitamente
determinate le probabilità di tutti gli altri eventi A P
Pagina 59
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Modello probabilistico
PpΩq: esse dovranno essere date da
P pAq “
ÿ
P ptωuq
(7)
ωPA
perché altrimenti sarebbe violata la legge L2.
Esempio 1.4.2. Si consideri un esperimento casuale il cui esito finale ω può essere descritto con un numero naturale 0, 1, 2, . . . . Si supponga dunque che
lo spazio campionario Ω sia dato dall’insieme N di
tutti i numeri naturali e si consideri l’insieme delle
parti PpNq come spazio degli eventi (si ricordi che
l’insieme delle parti è sempre una σ-algebra). Si osservi che ogni evento A P PpNq può essere espresso
come unione di una collezione numerabile (finita o
Pagina 60
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
infinita) di eventi del tipo
tωu
per ω P Ω
(8)
che formano una partizione infinita numerabile dello
spazio campionario Ω. Per assegnare delle probabilità a tutti gli eventi A P PpNq è quindi sufficiente
porre P pHq “ 0 e assegnare delle probabilità P p¨q
non negative agli eventi nella (8) in modo tale che
ÿ
P ptωuq “ 1.
(9)
ωPΩ
Infatti, per l’assioma K3 e la legge L2 risulteranno
implicitamente determinate le probabilità di tutti gli
altri eventi A P PpΩq: esse dovranno essere essere definite come nella (7) perché altrimenti sarebbe
violato l’assioma K3 oppure la legge L2.
Pagina 61
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Vale la pena osservare che in questo esempio, rispetto a quanto visto nell’esempio precedente, bisogna assegnare delle probabilità non negative a infiniti eventi tωu. Ciò non può essere fatto in modo
esplicito elencando tutti gli eventi tωu per ω P Ω,
ma deve essere fatto definendo una funzione come
per esempio ponendo
e´1
P ptωuq “
ω!
per ω “ 0, 1, 2, . . . .
Si noti che la funzione usata in questo esempio assicura che sia soddisfatta la (9) perché, com’è noto,
8
ÿ
1
“ e.
ω!
ω“0
Pagina 62
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Assegnazione delle probabilità agli eventi
della σ-algebra di Borel su R
Come si è visto nel paragrafo precedente, assegnare delle probabilità ”coerenti” agli eventi di una σalgebra generata da una partizione numerabile è un
esercizio abbastanza semplice. Tuttavia, non tutte
le algebre o σ-algebre di eventi sono generate da una
partizione numerabile (finita o infinita). L’algebra
A definita sullo spazio campionario Ω “ R dell’Esempio 1.1.3 (che contiene l’evento impossibile H,
tutti gli intervalli e le unioni di collezioni finite di
intervalli), per esempio, non è di questo tipo, cosı̀
come non è di questo tipo la σ-algebra di Borel definita su R. Siccome queste due classi di eventi sono
di fondamentale importanza in molte applicazioni, in
Pagina 63
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
questo paragrafo si mostrerà un metodo generale per
assegnare probabilità ”coerenti” agli eventi appartenenti a queste due classi (per probabilità ”coerenti”
si intende probabilità che rispettano gli assiomi di
Kolmogorov).
Si consideri dunque l’algebra A dell’Esempio 1.1.3
che contiene l’evento impossibile H, tutti gli intervalli in R e tutte le unioni di collezioni finite di intervalli, e la σ-algebra di Borel B definita come la più
piccola σ-algebra che include l’algebra di eventi A.
Usando gli assiomi di Kolmogorov e le leggi del
calcolo delle probabilità che ne conseguono, si può
dimostrare che per assegnare delle probabilità agli
eventi dell’algebra A è sufficiente assegnare in modo
”coerente” delle probabilità agli intervalli chiusi e
Pagina 64
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
illimitati inferiormente del tipo
p´8, xs
per ogni x P R.
Infatti, si può dimostrare che se due funzioni di probabilità P1 : A ÞÑ r0, 1s e P2 : A ÞÑ r0, 1s rispettano
gli assiomi di Kolmogorov e sono tali che
P1pp´8, xsq “ P2pp´8, xsq
per ogni x P R,
allora
P1pAq “ P2pAq
per ogni A P A.
