Degenerazioni accidentali e simmetrie nascoste: l’oscillatore armonico isotropo in 3D Francesco Luciano Corso di Laurea Triennale in Fisica Università di Pisa Indice 1 Introduzione: importanza delle simmetrie in Fisica 2 2 Applicazioni a sistemi fisici noti 2.1 Oscillatore armonico 2D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1 Rappresentazioni irriducibili di SU(2) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Oscillatore armonico 3D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3 4 6 3 Applicazioni nella storia: l’ipotesi dei quarks 7 1 1 Introduzione: importanza delle simmetrie in Fisica Il concetto di simmetria è un concetto antico, nato dall’evidenza di particolari proprietà di regolarità di figure geometriche nello spazio. Nel corso della storia della scienza, però, questo concetto ha mutato il suo significato primario ed ha acquisito sempre più importanza, arrivando oggi ad essere uno strumento di investigazione fondamentale nella Fisica. Ciò che ha conferito alle leggi di simmetria un ruolo operativo nello studio di un sistema fisico è stata la comprensione delle leggi matematiche che le governano: la matematica della simmetria viene espressa tramite la Teoria dei Gruppi. Tramite essa, fu possibile estendere il concetto di simmetria dalle figure nello spazio ad oggetti astratti come le espressioni matematiche che descrivono sistemi fisici. Definizione 1. un sistema fisico presenta una simmetria se le leggi fisiche che lo descrivono risultano invarianti sotto l’azione di trasformazioni appartenenti ad un gruppo. L’insieme delle trasformazioni che presentano questa proprietà è detto gruppo di simmetria del sistema. Perché è importante il concetto di simmetria? Come prima cosa, esso è legato al concetto di quantità conservata. Nei primi anni del ’900, la matematica tedesca Emmy Noether mostrò il collegamento fra le leggi di conservazione e le invarianze: per ciascuna simmetria, continua o discreta, della funzione lagrangiana del sistema fisico in esame esiste una quantità conservata per ciascun generatore dell’algebra di Lie del gruppo di simmetria del sistema. Ma è con la Meccanica Quantistica che l’importanza della simmetria venne alla ribalta: lo stato di un sistema dinamico viene descritto da numeri quantici che rappresentano il valore di una quantità conservata nella dinamica del sistema e designano, quindi, le proprietà di simmetria dello stato. Uno dei risultati fondamentali su cui si basa l’importanza delle simmetrie in Meccanica Quantistica è noto come Lemma di Schur: Teorema 1. Sia G un gruppo ed R una sua rappresentazione irriducibile operante su uno spazio vettoriale V definito sul campo complesso C. Se T è un operatore lineare di V in sè tale che T R(g) = R(g)T ∀g ∈ G (1) allora deve essere T = λI. (2) Ovvero, un operatore che commuta con tutte le matrici di una rappresentazione irriducibile è necessariamente un multiplo dell’identità. Segue immediato che, se la rappresentazione R è somma diretta di varie rappresentazioni irriducibili R = R1 ⊕ R2 ⊕ ... (3) T = λ1 P1 + λ2 P2 + ... (4) allora T è del tipo ove Pi indica il proiettore sul sottospazio su cui agisce Ri . L’utilità di questo risultato è di immediata comprensione ponendo la condizione del Lemma nella forma T = R(g)T R−1 (g) ∀g ∈ G (5) che indica che T è invariante sotto l’azione di R. Questa situazione ce l’aspettiamo nel caso di un sistema fisico dotato di una simmetria sotto un gruppo G: se T è un operatore che descrive il sistema, allora questo non deve variare sotto alcuna trasformazione indotta da G. Il Lemma di Schur ci dice allora che dobbiamo attenderci per gli autovalori di T degenerazioni ben precise, uguali alle dimensioni delle rappresentazioni irriducibili contenute in R, e gli autovettori relativi dovranno essere cercati nei 2 sottospazi di base di tali rappresentazioni. In Meccanica Quantistica, solitamente l’operatore T considerato è l’Hamiltoniana di un sistema fisico: dalla conoscenza preliminare delle sue simmetrie, grazie al Lemma di Schur, è possibile ottenere precise informazioni sulla distribuzione dei livelli energetici con le loro degenerazioni. Va infine precisato che non si può escludere che gli autovalori di T relativi a due sottospazi diversi nella decomposizione (4) possano risultare fra loro uguali: si parla in tal caso di degenerazioni accidentali. La degenerazione totale dell’autovalore sarà allora la somma delle dimensioni delle rappresentazioni coinvolte. 