Applicando un noto teorema di estensione, si può
inoltre concludere che le probabilità degli eventi A P
A determinano univocamente (attraverso gli assiomi
di Kolmogorov e le leggi del calcolo delle probabiPagina 65
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
lità) anche le probabilità di tutti gli eventi A P B
che non appartengono all’algebra A. Per assegnare, nel rispetto degli assiomi di Kolmogorov, delle
probabilità a tutti gli eventi dell’algebra A e della
σ-algebra di Borel B è dunque sufficiente assegnare
in modo ”coerente” delle probabilità agli intervalli
chiusi e illimitati inferiormente.
Rimane da chiarire che cosa si intende per ”assegnare in modo ”coerente” delle probabilità agli
intervalli chiusi e illimitati inferiormente” e come
si procede per farlo.
Definizione 1.4.2. Sia C una classe di eventi. Le
probabilità P pAq assegnate agli eventi A P C sono
coerenti (con gli assiomi di Kolmogorov), se esiste
un’algebra di eventi A che include la classe di eventi
Pagina 66
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
C e una funzione di probabilità
P ˚ : A ÞÑ r0, 1s
che soddisfa gli assiomi di Kolmogorov tale che
P ˚pAq “ P pAq
per ogni A P C.
Avendo definito che cosa si intende per assegnare in modo ”coerente” delle probabilità alla classe C
che contiene tutti gli intervalli chiusi e illimitati inferiormente, rimane da chiarire come si procede per
farlo: si può dimostrare (usando ancora gli assiomi
di Kolmogorov e le leggi del calcolo delle probabilità)
che le probabilità assegnate agli intervalli chiusi e illimitati inferiormente sono ”coerenti” nel senso della
Pagina 67
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Definizione 1.4.2 se e solo se
P pp´8, xsq “ F pxq
per ogni x P R,
dove F p¨q è una cosiddetta funzione di ripartizione,
ovvero una funzione F : R ÞÑ r0, 1s
F1) non decrescente nel senso che
F pxq ď F px ` hq
per ogni x P R e h ą 0
F2) continua da destra nel senso che
lim` F px ` hq “ F pxq
hÑ0
per ogni x P R
F3) e tale che
lim F pxq “ 0
xÑ´8
Pagina 68
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
e
lim F pxq “ 1.
xÑ`8
In sintesi, dalla precedente discussione si evince che per assegnare delle probabilità che soddisfano
gli assiomi di Kolmogorov agli eventi appartenenti
alla σ-algebra di Borel B è sufficiente definire una
funzione F p¨q che soddisfa i requisiti F1, F2 e F3.
Viceversa, qualunque funzione di probabilità P p¨q
definita sull’algebra A o sulla σ-algebra di Borel B
che soddisfa gli assiomi di Kolmogorov è univocamente determinata da una funzione di ripartizione
F p¨q che soddisfa i requisiti F1, F2 e F3.4
4
Il contenuto di questa nota non è richiesto all’esame. Arrivati a
questo punto, potrebbe sorgere un dubbio: visto che la σ-algebra di
Borel è strettamente inclusa nell’insieme delle parti PpRq, è possibile
estendere una funzione di probabilità definita sulla σ-algebra di Borel
B anche all’insieme delle parti PpRq? In altre parole, per una data
funzione di probabilità P : B ÞÑ r0, 1s che soddisfa gli assiomi di Kol-
Pagina 69
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Un’altra conseguenza importante delle precedente discussione è il fatto che la probabilità di qualsiasi
evento appartenente alla σ-algebra di Borel può essere calcolata a partire da una funzione di ripartizione F p¨q usando gli assiomi di Kolmogorov e le leggi
del calcolo delle probabilità. A scopo esemplificativo
si mostrerà ora come si determinano le probabilità
di alcuni eventi appartenenti alla σ-algebra di Borel
che spesso ricorrono nelle applicazioni. Si considemogorov è sempre possibile definire un’estensione P ˚ : PpRq ÞÑ r0, 1s
che soddisfa gli assiomi di Kolmogorov tale che P ˚ pAq “ P pAq per ogni
A P B? Per quanto può sembrare strano, si può dimostrare (usando
l’assioma della scelta e l’ipotesi del continuo) che, in generale, la risposta a questa domanda è negativa. Più precisamente: una funzione
di probabilità cosiddetta ”discreta” che concentra tutta la probabilità
su un sottoinsieme numerabile di R (tutti i sottoinsiemi numerabili di
R appartengono alla σ-algebra di Borel) può sempre essere estesa all’insieme delle parti PpRq, ma una funzione di probabilità che associa
probabilità nulla ad ogni sottoinsieme numerabile di R non può mai
essere estesa a PpRq (si veda la sezione titolata ”Two impossibility
theorems” a pagg. 45-46 del libro ”Probability and Measure, Third
Edition” di Patrick Billingsley, John Wiley & Sons, 1995).