2 Applicazioni a sistemi fisici noti Applicheremo ora quanto detto a due sistemi fisici ben noti, per mostrare la praticità e la validità del metodo descritto. I sistemi in questione sono l’oscillatore armonico isotropo quantistico 2D e 3D. 2.1 Oscillatore armonico 2D L’Hamiltoniana del sistema è 2 X 1 2 1 2 2 H= p + mω qi . 2m i 2 (6) i=1 Essa è evidentemente separabile, cosı̀ che si può scrivere 1 2 1 1 2 1 2 2 2 2 H = Hx + Hy ≡ p + mω xi + p + mω yi . 2m x 2 2m y 2 Lo spettro di ciascuna Hi è il ben noto Eni = ω~ 12 + ni , da cui lo spettro totale sarà 1 1 EN = Enx + Eny = ω~ + nx + ω~ + ny ≡ ω~ (1 + N ) 2 2 (7) (8) ove l’intero N denota il livello energetico considerato. Tramite lo spettro descritto in Eq.(8) il conto delle degenerazioni dei livelli è immediato: esso equivale al numero di coppie ordinate di interi distinte (nx , ny ) la cui somma sia N . Tale numero è N + 1. Analizziamo ora le simmetrie dell’Hamiltoniana (6). Per facilitare tale analisi introduciamo gli operatori di distruzione e creazione: r r mω 1 mω 1 + ai = qi + i √ pi ; ai = qi − i √ pi (9) 2~ 2~ 2mω~ 2mω~ che causano rispettivamente la diseccitazione e l’eccitazione di un fonone, caratterizzati dalla relazione di commutazione [ai , a+ j ] = δij . In termini di questi operatori, l’Hamiltoniana del sistema risulta ω~ + 1 + + H= ai ai + ai ai = ω~ + ai ai 2 2 (10) ove si è utilizzata la convenzione di Einstein per la somma su indici ripetuti. Consideriamo ora una trasformazione relativa ad un certo gruppo ed indotta da una matrice U : ai −→ Uij aj + + a+ i −→ aj Uji . ; 3 (11) Allora H = ω~ 1 + a+ i ai 2 0 −→ H = ω~ 1 + + + U Uik + aj Uji Uik ak . 2 ji (12) Quindi, affinché H rimanga invariata, e quindi U appartenga al gruppo di simmetria dell’Hamiltoniana, deve essere + Uji Uik = U + U jk = δjk (13) ovvero U deve essere una matrice unitaria. SU (2) (insieme delle matrici unitarie 2x2 a determinante unitario) risulta perciò gruppo di simmetria del sistema. Dal Lemma di Schur ci aspettiamo perciò che le degenerazioni dei livelli energetici, già trovate, siano corrispondenti alle dimensioni delle rappresentazioni irriducibili di SU (2). Ci accingiamo ora a studiare tali rappresentazioni. 2.1.1 Rappresentazioni irriducibili di SU(2) SU (2) (acronimo di Special Unitary) è l’insieme delle matrici unitarie 2x2 a determinante 1. Una generica matrice di questo gruppo è del tipo: α β U= (14) −β ∗ α∗ con la condizione | α |2 + | β |2 = 1. Questa condizione fa si che la matrice sia descritta da 3 parametri liberi: SU (2) avrà perciò 3 generatori indipendenti, la cui algebra è la ben nota [Ji , Jj ] = iijk Jk (15) ove la somma sugli indici ripetuti è sottintesa, ed ijk indica il tensore completamente antisimmetrico di Ricci. Tale algebra è analoga, in unità in cui ~ = 1, a quella del momento angolare studiato in meccanica quantistica. Vogliamo ora ridurre lo spazio di Hilbert delle funzioni d’onda in una somma diretta dei sottospazi su cui agiscono le rappresentazioni irriducibili di SU (2). Il fatto che SU (2) sia un gruppo compatto garantisce che ogni sua rappresentazione irriducibile agisca su uno spazio a dimensione finita: restringiamoci perciò al caso di uno spazio a dimensione finita su cui agisca una rappresentazione irriducibile. Dato che non si hanno generatori che commutano fra di loro, sarà possibile diagonalizzarne solo uno: convenzionalmente si considera J3 diagonale. Denotiamo il massimo autovalore di J3 con j: avremo allora un set di stati |j, αi tali che J3 |j, αi = j |j, αi, ove α è un altro numero quantico necessario per differenziare eventuali stati aventi tutti autovalore massimo di J3 . Possiamo sempre scegliere gli stati tali che: hj, α|j, βi = δαβ . (16) Definiamo quindi gli operatori di innalzamento e abbassamento: J+ = J1 + iJ2 √ 2 ; J− = J1 − iJ2 √ 2 (17) ; [J + , J − ] = J3 . (18) soddisfacenti le relazioni di commutazione [J3 , J ± ] = ±J ± Essi hanno l’effetto di innalzare (rispettivamente abbassare) l’autovalore di J3 . Infatti, se |m, αi è il set di stati su cui J3 è diagonale, cioè tali che J3 |m, αi = m |m, αi, allora grazie alle relazioni di commutazione: J3 J ± |m, αi = J ± J3 |m, αi + J ± |m, αi = (m ± 1) |m, αi . (19) 4 Per definizione, essendo j l’autovalore massimo di J3 , deve essere J + |j, αi = 0 ∀α (20) mentre, applicando l’operatore di discesa si ha J − |j, αi = Nj (α) |j − 1, αi (21) ove Nj (α) è un fattore di normalizzazione. Tramite un veloce calcolo Nj∗ (β)Nj (α) hj − 1, β|j − 1, αi = = hj, β| J + J − |j, αi = = hj, β| [J + , J − ] |j, αi = (22) = hj, β| J3 |j, αi = = j hj, β|j, αi = jδαβ . Possiamo quindi rendere il set |j − 1, αi ortonormale scegliendo Nj (α) ≡ Nj = J + |j − 1, αi = √ j. Inoltre 1 + − j 1 + − J J |j, αi = [J , J ] |j, αi = |j, αi = Nj |j, αi . Nj Nj Nj (23) Quindi, utilizzando l’algebra dei generatori, possiamo definire gli stati in modo tale che gli operatori di innalzamento e abbassamento agiscano senza cambiare il valore di α: questo è il motivo principale per cui, in fondo, α risulterà inutile. Utilizzando un procedimento analogo, possiamo costruire una torre di stati ortonormali |j − k, αi, soddisfacenti J − |j − k, αi = Nj−k |j − k − 1, αi (24) J + |j − k − 1, αi = Nj−k |j − k, αi . applicando k volte l’operatore di discesa agli stati aventi J3 massimo. Utilizzando ancora i commutatori (18), si ottiene una relazione ricorsiva per gli Nj−k : 2 = hj − k, α| J + J − |j − k, αi = Nj−k = hj − k, α| [J + , J − ] |j − k, αi + hj − k, α| J − J + |j − k, αi = 2 Nj−k+1 (25) + j − k. Partendo da Nj2 = j, si ha che la soluzione di questa relazione ricorsiva risulta 2 Nj−k = (k + 1)j − k(k + 1) 1 = (k + 1)(2j − k) 2 2 (26) o, ponendo k = j − m, 1 p Nm = √ (j + m)(j − m + 1). 2 (27) Dato che, come già detto, la rappresentazione è a dimensione finita, deve esistere un massimo numero ` di operatori di discesa che possiamo applicare agli stati |j, αi, ovvero un intero non negativo tale che || |j − `, αi || 6= 0 ma J − |j − `, αi = 0 ∀α. (28) Ma allora la norma di J − |j − `, αi deve essere nulla, ovvero deve essere 1 p (2j − `)(` + 1) = 0. Nj−` = √ 2 5 (29) Il fattore (` + 1) non può essere nullo in quanto ` ≥ 0, quindi deve essere ` = 2j =⇒ j = ` 2 con ` ∈ N. (30) Ora possiamo concludere che α risulta inutile: lo spazio di partenza si divide in sottospazi invarianti sotto l’algebra di SU (2), uno per ciascun α, in quanto i generatori non variano il valore di α. Quindi, dato che per assunzione la rappresentazione considerata è irriducibile, l’unica possibilità è che ci sia un unico valore di α. Abbiamo perciò costruito una torre di 2j + 1 stati, partendo dallo stato a valore di J3 massimo, facenti parte di un sottospazio invariante di una rappresentazione irriducibile: non possono perciò esserci altri stati, e la rappresentazione risulta cosı̀ essere 2j+1-dimensionale. Possiamo cosı̀ implementare la highest weight construction, che fornisce una procedura sistematica per ottenere la scomposizione della rappresentazione di SU (2) in rappresentazioni irriducibili: 1. Diagonalizzare J3 ; 2. Individuare lo stato corrispondente all’autovalore massimo di J3 ; 3. Costruire esplicitamente gli stati della rappresentazione irriducibile tramite l’applicazione dell’operatore di discesa sullo stato a j massimo; 4. Costruito tale spazio, concentrarsi sugli stati rimanenti, facenti necessariamente parte di un sottospazio ortogonale a quello appena costruito, individuare fra essi il nuovo stato a j 0 massimo e ripartire dal punto 2. Possiamo quindi ora indicare gli stati del sistema studiato come |j, mi, ove j indica il massimo autovalore possibile per J3 nella rappresentazione considerata ed m indica l’autovalore di J3 per quello stato. Dagli elementi di matrice hj, m0 | J3 |j, mi = mδm0 ,m r (j + m − 1)(j − m) δm0 ,m+1 2 r (j + m)(j − m + 1) δm0 ,m−1 hj, m0 | J − |j, mi = 2 hj, m0 | J + |j, mi = (31) possiamo definire la rappresentazione a spin j dell’algebra di SU (2): [Jaj ]m0 m = hj, m0 | Ja |j, mi a = 1, 2, 3 (32) con m, m0 che variano tra j e −j a passo unitario. Possiamo ora concludere di essere arrivati al risultato cercato: vi è un’effettiva corrispondenza uno a uno fra le dimensioni delle rappresentazioni irriducibili di spin j di SU (2), di dimensione 2j + 1 con j semi-intero, e le degenerazioni dei livelli energetici dell’oscillatore armonico 2D, pari a N + 1 con N intero. 