Pagina 70
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
rino inizialmente un intervallo semiaperto del tipo
pa, bs e un intervallo aperto del tipo pa, bq: secondo
la legge L2,
P ppa, bsq “ F pbq ´ F paq
per ogni a ă b,
e combinando questo risultato con la legge L11 si
vede che
P ppa, bqq “ P pY8
n“1 pa, b ´ 1{nsq
“ lim P ppa, b ´ 1{nsq
nÑ8
“ lim F pb ´ 1{nq ´ F paq.
nÑ8
Se F p¨q è continua (anche da sinistra) nel punto x “
b, si potrà dunque concludere che
P ppa, bqq “ F pbq ´ F paq “ P ppa, bsq.
Pagina 71
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Combinando questo risultato con la legge L2 (si tenga presente che pa, bs “ pa, bq Y tbu)) si ottiene
P ptbuq “ 0.
Questo dimostra che qualunque funzione di ripartizione F p¨q assegna probabilità nulla a tutti i suoi
punti di continuità (più precisamente, a tutti gli insiemi che contengono solo un punto di continuità di
F p¨q). Considerando una funzione di ripartizione
F p¨q che è continua in ogni punto x P R si ottiene quindi un risultato apparentemente paradossale:
P ptxuq “ 0 per ogni x P R anche se P pRq “ 1
per il secondo assioma di Kolmogrov. Il paradosso
si spiega osservando che l’assioma K3 (l’additività
Pagina 72
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
numerabile) implica ”solo” che
P pY8
n“1 txn uq “
8
ÿ
P ptxnuq “ 0
n“1
per ogni successione (infinita numerabile) di valori
diversi x1, x2, . . . , ma l’unione Y8
n“1 txn u è strettamente contenuta in R a prescindere dalla scelta della successione x1, x2, . . . visto che Y8
n“1 txn u è un
insieme infinito numerabile mentre R è un insieme
infinito non numerabile (e quindi contiene molti più
elementi).
Esempio 1.4.3. Sia θ un numero reale e si consideri
la funzione
F pxq “
$
’
&θ ´ e´θx
per x ě 0
’
%0
per x ă 0.
Pagina 73
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Per quali valori di θ la funzione F pxq è una funzione
di ripartizione?
Soluzione:
Per rispondere alla domanda bisogna stabilire per
quali valori di θ la funzione F p¨q soddisfa le condizioni F1, F2 e F3.
E’ immediato constatare la condizione F1 (monotonia) è soddisfatta se e solo se θ ě 0, mentre
la condizione F2 (continuità da destra) è soddisfatta
per qualunque θ P R. Entrambe le condizioni F1 e
F2 sono dunque soddisfatte se e solo se θ ě 0.
Rimane da verificare per quali valori di θ risulta
soddisfatta anche la condizione F3. Ovviamente
lim F pxq “ 0
xÑ´8
Pagina 74
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
per ogni θ P R, ma
`
lim F pxq “ lim θ ´ e
xÑ8
´θx
˘
xÑ8
“ θ ´ lim e´θx
$ xÑ8
’
’
´8 se θ ă 0
’
’
&
“ ´1
se θ “ 0
’
’
’
’
%θ
se θ ą 0.
Ne consegue che
lim F pxq “ 1
xÑ8
se e solo se θ “ 1.
Si conclude dunque che F p¨q è una funzione di
ripartizione se e solo se θ “ 1. Il seguente grafico
Pagina 75
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
mostra l’andamento di F p¨q nel caso θ “ 1.
0.0
0.2
0.4
F(x)
0.6
0.8
1.0
Funzione di ripartizione
0
2
4
6
8
10
x
Esercizio. Si consideri la funzione F : R ÞÑ r0, 1s
definita come
$
’
’
0
’
’
&
F pxq “
1`x2
’ 3
’
’
’
%1
per x ă 0
?
per 0 ď x ă 2
?
per x ě 2
a) Si verifichi che F p¨q è una funzione di ripartiPagina 76
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
zione.
b) Si consideri la funzione di probabilità P p¨q definita sulla σ-algebra di Borel ponendo
P pp´8, xs “ F pxq
per ogni x P R.
Si determinino P pt0uq, P pt1uq e P pp´5, 1sq.
Assegnazione delle probabilità agli eventi
della σ-algebra di Borel su Rk
Per assegnare, nel rispetto degli assiomi di Kolmogorov, delle probabilità agli eventi della σ-algebra
di Borel su Rk si può procedere in modo analogo a
quanto visto per R. Si supponga quindi che lo spazio
Pagina 77
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
campionario sia dato da Ω “ Rk e si considerino le
due classi di eventi definite nell’Esempio 1.1.4:
1) L’algebra di eventi A che contiene l’evento impossibile H, tutti i ”rettangoli” k-dimensionali
e tutte le unioni di collezioni finite di ”rettangoli” k-dimensionali.
2) La σ-algebra di Borel su Rk , indicata con Bk “
σpAq, definita come la più piccola σ-algebra
che include l’algebra di eventi A.
Per assegnare delle probabilità ”coerenti” a tutti gli eventi dell’algebra A (su Rk ) è sufficiente assegnare delle probabilità ”coerenti” (nel senso della
Definizione 1.4.2) ai ”rettangoli” chiusi e illimitati
Pagina 78
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
inferiormente, ovvero a tutti i rettangoli del tipo
k
ą
p´8, xis
per ogni px1, x2, . . . , xk q P Rk .
i“1
Infatti, usando gli assiomi di Kolmogorov e le leggi del calcolo delle probabilità si può dimostrare che
le probabilità dei ”rettangoli” chiusi e illimitati inferiormente determinano univocamente le probabilità
di tutti gli altri eventi inclusi nell’algebra A e, in
virtù di un noto teorema di estensione, anche le probabilità di tutti gli altri eventi inclusi nella σ-algebra
di Borel Bk .
Rimane da chiarire come si procede per assegnare probabilità ”coerenti” (nel senso della Definizione
1.4.2) ai ”rettangoli” chiusi e illimitati inferiormente: a tal fine basta definire una cosiddetta funzione di
Pagina 79
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
ripartizione k-dimensionale. Infatti, si può dimostrare che le probabilità assegnate ai ”rettangoli” chiusi
e illimitati inferiormente sono ”coerenti” (nel senso
della Definizione 1.4.2) se e solo se
˜
¸
k
ą
P
p´8, xis “ F px1, x2, . . . , xk q
i“1
per ogni px1, x2, . . . , xk q P Rk ,
dove F : Rk ÞÑ r0, 1s è una funzione di ripartizione
k-dimensionale, ovvero una funzione che soddisfa tre
condizioni che generalizzano le condizioni F1, F2 e
F3 viste nel caso particolare in cui k “ 1. Siccome
per un generico valore di k la prima di queste tre
condizioni assume una forma piuttosto complicata,
si riporteranno le tre condizioni solo per il caso particolare in cui k “ 2. In tal caso, le tre condizioni
Pagina 80
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
che generalizzano le condizioni F1, F2 e F3 sono date
da:
F1k“2) Per ogni px1, x2q P R2 e per ogni h ą 0
F px1 ` h, x2 ` hq ´ F px1, x2 ` hq`
´F px1 ` h, x2q ` F px1, x2q ě 0
F2k“2) F p¨, ¨q è continua da destra in ogni suo argomento nel senso che
lim F px1 ` h, x2q “ lim` F px1, x2 ` hq “
hÑ0`
“ F px1, x2q
hÑ0
per ogni px1, x2q P R2;
F3k“2)
lim F px1, x2q “ lim F px1, x2q “ 0
x1 Ñ´8
x2 Ñ´8
Pagina 81
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
(se almeno uno dei due argomenti di F p¨, ¨q
tende a meno infinto, la funzione F p¨, ¨q tende
a 0) e
lim F px, xq “ 1
xÑ`8
(se entrambi gli argomenti di F p¨, ¨q tendono
a più infinito, la funzione F p¨, ¨q tende a 1)
Le osservazioni contenute in questa nota non sono richieste all’esame. La condizione F1k“2 generalizza la condizione F1 che è necessaria
e sufficiente affinché le probabilità degli intervalli del tipo px, x ` hs
non siano negative: infatti, (si veda la seguente dimostrazione) la condizione F1k“2 è necessaria e sufficiente affinché le probabilità assegnate
ai ”quadrati” semiaperti del tipo px1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hs P B2 non
siano negative.