2.2 Oscillatore armonico 3D La generalizzazione di quanto trattato finora al caso tridimensionale è sostanzialmente immediata dal punto di vista fisico, ma più complicata dal punto di vista matematico. L’Hamiltoniana del sistema è: 3 X 1 2 1 2 2 p + mω qi (33) H= 2m i 2 i=1 e presenta uno spettro EN = Enx + Eny + Enz = ω~ 1 + nx 2 + ω~ 6 1 + ny 2 + ω~ 1 + nz 2 ≡ ω~ 3 +N 2 . (34) Quindi in questo caso la degenerazione dell’N-esimo livello sarà pari al numero di tripletti ordinati di +2) interi distinti (nx , ny , nz ) la cui somma sia N . In questo caso, tale numero è (N +1)(N . 2 Analogamente a quanto fatto prima, riscriviamo l’Hamiltoniana del sistema in termini degli operatori di creazione e distruzione: ω~ + 1 + + ai ai + ai ai = ω~ + ai ai (35) H= 2 2 dove stavolta l’indice i assume i valori 1, 2, 3. Ricordando la trattazione svolta, si deduce che il gruppo di simmetria di interesse per l’Hamiltoniana è in questo caso SU (3). Dallo studio delle sue rappresentazioni irriducibili si può ricavare una corrispondenza analoga a quella riscontrata prima, con la differenza però che nel caso tridimensionale non compariranno le dimensioni di tutte le rappresentazioni irriducibili di SU (3) nello spettro delle degenerazioni dei livelli, ma solo di parte di esse: questa selezione non era presente nel caso bidimensionale, dove invece erano presenti tutte. Non tratteremo dal punto di vista matematico le rappresentazioni irriducibili di SU (3). 3 Applicazioni nella storia: l’ipotesi dei quarks È interessante vedere quando, nella storia della Fisica, il metodo descritto è stato applicato per predire qualcosa di sconosciuto, piuttosto che per verificare qualcosa di già noto. Intorno alla metà del secolo scorso, uno dei compiti a cui si dedicarono la maggior parte dei fisici fu quello di gestire il rapidamente crescente numero di nuove particelle ”elementari” scoperte sperimentalmente e catalogarle almeno a livello fenomenologico, in quanto ancora non si aveva una teoria solida che le descrivesse. Fu un lavoro per certi versi analogo a quello svolto da Mendeleev nel costruire la tavola periodica degli elementi, circa un secolo prima. Queste nuove particelle furono divise in gruppi utilizzando come discriminante la massa: si formarono cosı̀ insiemi di particelle aventi masse simili. Nell’effettuare questo processo, ci si rese conto che questi raggruppamenti erano tutti ottetti o decupletti, che potevano essere associati al gruppo di simmetria SU (3). Questa simmetria SU (3), oggi nota come simmetria di flavour, una volta riconosciuta portò alla possibilità di predire l’esistenza di particelle non ancora scoperte sperimentalmente, includendo contestualmente anche una stima della massa! Tali predizioni furono presto tutte confermate sperimentalmente: questo fatto dà un’idea della potenza del metodo descritto, che utilizza le simmetrie del sistema. Negli esperimenti furono perciò osservati gli ottetti e i decupletti derivanti dalle rappresentazioni irriducibili di SU (3). Non si riuscivano però a scovare le particelle facenti parte del tripletto e dell’antitripletto corrispondenti alla rappresentazione fondamentale di SU (3) e alla sua coniugata. Queste misteriose particelle, non osservate, furono denominate quarks, portando cosı̀ alla creazione del modello a quark per gli adroni. Da semplici proprietà del prodotto tensore fra rappresentazioni fondamentali di SU (3), unite ad altre considerazioni fisiche, si stabilı̀ che i mesoni rappresentano stati legati di un quark e un antiquark, mentre i barioni sono stati legati di tre quarks. Assegnando ai quarks le giuste proprietà (appartenenza ai fermioni, carica elettrica frazionaria, . . . ) si riuscı̀ a riprodurre correttamente i numeri quantici di tutti gli adroni fino a quel momento osservati. 7