Dimostrazione. Si denoti con Spx1 ,x2 q il ”rettangolo” chiuso illimitato
inferiormente con vertice nel punto px1 , x2 q P R2 :
Spx1 ,x2 q “ p´8, x1 s ˆ p´8, x2 s.
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Modello probabilistico
Siccome
Spx1 `h,x2 `hq “ Spx1 ,x2 `hq Y Spx1 `h,x2 q Y px1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hs,
si può applicare la legge L7 per concludere che
P pSpx1 `h,x2 `hq q “ P pSpx1 ,x2 `hq q ` P pSpx1 `h,x2 q q`
` P ppx1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hsq `
´ P pSpx1 ,x2 `hq X Spx1 `h,x2 q q`
´ P pSpx1 ,x2 `hq X px1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hsq`
`
˘
´ P Spx1 `h,x2 q X px1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hs `
`
˘
` P Spx1 ,x2 `hq X Spx1 `h,x2 q X px1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hs
Tenendo presente che le tre intersezioni nelle ultime tre righe che
coinvolgono il ”quadrato”
px1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hs
sono tutte vuote e che
Spx1 ,x2 `hq X Spx1 `h,x2 q “ Spx1 ,x2 q ,
Pagina 83
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Modello probabilistico
si vede che
P pSpx1 `h,x2 `hq q “ P pSpx1 ,x2 `hq q ` P pSpx1 `h,x2 q q`
` P ppx1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hsq ´ P pSpx1 ,x2 q q,
da cui si deduce che
P ppx1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hsq “ P pSpx1 `h,x2 `hq q ´ P pSpx1 ,x2 `hq q`
´ P pSpx1 `h,x2 q q ` P pSpx1 ,x2 q q.
Quindi: se si assegnano le probabilità ponendo
P pSpx1 ,x2 q q “ P
˜
2
ą
¸
p´8, xi s
“ F px1 , x2 q
i“1
per ogni px1 , x2 q P R2 ,
allora si avrà
P ppx1 , x1 ` hs ˆ px2 , x2 ` hsq ě 0
per ogni px1 , x2 q P R2 e per ogni h ą 0
se e solo se F p¨, ¨q soddisfa la condizione F1k“2 .
Si può dimostrare che in presenza della condizione F3k“2 , la condizione F1k“2 implica la condizione
F1k“2˚ F px1 , x2 q ď F px1 ` h, x2 q e F px1 , x2 q ď F px1 , x2 ` hq per ogni
px1 , x2 q P R2 e per ogni h ą 0.
Pagina 84
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Modello probabilistico
Tuttavia, non è vera l’implicazione in senso opposto: infatti, il seguente esempio dimostra che in presenza delle condizioni F1k“2˚ (con la
stella), F2k“2 e F3k“2 la condizione F1k“2 potrebbe essere violata. Le
condizioni F1k“2˚ (con la stella), F2k“2 e F3k“2 sono quindi troppo
deboli per assicurare che le probabilità assegnate ai ”rettangoli” chiusi
e illimitati inferiormente siano ”coerenti” nel senso della Definizione
1.4.2.
Esempio 1.4.4. Si consideri la funzione F : R2 ÞÑ r0, 1s definita come
F px1 , x2 q “
$
’
&1 ´ e´x1 ˆx2
se x1 ą 0 e x2 ą 0
’
%0
altrimenti.
Non è difficile verificare che la funzione F p¨, ¨q soddisfa le condizioni
F1k“2˚ (con la stella), F2k“2 e F3k“2 . Tuttavia, la funzione F p¨, ¨q non
soddisfa la condizione F1k“2 (senza la stella all’apice). Infatti, con
x1 “ x2 “ h “ 1 si ottiene
F px1 ` h, x2 ` hq ´ F px1 ` h, x2 q ´ F px1 , x2 ` hq ` F px1 , x2 q “
“ p1 ´ ep1`1qˆp1`1q q ´ p1 ´ ep1`1qˆ1 q ´ p1 ´ e1ˆp1`1q q ` p1 ´ e1ˆ1 q “
“ 0, 9817 ´ 0, 8647 ´ 0, 8647 ` 0, 6321 “ ´0, 0976 ă 0.
Pagina 85
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Modello probabilistico
Dalla precedente discussione si evince che per assegnare delle probabilità che soddisfano gli assiomi di
Kolmogorov agli eventi della σ-algebra di Borel B2 è
sufficiente definire una funzione F p¨, ¨q che soddisfa le
condizioni F1k“2, F2k“2 e F3k“2. Viceversa, qualunque funzione di probabilità definita sulla σ-algebra
di Borel B2 che soddisfa gli assiomi di Kolmogorov
è univocamente determinata da una funzione di ripartizione F p¨, ¨q che soddisfa le condizioni F1k“2,
F2k“2 e F3k“2.
Esercizio. Sia F : R2 ÞÑ r0, 1s una funzione definita come
F px1, x2q “
$
’
&0
se x1 ă 0 oppure x2 ă 0
’
%p1 ´ e´x1 qp1 ´ e´x2 q altrimenti.
Pagina 86
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
a) (non facilissimo) Si verifichi che F p¨, ¨q è una
funzione di ripartizione bidimensionale.
b) Si consideri la funzione di probabilità P p¨q definita sulla σ-algebra di Borel B2 ponendo
P pp´8, x1s ˆ p´8, x2sq “ F px1, x2q
per ogni px1, x2q P R2. Si determini P pp1, 2sˆ
p1, 10sq.
1.5
Metodi per assegnare probabilità ”realistiche”
L’assioma K2 e la legge L1 implicano che qualunque
funzione di probabilità (che rispetti gli assiomi di
Pagina 87
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
Kolmogorov) deve assegnare probabilità 1 all’evento certo Ω e probabilità 0 all’evento impossibile H.
Tuttavia, come si desume dal contenuto della sezione
precedente, se l’algebra di eventi A contiene anche
altri eventi oltre all’evento certo Ω e all’evento impossibile H, allora esistono infiniti modi per assegnare
delle probabilità ”coerenti”, ovvero delle probabilità
che rispettino gli assiomi di Kolmogorov. Infatti, gli
assiomi di Kolmogorov sono solo delle condizioni necessarie affinché le probabilità assegnate agli eventi
siano tra di loro coerenti, ma non è detto che delle
probabilità ”coerenti” siano anche ”realistiche” con
riferimento ad un dato esperimento casuale che si
svolge nel mondo reale. Occorre quindi definire dei
metodi che conducono a probabilità che siano effettivamente delle misure per la verosimiglianza degli
Pagina 88
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Modello probabilistico
eventi. Solitamente questo scopo viene perseguito
usando uno dei seguenti metodi:
M1) Il metodo classico. Questo metodo può essere
applicato per assegnare delle probabilità agli
eventi di una σ-algebra generata da una partizione finita dello spazio campionario. Se si
ritiene che gli eventi
A1, A2, . . . , An
della partizione siano equiprobabili perché si
è individuata un certa ”simmetria” nella loro
definizione, allora bisogna porre
P pAiq “
1
n
per ogni i “ 1, 2, . . . , n.
Di solito, questo metodo viene applicato quanPagina 89
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
do lo spazio campionario Ω è anch’esso finito
e quando si considera come classe di eventi A
l’insieme delle parti PpΩq: supponendo che
Ω “ tω1, ω2, . . . , ωnu,
si possono assegnare delle probabilità a tutti gli
eventi appartenenti a PpΩq ponendo P pHq “
0e
P ptωiuq “
1
n
per ogni i “ 1, 2, . . . , n.
Infatti, dalla legge L2 si deduce facilmente che
la probabilità di qualsiasi altro evento A P
PpΩq deve essere data dal rapporto tra il numero di casi favorevoli (all’evento A) e il nu-
Pagina 90
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Modello probabilistico
mero n “ #Ω di casi possibili:
P pAq “
#A
.
#Ω
M2) Il metodo frequentista. Questo metodo può
essere applicato quando l’esito finale dell’esperimento casuale è già stato osservato in numerose repliche dell’esperimento. Secondo questo
metodo la probabilità di ogni evento A P PpΩq
è data dalla frequenza relativa dell’evento nelle
repliche già osservate.
M3) Il metodo soggettivo. Secondo questo metodo le probabilità vengono assegnate in base a
opinioni personali (soggettive, appunto). Di
solito, il metodo soggettivo viene utilizzato solo se gli altri due metodi non possono essere
Pagina 91
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
utilizzati. Tuttavia, se si conosce l’esito finale
di altri esperimenti con caratteristiche simili,
si possono comunque assegnare delle probabilità ”iniziali” usando il metodo frequentista e
successivamente correggerle in base a opinioni
personali.
Non è difficile verificare che assegnando le probabilità in base al metodo classico M1 oppure a quello frequentista M2 risulteranno sempre automaticamente soddisfatte le condizioni poste dagli assiomi di
Kolmogorov. Utilizzando il metodo soggettivo M3 si
potrebbe invece incorrere in delle incongruenze.
Esempio 1.5.1 (Metodo classico). Un esperimento
casuale consiste nel lancio di un dado. In questo caso
Pagina 92
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Modello probabilistico
lo spazio campionario è dato da
Ω “ t1, 2, 3, 4, 5, 6u.
Se si ritiene che il dado sia regolare, si assegneranno
le probabilità secondo il metodo classico. Pertanto
la probabilità P p¨q sarà definita per ogni A P PpΩq
e P pAq sarà uguale al rapporto tra il numero di casi
favorevoli #A e il numero di casi possibili #Ω. Per
esempio,
P pt1, 4, 5, 6u “
4 2
“ .
6 3
Come già osservato in precedenza, il metodo classico assicura che le condizioni poste dagli assiomi di
Kolmogorov siano automaticamente soddisfatte.
Esempio 1.5.2 (Metodo frequentista e soggettivo). Tizio vuole scommettere sull’esito di una partiPagina 93
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Modello probabilistico
ta di calcio tra le squadre A e B. Negli ultimi 20
incontri
(1) la squadra A ha vinto 12 volte
(X) la partita è terminata con un pareggio 6 volte
(2) la squadra B ha vinto solo 2 volte
Pertanto, secondo il metodo frequentista, la probabilità che vinca la squadra B ammonta a 2{20 “
0, 1.
Tuttavia, Tizio ritiene che le 20 partite di cui
conosce l’esito finale non siano repliche ”sotto le medesime condizioni” della partita che ancora si dovrà
giocare. Pertanto, secondo Tizio il metodo frequentista non è applicabile. Infatti, siccome molti giocatori della squadra A sono infortunati, Tizio ritiene
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Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
che la probabilità che la squadra B vinca sia pari a 0, 30 e non a 0, 10 come suggerito dal metodo
frequentista.
Esempio 1.5.3 (Metodo frequentista e soggettivo). Un trader vuole costruire un modello probabilistico per la variazione logaritmica giornaliera del
prezzo di un’azione quotata in borsa. Siccome la
variazione logaritmica potrebbe assumere qualsiasi
numero reale, il trader vuole costruire un modello
probabilistico con Ω “ R e considera come classe
di eventi la σ-algebra di Borel B. Come visto nella
Sezione 1.4, per assegnare delle probabilità a tutti gli eventi della σ-algebra di Borel B è sufficiente
assegnare delle probabilità agli intervalli chiusi e illimitati inferiormente definendo una funzione di ripartizione F : R ÞÑ r0, 1s che soddisfa le condizioni
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Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
F1, F2 e F3 e ponendo
P pp´8, xsq “ F pxq
per ogni x P R.
Per trovare una funzione di ripartizione F p¨q adatta, il trader considera le variazioni logaritmiche
x1 ,
x2,
. . . xi,
. . . , x200
osservate al termine degli ultimi n “ 200 giorni
di contrattazione. Il seguente grafico mostra come varia la frequenza relativa Fnpxq delle variazioni
logaritmiche inferiori a x al variare di x:
Pagina 96
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
0.0
0.2
0.4
F(x)
0.6
0.8
1.0
Rappresentazione grafice delle frequenze cumulate relative
-0.010
-0.005
0.000
0.005
0.010
0.015
x = rendimento logaritmico
Si osservi che Fnpxq è una funzione non decrescente con n “ 200 gradini di altezza 1{n “ 1{200
in corrispondenza delle ascisse x1, x2, . . . , xn. Fnpxq
Pagina 97
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
è nota come funzione di ripartizione empirica. Non
è difficile verificare che Fnpxq soddisfa le condizioni
F1, F2, e F3.
Il trader, tuttavia, non è soddisfatto dell’andamento frastagliato della funzione di ripartizione empirica: infatti, Fnpxq concentra tutta la probabilità
sui valori xi già osservati e questa ipotesi gli sembra
poco realistica. Per porre rimedio a questo problema,
il trader cerca una curva continua che passi il più vicino possibile alla funzione di ripartizione empirica
Fnpxq. Dopo alcune prove scopre che la funzione di
ripartizione ”normale”
ż
x´x
s
F pxq “
´8
1
2
? e´z {2dz,
2π
x P R,
Pagina 98
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
con
200
1 ÿ
xi “ 0, 0019
x“
200 i“1
e
g
f
f
s“e
200
ÿ
1
pxi ´ xq2 “ 0, 0043
200 ´ 1 i“1
è molto prossima a Fnpxq (si veda la curva rossa nel
grafico sottostante).
Pagina 99
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
0.0
0.2
0.4
F(x)
0.6
0.8
1.0
Rappresentazione grafice delle frequenze cumulate relative
-0.010
-0.005
0.000
0.005
0.010
0.015
x = rendimento logaritmico
Il trader ritiene quindi di aver trovato un buon
modello per la variazione logaritmica giornaliera del
prezzo dell’azione e assegna delle probabilità agli inPagina 100
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
siemi della σ-algebra di Borel su R ponendo
P pp´8, xsq “ F pxq
per ogni x P R.
In questo modo risultano implicitamente assegnate,
nel rispetto degli assiomi di Kolmogorov, le probabilità di tutti gli eventi appartenenti alla σ-algebra di
Borel su R. Il trader potrà quindi sfruttare gli assiomi di Kolmogorov e le leggi del calcolo delle probabilità per calcolare le probabilità di tutti gli eventi che
virtualmente potrebbero interessagli (si ricordi che la
σ-algebra di Borel su R non contiene tutti i sottoinsiemi di R, ma solo tutti quelli che hanno una, si potrebbe dire, ”struttura sufficientemente regolare”).
Il trader potrà, per esempio, calcolare la probabilità
che l’azione in un giorno guadagni più dell’1% (intePagina 101
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
so come variazione logaritmica positiva): applicando
la legge L3 troverà che
P pp0, 01, 8qq “ 1 ´ P pp´8, 0, 01sq
“ 1 ´ F p0, 01q
ż 0,01´0,0019
0,0043
1 ´z 2{2
? e
dz
“1´
2π
´8
e con l’ausilio della tavola normale (il cui uso verrà
spiegato più avanti) troverà che il valore dell’integrale è dato da
ˆ
˙
0, 01 ´ 0, 0019
Φ
“ Φp1, 88q “ 0, 9699.
0, 0043
Secondo il modello probabilistico costruito dal trader, la probabilità che il guadagno giornaliero sia
Pagina 102
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
superiore all’1% è dunque data da
P pp0, 01, 8qq “ 1 ´ 0, 9699 “ 0, 0301.
Il seguente esempio illustra un metodo alternativo per procedere all’assegnazione delle probabilità
sulla σ-algebra di Borel B.
Esempio 1.5.4. Per determinare la funzione di ripartizione F p¨q, il trader avrebbe potuto anche ragionare su un istogramma piuttosto che sul grafico
con la funzione di ripartizione empirica Fnp¨q. Si ricordi che un istogramma riporta sull’asse delle ascisse gli estremi di opportuni intervalli e sull’asse delle
ordinate le corrispondenti frequenze specifiche relative. Le aree dei rettangoli di un istogramma possono
Pagina 103
Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
essere quindi interpretate come frequenze relative e
l’area complessiva sottesa ad un istogramma deve
essere quindi pari a 1.
Usando gli n “ 200 rendimenti logaritmici osservati, il trader avrebbe potuto costruire il seguente
istogramma:
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Modello probabilistico
60
40
0
20
frequenze specifiche relative
80
100
Istogramma della distribuzione dei rendimenti logaritmici giornalieri
-0.010
-0.005
0.000
0.005
0.010
0.015
x = rendimento logaritmico
A questo punto il trader avrebbe dovuto cercare una funzione interpolante che si adatti bene all’istogramma. Probabilmente avrebbe scoperto che la
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Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
funzione di densità normale data da
1
1
2
f pxq “ ? e 2s px´xq ,
s 2π
x P R,
con i valori di x e s dell’Esempio 1.5.3 si adatta bene
all’istogramma:
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Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
60
40
20
0
frequenze specifiche relative
80
100
Istogramma della distribuzione dei rendimenti logaritmici giornalieri
-0.010
-0.005
0.000
0.005
0.010
0.015
x = rendimento logaritmico
Infine, il trader avrebbe definito una funzione di
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Leo Pasquazzi
Modello probabilistico
ripartizione ponendo
żx
F pxq “
f ptqdt.
´8
Il cambio di variabile
z“
t´x
s
ñ
dz “
dt
s
dimostra che avrebbe ottenuto
ż
x´x
s
F pxq “
´8
1
1
2
? e 2s pt´xq dt,
s 2π
esattamente come nell’Esempio 1.5.3.
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